2013 - Centro Studi Cinematografici
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2013 - Centro Studi Cinematografici
Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXIX - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 101-102 della rivista il Ragazzo Selvaggio CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA 101-102 SETTEMBRE-DICEMBRE 2013 Supplemento Tutti i film per la scuola SOMMARIO E D ITO R IALE 01 Carlo Tagliabue 01 Le 5 leggende After Earth / Alì ha gli occhi azzurri Anija - La nave / Argo Le avventure di Fiocco di Neve / Le avventure di Zarafa Bianca come il latte, rossa come il sangue / La bicicletta verde Buon anno Sarajevo / Il caso Kerenes Classici Disney & Co. / La collina dei papaveri Il comandante e la cicogna / I Croods Django Unchained / È stato il figlio In copertina: Epic - Il mondo segreto / Monsters University L’era glaciale 4 -Continenti alla deriva di Dan Scanion Ernest & Celestine / Il figlio dell’altra Usa 2013. Flight / Frankenweenie Un giorno devi andare / La grande bellezza Il grande e potente Oz / Grandi speranze 02 03 04 05 06 07 T U T T I I F I L M D E L L’A N N O P E R L A S C U O L A 08 09 10 11 12 13 14 24 25 26 27 28 29 pagina 31 La sposa promessa 30 31 32 33 In sequenza da sinistra a destra e in basso pagina 24 Pinocchio pagina 17 Kiki Consegne a domicilio pagina 7 Monsters & Co. La parte degli angeli / Pinocchio Qualcosa nell’aria / Ralph Spaccatutto Reality / Re della terra selvaggia La regola del silenzio / Ribelle - The Brave Riedizioni - Vogliamo vivere! / Il rosso e il blu Ruby Sparks / Sammy 2 - La grande fuga La scelta di Barbara / Il sospetto La sposa promessa / Sta per piovere Turbo / Vita di Pi Zambezia / Zero Dark Thirty AUTORI SCHEDE In Darkness / Infanzia clandestina L’intervallo / Io e te 17 Iron Man 3 / Kiki - Consegne a domicilio 18 Lincoln / Miele 19 Il ministro - L’esercizio dello Stato / Les Misérables 20 Monsters University / Moonrise Kingdom Una fuga d’amore 21 La nave dolce / Nella casa 22 No - I giorni dell’arcobaleno / Noi siamo infinito 23 Pacific Rim / ParaNorman 15 16 pagina (f.b.) (p.c.) (p.ca.) (m.c.) (l.c.) (c.d.) (d.d.g.) (a.f.) (m.g.) (m.gn.) (g.g.) (e.g.) (s.g.) (m.l.) Filippo Bascialli Patrizia Canova Paolo Castelli Massimo Causo Luisa Ceretto Carla Delmiglio Davide Di Giorgio Anna Fellegara Mariolina Gamba Marzia Gandolfi Giuseppe Gariazzo Elio Girlanda Silvio Grasselli Massimo Lechi 9 Django Unchained pagina 19 Les Misérables (a.l.) (m.m.) (f.m.) (a.ma.) Alessandro Leone Minua Manca Fabio Mantegazza Angela Mastrolonardo (m.mo.) Michele Moccia (a.m.) Alessandra Montesanto (g.pe.) Giuseppe Perico (m.g.r.) Maria Grazia Roccato (f.s.) Francesca Savino (f.v.) Flavio Vergerio (c.m.v.) Cecilia M. Voi (g.za.) Giancarlo Zappoli EDITORIALE A N N U A R I O 2 0 13 O ggi i tagli sempre più consistenti ai contributi ministeriali (e le ristrettezze finanziarie a essi collegate) condizionano pesantemente chi lavora in ambito culturale. Giocano quindi un ruolo di primo piano anche nella vita del Centro Studi Cinematografici e in quella della nostra rivista che pubblichiamo dal 1985. Nonostante questo, abbiamo voluto mantenere l’appuntamento con l’Annuario dei Film per la Scuola (Stagione 2012/2013) che proponiamo da una decina d’anni. Come l’anno passato lo mettiamo a disposizione dei lettori (e di tutte le persone interessate) solo in versione digitale (PDF), supplemento al numero della Rivista 101/102. È scaricabile gratuitamente dal Sito del Centro Studi Cinematografici e lo sarà tra non molto anche da quello de Il Ragazzo Selvaggio, in corso di preparazione. Se ci si sofferma sui titoli e i temi cui fanno riferimento i film scelti, ci si rende subito conto che il cinema è ancor oggi uno strumento particolarmente utile per porre sul tappeto argomenti importanti su cui riflettere e discutere nella scuola. Grazie anche a questo sussidio gli insegnanti potranno arricchire le loro proposte didattiche allargando i confini dei libri di testo. Nell’ampia rosa di suggerimenti proposta dai membri della Redazione ognuno potrà scegliere quelli a lui più utili e congeniali. Abbiamo mantenuto fede al nostro lavoro anche per testimoniare una volta ancora il nostro impegno e il nostro servizio in ambito culturale ed educativo, con particolare attenzione per i giovani e la loro formazione. CARLO TAGLIABUE DAGLI 8 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Le 5 leggende Rise of the Guardians Nord (Babbo Natale), Calmoniglio (il Coniglietto pasquale), Dentolina (la Fatina dei Denti) e Sandy (Sandman) sono i Guardiani che proteggono i bambini e infondono nel mondo meraviglia, speranza, gioia e sogno. A contrastarli è però tornato Pitch Black, l’Uomo Nero, che vuole far trionfare la Paura cancellando dai cuori dei bambini la fede nei valori positivi e nell’esistenza stessa dei Guardiani. Così, i quattro sono costretti a unire le forze e, dietro mandato del misterioso Uomo della Luna, che su tutto vigila, arruolano un nuovo Guardiano: Jack Frost, il maestro delle nevi e dell’inverno. Ma quale ruolo può avere un personaggio così solitario e dispettoso, spesso associato al freddo e alle intemperie, nella squadra dei Guardiani? La missione si sposa quindi con la ricerca del “centro” di Jack, collegato al suo passato, quando ancora era un essere umano... r. Peter Ramsey or. Usa 2012 distr. Universal dur. 97’ S in dalle prime battute Le 5 leggende si offre come una riflessione teorica sui codici espressivi del fantasy, dove i Guardiani rappresentano virtù e “tappe” ben distinte del fantastico, in rapporto al tempo e all’età: c’è il Natale, la Pasqua, il momento del sonno e quello della perdita dei denti da latte, che segna il passaggio dalla prima infanzia alla vigilia dell’adolescenza. L’interazione fra i Guardiani diventa così un simbolico percorso di formazione che si definisce nel confronto con l’Uomo Nero, rappresentante dei timori collegati alla perdita dell’innocenza e al raggiungimento dell’età adulta. Pitch Black vuole dunque far “tornare indietro” il mondo ai secoli bui, laddove i Guardiani vigilano perché ogni bambino possa compiere il suo percorso di vita in maniera lineare. Il punto di fuga di questa dicotomia è offerto da Jack Frost, che nel compiere il suo percorso formativo deve sì sconfiggere Pitch, ma soprattutto deve “tornare indietro” all’infanzia, secondo una dinamica quasi psicanalitica. Il confronto con i ricordi permette così a Jack di individuare il proprio “centro”, che gli garantisce l’ingresso formale nel gruppo, ma che allo stesso tempo lo pone quale elemento cerniera con quell’infanzia che i Guardiani di fatto proteggono, ma dimostrano di non conoscere del tutto. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 14 e 15. d.d.g. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 1 DAI 16 ANNI DAI 14 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 2 After Earth Nel 2025 gli umani hanno abbandonato la Terra colonizzando Nova Prime dove sopravvivono agli attacchi degli alieni Skrel grazie agli United Nation Rangers, specializzati nella difesa dagli Ursa, creature cieche, create dagli Skrel, che attaccano percependo la paura. Il tredicenne Kitai, cadetto dei Rangers, cerca di emulare il padre, generale Cypher Raige, maestro di “spettralità”, la capacità di controllare la paura divenendo invisibili agli Ursa. L’astronave su cui viaggiano Kitai e suo padre è colpita da un asteroide, l’unica salvezza è atterrare sulla Terra, ormai letale per l’uomo. Unici sopravvissuti, Kitai e il padre (gravemente ferito) devono affrontare anche l’Ursa trasportata dall’astronave. Kitai percorrerà cento chilometri per raggiungere il radiofaro e farsi individuare dai soccorsi. Non dovrà affrontare solo le sue paure, ma anche il giudizio del padre di fronte al quale nutre lo scrupolo di essere sopravvissuto all’attacco di un Ursa, fatale per la sorella maggiore. r. M. Night Shyamalan int. Jaden Smith, Will Smith, Isabelle Fuhrman, Sophie Okonedo, Zoë Isabella Kravitz or. Usa 2013 distr. Warner Bros dur. 100’ I l film elabora nella forma della fantascienza distopica il tema del rapporto tra il personaggio e il mondo in cui è calato. Il percorso di Kitai è in bilico tra due universi (Nova Prime e la Terra) in cui la paura è la regola da accettare e da annullare per vivere e sopravvivere. L’imprinting al quale aderire è la “spettralità” di cui è maestro il padre. Ma Kitai aspira a questo non tanto per emulazione del padre, ma per liberarsi di quell’altra paura - psicologica, dello spirito -, legata al ri- Alì ha gli occhi azzurri Una settimana nella vita di Nader, 16 anni, egiziano nato a Roma. Nader vive a Ostia con i genitori e la sorella più piccola Laura. Il coetaneo Stefano, italiano, è il suo migliore amico. Un mattino, prima di andare a scuola, Nader e Stefano rapinano un negoziante. I genitori osteggiano la sua relazione con l’italiana Brigitte. Nader scappa così di casa e si mette ancor più nei guai accoltellando un ragazzo romeno in discoteca; si ribella alla sua cultura e religione per vivere il proprio amore, si sente italiano, ma non esita a rifarsi a quei valori che contesta quando scopre che la sorella si è innamorata di un ragazzo italiano. Per Nader non sarà facile far coesistere il suo essere arabo e italiano. Tentando di far luce sulla propria identità, dovrà sopportare la solitudine, affrontare la paura e la comunità romena in cerca di vendetta, scoprire la perdita dell’amicizia e, forse, dell’amore. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Claudio Giovannesi int. Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi or. Italia 2012 distr. Bim dur. 100’ A lì ha gli occhi azzurri completa la “trilogia” iniziata con Welcome Bucarest (2007) e proseguita con Fratelli d’Italia (2009). In essa Claudio Giovannesi descrive l’Italia multiculturale di oggi e le dinamiche che si esprimono attorno alla questione dell’identità, delle relazioni nella quotidianità di adolescenti appartenenti alla seconda generazione d’immigrati. L’intreccio tra esperienza documentaria e invenzione è la traccia cordo della morte della sorella, uccisa da un Ursa sotto i suoi occhi senza che lui sapesse/potesse far nulla. Il doppio scenario di morte e paura configurato da Shyamalan si offre come speculare rispetto alla doppia dimensione di confronto e di liberazione di Kitai: se Nova Prime è il luogo in cui il ragazzo proietta le paure spirituali, la Terra è quello in cui è costretto ad affrontare fisicamente la paura, lasciando che ogni timore si cristallizzi attorno a lui come vero e proprio mondo aggressivo. Shyamalan, del resto, gioca l’intero film proprio sulla duplicazione tra dimensione materiale e spirituale, connaturata dal percorso di crescita di Kitai: se il film è giocato sul tema del “dopo” (conseguente alla dialettica shyamalaniana tra determinazione e predeterminazione dei suoi eroi), ciò che segna il cammino di questo ragazzo sulla Terra abbandonata dall’uomo mille anni prima è l’adeguamento a una simbiosi tanto fisica quanto spirituale con gli elementi della natura. Fattore che lo differenzia nettamente dal padre. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 12 e 13. m.c. indelebile di Alì ha gli occhi azzurri. I personaggi si chiamano come nella loro vita reale. Quella cui si assiste è dunque un’auto-rappresentazione che, da una parte, evidenzia la disponibilità a mettersi in gioco di quegli adolescenti e adulti e, dall’altra, conferma la sensibilità filmica e la complicità del regista nel descrivere quelle persone/personaggi. Giovannesi racconta una materia ancora poco esplorata dal cinema italiano. E lo fa dal punto di vista del sedicenne Nader. Lo pedina nei suoi spostamenti, sempre concitati. Portando in primo piano il luogo dove Nader agisce, Ostia, il lido di Roma, il territorio più multietnico della capitale. Un luogo che rimanda a Pasolini, evocato fin dal titolo, che muta leggermente quello di una raccolta di racconti dello scrittore (Alì dagli occhi azzurri). Nader ha gli occhi azzurri se mette le lenti a contatto per non sembrare arabo. Giovannesi tratteggia questa ricerca d’identità e lascia i personaggi in preda ai loro dubbi. Dà indizi e attende che altre cose accadano. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 25. g.g. DAI 14 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Anija - La nave Marzo 1991: all’orizzonte delle coste adriatiche meridionali italiane compaiono navi cariche oltre l’inverosimile di passeggeri. Sono albanesi che dai primi anni 90 sono fuggiti dalla dittatura di Enver Hoxha. Il regista cuce materiale di repertorio recuperato sulle due rive del Mediterraneo con testimonianze di una decina di protagonisti di quei “viaggi della speranza”. La nave dolce si concentrava sullo sbarco della nave Aurora nei porti pugliesi, Anija, attraverso foto, video, spezzoni di telegiornali nazionali e locali, oltre che tramite la voce dei protagonisti, cerca di spiegarci le ragioni di una fuga che ha assunto l’aspetto di un esodo biblico. Sullo schermo si alternano volti soprattutto di giovani che senza esitazione hanno lasciato alle spalle un paese caratterizzato da assenza di libertà d’espressione, mancanza di diritti per le donne, accuse indiscriminate e infondate di tradimento politico, condanne al carcere e a morte per tentativi di fuga. r. Roland Sejko or. Italia 2012 distr. Cinecittà Luce dur. 80’ I l film ha molti meriti: primo fra tutti quello di aver mostrato come la massa indistinta di fuggiaschi che affollava le “navi della speranza” fosse in realtà formata da persone uniche, con la propria personalità, una vita alle spalle, ognuna animata dalla speranza di trovare fortuna in un altro Paese; speranza talmente forte da indurre a lasciare la propria terra decidendolo in pochi minuti, senza portare con sé un bagaglio, solo lo strazio di dover abbandonare casa e affetti. Anija restituisce ai protagonisti di que- Argo Teheran, 4 novembre 1979: un gruppo di studenti assale l’ambasciata Usa prendendo in ostaggio cinquanta persone. Sei americani riescono a fuggire e si rifugiano nell’ambasciata canadese. Il dipartimento di stato Usa decide di tentare di esfiltrare i sei e di riportarli in patria. Tony Mendez, specialista della CIA in esfiltrazioni, pensa di creare una copertura facendo passare i sei per una squadra, in Iran per trovare location per un film di fantascienza. Il piano è però rischioso. Si organizza la “fittizia” produzione di un film in stile Star Wars chiamato Argo. Mendez si reca in Iran, accreditandosi presso le autorità iraniane e addestrando i sei perché reggano agli interrogatori che dovranno sostenere all’aeroporto. Il giorno prima della partenza la missione è annullata, ma Mendez riesce a ottenere che sia riapprovata e i sette si recano all’aeroporto. I controlli sono strettissimi, ma gli americani riescono a imbarcarsi. r. Ben Affleck int. Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber, Tate Donovan, Clea Duvall, Scott McNairy, Rory Cochrane, Christopher Denham or. Usa 2012 distr. Warner Bros dur. 120’ I l film è basato sull’operazione Canadian Caper, realizzata nel 1980 e rimasta “classificata” fino a tutto il 1997. Ci riporta all’epoca della rivoluzione iraniana del 1979, quando l’Ayatollah Khomeini rovesciò lo scià trasformando la Persia in una teocrazia islamica che perdura tutt’oggi. Lo scià fuggì negli Usa e gli studenti assalirono l’ambasciata ameri- sto esodo una dignità individuale attraverso i loro racconti: emergono le storie di ciascuno, intrise di dolore, dell’umana e invincibile speranza di sognare un mondo migliore. Le voci dei protagonisti, ormai elemento integrante del tessuto sociale italiano, intervistati nelle abitazioni o sul luogo di lavoro, fanno da controcanto ai filmati d’epoca, sobri e severi in un bianco e nero che ha la potenza dell’autenticità; tra questi, paradossalmente, anche riprese della polizia segreta, girate con ben altri scopi. Sejko sceglie un approccio classico al genere documentario, e il film si iscrive così a pieno titolo nel filone del cinemaverità, quello che ha i suoi maestri in Dziga Vertov, Esfir Sub, Vladimir Majakovskij, ove la sola cosa importante è il mostrare, soffermandosi sui visi, sugli occhi, sui gesti, senza facile pietismo, ma con l’unico scopo di raccontare con pudore e sincerità quanto è avvenuto. Il risultato è un affresco palpitante; un film asciutto, toccante ma non retorico, che merita di essere visto soprattutto dai giovani. f.m. cana per protestare perché gli Usa gli davano asilo. La tensione è palpabile per tutto il film che procede quasi fosse un documentario. Comunque il suo senso non è ancorato al passato, appare in filigrana un parallelo tra la realtà del tempo (1980) e i giorni nostri, quasi a dimostrare che in fondo la Rivoluzione iraniana può essere presa come momento di svolta dell’intera vicenda mediorientale. La ricostruzione storica è fedele. Affleck riesce a rendere al meglio la veridicità del film fondendo i tre caratteri della pellicola: il dramma storico della prima parte, la commedia hollywoodiana della seconda e la tensione palpabile dell’azione della terza. Il sapiente uso della macchina da presa segue i personaggi da vicino, alternando pregevoli piani ravvicinati e campi lunghi a efficaci piani sequenza. La recitazione è curata, grazie a un cast di rilievo; la fotografia asciutta ed essenziale. La colonna sonora - imbevuta di pezzi rock dell’epoca - e un montaggio accurato danno al film un ritmo incalzante, quasi ossessivo. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 30. f.b. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 3 DAI 6 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Le avventure di Fiocco di Neve Floquet de Neu DAGLI 8 ANNI Guinea equatoriale, anni 60: viene catturato un gorilla bianco. Trasferito nel 1966 allo zoo di Barcellona, diventa un polo di attrazione. Muore nel 2003. Collegandosi a questo fatto il film prende le mosse dal periodo di adattamento trascorso dal gorilla in casa di Paula, figlia dodicenne di un primatologo, che lo chiama Fiocco di Neve. Allo zoo l’animale non ha vita facile; il colore della pelliccia lo rende diverso, è emarginato e respinto. Fa amicizia con la gorillina Ganga e con Miguel, un panda buddista che si sente una pantera. Per essere accettato scappa col panda sperando che la Strega del Nord possa dargli una pozione scurente. Mentre Paula, che a sua volta non ha facili relazioni con i compagni, cerca di ritrovarlo, Luc de Sac, perseguitato dalla sfortuna, insegue il gorilla per impossessarsi del suo cuore, ritenendolo un amuleto. Fiocco di Neve scoprirà che “essere speciali non è poi così male”. L’ eroe, l’orfano protagonista; la spalla, l’amico panda; Luc de Sac, il nemico dai propositi sanguinari; una strega buona e bella. E una morale edificante. Animali in computer grafica e attori veri coesistono in una coloratissima Barcellona dove si dipana una narrazione lineare, tra gag comiche, trovate divertenti, una giusta dose di avventura e attenzione agli aspetti psicologico/emotivi delle relazioni umane (e dei rapporti tra animali antropomorfizzati). Dinamiche dell’azione, clima, tempi veloci ma non frenetici, danno al film Le avventure di Zarafa Giraffa Giramondo Zarafa All’ombra di un baobab un anziano saggio racconta ai bambini una storia avvincente: quella dell’amicizia tra Maki, un ragazzino di dieci anni e Zarafa, una giovane giraffa data in regalo dal governo egiziano al re di Francia Carlo X, con la speranza che questi aiuti a liberare Alessandria dalle truppe turche. Hassan, un beduino, principe del deserto, è incaricato di portare la giraffa in Francia, ma non fa i conti con l’ostinazione del piccolo Maki, sfuggito al Capitano Moreno, il quale si è ripromesso di non abbandonarla mai. Dopo molte peripezie il gruppo raggiunge Parigi e Zarafa viene esposta in una gabbia dello zoo. Carlo X accetta il regalo, tuttavia, con grande disappunto da parte di Hassan, rifiuta l’aiuto all’Egitto. Maki viene di nuovo rapito dal Capitano, ma la sua ostinazione lo aiuterà ancora… 4 r. Andrés G. Schaer or. Spagna 2011 distr. Notorius Pictures dur. 85’ numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Rémi Bezançon e Jean-Christophe Lie or. Francia/Belgio 2012 distr. Good Films dur. 78’ L’ idea del film risale a più di una decina di anni fa, ma dovrà attendere il 2008 per prendere avvio, grazie alla proposta di una co-regia da parte della produttrice Valérie Schermann che unisca alla firma di Bezançon quella di un habitué del mondo dell’animazione, Jean-Christophe Lie. Nel raccontare l’amicizia tra un bambino e la piccola giraffa, Le avventure di Zarafa - Giraffa Giramondo intreccia una pagina poco nota della Storia francese un ritmo da cartoon: anche nelle traversie incontrate e nelle battute dei personaggi in carne e ossa. Coerente a questa estetica la concitata, lunga scena finale, una vera comica nelle movenze, nei pericoli, nella crudeltà e nei tempi, ma sempre all’insegna della fruibilità da parte degli spettatori. I due amici affrontano il classico viaggio, reale e metaforico, di avventura e crescita, per scoprire la propria diversità come ricchezza, conquistare la fiducia dei propri simili grazie al valore dell’amicizia e della solidarietà. E il timido gorilla dai grandi occhi celesti diventa il simbolo della diversità. La morale, anche se scontata, annunciata fin dalle prime sequenze, cattura simpatia ed emozione. Il film non brilla per originalità, ma ritmo, comicità fisica dei comprimari, tecnica, chiarezza della storia e del messaggio rendono questa favola sulla tolleranza e sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza un prodotto efficace. Con un valore aggiunto: è un lavoro tutto europeo. Vedi anche in Il Ragazzo Sevaggio n. 98, p. 35. c.d. con i percorsi privati di curiosi e bizzarri protagonisti, in un microcosmo stravagante dove convivono pirati guidati dalla coraggiosa e fiera Bouboulina e curiosi venditori di mucche gemelle del Tibet nel mezzo del deserto. Realizzato secondo l’animazione tradizionale, con la tecnica del disegno animato, Le avventure di Zarafa - Giraffa Giramondo coniuga la bellezza formale con l’intelligenza di un racconto che nel rivolgersi al pubblico dei più piccoli ha il merito di affrontare tematiche importanti, senza perdere di vista il piacere dell’affabulazione. Nel fatto di gettare un’ombra sulla Francia colonialista del diciannovesimo secolo e sulla sua difficile relazione con l’Altro, senza tralasciare argomenti come la schiavitù e la solidarietà, appare fin troppo evidente nel film il chiaro riferimento all’oggi e alla necessità di abbattere le frontiere ideologiche e gli egoismi nazionali, in nome di una coesistenza pacifica, che tenga in considerazione e rispetti le più disparate religioni, culture e filosofie di vita. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio, n. 99, p. 35. l.c. DAI 12 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Bianca come il latte, rossa come il sangue DAI 14 ANNI Leo, studente di terza liceo, è affascinato da una ragazza del quarto anno dall’incarnato molto pallido e i capelli rossi. Aiutato dall’amico Niko tenta senza successo di dichiararsi, finché un giorno la cosa gli riesce in un cinema in cui è andato a cercarla. Quando viene a sapere che essa, sofferente di leucemia, ha i giorni contati, si offre come donatore di midollo osseo, che però risulta incompatibile. Su indicazione del professore cambia regalo: ogni giorno intrattiene Bea con giochi, recite e passatempi, le insegna a suonare la chitarra, rendendole meno gravosa l’esperienza di andare incontro alla morte. Insegnanti e genitori, che dal suo comportamento bizzarro hanno intuito che Leo è angustiato, in diversi modi gli porgono quell’aiuto che egli non chiede, che anzi ostenta di respingere e che finirà per accettare, grazie al quale riuscirà a dare una nuova apertura alla propria vita. r. Giacomo Campiotti int. Filippo Scicchitano, Aurora Ruffino, Gaia Weiss, Luca Argentero, Romolo Guerreri, Gabriele Maggio, Roberto Salussoglia,... or. Italia 2013 distr. 01 dur. 102’ E videnziando la simbologia dei colori, il film introduce il tema dell’amore: di Leo, che ama Beatrice e la intrattiene, sollevandone la solitudine; ma anche amore di Bea, che fa notare al ragazzo l’amore di Silvia; e poi dell’amico Niko; e dei genitori, un po’ estranei e sempre negativi perché prudenti, ma in fondo capaci di comprendere e accettare; amore an- La bicicletta verde Wadjda Wadjda (10 anni), abita a Riyadh. Frequenta un istituto femminile, è figlia unica e vive con la madre, insegnante. Il padre è enigmatico, spesso assente. La madre si strugge d’amore, consapevole di rischiare di perdere il marito per l’impossibilità di dargli un figlio maschio. Wadjda è vivace e intelligente, in competizione con Abdullah, coetaneo vicino di casa che la sfida in impari gare di velocità con la bicicletta. Lei corre a piedi. E l’acquisto di una bicicletta verde, esposta in un negozio, diventa la sua principale ragione di vita. La bicicletta costa molto e Wadjda non può contare sull’aiuto dei genitori, contrari, come consuetudine in Arabia Saudita, all’idea che possa usarla. Per procurarsi la somma la ragazza partecipa a una gara di recitazione del Corano.Vince, ma la cifra in palio è devoluta alla causa palestinese. Quando le speranze sembrano perse, sarà la mamma ad assicurarle il dono. r. Haifaa Al Mansour int. Waad Mohammed, Reem Abdullah, Abdullrahman Al Gohani, Ahd, Sultan Al Assaf or. Arabia Saudita/Germania 2012 distr. Academy2 dur. 97’ H aifaa Al Mansour è la prima donna ad aver girato un lungometraggio di fiction in un Paese dove non esistono sale cinematografiche. Tenace come Wadjda, suo alter ego, ha atteso cinque anni prima che il suo sogno si realizzasse. Wadjda è una ragazza estroversa, combattiva. È furba, capace di empatia: comprende e condivide le sofferenze della mamma, innamorata del marito, uomo incapace di autonomia rispetto alla famiglia d’origine, soprattutto suggestionato dalla nonna che vuole procurargli un’al- che del professore, che intuisce la crisi e intende recuperare il rapporto col riottoso alunno, rimorchiandoselo anche nel tempo libero, per conquistarne la fiducia con metodi assai originali e alternativi. Il film indaga l’adolescenza nella sua temperie affettiva, mostrandone gli entusiasmi, gli slanci, la generosità, l’immediatezza di adesione insieme con le esitazioni, i dubbi, le timidezze, i ripensamenti, la cecità, l’egocentrismo, i rapporti problematici e conflittuali con gli adulti, continuamente provocati. Il confronto con la morte e l’esperienza del dolore segnano un percorso di formazione attraverso cui Leo matura, aprendosi a una prospettiva nuova. La ragazza, che anche nel nome richiama la Beatrice dantesca, non lo conduce al Cielo, ma gli regala la realtà, il limite, la concretezza, la terra, aprendogli gli occhi su ciò che gli sta vicino. Anche gli altri, alla fine della vicenda, dopo il funerale, quando escono dalla chiesa, sono diversi: più veri e più maturi, anche gli sbruffoni del quarto anno. E Leo e Silvia intraprendono insieme un nuovo cammino. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 28. m.g.r. tra compagna perché abbia un figlio maschio. Osserva anche le assurde condizioni in cui vivono altre donne adulte... La macchina da presa indossa lo sguardo severo e disincantato di Wadjda, stanca di fingere una condiscendenza ormai priva di autentica adesione: le norme e i divieti, tutti improntati alla mortificazione della femminilità e dell’autonomia della donna, le appaiono sempre più come sterili tentativi di imprigionare il progresso e l’evoluzione dei costumi. La ragazza sembra attraversare questi percorsi minati con la leggerezza di chi non ha legami ideologici e non è vittima di condizionamenti ipocriti. È dura essere donna a quelle latitudini, ma è anche stimolante la sfida al cambiamento. Tra le denunce più evidenti della regista annoveriamo quella che giudica le ragazze impure durante le mestruazioni tanto da non poter sfiorare il Corano se le dita non sono protette da un fazzoletto, e l’impossibilità di comparire nell’albo genealogico della famiglia: Wadjda non esita a manometterlo inserendo il suo nome. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 26. a.ma. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 5 DAI 14 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Buon anno Sarajevo Dejca DAI 16 ANNI Rahima (23 anni) vive a Sarajevo con il fratello Nedim (14). Hanno perso i genitori durante la guerra e, come orfani, sono sotto osservazione da parte dei servizi sociali. La ragazza lavora come aiuto cuoca in un ristorante alla moda. Il fratello, diabetico, è vittima del bullismo di un gruppo di studenti che ruota intorno al figlio di un ministro. Rahima, di recente convertitasi all’islamismo osservante, teme che Nedim possa cadere nella piccola delinquenza, soprattutto dopo la scoperta del suo coinvolgimento nel contrabbando di armi. Il ricordo della madre uccisa da un cecchino è ancora molto vivo. La situazione precipita quando Nedim danneggia l’i-phone del figlio del ministro e la scuola ingiunge alla sorella di rifondere il danno. Rahima chiede la cifra di cui ha bisogno al proprietario del locale dove lavora ma la richiesta è respinta. La disperazione la porta a danneggiare l’auto del ministro in un posteggio… 6 r. Aida Begić int. Marija Pikic, Ismir Gagula, Nikola Djuricko, Stasa Dukic, Velibor Topic or. Bosnia-Herzegovina/ Germania/Francia/Turchia 2012 distr. Kitchen Film dur. 90’ L a guerra nell’ex Jugoslavia è ormai un ricordo, di fatto rimosso dalla memoria dell’occidente, ma morde ancora nella carne di chi l’ha vissuta. Begić ce ne offre una lettura al femminile grazie a una macchina da presa che mutua in parte lo stile di ripresa dai fratelli Dardenne in Rosetta. Rahima è pedinata dalla camera in intensi piani sequenza e seguita mentre spia le mosse del fratello che, al di là di ciò che appare alla funzio- Il caso Kerenes Positia copilului Cornelia (60 anni) appartiene alla ricca borghesia di Bucarest. Durante la festa per il compleanno arriva la comunicazione che il figlio trentenne Barbu ha ucciso in un incidente d’auto un bambino. La donna si precipita al posto di polizia, ove inizia una pervicace opera di depistaggio e di occultamento delle prove che accuserebbero il figlio di omicidio colposo. Con l’aiuto di avvocati e di amici politici fa cambiare il verbale di polizia da cui risulterebbe la velocità eccessiva della macchina investitrice, corrompe il testimone con cui Barbu stava ingaggiando una gara di velocità, fa cambiare i referti medici. In effetti la donna nutre un amore morboso per il figlio, che non ha ancora finito gli studi e che convive con una donna divorziata. Barbu si ribella inutilmente all’abbraccio mortifero della madre e solo dietro le sue insistenze accetta di incontrare per una problematica pacificazione il padre contadino del bambino ucciso. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Calin Peter Netzer int. Luminita Gheorghiu, Bogdan Dumitrache, Ilinca Goia or. Romania 2013 distr. Teodora Film dur. 112’ L a concatenazione narrativa del film può indurre una lettura psicologistica e sociologica della vicenda. Eppure basterebbe a suggerire una dimensione più complessa il nome di Cornelia della protagonista, sinonimo di maternità esemplare. Qui Cornelia diventa figura modello di madre possessiva e castratrice, volta vanamente al benessere materiale del figlio, cui cerca di imporre le sue regole di vita. Le conseguenze sulla mancata costruzione di una personalità naria dei servizi sociali, rischia un’esistenza border line. Ma border line è la vita di tutti gli abitanti di una città che è stata martoriata dal conflitto nella sua intima essenza. Le giornate si susseguono una dopo l’altra in una società che non solo non ha rimarginato le proprie ferite, ma che ora è vittima del liberismo sfrenato che lascia sul terreno morti e feriti nell’intimo, nella dignità. Rahima ha cercato in una fede (che non si esteriorizza se non nel velo che indossa) un appoggio per difendersi e difendere ciò che ha di più caro: Nedim. In un film che presta grande attenzione ai suoni e ai rumori al punto da fornire loro un simbolismo acustico di rilevante qualità i botti di Capodanno sono segno di festa ma ricordano tanto, troppo da vicino, ben altre esplosioni. La speranza nell’anno che verrà non può essere sepolta assieme alle scene di morte che ancora tornano a tormentare chi le ha vissute ma, sembra dirci Aida Begić, non può neppure contare sul contesto socio-economico. Può solo far affidamento sulle singole persone capaci di non piegarsi. Come Rahima. g.za. autonoma e serena da parte di Barbu sono tragiche: eterno adolescente, continua a studiare per un dottorato di ricerca, si fa mantenere dalla madre, è depresso e ipocondriaco, ha il terrore di diventare padre, quindi una vita sessuale deprivata. A conferma di tale quadro psicologico è pertinente il titolo originale del film, Positia copilului, letteralmente “posizione del feto”, a significare la condizione di Barbu, figlio “mai nato”. Ma il termine può anche significare nel linguaggio burocratico di polizia la posizione in cui viene ritrovato il corpo di un ucciso. In funzione del titolo originale Barbu diventa così al tempo stesso vittima e carnefice. Tutto è narrato sotto il segno dell’ambiguità. Il film inizia con un dialogo fra Cornelia e un’amica in cui essa parla del figlio come se si trattasse di un marito traditore, svelando la sua vera identità poco alla volta. La compattezza del personaggio si frantuma nella scena finale. Di fronte al dolore del padre dell’ucciso, cui ha fatto visita con lo scopo di tacitarlo con dei soldi, Cornelia piange…Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.100, p. 22. f.v. DAI 6-8 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Classici Disney & Co. Gli aristogatti Una milionaria lascia i suoi averi alla gatta Duchessa e ai suoi cuccioli. Il maggiordomo Edgar cerca di disfarsi degli animali per impadronirsi del denaro, ma il gatto Romeo soccorre Duchessa e i cuccioli. Il libro della giungla Cresciuto nella giugla, il piccolo Mowgli rischia di diventare cibo per la spietata tigre Shere Khan e per questo deve essere riportato tra gli uomini. Ma il ragazzo non ne vuole sapere, con grande scoramento per Bagheera, la pantera che l’ha allevato. Le avventure di Peter Pan Wendy e i suoi fratelli non condividono l’educazione severa del padre e aspettano il momento in cui Peter Pan verrà a riprenderli: il sogno si avvera e spalanca le porte a grandi avventure nell’Isola-che-nonc’è, fino all’inevitabile nostalgia di casa. Monsters & Co. 3D DAI 12 ANNI A Mostropoli Sulley e Mike sono i campioni degli Spaventatori e riforniscono tutta la città con le urla strappate ai bambini del nostro mondo. Ma un giorno una bambina riesce a passare la porta tra i due mondi e i due campioni devono proteggerla. GLI ARISTOGATTI tit.or.The AristoCats r. Wolfgang Reitherman or. Usa 1970 distr. Disney dur. 78’ IL LIBRO DELLA GIUNGLA tit.or. The Jungle Book r. Wolfgang Reitherman or. Usa 1967 distr. Disney dur. 78’ LE AVVENTURE DI PETER PAN tit.or. Peter Pan r. Clyde Geronimi, Wilfred Jackson, Hamilton Luske or. Usa 1953 distr. Disney dur. 74’ MONSTERS & CO. 3D tit.or. Monsters, Inc r. Pete Docter or. Usa 2001 distr. Disney dur. 92’ I l progetto di riedizione dei capolavori Disney prosegue e assume una compiutezza sempre più netta. La visione collettiva del pacchetto 2013 rende infatti merito ai fermenti artistici di una factory già moderna quando ancora era classica. Così, se il Libro La collina dei papaveri Kokuriko-zaka kara Yokohama 1963. Umi (15 anni) vive con la nonna, una sorella e un fratellino. La madre, insegnante, è spesso fuori per lavoro. La casa, una vecchia clinica, è in parte adibita a ostello per giovani donne. La ragazza si occupa delle ospiti e studia. Si invaghisce di Shun, responsabile del giornale scolastico “Quartier Latin”. La redazione ha sede in un edificio attiguo alla scuola dove i giovani svolgono varie attività: studio della letteratura e della filosofia, esperimenti di chimica, osservazione del sole. La dirigenza scolastica vorrebbe sequestrare l’edificio, che nel frattempo è stato ripulito sotto la spinta delle ragazze di cui Umi è leader involontaria. L’amore nato tra i due ragazzi non può esprimersi perché Shun scopre di essere fratello di Umi, il cui padre, morto in mare mentre prestava servizio, aveva consegnato un neonato a una coppia adottiva. In realtà le cose non stanno proprio così. r. Goro Miyazaki or. Giappone 2011 distr. Lucky Red. dur. 91’ D a una serie manga, dietro l’apparenza di un racconto d’amore il film (firmato dal figlio di Hayao Miyazaki) innesca temi complessi sullo sfondo del Giappone post atomico. Umi e Shun rappresentano la prima generazione dei nati dopo la bomba. Il film però lascia in secondo piano le inquietudini per mettere a fuoco i giovani protagonisti, decisi a un impegno fattivo. I membri del collettivo gridano il diritto alla libertà di pensiero e iniziativa. Pochi gli anziani nel racconto, ma madre e padre della giungla anticipa molte trovate del successivo Il re leone nella figura di un protagonista che si pone come ago della bilancia di equilibri abbastanza precari e sempre in procinto di essere ridefiniti, Gli aristogatti è già indice di una fase nuova: un’ironia più pungente, uno stile spigoloso e un’avventura che assume quasi il sapore di una bizzarra screwball comedy in salsa felina, con il concetto di aristocrazia (chiamato in causa sin dal titolo) che si scontra con i modi spicci e la forza della “vita di strada” del gatto Romeo. È una rivoluzione gentile quella proposta da Disney e che forse proprio nel più classico dei tre titoli, Le avventure di Peter Pan, dimostra come già i semi ci fossero tutti: la storia dell’eterno ragazzo che vive nell’isola-che-non-c’è resta infatti una palese dichiarazione d’intenti rispetto a una forza innovatrice che reclama il suo posto in un mondo dove la fantasia è al potere. Il regno delle bizzarre creature di Monsters & Co. della Pixar diventa perciò l’ultimo e l’unico approdo possibile per questa filosofia. I film sono in distribuzione unicamente in formato digitale (e non in pellicola), per le sale attrezzate. d.d.g. “funzionano” come collettori tra passato e futuro. Umi ha il sogno di ritrovare il padre. Risponde invece Shun, salvato dal padre della ragazza, germe del futuro, leader che spinge il collettivo al restauro dell’edificio che ospita gli autonomi perché diventi sede del “fare pensiero”, ma anche detentore delle qualità maschili indispensabili per un progetto intelligente di domani, in sintonia con le qualità femminili di Umi. Lui e lei, capaci di leggere il senso delle cose nascosto dietro un alfabeto simbolico: il mare, il viaggio, le bandiere, un edificio, una fotografia, una poesia, la pittura. Un’animazione volutamente poco fluida, la linea di contorno netta che ritaglia le figure umane da scenari spesso acquerellati con colori primaverili riportano a uno stile in linea con l’ambientazione storica. Eppure l’impressione del vero, inseguita dagli artifici al pixel dell’animazione moderna, si genera e si rigenera supportata dal lavoro del sound designer, ma soprattutto suscitata dai moti dell’anima dei protagonisti. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 28. a.l. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 7 DAI 10 ANNI DAI 14 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 8 Il comandante e la cicogna Nella Torino caotica di oggi, Garibaldi, dall’alto del suo monumento equestre, commenta la vita che scorre ai suoi piedi, in netta polemica con la statua dell’immaginario Cavalier Cazzaniga. Il loro sguardo si concentra sull’idraulico Leo, prematuramente vedovo, che prova a conciliare lavoro e difficoltà con i figli Maddalena ed Elia. La prima è circondata da fidanzati balordi, il secondo, tredicenne introverso, si occupa di nascosto di una cicogna. Per procurarle da mangiare, il ragazzo ruba in un supermercato dove fraternizza con l’eccentrico Amanzio il quale è anche il padrone di casa della giovane artista Diana a cui concede due giorni per pagare l’affitto arretrato. Diana passa le giornate a fare “recupero crediti” presso clienti falliti. Le vite parallele di Diana e Leo si incrociano nello studio del losco avvocato Malaffano, al quale entrambi si rivolgono per uscire dai guai. r. Silvio Soldini int. Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Luca Zingaretti or. Italia/ Svizzera 2012 distr. Warner Bros dur. 108’ È difficile leggere in modo non banale le commedie, per la capacità intrinseca del genere di presentare, affiancati, elementi molto diversi e tutti importanti. Il comandante e la cicogna è una panoramica divertente e amara sulla società italiana contemporanea, sulla corruzione della sua politica e sulla disonestà di fondo della maggioranza dei I Croods The Croods Età della pietra. I Croods trascorrono le giornate al chiuso della loro caverna, seguendo le indicazioni dell’iperprotettivo papà Grug, che non intende rischiare l’uscita all’esterno se non per le settimanali battute di caccia. La situazione non piace a Eep, la figlia maggiore, che sogna invece l’avventura e gli spazi aperti. L’accontenta suo malgrado un cataclisma, che costringe i Croods a intraprendere un viaggio verso un luogo più sicuro. A spronare il gruppo e a fornire le migliori soluzioni contro i pericoli che costantemente si presentano è Guy, un ragazzo molto sveglio, che sopperisce alla mancanza di forza con l’ingegno. Fra lui e Eep nasce anche un’attrazione che non è ben vista da Grug: l’uomo si vede scalzato dal suo ruolo di capofamiglia e i suoi dettami di vita vengono messi in discussione. L’avventura sarà anche per lui un’occasione per cambiare atteggiamento. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Kirk De Micco, Chris Sanders or. Usa 2013 distr. Fox dur. 98’ A lla dicotomia fra la caverna (platonicamente intesa) e il mondo esterno, il film accompagna una riflessione sulle dinamiche interne a una famiglia. I Croods sono infatti un gruppo omogeneo e unito da forte affetto, ma anche agitato da tensioni laceranti, tenute a bada con forza dal capofamiglia Grug. suoi abitanti. Il regista sceglie Diana e Leo come punti di riferimento di un film corale, dove l’agire di ognuno condiziona le scelte di tutti. I due protagonisti spiccano per la loro diversità, per la loro onestà. Leo e Diana resistono, ma sono soli. Garibaldi li paragona ai suoi Mille: un manipolo di pochi valorosi, unica speranza per il futuro del Belpaese. Avvicinare passato e presente in una comunione dei santi ironica e quanto mai laica è l’altra cifra originale del film: i defunti, illustri e meno illustri, partecipano alle vicende terrene. Ciascuno lo fa a modo suo e i più sensibili possono perfino dialogare con loro, come Leo fa con Teresa. Ci sono poi le statue dei personaggi che hanno fatto grande il nostro Paese: Verdi, Leopardi, Leonardo, Cristoforo Colombo e Garibaldi. Tra affreschi celebrativi e tubi di lavatrici, Leo e Diana sono trascinati in basso. Ci penseranno i sognatori Elia e Amanzio a riportare un po’ di pace nelle loro vite, in occasione del viaggio in Svizzera per portare in salvo Agostina, la cicogna del titolo. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 27. c.m.v. Eep è perciò mossa da un sentimento che la porta contemporaneamente ad amare e a rinnegare la sua famiglia. A questo proposito, la conoscenza di cui viene investita attraverso l’incontro con Guy, permette a Eep di tracciare una distanza con la famiglia che è allo stesso tempo anche una vicinanza. Ovvero, mentre Eep si allontana dai dettami paterni, abbracciando finalmente il proprio desiderio di esplorare il mondo “di fuori”, altrettanto in fretta emergono quegli elementi che la contraddistinguono come un’autentica Crood e la rendono “selvaggia” agli occhi del più “evoluto” Guy (come la sua forza o la sua voracità). L’approdo finale è dunque la coabitazione degli opposti, ovvero l’intelligenza di Guy e la forza di Grug, con il viaggio quale tappa intermedia perché gli angoli si smussino e l’insieme torni a essere omogeneo. Il tutto, naturalmente, avviene attraverso una logica compromissoria, in cui le posizioni, dapprima molto distanti, si avvicinano e ognuno impara qualcosa dall’altro. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 6 e 7. d.d.g. DAI 16 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Django Unchained Django è uno schiavo nero che sopporta violenze e angherie nel Sud degli Stati Uniti d’America. Due anni prima della Guerra Civile (1861) e cinque anni prima dell’approvazione del tredicesimo emendamento della Costituzione americana, Django viene riscattato dal Dottor King Schultz, odontoiatra tedesco e cacciatore di taglie, che lo assolda per cercare e abbattere pericolosi criminali. Curioso e dotato, impara da Schultz l’arte oratoria e la pratica delle armi, braccando i terribili fratelli Brittle, colpevoli di averlo separato da Broomhilda, giovane consorte al servizio di Calvin Candie. Schiavista psicotico del Mississipi, che ama i francesismi e fa sbranare i suoi ‘negri’ da cani rabbiosi, Calvin condivide arroganza e ricchezza con una sorella zitella e un servitore nero e scaltro. Inviso al padrone e allo schiavo, Django scalerà come Sigfrido una montagna impervia per liberare la sua principessa e condividere con lei il domani e la libertà. r. Quentin Tarantino int. Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington, Don Johnson, Franco Nero or. Usa 2012 distr. Warner Bros, Sony Pictures dur. 165’ C on Django Unchained, Quentin Tarantino interviene di nuovo sulla storia degli uomini e su quella del cinema, confrontandosi con l’abisso morale della schiavitù e metabolizzando gli stilemi dello spaghetti western, che finiscono per essere soltanto cornice di un racconto altro e alto. Nutrendosi di ricordi personali, rimandi e titoli il cinema di Tarantino una volta di più è punto di partenza e di arrivo di una riflessione in grado di conciliare magnificamente la dimensione colta e quella popolare. È stato il figlio È un uomo trasandato, Busu, a introdurre la storia della famiglia Ciraulo. Una famiglia di disperati sottoproletari degli anni Settanta, composta da Nicola il capofamiglia, il padre Fonzio (che si arrabattano per vivere, recuperando pezzi di ferro vecchio dalle navi in disuso), la moglie Loredana e la nonna Rosa, due figli: il diciottenne Tancredi e la bellisssima adolescente Serenella. Essi vivono in una periferia degradata del capoluogo siciliano: un universo di valori a parte. Un risarcimento economico “per le vittime di mafia” conseguente alla morte di Serenella, la piccola di casa colpita da un proiettile vagante, farà intravedere ai Ciraulo la possibilità di arricchirsi, quasi una sorta di riscatto sociale. Il sogno viene gestito male, sino alle estreme conseguenze, sino a quando “il Mercedes” di famiglia, simbolo del benessere, diverrà causa di morte e di una tragedia devastante. r. Daniele Ciprì int. Toni Servillo, Alfredo Castro, Gisella Volodi, Fabrizio Falco, Aurora Quattrocchi or. Italia/Francia 2012 distr. Fandango dur. 90’ U na favola nera. Tratto dal romanzo di Roberto Alajmo, ispirato a un fatto realmente accaduto, il film di Daniele Ciprì racconta una brutta storia di mafia, povertà, espedienti, ambientata nel quartiere Zen di Palermo considerato ancora oggi uno dei più degradati e pericolosi della penisola. Una tragedia familiare inevitabile, dettata dalla violenza quotidiana di chi vorrebbe proporsi Dei film citati, l’autore americano espianta titolo e scheletro narrativo, per poi dargli nuova sostanza, quella di un poema cavalleresco che anticipa il disegno politico del Lincoln di Spielberg ed è cavalcato da un principe nero prossimo al Sigfrido del mito nibelungico. Non solo perché Django affronta e sconfigge il drago idiota del razzismo e ‘risveglia’ la sua Brunhilde, che l’ignoranza dei negrieri ha mutuato e storpiato in Broomhilda, ma soprattutto perché il protagonista alla maniera del principe wagneriano compie un percorso gnoseologico e iniziatico alla scoperta della verità e dell’identità. Django Unchained è un grande poema della Conoscenza che coinvolge il suo giovane eroe in una progressiva conquista e riaffermazione dell’essere attraverso il Sapere. Sapere di cui è portatore il dentista di Christoph Waltz, che gli insegna parole, miti, paradossi e orrori, che lo introduce in società, che gli attribuisce identità e nome (Freeman), che diventa ‘bene’ necessario all’emancipazione dalla schiavitù. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 12 e 13. m.gn. come modello positivo ma finisce per rappresentare un esempio negativo. E una famiglia qualunque diventa l’Italia intera, in una periferia con le tristi facciate grigie dei casermoni popolari verso i quali si avviano i protagonisti. Sono luoghi terribili, esterni e interni fatiscenti, dove anche il mare appare appiattito, privo di orizzonte: un azzeccato scenario in cui un triste microcosmo sintetizza la società della crisi, vittima del capitalismo e del bisogno di apparire, dove i personaggi compiono scelte agghiaccianti. Attori professionisti e facce sconosciute, maschere irreali da teatro siciliano dell’assurdo irrompono con la forza del grottesco nel dramma, specchio della contemporaneità. Impossibile non rilevare un forte legame con il teatro e con la tragicommedia di Edoardo De Filippo. Davanti a noi scorrono corpi e volti deformi, il sozzo e il laido, la bruttezza al massimo dell’orrore possibile, con richiami alla tradizione del barocco, al (dis)gusto dell’eccesso e della mostrificazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 8 e 9. m.m. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 9 DAGLI 8 ANNI DAGLI 8 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Epic Il mondo segreto Epic Mary Katherine, dopo la morte della madre, va a vivere con il padre in una vasta casa di campagna. La ragazza, che ora si fa chiamare MK, è diffidente verso il genitore, uno scienziato alla ricerca delle prove dell’esistenza di minuscoli esseri deputati al mantenimento della vita della natura. Le sue indagini sono sempre state fallimentari. Per inseguire il cane, la ragazza si addentra nel bosco e si ritrova tra i Leafmen, il popolo di esseri-foglia oggetto delle ricerche paterne. La regina Tara, in fin di vita, affida ad MK il bocciolo di ninfea che racchiude l’energia vitale. Dovrà schiudersi quella stessa notte alla luce della luna piena. I soldati della regina, guidati dal duro Ronin e dalla recluta Nod, si mettono al servizio dell’impresa, cercando di sconfiggere i Bogani, gli acerrimi nemici che vogliono conquistare il potere attraverso la morte della foresta. U na ragazza scontrosa, Mary Katherine, in lutto per l’assenza dei genitori - la madre defunta e il padre troppo assorbito dagli studi - è suo malgrado custode della nuova vita che nascerà. Assistendo alla distruzione e al rifiorire dell’universo vegetale, vedrà più chiaro nel suo stesso mondo e negli anni trascorsi, ritrovando il legame con suo padre e il sorriso perduto. Lo schema è quello disneiano della fiaba classica: eroi L’era glaciale 4 Continenti alla deriva Ice Age 4: Continental Drift Nel tentativo di nascondere la sua ghianda, lo scoiattolo Scrat causa la deriva dei continenti. Manny è intanto alle prese con la figlia Pesca, adolescente e ormai impegnata soprattutto a far colpo sul bel mammut Ethan. Ellie, insieme agli inseparabili amici Sid e Diego, cerca di rasserenare gli animi: Sid, peraltro, viene raggiunto anche dai parenti, che gli affidano la nonna. Ma l’improvviso cataclisma separa Manny, Diego e Sid (con la nonna) dagli altri: trasportati lontano dalla corrente, i tre cercano di tornare indietro, mentre Ellie e Pesca fuggono verso luoghi più sicuri, in attesa di ricongiungersi agli amici. Per Manny l’impresa è però complicata dall’incontro con una ciurma di pirati, guidati dal feroce babbuino Capitan Sbudella, che tende ad assoggettare chiunque incontri per farne un membro del suo equipaggio. 10 r. Chris Wedge or. Usa 2013 distr. 20th Century Fox Italia dur. 104’ numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Steve Martino e Mike Thurmeier or. Usa 2012 distr. Fox dur. 88’ L a deriva dei continenti del titolo permette al personaggio di Manny, ormai calato nel ruolo di marito e padre apprensivo, di riflettere sulle dinamiche che lo legano ai familiari e agli amici Sid e Diego. Mentre il bradipo se la vede con la nonna, Diego è pure alle prese con la e antieroi, accompagnati dai buffi aiutanti, le spiritose lumache e il cane zoppo si sfidano senza esclusione di colpi; ma si arricchisce anche di spunti culturali di diversa origine. È interessante notare la ricerca iconografica fatta sulle armature dei Leafmen, le cui venature decorative ricordano elmi e scudi dell’esercito greco antico. Stando al titolo, la lotta tra Leafmen e Bogani assume toni epici, come i duelli narrati nell’Iliade. Allo stesso modo, in una sorta di democrazia ateniese, la successione al trono di regina non avviene per diritto di sangue, ma di disponibilità a occuparsi del bene comune. È ellenico anche lo spirito con cui viene messo in scena il tema della memoria, racchiusa nel cavo di un grande albero, sotto forma di rotoli di pergamena. Piacevole e comprensibile anche dai più giovani spettatori, Epic, nel genere dell’animazione, vede finalmente gli uomini alleati della natura e non più solo come devastatori pentiti. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 28. c.m.v. tigre Shira, in un rapporto tutto da costruire e che si articola sul far comprendere a chi ha fatto una scelta di vita errata che si può rimediare. D’altra parte, a opporsi agli eroi c’è un’altra famiglia, quella assolutamente disfunzionale raffigurata dalla ciurma di Capitan Sbudella, dove i legami non sono di sangue, ma vige comunque la logica del branco e della comunità allargata, non c’è reale unione. A un altro livello c’è infine la storia di Pesca, simbolo di un’adolescenza che al pari di quanto avviene fra i pirati - è attratta dalle lusinghe dell’apparenza e cerca la compagnia del vanesio Ethan, che la spinge a ripudiare l’amico Louis o gli “zii” opossum. Si crea in questo modo una mappa di sentimenti e filiazioni dove a vincere non è la classica famiglia nucleare, ma una nuova idea di nucleo allargato, che è solido quanto più riesce ad accettare l’unicità e la particolarità di ogni singolo membro. Una “nuova famiglia”, che è così in grado di far fronte a ogni catastrofe o avversità. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 32. d.d.g. DAI 12 ANNI DAGLI 8 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Ernest & Celestine Celestine è una topolina con la passione per il disegno: non vuole diventare dentista.Vive in un convitto di una città sotterranea. In superficie abitano gli orsi, antagonisti dei topi. L’orso Ernest vive nel bosco. Musicista in disgrazia, racimola qualche spicciolo suonando in strada. Anche se ai topini si insegna che gli orsi sono pericolosi, in una delle scorribande in superficie per procurare denti d’orso da limare e utilizzare per i topi rimasti senza incisivi, Celestine incontra l’affamato Ernest. Convinta che gli orsi non siano malvagi, ne conquista l’amicizia procurandogli del cibo in cambio di un furto di denti. Il rapporto tra Celestine ed Ernest è mal visto tanto nella comunità dei topi quanto in quella degli orsi. Celestine è accusata di portare un pericoloso nemico in casa, Ernest è processato per furto. Ciò che i due vogliono è solo vivere insieme, prendendosi cura l’uno dell’altra, sfidando i preconcetti. r. Benjamin Renner, Vincent Patar, Stéphane Aubier or. Francia 2012 distr. Sacher dur. 79’ I registi, fedeli alla tradizione dell’animazione europea, non esagerano con le iperboli e restituiscono l’incanto e l’ironia del mondo doppio partorito dalla mente della scrittrice/illustratrice che ha ideato la storia. In superficie si richiamano i piccoli centri francesi degli anni 50, in profondità troviamo voragini e macchine con ruote dentate e leve. Gli scenari acquerellati da Renner trattengono lo stile della Vincent; tutto è leggero, le macchie di colore sembrano prendere corpo dal Il figlio dell’altra Le Fils de l’Autre A Tel Aviv Orith (che lavora in ospedale) e Alon (ufficiale dell’esercito israeliano) hanno due figli. Da esami medici del primo figlio fatti per il servizio di leva si scopre che Joseph appena nato è stato scambiato per errore con Yacine, palestinese che vive nei territori occupati della Cisgiordania. La rivelazione sconvolge le due famiglie, poi genitori e figli provano a incontrarsi e, tra imbarazzi e tentativi di accorciare le distanze culturali, trovano occasioni di dialogo. Yacine, di religione mussulmana, tornato da Parigi dopo la laurea, ha difficoltà a essere accettato soprattutto da parte del fratello e del padre; Joseph, ebreo osservante col sogno di diventare musicista, oltre che con il proprio disagio, deve convivere con le contraddizioni della comunità. Comunque le due famiglie approfondiscono gradualmente la loro conoscenza. Spostandosi tra Tel Aviv e la Cisgiordania, fisicamente e umanamente sono obbligate a incontrare l’altro. r. Lorraine Lévy int. Emmanuelle Devos, Pascal Elbé, Jules Sitruk, Mehdi Dehbi, Areen Omari, Khalifa Natour, Mahmud Shalaby, Diana Zriek, Marie Wisselmann,... or. Francia 2012 distr. Teodora Film dur. 105’ L a vicenda de Il figlio dell’altra si costruisce attorno a un evento/provocazione: in una situazione di conflitto tra due popoli, per lo scambio di due neonati in culla, due famiglie sono costrette a mettere in discussione la loro identità. Man a mano che il film procede, ci si pone la domanda su quanto conti l’appartenenza genetica a un popolo e quanto invece l’educazione che uno riceve. nulla e dar corpo ai personaggi lievemente chiaroscurati, definiti da una linea di contorno che a volte si sfalda, senza il timore di perdere incisività. Il mondo di sopra e quello di sotto sono in dialettica tra loro, ma la contiguità è suggerita proprio dal disegno e, ovviamente, dagli sforzi della coppia di protagonisti per accostare gli elementi in comune laddove si marcano solo differenze. L’incipit funziona proprio come innesco tematico: i topi devono aver paura degli orsi. Invece Celestine disegna un orso amico, presagendo il suo destino e immaginando di concretizzare il desiderio di convivenza pacifica che pare impossibile. Dopo l’incontro tra Celestine ed Ernest le differenze si trasformano in ricchezza e quel che emerge è la naturale propensione al reciproco prendersi cura. Vivere così fa meno paura e può pure convincere due tribunali di quanto i preconcetti abbiano indotto i giudici all’errore, perché prima che con l’aspetto o i ruoli sociali gli individui fanno la differenza con il proprio agire. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 33. a.l. La narrazione rimane in equilibrio tra realtà e simbolismo senza cadute di stile. Riesce a mantenere viva la tensione e a rendere intrigante la reazione che i differenti personaggi hanno davanti a una situazione così paradossale. La regista ha detto che il suo intento era principalmente quello di parlare dell’uomo, di cosa significhi essere figlio, padre o madre. Questo sentimento istintivo, forse uno dei più potenti e indiscutibili per l’uomo, mette in secondo piano tutti gli altri. Altri aspetti interessanti del film sono, come accennato, i diversi modi di reagire dei personaggi di fronte a una notizia così sconvolgente. Le prime a sapere cosa è successo sono le due madri. Molto turbate, riescono però quasi subito a trovare risorse per andare avanti. I padri fanno molta più fatica. Non vogliono accettare, sono preoccupati di cosa pensa la comunità. I due ragazzi che fanno la spola tra Tel Aviv e la Cisgiordania appartengono a una generazione che abita spazi più ampi, che viaggia, e questo è sicuramente un’arma in più per sentirsi fratelli e andare oltre. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 26. g. pe. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 11 DAI 10 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 12 Flight Whip Whitaker è un pilota di aerei. Sale sul volo Orlando-Atlanta dopo una notte trascorsa tra alcol, droga e sesso. È costretto a un atterraggio di emergenza per un guasto. Grazie alla sua abilità e a un’incredibile manovra (fa planare l’aereo capovolto per alcuni secondi) salva la maggior parte dei passeggeri. In ospedale le analisi rivelano la presenza nel suo sangue di alcol e droga, cosa che, per la National Transportation Safety Board (che indaga sull’accaduto) lo rende responsabile dell’incidente in cui hanno perso la vita sei persone. Nello stesso ambiente Whip conosce Nicole, giovane tossicodipendente, ma il loro rapporto finirà presto, con la partenza improvvisa di lei per la dipendenza dall’alcol di lui. Dipendenza che alla fine egli stesso confesserà alla commissione della NTSB, ammettendo di aver bevuto anche la notte prima della partenza dell’aereo e sullo stesso volo, motivo per il quale, nonostante il reale guasto che ha causato l’incidente, sarà condannato al carcere. r. Robert Zemeckis int. Denzel Washington, Don Cheadle, Kelly Reilly, John Goodman, Bruce Greenwood, Melissa Leo, Brian Geraghty,... or. Usa 2012 distr. Universal dur. 139’ C on Flight Robert Zemeckis ci regala l’immagine di un’affascinante conversazione mai interrotta tra il cinema del passato e quello del presente, (proprio come in questo film le immagini del vecchio filmato che ritrae Whip ragazzo e suo padre che giocano a football). Il film inizia con una bellissima e lunga sequenza fatta di primi piani, di volti e di corpi nudi e cupi, dolcemente inquieti, affaticati dall’alcol e dalla droga, che si Frankenweenie Victor Frankenstein è molto legato al suo cagnolino Sparky, che però muore dopo essere stato investito da un’auto. Quando poi il Prof. Rzykruski, suo insegnante di scienze, gli mostra come gli organi delle rane defunte rispondano agli stimoli offerti dall’elettricità, Victor decide di usare lo stesso principio per resuscitare il suo cane. Così, recuperato il corpo dell’animale, il ragazzo riesce nel suo scopo sfruttando l’energia di un fulmine. Ma i compagni di scuola si accorgono della cosa e ricattano Victor affinché condivida con loro le sue scoperte scientifiche: gli esperimenti però non vanno come dovrebbero andare e così gli animali resuscitati di volta in volta, si trasformano in orribili mostri che assalgono il paese. Victor deve pertanto dividersi fra la salvezza della comunità e la protezione di Sparky, che i compaesani vedono come un mostro. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Tim Burton or. Usa 2011 distr. Walt Disney Pictures dur. 87’ I n origine Frankenweenie era un cortometraggio dello stesso Tim Burton, che ora rivitalizza e “resuscita” un immaginario a lui congeniale. Il finale, con Sparky che rischia di morire nel mulino in fiamme, è non a caso lo stesso del Frankenstein diretto nel 1931 da James Whale, ma Burton lo rovescia di senso, quando i cittadini aiutano Victor a far ri- guardano, si toccano e si parlano, nel loro essere così vicini così lontani. E poi lo sguardo scende da un cielo oscuro e piovoso alla pista di un aeroporto, sulle note di Feelin’ Alright di Dave Mason, per ritrovare il comandante Whip Whitaker che, quasi per destino, inciampa sul primo gradino della scaletta di accesso all’aereo, del quale poi perderà il controllo, mentre, poco distante, sotto un altro cielo, tagliato dall’immagine, capovolta, di un aereo che sta per schiantarsi al suolo, il destino di un altro corpo, quello di Nicole, e il loro incrociarsi, incontrarsi, amarsi e perdersi. E Zemeckis segue e insegue Whip e Nicole, le loro vite e i loro ricordi, tra filmati, fotografie e racconti, richiamando continuamente il fuori campo delle loro vite nelle immagini. Flight è un film in cui tutto sembra stemperarsi nella meravigliosa luminosità di sguardi che si incontrano, o nella semplicità e trasparenza di un saluto ripetuto a ogni incontro… Accompagna i suoi personaggi fino alla confessione finale di Whip sul suo alcolismo, e all’abbraccio tra un padre e un figlio. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 30. m.mo. sorgere il cane un’ultima volta. È il sogno cinefilo che diventa realtà: riscrivere il finale di un’opera amata per salvare il mostro e farlo accettare dalla comunità. Frankenweenie “premia” così il personaggio meno integrato del paese, esaltando l’analisi delle dinamiche di gruppo, dove l’irrazionalità tende spesso a creare sacche di risentimento e isolamento, in barba a ogni comprensione. Inoltre, la storia si concentra sul rapporto paterno che si viene a creare tra lo stesso Victor e il Prof. Rzykruski, l’unico che propugna un atteggiamento razionale e comprensivo all’interno di una comunità per il resto mossa unicamente dagli istinti più viscerali. Il film diventa quindi un autentico scontro tra diverse visioni della realtà, e si rispecchia nell’estetica stessa del racconto, che Burton “sbatte” letteralmente in faccia allo spettatore, incurante di possibili target e di toni troppo cupi. In questo senso il film è una lezione morale con cui l’autore si riappropria della sua fiera diversità rispetto al gusto corrente. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 8 e 9. d.d.g. DAI 16 ANNI DAI 14 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Un giorno devi andare Augusta (Jasmine Trinca) è una donna che ha deciso di voltare pagina. Abbandonata dal marito dopo una gravidanza fallita, intraprende un lungo viaggio in Brasile, per dimenticare. Inizialmente lega il suo cammino a una suora italiana, evangelizzatrice fuori dal tempo nell’Amazzonia stretta tra il tribalismo e la modernizzazione forzata. Le loro strade, però, sono destinate a dividersi: Augusta avverte la necessità di “essere terra”, si scopre insensibile al pensiero di Dio e decide di abbandonare la foresta e trasferirsi a Manaus. Nelle favelas sembra riscoprire la concretezza dei sentimenti e del vivere in comunità. Tra gli umili e i semplici la pace è forse possibile. Intanto, sotto la neve di un gelido inverno in Trentino, sua madre (Anne Alvaro) conduce una mesta esistenza da vedova. Costretta a fare i conti con la solitudine, attende il ritorno della figlia lontana, all’altro capo del mondo. r. Giorgio Diritti int. Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner, Federica Fracassi, Amanda Fonseca Galvao, Paulo De Souza or. Italia/Francia 2013 distr. Bim dur. 110’ C on Un giorno devi andare, terzo lungometraggio in otto anni, Giorgio Diritti prosegue con coerenza il suo discorso registico incentrato sul rapporto tra individuo e comunità, i percorsi di crescita in contesti difficili e la rappresentazione di una natura immobile che, da teatro muto dell’azione, si fa via via specchio opacizzato dei conflitti interiori dell’uomo. La grande bellezza Jep Gambardella è un giornalista sessantacinquenne che ha esordito decadi prima con un romanzo folgorante, L’apparato umano, rimasto però anche l’unico libro da lui pubblicato.Vive in un appartamento signorile con vista sul Colosseo. Conosciuto in tutta la Roma bene, Jep è un animale notturno, frequentatore di feste a base di musica volgare, vino a fiumi e cocaina. Nonostante non nutra alcuna stima per la gran parte delle persone che frequenta, Jep sembra trovarsi sempre a suo agio. Trasferitosi a Roma in giovane età con l’intento di partecipare alla dolce vita della capitale, adesso vaga alla costante ricerca di nuovi punti di osservazione, nel tentativo di cogliere il bello prima di tirare definitivamente le somme di quella che rischia di diventare una deriva verso il nulla. Prima Ramona, una spogliarellista non più giovane, poi una centenaria missionaria, lo spingono a rimettersi in gioco. r. Paolo Sorrentino int. Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Giorgio Pasotti or. Italia 2013 distr. Medusa. dur. 142’ C’ è un vuoto che non racconta alcun mistero nel film di Sorrentino. È quello della dolceamara vita della Roma contemporanea. Uomini e donne modellati sulle neomitologie televisive, ovvero creature disegnate su nuove categorie valoriali: quantità senza qualità, cavie vampirizzate da un sistema gerarchico di finti divi, che vivono di specchi deformanti, lifting e botulino. La struttura del racconto è bipartita: da una parte il percorso conoscitivo di Augusta, con la penetrazione nel cuore di un universo umano e naturale straniante; dall’altra la veglia della madre, bloccata in un paesaggio nevoso fatto di ricordi e cieli grigi. Spostando la lente dai microcosmi dei primi film al macrocosmo brasiliano, il cinema di Diritti sembra qui rinunciare volontariamente a compattezza e tensione, disperdendosi tra gli alberi e i corsi d’acqua insieme alla protagonista. Il racconto si slabbra, il ritmo si dilata, la narrazione procede ondivaga, oscillando tra la foresta e la montagna (fotografate magnificamente da Roberto Cimatti), con i primi piani assorti delle due attrici principali a fare da bussole. Alcuni brevi momenti di luce si insinuano nel racconto, confermando la levità di cui è capace lo sguardo del regista bolognese: il ballo notturno, la corsa attraverso la baraccopoli, l’umanità imbarazzata delle suore, e naturalmente il finale nella spiaggia, probabile preludio a un nuovo inizio. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 23. m.l. È qui la Grande Bruttezza: nei volti mostruosi degli invitati all’ennesima festa in terrazza, in fila a trotterellare strafatti nel più grottesco trenino degli orrori lanciato dalla più modesta, anzi volgare, musica techno “composta” per il ventre del popolo. Jep ha sessantacinque anni. Vive scrivendo di superfici piane, dice di aver voluto frequentare le feste per sfasciarle, ma la lingua affilata non taglia a sufficienza, forse appena graffia. Roma, svuotata dal traffico, simbolo del transito fugace e aleatorio, è ridisegnata da Sorrentino, che per applicare il teorema della sua macchina cinematografica cancella qualsiasi presenza umana dall’Urbe che non sia portatrice di anomalie e orrori. Ragione pratica di racconto a tesi, per cui la città si fa teatro grottesco: territorio dove stanziano ectoplasmi atterriti dalla mediocrità della norma, costretti a occupare gli spazi della Storia dell’arte con corpi che non lasceranno traccia, se non nella misura in cui molestano con riti orgiastici il silenzio divino ai margini del Colosseo. Dov’è la Grande Bellezza? Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 8 e 9. a.l. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 13 DAI 10 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Il grande e potente Oz Oz: The Great and Powerful DAI 12 ANNI Oscar Diggs, nome d’arte Oz, è un mago da fiera e un seduttore. Illusionista in un circo, seduce la donna di un sollevatore di pesi. Per sfuggire alla sua ira, ripara su una mongolfiera prendendo il volo. Soffiato via da un tornado e precipitato nel mondo di Oz, è soccorso da Theodora, una graziosa strega succube di una sorella malvagia, che lo conduce al cospetto di Evanora, la Cattiva Strega dell’Est dal sembiante mirabile. Usurpatrice del trono del Mago, Evanora gli promette fama e fortuna in cambio dell’uccisione di Glinda, Strega Buona del Sud. Creduto dal popolo di quella terra il Grande Mago che aspetta, Oscar è ‘costretto’ a sconfiggere la strega cattiva. Allettato dalla promessa e dal fascino di Evanora, Oscar si mette in viaggio… Guarirà dagli egoismi, si innamorerà di una strega bionda e diverrà una leggenda, capendo chi siano i buoni e i cattivi. 14 r. Sam Raimi int. James Franco, Mila Kunis, Rachel Weisz, Michelle Williams, Zach Braff or. Usa 2013 distr. Walt Disney Pictures dur. 127’ B lockbuster hollywoodiano realizzato con sguardo autoriale, Il grande e potente Oz racconta le origini di Oscar Diggs, illusionista col vizio dell’imbroglio e delle belle donne. Quando arriva sulla terra di Oz, il film sprofonda le radici nei libri di Baum, ‘cuciti’ a formare un oggetto nuovo. Precipitato come il suo protagonista nel mondo Disney, Raimi riflette sulla storia di un classico e sulla storia del cinema. Alla maniera di Scorsese e di Hu- Grandi speranze Great Expectations L’orfano Pip vive con la sorella cattiva, manesca e il marito di lei, il buon fabbro Joe. Un giorno, nei pressi di una palude, Pip incontra un malfattore evaso dal carcere, Magwitch, che gli chiede del cibo e una lima per segare le catene. Il bambino terrorizzato esaudisce le sue richieste anche se teme l’ira della sorella. In seguito il ragazzo entra sotto la protezione di una nobile, Miss Havisham, madre adottiva della bellissima e scostante Estella, di cui si innamora. Dopo alcuni anni riceve un’enorme eredità da un anonimo benefattore, così si trasferisce a Londra per completare gli studi entrando nell’alta società. Qui scopre che la sua ricchezza deriva da Magwitch che, deportato in Australia, ha fatto fortuna serbando intatta la riconoscenza per l’allora bambino. Ritornato al suo paese, Pip ritrova il fabbro Joe e l’amata Estella da cui apprende che Miss Havisham è morta nell’incendio della casa. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Mike Newell int. Jeremy Irvine, Olly Alexander, Ralph Fiennes, Jason Flemyng, Robbie Coltrane, Helena Bonham Carter, Holly Grainger,... or. Gran Bretagna/Usa 2012 distr. Videa dur. 128’ I l lungometraggio di Mike Newell rappresenta l’ennesima rivisitazione del capolavoro di Charles Dickens. Il regista, con il contributo dello sceneggiatore David Nicholls, tenta una sua lettura, sceglie il non tradimento ma non decolla in una visione personale, anche se ricupera personaggi e scene tagliati nelle precedenti versioni. go Cabret, la favola di Raimi è un atto d’amore verso il cinema delle origini, un elogio a Edison e al (suo) prassinoscopio. Raccolto il guanto di sfida di Scorsese, che partendo dal romanzo omonimo di Brian Selznick rigenerava il patrimonio artistico di Méliès, l’autore americano rilancia con un saggio critico che proprio come Hugo Cabret non gioca a rifare il cinema ‘passato’ ma cerca di capire che cos’è il cinema, perché lo amiamo. Ai confini della realtà e del sublime Il grande e potente Oz apre sul bianco e nero del formato 4:3 e poi si espande nei 16:9, tuffandosi come il protagonista in un mondo cromaticamente ricco. Spericolato, sorprendente, rivelatore, il viaggio formativo della ragazzina di Baum riparte in un moto perpetuo di macchina generatrice di immagini. Sulla strada che portò Dorothy fino al mago e oggi porta il mago verso il proprio sé, matura la consapevolezza della futilità di soluzioni esterne, perché possediamo già dentro quello che desideriamo ardentemente: cuore, cervello, coraggio e magia. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 10 e 11. m.gn. L’autore punta essenzialmente sull’aspetto sentimentale e misterioso della vicenda, sui personaggi inquietanti di Miss Havishman e di Magwitch. Quindi su Pip e la sua ossessione per Estella che lo trascina sull’orlo della follia. I due giovani, accomunati dall’abbandono durante l’infanzia, inizialmente destinati a una vita di stenti, sono riscattati in seguito quasi per capriccio o per crisi di coscienza. Ambientato nell’Inghilterra vittoriana bacchettona, imperialista e un po’ ipocrita della seconda metà dell’Ottocento, il film descrive la vita di una manciata di pittoreschi personaggi, tra i quali emergono Pip ed Estella. Sullo sfondo la caotica e fetida Londra, la verde spaziosa campagna inglese in cui vive la società dell’epoca, dominata da un’umanità cinica e da istituzioni repressive in un ambiente snobistico dove il valore degli uomini si misura in base al denaro. Dove emergono i maltrattamenti dei bambini e l’insopportabile divario fra ricchi e poveri. E le grandi speranze dell’ironico titolo dickensiano non sono altro che fragili illusioni. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 20. m.m. DAI 12 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 In Darkness Leopold Socha, tecnico delle fognature di Lvov, mantiene la famiglia con piccoli furti durante l’occupazione. Oltre ai Nazisti, a dettar legge a Lvov ci sono gli Ucraini. Si avvicina il rastrellamento del ghetto ebraico e Bortnik, un ufficiale, chiede aiuto a Socha per trovare gli ebrei nascosti nelle fogne. Ma Leopold si imbatte in un gruppo di loro che vuole rifugiarsi lì per sfuggire alla deportazione. I fuggiaschi, guidati da Mundek, gli offrono del denaro. Pur sapendo che aiutare un ebreo significa fucilazione, è un modo per ottenere soldi facili. Le pressioni di Bortnik, convinto che l’amico abbia un segreto, inducono Socha ad abbandonare i “ suoi” ebrei, se non che, quasi per caso, salva la vita di Mundek uccidendo un miliziano ucraino. Socha acquista del cibo, sposta gli ebrei da una galleria all’altra. Infine, la catastrofe: un’alluvione inonda le fogne. Socha tenta un ultimo atto di coraggio. r. Agnieszka Holland int. Robert Wieckiewicz, Benno Fürmann, Agnieszka Grochowska, Maria Schrader, Michal Zurawski or. Polonia/Germania/Francia/ Canada 2011 distr. Good Films dur. 145’ N el 2005 Leopold e Magda Socha sono stati dichiarati “Giusti tra le Nazioni” dalla commissione di Gerusalemme incaricata di dare un riconoscimento a quei salvatori non-ebrei di poche migliaia di ebrei durante la persecuzione nazista. La sceneggiatura, tratta dal romanzo dell’ebreo canadese David F. Shamoon, è stata affidata alla regista polacca Infanzia clandestina Infancia clandestina 1979. Juan (12 anni) torna in Argentina con i genitori e la sorellina Vicky dopo aver vissuto all’estero. Papà, mamma e zio Beto sono attivisti tra i Montoneros, oppositori della dittatura militare di Videla, che ha rovesciato con un golpe il governo di Peron nel 1976. Per vivere a Buenos Aires è necessario assumere false identità. Lui ad esempio sarà per tutti Ernesto, anche per i compagni di scuola e Maria, la ragazza di cui si innamora. Il minimo errore può essere fatale. I sentimenti che lo legano a Maria provocano nel ragazzo una forte crisi, per un attimo sembra ribellarsi al conflitto tra le due identità che nasconde. La vicenda precipita con l’uccisione dello zio e l’arresto dei genitori. Lui e la sorellina saranno condotti a casa della nonna che, intuendo la tragedia che stava per verificarsi, aveva chiesto alla figlia (mamma dei bambini) di rinunciare alla militanza. r. Benjamín Ávila int. Natalia Oreiro, Ernesto Alterio, César Troncoso, Cristina Banegas, Teo Gutiérrez Moreno,... or. Spagna/ Argentina/Brasile 2012 distr. Good Films dur. 112’ A nche se Ávila ha affermato che per dare al film una logica tutta sua ha dovuto liberarsi dalla propria storia, Infanzia clandestina si ispira a momenti e fatti da lui vissuti personalmente (sua mamma è scomparsa durante la dittatura e ha ritrovato il fratello solo dopo molti anni). Comunque il regista ha dichiarato che alcune scene della pellicola fanno riferimento a episodi realmente accaduti. Agnieszka Holland. Interessata da sempre alle vicende della Shoah, così spiega: “Il protagonista del film è ambiguo: un bravo padre di famiglia, ma anche un ladro, religioso e immorale allo stesso tempo, forse solo un uomo qualunque che vive tempi terribili. Nel corso della narrazione, Socha cresce come essere umano. Neppure le persone che salva sono angeli. La paura, le condizioni estreme, l’innato egoismo le rendono complesse e difficili, ma sono reali, e le imperfezioni avvalorano la loro rivendicazione per il diritto alla vita più di quanto farebbe una qualsiasi versione idealizzata delle vittime”. Una modalità di tratteggiare i personaggi cara ad Agnieszka Holland, abile, come in altri film, a declinare i temi del doppio e dell’infanzia rubata con attenzione all’illuminazione della scena e all’indagine interiore, prediligendo dettagli e primi piani. Un’occasione per riflettere sul ruolo decisivo del cinema nella maturazione di una coscienza storica, ogni volta che un film racconta episodi reali di così grave portata. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p.28. c.m.v. Diversamente da quanto avviene in altre proposte sullo stesso tema, in questa la lotta armata non è percepita come istinto di morte ma come slancio verso la vita. Vi si respira l’entusiasmo di credere in un’idea, la sensazione di poter cambiare il mondo, modalità di pensiero che ha caratterizzato indubbiamente quel periodo e quell’impegno personale e di gruppo. In proposito il film non dà risposte precise: nei confronti delle scelte che si trova a fare ogni personaggio - Juan, i genitori, lo zio Beto e la nonna - ha una posizione personale. Per questo si pone come interessante punto di partenza per riflessioni e discussioni in cui è invitato a impegnarsi anche lo spettatore. Nella vicenda è presente una componente nostalgica. Un tema che la attraversa è quello della perdita dell’infanzia, della maturità acquisita bruciando obbligatoriamente le tappe. Per rappresentare le scene di violenza il regista ha scelto l’animazione. Forse per non calcare troppo la mano su immagini atroci già viste in altri film sullo stesso soggetto, più probabilmente per lasciare lo spettatore libero di interpretarle. m.g. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 15 DAI 16 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 16 L’intervallo Alla periferia di Napoli due adolescenti sono prigionieri in un edificio abbandonato. Salvatore è costretto a fare il carceriere di Veronica, una ragazza che ha fatto uno sgarbo a un capoclan camorrista. Nell’attesa del boss, Veronica scalpita mentre il ragazzo è più remissivo e accomodante. Ognuno dà la colpa all’altro della propria reclusione. Pian piano, però, l’ostilità si trasforma in un’intimità discreta tra piccole scoperte e dolci confidenze. I due riaccendono i sogni e le suggestioni di un’adolescenza messa da parte troppo in fretta, soprattutto quando, nei sotterranei di quel posto così isolato e cupo, scoprono una vecchia barca che li porta a fantasticare. I due ragazzi vivono, allora, un “intervallo” nelle loro esistenze precocemente adulte, desiderosi di trasformare quella fuga surreale in un’evasione vera, prima che il capo dei malavitosi presenti a Veronica il suo verdetto. r. Leonardo Di Costanzo int. Francesca Riso, Alessio Gallo, Carmine Paternoster, Salvatore Ruocco, Antonio Buil, Jean Yves Morard or. Italia 2012 distr. Cinecittà Luce dur. 90’ I l primo film di finzione di un documentarista attento a storie e temi adolescenziali è un racconto di formazione sull’educazione “altra” di strada, tra abbandono scolastico e disagio sociale. I prigionieri di un mondo concentrazionario liberano almeno la loro fantasia. Così, nel tetro palazzo che sembra un castello, tra desideri di fuga e impotenza, si crea un “interval- Io e te Lorenzo, 14 anni, abita a Roma in un appartamento borghese e vive relazioni contrastate con i genitori e i compagni di scuola. La partenza per la settimana bianca è imminente, ma Lorenzo ha deciso di rimanere in città e nascondersi nella cantina del palazzo, confortato dalla musica, dai giochi, dai romanzi preferiti, con una sufficiente scorta di viveri e un formicaio. Il suo piano, vivere una settimana senza contatti con l’esterno, si frantuma quando irrompe, con la sua fisicità e i suoi problemi psichici, Olivia, 25 anni. Lorenzo e Olivia hanno in comune lo stesso padre. Da anni le loro vite si sono separate e il nuovo incontro è tutt’altro che semplice. Lorenzo non vuole che quella ragazza fragile e determinata, drogata e fotografa di talento, gli scompagini la sua solitudine. Olivia non ha altro posto dove rifugiarsi. Lentamente, impareranno a conoscersi. Finita la settimana, usciranno in strada e si separeranno. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Bernardo Bertolucci int. Tea Falco, Jacopo Olmo Antinori, Sonia Bergamasco or. Italia 2012 distr. Medusa dur. 103’ I o e te è il ritorno di Bernardo Bertolucci dietro la macchina da presa nove anni dopo The Dreamers e dopo lunghi problemi fisici che lo hanno infine costretto su una sedia a rotelle. La sua filmografia riparte nel segno della leggerezza del tocco, della meraviglia della scoperta (di un volto, di un ambiente da reinventare), del fare film come se fosse la prima volta (ma con negli occhi un’infi- lo” fiabesco dove potersi ritrovare: per uscire dal “carcere della realtà” occorre un nuovo racconto di se stessi. Tratto da un caso di cronaca, il film s’interroga sulla volontà universale di dominio sull’altro, non solo sui più giovani. Infatti lo sguardo sulla camorra non è mai diretto. Perfino nel monologo finale del boss (che sembra un padre, un maestro o un amante), il rapporto è simbolico perché s’indaga sulle conseguenze che crisi economica e degrado sociale provocano su tutti, soprattutto i più deboli, ovvero sulla deformazione della realtà e sulla negazione di ogni speranza. “Gli adolescenti sono le prime vittime di una società mafiosa, patriarcale e repressiva, di cui non hanno responsabilità”, dichiara il regista. Analogamente, la messa in scena teatrale è evitata con il buon uso del linguaggio filmico e dialoghi imprevedibili. Come i protagonisti, fuori dagli stereotipi, il film prende strade narrative, ma anche educative e politiche, più libere rispetto a quelle segnate da un destino comune. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 18. e.g. nita, immensa memoria di cinema senza confini). Olivia e Lorenzo sono ribelli, instabili, in crisi e ricerca d’identità. Corpi inscritti in solitudini differenti che si ricongiungono casualmente e per un periodo tanto breve quanto intenso. Una settimana, prima che le loro storie si separino di nuovo, nella consapevolezza reciproca dell’impossibilità a tenerle unite. Ma in quella settimana i corpi di Lorenzo e Olivia si specchiano e richiamano in un lento avvicinamento reso memorabile dal lavoro di Bertolucci sugli attori e su quel luogo, la cantina, che i due protagonisti, e il regista, trasformano di continuo. Sarà difficile scordare Jacopo Olmo Antinori, grandi occhi azzurri e una fisicità ancora inespressa, e Tea Falco, con il suo giovane corpo “vissuto”. Interpretano due giovani che, per evocare un titolo fondamentale del cinema di Bertolucci, ballano da soli per poi stringersi in un abbraccio sia fisico sia di sguardi, concreto nella vicinanza come nella separazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 94, p. 6 e 7. g.g. DAGLI 8 ANNI DAI 12 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Iron Man 3 In apparenza felice, Tony Stark soffre di attacchi di panico. Cerca pertanto di rilassarsi lavorando a una nuova armatura, collegata direttamente al suo sistema nervoso e manovrabile perciò a distanza. Nel frattempo, un terrorista noto come il Mandarino compie un attentato dinamitardo in cui resta ferito Happy Hogan, ex guardia del corpo di Tony. Così, quando lo stesso Tony sfida il Mandarino promettendogli vendetta, questi per rappresaglia attacca la sua abitazione, costringendolo alla fuga. Separato dagli amici e con una sola armatura danneggiata, Tony tenta di scoprire chi si nasconda dietro al misterioso Mandarino. Risale così a Aldrich Killian, una sua vecchia conoscenza che ha portato avanti il progetto Extremis: uno studio nato per rigenerare le parti del corpo danneggiate e che ora è stato convertito a scopi bellici per creare dei soldati invincibili. r. Shane Black int. Robert Downey Jr. Gwyneth Paltrow, Don Cheadle, Ben Kingsley, Guy Pearce or. Usa 2013 distr. Walt Disney Pictures dur. 130’ P iù di altri personaggi della Marvel, Iron Man si presta bene a una ricognizione sui punti sensibili della società contemporanea. Il classico confronto bene/male, non è quindi scisso in figure contrapposte, ma incarnato nei due lati della personalità di Tony Stark, brillante scienziato che però “crea” i suoi nemici attraverso le azioni scriteriate del passato. Kiki Consegne a domicilio Majo no Takkyuubin Kiki è una strega un po’ imbranata, ha compiuto 13 anni e, come imposto dalla tradizione, deve lasciare la famiglia per compiere l’apprendistato di un anno lontano da casa, facendo affidamento solo sulle sue capacità e tentando di trasformare le passioni di bambina nel lavoro che dovrà svolgere da adulta. Superata una tempesta, Kiki, partita sulla scopa con l’inseparabile gatto nero Jiji, raggiunge Koriko, una cittadina di mare; qui però non viene accolta con calore e si rende conto di non saper far altro che volare (neanche troppo bene) sulla sua scopa di saggina. Fortunatamente si imbatte nella gentile Osono, una giovane fornaia che, in cambio di un aiuto nel suo negozio, le offre un alloggio e un po’ di affetto materno. Kiki decide di restare e di mettere a frutto l’unica arte magica che possiede, aprendo all’interno della panetteria una piccola attività di consegne volanti di pacchi. r. Hayao Miyazaki or. Giappone 1989 distr. Lucky Red dur. 102’ T ratto dall’omonimo romanzo di Eiko Kadono del 1985, Kiki - Consegne a domicilio è stato realizzato dallo Studio Ghibli nel 1989, ma non dimostra i suoi anni, e anzi rappresenta perfettamente la summa delle tematiche care a Miyazaki: nella parabola della streghetta dagli umili abiti rivive il consueto viaggio iniziatico delle storie del Maestro nipponico. Kiki, raggiunta la fatidica età di passaggio, abbandona il verde del villaggio Così, se la trama arriva a contrapporre idealmente Tony Stark e lo stesso Iron Man (quando vediamo le appendici meccaniche che per agganciarsi ai suoi arti quasi lo colpiscono), è soprattutto nel rapporto con il Mandarino che si completa il disegno: l’iconico terrorista alla Osama Bin Laden si rivela infatti nient’altro che una pedina di Aldrich Killian, che vuole vendicarsi di Tony Stark. Torniamo così all’idea dell’eroe che crea i propri demoni e deve confrontarsi con una sorta di versione alternativa di se stesso, il figlio di un “possibile futuro” quasi dickensiano (riferimento sottolineato anche dall’ambientazione natalizia). Ma, soprattutto, questa dinamica fa riferimento alle teorie del complotto post 11 settembre, che il regista Shane Black usa per dimostrare come una potenza come l’America definisca se stessa in base alle nemesi che di volta in volta è in grado di creare per distrarre l’opinione pubblica e permettere così ai poteri occulti di prosperare. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 14 e 15. d.d.g. natio; una volta arrivata in città, è costretta ben presto a una necessaria e dura introspezione. Anche se trova una casa e un lavoro, capisce che la realizzazione personale è ben altra cosa, e che solo grazie a essa diventerà davvero autonoma e riuscirà a sentirsi accettata nonostante la sua diversità. Pur iscrivendosi nel prolifico genere giapponese delle “maghette”, il film è dunque di grande attualità ed evita accuratamente i clichè. Al contrario, la messinscena è realistica. Miyazaki e i suoi disegnatori - che realizzano a mano tutti i disegni limitando al minimo l’uso della computer grafica - sono attenti a rendere credibile ogni dettaglio. Allo stesso tempo la sfera del magico è limitata a un ruolo di contrappunto nel percorso di crescita, totalmente umano, della protagonista: la perdita dei poteri magici, che comporta passaggi anche narrativamente traumatici, conduce però la protagonista a trovare il suo equilibrio in questo nuovo mondo, un po’ difficile, ma che dimostra di avere bisogno della sua magia. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 34. f.s. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 17 DAI 16 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 18 Lincoln Lincoln dopo il secondo mandato durante la Guerra di Secessione (1865) raccoglie testimonianze di soldati disposti all’estremo sacrificio pur di ottenere l’abolizione della schiavitù. Tenta di fare approvare dalla Camera dei Rappresentanti il XIII emendamento alla Costituzione che la abolirebbe. Ha molti oppositori anche nel suo partito Repubblicano. Inoltre negli stati confederati secessionisti sta prevalendo la proposta di una resa in cambio del mantenimento dello schiavismo su cui si basa l’economia del Sud. Lincoln vince queste resistenze e imprime un nuovo impulso alla guerra. Per convincere i senatori democratici propone il principio ambiguo di un’uguaglianza di fronte alla legge. E fa svolgere ai suoi emissari una campagna di corruzione offrendo cariche pubbliche e prebende a senatori in cambio del voto favorevole. Gli Stati del Sud, tenuti insieme solo dalla guerra, si sgretolano. Lincoln è assassinato presso il Teatro Ford di Washington da un emissario dei nordisti radicali. r. Steven Spielberg int. Daniel DayLewis, Sally Field, David Strathairn, Joseph Gordon-Levitt, James Spader, Hal Holbrook, Tommy Lee-Jones or. Usa 2012 distr. 20th Century Fox dur. 150’ L e motivazioni sentimentali della lotta per l’abolizione della schiavitù sono rintracciabili nella sequenza in cui il figlio Tad osserva alcune lastre fotografiche con immagini di bambini di colore in stato di schiavitù. La scena generatrice della sua presa di coscienza anti-razzista è interiorizzata ed evocata in un racconto del protagonista: egli narra di aver visto una colonna di schiavi incatenati e di aver sentito calare sui propri occhi un velo nero. Miele Irene (Jasmine Trinca) aiuta gli altri a morire, con lo slancio di una missionaria e trincerata dietro un nome esotico: Miele. Persone colpite da malattie incurabili o paralizzate in seguito a incidenti trovano in lei l’angelo salvatore in grado di liberarle dalla sofferenza. Un giorno le si rivolge l’ingegner Grimaldi (Carlo Cecchi), il cui desiderio di morte appare misterioso. Attratta dal suo fascino Irene scopre che a spingerlo al suicidio assistito è una profonda depressione. Inizialmente turbata per ragioni etiche - Miele aiuta chi non può più vivere con dignità, non chi è stanco di stare al mondo -, sviluppa per l’uomo un affetto sincero, convincendosi di poterlo salvare. Tra i due nasce un rapporto dai contorni sfumati, fatto di rabbie improvvise e piccole tenerezze. Lei cerca di dissuaderlo, lui di assicurarle il calore che nessuno sembra in grado di darle. Il finale appare tutt’altro che scritto. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Valeria Golino int. Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Vinicio Marchioni, Libero De Rienzo, Iaia Forte, Roberto De Francesco, Massimiliano Iacolucci, Valeria Bilello or. Italia/Francia 2013 distr. Bim dur. 96’ S ono molti gli attori di successo che tentano il passaggio dietro la macchina da presa, e pochissimi ne escono a testa alta. Miele di Valeria Golino, perciò, è una delle rare eccezioni che confermano la regola, l’elemento imprevisto che altera lo schema. Per il suo esordio alla regia l’attrice napoletana, classe 1966, si ispira al Mauro Covacich di “A nome tuo” e fissa In effetti, a giudizio di tutti gli storici, Lincoln era un abolizionista tiepido, portato a condurre la battaglia contro la schiavitù per ragioni strategiche e socio-economiche. La Guerra di Secessione nascondeva infatti la finalità di una rivoluzione capitalistica a vantaggio di un Nord industrializzato contro gli Stati del Sud secessionisti, coltivatori di cotone venduto a basso prezzo alle industrie tessili dell’antica madre-patria. L’abolizione della schiavitù era una componente decisiva nella lotta per l’imposizione di un nuovo modello economico. Infatti, malgrado la concessione del voto ai neri pochi anni dopo (1872), la loro condizione sociale non migliorò. L’analisi della strategia di Lincoln illumina la sua straordinaria intelligenza politica, la sua capacità di visione complessiva (che può essere definita “pensare insieme ciò che è separato”) di problemi apparentemente inconciliabili: la fine della guerra con la resa dei Confederati, l’abolizione della schiavitù, il ricompattamento dell’Unione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.98, p. 14e 15. f.v. l’obiettivo su uno dei massimi tabù contemporanei: l’eutanasia. Con occhio laico e una pietas sincera opta per un registro intimistico che, alla lunga, storna l’attenzione dall’apparente bersaglio grosso - il suicidio assistito e il dramma che gli fa da sfondo per far emergere il rapporto straordinario che lega Irene e Grimaldi, interpretati magistralmente da Jasmine Trinca e Carlo Cecchi. Il risultato è il film appassionato di una regista che punta dritto al cuore del dramma con la decisione del narratore scafato e la foga dell’esordiente. Lo stile è controllato, ogni facile patetismo viene evitato con cura. A colpire sono la delicatezza di tocco e soprattutto lo sguardo: un insieme di furia, dolcezza e sensibilità tutto femminile, che accarezza i due protagonisti accompagnandoli nel loro breve incontro. Troppo breve, forse: sulle note di Georges Brassens, alla fine, è difficile separarsi da loro. Ma l’amarezza dello spettatore, in questo senso, non è che il piccolo trionfo della regista. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 23. m.l. DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Il ministro L’esercizio dello Stato L’exercice de l’Etat DAI 16 ANNI Bertrand Saint-Jean, Ministro dei Trasporti di centro-destra in un governo “liberale” francese, è svegliato di notte per accorrere sul luogo di un incidente al Nord del Paese. In un intervento televisivo sulla politica dello Stato circa la gestione delle linee ferroviarie che alcuni vorrebbero privatizzare si oppone, supportato dal Capo di Gabinetto Gilles, ma subisce una pressione dei colleghi, portatori degli interessi di lobby di potere economico. La sua vita si svolge fra riunioni, dibattiti televisivi, trasferimenti in macchina, serate alla ricerca di compagnie e false amicizie. Tutto questo gli provoca insonnia, vomito, nevrosi. Dopo un incidente in cui muore il suo autista, Bertrand sente vacillare le proprie certezze, ma quando il Primo Ministro gli propone un incarico ministeriale più prestigioso, accetta la proposta con rinnovata energia sciogliendo il suo rapporto di collaborazione con Gilles. r. Pierre Schöller int. Olivier Gourmet, Michel Blanc, Zabou Breitman or. Francia/ Belgio 2011 distr. P.F.A. Films dur. 115’ L’ esercizio dello Stato si distingue dal cinema di denuncia politica in cui eccelle la produzione americana, per il tentativo di penetrare nella pancia e nel cuore del potere. Schöller mette in scena senza veli il corpo di un politico che tenta di conservare la propria coerenza ideale all’interno di una macchina del potere determinata dai media e dai gruppi di pressione finanziaria. Indicativa per quanto riguarda la dipendenza dai mass-media è la se- Les Misérables Francia, 1815. Jean Valjean (Hugh Jackman), prigioniero nel carcere di Digne, viene rilasciato dalla guardia Javert (Russell Crowe) dopo anni di detenzione. La libertà vigilata lo condanna a una vita da emarginato. Decide perciò di fuggire, dopo essere stato graziato dal vescovo a cui aveva cercato di sottrarre l’argenteria. Nel 1823, con il nome di Madeleine, è a capo di una fabbrica e, amato dai suoi concittadini, si fa eleggere sindaco. Il passato è però in agguato. L’arrivo di Javert, divenuto ispettore, lo costringe alla fuga insieme a Cosette, figlia di una sua operaia, Fantine (Anne Hathaway), morta di stenti. Il suo nemico giura di dargli la caccia. Nove anni dopo, la Francia è in tumulto. Valjean vive nascosto a Parigi, dove l’adolescente Cosette (Amanda Seyfried) si innamora dello studente Marius (Eddie Redmayne). Lo scoppio delle rivolte modificherà per sempre il corso delle loro vite. r. Tom Hooper int. Hugh Jackman, Anne Hathaway, Russell Crowe, Amanda Seyfried, Eddie Redmayne, Aaron Tveit, Samantha Barks, Helena Bonham Carter,... or. Gran Bretagna 2012 distr. Universal Pictures International Italy dur. 157’ A dattamento musicale del romanzo di Victor Hugo firmato Claude-Michel Schönberg e Alain Boublil, Les Misérables è uno dei massimi successi della storia di Broadway. La versione cinematografica, attesa da anni, era dunque una sfida più che rischiosa. Ad affrontarla è stato Tom Hooper, premio Oscar per Il discorso del re, che ha stavolta applicato i suoi quenza dell’infernale corsa nella notte verso il luogo dell’incidente, solo per porsi di fronte alle telecamere. I maneggi dell’economia occulta avvengono a sua insaputa, attraverso meccanismi di lobbismo che coinvolgono compagni di partito e che lo obbligano a cambiamenti di rotta politica nella vana speranza di contare qualcosa nell’infinito risiko del gioco politico. Il personaggio del Ministro è una figura scissa, dalla personalità polimorfa, sospeso fra sogno e realtà, eros e thanatos. Tutto il racconto si colloca fra due scenari di morte. Il primo, l’incidente del pullman, non è altro che la premonizione del secondo in cui è coinvolto lo stesso Ministro, al quale sopravvive a stento. Significativo il fatto che l’incidente avvenga su un tratto di autostrada non ancora aperta e che il Ministro percorre illegalmente. La morte conseguente del suo autista gli provoca un profondo senso di colpa. La figura di questo personaggio, operaio disoccupato assunto dal Ministero con un contratto a termine, è particolarmente inquietante per la funzione problematica che assolve. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 30. f.v. virtuosismi a un melò interamente musicato, con esiti sorprendenti. Procedendo per blocchi cantati con minimi stacchi di montaggio, alternati poi a dolly maestosi, grandangoli, riprese zenitali che sprofondano nel ventre di una Parigi in tumulto e scene di massa di ampio respiro, il regista trova infatti la giusta armonia di musica e immagini. A livello narrativo, la ricerca di riscatto da parte del singolo si intreccia qui con quella di liberazione da parte del popolo oppresso e con l’utopia palingenetica dei rivoltosi, mentre l’architettura romanzesca di Hugo si tramuta in feuilleton, la tragedia in melodramma e il rapporto tra Storia e storie si risolve nell’innesto del duello tra Valjean e Javert sullo sfondo della Francia post Restaurazione. Ne scaturisce un grande affresco storico per attori e orchestra, enfatico ai limiti dell’operistica: cinema di intrattenimento popolare nella sua forma forse più alta, capace di incarnare sia la spettacolarità del kolossal in costume sia la suggestione epidermica ma trascinante del miglior musical teatrale. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 18 e 19. m.l. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 19 DAI 12 ANNI DAGLI 8 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Monsters University Monsters University Michael Wazowski, detto Mike, un piccolo mostro verde con un solo occhio, sogna di diventare spaventatore professionista.Vede il lavoro di spaventatore durante la gita scolastica alla Monsters & Co., la centrale elettrica cittadina che ricava energia tramite le urla dei bambini spaventati. Al loro arrivo un addetto confida ai piccoli mostri di aver imparato l’arte dello spavento alla Monsters University (MU). Raggiunti i 18 anni, Mike decide così di iscriversi alla Facoltà di Spavento della Monsters University. Qui Mike conosce Sulley con cui inizia una controversa relazione. Quando la preside della Facoltà li esclude dai corsi, i due sono costretti a iscriversi alle Spaventiadi nella speranza di vincerle e di essere riammessi. Le gare si susseguono e il gruppo guidato da Mike guadagna in autostima e compattezza. Dopo altre complesse avventure i due amici andranno a lavorare nel reparto corrispondenze della Monsters & Co. M ike e Sulley si iscrivono al M.U, il college per spaventatori nel prequel di Monsters & Co. Inizia così il loro percorso di formazione e si pedina il viaggio/parabola verso la loro amicizia. Mike e Sulley sono protagonisti dell’eterno match tra impegno/dedizione/studio e attitudine/talento/geni familiari. Scopriranno che da soli non si bastano, in un classico film di maturazione/evoluzione dei caratteri. Insieme ad altri freak più deboli e inadatti di loro si riuniscono nella confraternita Oozma Kappa Moonrise Kingdom Una fuga d’amore Moonrise Kingdom 1965. A New Penzance, isola del New England, Sam Shakusky un “kaki” scout, orfano e dodicenne, abbandona il proprio campo per raggiungere la compagna di avventura Suzy Bishop. Per la fuga d’amore Sam ha portato l’equipaggiamento per assicurarsi un pasto e un tetto sotto cui ripararsi. Dopo aver camminato a lungo i due raggiungono una baia isolata, chiamata Moonrise Kingdom. I genitori della ragazza, insieme alla polizia e al caposcout responsabile del campo dove risiedeva il ragazzo, si mettono alla loro ricerca e li trovano. I giovani compagni di Sam decidono di aiutarli a scappare ancora e portano Sam e Suzy in un altro accampamento.“Braccati”, quando tutto sembra perduto - sul luogo è ormai giunta l’addetta dei Servizi Sociali che dovrà portare il ragazzo in orfanotrofio, - il capitano della polizia decide di proporsi come genitore affidatario… 20 r. Dan Scanlon or. Usa 2013 distr. Walt Disney dur. 104’ numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Wes Anderson int. Jared Gilman, Kara Hayward, Bill Murray, Frances Mc Dormand, Edward Norton, Bruce Willis, Tilda Swinton, Jason Schwartzman,... or. USA, 2012 distr. Lucky Red dur. 94’ C on Moonrise Kingdom Wes Anderson ambienta la vicenda negli anni sessanta e, più precisamente, nel 1965, “poco prima che molte cose cambino”, scegliendo come protagonisti due dodicenni la cui fuga getta nel panico l’intera comunità di un’isola. Rispetto ai lungometraggi finora realizzati, dove adulti ancora poco cresciuti e insicuri sono spesso alla ricerca dell’originario nucleo familiare, sorpren- (OK) per affrontare l’escalation di prove rappresentata dalle Spaventiadi. Alla ricerca di una metafora mostruoso-sportiva della maturità, la Pixar suggerisce a un pubblico di bambini e di adulti valori forti come la devozione, la costanza, il rispetto, la solidarietà. Monsters University rappresenta un’operazione post-moderna e auto-referenziale, basata su una solida e sicura struttura narrativa costituita da prove ‘proppiane’. Si regge su uno humour declinato allo slapstick, un tocco cinefilo e ci regala figure di contorno tratteggiate con squisito gusto dell’assurdo. Un divertissement di alta scuola, disegnato come un videogame a vari livelli ma capace di suggerire emozioni intorno ai conflitti ‘relazionali’ tra i suoi protagonisti. Rispetto a Monsters & Co si cambia radicalmente registro: “dal filosofico e tenero incontro/scontro tra il mondo dei mostri e quello dei bambini, attraverso la porta del destino, a quello goliardico e avventuroso del college movie tinto di fantasy, di buon umorismo e di una goccia di retorica …” (MARIANNA CAPPI). p.ca. dono la maturità e lo spirito di ribellione, il desiderio di indipendenza dei due personaggi principali. All’incapacità ormai cronica dei propri adulti-bambini nel riuscire a raggiungere la felicità, a far fronte alla difficoltà di vivere il disadattamento, con Moonrise Kingdom l’autore oppone il punto di vista di adolescenti-adulti, giovani fin troppo maturi, desiderosi di crescere. Il film si colora degli umori della fanciullezza, del ricordo della prima storia d’amore, ha il sapore dell’avventura, dell’esplorazione di nuovi territori. Lontano da qualsiasi modulo narrativo realistico, la scrittura poggia sull’esemplarità delle situazioni che via via si presentano, privilegiando un registro surreale. Grazie allo stile unico e riconoscibile dell’autore texano, la pellicola ricrea quel certo modo di sentire, di fantasticare a occhi aperti, di un’età in cui, diversamente dagli altri componenti dell’universo andersoniano, i personaggi sembrano aver raggiunto e trovato una compiutezza appagante. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 10 e 11. l.c. DAI 14 ANNI DAI 14 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 La nave dolce Agosto 1991. Tra la fine della dittatura di Enver Hoxha e la stabilizzazione della nuova repubblica democratica, alla notizia che il porto di Durazzo è finalmente aperto la folla si precipita su un cargo che sta scaricando zucchero. La nave è costretta a dirigersi verso l’Italia. A Bari le autorità facilitano lo sbarco, ma dopo i primi soccorsi le forze dell’ordine sembrano perdere il controllo: le banchine del porto traboccano di uomini, donne e bambini, provvisti solo dei vestiti che indossano. Gli albanesi vengono trasferiti nello stadio; alcuni fuggono. Lo stadio si tramuta in enorme prigione all’interno della quale neppure le forze dell’ordine hanno più il coraggio di entrare; cibo e acqua vengono gettati dagli elicotteri. La tardiva e confusa azione del governo si riduce alla decisione di un rimpatrio, dopo aver ripreso il controllo dello stadio. Qualcun altro riesce a fuggire, ma la maggior parte delle persone sceglie di salire sugli aerei diretti in Albania. r. Daniele Vicari or. Italia/Albania 2012 distr. Microcinema dur. 90’ V icari costruisce il suo film montando due diversi tipi di materiale: interviste-testimonianze (di alcuni di quelli che erano là, che hanno partecipato alla traversata) e immagini d’archivio. La strada scelta è quella della narrazione serrata, della ricostruzione dei fatti dentro una struttura da racconto di avventura, garantendo ritmo teso e colori vividi. Per Nella casa Dans la maison Germain, insegnante di lettere con ambizioni di scrittore, scopre nel sedicenne Claude un notevole talento per la scrittura. Dopo aver letto un tema del ragazzo, decide di aiutarlo. Il tema però è la versione romanzata della sua esperienza in casa dell’amico Rapha, a cui dà ripetizioni di matematica. In realtà il giovane si è invaghito della madre del compagno che vive insoddisfatta all’ombra del marito. Germain è colpito dalla prosa di Claude. Sottopone i capitoli del racconto alla moglie Jeanne, gallerista d’arte, rendendola complice dell’ambigua osservazione di un interno familiare per interposta persona. Jeanne mette in discussione sia il marito che Claude, che finisce tra le braccia di Esther. A scuola però l’atteggiamento di Germain desta qualche sospetto. Rapha scopre il doppio volto del compagno e il gioco innesca una serie di reazioni a catena, che costituiranno il degno finale del romanzo. r. François Ozon int. Fabrice Luchini, Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Denis Ménochet or. Francia 2012. distr. Bim dur. 105’ C laude è il genio che in Germain è rimasto nascosto. Si appropria dei criteri del racconto per trasformare la sua esperienza in vicenda perturbante. Ciò che deve fare uno scrittore: manipolare, anagrammare la realtà per incantare il pubblico, scovandone l’eccezionale in potenza. Ci vuole fiuto e osservazione. Fare racconto è l’arte di eccedere con gusto. Poi amare i propri personaggi fino a viverci a fianco, a entrare nelle pagine del proprio testo. questo le “teste parlanti” compaiono in un ambiente neutro, su sfondo bianco, e i loro interventi sono stimolati fuori dall’angusto schema dell’interrogazione/interrogatorio; per questo dagli archivi (albanesi e italiani, pochissimo spazio alle riprese amatoriali) sono scelte non solo immagini strettamente documentali, ma anche brani non direttamente riconducibili all’evento, che servono bene però a consolidare e articolare il racconto. In questo senso vale la pena citare il lavoro sulla colonna sonora: oltre a scelte musicali di forte impatto emotivo sta la risonorizzazione discreta e raffinata non solo dei pochi brani amatoriali, muti all’origine, ma pure delle riprese professionali avute in dote dalla televisione locale Telenorba. Vicari dimostra di essere un documentarista assai più efficace di quanto non gli riesca di essere nei panni del regista di cinema a soggetto, e il merito del suo film sta nel saper essere al contempo racconto suggestivo e saggio critico, narrazione emotivamente intensa e riflessione politicamente lucida. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 20. s.g. Claude è parte del suo racconto. Il gioco è subito chiaro a Germain, perché lo studente scrive ciò che vive, almeno all’inizio: fino a quando i piani del reale e del fantastico non cominciano a sovrapporsi, creando dubbi nello spettatore, che naviga tra i personaggi, identificandosi nello sguardo della coppia di “autori”, ma soprattutto in Jeanne, lettrice e giudice esterna, che si dissocia a più riprese dagli sviluppi immorali della vicenda. Il ragazzo ha il talento di mascherare vero e falso, ma rimane vittima dell’ingranaggio, sepolto dal fantasma sensuale di Esther: Esther esce dalla penna di Claude, fuggendo dalla mediocrità borghese, perché lui le offre questa chance in cambio della soddisfazione del suo desiderio, disposto anche a costruire sottotracce che arrotondino i personaggi secondari. Invece la realtà ha il sopravvento e dopo l’orgasmo della scrittura l’autore rimane solo, in cerca semmai di un cortile dove riposizionare lo sguardo per entrare in una finestra qualsiasi e cogliere un dettaglio che possa farsi storia. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 32. a.l. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 21 DAI 14 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 NO I giorni dell’arcobaleno NO DAI 14 ANNI 1988, Cile. Le pressioni internazionali hanno costretto Pinochet a indire un referendum per rimanere alla guida del Paese. Però il popolo, votando NO, potrà liberarsi del dittatore. Per la prima volta le opposizioni avranno 15’ al giorno per far valere in tv le proprie ragioni. I leader del comitato per il NO convincono il giovane pubblicitario René Saavedra, uomo di punta della prima casa di produzione pubblicitaria e televisiva del Cile, a occuparsi della campagna propagandistica. Questi accetta sfidando il suo datore di lavoro, filogovernativo. René convince la maggioranza dei leader dell’opposizione a costruire dei filmati che promuovano l’idea di un Cile sorridente e proiettato verso la libertà, rinunciando alle immagini degli abusi del regime. Che l’idea funzioni si capisce dalle minacce degli uomini del colonnello. René, con un figlio a carico, dovrà guardarsi le spalle fino al giorno del voto. L a campagna per il NO fu una scommessa per il Cile non solo dal punto di vista politico, perché modificò meccanismi ed estetica della comunicazione di massa, aprendo - afferma il regista - “al capitalismo come unico sistema possibile nel paese”. Larraìn segue i fatti di quei giorni mettendo al centro René, pubblicitario di successo formatosi in America, lucido nell’applicazione del teorema di vendita di un prodotto. La proposta di Saavedra di adottare un approccio che in- Noi siamo infinito The Perks of Being a Wallflower Charlie vive a Pittsburgh: ha due fratelli più grandi. È il 1991, gli adolescenti non usano ancora il cellulare, la musica è fruita collettivamente e i social network non sono ancora stati inventati. Il ragazzo - timido, sensibile, diligente frequenta il primo anno del liceo dove incontra Patrick e Sam, fratellastri anticonformisti. Scopre così il piacere della condivisione, dell’amicizia, del ballo, delle corse in automobile. I dolori sopiti trovano sollievo e parole per esprimersi. L’amicizia però ha alti e bassi, le relazioni subiscono rallentamenti, le incomprensioni richiedono pause: l’amore di Charlie per Sam deve essere messo a freno perché la ragazza lo ritiene solo un amico. Il rispetto richiede pazienza, Charlie accoglie le confidenze di Patrick (il suo amore segreto per Brad, compagno di scuola aitante e sportivo). Questo mentre l’anno scolastico volge al termine e si aprono nuovi orizzonti. 22 r. Pablo Larraìn int. Gael Garcìa Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis Gnecco, Marcial Tagle, Nestor Cantillana distr. Bolero Film or. Cile 2012 dur. 110’ numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Stephen Chbosky int. Logan Lerman, Emma Watson, Ezra Miller, Mae Whitman, Kate Walsh, Dylan McDermott, Melanie Lynskey,... or. Usa 2012 distr. M2 Pictures dur. 103’ N oi siamo infinito è scritto e diretto da Stephen Chbosky che ha adattato per lo schermo il suo romanzo epistolare The Perks of Being a Wallflower del 1999. Il libro ha riscosso uno straordinario successo tra gli adolescenti che si sono riconosciuti negli impacci e negli entusiasmi di Charlie. Il film mette in risalto la figura del protagonista, accennando appena alle dinamiche familiari. La cinepresa pedina Charlie, mostrandoci ciò che per lui è importante in un viti al sorriso sgomenta parte dei quadri del partito. Lo slogan “L’allegria sta arrivando” pare un insulto a chi ha perso la vita combattendo, ai desaparecidos e alle loro madri. La teoria “rivoluzionaria” è semplice: utilizzare i 15’ di messa in onda concessi dalla dittatura invitando al NO con immagini che visualizzino un futuro sereno e libero. Lo spot è per questo giocato sulla rappresentazione di un Cile che non esiste ancora, composto da persone che desiderano le stesse cose dei nordamericani. La campagna per il NO è il viatico al neoliberalismo, peraltro non estraneo al regime, ma nel 1988 serve perfettamente la causa. René ne è consapevole. Larraìn immerge lo spettatore nel clima di quei mesi, posizionandosi come osservatore dei fatti, falsamente naturalistico, con l’intento di accrescere la suspense verso il finale inatteso. Rinuncia ai moderni apparecchi di ripresa digitale. Gira con la stessa pasta delle immagini di repertorio fino a confonderle con le riprese nuove, in una mescolanza di storia vera e ricostruita. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 16 e 17. a.l. momento particolare della sua esistenza: l’inizio della scuola superiore, l’incontro con una realtà nuova, il mettersi in gioco in un ambiente che appare nemico, duro, competitivo. Charlie si sente solo, tanto da scrivere lettere anonime a uno sconosciuto, meritevole della sua fiducia: è a lui che confida i suoi stati d’animo e la cronaca delle giornate. Il film sa raccontare, anche grazie alla felice scelta degli interpreti, la nascita di un’amicizia: l’attrazione tra affinità nascoste, l’emozione del sapersi riconoscere e scegliere tra i tanti, il batticuore nel sentirsi parte, per la prima volta, di un gruppo, dell’uscire dall’anonimato. La paura dell’emergere dall’isolamento non è facile da sconfiggere, ma lo sguardo accogliente dell’altro solleva e sostiene con tocco leggero. È così che Charlie incontra e conosce il raffinato, imprevedibile Patrick, e lui gli fa incontrare la sorellastra Sam. Sarà lei a far emergere involontariamente i dolori nascosti di Charlie, causa dei suoi smarrimenti e delle sue paure, che però troveranno una sofferta soluzione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p, 33. a.ma. DAI 10 ANNI DAGLI 8 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Pacific Rim Da una fenditura nell’Oceano Pacifico emergono i Kaiju, esseri mostruosi che attaccano le coste minacciando l’umanità. Per fronteggiare il pericolo, i paesi dell’Orlo del Pacifico si uniscono in una forza sovranazionale e creano gli Jaeger, giganteschi robot con due piloti che agiscono in modo sincronizzato. L’escalation di potenza dei Kaiju, però, rischia di far chiudere il programma Jaeger: il maggiore Pentecost, che dirige le operazioni, tenta quindi un ultimo attacco e richiama in squadra Raleigh Becket, che aveva abbandonato il campo di battaglia dopo la morte del fratello. Il ragazzo trova un nuovo partner nella collega Mako Mori, che combatte per vendicare i genitori uccisi dai Kaiju. Così, mentre i due piloti devono fare i conti con il rispettivo passato e imparare a coordinarsi, emergono i piani degli invasori che manovrano i Kaiju oltre la fenditura. r. Guillermo Del Toro int. Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman or. Usa 2013 distr. Warner Bros dur. 131’ A pparentemente nulla distingue Pacific Rim dal sogno adolescenziale di una generazione cresciuta con i cartoni animati giapponesi dei robot (i vari Goldrake, Mazinga e via citando) e i film di mostri alla Godzilla (il termine “Kaiju” viene proprio da lì). Eppure, nelle mani di un autore come Guillermo Del Toro, il semplice divertissement da appassionato di fantasy e animazione rivela profon- ParaNorman New England. Norman vede i fantasmi della gente morta e può comunicare con loro; tutti lo ritengono un tipo “strano”. La famiglia pensa che il suo potere sia legato alla passione per i film dell’orrore e non ci dà peso. A scuola invece il bullo Alvin lo prende sempre di mira. L’unico che gli offre un’amicizia sincera è il vicino di casa Neil. Si avvicina il 300° anniversario dell’uccisione della strega di Blythe Hollow. Alvin è avvicinato da Prenderghast, che da sempre ha tenuto a bada lo spirito della megera, ma ora vuol passare a lui il testimone: Norman dovrà leggere un libro di fiabe sulla tomba della Strega per impedirne il ritorno. Il ragazzo non riesce a compiere il rituale e si trova in balia dei morti viventi evocati dalla Strega. Cerca di fermarli con l’aiuto di sua sorella, di Alvin e di Neil con suo fratello. L’avventura farà conoscere i retroscena sulla morte della Strega, condannata sebbene innocente e accecata dal rancore. r. Sam Fell, Chris Butler or. Usa 2012 distr. Universal dur. 93’ I l film è un ibrido fra commedia nera e racconto fantastico. Privilegia un ritmo demodé, quasi voglia permettere allo spettatore di assaporare tanto la sua fattura artigianale quanto un mondo fatto di sentimenti profondi che prevaricano le azioni. Succede poco nel film e la parte più spettacolare è controbilanciata da una morale di fondo e da un intento pedagogico racchiuso nel microcosmo dello stesso Norman: il ragazzo appare infatti connotato come il classico preadolescente inquieto rispetto a un mondo superficiale dove chi non si dità capaci di riconnetterlo al resto della sua produzione: ancora una volta, infatti, il regista riflette sull’importanza dei legami affettivi e/o parentali come chiave di volta per trovare il proprio posto nel mondo. Ciò risulta evidente sia dal protagonista, vessato dall’abbandono del fratello, sia (soprattutto) dai trascorsi della giovane Mako, per cui la guida del robot diventa occasione di affrancamento (e di risoluzione) dai traumi del passato. Peraltro, tutto questo crea proprio una fusione perfetta con i temi portanti dei cartoon robotici presi a riferimento, dove i protagonisti trovavano nella guida dei giganti meccanici il terreno di confronto con le proprie paure e, a volte, con rapporti non risolti con i genitori. La cabina di pilotaggio, quindi, diventava e diventa tanto un ring dove combattere, quanto un luogo di connessione con il mondo e con l’altro. Del Toro mantiene tutto sul terreno del grande spettacolo, ma il suo è un cinema con l’anima, dove il metallo diventa il naturale prolungamento di una carne che si muove solo se sospinta dall’analisi dei sentimenti. d.d.g. allinea ai gusti della maggioranza è estromesso. La vicenda diventa universale quando il dramma interiore di Norman si rispecchia in quello della Strega, vittima del medesimo meccanismo di esclusione, portato agli eccessi da una mentalità puritana che l’aveva condannata al rogo. Il fantasy diventa quindi la lente d’ingrandimento attraverso cui si modifica la prospettiva storica riportando a galla il sommerso. Norman è l’unico personaggio capace di entrare in sintonia con il dolore che attanaglia la Strega. Nel “salvare” la ragazza condannata dagli errori della Storia e dell’umanità si fa carico del destino della comunità e compie un’impresa straordinaria. Il film spiega anche che la soluzione rituale di mettere a dormire la Strega leggendole una fiaba è solo un palliativo, è importante arrivare a comprendere i meccanismi profondi alla base delle sue azioni. ParaNorman in proposito ci insegna che la paura va affrontata non con l’obiettivo di conviverci, ma per superarla. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 31. d.d.g. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 23 DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 La parte degli angeli The Angels’ Share DAI 16 ANNI Robbie, sotto l’effetto di stupefacenti, ha quasi ucciso di botte un coetaneo.Vive una condizione sociale e familiare di disagio. Aspetta un figlio da Leonie. Con altri tre amici sbandati, costretti ai lavori socialmente utili, entra nelle grazie di Harry, un omone tutto cuore che finisce per diventare il suo mentore. Dopo il parto della fidanzata si reca all’ospedale per salutare l’arrivo del figlio Luke, ma due parenti di Leonie lo pestano su ordine del padre di lei. Harry lo medica e gli consiglia di non mollare. La scoperta del whisky gli cambia la vita. Il ragazzo ha un naso sensibilissimo che gli permette di riconoscere distillati diversi. Durante la visita a una distilleria Harry lo invita alla degustazione. Il talento di Robbie incuriosisce un broker che lavora per un collezionista russo. Qualche giorno dopo i quattro amici si recano a un’asta che assegnerà una botte di prezioso distillato con l’idea di rubarla. 24 r. Ken Loach int. Paul Brannigan, John Henshaw, Roger Allam, Siobhan Reilly, Gary Maitland, Jasmin Riggins or. Gran Bretagna/Francia 2012 distr. Bim dur. 101’ I l cinema rappresenta la realtà per restituirla attraverso parabole che sono delle istantanee. La contaminazione tra racconto filmico e vita reale in Loach non è una liturgia fittizia da real-movie, ma il midollo del suo essere regista. Questa volta il grigio delle periferie inglesi genera una favola a lieto fine. Robbie è figlio della disgrazia e come tale si comporta, anche se, come afferma Leonie, bisogna bonificare il terreno per- Pinocchio Geppetto, bambino, gioca con un aquilone che gli scappa e scompare. Molto tempo dopo l’aquilone metaforicamente torna nelle mani del proprietario sotto forma di un ciocco di legno che per magia inizia a parlare. L’uomo costruisce un burattino, lo chiama Pinocchio e lo considera suo figlio. Pinocchio non vuole andare a scuola. È refrattario a qualsiasi regola e dice bugie che gli fanno crescere il naso. Si mette spesso nei guai. Deve fare i conti con l’inganno e la furbizia del Gatto e la Volpe, con l’enorme Mangiafuoco, con il Pescecane che lo inghiottirà. Per fortuna a salvarlo arriva la Fata Turchina, che lo cura col Corvo, la Civetta e il Grillo parlante. Pinocchio finisce nell’Isola dei Balocchi ed è trasformato in asino. Infine si ritrova nel ventre di una balena, dove ritrova e salva Geppetto, andato a cercarlo. Alla fine sembra aver capito la lezione e aver imparato a rispettare e amare il padre. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Enzo D’Alò sc. Enzo D’Alò, Umberto Marino mus. Lucio Dalla mont. Gianluca Cristolari or. Italia 2012 distr. Lucky Red dur. 78’ I spirato al testo di Collodi, il Pinocchio di D’Alò arriva sugli schermi dopo diversi anni di lavorazione, una troupe di più di 300 artisti e l’uso di un sofisticato software digitale. Coniuga le potenzialità dalle nuove frontiere tecnologiche con uno stile espressivo che ha il sapore di un libro illustrato. I colori squillanti e vitali dei disegni di Lorenzo Mattotti, le opere di Rossini, la colonna sonora scanzo- ché germogli qualcosa: dare una risposta alle condizioni avverse anche quando mancano gli appigli e tutti vorrebbero eliminarti. L’aiuto arriva inaspettato (Harry) e casuale (il whisky). Sostanze simili in fondo, Harry come gli alambicchi, macchine per distillare abbracci o liquori: quel che conta è l’essenza che si assapora e la suggestione fascinosa di quella che scappa via inafferrabile nel processo di maturazione: “la parte degli angeli”, che evapora e può essere percepita da pochi eletti. Robbie pare avere un naso sensibilissimo alle fragranze dei distillati, un talento che potrebbe avviarlo alla professione di degustatore. Prima però c’è da vincere la diffidenza del padre di Leonie, difendersi da teppisti che lo braccano per vendicare un torto, smarcarsi dalla vita desolante del quartiere dormitorio dove vive, dalla sensazione di essere perdente. L’occasione della vita è un furto. Poca cosa forse, rispetto alla quantità di whisky nella botte, pensando che una goccia al giorno rallegrerà la vita di tre generazioni di ricchi sfondati. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 8 e 9. a.l. nata di Lucio Dalla, un efficace cast di doppiatori, ne fanno una produzione curata nello stile visivo, briosa e interessante. Pur rimanendo complessivamente fedele al Collodi, sceglie una forma narrativa e una modalità di rappresentazione che evidenziano una personale chiave di lettura della celebre fiaba. Particolare attenzione è rivolta alla relazione tra Geppetto e Pinocchio. Ed è la lievità l’elemento che lo caratterizza. Il regista sembra voler porre l’accento più sull’aspetto divertito dell’essere bambino, che su quello regolativo e normativo. Quasi a dire che Pinocchio non è tout court cattivo e disubbidiente. È piuttosto, come spesso accade nell’infanzia, desideroso di conoscere e scoprire, ma lo fa in modo ingenuo, credulone e per questo diventa facile preda degli ingannatori. Tratti psicologici e comportamentali questi che D’Alò utilizza come a volerci ricordare che i bambini sono esseri speciali a cui va permesso di sbagliare, che vanno presi per mano e accompagnati nella crescita, nella scoperta di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 21. p.c. DAGLI 8 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Qualcosa nell’aria Après Mai 9 febbraio 1971, da qualche parte nei pressi di Parigi. Il Secours Rouge è un’organizzazione che indice una manifestazione a sostegno di due esponenti della Sinistra proletaria. A una di queste manifestazioni partecipa anche un gruppo di liceali e, tra loro, spicca il protagonista, Gilles,17 anni, figlio di uno sceneggiatore della televisione pubblica, appassionato di cinema e di pittura. Il ragazzo si innamora di Laure con la quale ha una breve relazione che termina quando la studentessa sceglie un percorso di lotta politica estremo e pericoloso. Dalla Francia all’Italia, tra sesso libero e infinite discussioni: un road-movie, un viaggio di formazione, in cui Gilles si interroga sulla possibilità di raccontare i moti rivoluzionari attraverso il linguaggio del cinema cosiddetto “borghese”. Grazie a quel viaggio, a quegli incontri, a molte situazioni vissute che hanno comportato delle scelte, gli adolescenti sono diventati un po’ più adulti. r. Olivier Assayas int. Clément Métayer, Lola Créton, Félix Armand, Carole Combes, India Salvator Menuez, Hugo Conzelmann, Mathias Renou,... or. Francia 2012 distr. Officine Ubu dur. 122’ C ome gli adolescenti di ogni epoca, i protagonisti di Qualcosa nell’aria intrecciano e confondono le emozioni, ma quel caos interiore può anche diventare terreno fertile per nuove idee, nuove prospettive; gli stessi fallimenti - in campo sentimentale, lavorativo, politico - possono educare e indicare strade nuove, direzioni alternative. Ralph Spaccatutto Wreck-it Ralph Ralph Spaccatutto è il cattivo del videogioco arcade Felix Aggiustatutto, programmato per distruggere il muro del condominio in cui abita Felix, un ragazzo munito di martello magico con cui ripara i danni di Ralph. Alla fine della partita, Felix è acclamato e premiato con una medaglia, una torta e l’affetto dei condomini. A Ralph, confinato in una discarica di mattoni, non resta che fare i conti con ‘cattiveria’ e solitudine. Un giorno, deciso a ottenere medaglia e amore, lascia il suo videogioco per cercare fortuna attraverso generazioni di videogame, dimostrando a se stesso e al mondo di meritarsi un destino da buono. Infila l’universo caramellato di Sugar Rush e incontra la piccola Vanellope von Schweetz, un glitch disprezzato che sogna un kart per correre la corsa della vita. Insieme i due scoprono qualcosa di importante sulla loro natura, sconfiggendo un nemico letale che minaccia l’intera arcade e le sue creature pixellate. r. Rich Moore int. John C. Reilly, Sarah Silverman, Jack McBrayer, Jane Lynch, Alan Tudyk, Mindy Kaling or. Usa 2012 distr. Walt Disney Pictures Italia dur. 101’ N ato dall’incontro tra cinema e videogame, Ralph Spaccatutto apre una finestra su una realtà virtuale in cui abita e si muove Ralph, cattivo che si sogna buono. Dentro un universo immaginario si svolge il viaggio dell’eroe diviso in quattro tappe e in altrettanti ambienti: il condominio in 8bit di “Fixit Felix Jr”, quello oscuro e formicolante di insetti di “Hero’s Duty”, quello co- Con l’ultimo lavoro Assayas - premiato al Festival di Venezia per la Miglior Sceneggiatura - non ha voluto realizzare un film “politico”, ma ha voluto fare un affresco di un periodo storico-culturale-sociale che conosce bene per parlare dell’universo giovanile, rivolgersi a quei giovani da persona matura, che ha vissuto prima di loro e sulla pelle, con la stessa sensibilità, il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Ha voluto raccontare lo smarrimento davanti alle scelte importanti e la consapevolezza della propria identità davanti al pericolo dell’omologazione e delle ideologie imperanti. Quindi, in momenti di grande confusione e disorientamento, il regista offre una soluzione: affida all’Arte, in tutte le sue declinazioni, una possibilità di salvezza. Il personaggio di Gilles, infatti, non a caso è appassionato di pittura, di scultura e di cinema. L’Arte, in particolare quella visiva, può documentare e far riflettere, ma è importante che dietro lo strumento tecnico, come dietro a una cinepresa, ci sia una persona intellettualmente onesta e tanta preparazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 6 e 7. a.m. lorato e candito del gioco di kart “Sugar Rush” e quello affollato della Game Central Station, dove si incrociano creature nuove e vintage, minacciate dalla probabilità di finire “out of order”, e di conseguenza rottamati e rimpiazzati da una versione più avanzata. Rich Moore, regista di animazione con I Simpson e Futurama, accompagna gli spettatori in un viaggio dove si incontrano concetti come l’onore, la lealtà, l’integrità e l’amicizia, dove è contemplata anche l’esistenza del Male, del tradimento e della follia. Nel viaggio, che ha per tesoro l’esercizio del libero arbitrio, Ralph sperimenta il cambiamento e la maturazione. Partito per una medaglia che ne accreditasse la bontà, scoprirà che il destino gli ha riservato un incarico più alto: la felicità di una bambina e dei suoi amici. Ralph Spaccatutto, ultimo gioiello della più grande fabbrica di sogni, è un film pieno di colori, di riuscite scenografie, di libertà espressiva che materializza la felicità e conduce alla sua ricerca. