2013 - Centro Studi Cinematografici

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2013 - Centro Studi Cinematografici
Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXIX - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 101-102 della rivista il Ragazzo Selvaggio
CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA
101-102
SETTEMBRE-DICEMBRE 2013
Supplemento
Tutti i film
per la scuola
SOMMARIO
E D ITO R IALE
01
Carlo Tagliabue
01
Le 5 leggende
After Earth / Alì ha gli occhi
azzurri
Anija - La nave / Argo
Le avventure di Fiocco di Neve / Le avventure
di Zarafa
Bianca come il latte, rossa come il sangue /
La bicicletta verde
Buon anno Sarajevo / Il caso Kerenes
Classici Disney & Co. / La collina dei papaveri
Il comandante e la cicogna / I Croods
Django Unchained / È stato il figlio
In copertina:
Epic - Il mondo segreto /
Monsters
University
L’era glaciale 4 -Continenti alla deriva
di Dan Scanion
Ernest & Celestine / Il figlio dell’altra
Usa 2013.
Flight / Frankenweenie
Un giorno devi andare / La grande bellezza
Il grande e potente Oz / Grandi speranze
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T U T T I I F I L M D E L L’A N N O P E R L A S C U O L A
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25
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29
pagina
31
La sposa
promessa
30
31
32
33
In sequenza
da sinistra a destra
e in basso
pagina
24
Pinocchio
pagina
17
Kiki
Consegne a domicilio
pagina
7
Monsters & Co.
La parte degli angeli / Pinocchio
Qualcosa nell’aria / Ralph Spaccatutto
Reality / Re della terra selvaggia
La regola del silenzio / Ribelle - The Brave
Riedizioni - Vogliamo vivere! / Il rosso e il blu
Ruby Sparks / Sammy 2 - La grande fuga
La scelta di Barbara / Il sospetto
La sposa promessa / Sta per piovere
Turbo / Vita di Pi
Zambezia / Zero Dark Thirty
AUTORI SCHEDE
In Darkness / Infanzia clandestina
L’intervallo / Io e te
17 Iron Man 3 / Kiki - Consegne a domicilio
18 Lincoln / Miele
19 Il ministro - L’esercizio dello Stato / Les Misérables
20 Monsters University / Moonrise Kingdom Una fuga d’amore
21 La nave dolce / Nella casa
22 No - I giorni dell’arcobaleno / Noi siamo infinito
23
Pacific Rim /
ParaNorman
15
16
pagina
(f.b.)
(p.c.)
(p.ca.)
(m.c.)
(l.c.)
(c.d.)
(d.d.g.)
(a.f.)
(m.g.)
(m.gn.)
(g.g.)
(e.g.)
(s.g.)
(m.l.)
Filippo Bascialli
Patrizia Canova
Paolo Castelli
Massimo Causo
Luisa Ceretto
Carla Delmiglio
Davide Di Giorgio
Anna Fellegara
Mariolina Gamba
Marzia Gandolfi
Giuseppe Gariazzo
Elio Girlanda
Silvio Grasselli
Massimo Lechi
9
Django Unchained
pagina
19
Les Misérables
(a.l.)
(m.m.)
(f.m.)
(a.ma.)
Alessandro Leone
Minua Manca
Fabio Mantegazza
Angela
Mastrolonardo
(m.mo.) Michele Moccia
(a.m.)
Alessandra
Montesanto
(g.pe.) Giuseppe Perico
(m.g.r.) Maria Grazia
Roccato
(f.s.)
Francesca Savino
(f.v.)
Flavio Vergerio
(c.m.v.) Cecilia M. Voi
(g.za.) Giancarlo Zappoli
EDITORIALE
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O
ggi i tagli sempre più consistenti ai
contributi ministeriali (e le ristrettezze
finanziarie a essi collegate)
condizionano pesantemente chi lavora in ambito
culturale. Giocano quindi un ruolo di primo
piano anche nella vita del Centro Studi
Cinematografici e in quella della nostra rivista
che pubblichiamo dal 1985.
Nonostante questo, abbiamo voluto mantenere
l’appuntamento con l’Annuario dei Film per la
Scuola (Stagione 2012/2013) che proponiamo da
una decina d’anni. Come l’anno passato lo
mettiamo a disposizione dei lettori (e di tutte le
persone interessate) solo in versione digitale (PDF),
supplemento al numero della Rivista 101/102. È
scaricabile gratuitamente dal Sito del Centro Studi
Cinematografici e lo sarà tra non molto anche da
quello de Il Ragazzo Selvaggio, in corso di
preparazione.
Se ci si sofferma sui titoli e i temi cui fanno
riferimento i film scelti, ci si rende subito conto che il
cinema è ancor oggi uno strumento particolarmente
utile per porre sul tappeto argomenti importanti su
cui riflettere e discutere nella scuola. Grazie anche a
questo sussidio gli insegnanti potranno arricchire le
loro proposte didattiche allargando i confini dei libri
di testo. Nell’ampia rosa di suggerimenti proposta
dai membri della Redazione ognuno potrà scegliere
quelli a lui più utili e congeniali.
Abbiamo mantenuto fede al nostro lavoro anche per
testimoniare una volta ancora il nostro impegno e il
nostro servizio in ambito culturale ed educativo, con
particolare attenzione per i giovani e la loro
formazione.
CARLO TAGLIABUE
DAGLI 8 ANNI
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Le 5 leggende
Rise of the Guardians
Nord (Babbo Natale), Calmoniglio (il
Coniglietto pasquale), Dentolina (la
Fatina dei Denti) e Sandy (Sandman)
sono i Guardiani che proteggono i
bambini e infondono nel mondo
meraviglia, speranza, gioia e sogno. A
contrastarli è però tornato Pitch Black,
l’Uomo Nero, che vuole far trionfare la
Paura cancellando dai cuori dei
bambini la fede nei valori positivi e
nell’esistenza stessa dei Guardiani.
Così, i quattro sono costretti a unire le
forze e, dietro mandato del misterioso
Uomo della Luna, che su tutto vigila,
arruolano un nuovo Guardiano: Jack
Frost, il maestro delle nevi e dell’inverno.
Ma quale ruolo può avere un
personaggio così solitario e dispettoso,
spesso associato al freddo e alle
intemperie, nella squadra dei
Guardiani? La missione si sposa quindi
con la ricerca del “centro” di Jack,
collegato al suo passato, quando
ancora era un essere umano...
r. Peter Ramsey or. Usa 2012 distr.
Universal dur. 97’
S
in dalle prime battute Le 5 leggende si
offre come una riflessione teorica sui
codici espressivi del fantasy, dove i Guardiani rappresentano virtù e “tappe” ben
distinte del fantastico, in rapporto al
tempo e all’età: c’è il Natale, la Pasqua,
il momento del sonno e quello della perdita dei denti da latte, che segna il passaggio dalla prima infanzia alla vigilia
dell’adolescenza. L’interazione fra i
Guardiani diventa così un simbolico percorso di formazione che si definisce nel
confronto con l’Uomo Nero, rappresentante dei timori collegati alla perdita dell’innocenza e al raggiungimento dell’età
adulta.
Pitch Black vuole dunque far “tornare indietro” il mondo ai secoli bui, laddove i Guardiani vigilano perché ogni bambino possa compiere il suo percorso di
vita in maniera lineare.
Il punto di fuga di questa dicotomia è
offerto da Jack Frost, che nel compiere il
suo percorso formativo deve sì sconfiggere Pitch, ma soprattutto deve “tornare indietro” all’infanzia, secondo una dinamica quasi psicanalitica.
Il confronto con i ricordi permette
così a Jack di individuare il proprio
“centro”, che gli garantisce l’ingresso
formale nel gruppo, ma che allo stesso
tempo lo pone quale elemento cerniera con quell’infanzia che i Guardiani
di fatto proteggono, ma dimostrano di
non conoscere del tutto. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 14 e 15.
d.d.g.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
1
DAI 16 ANNI
DAI 14 ANNI
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2
After Earth
Nel 2025 gli umani hanno abbandonato
la Terra colonizzando Nova Prime dove
sopravvivono agli attacchi degli alieni
Skrel grazie agli United Nation Rangers,
specializzati nella difesa dagli Ursa,
creature cieche, create dagli Skrel, che
attaccano percependo la paura.
Il tredicenne Kitai, cadetto dei Rangers,
cerca di emulare il padre, generale Cypher
Raige, maestro di “spettralità”, la capacità
di controllare la paura divenendo
invisibili agli Ursa.
L’astronave su cui viaggiano Kitai e suo
padre è colpita da un asteroide, l’unica
salvezza è atterrare sulla Terra, ormai
letale per l’uomo. Unici sopravvissuti,
Kitai e il padre (gravemente ferito) devono
affrontare anche l’Ursa trasportata
dall’astronave.
Kitai percorrerà cento chilometri per
raggiungere il radiofaro e farsi individuare
dai soccorsi. Non dovrà affrontare solo le
sue paure, ma anche il giudizio del padre
di fronte al quale nutre lo scrupolo di
essere sopravvissuto all’attacco di un Ursa,
fatale per la sorella maggiore.
r. M. Night Shyamalan int. Jaden Smith,
Will Smith, Isabelle Fuhrman, Sophie
Okonedo, Zoë Isabella Kravitz or. Usa
2013 distr. Warner Bros dur. 100’
I
l film elabora nella forma della fantascienza distopica il tema del rapporto tra il personaggio e il mondo in
cui è calato.
Il percorso di Kitai è in bilico tra due
universi (Nova Prime e la Terra) in cui la
paura è la regola da accettare e da annullare per vivere e sopravvivere. L’imprinting al quale aderire è la “spettralità” di
cui è maestro il padre. Ma Kitai aspira a
questo non tanto per emulazione del padre, ma per liberarsi di quell’altra paura
- psicologica, dello spirito -, legata al ri-
Alì ha gli occhi
azzurri
Una settimana nella vita di Nader, 16
anni, egiziano nato a Roma.
Nader vive a Ostia con i genitori e la
sorella più piccola Laura. Il coetaneo
Stefano, italiano, è il suo migliore
amico. Un mattino, prima di andare a
scuola, Nader e Stefano rapinano un
negoziante. I genitori osteggiano la sua
relazione con l’italiana Brigitte. Nader
scappa così di casa e si mette ancor più
nei guai accoltellando un ragazzo
romeno in discoteca; si ribella alla sua
cultura e religione per vivere il proprio
amore, si sente italiano, ma non esita a
rifarsi a quei valori che contesta
quando scopre che la sorella si è
innamorata di un ragazzo italiano.
Per Nader non sarà facile far coesistere
il suo essere arabo e italiano. Tentando
di far luce sulla propria identità, dovrà
sopportare la solitudine, affrontare la
paura e la comunità romena in cerca
di vendetta, scoprire la perdita
dell’amicizia e, forse, dell’amore.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Claudio Giovannesi int. Nader Sarhan,
Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi or.
Italia 2012 distr. Bim dur. 100’
A
lì ha gli occhi azzurri completa la
“trilogia” iniziata con Welcome Bucarest (2007) e proseguita con Fratelli d’Italia (2009). In essa Claudio Giovannesi
descrive l’Italia multiculturale di oggi e
le dinamiche che si esprimono attorno
alla questione dell’identità, delle relazioni nella quotidianità di adolescenti
appartenenti alla seconda generazione
d’immigrati. L’intreccio tra esperienza
documentaria e invenzione è la traccia
cordo della morte della sorella, uccisa
da un Ursa sotto i suoi occhi senza che
lui sapesse/potesse far nulla.
Il doppio scenario di morte e paura
configurato da Shyamalan si offre come
speculare rispetto alla doppia dimensione di confronto e di liberazione di Kitai: se Nova Prime è il luogo in cui il ragazzo proietta le paure spirituali, la Terra è quello in cui è costretto ad affrontare fisicamente la paura, lasciando che
ogni timore si cristallizzi attorno a lui
come vero e proprio mondo aggressivo.
Shyamalan, del resto, gioca l’intero
film proprio sulla duplicazione tra dimensione materiale e spirituale, connaturata dal percorso di crescita di Kitai: se
il film è giocato sul tema del “dopo” (conseguente alla dialettica shyamalaniana
tra determinazione e predeterminazione dei suoi eroi), ciò che segna il cammino di questo ragazzo sulla Terra abbandonata dall’uomo mille anni prima è l’adeguamento a una simbiosi tanto fisica
quanto spirituale con gli elementi della
natura. Fattore che lo differenzia nettamente dal padre. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 12 e 13. m.c.
indelebile di Alì ha gli occhi azzurri. I
personaggi si chiamano come nella loro
vita reale. Quella cui si assiste è dunque
un’auto-rappresentazione che, da una
parte, evidenzia la disponibilità a mettersi in gioco di quegli adolescenti e adulti
e, dall’altra, conferma la sensibilità filmica e la complicità del regista nel descrivere quelle persone/personaggi.
Giovannesi racconta una materia ancora poco esplorata dal cinema italiano.
E lo fa dal punto di vista del sedicenne
Nader. Lo pedina nei suoi spostamenti,
sempre concitati. Portando in primo
piano il luogo dove Nader agisce, Ostia,
il lido di Roma, il territorio più multietnico della capitale. Un luogo che rimanda a Pasolini, evocato fin dal titolo, che
muta leggermente quello di una raccolta di racconti dello scrittore (Alì dagli
occhi azzurri).
Nader ha gli occhi azzurri se mette le
lenti a contatto per non sembrare arabo. Giovannesi tratteggia questa ricerca d’identità e lascia i personaggi in preda ai loro dubbi. Dà indizi e attende
che altre cose accadano. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 25. g.g.
DAI 14 ANNI
DAI 16 ANNI
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Anija - La nave
Marzo 1991: all’orizzonte delle coste
adriatiche meridionali italiane
compaiono navi cariche oltre
l’inverosimile di passeggeri. Sono
albanesi che dai primi anni 90 sono
fuggiti dalla dittatura di Enver Hoxha.
Il regista cuce materiale di repertorio
recuperato sulle due rive del
Mediterraneo con testimonianze di una
decina di protagonisti di quei “viaggi
della speranza”.
La nave dolce si concentrava sullo sbarco
della nave Aurora nei porti pugliesi,
Anija, attraverso foto, video, spezzoni di
telegiornali nazionali e locali, oltre che
tramite la voce dei protagonisti, cerca di
spiegarci le ragioni di una fuga che ha
assunto l’aspetto di un esodo biblico.
Sullo schermo si alternano volti
soprattutto di giovani che senza
esitazione hanno lasciato alle spalle un
paese caratterizzato da assenza di libertà
d’espressione, mancanza di diritti per le
donne, accuse indiscriminate e infondate
di tradimento politico, condanne al
carcere e a morte per tentativi di fuga.
r. Roland Sejko or. Italia 2012 distr.
Cinecittà Luce dur. 80’
I
l film ha molti meriti: primo fra tutti
quello di aver mostrato come la massa indistinta di fuggiaschi che affollava le
“navi della speranza” fosse in realtà formata da persone uniche, con la propria
personalità, una vita alle spalle, ognuna
animata dalla speranza di trovare fortuna in un altro Paese; speranza talmente
forte da indurre a lasciare la propria terra decidendolo in pochi minuti, senza
portare con sé un bagaglio, solo lo strazio di dover abbandonare casa e affetti.
Anija restituisce ai protagonisti di que-
Argo
Teheran, 4 novembre 1979: un gruppo di
studenti assale l’ambasciata Usa
prendendo in ostaggio cinquanta
persone. Sei americani riescono a fuggire
e si rifugiano nell’ambasciata canadese.
Il dipartimento di stato Usa decide di
tentare di esfiltrare i sei e di riportarli in
patria. Tony Mendez, specialista della
CIA in esfiltrazioni, pensa di creare una
copertura facendo passare i sei per una
squadra, in Iran per trovare location per
un film di fantascienza. Il piano è però
rischioso. Si organizza la “fittizia”
produzione di un film in stile Star Wars
chiamato Argo.
Mendez si reca in Iran, accreditandosi
presso le autorità iraniane e
addestrando i sei perché reggano agli
interrogatori che dovranno sostenere
all’aeroporto.
Il giorno prima della partenza la
missione è annullata, ma Mendez
riesce a ottenere che sia riapprovata e i
sette si recano all’aeroporto. I controlli
sono strettissimi, ma gli americani
riescono a imbarcarsi.
r. Ben Affleck int. Ben Affleck, Bryan
Cranston, Alan Arkin, John Goodman,
Victor Garber, Tate Donovan, Clea
Duvall, Scott McNairy, Rory Cochrane,
Christopher Denham or. Usa 2012 distr.
Warner Bros dur. 120’
I
l film è basato sull’operazione Canadian Caper, realizzata nel 1980 e rimasta “classificata” fino a tutto il 1997. Ci riporta all’epoca della rivoluzione iraniana del 1979, quando l’Ayatollah Khomeini rovesciò lo scià trasformando la Persia in una teocrazia islamica che perdura tutt’oggi. Lo scià fuggì negli Usa e gli
studenti assalirono l’ambasciata ameri-
sto esodo una dignità individuale attraverso i loro racconti: emergono le storie
di ciascuno, intrise di dolore, dell’umana e invincibile speranza di sognare un
mondo migliore.
Le voci dei protagonisti, ormai elemento integrante del tessuto sociale italiano, intervistati nelle abitazioni o sul
luogo di lavoro, fanno da controcanto ai
filmati d’epoca, sobri e severi in un bianco e nero che ha la potenza dell’autenticità; tra questi, paradossalmente, anche
riprese della polizia segreta, girate con
ben altri scopi.
Sejko sceglie un approccio classico al
genere documentario, e il film si iscrive
così a pieno titolo nel filone del cinemaverità, quello che ha i suoi maestri in
Dziga Vertov, Esfir Sub, Vladimir Majakovskij, ove la sola cosa importante è il
mostrare, soffermandosi sui visi, sugli
occhi, sui gesti, senza facile pietismo,
ma con l’unico scopo di raccontare con
pudore e sincerità quanto è avvenuto.
Il risultato è un affresco palpitante;
un film asciutto, toccante ma non retorico, che merita di essere visto soprattutto dai giovani. f.m.
cana per protestare perché gli Usa gli
davano asilo.
La tensione è palpabile per tutto il film
che procede quasi fosse un documentario.
Comunque il suo senso non è ancorato al
passato, appare in filigrana un parallelo tra
la realtà del tempo (1980) e i giorni nostri,
quasi a dimostrare che in fondo la Rivoluzione iraniana può essere presa come momento di svolta dell’intera vicenda mediorientale. La ricostruzione storica è fedele. Affleck riesce a rendere al meglio la
veridicità del film fondendo i tre caratteri della pellicola: il dramma storico della
prima parte, la commedia hollywoodiana
della seconda e la tensione palpabile dell’azione della terza.
