francesco… whats up?

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francesco… whats up?
FRANCESCO… WHATS UP?
Abbiamo incontrato e fatto alcune domande a Francesco,
uscito da un'esperienza con gli Alcolisti Anonimi.
di Cristiano Zepponi
Francesco, benvenuto su What's Up.
Buongiorno, e grazie dell'opportunità.
Parliamo della tua ex dipendenza
dall'alcol...
Il periodo della dipendenza dall'alcol non lo
ricordo quasi per niente. Vìvevo per inerzia,
senza obiettivi né desideri se non quello di
soddisfare la mia compulsione per l'alcol.
Quando hai cominciato a bere, e
quando bai capito invece d'esser
diventato dipendente?
Ho cominciato a bere da ragazzino, come
altri: pizza e birra il sabato sera, vino a tavola, superalcolici per emù lare gli
amici più grandi e gli adulti. Poi la cosa mi è sfuggita di mano, non so come, e
ho preso a bere non appena possibile: prima di entrare in classe, quando uscivo
con le ragazze, in occasione di un incontro importante, ascoltando la musica a
casa, la sera con gli amici... Infine ho cominciato a bere sempre e soltanto da
solo. Finché mi hanno retto il fisico e il cervello non ho compreso quello che mi
stava accadendo.
Anni fa, Dylan Thomas defini l'alcolizzato come "qualcuno che non
vi piace che beve quanto voi". È ancora vero?
Non me la sento di esprimere giudizi in generale. Sono stato un alcolista e
ancora oggi non mi ritengo fuori dalla "giostra". La dipendenza dall'alcol non è
come un dente cariato che estrai con la pinza e sostituisci con uno nuovo...
una volta che ce l'hai non se ne va più. si mette in pausa e può riprendere ad
agire a tua insaputa, forma una specie di uuiu riero nell'anima che devi
costantemente tenere sott occhio e riempire di azioni e pensieri positivi se non
vuoi farti travolgere quando meno te l'aspetti. La regola è: una volta alcolista,
alcolista per sempre. Com'è percepito socialmente l'alcolista, oggi? A
livello sociale io ero una persona autoemarginata, mi ero relegato in un
cantuccio perché avevo vergogna del mio stato, ma non tutti i miei conoscenti
avevano smesso di cercarmi, anche nei momenti peggiori, e non posso dire che
non piacessi proprio a nessuno... mia moglie l'ho incontrata che ancora bevevo
come un ossesso. L'immagine pubblica dell'alcolista la conosciamo bene: un po'
idiota e un po' eroe maledetto. E certo c'è ancora un forte senso di
disapprovazione sociale, soprattutto nei confronti delle donne. Perché a un
certo punto hai cercato un altro alcolista non per berci, ma per
restare sobri insieme? E come sei entrato in contatto con i gruppi di
auto-aiuto?
Per smettere di bere e divenire consapevole della mia dipendenza è stato
necessario identificarmi in qualcuno come me. Un alcolista sobrio che condivide la propria esperienza con un alcolista ancora nel problema è il miglior
approccio che io abbia sperimentato per affrontare la dipendenza da alcol. Da
quando sono entrato in AA sono sempre in contatto con altri alcolisti. Che
effetto produce sull'alcolista il rapporto da pari a pari1 che si vive
nel gruppo?
In AA abbiamo tutti lo stesso problema, siamo tutti uguali, siamo alcolisti, non
ci sono professionisti o educatori, nessuno è posto nella condizione di imporre
qualcosa a qualcun altro, nessuno può essere escluso, giudicato o punito.
Nessun governo, nessuna sanzione, nessuna vergogna, questo secondo me è il
senso di AA. detto in sintesi.
Perché hai scelto di rivolgerti ad un gruppo di auto-aiuto e non ad
una comunità terapeutica?
La comunità che ho sperimentato aveva un programma molto rigido e sinceramente le regole ferree e la clausura mi facevano star male. Sono scappato
dopo qualche settimana. Alcolisti Anonimi mi ha lasciato assolutamente libero
di decidere se e quando frequentare, se e quando smettere di bere, se e
quando cominciare a mettere in pratica il programma di recupera
L'esperienza "progressivamente educativa" degli alcolisti anonimi si
dipana nel tempo; dopo quanto hai potuto constatare i primi
risultati?
Il primo risultato utile l'ho avuto smettendo di bere, dopo sei mesi dal mio
ingresso in AA. Poi ho compreso che smettere di bere per me non era sufficiente e che. se desideravo "essere sobrio" e non solo astinente dall'alcol, era
determinante iniziare un percorso di recupero, lo fino ad oggi ho recuperato
tante cose: il rispetto per me stesso, l'affetto dei miei familiari e degli amici, le
relazioni sociali di un tempo, la mia salute fisica ed emotiva, il lavoro, la
capacità di assumermi delle responsabilità.
Cosa ti senti di consigliare agli alcolisti che faticano a liberarsi dalla
dipendenza?
Quello di AA. è il cammino che ho presrpito, ma qualunque percorso va bene
purché l'alcolista si recuperi e smetta di soffrire. Ad un alcolista che ha difficoltà a trovare la propria
strada verso la libertà personalmente suggerirei di chiamare il centralino nazionale
di AA allo 06/6636620 o di
consultare il sito www.alcolisti-anonimi.it nella sezione
"A.A. in Italia", da cui si ricavano i riferimenti per contattare
i
Gruppi
locali.