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 12 e 13. m.gn. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 25 DAI 14 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Reality Luciano Ciotola è un pescivendolo talentuoso o così almeno lui e i suoi familiari pensano che sia. Quando capitano occasioni di raduni collettivi si esibisce con grande sollazzo degli astanti travestendosi ad hoc. Luciano vive a Napoli in un palazzo antico che ha visto giorni migliori. Con la moglie, che fa la promoter di casalinghi automatizzati, ha avviato un piccolo traffico illegale. Le sue aspirazioni però vanno oltre. Il giorno in cui i familiari lo chiamano da un centro commerciale in cui si stanno facendo i casting per la successiva stagione de “Il Grande Fratello” mette da parte le titubanze e si presenta. Da quel momento si autoconvince di avere le carte in regola per lo show televisivo. Nessuno riuscirà più a fargli comprendere, anche a trasmissione avviata, che Mediaset non lo stia spiando, grazie a sconosciuti che si presentano alla pescheria o a casa sua, perché convinta che la sua sia una storia che merita di entrare, anche last minute, nella Casa. R eality non è una commedia a meno che si vogliano classificare come commedie tout court film come Una vita difficile di Dino Risi. Il paragone può sembrare azzardato e forse lo è ma, se il personaggio interpretato da Sordi usciva da un dopoguerra di macerie cercando di conservare un’interiore integrità, Luciano Ciotola sembra vivere in uno scenario postatomico dal punto di vista delle dinamiche sociali. A partire dal momento in cui (da un simbolico centro commerciale, nuovo Re della terra selvaggia Beasts of the Southern Wild Hushpuppy ha solo sei anni: la mamma è andata via e lei vive con il padre,Wink, nella Grande Vasca, nella Louisiana del Sud, nella comunità “Bathtub”. Wink ha una grave malattia e il suo cuore sta per cedere, quindi vuol preparare la figlia al distacco, a diventare forte e coraggiosa anche perché quell’area è soggetta a fortissimi uragani. Infatti, la tempesta arriva uccidendo piante, persone e animali. Gli abitanti sopravvissuti vengono portati in una struttura sanitaria nella città, ma Wink, i bambini e altri adulti scappano per far ritorno al loro habitat, in armonia con il Creato e in totale libertà. Hushpuppy fugge al di là del fiume dove, forse, ritrova sua madre. E proprio ora che Wink sta per morire, lei sa guardare negli occhi le terribili bestie mitologiche e ha imparato a piangere. 26 r. Matteo Garrone int. Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio,... or. Italia 2012 distr. 01 Distribution dur. 115’ numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Benh Zeitlin int. Quvenzhané Wallis, Dwight Henry, Levy Easterly, Lowell Landes, Pamela Harper, Gina Montana, Amber Henry, Jonshel Alexander,... or. Usa 2012 distr. Bolero Film/Satine Film dur. 92’ L ouisiana del sud, New Orleans, Haiti, Brasile: non importa dove perché il racconto è epico e universale. Nella Grande Vasca è tutto precario e instabile, tranne i sentimenti di solidarietà e amicizia tra i suoi abitanti. Sulla piccola Hushpuppy incombe, inoltre, la paura della fine perché il riscaldamento globale sta facendo sciogliere i ghiacciai e così arriveranno gli Aurochs, le creature luogo di culto al dio consumo del fine settimana) Luciano compie il primo passo all’interno della spirale che lo porterà a perdersi, Reality smette anche di ‘sembrare’ una commedia. Perché l’orrore della progressiva putrefazione di un contesto sociale denunciata in Gomorra qui finisce con l’assumere dimensioni decisamente più ampie e apparentemente irreversibili. La camorra, come cancro malavitoso ha prodotto anche gli anticorpi di una società civile che ne contrasta almeno idealmente finalità e metodi. Non altrettanto accade con format come“Il Grande Fratello” anche se in declino. Perché ormai non si tratta più di audience o di share, si tratta di una forma mentis che è stata fatta propria da molti. Quella per cui ciò che conta è ciò che appare, senza che venga lasciato spazio alcuno all’idea di copioni scritti ad hoc (perché ci sarebbero degli ‘autori’ riconosciuti come tali se tutto fosse ‘vero’?). Tutto sembra e ‘deve’ sembrare vero. Luciano diviene allora l’autore di se stesso costruendo su di sé situazioni che dovrebbero farlo apparire come il concorrente ideale. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 94, p. 4 e 5. g.za. terribili, quei mostri che concluderanno l’Apocalisse. Re della terra selvaggia è l’opera prima di Benh Zeitlin, adattamento dell’opera teatrale Juicy and Delicious di Lucy Alibar e vincitrice di numerosi premi. Girato con poche risorse economiche - grazie a un uso sapiente del mezzo cinematografico e alle scelte stilistiche che rimandano al realismo magico - restituisce un’opera poetica ed emozionante di grande contenuto e respiro visivo. La dicotomia tra Natura e Cultura fa da sfondo a questa storia, intima e profonda, e al legame, conflittuale e intenso, tra una piccola bambina e un grande uomo. Un racconto di formazione che non vede coinvolta solo la bambina, ma vede protagonista anche un padre che non permette a se stesso di abbandonarsi alle emozioni e non lo permette nemmeno alla figlia. Però quell’uomo riesce a insegnare a sua figlia, e agli spettatori, a essere “re” della propria terra e della propria vita, soprattutto quando le avversità sono tante, troppe, senza lasciare spazio ai dubbi o alla rassegnazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 26. a.m. DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 La regola del silenzio The Company You Keep The Company You Keep DAIGLI 8 ANNI Anni 70, Stati Uniti. Gli Weather Underground sono un’organizzazione di estrema sinistra che si oppone al governo centrale con azioni di protesta violenta e attentati. La morte di una guardia giurata in una rapina ne determina la diaspora: la lotta fallisce, i militanti si disperdono. Trent’anni dopo gli ex terroristi vivono sotto nuove identità, schiacciati dal peso del passato. L’arresto di una di loro innesca una spirale inarrestabile: un giovane reporter, coinvolto casualmente nel caso, fiuta infatti lo scoop e inizia a indagare. Presto scopre l’esistenza di Jim Grant, avvocato di provincia, in realtà leader del movimento entrato in clandestinità per sfuggire all’arresto. Saltata la copertura, Grant scappa, sotto gli occhi di un paese che sembra aver rimosso i fatti di cui lo si accusa. Sarà l’inizio di una tortuosa caccia all’uomo. r. Robert Redford int. Robert Redford, Shia LaBeouf, Julie Christie, Susan Sarandon, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins,... or. Usa 2012 distr. 01 Distribution dur. 117’ A settant’anni suonati Robert Redford continua a proporre il suo cinema liberal asciutto e onesto, privo di orpelli e impennate retoriche. La regola del silenzio - The Company You Keep è infatti un racconto solido, condotto con mano sicura e retto da un cast di lusso chiamato ad accompagnare il passo ai due LaBeouf e Redford stesso. Thriller vecchio stampo, costruito sui ping-pong di bre- Ribelle The Brave The Brave Siamo in Scozia, in un Medioevo fantastico. Merida è una ragazzina speciale: è una principessa, figlia di re Fergus e della regina Elinor, ma è diversa da tutte le altre. Ha una folta chioma di riccioli rossi, sa tirare con l’arco e sa anche il fatto suo. Quando la madre indice una gara di arcieri per scegliere il futuro marito della figlia, Merida partecipa, vince e dichiara di non avere alcuna intenzione di sposarsi. Questo sarà il motivo di un furioso litigio con la regina; Merida strappa l’arazzo a cui Elinor si stava dedicando da anni e fugge nel bosco. Qui incontra una stravagante vecchina che fa un sortilegio e le consegna alcuni oggetti intagliati nel legno e da quel momento si scatena una terribile maledizione: la trasformazione della regina in orso. Merida avrà a disposizione solo due giorni per rompere l’incantesimo e potrà farlo ricomponendo l’arazzo strappato. r. Mark Andrews, Brenda Chapman, Steve Purcell or. Usa 2012 distr. Walt Disney dur. 93’ R ibelle - The Brave, dei registi Brenda Chapman e Mark Andrews, presenta una sceneggiatura ben scritta e una narrazione che, nella prima parte, immerge lo spettatore in un’epoca storica precisa, con atmosfere e ambientazioni celtiche aderenti alla realtà per poi virare nel fantastico con incantesimi, fuochi fatui e misteri da svelare. L’universo femminile è qui raccontato attraverso un’iniziale contrapposizio- vi scambi dialogici e sul sapiente dosaggio di secche e sporadiche sequenze d’azione, il film vive di una tensione costante che impedisce allo spettatore di astrarsi dallo sviluppo incalzante della storia, ma che, a causa dell’eccessiva pulizia d’esecuzione, fatica a concretizzarsi in vera e propria suspense. Tutto procede col pilota automatico, come se a contare non fosse tanto l’articolazione di una caccia all’uomo destinata a tramutarsi in ricerca spasmodica della verità, quanto lo svelamento della verità stessa - facilmente intuibile sin dal principio - in un finale “inevitabile” che risolve i vecchi conflitti e apre a un nuovo possibile futuro di coerenza e dirittura morale. Terrorismo, moralità dell’informazione, uso della violenza a fini politici, senso di colpa e omertà: la carne al fuoco è molta, ma fortunatamente, nonostante un certo paternalismo democratico (tipicamente yankee), la capacità del regista di gestire la narrazione e le proprie ambizioni non sembra essere venuta meno col tempo. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n 97, p. 31. m.l. ne: lo strappo dell’arazzo segna la frattura anche psicologica tra una ragazzina indomita (come la sua chioma), autonoma e una donna-regina severa, inflessibile. Sarà una strega - capace di guardare lontano - a dare a Merida e a Elinor l’opportunità di riconoscersi l’una nell’altra, di fare i conti con se stesse e di riavvicinarsi. Il percorso non è semplice e vede coinvolte le due donne sul fronte fisico (le battaglie, i pericoli, le ferite) - tipico dell’universo maschile - e su quello interiore, il percorso più significativo e, forse, più legato al mondo femminile, a quella dimensione che sa accogliere e dare la vita. Merida, inoltre, capirà che la vita è un intreccio di fili e di relazioni per cui ognuno di noi è indissolubilmente legato a chi incontra, che decisioni e comportamenti hanno sempre conseguenze che coinvolgono tutti. Mentre Elinor imparerà a mettersi in discussione, ad abbandonare le etichette di corte, a recuperare il ruolo più comprensivo e accudente di donna e di madre. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 30. a.m. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 27 DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Riedizioni Vogliamo vivere! To Be or Not to Be DAI 16 ANNI In Polonia, nell’imminenza dell’occupazione nazista, la compagnia teatrale di Josef Tura mette in scena la commedia “resistente” Gestapo. La polizia polacca proibisce lo spettacolo e i Tura sono costretti a ripiegare su Amleto. Maria Tura ha un flirt col tenente d’aviazione Stanlislas Sobinski, membro della Resistenza polacca, che si rifugia a Londra ove si progettano con gli Alleati azioni militari antinaziste. Il gruppo è infiltrato dall’ambiguo prof. Siletsky, spia con il compito di individuare i nuclei della Resistenza. Il progetto viene bloccato da Tura e compagni, che con una serie di travestimenti impediscono la rivelazione della rete resistenziale alla Gestapo da parte di Siletsky, prima ucciso e poi sostituito dallo stesso Joseph Tura. Scoperti dalla polizia tedesca, gli attori realizzano una straordinaria messa in scena con cui sostituiscono lo stesso Hitler per fuggire con un aereo tedesco a Londra. 28 r. Ernst Lubitsch int. Carole Lombard, Jack Benny, Robert Stack, Felix Bressart or. Usa 1942 distr. Teodora Film dur. 99’ I l titolo italiano Vogliamo vivere! impoverisce l’ambivalenza dell’originale To Be or Not To Be. Il monologo realizza una meditazione sulla vita, il desiderio, il sogno e la morte, assurgendo a proverbiale riflessione sul senso dell’esistenza. Il monologo è diventato col tempo anche sinonimo di un rapporto problematico fra la finzione, il teatro, la realtà e la vita. È proprio nella direzione dello svelamento della falsità della convenzione Il rosso e il blu Sullo sfondo di una scuola romana si intrecciano le vicende di un insegnante di storia dell’arte ormai a fine carriera, di un giovane supplente e della preside. Disilluso e stanco, il prof. Fiorito ha perso da tempo la propria passione per l’insegnamento e si direbbe, più in generale, per la vita. Il giovane insegnante di Lettere, il prof. Prezioso, è invece pieno di entusiasmo e convinto di poter cambiare il mondo, ma prima ancora di poter guidare i propri allievi: in particolare prenderà a cuore le sorti di Angela, una studentessa spesso assente. Ma dovrà suo malgrado finire col fare i conti con la propria inesperienza. L’inappuntabile e severa preside sarà invece costretta a occuparsi dello strano alunno Enrico Brugnoli, dimenticato dalla propria madre, andando ben oltre le proprie competenze professionali e l’orario scolastico. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Giuseppe Piccioni int. Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Roberto Herlitzka, Silvia D’Amico, Davide Giordano or. Italia 2012 distr. Teodora Film dur. 98’ A bbandonate le note melodie francesi della precedente pellicola, che raccontavano di passioni, di amori finiti, la colonna sonora de Il rosso e il blu è molto più reale e concreta, un coro mai totalmente armonico, in cui ogni voce ha il suo timbro e la sua stonatura, una modulazione variegata e ricca di sonorità. Prendendo le distanze da qualunque intento sociologico o di denuncia, la pel- teatrale che si volge Lubitsch, creatore della commedia brillante a Hollywood. La messa in scena teatrale serve a smontare l’“organizzazione” militare nazista. Il film realizza un gioco di specchi, rimandi e sottili variazioni fra realtà e finzione. Gli attori della compagnia aspirano alla rivelazione dell’essenza di se stessi e della realtà attraverso una prova interpretativa che annulli tale separazione. La scena fondamentale è quella in cui l’attore Greenberg, impiegato nelle recite dell’Amleto come alabardiere, che ha sempre sognato di divenire protagonista ne Il mercante di Venezia, viene usato per recitare il famoso monologo dell’ebreo (che qui diventa il popolo polacco perseguitato), per depistare i soldati tedeschi posti a protezione di Hitler. In una direzione opposta (dalla realtà alla finzione), i nazisti rinunciano alla propria umanità per ubbidire alle regole di una cieca ubbidienza al Fuhrer che li fa diventare grotteschi manichini. Così finiscono per partecipare inconsapevolmente a una recita ordita da altri, che si rivolta contro di loro. Vedi anche Il Ragazzo Selvaggio n.100, p.6 e 7. f.v. licola è una commedia sul mondo della scuola, un racconto corale che intreccia i percorsi di tre insegnanti, con le loro idiosincrasie e contraddizioni. La scuola c’è, con le sue inadeguatezze e disfunzioni, ma l’attenzione, nel film, è rivolta alle persone, ognuna a suo modo alle prese con una scelta e coi propri errori più o meno gravi. La classe si trasforma in un campo di battaglia in cui quotidianamente si consumano conflitti donchisciotteschi. La pellicola riesce bene a mettere in scena le dinamiche di quei rapporti di forza, a restituire gli opposti punti di vista; l’osservazione da un lato, dello sfilare nel corso delle ore dei vari insegnanti, quel sovrapporsi di parole e di nozioni; dall’altro, la percezione di aver davanti a sé una platea assente, apatica. Si può credere che sia tutto inutile, ma si può anche pensare che vi siano ancora attimi in cui riuscire a trovare connessioni tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi, una comunicazione, forse soltanto più flebile, eppure possibile. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 23. l.c. DAI 6 ANNI DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Ruby Sparks Calvin Weir-Fields è un giovane scrittore in crisi. Da qualche tempo il sogno di un’affascinante ragazza, Ruby, lo stimola a elaborare una nuova storia, ma gli manca la scintilla per mettere insieme un racconto convincente. Il suo psicanalista, ricordandogli l’importanza dell’amicizia e dell’amore, lo sprona a uscire dall’isolamento in cui Calvin si rifugia alla ricerca di idee. Ruby lo seduce sempre di più e, dopo una notte trascorsa a scrivere, il miracolo accade: la ragazza è a casa sua, in carne e ossa. Calvin pensa di essere pazzo, ma poi si convince che la sua penna ha materializzato Ruby con la quale può cominciare una vita spensierata. Ruby è perfetta, ma Calvin scopre che la ragazza esegue qualunque cosa egli scriva su di lei. Per rispettare la libertà della sua creatura, chiude il romanzo in un cassetto. Ma dopo qualche tempo la relazione si appanna e Calvin decide di intervenire. r. Jonathan Dayton, Valerie Faris int. Paul Dano, Zoe Kazan, Antonio Banderas, Annette Bening, Chris Messina or. Usa 2012 distr. 20th Century Fox dur. 108’ R uby Sparks è una commedia venata di inquietudine che prende spunto dai grandi miti della letteratura angloamericana. Il nodo cruciale della vicenda è il rapporto conflittuale tra un creatore di personaggi e la sua creatura, amata e odiata allo stesso tempo. Come un moderno dottor Frankenstein, Calvin dapprima è compiaciuto del prodotto della sua mente, piena di candore e sensuali- Sammy 2 La grande fuga Sammy’s Adventures 2 Sammy e Ray, le tartarughe del primo episodio, hanno raggiunto una veneranda età; assistono allo schiudersi delle uova, aiutano i nipotini ad affrontare l’oceano, li difendono dall’assalto dei gabbiani, ma vengono catturate e trasportate, con Lulù, una squinternata aragosta e Jimbo, strambo pesce blob, in un acquario/ristorante di Dubai dove faranno parte di uno show. I neonati Ricky ed Ella le seguono, per liberarle. Nel nuovo ambiente conosceranno tanti animali: su tutti domina Big D, l’ippocampo. Ricky ed Ella intanto, dopo varie peripezie, incontrano la polipetta Annabel e la madre che li aiuteranno nella ricerca dei nonni. Big D impedisce i tentativi di fuga di Sammy e Ray, che hanno attirato l’attenzione degli altri pesci. Saranno i due piccoli e Annabel a liberare i prigionieri con l’aiuto delle seppie, del loro inchiostro e … dei veterinari. Tutti meno Big D e una coppia di innamorati. r. Ben Stassen or. Belgio 2012 distr. Eagle dur. 92’ I l film rappresenta una collettiva ricerca della libertà, inanellando una serie di sequenze di concitate fughe e catture, coinvolgenti e spettacolari, alcune persino inquietanti. E tuttavia l’insieme soffre di una certa ripetitività narrativa. La descrizione delle dinamiche interne della vita nell’acquario interrompe l’azione principale ed è l’occasione per presentare la ricchezza di esemplari della vita sottomarina e delle loro relazioni con gli esseri umani. tà. A poco a poco, però, Ruby acquisisce autonomia, vuole vedere il mondo, conoscere altre persone. Nasce perciò in Calvin il dilemma: essere padrone della vita o concedere la libertà? Il fascino del film risiede nel progressivo scivolamento del racconto da un livello di realtà verosimile alla dimensione sfumata del fantastico. All’inizio della storia i piccoli riti del giovane scrittore ci danno la sicurezza di una vita normale. La materializzazione improvvisa di Ruby, invece, determina una tensione drammatica che ha il suo culmine nelle sequenze finali. Le modifiche che Calvin apporta al romanzo dovrebbero perfezionare il carattere di Ruby, ma sortiscono l’effetto di farne un pupazzo. Calvin però non è l’egocentrico accentratore che per un momento crediamo, è piuttosto dominato dalla sua arte, fino a quando non riesce a trovare la “giusta distanza” per scrivere. È questo il senso della prefazione al romanzo quando si dice: “Lei mi si è presentata da sola, io ho solo avuto la fortuna di poterla descrivere”. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 27. c.m.v. Il messaggio educativo percorre tutto il testo, dall’importanza di non arrendersi di fronte alle difficoltà, anche in un mondo feroce dominato dalla legge della catena alimentare, alla forza della famiglia unita e dell’amicizia, alla difficoltà di scegliere tra i vantaggi di una vita protetta in un carcere sontuoso e i rischi di una natura libera e selvaggia. Tecnicamente eccellente, attento a segnare la differenza tra dentro e fuori con colori opachi e contorni imprecisi nel mare aperto, il film usa tutto il fascino della nuova tecnica per favorire l’avvolgente immersione nel mondo subacqueo, tante volte presente nei prodotti per bambini, un ambiente che può inconsciamente richiamare il liquido amniotico ancora relativamente vicino ai piccoli spettatori. Una fiaba garbata, coloratissima, ricca di buoni sentimenti, su sfondo ecologico: l’acquario, invenzione tremenda dell’uomo, come lo zoo. I cattivi un poco spaventano, ma numerosi sono i buoni in cui identificarsi e sorridere. E pensare. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 36. c.d. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 29 DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 La scelta di Barbara Barbara DAI 16 ANNI Nell’estate del 1980 Barbara, di professione medico, viene trasferita in un piccolo ospedale di un paese di campagna della Germania Est. La giovane donna è stata costretta a lasciare Berlino per punizione dopo avere richiesto un visto d’espatrio. Nella nuova località tutti sono a conoscenza della sua storia, molti la trattano con ostilità ed è tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia segreta. Barbara non dà confidenza a nessuno e diffida anche del collega André, che ha abbandonato i sogni di una carriera migliore rifugiandosi in quel posto isolato. Nel frattempo Jörg, il compagno di Barbara che vive in occidente, sta preparando la fuga della donna. Coperta da André, Barbara cerca di aiutare con tutti i mezzi Stella, una ragazza scappata diverse volte da un campo di rieducazione e incinta. Quando potrebbe finalmente partire di notte a bordo di una barca, Barbara decide di far fuggire Stella. 