Il sapiente uso della macchina da presa segue i personaggi da vicino, alternando pregevoli piani ravvicinati e campi lunghi a efficaci piani sequenza. La
recitazione è curata, grazie a un cast di
rilievo; la fotografia asciutta ed essenziale. La colonna sonora - imbevuta di
pezzi rock dell’epoca - e un montaggio
accurato danno al film un ritmo incalzante, quasi ossessivo. Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 30. f.b.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
3
DAI 6 ANNI
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Le avventure
di Fiocco di Neve
Floquet de Neu
DAGLI 8 ANNI
Guinea equatoriale, anni 60: viene
catturato un gorilla bianco. Trasferito nel
1966 allo zoo di Barcellona, diventa un
polo di attrazione. Muore nel 2003.
Collegandosi a questo fatto il film prende
le mosse dal periodo di adattamento
trascorso dal gorilla in casa di Paula,
figlia dodicenne di un primatologo, che lo
chiama Fiocco di Neve. Allo zoo l’animale
non ha vita facile; il colore della pelliccia
lo rende diverso, è emarginato e respinto.
Fa amicizia con la gorillina Ganga e con
Miguel, un panda buddista che si sente
una pantera. Per essere accettato scappa
col panda sperando che la Strega del
Nord possa dargli una pozione scurente.
Mentre Paula, che a sua volta non ha
facili relazioni con i compagni, cerca di
ritrovarlo, Luc de Sac, perseguitato dalla
sfortuna, insegue il gorilla per
impossessarsi del suo cuore, ritenendolo
un amuleto. Fiocco di Neve scoprirà che
“essere speciali non è poi così male”.
L’
eroe, l’orfano protagonista; la spalla,
l’amico panda; Luc de Sac, il nemico
dai propositi sanguinari; una strega buona e bella. E una morale edificante.
Animali in computer grafica e attori
veri coesistono in una coloratissima Barcellona dove si dipana una narrazione lineare, tra gag comiche, trovate divertenti, una giusta dose di avventura e attenzione agli aspetti psicologico/emotivi
delle relazioni umane (e dei rapporti tra
animali antropomorfizzati).
Dinamiche dell’azione, clima, tempi
veloci ma non frenetici, danno al film
Le avventure
di Zarafa
Giraffa Giramondo
Zarafa
All’ombra di un baobab un anziano
saggio racconta ai bambini una storia
avvincente: quella dell’amicizia tra Maki,
un ragazzino di dieci anni e Zarafa, una
giovane giraffa data in regalo dal governo
egiziano al re di Francia Carlo X, con la
speranza che questi aiuti a liberare
Alessandria dalle truppe turche.
Hassan, un beduino, principe del deserto, è
incaricato di portare la giraffa in Francia,
ma non fa i conti con l’ostinazione del
piccolo Maki, sfuggito al Capitano
Moreno, il quale si è ripromesso di non
abbandonarla mai.
Dopo molte peripezie il gruppo raggiunge
Parigi e Zarafa viene esposta in una
gabbia dello zoo. Carlo X accetta il regalo,
tuttavia, con grande disappunto da parte
di Hassan, rifiuta l’aiuto all’Egitto.
Maki viene di nuovo rapito dal Capitano,
ma la sua ostinazione lo aiuterà ancora…
4
r. Andrés G. Schaer or. Spagna 2011
distr. Notorius Pictures dur. 85’
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Rémi Bezançon e Jean-Christophe Lie
or. Francia/Belgio 2012 distr. Good
Films dur. 78’
L’
idea del film risale a più di una decina di anni fa, ma dovrà attendere il 2008 per prendere avvio, grazie alla proposta di una co-regia da parte della produttrice Valérie Schermann che
unisca alla firma di Bezançon quella di
un habitué del mondo dell’animazione, Jean-Christophe Lie.
Nel raccontare l’amicizia tra un bambino e la piccola giraffa, Le avventure di
Zarafa - Giraffa Giramondo intreccia una
pagina poco nota della Storia francese
un ritmo da cartoon: anche nelle traversie incontrate e nelle battute dei personaggi in carne e ossa. Coerente a questa
estetica la concitata, lunga scena finale,
una vera comica nelle movenze, nei pericoli, nella crudeltà e nei tempi, ma
sempre all’insegna della fruibilità da parte degli spettatori.
I due amici affrontano il classico viaggio, reale e metaforico, di avventura e
crescita, per scoprire la propria diversità come ricchezza, conquistare la fiducia dei propri simili grazie al valore dell’amicizia e della solidarietà. E il timido
gorilla dai grandi occhi celesti diventa il
simbolo della diversità. La morale, anche se scontata, annunciata fin dalle
prime sequenze, cattura simpatia ed
emozione.
Il film non brilla per originalità, ma
ritmo, comicità fisica dei comprimari,
tecnica, chiarezza della storia e del messaggio rendono questa favola sulla tolleranza e sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza un prodotto efficace. Con
un valore aggiunto: è un lavoro tutto europeo. Vedi anche in Il Ragazzo Sevaggio
n. 98, p. 35. c.d.
con i percorsi privati di curiosi e bizzarri protagonisti, in un microcosmo stravagante dove convivono pirati guidati
dalla coraggiosa e fiera Bouboulina e curiosi venditori di mucche gemelle del Tibet nel mezzo del deserto.
Realizzato secondo l’animazione tradizionale, con la tecnica del disegno animato, Le avventure di Zarafa - Giraffa
Giramondo coniuga la bellezza formale
con l’intelligenza di un racconto che nel
rivolgersi al pubblico dei più piccoli ha
il merito di affrontare tematiche importanti, senza perdere di vista il piacere
dell’affabulazione.
Nel fatto di gettare un’ombra sulla
Francia colonialista del diciannovesimo
secolo e sulla sua difficile relazione con
l’Altro, senza tralasciare argomenti come
la schiavitù e la solidarietà, appare fin
troppo evidente nel film il chiaro riferimento all’oggi e alla necessità di abbattere le frontiere ideologiche e gli egoismi
nazionali, in nome di una coesistenza
pacifica, che tenga in considerazione e
rispetti le più disparate religioni, culture e filosofie di vita. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio, n. 99, p. 35. l.c.
DAI 12 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Bianca come
il latte, rossa
come il sangue
DAI 14 ANNI
Leo, studente di terza liceo, è affascinato da
una ragazza del quarto anno
dall’incarnato molto pallido e i capelli
rossi. Aiutato dall’amico Niko tenta senza
successo di dichiararsi, finché un giorno la
cosa gli riesce in un cinema in cui è andato
a cercarla. Quando viene a sapere che essa,
sofferente di leucemia, ha i giorni contati,
si offre come donatore di midollo osseo,
che però risulta incompatibile. Su
indicazione del professore cambia regalo:
ogni giorno intrattiene Bea con giochi,
recite e passatempi, le insegna a suonare la
chitarra, rendendole meno gravosa
l’esperienza di andare incontro alla morte.
Insegnanti e genitori, che dal suo
comportamento bizzarro hanno intuito
che Leo è angustiato, in diversi modi gli
porgono quell’aiuto che egli non chiede,
che anzi ostenta di respingere e che finirà
per accettare, grazie al quale riuscirà a
dare una nuova apertura alla propria vita.
r. Giacomo Campiotti int. Filippo
Scicchitano, Aurora Ruffino, Gaia Weiss,
Luca Argentero, Romolo Guerreri,
Gabriele Maggio, Roberto Salussoglia,...
or. Italia 2013 distr. 01 dur. 102’
E
videnziando la simbologia dei colori,
il film introduce il tema dell’amore:
di Leo, che ama Beatrice e la intrattiene,
sollevandone la solitudine; ma anche
amore di Bea, che fa notare al ragazzo
l’amore di Silvia; e poi dell’amico Niko; e
dei genitori, un po’ estranei e sempre negativi perché prudenti, ma in fondo capaci di comprendere e accettare; amore an-
La bicicletta
verde
Wadjda
Wadjda (10 anni), abita a Riyadh.
Frequenta un istituto femminile, è figlia
unica e vive con la madre, insegnante. Il
padre è enigmatico, spesso assente. La
madre si strugge d’amore, consapevole di
rischiare di perdere il marito per
l’impossibilità di dargli un figlio maschio.
Wadjda è vivace e intelligente, in
competizione con Abdullah, coetaneo
vicino di casa che la sfida in impari gare
di velocità con la bicicletta. Lei corre a
piedi. E l’acquisto di una bicicletta verde,
esposta in un negozio, diventa la sua
principale ragione di vita. La bicicletta
costa molto e Wadjda non può contare
sull’aiuto dei genitori, contrari, come
consuetudine in Arabia Saudita, all’idea
che possa usarla. Per procurarsi la somma
la ragazza partecipa a una gara di
recitazione del Corano.Vince, ma la cifra
in palio è devoluta alla causa palestinese.
Quando le speranze sembrano perse, sarà
la mamma ad assicurarle il dono.
r. Haifaa Al Mansour int. Waad
Mohammed, Reem Abdullah,
Abdullrahman Al Gohani, Ahd, Sultan Al
Assaf or. Arabia Saudita/Germania 2012
distr. Academy2 dur. 97’
H
aifaa Al Mansour è la prima donna ad aver girato un lungometraggio di fiction in un Paese dove non esistono sale cinematografiche. Tenace come
Wadjda, suo alter ego, ha atteso cinque
anni prima che il suo sogno si realizzasse.
Wadjda è una ragazza estroversa, combattiva. È furba, capace di empatia: comprende e condivide le sofferenze della
mamma, innamorata del marito, uomo
incapace di autonomia rispetto alla famiglia d’origine, soprattutto suggestionato
dalla nonna che vuole procurargli un’al-
che del professore, che intuisce la crisi e
intende recuperare il rapporto col riottoso alunno, rimorchiandoselo anche nel
tempo libero, per conquistarne la fiducia
con metodi assai originali e alternativi.
Il film indaga l’adolescenza nella sua
temperie affettiva, mostrandone gli entusiasmi, gli slanci, la generosità, l’immediatezza di adesione insieme con le esitazioni, i dubbi, le timidezze, i ripensamenti, la cecità, l’egocentrismo, i rapporti problematici e conflittuali con gli adulti, continuamente provocati.
Il confronto con la morte e l’esperienza del dolore segnano un percorso di formazione attraverso cui Leo matura, aprendosi a una prospettiva nuova. La ragazza,
che anche nel nome richiama la Beatrice
dantesca, non lo conduce al Cielo, ma gli
regala la realtà, il limite, la concretezza, la
terra, aprendogli gli occhi su ciò che gli sta
vicino. Anche gli altri, alla fine della vicenda, dopo il funerale, quando escono
dalla chiesa, sono diversi: più veri e più
maturi, anche gli sbruffoni del quarto anno. E Leo e Silvia intraprendono insieme
un nuovo cammino. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 28. m.g.r.
tra compagna perché abbia un figlio maschio. Osserva anche le assurde condizioni in cui vivono altre donne adulte...
La macchina da presa indossa lo sguardo severo e disincantato di Wadjda, stanca di fingere una condiscendenza ormai
priva di autentica adesione: le norme e i
divieti, tutti improntati alla mortificazione della femminilità e dell’autonomia della donna, le appaiono sempre più come
sterili tentativi di imprigionare il progresso e l’evoluzione dei costumi. La ragazza
sembra attraversare questi percorsi minati con la leggerezza di chi non ha legami ideologici e non è vittima di condizionamenti ipocriti.
È dura essere donna a quelle latitudini, ma è anche stimolante la sfida al cambiamento. Tra le denunce più evidenti della regista annoveriamo quella che giudica le ragazze impure durante le mestruazioni tanto da non poter sfiorare il Corano se le dita non sono protette da un fazzoletto, e l’impossibilità di comparire nell’albo genealogico della famiglia: Wadjda
non esita a manometterlo inserendo il
suo nome. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 26. a.ma.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
5
DAI 14 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Buon anno
Sarajevo
Dejca
DAI 16 ANNI
Rahima (23 anni) vive a Sarajevo con il
fratello Nedim (14). Hanno perso i genitori
durante la guerra e, come orfani, sono
sotto osservazione da parte dei servizi
sociali. La ragazza lavora come aiuto
cuoca in un ristorante alla moda. Il
fratello, diabetico, è vittima del bullismo di
un gruppo di studenti che ruota intorno al
figlio di un ministro. Rahima, di recente
convertitasi all’islamismo osservante, teme
che Nedim possa cadere nella piccola
delinquenza, soprattutto dopo la scoperta
del suo coinvolgimento nel contrabbando
di armi. Il ricordo della madre uccisa da
un cecchino è ancora molto vivo.
La situazione precipita quando Nedim
danneggia l’i-phone del figlio del ministro
e la scuola ingiunge alla sorella di
rifondere il danno. Rahima chiede la cifra
di cui ha bisogno al proprietario del locale
dove lavora ma la richiesta è respinta. La
disperazione la porta a danneggiare l’auto
del ministro in un posteggio…
6
r. Aida Begić int. Marija Pikic, Ismir
Gagula, Nikola Djuricko, Stasa Dukic,
Velibor Topic or. Bosnia-Herzegovina/
Germania/Francia/Turchia 2012 distr.
Kitchen Film dur. 90’
L
a guerra nell’ex Jugoslavia è ormai
un ricordo, di fatto rimosso dalla memoria dell’occidente, ma morde ancora
nella carne di chi l’ha vissuta. Begić ce ne
offre una lettura al femminile grazie a
una macchina da presa che mutua in
parte lo stile di ripresa dai fratelli Dardenne in Rosetta. Rahima è pedinata dalla camera in intensi piani sequenza e seguita mentre spia le mosse del fratello
che, al di là di ciò che appare alla funzio-
Il caso Kerenes
Positia copilului
Cornelia (60 anni) appartiene alla ricca
borghesia di Bucarest. Durante la festa per
il compleanno arriva la comunicazione
che il figlio trentenne Barbu ha ucciso in
un incidente d’auto un bambino. La
donna si precipita al posto di polizia, ove
inizia una pervicace opera di depistaggio
e di occultamento delle prove che
accuserebbero il figlio di omicidio colposo.
Con l’aiuto di avvocati e di amici politici
fa cambiare il verbale di polizia da cui
risulterebbe la velocità eccessiva della
macchina investitrice, corrompe il
testimone con cui Barbu stava
ingaggiando una gara di velocità, fa
cambiare i referti medici. In effetti la
donna nutre un amore morboso per il
figlio, che non ha ancora finito gli studi e
che convive con una donna divorziata.
Barbu si ribella inutilmente all’abbraccio
mortifero della madre e solo dietro le sue
insistenze accetta di incontrare per una
problematica pacificazione il padre
contadino del bambino ucciso.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Calin Peter Netzer int. Luminita
Gheorghiu, Bogdan Dumitrache, Ilinca
Goia or. Romania 2013 distr. Teodora
Film dur. 112’
L
a concatenazione narrativa del film
può indurre una lettura psicologistica e sociologica della vicenda. Eppure
basterebbe a suggerire una dimensione
più complessa il nome di Cornelia della
protagonista, sinonimo di maternità
esemplare. Qui Cornelia diventa figura
modello di madre possessiva e castratrice, volta vanamente al benessere materiale del figlio, cui cerca di imporre le
sue regole di vita. Le conseguenze sulla
mancata costruzione di una personalità
naria dei servizi sociali, rischia un’esistenza border line. Ma border line è la vita di tutti gli abitanti di una città che è
stata martoriata dal conflitto nella sua
intima essenza. Le giornate si susseguono una dopo l’altra in una società che
non solo non ha rimarginato le proprie
ferite, ma che ora è vittima del liberismo
sfrenato che lascia sul terreno morti e
feriti nell’intimo, nella dignità.
Rahima ha cercato in una fede (che
non si esteriorizza se non nel velo che indossa) un appoggio per difendersi e difendere ciò che ha di più caro: Nedim.
In un film che presta grande attenzione ai suoni e ai rumori al punto da fornire loro un simbolismo acustico di rilevante qualità i botti di Capodanno sono
segno di festa ma ricordano tanto, troppo da vicino, ben altre esplosioni. La speranza nell’anno che verrà non può essere sepolta assieme alle scene di morte
che ancora tornano a tormentare chi le
ha vissute ma, sembra dirci Aida Begić,
non può neppure contare sul contesto
socio-economico. Può solo far affidamento sulle singole persone capaci di
non piegarsi. Come Rahima. g.za.
autonoma e serena da parte di Barbu
sono tragiche: eterno adolescente, continua a studiare per un dottorato di ricerca, si fa mantenere dalla madre, è depresso e ipocondriaco, ha il terrore di
diventare padre, quindi una vita sessuale deprivata.
A conferma di tale quadro psicologico
è pertinente il titolo originale del film, Positia copilului, letteralmente “posizione
del feto”, a significare la condizione di Barbu, figlio “mai nato”. Ma il termine può
anche significare nel linguaggio burocratico di polizia la posizione in cui viene ritrovato il corpo di un ucciso. In funzione
del titolo originale Barbu diventa così al
tempo stesso vittima e carnefice.
Tutto è narrato sotto il segno dell’ambiguità. Il film inizia con un dialogo fra
Cornelia e un’amica in cui essa parla del
figlio come se si trattasse di un marito traditore, svelando la sua vera identità poco
alla volta. La compattezza del personaggio si frantuma nella scena finale. Di fronte al dolore del padre dell’ucciso, cui ha
fatto visita con lo scopo di tacitarlo con dei
soldi, Cornelia piange…Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n.100, p. 22. f.v.
DAI 6-8 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Classici Disney & Co.
Gli aristogatti
Una milionaria lascia i suoi averi alla gatta
Duchessa e ai suoi cuccioli. Il maggiordomo
Edgar cerca di disfarsi degli animali per
impadronirsi del denaro, ma il gatto Romeo
soccorre Duchessa e i cuccioli.
Il libro della giungla
Cresciuto nella giugla, il piccolo Mowgli
rischia di diventare cibo per la spietata tigre
Shere Khan e per questo deve essere
riportato tra gli uomini. Ma il ragazzo non
ne vuole sapere, con grande scoramento per
Bagheera, la pantera che l’ha allevato.
Le avventure di Peter Pan
Wendy e i suoi fratelli non condividono
l’educazione severa del padre e aspettano il
momento in cui Peter Pan verrà a
riprenderli: il sogno si avvera e spalanca le
porte a grandi avventure nell’Isola-che-nonc’è, fino all’inevitabile nostalgia di casa.
Monsters & Co. 3D
DAI 12 ANNI
A Mostropoli Sulley e Mike sono i campioni
degli Spaventatori e riforniscono tutta la
città con le urla strappate ai bambini del
nostro mondo. Ma un giorno una bambina
riesce a passare la porta tra i due mondi e i
due campioni devono proteggerla.
GLI ARISTOGATTI tit.or.The AristoCats r.
Wolfgang Reitherman or. Usa 1970 distr.
Disney dur. 78’
IL LIBRO DELLA GIUNGLA tit.or. The Jungle Book
r. Wolfgang Reitherman or. Usa 1967 distr.
Disney dur. 78’
LE AVVENTURE DI PETER PAN tit.or. Peter Pan r.
