Gravidanza e contraccezione nella donna con malattia

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Gravidanza e contraccezione nella donna con malattia
Gravidanza e contraccezione nella donna con malattia reumatica autoimmune
Antonio Brucato”, Paola Francesca Corbella*, Marina Muscarà°, Simona Nava*, Antonio Ragusa*
Dipartimento di Area Medica, Ospedali Riuniti, Bergamo”, Reumatologia ° e Div. Ostetricia e Ginecologia*,
azienda ospedaliera Niguarda Ca’ Granda, Milano.
autore
cui
sono
destinate
la
bozza
e
la
corrispondenza:
dr. Antonio Brucato
Via San Vincenzo 14
20123 Milano
FAX 0264442615
TEL 0264442674
E mail [email protected]
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INTRODUZIONE
Molte malattie reumatiche autoimmuni (MRA) possono colpire le giovani donne in età fertile e di solito non
hanno effetti negativi sulla fertilità delle pazienti; si è spesso ritenuto che possano aggravarsi in gravidanza,
con conseguenze dannose per la madre e per il feto. Ciò ha indotto tradizionalmente i medici a scoraggiare
le gravidanze in queste donne, anche sulla base di isolati segnalazioni in letteratura medica che riportavano
esiti disastrosi.
D’altra parte, però, a queste pazienti veniva
anche "proibita" la pillola contraccettiva a base di
estroprogestinici, nel timore che essa potesse aggravare la malattia di base. Dato che si tratta generalmente
di donne in età fertile, è facile capire come la "proibizione" sia della gravidanza sia del metodo contraccettivo
più sicuro fosse vissuta angosciosamente in persone già provate anche psicologicamente dalla malattia.
Negli ultimi anni i progressi scientifici e terapeutici hanno dimostrato che il problema della poliabortività
poteva essere talvolta risolto e che la gravidanza poteva essere affrontata, a certe condizioni, con ottimi
risultati e senza gravi rischi per la salute della madre (1, 2).
Come o ottenere questi buoni risultati?
La strategia è la programmazione della gravidanza che ovviamente presuppone:
1) Scelta di una contraccezione efficace (v. paragrafo).
2) Valutazione della “attività” della malattia: la gravidanza deve essere affrontata quando la malattia
di base è in fase di remissione da almeno 6 mesi; particolare attenzione va posta all’impegno renale,
per esempio nei pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) e pregressa nefrite.
3) Dosaggio di alcuni anticorpi specifici:
gli anticorpi antifosfolipidi (anti-cardiolipina, anti beta 2
glicoproteina I e lupus anticoagulant – LAC -) si associano a poliabortività e a scarsa crescita del feto; gli
anticorpi anti Ro/SSA possono associarsi molto raramente al lupus neonatale e al blocco cardiaco
congenito (1-2% dei casi) (3); alti titoli di anticorpi tipici del LES (es. anticorpi anti-DNA) si associano a
gestosi (cioè gravi complicanze ostetriche), nefrite, e in generale a rischio di riattivazione del LES. La
esecuzione di questi tests di laboratorio dovrebbe essere fatta in laboratori di riferimento per queste
malattie.
4) Monitoraggio da parte di un’equipe multidisciplinare con esperienza in questo
settore, con
controlli clinici e ematochimici almeno mensili, nel corso della gravidanza.