Per
concludere,
Francesco, ci andiamo a
fare un drink ? Certo, tu bevi
ed io sorrido mentre lo fai...
IL MONDO LONTANO, MISTERIOSO
E SILENTE, DEGLI
ALCOLISTI ANONIMI
di Cristiano Zepponi
uest'anno ricorre il 75mo anniversario dalla fondazione degli
Alcolisti Anonimi, "un'associazione mondiale composta da più di
centomila alcolisti, sia uomini che donne, che si sono uniti per
risolvere i loro problemi comuni e aiutare i fratelli sofferenti a
recuperarsi da quest'antica e sconcertante malattia, l'alcolismo", il cui
ruolo nel trattamento di soggetti alcol dipendenti non si può, ancora
oggi, trascurare: eppure, quello degli A.A. resta un mondo lontano,
misterioso e silente, che solo di rado attira le attenzioni dei media. In
Italia, dove le stime per la mortalità alcol correlata oscillano negli
ultimi anni tra 17.000 e 42.000 decessi, i gruppi di auto-aiuto sono
diffusi capillarmente, e contribuiscono alla lotta contro il craving, il
desiderio compulsivo di assumere sostanze psicoattive.
Per saperne di più, e conoscere il parere degli "addetti ai lavori", What's
Up ha contattato la dott.ssa Domenica Anna Maria Galli, psicologa e
psicoterapeuta sistemico-relazionale presso il Centro Provinciale per
l'Alcolismo di Via Monte delle Capre, a Roma.
Q
Gli Alcolisti Anonimi in Italia
dal 1972
L
a dott.ssa spiega innanzitutto che l'alcolismo, secondo l'impostazione
del manuale americano DSM-IV, è inquadrato "nell'ambito delle
dipendenze da
sostanze", e che generalmente si
differenzia la dipendenza da alcol,
"definita come uso improprio della
sostanza" dall'abuso, "definito, invece, come uso anomalo della stessa,
tale da provocare significativi danni
o disagi".Nella battaglia contro l'alcolismo gli A.A. attivi in Italia dal
1972 - si configurano come gruppi di
auto-aiuto, ovvero "piccoli gruppi di
persone
che
si
riuniscono
volontariamente per condividere problemi e disagi simili e cercare di
trovare una soluzione attraverso l'aiuto reciproco" Il cui obiettivo è
quello di "trasformare coloro che domandano aiuto in persone in grado
di fornirlo".
Anonimato, astinenza e
"parità" dei membri
La caratteristica della "parità" dei membri, oltre a favorire l'informalità
dell'associazione, "rende tutti ugualmente responsabili dei risultati raggiunti e dell'aiuto elargito" e costituisce la principale differenza rispetto
alle comunità terapeutiche, dove i tossicodipendenti "decidono di
vivere" insieme ad "altre persone con disagi, motivazioni, esperienze
simili" in un ambiente "dove
vigono regole più o meno rigide, finalizzate a garantire l'autogestione e la cooperazione".
La scelta dell'anonimato, una
delle peculiarità dell'associazione, è dettata "dall'umiltà che
dovrebbe caratterizzare il
cambiamento" e dal desiderio di
"non apparire come personalità
singole, individuali, ma condividere lo stesso percorso di recupero
senza distinzioni di sesso, età, ceto sociale, professione, cultura
religiosa e così via"; ed infatti non è possibile tracciare un "ritratto"
dell'Alcolista Anonimo: "non esiste un'età specifica, né una condizione
sociale particolare, né una differenziazione per sesso", prosegue la
dott.ssa Galli. All'interno dei gruppi si parla molto di alcol,
condividendo le esperienze emotive ed affettive, ed è particolarmente
importante ammettere la propria "impotenza" di fronte alla sostanza:
"Considerarlo 'potente', quasi inattaccabile e vincente è veritiero;
l'unica cosa che può renderlo impotente è la volontà di una persona di
prendersi cura di se stessa".
Donne e giovani
egli A.A. si assiste, recentemente, all'incremento "delle donne e dei
giovanissimi". Secondo la dott.ssa Galli, il consumo alcolico femminile
viene influenzato da "una cultura che vuole la donna sempre più 'alla
pari' con l'uomo, ma in modo alquanto distorto e illusorio" e più in
profondità, da "un malessere dovuto al cambiamento di ruolo nella
famiglia e nella società". Per quanto riguarda i giovanissimi, invece, si
constata come "l'età in cui la persona assaggia la prima bevanda
alcolica si stia notevolmente abbassando", anche per motivi culturali:
"Sono ancora pochi i giovani, purtroppo, che sono consapevoli di avere
un problema legato all'alcol". Diventa
fondamentale, dunque, il ruolo delle scuole
e soprattutto di<, "un'informazione più
scientifica da parte dei _ mass media", che
spesso "non trasmettono la verità sull'alcol"
e bombardano i giovani ^ di "informazioni
fuorvianti. non basate su verità scientifiche,
mettendo in evidenza quanto l'alcol faccia
sentire più sicuri di sé, più affascinanti nei
confronti dell'altro sesso, ecc.." e tralasciando
invece "i danni che l'abuso di alcol produce sull'organismo e l'influenza che ha sulle relazioni umane". Non basta,
dunque il minuscolo (e quasi invisibile) avvertimento di "bere
responsabilmente per acquietarsi la coscienza.