Clyde Geronimi, Wilfred Jackson, Hamilton
Luske or. Usa 1953 distr. Disney dur. 74’
MONSTERS & CO. 3D tit.or. Monsters, Inc r. Pete
Docter or. Usa 2001 distr. Disney dur. 92’
I
l progetto di riedizione dei capolavori Disney prosegue e assume una compiutezza sempre più netta. La visione collettiva del
pacchetto 2013 rende infatti merito ai fermenti artistici di una factory già moderna
quando ancora era classica. Così, se il Libro
La collina
dei papaveri
Kokuriko-zaka kara
Yokohama 1963. Umi (15 anni) vive con la
nonna, una sorella e un fratellino. La
madre, insegnante, è spesso fuori per
lavoro. La casa, una vecchia clinica, è in
parte adibita a ostello per giovani donne.
La ragazza si occupa delle ospiti e studia.
Si invaghisce di Shun, responsabile del
giornale scolastico “Quartier Latin”.
La redazione ha sede in un edificio attiguo
alla scuola dove i giovani svolgono varie
attività: studio della letteratura e della
filosofia, esperimenti di chimica,
osservazione del sole. La dirigenza
scolastica vorrebbe sequestrare l’edificio,
che nel frattempo è stato ripulito sotto la
spinta delle ragazze di cui Umi è leader
involontaria. L’amore nato tra i due
ragazzi non può esprimersi perché Shun
scopre di essere fratello di Umi, il cui
padre, morto in mare mentre prestava
servizio, aveva consegnato un neonato a
una coppia adottiva.
In realtà le cose non stanno proprio così.
r. Goro Miyazaki or. Giappone 2011
distr. Lucky Red. dur. 91’
D
a una serie manga, dietro l’apparenza di un racconto d’amore il
film (firmato dal figlio di Hayao Miyazaki) innesca temi complessi sullo sfondo
del Giappone post atomico. Umi e Shun
rappresentano la prima generazione dei
nati dopo la bomba. Il film però lascia
in secondo piano le inquietudini per
mettere a fuoco i giovani protagonisti,
decisi a un impegno fattivo. I membri
del collettivo gridano il diritto alla libertà di pensiero e iniziativa. Pochi gli
anziani nel racconto, ma madre e padre
della giungla anticipa molte trovate del successivo Il re leone nella figura di un protagonista che si pone come ago della bilancia
di equilibri abbastanza precari e sempre in
procinto di essere ridefiniti, Gli aristogatti
è già indice di una fase nuova: un’ironia più
pungente, uno stile spigoloso e un’avventura che assume quasi il sapore di una bizzarra screwball comedy in salsa felina, con il
concetto di aristocrazia (chiamato in causa sin dal titolo) che si scontra con i modi
spicci e la forza della “vita di strada” del gatto Romeo. È una rivoluzione gentile quella
proposta da Disney e che forse proprio nel
più classico dei tre titoli, Le avventure di Peter Pan, dimostra come già i semi ci fossero tutti: la storia dell’eterno ragazzo che vive nell’isola-che-non-c’è resta infatti una
palese dichiarazione d’intenti rispetto a una
forza innovatrice che reclama il suo posto
in un mondo dove la fantasia è al potere.
Il regno delle bizzarre creature di Monsters & Co. della Pixar diventa perciò l’ultimo e l’unico approdo possibile per questa
filosofia.
I film sono in distribuzione unicamente in formato digitale (e non in pellicola), per
le sale attrezzate. d.d.g.
“funzionano” come collettori tra passato e futuro.
Umi ha il sogno di ritrovare il padre.
Risponde invece Shun, salvato dal padre della ragazza, germe del futuro, leader che spinge il collettivo al restauro
dell’edificio che ospita gli autonomi perché diventi sede del “fare pensiero”, ma
anche detentore delle qualità maschili
indispensabili per un progetto intelligente di domani, in sintonia con le qualità femminili di Umi. Lui e lei, capaci di
leggere il senso delle cose nascosto dietro un alfabeto simbolico: il mare, il viaggio, le bandiere, un edificio, una fotografia, una poesia, la pittura.
Un’animazione volutamente poco fluida, la linea di contorno netta che ritaglia
le figure umane da scenari spesso acquerellati con colori primaverili riportano a
uno stile in linea con l’ambientazione storica. Eppure l’impressione del vero, inseguita dagli artifici al pixel dell’animazione moderna, si genera e si rigenera supportata dal lavoro del sound designer, ma
soprattutto suscitata dai moti dell’anima
dei protagonisti. Vedi anche in Il Ragazzo
Selvaggio n. 95/96, p. 28. a.l.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
7
DAI 10 ANNI
DAI 14 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
8
Il comandante
e la cicogna
Nella Torino caotica di oggi, Garibaldi,
dall’alto del suo monumento equestre,
commenta la vita che scorre ai suoi piedi,
in netta polemica con la statua
dell’immaginario Cavalier Cazzaniga. Il
loro sguardo si concentra sull’idraulico
Leo, prematuramente vedovo, che prova
a conciliare lavoro e difficoltà con i figli
Maddalena ed Elia. La prima è
circondata da fidanzati balordi, il
secondo, tredicenne introverso, si occupa
di nascosto di una cicogna. Per
procurarle da mangiare, il ragazzo ruba
in un supermercato dove fraternizza con
l’eccentrico Amanzio il quale è anche il
padrone di casa della giovane artista
Diana a cui concede due giorni per
pagare l’affitto arretrato.
Diana passa le giornate a fare “recupero
crediti” presso clienti falliti. Le vite
parallele di Diana e Leo si incrociano
nello studio del losco avvocato
Malaffano, al quale entrambi si
rivolgono per uscire dai guai.
r. Silvio Soldini int. Valerio Mastandrea,
Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston,
Claudia Gerini, Luca Zingaretti or.
Italia/ Svizzera 2012 distr. Warner Bros
dur. 108’
È
difficile leggere in modo non banale le commedie, per la capacità intrinseca del genere di presentare, affiancati, elementi molto diversi e tutti importanti. Il comandante e la cicogna è una
panoramica divertente e amara sulla società italiana contemporanea, sulla corruzione della sua politica e sulla disonestà di fondo della maggioranza dei
I Croods
The Croods
Età della pietra. I Croods trascorrono le
giornate al chiuso della loro caverna,
seguendo le indicazioni
dell’iperprotettivo papà Grug, che non
intende rischiare l’uscita all’esterno se
non per le settimanali battute di caccia.
La situazione non piace a Eep, la figlia
maggiore, che sogna invece l’avventura e
gli spazi aperti. L’accontenta suo
malgrado un cataclisma, che costringe i
Croods a intraprendere un viaggio verso
un luogo più sicuro.
A spronare il gruppo e a fornire le
migliori soluzioni contro i pericoli che
costantemente si presentano è Guy, un
ragazzo molto sveglio, che sopperisce alla
mancanza di forza con l’ingegno. Fra lui
e Eep nasce anche un’attrazione che non
è ben vista da Grug: l’uomo si vede
scalzato dal suo ruolo di capofamiglia e i
suoi dettami di vita vengono messi in
discussione. L’avventura sarà anche per
lui un’occasione per cambiare
atteggiamento.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Kirk De Micco, Chris Sanders or. Usa
2013 distr. Fox dur. 98’
A
lla dicotomia fra la caverna (platonicamente intesa) e il mondo esterno,
il film accompagna una riflessione sulle dinamiche interne a una famiglia. I
Croods sono infatti un gruppo omogeneo e unito da forte affetto, ma anche
agitato da tensioni laceranti, tenute a
bada con forza dal capofamiglia Grug.
suoi abitanti. Il regista sceglie Diana e
Leo come punti di riferimento di un film
corale, dove l’agire di ognuno condiziona le scelte di tutti. I due protagonisti
spiccano per la loro diversità, per la loro onestà. Leo e Diana resistono, ma sono soli. Garibaldi li paragona ai suoi Mille: un manipolo di pochi valorosi, unica
speranza per il futuro del Belpaese.
Avvicinare passato e presente in una
comunione dei santi ironica e quanto
mai laica è l’altra cifra originale del film:
i defunti, illustri e meno illustri, partecipano alle vicende terrene. Ciascuno lo fa
a modo suo e i più sensibili possono perfino dialogare con loro, come Leo fa con
Teresa. Ci sono poi le statue dei personaggi che hanno fatto grande il nostro
Paese: Verdi, Leopardi, Leonardo, Cristoforo Colombo e Garibaldi.
Tra affreschi celebrativi e tubi di lavatrici, Leo e Diana sono trascinati in basso. Ci penseranno i sognatori Elia e
Amanzio a riportare un po’ di pace nelle loro vite, in occasione del viaggio in
Svizzera per portare in salvo Agostina,
la cicogna del titolo. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 27. c.m.v.
Eep è perciò mossa da un sentimento
che la porta contemporaneamente ad
amare e a rinnegare la sua famiglia.
A questo proposito, la conoscenza di
cui viene investita attraverso l’incontro
con Guy, permette a Eep di tracciare una
distanza con la famiglia che è allo stesso tempo anche una vicinanza. Ovvero,
mentre Eep si allontana dai dettami paterni, abbracciando finalmente il proprio desiderio di esplorare il mondo “di
fuori”, altrettanto in fretta emergono
quegli elementi che la contraddistinguono come un’autentica Crood e la rendono “selvaggia” agli occhi del più “evoluto” Guy (come la sua forza o la sua voracità). L’approdo finale è dunque la coabitazione degli opposti, ovvero l’intelligenza di Guy e la forza di Grug, con il
viaggio quale tappa intermedia perché
gli angoli si smussino e l’insieme torni a
essere omogeneo.
Il tutto, naturalmente, avviene attraverso una logica compromissoria, in cui
le posizioni, dapprima molto distanti, si
avvicinano e ognuno impara qualcosa
dall’altro. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 6 e 7. d.d.g.
DAI 16 ANNI
DAI 16 ANNI
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Django
Unchained
Django è uno schiavo nero che sopporta
violenze e angherie nel Sud degli Stati
Uniti d’America. Due anni prima della
Guerra Civile (1861) e cinque anni prima
dell’approvazione del tredicesimo
emendamento della Costituzione
americana, Django viene riscattato dal
Dottor King Schultz, odontoiatra tedesco e
cacciatore di taglie, che lo assolda per
cercare e abbattere pericolosi criminali.
Curioso e dotato, impara da Schultz l’arte
oratoria e la pratica delle armi, braccando
i terribili fratelli Brittle, colpevoli di averlo
separato da Broomhilda, giovane consorte
al servizio di Calvin Candie.
Schiavista psicotico del Mississipi, che
ama i francesismi e fa sbranare i suoi
‘negri’ da cani rabbiosi, Calvin condivide
arroganza e ricchezza con una sorella
zitella e un servitore nero e scaltro. Inviso
al padrone e allo schiavo, Django scalerà
come Sigfrido una montagna impervia
per liberare la sua principessa e
condividere con lei il domani e la libertà.
r. Quentin Tarantino int. Jamie Foxx,
Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio,
Samuel L. Jackson, Kerry Washington, Don
Johnson, Franco Nero or. Usa 2012 distr.
Warner Bros, Sony Pictures dur. 165’
C
on Django Unchained, Quentin Tarantino interviene di nuovo sulla storia degli uomini e su quella del cinema,
confrontandosi con l’abisso morale della
schiavitù e metabolizzando gli stilemi dello spaghetti western, che finiscono per
essere soltanto cornice di un racconto altro e alto. Nutrendosi di ricordi personali, rimandi e titoli il cinema di Tarantino
una volta di più è punto di partenza e di
arrivo di una riflessione in grado di conciliare magnificamente la dimensione colta e quella popolare.
È stato il figlio
È un uomo trasandato, Busu, a
introdurre la storia della famiglia
Ciraulo. Una famiglia di disperati
sottoproletari degli anni Settanta,
composta da Nicola il capofamiglia, il
padre Fonzio (che si arrabattano per
vivere, recuperando pezzi di ferro
vecchio dalle navi in disuso), la moglie
Loredana e la nonna Rosa, due figli: il
diciottenne Tancredi e la bellisssima
adolescente Serenella. Essi vivono in
una periferia degradata del capoluogo
siciliano: un universo di valori a parte.
Un risarcimento economico “per le
vittime di mafia” conseguente alla
morte di Serenella, la piccola di casa
colpita da un proiettile vagante, farà
intravedere ai Ciraulo la possibilità di
arricchirsi, quasi una sorta di riscatto
sociale.
Il sogno viene gestito male, sino alle
estreme conseguenze, sino a quando “il
Mercedes” di famiglia, simbolo del
benessere, diverrà causa di morte e di
una tragedia devastante.
r. Daniele Ciprì int. Toni Servillo, Alfredo
Castro, Gisella Volodi, Fabrizio Falco,
Aurora Quattrocchi or. Italia/Francia
2012 distr. Fandango dur. 90’
U
na favola nera. Tratto dal romanzo
di Roberto Alajmo, ispirato a un fatto realmente accaduto, il film di Daniele Ciprì racconta una brutta storia di mafia, povertà, espedienti, ambientata nel
quartiere Zen di Palermo considerato
ancora oggi uno dei più degradati e pericolosi della penisola. Una tragedia familiare inevitabile, dettata dalla violenza quotidiana di chi vorrebbe proporsi
Dei film citati, l’autore americano
espianta titolo e scheletro narrativo, per
poi dargli nuova sostanza, quella di un
poema cavalleresco che anticipa il disegno politico del Lincoln di Spielberg ed
è cavalcato da un principe nero prossimo al Sigfrido del mito nibelungico. Non
solo perché Django affronta e sconfigge il drago idiota del razzismo e ‘risveglia’ la sua Brunhilde, che l’ignoranza
dei negrieri ha mutuato e storpiato in
Broomhilda, ma soprattutto perché il
protagonista alla maniera del principe
wagneriano compie un percorso gnoseologico e iniziatico alla scoperta della verità e dell’identità.
Django Unchained è un grande poema
della Conoscenza che coinvolge il suo giovane eroe in una progressiva conquista e
riaffermazione dell’essere attraverso il Sapere. Sapere di cui è portatore il dentista
di Christoph Waltz, che gli insegna parole, miti, paradossi e orrori, che lo introduce in società, che gli attribuisce identità e
nome (Freeman), che diventa ‘bene’ necessario all’emancipazione dalla schiavitù. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98,
p. 12 e 13. m.gn.
come modello positivo ma finisce per
rappresentare un esempio negativo.
E una famiglia qualunque diventa
l’Italia intera, in una periferia con le tristi facciate grigie dei casermoni popolari verso i quali si avviano i protagonisti.
Sono luoghi terribili, esterni e interni fatiscenti, dove anche il mare appare appiattito, privo di orizzonte: un azzeccato scenario in cui un triste microcosmo
sintetizza la società della crisi, vittima
del capitalismo e del bisogno di apparire, dove i personaggi compiono scelte
agghiaccianti.
Attori professionisti e facce sconosciute, maschere irreali da teatro siciliano dell’assurdo irrompono con la forza
del grottesco nel dramma, specchio della contemporaneità.
Impossibile non rilevare un forte legame con il teatro e con la tragicommedia di Edoardo De Filippo. Davanti a noi
scorrono corpi e volti deformi, il sozzo e
il laido, la bruttezza al massimo dell’orrore possibile, con richiami alla tradizione
del barocco, al (dis)gusto dell’eccesso e
della mostrificazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 8 e 9. m.m.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
9
DAGLI 8 ANNI
DAGLI 8 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Epic
Il mondo segreto
Epic
Mary Katherine, dopo la morte della
madre, va a vivere con il padre in una
vasta casa di campagna. La ragazza, che
ora si fa chiamare MK, è diffidente verso il
genitore, uno scienziato alla ricerca delle
prove dell’esistenza di minuscoli esseri
deputati al mantenimento della vita della
natura. Le sue indagini sono sempre state
fallimentari.
Per inseguire il cane, la ragazza si
addentra nel bosco e si ritrova tra i
Leafmen, il popolo di esseri-foglia oggetto
delle ricerche paterne. La regina Tara, in
fin di vita, affida ad MK il bocciolo di
ninfea che racchiude l’energia vitale.
Dovrà schiudersi quella stessa notte alla
luce della luna piena. I soldati della
regina, guidati dal duro Ronin e dalla
recluta Nod, si mettono al servizio
dell’impresa, cercando di sconfiggere i
Bogani, gli acerrimi nemici che vogliono
conquistare il potere attraverso la morte
della foresta.
U
na ragazza scontrosa, Mary Katherine, in lutto per l’assenza dei genitori - la madre defunta e il padre troppo
assorbito dagli studi - è suo malgrado
custode della nuova vita che nascerà.
Assistendo alla distruzione e al rifiorire
dell’universo vegetale, vedrà più chiaro
nel suo stesso mondo e negli anni trascorsi, ritrovando il legame con suo padre e il sorriso perduto. Lo schema è
quello disneiano della fiaba classica: eroi
L’era glaciale 4
Continenti alla deriva
Ice Age 4: Continental
Drift
Nel tentativo di nascondere la sua
ghianda, lo scoiattolo Scrat causa la
deriva dei continenti. Manny è intanto alle
prese con la figlia Pesca, adolescente e
ormai impegnata soprattutto a far colpo
sul bel mammut Ethan.
Ellie, insieme agli inseparabili amici Sid e
Diego, cerca di rasserenare gli animi: Sid,
peraltro, viene raggiunto anche dai
parenti, che gli affidano la nonna. Ma
l’improvviso cataclisma separa Manny,
Diego e Sid (con la nonna) dagli altri:
trasportati lontano dalla corrente, i tre
cercano di tornare indietro, mentre Ellie e
Pesca fuggono verso luoghi più sicuri, in
attesa di ricongiungersi agli amici.
Per Manny l’impresa è però complicata
dall’incontro con una ciurma di pirati,
guidati dal feroce babbuino Capitan
Sbudella, che tende ad assoggettare
chiunque incontri per farne un membro
del suo equipaggio.
10
r. Chris Wedge or. Usa 2013 distr. 20th
Century Fox Italia dur. 104’
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Steve Martino e Mike Thurmeier or.
Usa 2012 distr. Fox dur. 88’
L
a deriva dei continenti del titolo permette al personaggio di Manny, ormai calato nel ruolo di marito e padre
apprensivo, di riflettere sulle dinamiche che lo legano ai familiari e agli amici Sid e Diego.
Mentre il bradipo se la vede con la
nonna, Diego è pure alle prese con la
e antieroi, accompagnati dai buffi aiutanti, le spiritose lumache e il cane zoppo si sfidano senza esclusione di colpi;
ma si arricchisce anche di spunti culturali di diversa origine.
È interessante notare la ricerca iconografica fatta sulle armature dei Leafmen, le cui venature decorative ricordano elmi e scudi dell’esercito greco antico. Stando al titolo, la lotta tra Leafmen e Bogani assume toni epici, come
i duelli narrati nell’Iliade. Allo stesso
modo, in una sorta di democrazia ateniese, la successione al trono di regina
non avviene per diritto di sangue, ma di
disponibilità a occuparsi del bene comune. È ellenico anche lo spirito con
cui viene messo in scena il tema della
memoria, racchiusa nel cavo di un
grande albero, sotto forma di rotoli di
pergamena.