La gestione quindi della gravidanza in queste donne è frutto di una valutazione clinica e di un approccio
multidisciplinare, che hanno condotto a protocolli adottati in campo internazionale. Tali protocolli
richiedono una stretta collaborazione fra ginecologo, reumatologo-immunologo, neonatologo, ematologo, il
laboratorista e tutti gli altri specialisti che di volta in volta si rendono necessari. L’equipe multidisciplinare si
propone di aiutare le coppie in due momenti: prima e durante la gravidanza. Prima della gravidanza per
consulenza sulla contraccezione, per la valutazione preliminare in caso di poliabortività o infertilità, per la
programmazione della gravidanza, che resta pur sempre una gravidanza a rischio. Durante la eventuale
gravidanza
la
donna
e
il
feto vengono monitorizzati
con
visite
periodiche, ginecologiche
e
immunoreumatologiche, e ecografie seriate; il tempo e le modalità del parto vengono valutate attentamente,
in collaborazione con i neonatologi Come orientamento generale la donna viene visitata almeno ogni mese
fino al parto. Il monitoraggio fetale è essenziale, e viene svolto con ecografie fetali seriate. Talora vengono
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gestiti casi molto impegnativi e complessi (es. feti con blocco cardiaco congenito, gestosi, riacutizzazioni di
nefriti lupiche); ma, per fortuna, più frequentemente essenzialmente si tranquillizza la coppia, offrendo un
punto di riferimento a donne che non hanno in realtà grossi problemi, ma essendo affette da LES o patologie
simili, vengono quasi "rifiutate" dalle normali strutture.
ASPETTI CARATTERISTICI DELLE DIVERSE MALATTIE
LES.
Se è vero che la gravidanza può indurre recidive, tali eventi sono per lo più non gravi e facilmente
controllabili con un piccolo aumento della dose di cortisone, se diagnosticati precocemente. Ovviamente, la
gestione della gravidanza è più problematica per le pazienti con interessamento d’organo severo, per
esempio renale o cerebrale; in questo caso sarà necessaria una specifica valutazione che tenga conto del
particolare tipo di lupus di cui la donna soffre.
In queste pazienti sono più frequenti i parti pretermine, probabilmente legati non solo alla patologia, ma
anche al trattamento corticosteroideo frequentemente assunto.
ARTITE REUMATOIDE (AR).
L’effetto della gravidanza sull’AR è modesto. Nella maggior parte dei casi le manifestazioni della malattia
migliorano durante la gravidanza e peggiorano nel puerperio. Nell’AR è particolarmente importante la
valutazione preconcezionale della terapia materna, dato che il methotrexate, farmaco di riferimento
nel
trattamento della artrite, è teratogeno (vedi paragrafo seguente).
SINDROME DI SJOGREN.
Nelle pazienti con
sindrome di Sjogren il decorso della gravidanza è analogo a quello atteso nella
popolazione generale. Le donne con anticorpi anti-SSA/Ro hanno, però, un rischio di circa 1-2% di avere
feti affetti da blocco cardiaco congenito o da altre manifestazioni del cosiddetto “Lupus Neonatale”. Si tratta
di una rara sindrome, associata alla presenza di anticorpi anti-SSA, detti anche anti-Ro (“SSA”
indica
sindrome di Sjogren tipo A, dato che questi anticorpi sono soprattutto frequenti nella sindrome di Sjogren, e
“Ro” indica le iniziali del paziente in cui tali anticorpi sono stati individuati per la prima volta). Sono anticorpi
del gruppo dei cosidetti ENA (“Extractable Nuclear Antigens”).
Molto raramente donne positive per anticorpi anti-SSA hanno dei bambini che nei primi mesi di vita
sviluppano macchie cutanee simili a quelle presenti nei pazienti col Lupus Cutaneo Subacuto; da ciò è nato il
nome “Lupus Neonatale”. Tale termine è però molto impreciso, e induce molti equivoci, dato che lascia
pensare che tali mamma hanno o potranno sviluppare il LES. In realtà nella maggioranza dei casi le madri
dei bambini con Lupus Neonatale NON HANNO IL LES, ma hanno piuttosto la sindrome di Sjogren (malattia
caratterizzata da secchezza oculare o orale) o malattie simili. Tale sindrome è caratterizzata dalla comparsa
di blocco cardiaco congenito , più talvolta particolari lesioni cutanee nei neonati. Le lesioni cutanee sono
transitorie, invece il blocco cardiaco congenito è di solito permanente. Si tratta di una lesione del cuore del
feto e del neonato tale per cui il cuore batte con una frequenza molto bassa, spesso insufficiente per il
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normale sviluppo del bambino, per cui è necessario applicare un pacemaker, che rinormalizza la frequenza
cardiaca. Con tale pacemaker questi bambini generalmente conducono una vita normale.