30 r. Christian Petzold int. Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Jasna Fritzi Bauer or. Germania 2012 dur. 105’ S ono gli sguardi, più delle parole, a esprimere le relazioni, gli stati d’animo, il diffuso, tangibile senso di diffidenza e di oppressione che pervade le vite dei personaggi e, più estesamente, le dinamiche sociali narrate ne La scelta di Barbara. Gli occhi trasmettono una moltitudine di emozioni, con impercettibili e silenziosi movimenti manifestano disagi Il sospetto Jagten In un tranquillo paesino danese, che viene mostrato nella sua apparentemente cordiale solidarietà, Lucas, con un divorzio alle spalle, vuole ricostruire la sua vita chiamando a sé il figlio che la ex-moglie cerca di sottrargli. Fa il maestro in una scuola materna, godendo di grande successo presso i bambini e di grande stima presso gli adulti. Un giorno la piccola Klara, figlia del suo migliore amico, lo accusa presso la direttrice di abusi sessuali. Sulla base del principio che “i bambini non mentono” viene assunta acriticamente l’innocenza della bambina e altrettanto acriticamente è negata quella dell’adulto. Il sospetto di tale colpa infamante contagia tutti, rendendo durissima l’esistenza a Lucas e al figlio, che vengono emarginati, evitati, rifiutati e infine anche aggrediti fisicamente. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Thomas Vinterberg int. Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lass Fogelstrøm, Susse Wold, Anne Louise Hassing,... distr. Bim dur. 106’ or. Danimarca 2012 I n un ambiente antropologico e culturale chiuso al dialogo, più incline a decidere e giudicare che a comunicare e riflettere, sono mostrate le tradizioni del villaggio: i maschi hanno l’abitudine di praticare in gruppo la caccia al cervo, che dopo ogni battuta celebrano con gare di bevute all’osteria e tuffi nelle acque gelide del laghetto. L’allegra cordialità del gruppo si fonda sulla pratica violenta della caccia, interiori e scrutano quel che li circonda, costantemente attenti a cogliere dettagli e a fornire informazioni. Gli occhi di Barbara, quelli di André e degli altri personaggi che vivono in un posto di campagna sorvegliato, come tutta la Germania dell’Est, dalla polizia segreta. E gli occhi di Christian Petzold, regista che, per descrivere con realismo la quotidianità di un paese spiato dal regime, sceglie uno stile essenziale e, come i personaggi, taciturno, lasciando che siano le immagini, molto ricercate e mai narcisiste, a costruire, con lentezza e precisione, un ritratto altamente politico e profondamente fisico proprio perché mantenuto sul filo del suggerito, del non detto. Petzold filma con la stessa tensione visiva sia gli interni frequentati da Barbara e André sia gli esterni che la protagonista percorre in bicicletta o in treno. Fino alla spiaggia notturna dove si consuma - insieme a quella del bacio che Barbara dà ad André - la scena madre del film tra Barbara e Stella, altra figura solitaria e, a differenza della dottoressa, incapace di reprimere il dolore. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.99, p. 21. g.g. aggressione e sopraffazione, confermata anche dalla tradizione di ammettere all’età adulta i ragazzi col premio di armi. Su questo sfondo di aggressività mimetizzata da amicizia viene poi mostrato l’irreparabile diffondersi del contagio, la crescente ondata di paura, odio, rifiuto da parte dei compaesani nei confronti del protagonista, di cui lo spettatore condivide lo stupore, lo sconcerto, lo sdegno e l’impotenza. La bellezza e la forza del film stanno proprio in questo mostrare l’inesorabile dilagare del sospetto, psicosi collettiva, che intacca la compagine del villaggio, insidiandone la compattezza e vanificandone sicurezze e relazioni. Per celebrare la propria innocenza e coesione, la comunità ha bisogno di identificare come esterno e di eliminare quel nemico che avverte dentro di sé. Nella caccia al cervo il capro espiatorio che purificherà il paese dalle colpe di tutti sarà Lucas. La sconcertante sequenza finale, che chiude il film dopo un’ellissi, interpella lo spettatore, chiamandolo a integrare e interpretare.Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p, 6 e 7. m.g.r. DAI 16 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 La sposa promessa Lemale Et Ha’ Chalal DAI 16 ANNI Tel Aviv. Shira, 18 anni, figlia del capo Rabbino della Comunità ebraica ortodossa degli Hassidim, come ogni giovane donna aspira al matrimonio. È pronta ad accettare lo sposo propostole dalla famiglia: un giovane coetaneo, intravisto al supermercato, incontrato una volta nel salottino di casa con il controllo dei famigliari. I preparativi per le nozze vengono interrotti da un grave lutto: Esther, la sorella maggiore, muore per parto lasciando il giovane marito Yochay e il bambino di cui si occupano subito Shira e sua madre. L’uomo viene invitato, secondo le regole della Comunità, a risposarsi per allevare il piccolo orfano. Quando si delinea la possibilità che Yochay scelga una vedova belga, la suocera, disperata all’idea di essere allontanata dal nipotino, propone a Shira di prendere il posto della sorella. Ora la difficile decisione spetta alla ragazza. r. Rama Bursthein int. Hadas Yaron, Yiftach Klein, Irit Sheleg, Chayim Sharir, Razia Israely, Hila Feldman, Renana Raz, Yael Tal, Michael David Weigl,... or. Israele 2012 distr. Lucky Red dur. 90’ O pera prima dell’americana Rama Bursthein, laureata a Gerusalemme, il film è ambiento nella Comunità ebrea ortodossa degli Hassidim, un mondo chiuso, strettamente osservante, con regole rigide, liberamente accettate dagli adepti. Le figure maschili sono preminenti (cappelli neri, barbe lunghe, boccoli), ma anche le donne (le sposate si coprono il capo con lo sheite), depositarie delle tradi- Sta per piovere Said è un ragazzo di circa vent’anni, nato e cresciuto in Italia, in Toscana, ma di origini algerine. Studia ingegneria e, come tanti coetanei, ha un lavoretto part-time come panettiere ed è anche fidanzato. A causa della crisi economica il direttore della fabbrica in cui lavora suo padre, Hamid, si toglie la vita; Hamid, dopo trent’anni trascorsi a lavorare onestamente, perde il posto e tutta la famiglia riceve un decreto di espulsione. Said, in principio, cerca di trovare una soluzione legale al problema, ma si imbatterà nei labirinti della burocrazia e della legislazione per cui, non riuscendo ad avere alcun appoggio da parte delle istituzioni, decide di rivolgersi ai mass-media. Cerca di comunicare tramite radio e stampa come si può sentire un ragazzo che porta nel nome e nel cuore due culture di appartenenza e che, all’improvviso, deve sceglierne una e negare l’altra. r. Haider Rashid int. Lorenzo Baglioni, Mohamed Hanifi, Giulia Rupi, Amir Ati, Michael Alexanian or. Italia/Iraq 2013 distr. Radical Plans dur. 91’ A lla sua quarta opera cinematografica il regista Haider Rachid, con Sta per piovere, parla anche di sé: è infatti un italiano di “seconda generazione” in quanto nato a Firenze da madre italiana e padre iracheno. Said è, quindi, il suo alter-ego in questa storia che intreccia fiction e documentazione della realtà. Le domande che si pone il protagonista, infatti, sono: “Chi sono io adesso?” “A zioni, sono importanti. Si veda la figura della madre di Shira, deus ex machina della situazione. Per non allontanarsi dal nipotino propone alla figlia il matrimonio con il cognato. Non una imposizione esplicita, ma una coazione psicologica che insinua sottilmente il senso del dovere. Divisa tra ragione e sentimento, dubbi, sensi di colpa e desiderio di non cedere a un ricatto affettivo e morale la giovane finirà per accettare il matrimonio. La regista mantiene un notevole equilibrio emozionale e ci rivela che quella che potrebbe sembrare una scelta razionale può trasformarsi in libera scelta affettiva. Segue con sensibilità la nascita dell’amore nell’animo della giovane: sguardi timidi, un sorriso, un gesto di tenerezza, sottolineati da primi piani. Il film - girato quasi tutto in interni, a sottolineare la chiusura della comunità tra riti e tradizioni e il ritratto introspettivo della giovane - ha uno svolgimento lineare, realistico, efficace sul piano espressivo. Citiamo ad esempio in proposito le immagini luminose del matrimonio e il bianco immacolato dell’abito da sposa, simbolo di gioia e di speranza. a.f. chi/a cosa appartengo?” “Dove e quale sarà il mio futuro?” La risposta alla terza domanda per Haider/Said è chiara: vuole che il suo futuro sia in Italia, come il suo Presente e il suo Passato. Non si possono cancellare gli anni e i ricordi, le esperienze (seppure sia ancora giovane) e gli incontri. Ecco perché la macchina da presa segue il protagonista nella sua quotidianità, riprende i suoi gesti che appartengono a tutti (italiani e stranieri), registra la sua esistenza che non può essere trasferita, in poco tempo, da un ambiente a un altro. La relazione tra Stato e cittadino comune si fa sempre più difficile: da una parte i giovani che sono costretti a fare appello ad altri italiani come loro per non essere considerati stranieri e, dall’altra, un Paese che li rifiuta. Ma, per fortuna, quello stesso Paese si regge non solo su decreti e documenti, anche sull’umanità di tante persone che possono unirsi alla battaglia di Said, della sua famiglia e di tutti coloro che si trovano nella loro stessa assurda situazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 21. a.m. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 31 DAI 12 ANNI DAI 6 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 32 Turbo Sebbene sia soltanto una lumaca, Turbo ha la passione delle corse ed è per questo fonte di continue ansie per suo fratello Chet, che lo vede sempre compiere imprudenze in nome del suo desiderio di emulare il campione Guy Gagne, asso di Indianapolis. Una sera, però, durante un giro fuori dal giardino, Turbo finisce accidentalmente nel motore di una potente auto sportiva: le sue cellule subiscono così una mutazione trasformandolo in una lumaca velocissima! Al punto che, quando il gestore di un chiosco ambulante con l’hobby della corsa di lumache si accorge delle sue capacità, decide di fare il colpaccio, iscrivendolo direttamente al campionato di Indianapolis. Superate le formalità di rito, il caso della “lumaca da corsa” inizia a far parlare di sé: al di là della propaganda, però, contano i fatti! Turbo si ritrova così in pista fra autentici bolidi, e opposto al suo mito Guy Gagne: riuscirà a esserne degno? r. David Soren or. Usa 2013 distr. Fox dur. 96’ I paradossi sono abbastanza di casa alla Dreamworks Animation e quindi l’idea di contrapporre il mito della velocità a un animale lentissimo per antonomasia come la lumaca non dovrebbe stupire particolarmente. Come sempre si cerca comunque di portare dalla propria parte lo spettatore, il cui punto di vista scettico e “prudenziale” è incarnato da Chet, il fratello del protagonista, pa- Vita di Pi Life of Pi Piscine Molitor Patel cresce a Pondicherry, città dell’India, nello zoo gestito dal padre. I compagni lo deridono per il nome (che lui sintetizza in Pi). Il ragazzo è attratto dalle religioni. Diventa così cristiano e musulmano, rimanendo anche un fedele induista. Quando l’impresa va in crisi, la famiglia si trasferisce in Canada portando con sé alcuni animali da vendere. La nave su cui viaggiano fa naufragio e Pi è l’unico che si salva su una scialuppa, su cui in breve sale anche Richard Parker, temibile tigre con cui dovrà condividere un lungo e defatigante soggiorno nell’Oceano. Dal timore nei confronti dell’animale Pi si libererà domandolo fino a quando si imbatteranno in una strana isola galleggiante su radici e affollata da suricati. Raggiunta la terraferma Richard Parker entrerà nella foresta senza voltarsi. Tutto questo è raccontato da Pi ormai adulto a uno scrittore in crisi, alla ricerca di una storia. numero 101/102 · settembre-dicembre 2013 r. Ang Lee int. Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard Depardieu, Adil Hussain , Ayush Tandon,... or. Usa 2012 distr. 20th Century Fox Italia dur. 127’ A ng Lee ha saputo sfruttare il 3D per rendere viva la paura, descritta nel capitolo 56 del romanzo da cui il film è tratto. Della paura il testo dice tra l’altro “È lei l’unico vero avversario. Solo la paura può sconfiggere la vita. È un’avversaria intelligente e perfida, io lo so bene. Non ha dignità, non rispetta leggi né regole, non ha pietà…”. Tematicamente è questo il motore narrativo del film dopo una descrizione del- radigma di buon senso e istinto di sopravvivenza in un mondo ostile. Il percorso di formazione di Turbo, stimolato dal suo ottimismo e dalla voglia di scardinare le categorie precostituite, cerca quindi di trovare un nuovo allineamento nei confronti di un universo dove coesistono grandezze diverse (quali possono essere, appunto, quelle fra una lumaca e un’auto da corsa). Il piglio è un po’ quello dei supereroi (con tanto di mutazione annessa), mentre la morale inneggia al superare ogni ostacolo se ci si crede. Di particolare interesse, comunque, è il fatto che questo mondo già presenti in nuce alcuni aspetti peculiari che rendono possibile l’improbabile: si veda la banda di lumache con cui Turbo fa amicizia e che dimostrano un’agilità decisamente fuori dal comune. Conquistata la simpatia dello spettatore, tutto è quindi pronto per un’avventura non fine a se stessa, ma orientata a ridare dignità agli emarginati, come le lumache, ma anche come il gestore del chiosco, in cui si riflettono gli immigrati ispanici che guardano al celebre sogno americano. d.d.g. l’infanzia del protagonista dominata da una particolare forma di sincretismo religioso che il ragazzo coltiva spontaneamente, salvo poi accorgersi (e questo sullo schermo non c’è) che i ‘custodi’ delle varie fedi se ne litigano l’appartenenza. Ciò che però va oltre la spettacolarità e l’appeal del rapporto uomo/animale sul grande schermo è una riflessione sulla narrazione. La vicenda è rivissuta in flashback da un Pi adulto e sposato con prole, il quale la racconta allo stesso Yann Martel (autore del libro). L’escamotage iniziale, con lo scrittore in crisi ideativa che si reca in Canada per farsi narrare da un indiano la sua vita diventa funzionale alla riflessione che viene imposta dal finale. A un Martel privo di creatività viene proposta da Pi una storia inverosimilmente credibile. Alla fine Pi, senza più alcuna immagine in flashback a supporto, racconta un’altra storia (agli assicuratori della nave naufragata). È una vicenda di efferata crudeltà che non può essere ‘vista’ ma che forse corrisponde a ciò che è ‘veramente’ accaduto…Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97 p. 32. g.za. DAI 16 ANNI DAI 10 ANNI A N N U A R I O 2 0 13 Zambezia Vicino a una cascata, nel tronco di un albero di baobab, si trova Zambezia, area protetta dove vivono in armonia e pace uccelli d’ogni piuma. Lontano da lì vive Kai, un falco che il padre Tendai ha isolato dai suoi simili, tormentato dal rimorso per la morte della moglie di cui pensa di essere stato la causa mentre lottava contro il temibile iguana Budzo. Kai, sentendone parlare, decide di raggiunge Zambezia dove cerca di farsi ammettere nel corpo dei Tornado, volatili preposti alla difesa. Vi arriva giusto in tempo per entrare in azione. Perché Budzo, con l’aiuto dei Marabù esclusi da Zambezia -, ha deciso di impossessarsi di tutte le uova della comunità. Ha sequestrato Tendai e ha obbligato gli uccelli tessitori a costruirgli un ponte per raggiungere la sua meta. Kai e Zoe, figlia del capo della città un tempo salvato da Tendai, saranno determinanti per la vittoria che vedrà anche la riammissione a Zambezia dei Marabù. r. Wayne Thornley or. Sudafrica 2012 distr. Moviemax dur. 83’ Q uesta storia non ha nulla da invidiare a quelle delle major statunitensi in particolare per quanto riguarda i temi affrontati. Zambezia ha il suo punto di forza in una scenografia colorata e vivace e in una grande attenzione in campo ornitologico. Le caratteristiche delle diverse specie di volatili presenti nel film corrispondono a quelle reali. Ma è la caratterizzazione dei personaggi che offre una contestualizzazione che non è facile trovare in film d’animazione. In Kai che, come ogni preadole- scente, è desideroso di cimentarsi con il mondo, la trasgressione al divieto non assume il senso della sterile ribellione all’autorità paterna. Anzi, sarà proprio questo suo gesto a fare uscire il padre da una rassegnazione legata a un senso di colpa che non ha più ragione di essere. Il desiderio del giovane falco di entrare a far parte dei Tornado non è dettato da spavalderia ma dalla consapevolezza delle proprie doti che possono servire alla comunità. Una comunità che, grazie alla saggezza dell’anziano Sekhuru fa proprio il concetto secondo cui nessun volatile è un’isola. La prova è data dalla riammissione dei Marabù dopo aver capito l’errore. Accettata la resipiscenza degli zambeziani, i Marabù rientreranno a Zambezia. Alla fine si comprende come questa prima prova del cinema di animazione sudafricano stia parlandoci, sotto metafora, dell’impresa (che sembrava impossibile) e della speranza nella gioventù di un signore che non si chiama Sekhura bensì Nelson. Di cognome Mandela. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98,p.37. g.za. Zero Dark Thirty In una prigione di massima sicurezza l’agente della Cia Dan interroga un esponente di Al Qaeda alla presenza della collega Maya alla prima vera missione. Si cerca di avere informazioni per inquadrare la struttura che fa capo a Osama, soprattutto per prevenire altre azioni terroristiche. Che invece si susseguono: Madrid e Londra, gli attacchi in Arabia Saudita e al Marriott Hotel di Islamabad. La cattura di Osama diventa un’ossessione. Dan torna in America. Maya e la collega Jessica restano in Pakistan e quest’ultima è vittima di un’imboscata. Maya ormai pensa solo a trovare Bin Laden. Quando tutto sembra a un punto morto, spunta il corriere di Osama. Nonostante lo scetticismo dei vertici Cia, Maya riesce a identificare l’abitazione dell’uomo alla periferia di Abbottabad, in Pakistan. Le operazioni sono complesse e non è certo che all’interno ci sia Osama. Dopo più di quattro mesi di monitoraggio satellitare, la notte del 2 maggio i corpi speciali fanno irruzione nel bunker. r. Kathryn Bigelow int. Jessica Chastain, Jason Clarke, Joel Edgerton, Mark Strong, Jennifer Ehle, Reda Kated,... or. Usa 2012 distr. Universal dur. 157’ N on sfuggono i cross-over tra The Hurt Locker e questo nuovo film della regista. Ma con Zero Dark Thirty il focus si sposta definitivamente sugli agenti della Cia, per esplorarne il lato umano e gli aspetti etici che ne guidano le condotte. In questa pellicola prevale l’asciuttezza del racconto. I passaggi che hanno portato a scovare il classico ago nel pagliaio (pakistano) sono raccontati accentuando i difetti del sistema, quindi i fallimenti, le frustrazioni, i disorientamenti seguiti al cambio di inquilino alla Casa Bianca. Anche la cronaca delle torture è raccontata attraverso una regia che si concentra sul senso della stessa, inflitta attraverso pochi quadri comunque scioccanti. Ci troviamo così nella posizione disorientante di condividere le ragioni degli agenti Cia e di soffrire i patimenti dei presunti affiliati ad Al Qaeda. L’inizio shock è ammorbidito dalla crescita del personaggio di Maya: una donna fragile fisicamente, che rischia la pelle ogni qual volta mette un piede fuori da un ufficio. Maya è intuito e intelligenza, caparbietà e ossessione: ingredienti che giustificano una straordinaria capacità di vedere dove altri non possono, sfidando le logiche dell’Intelligence e di un mondo prevalentemente maschile. Maya privilegia la riflessione sui fatti, tentando di far luce nell’oscurità. Pochi spiragli punteggiano il film e ne dettano i ritmi fino al finale meraviglioso, una messa in scena che pare presa diretta di ciò che arrivò a noi sotto forma di una foto scattata con un cellulare. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 16 e 17. a.l. numero 101-102 · settembre-dicembre 2013 33 Speciale 100 Questo Speciale “festeggia” il numero 100 della Rivista nella sua Nuova Serie (dal 1985 al 1995 Il Ragazzo Selvaggio era un trimestrale). Per l’occasione abbiamo pensato di riflettere sul tema Ragazzi Selvaggi Il cinema e l'immagine nell’epoca dei nativi digitali con alcuni saggi che lo attualizzano, una diecina di schede (ripubblicate) che tratteggiano situazioni emblematiche di ragazzi in particolari difficoltà e una breve raccolta di proposte per eventuali rassegne tematiche. Direttore responsabile Bimestrale di cinema, televisione Carlo Tagliabue e linguaggi multimediali nella scuola Anno XXIX, nuova serie, supplemento al n. 101-102 Direttore settembre-dicembre 2013 Mariolina Gamba Rivista del Centro Studi Cinematografici Redazione 00165 Roma, Via Gregorio VII, 6 Massimo Causo, Giovanni Desio, Tel. e fax: 06 6382605 Davide Di Giorgio, Anna Fellegara, www.cscinema.org · [email protected] Elio Girlanda, Flavio Vergerio, Giancarlo Zappoli © Centro Studi Cinematografici In collaborazione con Centro Studi per l’Educazione all’Immagine di Milano ISSN 1126-067X Un numero euro 6,00 Aut. Trib. di Bergamo n. 13 del 30 aprile 1999 Alla rivista si collabora solo su invito della redazione Testi e immagini vanno inviati a: [email protected] Segreteria di redazione Cesare Frioni Progetto grafico e impaginazione jessica benucci · www.gramma.it Stampa e confezione Tipostampa per conto di Joelle srl Città di Castello (PG) Finito di stampare: ottobre 2013 Abbonamento annuale intestato al Centro Studi Cinematografici • euro 35,00 conto corrente postale numero 26862003 Ricordiamo che, grazie alla Direttiva Ministeriale n. 70 del 17 giugno 2002, è operativa l’azione di rimborso per le spese di autoaggiornamento degli insegnanti. Tra le spese rimborsabili sono previste anche quelle relative ad abbonamenti a riviste specializzate.