Piacevole e comprensibile anche dai
più giovani spettatori, Epic, nel genere
dell’animazione, vede finalmente gli
uomini alleati della natura e non più
solo come devastatori pentiti. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p.
28. c.m.v.
tigre Shira, in un rapporto tutto da costruire e che si articola sul far comprendere a chi ha fatto una scelta di vita errata che si può rimediare.
D’altra parte, a opporsi agli eroi c’è
un’altra famiglia, quella assolutamente
disfunzionale raffigurata dalla ciurma
di Capitan Sbudella, dove i legami non
sono di sangue, ma vige comunque la logica del branco e della comunità allargata, non c’è reale unione.
A un altro livello c’è infine la storia di
Pesca, simbolo di un’adolescenza che al pari di quanto avviene fra i pirati - è
attratta dalle lusinghe dell’apparenza e
cerca la compagnia del vanesio Ethan,
che la spinge a ripudiare l’amico Louis
o gli “zii” opossum. Si crea in questo
modo una mappa di sentimenti e filiazioni dove a vincere non è la classica famiglia nucleare, ma una nuova idea di
nucleo allargato, che è solido quanto
più riesce ad accettare l’unicità e la particolarità di ogni singolo membro. Una
“nuova famiglia”, che è così in grado di
far fronte a ogni catastrofe o avversità.
Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.
95/96, p. 32. d.d.g.
DAI 12 ANNI
DAGLI 8 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Ernest &
Celestine
Celestine è una topolina con la passione
per il disegno: non vuole diventare
dentista.Vive in un convitto di una città
sotterranea. In superficie abitano gli orsi,
antagonisti dei topi.
L’orso Ernest vive nel bosco. Musicista in
disgrazia, racimola qualche spicciolo
suonando in strada. Anche se ai topini si
insegna che gli orsi sono pericolosi, in una
delle scorribande in superficie per
procurare denti d’orso da limare e
utilizzare per i topi rimasti senza incisivi,
Celestine incontra l’affamato Ernest.
Convinta che gli orsi non siano malvagi,
ne conquista l’amicizia procurandogli del
cibo in cambio di un furto di denti.
Il rapporto tra Celestine ed Ernest è mal
visto tanto nella comunità dei topi quanto
in quella degli orsi. Celestine è accusata di
portare un pericoloso nemico in casa,
Ernest è processato per furto.
Ciò che i due vogliono è solo vivere
insieme, prendendosi cura l’uno dell’altra,
sfidando i preconcetti.
r. Benjamin Renner, Vincent Patar,
Stéphane Aubier or. Francia 2012 distr.
Sacher dur. 79’
I
registi, fedeli alla tradizione dell’animazione europea, non esagerano con
le iperboli e restituiscono l’incanto e l’ironia del mondo doppio partorito dalla
mente della scrittrice/illustratrice che ha
ideato la storia. In superficie si richiamano i piccoli centri francesi degli anni 50,
in profondità troviamo voragini e macchine con ruote dentate e leve. Gli scenari acquerellati da Renner trattengono lo stile
della Vincent; tutto è leggero, le macchie
di colore sembrano prendere corpo dal
Il figlio dell’altra
Le Fils de l’Autre
A Tel Aviv Orith (che lavora in ospedale) e
Alon (ufficiale dell’esercito israeliano)
hanno due figli. Da esami medici del
primo figlio fatti per il servizio di leva si
scopre che Joseph appena nato è stato
scambiato per errore con Yacine,
palestinese che vive nei territori occupati
della Cisgiordania. La rivelazione
sconvolge le due famiglie, poi genitori e
figli provano a incontrarsi e, tra imbarazzi
e tentativi di accorciare le distanze
culturali, trovano occasioni di dialogo.
Yacine, di religione mussulmana, tornato
da Parigi dopo la laurea, ha difficoltà a
essere accettato soprattutto da parte del
fratello e del padre; Joseph, ebreo
osservante col sogno di diventare
musicista, oltre che con il proprio disagio,
deve convivere con le contraddizioni della
comunità. Comunque le due famiglie
approfondiscono gradualmente la loro
conoscenza. Spostandosi tra Tel Aviv e la
Cisgiordania, fisicamente e umanamente
sono obbligate a incontrare l’altro.
r. Lorraine Lévy int. Emmanuelle Devos,
Pascal Elbé, Jules Sitruk, Mehdi Dehbi,
Areen Omari, Khalifa Natour, Mahmud
Shalaby, Diana Zriek, Marie
Wisselmann,... or. Francia 2012 distr.
Teodora Film dur. 105’
L
a vicenda de Il figlio dell’altra si costruisce attorno a un evento/provocazione: in una situazione di conflitto
tra due popoli, per lo scambio di due
neonati in culla, due famiglie sono costrette a mettere in discussione la loro
identità.
Man a mano che il film procede, ci si
pone la domanda su quanto conti l’appartenenza genetica a un popolo e quanto invece l’educazione che uno riceve.
nulla e dar corpo ai personaggi lievemente chiaroscurati, definiti da una linea di
contorno che a volte si sfalda, senza il timore di perdere incisività. Il mondo di
sopra e quello di sotto sono in dialettica
tra loro, ma la contiguità è suggerita proprio dal disegno e, ovviamente, dagli sforzi della coppia di protagonisti per accostare gli elementi in comune laddove si
marcano solo differenze.
L’incipit funziona proprio come innesco tematico: i topi devono aver paura degli orsi. Invece Celestine disegna
un orso amico, presagendo il suo destino e immaginando di concretizzare il
desiderio di convivenza pacifica che pare impossibile.
Dopo l’incontro tra Celestine ed Ernest le differenze si trasformano in ricchezza e quel che emerge è la naturale
propensione al reciproco prendersi cura.
Vivere così fa meno paura e può pure
convincere due tribunali di quanto i preconcetti abbiano indotto i giudici all’errore, perché prima che con l’aspetto o i
ruoli sociali gli individui fanno la differenza con il proprio agire. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 33. a.l.
La narrazione rimane in equilibrio tra
realtà e simbolismo senza cadute di stile. Riesce a mantenere viva la tensione e
a rendere intrigante la reazione che i differenti personaggi hanno davanti a una
situazione così paradossale.
La regista ha detto che il suo intento era
principalmente quello di parlare dell’uomo, di cosa significhi essere figlio, padre o
madre. Questo sentimento istintivo, forse
uno dei più potenti e indiscutibili per l’uomo, mette in secondo piano tutti gli altri.
Altri aspetti interessanti del film sono,
come accennato, i diversi modi di reagire dei personaggi di fronte a una notizia
così sconvolgente. Le prime a sapere cosa è successo sono le due madri. Molto
turbate, riescono però quasi subito a trovare risorse per andare avanti. I padri
fanno molta più fatica. Non vogliono accettare, sono preoccupati di cosa pensa
la comunità. I due ragazzi che fanno la
spola tra Tel Aviv e la Cisgiordania appartengono a una generazione che abita
spazi più ampi, che viaggia, e questo è sicuramente un’arma in più per sentirsi
fratelli e andare oltre. Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 26. g. pe.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
11
DAI 10 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
12
Flight
Whip Whitaker è un pilota di aerei. Sale
sul volo Orlando-Atlanta dopo una
notte trascorsa tra alcol, droga e sesso. È
costretto a un atterraggio di emergenza
per un guasto. Grazie alla sua abilità e a
un’incredibile manovra (fa planare
l’aereo capovolto per alcuni secondi)
salva la maggior parte dei passeggeri.
In ospedale le analisi rivelano la
presenza nel suo sangue di alcol e droga,
cosa che, per la National Transportation
Safety Board (che indaga sull’accaduto)
lo rende responsabile dell’incidente in
cui hanno perso la vita sei persone. Nello
stesso ambiente Whip conosce Nicole,
giovane tossicodipendente, ma il loro
rapporto finirà presto, con la partenza
improvvisa di lei per la dipendenza
dall’alcol di lui. Dipendenza che alla
fine egli stesso confesserà alla
commissione della NTSB, ammettendo
di aver bevuto anche la notte prima
della partenza dell’aereo e sullo stesso
volo, motivo per il quale, nonostante il
reale guasto che ha causato l’incidente,
sarà condannato al carcere.
r. Robert Zemeckis int. Denzel
Washington, Don Cheadle, Kelly Reilly,
John Goodman, Bruce Greenwood,
Melissa Leo, Brian Geraghty,... or. Usa
2012 distr. Universal dur. 139’
C
on Flight Robert Zemeckis ci regala
l’immagine di un’affascinante conversazione mai interrotta tra il cinema del
passato e quello del presente, (proprio come in questo film le immagini del vecchio filmato che ritrae Whip ragazzo e suo
padre che giocano a football).
Il film inizia con una bellissima e lunga sequenza fatta di primi piani, di volti e
di corpi nudi e cupi, dolcemente inquieti, affaticati dall’alcol e dalla droga, che si
Frankenweenie
Victor Frankenstein è molto legato al
suo cagnolino Sparky, che però muore
dopo essere stato investito da un’auto.
Quando poi il Prof. Rzykruski, suo
insegnante di scienze, gli mostra come
gli organi delle rane defunte
rispondano agli stimoli offerti
dall’elettricità, Victor decide di usare lo
stesso principio per resuscitare il suo
cane. Così, recuperato il corpo
dell’animale, il ragazzo riesce nel suo
scopo sfruttando l’energia di un
fulmine.
Ma i compagni di scuola si accorgono
della cosa e ricattano Victor affinché
condivida con loro le sue scoperte
scientifiche: gli esperimenti però non
vanno come dovrebbero andare e così
gli animali resuscitati di volta in volta,
si trasformano in orribili mostri che
assalgono il paese.
Victor deve pertanto dividersi fra la
salvezza della comunità e la protezione
di Sparky, che i compaesani vedono
come un mostro.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Tim Burton or. Usa 2011 distr. Walt
Disney Pictures dur. 87’
I
n origine Frankenweenie era un cortometraggio dello stesso Tim Burton,
che ora rivitalizza e “resuscita” un immaginario a lui congeniale. Il finale, con
Sparky che rischia di morire nel mulino
in fiamme, è non a caso lo stesso del
Frankenstein diretto nel 1931 da James
Whale, ma Burton lo rovescia di senso,
quando i cittadini aiutano Victor a far ri-
guardano, si toccano e si parlano, nel loro essere così vicini così lontani. E poi lo
sguardo scende da un cielo oscuro e piovoso alla pista di un aeroporto, sulle note
di Feelin’ Alright di Dave Mason, per ritrovare il comandante Whip Whitaker che,
quasi per destino, inciampa sul primo gradino della scaletta di accesso all’aereo, del
quale poi perderà il controllo, mentre, poco distante, sotto un altro cielo, tagliato
dall’immagine, capovolta, di un aereo che
sta per schiantarsi al suolo, il destino di un
altro corpo, quello di Nicole, e il loro incrociarsi, incontrarsi, amarsi e perdersi.
E Zemeckis segue e insegue Whip e Nicole, le loro vite e i loro ricordi, tra filmati, fotografie e racconti, richiamando continuamente il fuori campo delle loro vite
nelle immagini.
Flight è un film in cui tutto sembra
stemperarsi nella meravigliosa luminosità di sguardi che si incontrano, o nella
semplicità e trasparenza di un saluto ripetuto a ogni incontro… Accompagna i suoi
personaggi fino alla confessione finale di
Whip sul suo alcolismo, e all’abbraccio
tra un padre e un figlio. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 30. m.mo.
sorgere il cane un’ultima volta. È il sogno
cinefilo che diventa realtà: riscrivere il finale di un’opera amata per salvare il
mostro e farlo accettare dalla comunità.
Frankenweenie “premia” così il personaggio meno integrato del paese, esaltando l’analisi delle dinamiche di gruppo, dove l’irrazionalità tende spesso a
creare sacche di risentimento e isolamento, in barba a ogni comprensione.
Inoltre, la storia si concentra sul rapporto paterno che si viene a creare tra lo
stesso Victor e il Prof. Rzykruski, l’unico
che propugna un atteggiamento razionale e comprensivo all’interno di una
comunità per il resto mossa unicamente dagli istinti più viscerali.
Il film diventa quindi un autentico
scontro tra diverse visioni della realtà, e
si rispecchia nell’estetica stessa del racconto, che Burton “sbatte” letteralmente in faccia allo spettatore, incurante di
possibili target e di toni troppo cupi. In
questo senso il film è una lezione morale con cui l’autore si riappropria della
sua fiera diversità rispetto al gusto corrente. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio
n. 98, p. 8 e 9. d.d.g.
DAI 16 ANNI
DAI 14 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Un giorno
devi andare
Augusta (Jasmine Trinca) è una donna
che ha deciso di voltare pagina.
Abbandonata dal marito dopo una
gravidanza fallita, intraprende un lungo
viaggio in Brasile, per dimenticare.
Inizialmente lega il suo cammino a una
suora italiana, evangelizzatrice fuori dal
tempo nell’Amazzonia stretta tra il
tribalismo e la modernizzazione forzata.
Le loro strade, però, sono destinate a
dividersi: Augusta avverte la necessità di
“essere terra”, si scopre insensibile al
pensiero di Dio e decide di abbandonare
la foresta e trasferirsi a Manaus.
Nelle favelas sembra riscoprire la
concretezza dei sentimenti e del vivere in
comunità. Tra gli umili e i semplici la
pace è forse possibile.
Intanto, sotto la neve di un gelido
inverno in Trentino, sua madre (Anne
Alvaro) conduce una mesta esistenza da
vedova. Costretta a fare i conti con la
solitudine, attende il ritorno della figlia
lontana, all’altro capo del mondo.
r. Giorgio Diritti int. Jasmine Trinca,
Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia
Gessner, Federica Fracassi, Amanda
Fonseca Galvao, Paulo De Souza or.
Italia/Francia 2013 distr. Bim dur. 110’
C
on Un giorno devi andare, terzo lungometraggio in otto anni, Giorgio
Diritti prosegue con coerenza il suo discorso registico incentrato sul rapporto
tra individuo e comunità, i percorsi di
crescita in contesti difficili e la rappresentazione di una natura immobile che,
da teatro muto dell’azione, si fa via via
specchio opacizzato dei conflitti interiori dell’uomo.
La grande
bellezza
Jep Gambardella è un giornalista
sessantacinquenne che ha esordito decadi
prima con un romanzo folgorante,
L’apparato umano, rimasto però anche
l’unico libro da lui pubblicato.Vive in un
appartamento signorile con vista sul
Colosseo. Conosciuto in tutta la Roma
bene, Jep è un animale notturno,
frequentatore di feste a base di musica
volgare, vino a fiumi e cocaina.
Nonostante non nutra alcuna stima per
la gran parte delle persone che
frequenta, Jep sembra trovarsi sempre a
suo agio. Trasferitosi a Roma in giovane
età con l’intento di partecipare alla dolce
vita della capitale, adesso vaga alla
costante ricerca di nuovi punti di
osservazione, nel tentativo di cogliere il
bello prima di tirare definitivamente le
somme di quella che rischia di diventare
una deriva verso il nulla. Prima
Ramona, una spogliarellista non più
giovane, poi una centenaria missionaria,
lo spingono a rimettersi in gioco.
r. Paolo Sorrentino int. Toni Servillo, Carlo
Verdone, Sabrina Ferilli, Giorgio Pasotti
or. Italia 2013 distr. Medusa. dur. 142’
C’
è un vuoto che non racconta alcun mistero nel film di Sorrentino.
È quello della dolceamara vita della Roma contemporanea. Uomini e donne
modellati sulle neomitologie televisive,
ovvero creature disegnate su nuove categorie valoriali: quantità senza qualità,
cavie vampirizzate da un sistema gerarchico di finti divi, che vivono di specchi
deformanti, lifting e botulino.
La struttura del racconto è bipartita:
da una parte il percorso conoscitivo di
Augusta, con la penetrazione nel cuore
di un universo umano e naturale straniante; dall’altra la veglia della madre,
bloccata in un paesaggio nevoso fatto di
ricordi e cieli grigi.
Spostando la lente dai microcosmi
dei primi film al macrocosmo brasiliano,
il cinema di Diritti sembra qui rinunciare volontariamente a compattezza e tensione, disperdendosi tra gli alberi e i corsi d’acqua insieme alla protagonista. Il
racconto si slabbra, il ritmo si dilata, la
narrazione procede ondivaga, oscillando tra la foresta e la montagna (fotografate magnificamente da Roberto Cimatti), con i primi piani assorti delle due attrici principali a fare da bussole.
Alcuni brevi momenti di luce si insinuano nel racconto, confermando la levità di cui è capace lo sguardo del regista bolognese: il ballo notturno, la corsa
attraverso la baraccopoli, l’umanità imbarazzata delle suore, e naturalmente il
finale nella spiaggia, probabile preludio
a un nuovo inizio. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 23. m.l.
È qui la Grande Bruttezza: nei volti
mostruosi degli invitati all’ennesima festa in terrazza, in fila a trotterellare strafatti nel più grottesco trenino degli orrori lanciato dalla più modesta, anzi volgare, musica techno “composta” per il ventre del popolo. Jep ha sessantacinque anni. Vive scrivendo di superfici piane, dice
di aver voluto frequentare le feste per sfasciarle, ma la lingua affilata non taglia a
sufficienza, forse appena graffia.
Roma, svuotata dal traffico, simbolo
del transito fugace e aleatorio, è ridisegnata da Sorrentino, che per applicare il
teorema della sua macchina cinematografica cancella qualsiasi presenza umana dall’Urbe che non sia portatrice di
anomalie e orrori. Ragione pratica di racconto a tesi, per cui la città si fa teatro
grottesco: territorio dove stanziano ectoplasmi atterriti dalla mediocrità della
norma, costretti a occupare gli spazi della Storia dell’arte con corpi che non lasceranno traccia, se non nella misura in
cui molestano con riti orgiastici il silenzio divino ai margini del Colosseo. Dov’è la Grande Bellezza? Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 8 e 9. a.l.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
13
DAI 10 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Il grande
e potente Oz
Oz: The Great and
Powerful
DAI 12 ANNI
Oscar Diggs, nome d’arte Oz, è un mago
da fiera e un seduttore. Illusionista in un
circo, seduce la donna di un sollevatore di
pesi. Per sfuggire alla sua ira, ripara su
una mongolfiera prendendo il volo.
Soffiato via da un tornado e precipitato
nel mondo di Oz, è soccorso da Theodora,
una graziosa strega succube di una sorella
malvagia, che lo conduce al cospetto di
Evanora, la Cattiva Strega dell’Est dal
sembiante mirabile. Usurpatrice del trono
del Mago, Evanora gli promette fama e
fortuna in cambio dell’uccisione di
Glinda, Strega Buona del Sud.
Creduto dal popolo di quella terra il
Grande Mago che aspetta, Oscar è
‘costretto’ a sconfiggere la strega cattiva.
Allettato dalla promessa e dal fascino di
Evanora, Oscar si mette in viaggio…
Guarirà dagli egoismi, si innamorerà di
una strega bionda e diverrà una leggenda,
capendo chi siano i buoni e i cattivi.