Nel caso di donne incinte portatrici di tali anticorpi è importante sia spiegare la rarità del problema (1-2% dei
casi), sia impostare controlli clinici e ecografici fetali tesi a svelare la comparsa del disturbo precocemente; è
infatti possibile che terapie cortisoniche particolari, che passano la placenta (betametasone e desametazone)
, se inziate ai primi sintomi, possano esercitare una azione positiva sul successivo andamento della malattia
fetale. In pratica in caso di donne positive per anticorpi anti-SSA si consigliano controlli ecografici fetali
almeno ogni 2 settimane a partire dalla 16 settimana di gravidanza, con controllo anche del cuore del feto e
della sua frequenza.
SCLERODERMIA.
L’effetto della gravidanza sulla sclerodermia è di solito modesto, in particolare nella forma limitata di malattia
in cui l’evoluzione del processo morboso è molto lenta . La prognosi di questi pazienti in gravidanza dipende
in larga misura dall’impegno viscerale. La funzionalità renale deve essere buona prima del concepimento,
perché la complicanza più grave che può verificarsi in gravidanza è l’insufficienza renale e l’ ipertensione
arteriosa. Gli ACE-inibitori, che sono impiegati spesso nella sclerodermia, devono essere sospesi e sostituiti
con altri farmaci prima del concepimento perché sono teratogeni L’ ipertensione polmonare severa è una
controindicazione pressoché assoluta alla gravidanza.
SINDROME DA ANTICORPI ANTIFOSFOLIPIDI.
La presenza di anticorpi anti-fosfolipidi (anti-cardiolipina, anti-beta 2 glicoproteina I e Lupus Anticoagulant ,
detto anche LAC) può causare trombosi arteriose e venose a aborti ricorrenti. Tutte le donne con malattie
reumatiche autoimmuni che programmano una gravidanza devono essere testate per tali anticorpi. I danni
causati da tali anticorpi sono bene antagonizzati dalla terapia, che si basa su aspirina a basse dosi (100 mg
al giorno) con la eventuale aggiunta di eparina nei casi più impegnativi. Se le donne con sindrome da
anticorpi anti-fosfolipidi assumono queste terapie e vengono seguite da equipes multidisciplinari esperte nel
settore l’andamento delle loro gravidanze diviene molto simile a quello nelle donne normali, a parte una
maggiore tendenza alla prematurità.
FARMACI IN GRAVIDANZA
L'impiego di vari farmaci "anti-reumatici" in gravidanza è materia relativamente recente; di regola le relative
schede tecniche indicano che tali farmaci sono controindicati in tale condizione. Idealmente meno farmaci si
impiegano in gravidanza e meglio è, soprattutto nel primo trimestre. D’altra parte il pericolo principale è in
realtà la riattivazione della malattia materna, e l’unico modo di evitare tale evenienza è generalmente
l’impiego di farmaci.
Dunque è un errore, assai diffuso tra i medici “non-addetti ai lavori”, ritenere che i farmaci vadano sospesi in
ogni caso; vanno invece generalmente mantenuti, e la terapia va spesso rinforzata in
gravidanza,
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utilizzando, ovviamente, farmaci consentiti, per mantenere la malattia in remissione. Inoltre alcuni farmaci
possono avere una sicurezza diversa nelle varie fasi della gravidanza (es. gli anti-infiammatori non steroidei FANS).
Ci pare utile segnalare che il prednisone è in definitiva il farmaco più sicuro per la madre e per il feto,
purchè utilizzato a dosaggi medio-bassi, dato che gli effetti collaterali sono dose-dipendenti (ipertensione,
diabete mellito, osteoporosi, rottura prematura delle membrane); non passa la barriera placentare; può
essere assunto durante l’allattamento.
I FANS tradizionali sono sicuri nella prima metà della gravidanza, mentre dopo la 27° settimana vanno
evitati per il rischio di chiusura prematura del dotto di Botallo.
La esperienza nelle donne trapiantate ha insegnato che azatioprina e ciclosporina possono essere
utilizzate, in caso di necessità e sotto attento controllo medico; l’allattamento è controindicato con tali
farmaci.
La idrossicolorochina viene sempre più utilizzata in gravidanza, per tre motivi: in primo luogo la sua
eliminazione dall’organismo richiede varie settimane, per cui anche sospendendola all’inizio della gravidanza
il feto rimane esposto ad essa a lungo; in secondo luogo è stato dimostrato che la sua sospensione può
provocare una riattivazione del LES; infine vari studi non hanno segnalato effetti negativi sul feto e sul
neonato esposti a tale farmaco; può essere assunta durante l’allattamento.
Aspirina a basse dosi ed eparina sono farmaci sicuri in gravidanza, e vengono utilizzate frequentemente
nelle donne con anticorpi anti-fosfolipidi; le eparine in particolare non passano la placenta; aspirina e eparine
possono essere assunte durante l’allattamento.
Il Methotrexate è teratogeno ed assolutamente controindicato in gravidanza; questo è di grande
importanza nelle donne con AR, che sono spesso trattate con tale farmaco, che va sospeso circa sei mesi
prima di rimanere incinte.
Tutte le donne ( non solo quelle affette da patologie reumatologiche!) che programmano una gravidanza
dovrebbero iniziare ad assumere acido folico prima del concepimento , per ridurre il rischio di
malformazioni del tubo neurale (spina bifida). Da segnalare come la scheda tecnica riporti che “l’uso del
farmaco non è controindicato dopo il terzo mese di gravidanza” (revisione luglio 2003). Ciò dimostra come,
talvolta, siano di scarso aiuto le schede tecniche dei farmaci .
CONTRACCEZIONE
La pillola contraccettiva estroprogestinica è ancora sconsigliata da alcuni medici; altri la ammettono in
casi di malattia ben controllata e in assenza di anticorpi antifosfolipidi e altri fattori di rischio quali
ipertensione, fumo di sigaretta etc.
Nel Dicembre 2005 sono stati pubblicati due studi molto validi che hanno dimostrato che in donne con LES
stabile, poco “attivo” e a basso rischio di eventi trombotici, l’uso della pillola contracettiva estroprogestinica
non ha aumentato il rischio di riacutizzazioni e/o di complicanze. Questi recentissimi studi dimostrano quindi
che le donne con LES possono assumere con ragionevole serenità contraccettivi estroprogestinici, purché in
assenza di anticorpi anti-fosfolipidi a titolo significativo o di altri fattori di rischio trombotici (es. fumo, grave
obesità), e se la malattia è lieve e stabile.
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A proposito degli altri metodi contraccettivi si ricorda che la cosiddetta “minipillola”, cioè la pillola con solo
progesterone, è efficace e non sembra aumentare il rischio trombotico o di riacutizzazione lupica
teoricamente associato agli estrogeni, ma è poco usata , anche per il frequente “spotting” intermestruale.
Validi, se utilizzati correttamente, sono i mezzi di barriera. Il profilattico (o preservativo) è un efficace ed
innocuo mezzo contraccettivo che garantisce una valida sicurezza contraccettiva se utilizzato correttamente
fin dall’inizio del rapporto. E’ considerato da molti la metodica di prima scelta nella coppie in cui la donna sia
affetta da malattie autoimmuni. Il diaframma
ha pure dei buoni margini di sicurezza (soprattutto se
associato a creme spermicide) ma trova una scarso utilizzo nel nostro paese; le ragioni possono derivare
dalle difficoltà di inserimento (facilmente superabili dopo un breve training) e dalla necessità di mantenerlo
in vagina per almeno otto ore dopo il rapporto.