14
r. Sam Raimi int. James Franco, Mila
Kunis, Rachel Weisz, Michelle Williams,
Zach Braff or. Usa 2013 distr. Walt
Disney Pictures dur. 127’
B
lockbuster hollywoodiano realizzato
con sguardo autoriale, Il grande e potente Oz racconta le origini di Oscar Diggs,
illusionista col vizio dell’imbroglio e delle belle donne. Quando arriva sulla terra
di Oz, il film sprofonda le radici nei libri
di Baum, ‘cuciti’ a formare un oggetto
nuovo. Precipitato come il suo protagonista nel mondo Disney, Raimi riflette sulla storia di un classico e sulla storia del cinema. Alla maniera di Scorsese e di Hu-
Grandi speranze
Great Expectations
L’orfano Pip vive con la sorella cattiva,
manesca e il marito di lei, il buon fabbro
Joe. Un giorno, nei pressi di una palude,
Pip incontra un malfattore evaso dal
carcere, Magwitch, che gli chiede del cibo
e una lima per segare le catene. Il
bambino terrorizzato esaudisce le sue
richieste anche se teme l’ira della sorella.
In seguito il ragazzo entra sotto la
protezione di una nobile, Miss Havisham,
madre adottiva della bellissima e
scostante Estella, di cui si innamora.
Dopo alcuni anni riceve un’enorme
eredità da un anonimo benefattore, così si
trasferisce a Londra per completare gli
studi entrando nell’alta società. Qui
scopre che la sua ricchezza deriva da
Magwitch che, deportato in Australia, ha
fatto fortuna serbando intatta la
riconoscenza per l’allora bambino.
Ritornato al suo paese, Pip ritrova il
fabbro Joe e l’amata Estella da cui
apprende che Miss Havisham è morta
nell’incendio della casa.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Mike Newell int. Jeremy Irvine, Olly
Alexander, Ralph Fiennes, Jason Flemyng,
Robbie Coltrane, Helena Bonham Carter,
Holly Grainger,... or. Gran Bretagna/Usa
2012 distr. Videa dur. 128’
I
l lungometraggio di Mike Newell rappresenta l’ennesima rivisitazione del
capolavoro di Charles Dickens. Il regista,
con il contributo dello sceneggiatore David Nicholls, tenta una sua lettura, sceglie il non tradimento ma non decolla in
una visione personale, anche se ricupera personaggi e scene tagliati nelle precedenti versioni.
go Cabret, la favola di Raimi è un atto
d’amore verso il cinema delle origini, un
elogio a Edison e al (suo) prassinoscopio.
Raccolto il guanto di sfida di Scorsese,
che partendo dal romanzo omonimo di
Brian Selznick rigenerava il patrimonio
artistico di Méliès, l’autore americano rilancia con un saggio critico che proprio
come Hugo Cabret non gioca a rifare il
cinema ‘passato’ ma cerca di capire che
cos’è il cinema, perché lo amiamo.
Ai confini della realtà e del sublime Il
grande e potente Oz apre sul bianco e
nero del formato 4:3 e poi si espande nei
16:9, tuffandosi come il protagonista in
un mondo cromaticamente ricco. Spericolato, sorprendente, rivelatore, il viaggio formativo della ragazzina di Baum
riparte in un moto perpetuo di macchina generatrice di immagini.
Sulla strada che portò Dorothy fino al
mago e oggi porta il mago verso il proprio sé, matura la consapevolezza della
futilità di soluzioni esterne, perché possediamo già dentro quello che desideriamo ardentemente: cuore, cervello, coraggio e magia. Vedi anche in Il Ragazzo
Selvaggio n. 99, p. 10 e 11. m.gn.
L’autore punta essenzialmente sull’aspetto sentimentale e misterioso della
vicenda, sui personaggi inquietanti di
Miss Havishman e di Magwitch. Quindi su
Pip e la sua ossessione per Estella che lo
trascina sull’orlo della follia. I due giovani, accomunati dall’abbandono durante
l’infanzia, inizialmente destinati a una vita di stenti, sono riscattati in seguito quasi per capriccio o per crisi di coscienza.
Ambientato nell’Inghilterra vittoriana
bacchettona, imperialista e un po’ ipocrita della seconda metà dell’Ottocento, il film descrive la vita di una manciata di pittoreschi personaggi, tra i quali
emergono Pip ed Estella. Sullo sfondo
la caotica e fetida Londra, la verde spaziosa campagna inglese in cui vive la società dell’epoca, dominata da un’umanità cinica e da istituzioni repressive in un
ambiente snobistico dove il valore degli
uomini si misura in base al denaro. Dove emergono i maltrattamenti dei bambini e l’insopportabile divario fra ricchi
e poveri. E le grandi speranze dell’ironico titolo dickensiano non sono altro che
fragili illusioni. Vedi anche in Il Ragazzo
Selvaggio n. 97, p. 20. m.m.
DAI 12 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
In Darkness
Leopold Socha, tecnico delle fognature
di Lvov, mantiene la famiglia con
piccoli furti durante l’occupazione.
Oltre ai Nazisti, a dettar legge a Lvov ci
sono gli Ucraini.
Si avvicina il rastrellamento del ghetto
ebraico e Bortnik, un ufficiale, chiede
aiuto a Socha per trovare gli ebrei
nascosti nelle fogne. Ma Leopold si
imbatte in un gruppo di loro che vuole
rifugiarsi lì per sfuggire alla
deportazione. I fuggiaschi, guidati da
Mundek, gli offrono del denaro. Pur
sapendo che aiutare un ebreo significa
fucilazione, è un modo per ottenere
soldi facili.
Le pressioni di Bortnik, convinto che
l’amico abbia un segreto, inducono
Socha ad abbandonare i “ suoi” ebrei,
se non che, quasi per caso, salva la vita
di Mundek uccidendo un miliziano
ucraino. Socha acquista del cibo, sposta
gli ebrei da una galleria all’altra.
Infine, la catastrofe: un’alluvione
inonda le fogne. Socha tenta un ultimo
atto di coraggio.
r. Agnieszka Holland int. Robert
Wieckiewicz, Benno Fürmann, Agnieszka
Grochowska, Maria Schrader, Michal
Zurawski or. Polonia/Germania/Francia/
Canada 2011 distr. Good Films dur. 145’
N
el 2005 Leopold e Magda Socha sono stati dichiarati “Giusti tra le Nazioni” dalla commissione di Gerusalemme incaricata di dare un riconoscimento a quei salvatori non-ebrei di poche
migliaia di ebrei durante la persecuzione nazista.
La sceneggiatura, tratta dal romanzo
dell’ebreo canadese David F. Shamoon,
è stata affidata alla regista polacca
Infanzia
clandestina
Infancia clandestina
1979. Juan (12 anni) torna in Argentina
con i genitori e la sorellina Vicky dopo aver
vissuto all’estero. Papà, mamma e zio Beto
sono attivisti tra i Montoneros, oppositori
della dittatura militare di Videla, che ha
rovesciato con un golpe il governo di Peron
nel 1976. Per vivere a Buenos Aires è
necessario assumere false identità. Lui ad
esempio sarà per tutti Ernesto, anche per i
compagni di scuola e Maria, la ragazza di
cui si innamora. Il minimo errore può
essere fatale.
I sentimenti che lo legano a Maria
provocano nel ragazzo una forte crisi, per
un attimo sembra ribellarsi al conflitto tra
le due identità che nasconde.
La vicenda precipita con l’uccisione dello
zio e l’arresto dei genitori. Lui e la
sorellina saranno condotti a casa della
nonna che, intuendo la tragedia che
stava per verificarsi, aveva chiesto alla
figlia (mamma dei bambini) di
rinunciare alla militanza.
r. Benjamín Ávila int. Natalia Oreiro,
Ernesto Alterio, César Troncoso, Cristina
Banegas, Teo Gutiérrez Moreno,... or.
Spagna/ Argentina/Brasile 2012 distr.
Good Films dur. 112’
A
nche se Ávila ha affermato che per
dare al film una logica tutta sua ha dovuto liberarsi dalla propria storia, Infanzia clandestina si ispira a momenti e fatti
da lui vissuti personalmente (sua mamma
è scomparsa durante la dittatura e ha ritrovato il fratello solo dopo molti anni).
Comunque il regista ha dichiarato che alcune scene della pellicola fanno riferimento a episodi realmente accaduti.
Agnieszka Holland. Interessata da sempre alle vicende della Shoah, così spiega: “Il protagonista del film è ambiguo:
un bravo padre di famiglia, ma anche un
ladro, religioso e immorale allo stesso
tempo, forse solo un uomo qualunque
che vive tempi terribili. Nel corso della
narrazione, Socha cresce come essere
umano. Neppure le persone che salva
sono angeli. La paura, le condizioni
estreme, l’innato egoismo le rendono
complesse e difficili, ma sono reali, e le
imperfezioni avvalorano la loro rivendicazione per il diritto alla vita più di
quanto farebbe una qualsiasi versione
idealizzata delle vittime”.
Una modalità di tratteggiare i personaggi cara ad Agnieszka Holland, abile,
come in altri film, a declinare i temi del
doppio e dell’infanzia rubata con attenzione all’illuminazione della scena e all’indagine interiore, prediligendo dettagli e primi piani. Un’occasione per riflettere sul ruolo decisivo del cinema nella
maturazione di una coscienza storica,
ogni volta che un film racconta episodi
reali di così grave portata. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p.28. c.m.v.
Diversamente da quanto avviene in altre proposte sullo stesso tema, in questa
la lotta armata non è percepita come istinto di morte ma come slancio verso la vita. Vi si respira l’entusiasmo di credere in
un’idea, la sensazione di poter cambiare
il mondo, modalità di pensiero che ha caratterizzato indubbiamente quel periodo
e quell’impegno personale e di gruppo.
In proposito il film non dà risposte precise: nei confronti delle scelte che si trova a
fare ogni personaggio - Juan, i genitori, lo
zio Beto e la nonna - ha una posizione
personale. Per questo si pone come interessante punto di partenza per riflessioni
e discussioni in cui è invitato a impegnarsi anche lo spettatore.
Nella vicenda è presente una componente nostalgica. Un tema che la attraversa è quello della perdita dell’infanzia,
della maturità acquisita bruciando obbligatoriamente le tappe.
Per rappresentare le scene di violenza
il regista ha scelto l’animazione. Forse per
non calcare troppo la mano su immagini
atroci già viste in altri film sullo stesso
soggetto, più probabilmente per lasciare
lo spettatore libero di interpretarle. m.g.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
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DAI 16 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
16
L’intervallo
Alla periferia di Napoli due adolescenti
sono prigionieri in un edificio
abbandonato. Salvatore è costretto a
fare il carceriere di Veronica, una
ragazza che ha fatto uno sgarbo a un
capoclan camorrista. Nell’attesa del
boss, Veronica scalpita mentre il
ragazzo è più remissivo e accomodante.
Ognuno dà la colpa all’altro della
propria reclusione.
Pian piano, però, l’ostilità si trasforma
in un’intimità discreta tra piccole
scoperte e dolci confidenze. I due
riaccendono i sogni e le suggestioni di
un’adolescenza messa da parte troppo
in fretta, soprattutto quando, nei
sotterranei di quel posto così isolato e
cupo, scoprono una vecchia barca che
li porta a fantasticare. I due ragazzi
vivono, allora, un “intervallo” nelle loro
esistenze precocemente adulte,
desiderosi di trasformare quella fuga
surreale in un’evasione vera, prima che
il capo dei malavitosi presenti a
Veronica il suo verdetto.
r. Leonardo Di Costanzo int. Francesca
Riso, Alessio Gallo, Carmine Paternoster,
Salvatore Ruocco, Antonio Buil, Jean
Yves Morard or. Italia 2012 distr.
Cinecittà Luce dur. 90’
I
l primo film di finzione di un documentarista attento a storie e temi adolescenziali è un racconto di formazione sull’educazione “altra” di strada, tra abbandono
scolastico e disagio sociale. I prigionieri di
un mondo concentrazionario liberano almeno la loro fantasia. Così, nel tetro palazzo che sembra un castello, tra desideri di fuga e impotenza, si crea un “interval-
Io e te
Lorenzo, 14 anni, abita a Roma in un
appartamento borghese e vive relazioni
contrastate con i genitori e i compagni
di scuola. La partenza per la settimana
bianca è imminente, ma Lorenzo ha
deciso di rimanere in città e
nascondersi nella cantina del palazzo,
confortato dalla musica, dai giochi, dai
romanzi preferiti, con una sufficiente
scorta di viveri e un formicaio. Il suo
piano, vivere una settimana senza
contatti con l’esterno, si frantuma
quando irrompe, con la sua fisicità e i
suoi problemi psichici, Olivia, 25 anni.
Lorenzo e Olivia hanno in comune lo
stesso padre. Da anni le loro vite si
sono separate e il nuovo incontro è
tutt’altro che semplice. Lorenzo non
vuole che quella ragazza fragile e
determinata, drogata e fotografa di
talento, gli scompagini la sua
solitudine. Olivia non ha altro posto
dove rifugiarsi. Lentamente,
impareranno a conoscersi.
Finita la settimana, usciranno in
strada e si separeranno.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Bernardo Bertolucci int. Tea Falco,
Jacopo Olmo Antinori, Sonia
Bergamasco or. Italia 2012 distr.
Medusa dur. 103’
I
o e te è il ritorno di Bernardo Bertolucci dietro la macchina da presa nove
anni dopo The Dreamers e dopo lunghi
problemi fisici che lo hanno infine costretto su una sedia a rotelle. La sua filmografia riparte nel segno della leggerezza del tocco, della meraviglia della scoperta (di un volto, di un ambiente da
reinventare), del fare film come se fosse la
prima volta (ma con negli occhi un’infi-
lo” fiabesco dove potersi ritrovare: per
uscire dal “carcere della realtà” occorre
un nuovo racconto di se stessi.
Tratto da un caso di cronaca, il film
s’interroga sulla volontà universale di
dominio sull’altro, non solo sui più giovani. Infatti lo sguardo sulla camorra
non è mai diretto. Perfino nel monologo
finale del boss (che sembra un padre,
un maestro o un amante), il rapporto è
simbolico perché s’indaga sulle conseguenze che crisi economica e degrado
sociale provocano su tutti, soprattutto i
più deboli, ovvero sulla deformazione
della realtà e sulla negazione di ogni speranza. “Gli adolescenti sono le prime vittime di una società mafiosa, patriarcale
e repressiva, di cui non hanno responsabilità”, dichiara il regista.
Analogamente, la messa in scena teatrale è evitata con il buon uso del linguaggio filmico e dialoghi imprevedibili. Come i protagonisti, fuori dagli stereotipi, il film prende strade narrative, ma
anche educative e politiche, più libere rispetto a quelle segnate da un destino
comune. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 18. e.g.
nita, immensa memoria di cinema senza confini).
Olivia e Lorenzo sono ribelli, instabili, in crisi e ricerca d’identità. Corpi inscritti in solitudini differenti che si ricongiungono casualmente e per un periodo tanto breve quanto intenso. Una
settimana, prima che le loro storie si separino di nuovo, nella consapevolezza
reciproca dell’impossibilità a tenerle unite. Ma in quella settimana i corpi di Lorenzo e Olivia si specchiano e richiamano in un lento avvicinamento reso memorabile dal lavoro di Bertolucci sugli attori e su quel luogo, la cantina, che i due
protagonisti, e il regista, trasformano di
continuo.
Sarà difficile scordare Jacopo Olmo
Antinori, grandi occhi azzurri e una fisicità ancora inespressa, e Tea Falco, con
il suo giovane corpo “vissuto”. Interpretano due giovani che, per evocare un titolo fondamentale del cinema di Bertolucci, ballano da soli per poi stringersi in
un abbraccio sia fisico sia di sguardi,
concreto nella vicinanza come nella separazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 94, p. 6 e 7. g.g.
DAGLI 8 ANNI
DAI 12 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Iron Man 3
In apparenza felice, Tony Stark soffre di
attacchi di panico. Cerca pertanto di
rilassarsi lavorando a una nuova
armatura, collegata direttamente al
suo sistema nervoso e manovrabile
perciò a distanza.
Nel frattempo, un terrorista noto come
il Mandarino compie un attentato
dinamitardo in cui resta ferito Happy
Hogan, ex guardia del corpo di Tony.
Così, quando lo stesso Tony sfida il
Mandarino promettendogli vendetta,
questi per rappresaglia attacca la sua
abitazione, costringendolo alla fuga.
Separato dagli amici e con una sola
armatura danneggiata, Tony tenta di
scoprire chi si nasconda dietro al
misterioso Mandarino. Risale così a
Aldrich Killian, una sua vecchia
conoscenza che ha portato avanti il
progetto Extremis: uno studio nato per
rigenerare le parti del corpo
danneggiate e che ora è stato convertito
a scopi bellici per creare dei soldati
invincibili.
r. Shane Black int. Robert Downey Jr.
Gwyneth Paltrow, Don Cheadle, Ben
Kingsley, Guy Pearce or. Usa 2013 distr.
Walt Disney Pictures dur. 130’
P
iù di altri personaggi della Marvel, Iron Man si presta bene a una
ricognizione sui punti sensibili della società contemporanea. Il classico confronto bene/male, non è quindi scisso in
figure contrapposte, ma incarnato nei
due lati della personalità di Tony Stark,
brillante scienziato che però “crea” i suoi
nemici attraverso le azioni scriteriate del
passato.
Kiki
Consegne a domicilio
Majo no Takkyuubin
Kiki è una strega un po’ imbranata, ha
compiuto 13 anni e, come imposto dalla
tradizione, deve lasciare la famiglia per
compiere l’apprendistato di un anno
lontano da casa, facendo affidamento solo
sulle sue capacità e tentando di
trasformare le passioni di bambina nel
lavoro che dovrà svolgere da adulta.
Superata una tempesta, Kiki, partita sulla
scopa con l’inseparabile gatto nero Jiji,
raggiunge Koriko, una cittadina di mare;
qui però non viene accolta con calore e si
rende conto di non saper far altro che
volare (neanche troppo bene) sulla sua
scopa di saggina.
Fortunatamente si imbatte nella gentile
Osono, una giovane fornaia che, in
cambio di un aiuto nel suo negozio, le offre
un alloggio e un po’ di affetto materno.
Kiki decide di restare e di mettere a frutto
l’unica arte magica che possiede, aprendo
all’interno della panetteria una piccola
attività di consegne volanti di pacchi.
r. Hayao Miyazaki or. Giappone 1989
distr. Lucky Red dur. 102’
T
ratto dall’omonimo romanzo di Eiko Kadono del 1985, Kiki - Consegne
a domicilio è stato realizzato dallo Studio Ghibli nel 1989, ma non dimostra i
suoi anni, e anzi rappresenta perfettamente la summa delle tematiche care a
Miyazaki: nella parabola della streghetta dagli umili abiti rivive il consueto viaggio iniziatico delle storie del Maestro
nipponico.
Kiki, raggiunta la fatidica età di passaggio, abbandona il verde del villaggio
Così, se la trama arriva a contrapporre idealmente Tony Stark e lo stesso Iron
Man (quando vediamo le appendici
meccaniche che per agganciarsi ai suoi
arti quasi lo colpiscono), è soprattutto
nel rapporto con il Mandarino che si
completa il disegno: l’iconico terrorista
alla Osama Bin Laden si rivela infatti
nient’altro che una pedina di Aldrich
Killian, che vuole vendicarsi di Tony
Stark. Torniamo così all’idea dell’eroe
che crea i propri demoni e deve confrontarsi con una sorta di versione alternativa di se stesso, il figlio di un “possibile futuro” quasi dickensiano (riferimento sottolineato anche dall’ambientazione natalizia).
Ma, soprattutto, questa dinamica fa
riferimento alle teorie del complotto
post 11 settembre, che il regista Shane
Black usa per dimostrare come una potenza come l’America definisca se stessa in base alle nemesi che di volta in
volta è in grado di creare per distrarre
l’opinione pubblica e permettere così
ai poteri occulti di prosperare. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 14 e
15. d.d.g.
natio; una volta arrivata in città, è costretta ben presto a una necessaria e dura introspezione. Anche se trova una casa e un lavoro, capisce che la realizzazione personale è ben altra cosa, e che solo grazie a essa diventerà davvero autonoma e riuscirà a sentirsi accettata nonostante la sua diversità.
Pur iscrivendosi nel prolifico genere
giapponese delle “maghette”, il film è
dunque di grande attualità ed evita accuratamente i clichè. Al contrario, la
messinscena è realistica. Miyazaki e i
suoi disegnatori - che realizzano a mano tutti i disegni limitando al minimo
l’uso della computer grafica - sono attenti a rendere credibile ogni dettaglio. Allo stesso tempo la sfera del magico è limitata a un ruolo di contrappunto nel
percorso di crescita, totalmente umano,
della protagonista: la perdita dei poteri
magici, che comporta passaggi anche
narrativamente traumatici, conduce però la protagonista a trovare il suo equilibrio in questo nuovo mondo, un po’
difficile, ma che dimostra di avere bisogno della sua magia. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 34. f.s.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
17
DAI 16 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
18
Lincoln
Lincoln dopo il secondo mandato durante
la Guerra di Secessione (1865) raccoglie
testimonianze di soldati disposti
all’estremo sacrificio pur di ottenere
l’abolizione della schiavitù. Tenta di fare
approvare dalla Camera dei
Rappresentanti il XIII emendamento alla
Costituzione che la abolirebbe. Ha molti
oppositori anche nel suo partito
Repubblicano. Inoltre negli stati
confederati secessionisti sta prevalendo la
proposta di una resa in cambio del
mantenimento dello schiavismo su cui si
basa l’economia del Sud.
Lincoln vince queste resistenze e imprime
un nuovo impulso alla guerra. Per
convincere i senatori democratici propone
il principio ambiguo di un’uguaglianza di
fronte alla legge. E fa svolgere ai suoi
emissari una campagna di corruzione
offrendo cariche pubbliche e prebende a
senatori in cambio del voto favorevole.
Gli Stati del Sud, tenuti insieme solo dalla
guerra, si sgretolano. Lincoln è assassinato
presso il Teatro Ford di Washington da un
emissario dei nordisti radicali.
r. Steven Spielberg int. Daniel DayLewis, Sally Field, David Strathairn,
Joseph Gordon-Levitt, James Spader, Hal
Holbrook, Tommy Lee-Jones or. Usa
2012 distr. 20th Century Fox dur. 150’
L
e motivazioni sentimentali della lotta per l’abolizione della schiavitù sono rintracciabili nella sequenza in cui il
figlio Tad osserva alcune lastre fotografiche con immagini di bambini di colore in stato di schiavitù.
La scena generatrice della sua presa di
coscienza anti-razzista è interiorizzata
ed evocata in un racconto del protagonista: egli narra di aver visto una colonna di schiavi incatenati e di aver sentito
calare sui propri occhi un velo nero.
Miele
Irene (Jasmine Trinca) aiuta gli altri a
morire, con lo slancio di una
missionaria e trincerata dietro un
nome esotico: Miele. Persone colpite da
malattie incurabili o paralizzate in
seguito a incidenti trovano in lei
l’angelo salvatore in grado di liberarle
dalla sofferenza.
Un giorno le si rivolge l’ingegner
Grimaldi (Carlo Cecchi), il cui
desiderio di morte appare misterioso.
Attratta dal suo fascino Irene scopre
che a spingerlo al suicidio assistito è
una profonda depressione.
Inizialmente turbata per ragioni etiche
- Miele aiuta chi non può più vivere
con dignità, non chi è stanco di stare al
mondo -, sviluppa per l’uomo un
affetto sincero, convincendosi di
poterlo salvare.
Tra i due nasce un rapporto dai contorni
sfumati, fatto di rabbie improvvise e
piccole tenerezze. Lei cerca di
dissuaderlo, lui di assicurarle il calore
che nessuno sembra in grado di darle. Il
finale appare tutt’altro che scritto.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Valeria Golino int. Jasmine Trinca,
Carlo Cecchi, Vinicio Marchioni, Libero
De Rienzo, Iaia Forte, Roberto De
Francesco, Massimiliano Iacolucci,
Valeria Bilello or. Italia/Francia 2013
distr. Bim dur. 96’
S
ono molti gli attori di successo che
tentano il passaggio dietro la macchina da presa, e pochissimi ne escono
a testa alta. Miele di Valeria Golino, perciò, è una delle rare eccezioni che confermano la regola, l’elemento imprevisto
che altera lo schema.
Per il suo esordio alla regia l’attrice
napoletana, classe 1966, si ispira al Mauro Covacich di “A nome tuo” e fissa
In effetti, a giudizio di tutti gli storici, Lincoln era un abolizionista tiepido,
portato a condurre la battaglia contro la
schiavitù per ragioni strategiche e socio-economiche. La Guerra di Secessione nascondeva infatti la finalità di una
rivoluzione capitalistica a vantaggio di
un Nord industrializzato contro gli Stati del Sud secessionisti, coltivatori di cotone venduto a basso prezzo alle industrie tessili dell’antica madre-patria.
L’abolizione della schiavitù era una
componente decisiva nella lotta per
l’imposizione di un nuovo modello economico. Infatti, malgrado la concessione del voto ai neri pochi anni dopo
(1872), la loro condizione sociale non
migliorò.
L’analisi della strategia di Lincoln illumina la sua straordinaria intelligenza
politica, la sua capacità di visione complessiva (che può essere definita “pensare insieme ciò che è separato”) di problemi apparentemente inconciliabili: la fine della guerra con la resa dei Confederati, l’abolizione della schiavitù, il ricompattamento dell’Unione. Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n.98, p. 14e 15. f.v.
l’obiettivo su uno dei massimi tabù contemporanei: l’eutanasia.
Con occhio laico e una pietas sincera opta per un registro intimistico che, alla lunga, storna l’attenzione dall’apparente bersaglio grosso - il suicidio assistito e il dramma che gli fa da sfondo per far emergere il rapporto straordinario che lega Irene e Grimaldi, interpretati magistralmente da Jasmine Trinca e
Carlo Cecchi.
Il risultato è il film appassionato di
una regista che punta dritto al cuore del
dramma con la decisione del narratore
scafato e la foga dell’esordiente. Lo stile
è controllato, ogni facile patetismo viene evitato con cura. A colpire sono la delicatezza di tocco e soprattutto lo sguardo: un insieme di furia, dolcezza e sensibilità tutto femminile, che accarezza i
due protagonisti accompagnandoli nel
loro breve incontro.
Troppo breve, forse: sulle note di
Georges Brassens, alla fine, è difficile separarsi da loro. Ma l’amarezza dello spettatore, in questo senso, non è che il piccolo trionfo della regista. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 100, p. 23. m.l.
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Il ministro
L’esercizio dello Stato
L’exercice de l’Etat
DAI 16 ANNI
Bertrand Saint-Jean, Ministro dei
Trasporti di centro-destra in un governo
“liberale” francese, è svegliato di notte per
accorrere sul luogo di un incidente al
Nord del Paese. In un intervento televisivo
sulla politica dello Stato circa la gestione
delle linee ferroviarie che alcuni
vorrebbero privatizzare si oppone,
supportato dal Capo di Gabinetto Gilles,
ma subisce una pressione dei colleghi,
portatori degli interessi di lobby di potere
economico. La sua vita si svolge fra
riunioni, dibattiti televisivi, trasferimenti
in macchina, serate alla ricerca di
compagnie e false amicizie. Tutto questo
gli provoca insonnia, vomito, nevrosi.
Dopo un incidente in cui muore il suo
autista, Bertrand sente vacillare le proprie
certezze, ma quando il Primo Ministro gli
propone un incarico ministeriale più
prestigioso, accetta la proposta con
rinnovata energia sciogliendo il suo
rapporto di collaborazione con Gilles.
r. Pierre Schöller int. Olivier Gourmet,
Michel Blanc, Zabou Breitman or. Francia/
Belgio 2011 distr. P.F.A. Films dur. 115’
L’
esercizio dello Stato si distingue dal cinema di denuncia politica in cui eccelle la produzione americana, per il tentativo di penetrare nella pancia e nel cuore
del potere. Schöller mette in scena senza
veli il corpo di un politico che tenta di conservare la propria coerenza ideale all’interno di una macchina del potere determinata dai media e dai gruppi di pressione finanziaria. Indicativa per quanto riguarda
la dipendenza dai mass-media è la se-
Les Misérables
Francia, 1815. Jean Valjean (Hugh
Jackman), prigioniero nel carcere di
Digne, viene rilasciato dalla guardia
Javert (Russell Crowe) dopo anni di
detenzione. La libertà vigilata lo
condanna a una vita da emarginato.
Decide perciò di fuggire, dopo essere
stato graziato dal vescovo a cui aveva
cercato di sottrarre l’argenteria.
Nel 1823, con il nome di Madeleine, è a
capo di una fabbrica e, amato dai suoi
concittadini, si fa eleggere sindaco. Il
passato è però in agguato. L’arrivo di
Javert, divenuto ispettore, lo costringe
alla fuga insieme a Cosette, figlia di
una sua operaia, Fantine (Anne
Hathaway), morta di stenti. Il suo
nemico giura di dargli la caccia.
Nove anni dopo, la Francia è in
tumulto. Valjean vive nascosto a Parigi,
dove l’adolescente Cosette (Amanda
Seyfried) si innamora dello studente
Marius (Eddie Redmayne). Lo scoppio
delle rivolte modificherà per sempre il
corso delle loro vite.
r. Tom Hooper int. Hugh Jackman, Anne
Hathaway, Russell Crowe, Amanda
Seyfried, Eddie Redmayne, Aaron Tveit,
Samantha Barks, Helena Bonham Carter,...
or. Gran Bretagna 2012 distr. Universal
Pictures International Italy dur. 157’
A
dattamento musicale del romanzo di
Victor Hugo firmato Claude-Michel
Schönberg e Alain Boublil, Les Misérables
è uno dei massimi successi della storia
di Broadway. La versione cinematografica, attesa da anni, era dunque una sfida
più che rischiosa. Ad affrontarla è stato
Tom Hooper, premio Oscar per Il discorso del re, che ha stavolta applicato i suoi
quenza dell’infernale corsa nella notte verso il luogo dell’incidente, solo per porsi di
fronte alle telecamere. I maneggi dell’economia occulta avvengono a sua insaputa,
attraverso meccanismi di lobbismo che
coinvolgono compagni di partito e che lo
obbligano a cambiamenti di rotta politica
nella vana speranza di contare qualcosa
nell’infinito risiko del gioco politico.
Il personaggio del Ministro è una figura scissa, dalla personalità polimorfa, sospeso fra sogno e realtà, eros e thanatos.
Tutto il racconto si colloca fra due scenari di morte. Il primo, l’incidente del pullman, non è altro che la premonizione del
secondo in cui è coinvolto lo stesso Ministro, al quale sopravvive a stento.
Significativo il fatto che l’incidente avvenga su un tratto di autostrada non ancora aperta e che il Ministro percorre illegalmente. La morte conseguente del suo
autista gli provoca un profondo senso di
colpa. La figura di questo personaggio,
operaio disoccupato assunto dal Ministero con un contratto a termine, è particolarmente inquietante per la funzione problematica che assolve. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 30. f.v.
virtuosismi a un melò interamente musicato, con esiti sorprendenti.
Procedendo per blocchi cantati con
minimi stacchi di montaggio, alternati
poi a dolly maestosi, grandangoli, riprese zenitali che sprofondano nel ventre di
una Parigi in tumulto e scene di massa di
ampio respiro, il regista trova infatti la
giusta armonia di musica e immagini.
A livello narrativo, la ricerca di riscatto da parte del singolo si intreccia qui con
quella di liberazione da parte del popolo
oppresso e con l’utopia palingenetica dei
rivoltosi, mentre l’architettura romanzesca di Hugo si tramuta in feuilleton, la
tragedia in melodramma e il rapporto tra
Storia e storie si risolve nell’innesto del
duello tra Valjean e Javert sullo sfondo
della Francia post Restaurazione.
Ne scaturisce un grande affresco storico per attori e orchestra, enfatico ai limiti dell’operistica: cinema di intrattenimento popolare nella sua forma forse più
alta, capace di incarnare sia la spettacolarità del kolossal in costume sia la suggestione epidermica ma trascinante del
miglior musical teatrale. Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 18 e 19. m.l.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
19
DAI 12 ANNI
DAGLI 8 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Monsters
University
Monsters University
Michael Wazowski, detto Mike, un piccolo
mostro verde con un solo occhio, sogna di
diventare spaventatore professionista.Vede
il lavoro di spaventatore durante la gita
scolastica alla Monsters & Co., la centrale
elettrica cittadina che ricava energia
tramite le urla dei bambini spaventati. Al
loro arrivo un addetto confida ai piccoli
mostri di aver imparato l’arte dello
spavento alla Monsters University (MU).
Raggiunti i 18 anni, Mike decide così di
iscriversi alla Facoltà di Spavento della
Monsters University. Qui Mike conosce
Sulley con cui inizia una controversa
relazione. Quando la preside della Facoltà
li esclude dai corsi, i due sono costretti a
iscriversi alle Spaventiadi nella speranza
di vincerle e di essere riammessi. Le gare si
susseguono e il gruppo guidato da Mike
guadagna in autostima e compattezza.
Dopo altre complesse avventure i due
amici andranno a lavorare nel reparto
corrispondenze della Monsters & Co.
M
ike e Sulley si iscrivono al M.U, il
college per spaventatori nel prequel di Monsters & Co. Inizia così il loro
percorso di formazione e si pedina il
viaggio/parabola verso la loro amicizia.
Mike e Sulley sono protagonisti dell’eterno match tra impegno/dedizione/studio
e attitudine/talento/geni familiari. Scopriranno che da soli non si bastano, in
un classico film di maturazione/evoluzione dei caratteri. Insieme ad altri freak
più deboli e inadatti di loro si riuniscono nella confraternita Oozma Kappa
Moonrise Kingdom
Una fuga d’amore
Moonrise Kingdom
1965. A New Penzance, isola del New
England, Sam Shakusky un “kaki” scout,
orfano e dodicenne, abbandona il proprio
campo per raggiungere la compagna di
avventura Suzy Bishop. Per la fuga
d’amore Sam ha portato
l’equipaggiamento per assicurarsi un
pasto e un tetto sotto cui ripararsi.
Dopo aver camminato a lungo i due
raggiungono una baia isolata, chiamata
Moonrise Kingdom. I genitori della
ragazza, insieme alla polizia e al
caposcout responsabile del campo dove
risiedeva il ragazzo, si mettono alla loro
ricerca e li trovano. I giovani compagni di
Sam decidono di aiutarli a scappare
ancora e portano Sam e Suzy in un altro
accampamento.“Braccati”, quando tutto
sembra perduto - sul luogo è ormai giunta
l’addetta dei Servizi Sociali che dovrà
portare il ragazzo in orfanotrofio, - il
capitano della polizia decide di proporsi
come genitore affidatario…
20
r. Dan Scanlon or. Usa 2013 distr. Walt
Disney dur. 104’
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Wes Anderson int. Jared Gilman, Kara
Hayward, Bill Murray, Frances Mc
Dormand, Edward Norton, Bruce Willis,
Tilda Swinton, Jason Schwartzman,... or.
USA, 2012 distr. Lucky Red dur. 94’
C
on Moonrise Kingdom Wes Anderson ambienta la vicenda negli anni
sessanta e, più precisamente, nel 1965,
“poco prima che molte cose cambino”,
scegliendo come protagonisti due dodicenni la cui fuga getta nel panico l’intera comunità di un’isola.
Rispetto ai lungometraggi finora realizzati, dove adulti ancora poco cresciuti e insicuri sono spesso alla ricerca dell’originario nucleo familiare, sorpren-
(OK) per affrontare l’escalation di prove
rappresentata dalle Spaventiadi.
Alla ricerca di una metafora mostruoso-sportiva della maturità, la Pixar suggerisce a un pubblico di bambini e di
adulti valori forti come la devozione, la
costanza, il rispetto, la solidarietà.
Monsters University rappresenta
un’operazione post-moderna e auto-referenziale, basata su una solida e sicura
struttura narrativa costituita da prove
‘proppiane’. Si regge su uno humour declinato allo slapstick, un tocco cinefilo e
ci regala figure di contorno tratteggiate
con squisito gusto dell’assurdo.
Un divertissement di alta scuola, disegnato come un videogame a vari livelli
ma capace di suggerire emozioni intorno ai conflitti ‘relazionali’ tra i suoi protagonisti.
Rispetto a Monsters & Co si cambia radicalmente registro: “dal filosofico e tenero incontro/scontro tra il mondo dei
mostri e quello dei bambini, attraverso la
porta del destino, a quello goliardico e avventuroso del college movie tinto di fantasy, di buon umorismo e di una goccia di
retorica …” (MARIANNA CAPPI). p.ca.
dono la maturità e lo spirito di ribellione, il desiderio di indipendenza dei due
personaggi principali.
All’incapacità ormai cronica dei propri adulti-bambini nel riuscire a raggiungere la felicità, a far fronte alla difficoltà
di vivere il disadattamento, con Moonrise Kingdom l’autore oppone il punto di
vista di adolescenti-adulti, giovani fin
troppo maturi, desiderosi di crescere.
Il film si colora degli umori della fanciullezza, del ricordo della prima storia
d’amore, ha il sapore dell’avventura, dell’esplorazione di nuovi territori.
Lontano da qualsiasi modulo narrativo realistico, la scrittura poggia sull’esemplarità delle situazioni che via via
si presentano, privilegiando un registro
surreale.
Grazie allo stile unico e riconoscibile
dell’autore texano, la pellicola ricrea quel
certo modo di sentire, di fantasticare a
occhi aperti, di un’età in cui, diversamente dagli altri componenti dell’universo andersoniano, i personaggi sembrano aver raggiunto e trovato una compiutezza appagante. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 10 e 11. l.c.