I dispositivi intrauterini (“spirale” o IUD) agiscono determinando uno stato infiammatorio cronico a livello
della mucosa endometriale . In generale la presenza di questo corpo estraneo all’interno della cavità uterina
può favorire la risalita di germi verso le tube; perciò molti la considerano inopportuna, soprattutto nelle
donne che non abbiano ancora avuto gravidanze, al fine di scongiurare il rischio di pelviperitoniti che
possono provocare occlusione tubarica. A maggior ragione ne viene sconsigliato l’utilizzo in tutte quelle
pazienti con MRA che siano sottoposte a trattamenti immunosoppressivi.
La sterilizzazione tubarica va riservata a quei casi , peraltro fortunatamente molto rari, in cui la
gravidanza possa costituire un pericolo per la vita della paziente e nei quali non sia possibile ricorrere ad
alcuna delle opzioni sopra esposte. Richiede indicazioni molto precise ed un consenso informato dettagliato
di entrambi i componenti la coppia sul fatto che tale procedura è irreversibile e determinante sterilità
permanente. Infine va menzionata la sterilizzazione maschile (che viene eseguita ambulatorialmente )
mediante legatura dei dotti deferenti. E’ anch’essa procedura irreversibile ben poco praticata nel nostro
paese a differenza del nord-Europa e nord-America.
LA GRAVIDANZA
Durante una fisiologica gravidanza la donna può avvertire disturbi quali stanchezza,
perdita di capelli, arrossamento al volto e alle mani, dolori articolari, gonfiori alle
gambe o formicolii alle mani; è normale che si verifichi lieve anemia, lieve
piastrinopenia e lieve proteinuria. La comparsa di tali disturbi e di tali alterazioni può
naturalmente creare confusione facendo sospettare una riaccensione di malattia, che andrà sempre esclusa.
Durante la gravidanza è, dunque, imperativo che la paziente venga controllata almeno
una volta al mese, ma anche più spesso se si sospettano problemi particolari.
Il monitoraggio deve essere sia clinico (visita ginecologica e immunoreumatologica) sia
strumentale con esami di laboratorio e con determinazione ecografica della biometria
fetale (cioè come cresce il feto) e della flussimetria delle arteria uterine e placentare.
PREMATURITA’
La gravidanza dura di regola 40 settimane; se il parto si espleta prima della 37 settimana
si parla di prematurità. Le attuali competenze dei neonatologi sono tali che per bambini
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nati dopo la 34° settimana di gestazione non si attendono di solito problemi particolari;
viceversa per quelli nati prima della 34° settimana o ancora più precocemente i rischi
successivi possono essere anche gravi, e lo sono tanto più quanto più prematura è stata
la nascita del neonato
La prematurità è sicuramente più frequente nelle donne con LES o sindrome da
antifosfolipidi anche se spesso si tratta di parti fra la 34° e la 37° settimana, e che
quindi oggigiorno non creano di solito problemi di rilievo.
DOMANDE COMUNI:
TRASMETTERO’ LA MIA MALATTIA AL MIO BAMBINO?
I figli derivano il loro patrimonio genetico dai genitori, e lo stato di salute o di malattia dei genitori influisce
ovviamente su quello dei figli. Se un genitore soffre di qualche malattia (es. infarto miocardico, diabete,
tumore, malattia autoimmune) i figli sono in qualche modo predisposti a tale malattia, con un rischio che
dipende fra l’altro dal sesso del figlio. Nel caso delle malattie immuno reumatologiche, in particolare, i figli
nati da donne con malattie autoimmuni hanno un rischio di circa 2-3% di sviluppare essi stessi malattie
autoimmuni di vario tipo (non necessariamente quella presente nella madre o nel padre); in particolare le
figlie femmine saranno più a rischio di sviluppare una malattia autoimmune clinicamente evidente, mentre i
figli maschi tenderanno meno a sviluppare malattie autoimmuni sintomatiche, mentre d’altra parte saranno
più a rischio di altri tipi di malattie (es. ictus e infarti).
IL PARTO SARA’ SICURAMENTE CESAREO?
Il parto può benissimo essere anche spontaneo, e in linea generale non è previsto un taglio cesareo. La
scelta del momento del parto e della sua modalità è fondamentale, e va fatta dalla donna insieme alla
equipe, soprattutto il ginecologo. In caso di problemi fetali infatti si può decidere di interrompere la
gravidanza facendo nascere il bambino con taglio cesareo, per sottrarlo a un ambiente materno che ormai è
diventato pericoloso per lui, per es. perché la placenta non è più in grado di sostenerne la crescita. Tale
scelta implica sempre un bilancio fra i possibili rischi e benefici sia per la madre sia per il feto prevedibili in
base alla situazione specifica e alla età gestazionale attuale. Altre volte invece non si tratta di una scelta, ma
il travaglio del parto inizia spontaneamente in una settimana gestazionale ancora precoce, e in tale caso si
può decidere se espletare il parto o cercare di ritardarlo. Fare nascere un bambino prima della 40° settimana
ma dopo la 37° è sempre una scelta tranquilla; fra la 37 e 34° settimana di solito non si hanno particolari
problemi; invece se il parto si espleta prima della 34 settimana si possono poi avere anche grossi problemi
per il neonato. Tali scelte implicano sempre anche il coinvolgimento del neonatologo.
CORTISONE E PARTO
Se la donna durante al gravidanza ha assunto stabilmente del cortisone, al parto sono generalmente
consigliate dosi “stress”, cioè extra, di steroidi, dato che il parto è uno stress aggiuntivo per la donna,
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soprattutto se si tratta di un taglio cesareo, e la donna cortisonata cronicamente richiede una dose
aggiuntiva di cortisone per affrontarlo al meglio.
SUBITO DOPO IL PARTO, POSSO SOSPENDERE LE TERAPIE?
L e 6 settimane dopo il parto sono chiamate puerperio; è un periodo “critico” , sia per le riaccensioni di
malattia sia per un rischio aumentato di trombosi e di riattivazione della malattia. L’aumentato rischio di
trombosi è bene spiegato dal fatto che la natura ha predisposto delle modificazioni del sistema della
coagulazione materno dopo il parto tali da proteggere la donna dalle emorragie post-partum, che nei
decenni e secoli scorsi costituivano il maggiore pericolo per la madre. Le stesse alterazioni che proteggono
dalle emorragie oggi però predispongono alla trombosi.
Durante tale periodo quindi se la paziente è a rischio trombotico (per es. è portatrice di anticorpi antifosfolipidi) va proseguita la terapia in corso durante la gravidanza o eseguita una profilassi antitrombotica,
per es. con eparina a basso peso molecolare (una iniezione sottocutanea al giorno). Inoltre durante tale
periodo è consuetudine non ridurre la dose del cortisone, anzi se mai aumentarlo, per ridurre il rischio di
riacutizzazioni.
POTRO’ ALLATTARE?
Anche i figli delle donne con LES hanno il diritto , se possibile, di godere dei vantaggi legati all’allattamento
al seno. Cortisone, aspirinetta, eparina e idrossiclorochina sono compatibili con l’allattamento . Naturalmente
è bene tenere conto anche delle condizioni generali della donna, e del suo desiderio o meno di allattare.