DAI 14 ANNI
DAI 14 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
La nave dolce
Agosto 1991. Tra la fine della dittatura
di Enver Hoxha e la stabilizzazione della
nuova repubblica democratica, alla
notizia che il porto di Durazzo è
finalmente aperto la folla si precipita su
un cargo che sta scaricando zucchero. La
nave è costretta a dirigersi verso l’Italia.
A Bari le autorità facilitano lo sbarco,
ma dopo i primi soccorsi le forze
dell’ordine sembrano perdere il
controllo: le banchine del porto
traboccano di uomini, donne e bambini,
provvisti solo dei vestiti che indossano.
Gli albanesi vengono trasferiti nello
stadio; alcuni fuggono.
Lo stadio si tramuta in enorme prigione
all’interno della quale neppure le forze
dell’ordine hanno più il coraggio di
entrare; cibo e acqua vengono gettati
dagli elicotteri. La tardiva e confusa
azione del governo si riduce alla
decisione di un rimpatrio, dopo aver
ripreso il controllo dello stadio. Qualcun
altro riesce a fuggire, ma la maggior
parte delle persone sceglie di salire sugli
aerei diretti in Albania.
r. Daniele Vicari or. Italia/Albania 2012
distr. Microcinema dur. 90’
V
icari costruisce il suo film montando due diversi tipi di materiale: interviste-testimonianze (di alcuni di quelli
che erano là, che hanno partecipato alla
traversata) e immagini d’archivio. La strada scelta è quella della narrazione serrata, della ricostruzione dei fatti dentro una
struttura da racconto di avventura, garantendo ritmo teso e colori vividi. Per
Nella casa
Dans la maison
Germain, insegnante di lettere con
ambizioni di scrittore, scopre nel sedicenne
Claude un notevole talento per la
scrittura. Dopo aver letto un tema del
ragazzo, decide di aiutarlo.
Il tema però è la versione romanzata della
sua esperienza in casa dell’amico Rapha, a
cui dà ripetizioni di matematica. In realtà
il giovane si è invaghito della madre del
compagno che vive insoddisfatta
all’ombra del marito.
Germain è colpito dalla prosa di Claude.
Sottopone i capitoli del racconto alla
moglie Jeanne, gallerista d’arte,
rendendola complice dell’ambigua
osservazione di un interno familiare per
interposta persona. Jeanne mette in
discussione sia il marito che Claude, che
finisce tra le braccia di Esther.
A scuola però l’atteggiamento di Germain
desta qualche sospetto. Rapha scopre il
doppio volto del compagno e il gioco
innesca una serie di reazioni a catena, che
costituiranno il degno finale del romanzo.
r. François Ozon int. Fabrice Luchini,
Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas,
Emmanuelle Seigner, Denis Ménochet
or. Francia 2012. distr. Bim dur. 105’
C
laude è il genio che in Germain è rimasto nascosto. Si appropria dei criteri del racconto per trasformare la sua
esperienza in vicenda perturbante. Ciò
che deve fare uno scrittore: manipolare,
anagrammare la realtà per incantare il
pubblico, scovandone l’eccezionale in
potenza. Ci vuole fiuto e osservazione.
Fare racconto è l’arte di eccedere con
gusto. Poi amare i propri personaggi fino a viverci a fianco, a entrare nelle pagine del proprio testo.
questo le “teste parlanti” compaiono in
un ambiente neutro, su sfondo bianco, e
i loro interventi sono stimolati fuori dall’angusto schema dell’interrogazione/interrogatorio; per questo dagli archivi (albanesi e italiani, pochissimo spazio alle
riprese amatoriali) sono scelte non solo
immagini strettamente documentali, ma
anche brani non direttamente riconducibili all’evento, che servono bene però a
consolidare e articolare il racconto. In
questo senso vale la pena citare il lavoro
sulla colonna sonora: oltre a scelte musicali di forte impatto emotivo sta la risonorizzazione discreta e raffinata non solo dei pochi brani amatoriali, muti all’origine, ma pure delle riprese professionali avute in dote dalla televisione locale Telenorba.
Vicari dimostra di essere un documentarista assai più efficace di quanto non
gli riesca di essere nei panni del regista di
cinema a soggetto, e il merito del suo film
sta nel saper essere al contempo racconto suggestivo e saggio critico, narrazione
emotivamente intensa e riflessione politicamente lucida. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 20. s.g.
Claude è parte del suo racconto. Il gioco è subito chiaro a Germain, perché lo
studente scrive ciò che vive, almeno all’inizio: fino a quando i piani del reale e
del fantastico non cominciano a sovrapporsi, creando dubbi nello spettatore, che
naviga tra i personaggi, identificandosi
nello sguardo della coppia di “autori”, ma
soprattutto in Jeanne, lettrice e giudice
esterna, che si dissocia a più riprese dagli sviluppi immorali della vicenda.
Il ragazzo ha il talento di mascherare
vero e falso, ma rimane vittima dell’ingranaggio, sepolto dal fantasma sensuale di Esther: Esther esce dalla penna di
Claude, fuggendo dalla mediocrità borghese, perché lui le offre questa chance
in cambio della soddisfazione del suo
desiderio, disposto anche a costruire sottotracce che arrotondino i personaggi
secondari.
Invece la realtà ha il sopravvento e dopo l’orgasmo della scrittura l’autore rimane solo, in cerca semmai di un cortile
dove riposizionare lo sguardo per entrare in una finestra qualsiasi e cogliere un
dettaglio che possa farsi storia. Vedi anche
in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 32. a.l.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
21
DAI 14 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
NO
I giorni dell’arcobaleno
NO
DAI 14 ANNI
1988, Cile. Le pressioni internazionali
hanno costretto Pinochet a indire un
referendum per rimanere alla guida del
Paese. Però il popolo, votando NO, potrà
liberarsi del dittatore. Per la prima volta le
opposizioni avranno 15’ al giorno per far
valere in tv le proprie ragioni.
I leader del comitato per il NO convincono
il giovane pubblicitario René Saavedra,
uomo di punta della prima casa di
produzione pubblicitaria e televisiva del
Cile, a occuparsi della campagna
propagandistica. Questi accetta sfidando il
suo datore di lavoro, filogovernativo.
René convince la maggioranza dei leader
dell’opposizione a costruire dei filmati che
promuovano l’idea di un Cile sorridente e
proiettato verso la libertà, rinunciando
alle immagini degli abusi del regime. Che
l’idea funzioni si capisce dalle minacce
degli uomini del colonnello. René, con un
figlio a carico, dovrà guardarsi le spalle
fino al giorno del voto.
L
a campagna per il NO fu una scommessa per il Cile non solo dal punto
di vista politico, perché modificò meccanismi ed estetica della comunicazione
di massa, aprendo - afferma il regista - “al
capitalismo come unico sistema possibile nel paese”. Larraìn segue i fatti di quei
giorni mettendo al centro René, pubblicitario di successo formatosi in America,
lucido nell’applicazione del teorema di
vendita di un prodotto. La proposta di
Saavedra di adottare un approccio che in-
Noi siamo infinito
The Perks of Being a
Wallflower
Charlie vive a Pittsburgh: ha due fratelli
più grandi. È il 1991, gli adolescenti non
usano ancora il cellulare, la musica è
fruita collettivamente e i social network
non sono ancora stati inventati.
Il ragazzo - timido, sensibile, diligente frequenta il primo anno del liceo dove
incontra Patrick e Sam, fratellastri
anticonformisti. Scopre così il piacere della
condivisione, dell’amicizia, del ballo, delle
corse in automobile. I dolori sopiti trovano
sollievo e parole per esprimersi.
L’amicizia però ha alti e bassi, le relazioni
subiscono rallentamenti, le
incomprensioni richiedono pause: l’amore
di Charlie per Sam deve essere messo a
freno perché la ragazza lo ritiene solo un
amico. Il rispetto richiede pazienza,
Charlie accoglie le confidenze di Patrick (il
suo amore segreto per Brad, compagno di
scuola aitante e sportivo). Questo mentre
l’anno scolastico volge al termine e si
aprono nuovi orizzonti.
22
r. Pablo Larraìn int. Gael Garcìa Bernal,
Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis
Gnecco, Marcial Tagle, Nestor Cantillana
distr. Bolero Film or. Cile 2012 dur. 110’
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Stephen Chbosky int. Logan Lerman,
Emma Watson, Ezra Miller, Mae
Whitman, Kate Walsh, Dylan
McDermott, Melanie Lynskey,... or. Usa
2012 distr. M2 Pictures dur. 103’
N
oi siamo infinito è scritto e diretto
da Stephen Chbosky che ha adattato per lo schermo il suo romanzo epistolare The Perks of Being a Wallflower del
1999. Il libro ha riscosso uno straordinario successo tra gli adolescenti che si sono riconosciuti negli impacci e negli entusiasmi di Charlie. Il film mette in risalto la figura del protagonista, accennando appena alle dinamiche familiari.
La cinepresa pedina Charlie, mostrandoci ciò che per lui è importante in un
viti al sorriso sgomenta parte dei quadri
del partito. Lo slogan “L’allegria sta arrivando” pare un insulto a chi ha perso la
vita combattendo, ai desaparecidos e alle loro madri.
La teoria “rivoluzionaria” è semplice:
utilizzare i 15’ di messa in onda concessi dalla dittatura invitando al NO con immagini che visualizzino un futuro sereno
e libero. Lo spot è per questo giocato sulla rappresentazione di un Cile che non
esiste ancora, composto da persone che
desiderano le stesse cose dei nordamericani. La campagna per il NO è il viatico
al neoliberalismo, peraltro non estraneo
al regime, ma nel 1988 serve perfettamente la causa. René ne è consapevole.
Larraìn immerge lo spettatore nel clima di quei mesi, posizionandosi come
osservatore dei fatti, falsamente naturalistico, con l’intento di accrescere la suspense verso il finale inatteso. Rinuncia
ai moderni apparecchi di ripresa digitale. Gira con la stessa pasta delle immagini di repertorio fino a confonderle con le
riprese nuove, in una mescolanza di storia vera e ricostruita. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 99, p. 16 e 17. a.l.
momento particolare della sua esistenza: l’inizio della scuola superiore, l’incontro con una realtà nuova, il mettersi
in gioco in un ambiente che appare nemico, duro, competitivo. Charlie si sente solo, tanto da scrivere lettere anonime
a uno sconosciuto, meritevole della sua
fiducia: è a lui che confida i suoi stati
d’animo e la cronaca delle giornate.
Il film sa raccontare, anche grazie alla felice scelta degli interpreti, la nascita di un’amicizia: l’attrazione tra affinità nascoste, l’emozione del sapersi riconoscere e scegliere tra i tanti, il batticuore nel sentirsi parte, per la prima volta,
di un gruppo, dell’uscire dall’anonimato. La paura dell’emergere dall’isolamento non è facile da sconfiggere, ma lo
sguardo accogliente dell’altro solleva e
sostiene con tocco leggero. È così che
Charlie incontra e conosce il raffinato,
imprevedibile Patrick, e lui gli fa incontrare la sorellastra Sam. Sarà lei a far
emergere involontariamente i dolori nascosti di Charlie, causa dei suoi smarrimenti e delle sue paure, che però troveranno una sofferta soluzione. Vedi anche
in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p, 33. a.ma.
DAI 10 ANNI
DAGLI 8 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Pacific Rim
Da una fenditura nell’Oceano Pacifico
emergono i Kaiju, esseri mostruosi che
attaccano le coste minacciando
l’umanità. Per fronteggiare il pericolo, i
paesi dell’Orlo del Pacifico si uniscono
in una forza sovranazionale e creano
gli Jaeger, giganteschi robot con due
piloti che agiscono in modo
sincronizzato.
L’escalation di potenza dei Kaiju, però,
rischia di far chiudere il programma
Jaeger: il maggiore Pentecost, che dirige
le operazioni, tenta quindi un ultimo
attacco e richiama in squadra Raleigh
Becket, che aveva abbandonato il
campo di battaglia dopo la morte del
fratello.
Il ragazzo trova un nuovo partner nella
collega Mako Mori, che combatte per
vendicare i genitori uccisi dai Kaiju.
Così, mentre i due piloti devono fare i
conti con il rispettivo passato e
imparare a coordinarsi, emergono i
piani degli invasori che manovrano i
Kaiju oltre la fenditura.
r. Guillermo Del Toro int. Charlie
Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi,
Charlie Day, Ron Perlman or. Usa 2013
distr. Warner Bros dur. 131’
A
pparentemente nulla distingue Pacific Rim dal sogno adolescenziale di
una generazione cresciuta con i cartoni
animati giapponesi dei robot (i vari Goldrake, Mazinga e via citando) e i film di
mostri alla Godzilla (il termine “Kaiju” viene proprio da lì). Eppure, nelle mani di
un autore come Guillermo Del Toro, il
semplice divertissement da appassionato di fantasy e animazione rivela profon-
ParaNorman
New England. Norman vede i fantasmi
della gente morta e può comunicare con
loro; tutti lo ritengono un tipo “strano”.
La famiglia pensa che il suo potere sia
legato alla passione per i film dell’orrore
e non ci dà peso. A scuola invece il bullo
Alvin lo prende sempre di mira. L’unico
che gli offre un’amicizia sincera è il
vicino di casa Neil.
Si avvicina il 300° anniversario
dell’uccisione della strega di Blythe
Hollow. Alvin è avvicinato da
Prenderghast, che da sempre ha tenuto
a bada lo spirito della megera, ma ora
vuol passare a lui il testimone: Norman
dovrà leggere un libro di fiabe sulla
tomba della Strega per impedirne il
ritorno.
Il ragazzo non riesce a compiere il rituale
e si trova in balia dei morti viventi
evocati dalla Strega. Cerca di fermarli
con l’aiuto di sua sorella, di Alvin e di
Neil con suo fratello. L’avventura farà
conoscere i retroscena sulla morte della
Strega, condannata sebbene innocente e
accecata dal rancore.
r. Sam Fell, Chris Butler or. Usa 2012
distr. Universal dur. 93’
I
l film è un ibrido fra commedia nera
e racconto fantastico. Privilegia un ritmo demodé, quasi voglia permettere allo spettatore di assaporare tanto la sua
fattura artigianale quanto un mondo
fatto di sentimenti profondi che prevaricano le azioni. Succede poco nel film
e la parte più spettacolare è controbilanciata da una morale di fondo e da un
intento pedagogico racchiuso nel microcosmo dello stesso Norman: il ragazzo appare infatti connotato come il classico preadolescente inquieto rispetto a
un mondo superficiale dove chi non si
dità capaci di riconnetterlo al resto della
sua produzione: ancora una volta, infatti, il regista riflette sull’importanza dei legami affettivi e/o parentali come chiave di
volta per trovare il proprio posto nel mondo. Ciò risulta evidente sia dal protagonista, vessato dall’abbandono del fratello,
sia (soprattutto) dai trascorsi della giovane Mako, per cui la guida del robot diventa occasione di affrancamento (e di risoluzione) dai traumi del passato.
Peraltro, tutto questo crea proprio
una fusione perfetta con i temi portanti dei cartoon robotici presi a riferimento, dove i protagonisti trovavano nella
guida dei giganti meccanici il terreno di
confronto con le proprie paure e, a volte, con rapporti non risolti con i genitori. La cabina di pilotaggio, quindi, diventava e diventa tanto un ring dove combattere, quanto un luogo di connessione con il mondo e con l’altro.
Del Toro mantiene tutto sul terreno
del grande spettacolo, ma il suo è un cinema con l’anima, dove il metallo diventa il naturale prolungamento di una
carne che si muove solo se sospinta dall’analisi dei sentimenti. d.d.g.
allinea ai gusti della maggioranza è
estromesso.
La vicenda diventa universale quando il dramma interiore di Norman si rispecchia in quello della Strega, vittima
del medesimo meccanismo di esclusione, portato agli eccessi da una mentalità puritana che l’aveva condannata al
rogo. Il fantasy diventa quindi la lente
d’ingrandimento attraverso cui si modifica la prospettiva storica riportando a
galla il sommerso.
Norman è l’unico personaggio capace di entrare in sintonia con il dolore che
attanaglia la Strega. Nel “salvare” la ragazza condannata dagli errori della Storia e dell’umanità si fa carico del destino della comunità e compie un’impresa
straordinaria.
Il film spiega anche che la soluzione rituale di mettere a dormire la Strega leggendole una fiaba è solo un palliativo, è importante arrivare a comprendere i meccanismi
profondi alla base delle sue azioni. ParaNorman in proposito ci insegna che la
paura va affrontata non con l’obiettivo di
conviverci, ma per superarla. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 31. d.d.g.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
23
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
La parte
degli angeli
The Angels’ Share
DAI 16 ANNI
Robbie, sotto l’effetto di stupefacenti, ha
quasi ucciso di botte un coetaneo.Vive
una condizione sociale e familiare di
disagio. Aspetta un figlio da Leonie. Con
altri tre amici sbandati, costretti ai lavori
socialmente utili, entra nelle grazie di
Harry, un omone tutto cuore che finisce
per diventare il suo mentore. Dopo il
parto della fidanzata si reca all’ospedale
per salutare l’arrivo del figlio Luke, ma
due parenti di Leonie lo pestano su
ordine del padre di lei. Harry lo medica e
gli consiglia di non mollare.
La scoperta del whisky gli cambia la vita.
Il ragazzo ha un naso sensibilissimo che
gli permette di riconoscere distillati
diversi. Durante la visita a una distilleria
Harry lo invita alla degustazione. Il
talento di Robbie incuriosisce un broker
che lavora per un collezionista russo.
Qualche giorno dopo i quattro amici si
recano a un’asta che assegnerà una botte
di prezioso distillato con l’idea di rubarla.
24
r. Ken Loach int. Paul Brannigan, John
Henshaw, Roger Allam, Siobhan Reilly,
Gary Maitland, Jasmin Riggins or. Gran
Bretagna/Francia 2012 distr. Bim dur. 101’
I
l cinema rappresenta la realtà per restituirla attraverso parabole che sono
delle istantanee. La contaminazione tra
racconto filmico e vita reale in Loach
non è una liturgia fittizia da real-movie,
ma il midollo del suo essere regista. Questa volta il grigio delle periferie inglesi genera una favola a lieto fine.
Robbie è figlio della disgrazia e come
tale si comporta, anche se, come afferma
Leonie, bisogna bonificare il terreno per-
Pinocchio
Geppetto, bambino, gioca con un
aquilone che gli scappa e scompare.
Molto tempo dopo l’aquilone
metaforicamente torna nelle mani del
proprietario sotto forma di un ciocco di
legno che per magia inizia a parlare.
L’uomo costruisce un burattino, lo
chiama Pinocchio e lo considera suo
figlio.
Pinocchio non vuole andare a scuola. È
refrattario a qualsiasi regola e dice
bugie che gli fanno crescere il naso. Si
mette spesso nei guai. Deve fare i conti
con l’inganno e la furbizia del Gatto e
la Volpe, con l’enorme Mangiafuoco,
con il Pescecane che lo inghiottirà. Per
fortuna a salvarlo arriva la Fata
Turchina, che lo cura col Corvo, la
Civetta e il Grillo parlante.