Chi vuole saperne di più può consultare il libro “Gravidanza e Reumatologia. Guida per le pazienti”. Mattioli,
Fidenza 2001, disponibile on line al sito www.mattioli1885.com
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BIBLIOGRAFIA
1. Canesi BM e Brucato A. Gravidanza e Reumatologia. Guida per le pazienti. Mattioli , Fidenza 2001 (il
libro è scaricabile on line dal sito: www. Mattioli1885.com )
2. Tincani A, Doria A, Brucato A, et al, for the
Pregnancy Study Group of Italian Society of
Rheumatology. Pregnancy and autoimmunity: Maternal treatment and maternal disease influence on
pregnancy outcome. Autoimmunity Reviews 2005; 4 423– 428
3. Brucato A, Frassi M, Franceschini F, et al. Risk of congenital complete heart block in newborns of
mothers with anti-Ro/SSA antibodies detected by counterimmunoelectrophoresis: a prospective
study of 100 women. Arthritis Rheum 2001; 44:1832-5
4. Sanchez-Guerrero J, Uribe AG, Jimenez-Santana L et al. A trial of contraceptive methods in women
with systemic lupus erythematosus. New Engl J Med 2005;353:2539-49
5. Petri M, Kim MY, Kalunian KC, et al. Combined oral contraceptives in women with systemic lupus
erythematosus. New Engl J Med 2005;353:2550-8
6. Rossouw JE, Anderson GL, Prentice RL, et al. Risks and benefits of estrogen plus progestin in
healthy postmenopausal women: principal results From the Women’s Health Initiative randomized
controlled trial. JAMA. 2002;288:321-33
7. Buyon JP, Petri M, Kim MY, et al. The Effect of Combined Estrogen and Progesterone Hormone
Replacement Therapy on Disease Activity in Systemic Lupus Erythematosus: A Randomized Trial.
Ann Intern Med 2005;142:953 -62
8. Shoenfeld Y, Gerli R, Doria A, et al. Accelerated atherosclerosis in autoimmune rheumatic diseases.
Circulation 2005; 112:3337-47
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Gravidanza e contraccezione nella donna con malattia reumatica autoimmune
RIASSUNTO
Molte donne con malattie malattie reumatiche autoimmuni (MRA) hanno una fertilità normale, e si pone
quindi il problema della gravidanza e della contraccezione.
GRAVIDANZA. Se seguite da equipe multidisciplinari con ampia esperienza nel settore, anche queste donne
possono affrontare con ragionevole serenità la gravidanza. Le attuali linee guida per il monitoraggio della
gravidanza nelle pazienti affette da MRA prevedono visite preconcezionali con valutazione di attività di
malattia, trattamento
in corso e profilo autoanticorpale.
In particolare. Dovrebbe essere valutata la
positività degli anti-fosfolipidi, che possono associarsi ad aborti ricorrenti, e degli anticorpi anti-Ro /SSA, che
possono associarsi molto raramente (1-2%) al lupus neonatale e al blocco cardiaco congenito.
La gravidanza andrebbe idealmente affrontata solo durante fasi di malattia quiescente, stabile, e ben
controllata. La donna e il feto dovrebbero essere monitorati strettamente, con controlli almeno mensili. La
terapia di queste malattie in gravidanza richiede una competenza
specialistica; il prednisone è
probabilmente il farmaco più sicuro.
Il LES tende a riacutizzarsi in gravidanza, con manifestazioni generalmente lievi e facilmente controllabili
con un aggiustamento della terapia. L’influenza della gravidanza sull’andamento di artrite reumatoide,
sclerodermia e sindrome di Sjogren è minore di quella sul LES, anche se possono crearsi seri problemi
soprattutto per le possibili controindicazioni dei trattamenti cui sono sottoposte le pazienti.
Tutte le donne che programmano una gravidanza dovrebbero iniziare ad assumere acido folico prima del
concepimento , per ridurre il rischio di malformazioni del tubo neurale.
CONTRACCEZIONE. La pillola contraccettiva estroprogestinica sembra sicura nelle pazienti affette da LES
lieve, non attivo , e senza altri fattori di rischio trombotici quali fumo di sigaretta, anticorpi anti-fosfolipidi,
etc. La pillola a base di progestinici (“minipillola”) è una valida alternativa. I metodi più consigliati in queste
coppie rimangono, comunque, quelli di barriera (preservativo e diaframma), mentre la spirale è spesso
considerata a rischio di possibili infezioni.
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