Pinocchio finisce nell’Isola dei Balocchi
ed è trasformato in asino. Infine si
ritrova nel ventre di una balena, dove
ritrova e salva Geppetto, andato a
cercarlo. Alla fine sembra aver capito la
lezione e aver imparato a rispettare e
amare il padre.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Enzo D’Alò sc. Enzo D’Alò, Umberto
Marino mus. Lucio Dalla mont. Gianluca
Cristolari or. Italia 2012 distr. Lucky Red
dur. 78’
I
spirato al testo di Collodi, il Pinocchio
di D’Alò arriva sugli schermi dopo diversi anni di lavorazione, una troupe di
più di 300 artisti e l’uso di un sofisticato
software digitale. Coniuga le potenzialità dalle nuove frontiere tecnologiche con
uno stile espressivo che ha il sapore di un
libro illustrato. I colori squillanti e vitali
dei disegni di Lorenzo Mattotti, le opere di Rossini, la colonna sonora scanzo-
ché germogli qualcosa: dare una risposta alle condizioni avverse anche quando mancano gli appigli e tutti vorrebbero eliminarti.
L’aiuto arriva inaspettato (Harry) e casuale (il whisky). Sostanze simili in fondo,
Harry come gli alambicchi, macchine per
distillare abbracci o liquori: quel che conta è l’essenza che si assapora e la suggestione fascinosa di quella che scappa via
inafferrabile nel processo di maturazione:
“la parte degli angeli”, che evapora e può
essere percepita da pochi eletti. Robbie
pare avere un naso sensibilissimo alle fragranze dei distillati, un talento che potrebbe avviarlo alla professione di degustatore. Prima però c’è da vincere la diffidenza del padre di Leonie, difendersi
da teppisti che lo braccano per vendicare un torto, smarcarsi dalla vita desolante del quartiere dormitorio dove vive, dalla sensazione di essere perdente. L’occasione della vita è un furto. Poca cosa forse, rispetto alla quantità di whisky nella
botte, pensando che una goccia al giorno
rallegrerà la vita di tre generazioni di ricchi sfondati. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 8 e 9. a.l.
nata di Lucio Dalla, un efficace cast di
doppiatori, ne fanno una produzione
curata nello stile visivo, briosa e interessante. Pur rimanendo complessivamente fedele al Collodi, sceglie una forma
narrativa e una modalità di rappresentazione che evidenziano una personale
chiave di lettura della celebre fiaba. Particolare attenzione è rivolta alla relazione tra Geppetto e Pinocchio. Ed è la lievità l’elemento che lo caratterizza.
Il regista sembra voler porre l’accento
più sull’aspetto divertito dell’essere bambino, che su quello regolativo e normativo. Quasi a dire che Pinocchio non è tout
court cattivo e disubbidiente. È piuttosto, come spesso accade nell’infanzia, desideroso di conoscere e scoprire, ma lo fa
in modo ingenuo, credulone e per questo
diventa facile preda degli ingannatori.
Tratti psicologici e comportamentali questi che D’Alò utilizza come a volerci ricordare che i bambini sono esseri speciali a cui va permesso di sbagliare, che
vanno presi per mano e accompagnati
nella crescita, nella scoperta di ciò che è
giusto e di ciò che non lo è. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 21. p.c.
DAGLI 8 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Qualcosa nell’aria
Après Mai
9 febbraio 1971, da qualche parte nei
pressi di Parigi. Il Secours Rouge è
un’organizzazione che indice una
manifestazione a sostegno di due
esponenti della Sinistra proletaria. A una
di queste manifestazioni partecipa anche
un gruppo di liceali e, tra loro, spicca il
protagonista, Gilles,17 anni, figlio di uno
sceneggiatore della televisione pubblica,
appassionato di cinema e di pittura.
Il ragazzo si innamora di Laure con la
quale ha una breve relazione che termina
quando la studentessa sceglie un percorso
di lotta politica estremo e pericoloso.
Dalla Francia all’Italia, tra sesso libero e
infinite discussioni: un road-movie, un
viaggio di formazione, in cui Gilles si
interroga sulla possibilità di raccontare i
moti rivoluzionari attraverso il
linguaggio del cinema cosiddetto
“borghese”.
Grazie a quel viaggio, a quegli incontri, a
molte situazioni vissute che hanno
comportato delle scelte, gli adolescenti
sono diventati un po’ più adulti.
r. Olivier Assayas int. Clément Métayer,
Lola Créton, Félix Armand, Carole
Combes, India Salvator Menuez, Hugo
Conzelmann, Mathias Renou,... or. Francia
2012 distr. Officine Ubu dur. 122’
C
ome gli adolescenti di ogni epoca, i
protagonisti di Qualcosa nell’aria
intrecciano e confondono le emozioni,
ma quel caos interiore può anche diventare terreno fertile per nuove idee, nuove prospettive; gli stessi fallimenti - in
campo sentimentale, lavorativo, politico
- possono educare e indicare strade nuove, direzioni alternative.
Ralph Spaccatutto
Wreck-it Ralph
Ralph Spaccatutto è il cattivo del
videogioco arcade Felix Aggiustatutto,
programmato per distruggere il muro del
condominio in cui abita Felix, un ragazzo
munito di martello magico con cui ripara
i danni di Ralph. Alla fine della partita,
Felix è acclamato e premiato con una
medaglia, una torta e l’affetto dei
condomini. A Ralph, confinato in una
discarica di mattoni, non resta che fare i
conti con ‘cattiveria’ e solitudine.
Un giorno, deciso a ottenere medaglia e
amore, lascia il suo videogioco per cercare
fortuna attraverso generazioni di
videogame, dimostrando a se stesso e al
mondo di meritarsi un destino da buono.
Infila l’universo caramellato di Sugar
Rush e incontra la piccola Vanellope von
Schweetz, un glitch disprezzato che sogna
un kart per correre la corsa della vita.
Insieme i due scoprono qualcosa di
importante sulla loro natura,
sconfiggendo un nemico letale che
minaccia l’intera arcade e le sue creature
pixellate.
r. Rich Moore int. John C. Reilly, Sarah
Silverman, Jack McBrayer, Jane Lynch,
Alan Tudyk, Mindy Kaling or. Usa 2012
distr. Walt Disney Pictures Italia dur. 101’
N
ato dall’incontro tra cinema e videogame, Ralph Spaccatutto apre
una finestra su una realtà virtuale in cui
abita e si muove Ralph, cattivo che si
sogna buono. Dentro un universo immaginario si svolge il viaggio dell’eroe
diviso in quattro tappe e in altrettanti
ambienti: il condominio in 8bit di “Fixit Felix Jr”, quello oscuro e formicolante di insetti di “Hero’s Duty”, quello co-
Con l’ultimo lavoro Assayas - premiato al Festival di Venezia per la Miglior Sceneggiatura - non ha voluto realizzare un
film “politico”, ma ha voluto fare un affresco di un periodo storico-culturale-sociale che conosce bene per parlare dell’universo giovanile, rivolgersi a quei giovani da persona matura, che ha vissuto
prima di loro e sulla pelle, con la stessa
sensibilità, il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Ha voluto raccontare lo smarrimento davanti alle scelte importanti e la
consapevolezza della propria identità davanti al pericolo dell’omologazione e delle ideologie imperanti. Quindi, in momenti di grande confusione e disorientamento, il regista offre una soluzione: affida all’Arte, in tutte le sue declinazioni,
una possibilità di salvezza.
Il personaggio di Gilles, infatti, non a
caso è appassionato di pittura, di scultura e di cinema. L’Arte, in particolare quella visiva, può documentare e far riflettere,
ma è importante che dietro lo strumento
tecnico, come dietro a una cinepresa, ci sia
una persona intellettualmente onesta e
tanta preparazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 6 e 7. a.m.
lorato e candito del gioco di kart “Sugar
Rush” e quello affollato della Game Central Station, dove si incrociano creature
nuove e vintage, minacciate dalla probabilità di finire “out of order”, e di conseguenza rottamati e rimpiazzati da una
versione più avanzata.
Rich Moore, regista di animazione
con I Simpson e Futurama, accompagna gli spettatori in un viaggio dove si incontrano concetti come l’onore, la lealtà, l’integrità e l’amicizia, dove è contemplata anche l’esistenza del Male, del
tradimento e della follia. Nel viaggio, che
ha per tesoro l’esercizio del libero arbitrio, Ralph sperimenta il cambiamento e
la maturazione. Partito per una medaglia
che ne accreditasse la bontà, scoprirà
che il destino gli ha riservato un incarico più alto: la felicità di una bambina e
dei suoi amici.
Ralph Spaccatutto, ultimo gioiello
della più grande fabbrica di sogni, è un
film pieno di colori, di riuscite scenografie, di libertà espressiva che materializza la felicità e conduce alla sua ricerca. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.
97, p. 12 e 13. m.gn.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
25
DAI 14 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Reality
Luciano Ciotola è un pescivendolo
talentuoso o così almeno lui e i suoi
familiari pensano che sia. Quando
capitano occasioni di raduni collettivi si
esibisce con grande sollazzo degli astanti
travestendosi ad hoc. Luciano vive a
Napoli in un palazzo antico che ha visto
giorni migliori. Con la moglie, che fa la
promoter di casalinghi automatizzati, ha
avviato un piccolo traffico illegale. Le sue
aspirazioni però vanno oltre. Il giorno in
cui i familiari lo chiamano da un centro
commerciale in cui si stanno facendo i
casting per la successiva stagione de “Il
Grande Fratello” mette da parte le
titubanze e si presenta.
Da quel momento si autoconvince di
avere le carte in regola per lo show
televisivo. Nessuno riuscirà più a fargli
comprendere, anche a trasmissione
avviata, che Mediaset non lo stia spiando,
grazie a sconosciuti che si presentano alla
pescheria o a casa sua, perché convinta
che la sua sia una storia che merita di
entrare, anche last minute, nella Casa.
R
eality non è una commedia a meno
che si vogliano classificare come commedie tout court film come Una vita difficile di Dino Risi. Il paragone può sembrare azzardato e forse lo è ma, se il personaggio interpretato da Sordi usciva da un dopoguerra di macerie cercando di conservare un’interiore integrità, Luciano Ciotola sembra vivere in uno scenario postatomico dal punto di vista delle dinamiche
sociali. A partire dal momento in cui (da
un simbolico centro commerciale, nuovo
Re della terra
selvaggia
Beasts of the Southern
Wild
Hushpuppy ha solo sei anni: la mamma è
andata via e lei vive con il padre,Wink,
nella Grande Vasca, nella Louisiana del
Sud, nella comunità “Bathtub”.
Wink ha una grave malattia e il suo cuore
sta per cedere, quindi vuol preparare la
figlia al distacco, a diventare forte e
coraggiosa anche perché quell’area è
soggetta a fortissimi uragani. Infatti, la
tempesta arriva uccidendo piante, persone
e animali. Gli abitanti sopravvissuti
vengono portati in una struttura sanitaria
nella città, ma Wink, i bambini e altri
adulti scappano per far ritorno al loro
habitat, in armonia con il Creato e in
totale libertà.
Hushpuppy fugge al di là del fiume dove,
forse, ritrova sua madre. E proprio ora che
Wink sta per morire, lei sa guardare negli
occhi le terribili bestie mitologiche e ha
imparato a piangere.
26
r. Matteo Garrone int. Aniello Arena,
Loredana Simioli, Nando Paone,
Graziella Marina, Nello Iorio,... or. Italia
2012 distr. 01 Distribution dur. 115’
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Benh Zeitlin int. Quvenzhané Wallis,
Dwight Henry, Levy Easterly, Lowell
Landes, Pamela Harper, Gina Montana,
Amber Henry, Jonshel Alexander,... or.
Usa 2012 distr. Bolero Film/Satine Film
dur. 92’
L
ouisiana del sud, New Orleans, Haiti,
Brasile: non importa dove perché il
racconto è epico e universale.
Nella Grande Vasca è tutto precario e
instabile, tranne i sentimenti di solidarietà e amicizia tra i suoi abitanti. Sulla piccola Hushpuppy incombe, inoltre, la paura della fine perché il riscaldamento globale sta facendo sciogliere i ghiacciai e
così arriveranno gli Aurochs, le creature
luogo di culto al dio consumo del fine settimana) Luciano compie il primo passo all’interno della spirale che lo porterà a perdersi, Reality smette anche di ‘sembrare’
una commedia. Perché l’orrore della progressiva putrefazione di un contesto sociale denunciata in Gomorra qui finisce con
l’assumere dimensioni decisamente più
ampie e apparentemente irreversibili.
La camorra, come cancro malavitoso
ha prodotto anche gli anticorpi di una società civile che ne contrasta almeno idealmente finalità e metodi. Non altrettanto
accade con format come“Il Grande Fratello” anche se in declino. Perché ormai non
si tratta più di audience o di share, si tratta di una forma mentis che è stata fatta
propria da molti. Quella per cui ciò che
conta è ciò che appare, senza che venga lasciato spazio alcuno all’idea di copioni
scritti ad hoc (perché ci sarebbero degli
‘autori’ riconosciuti come tali se tutto fosse ‘vero’?). Tutto sembra e ‘deve’ sembrare vero. Luciano diviene allora l’autore di
se stesso costruendo su di sé situazioni
che dovrebbero farlo apparire come il concorrente ideale. Vedi anche in Il Ragazzo
Selvaggio n. 94, p. 4 e 5. g.za.
terribili, quei mostri che concluderanno
l’Apocalisse.
Re della terra selvaggia è l’opera prima
di Benh Zeitlin, adattamento dell’opera
teatrale Juicy and Delicious di Lucy Alibar
e vincitrice di numerosi premi. Girato con
poche risorse economiche - grazie a un
uso sapiente del mezzo cinematografico
e alle scelte stilistiche che rimandano al
realismo magico - restituisce un’opera
poetica ed emozionante di grande contenuto e respiro visivo.
La dicotomia tra Natura e Cultura fa da
sfondo a questa storia, intima e profonda,
e al legame, conflittuale e intenso, tra una
piccola bambina e un grande uomo. Un
racconto di formazione che non vede coinvolta solo la bambina, ma vede protagonista anche un padre che non permette a se
stesso di abbandonarsi alle emozioni e
non lo permette nemmeno alla figlia.
Però quell’uomo riesce a insegnare a
sua figlia, e agli spettatori, a essere “re”
della propria terra e della propria vita, soprattutto quando le avversità sono tante,
troppe, senza lasciare spazio ai dubbi o alla rassegnazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 98, p. 26. a.m.
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
La regola
del silenzio
The Company You Keep
The Company You Keep
DAIGLI 8 ANNI
Anni 70, Stati Uniti. Gli Weather
Underground sono un’organizzazione di
estrema sinistra che si oppone al governo
centrale con azioni di protesta violenta e
attentati. La morte di una guardia giurata
in una rapina ne determina la diaspora:
la lotta fallisce, i militanti si disperdono.
Trent’anni dopo gli ex terroristi vivono
sotto nuove identità, schiacciati dal peso
del passato. L’arresto di una di loro innesca
una spirale inarrestabile: un giovane
reporter, coinvolto casualmente nel caso,
fiuta infatti lo scoop e inizia a indagare.
Presto scopre l’esistenza di Jim Grant,
avvocato di provincia, in realtà leader del
movimento entrato in clandestinità per
sfuggire all’arresto. Saltata la copertura,
Grant scappa, sotto gli occhi di un paese
che sembra aver rimosso i fatti di cui lo si
accusa. Sarà l’inizio di una tortuosa caccia
all’uomo.
r. Robert Redford int. Robert Redford,
Shia LaBeouf, Julie Christie, Susan
Sarandon, Brendan Gleeson, Terrence
Howard, Richard Jenkins,... or. Usa 2012
distr. 01 Distribution dur. 117’
A
settant’anni suonati Robert Redford
continua a proporre il suo cinema liberal asciutto e onesto, privo di orpelli e
impennate retoriche. La regola del silenzio - The Company You Keep è infatti un
racconto solido, condotto con mano sicura e retto da un cast di lusso chiamato ad accompagnare il passo ai due LaBeouf e Redford stesso. Thriller vecchio
stampo, costruito sui ping-pong di bre-
Ribelle
The Brave
The Brave
Siamo in Scozia, in un Medioevo
fantastico. Merida è una ragazzina
speciale: è una principessa, figlia di re
Fergus e della regina Elinor, ma è diversa
da tutte le altre. Ha una folta chioma di
riccioli rossi, sa tirare con l’arco e sa
anche il fatto suo.
Quando la madre indice una gara di
arcieri per scegliere il futuro marito della
figlia, Merida partecipa, vince e dichiara
di non avere alcuna intenzione di
sposarsi. Questo sarà il motivo di un
furioso litigio con la regina; Merida
strappa l’arazzo a cui Elinor si stava
dedicando da anni e fugge nel bosco. Qui
incontra una stravagante vecchina che fa
un sortilegio e le consegna alcuni oggetti
intagliati nel legno e da quel momento si
scatena una terribile maledizione: la
trasformazione della regina in orso.
Merida avrà a disposizione solo due
giorni per rompere l’incantesimo e potrà
farlo ricomponendo l’arazzo strappato.
r. Mark Andrews, Brenda Chapman,
Steve Purcell or. Usa 2012 distr. Walt
Disney dur. 93’
R
ibelle - The Brave, dei registi Brenda
Chapman e Mark Andrews, presenta una sceneggiatura ben scritta e una
narrazione che, nella prima parte, immerge lo spettatore in un’epoca storica
precisa, con atmosfere e ambientazioni
celtiche aderenti alla realtà per poi virare nel fantastico con incantesimi, fuochi
fatui e misteri da svelare.
L’universo femminile è qui raccontato attraverso un’iniziale contrapposizio-
vi scambi dialogici e sul sapiente dosaggio di secche e sporadiche sequenze
d’azione, il film vive di una tensione costante che impedisce allo spettatore di
astrarsi dallo sviluppo incalzante della
storia, ma che, a causa dell’eccessiva pulizia d’esecuzione, fatica a concretizzarsi in vera e propria suspense.
Tutto procede col pilota automatico,
come se a contare non fosse tanto l’articolazione di una caccia all’uomo destinata a tramutarsi in ricerca spasmodica
della verità, quanto lo svelamento della
verità stessa - facilmente intuibile sin
dal principio - in un finale “inevitabile”
che risolve i vecchi conflitti e apre a un
nuovo possibile futuro di coerenza e dirittura morale.
Terrorismo, moralità dell’informazione, uso della violenza a fini politici, senso di colpa e omertà: la carne al fuoco è
molta, ma fortunatamente, nonostante
un certo paternalismo democratico (tipicamente yankee), la capacità del regista di gestire la narrazione e le proprie
ambizioni non sembra essere venuta
meno col tempo. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n 97, p. 31. m.l.
ne: lo strappo dell’arazzo segna la frattura anche psicologica tra una ragazzina
indomita (come la sua chioma), autonoma e una donna-regina severa, inflessibile. Sarà una strega - capace di guardare lontano - a dare a Merida e a Elinor
l’opportunità di riconoscersi l’una nell’altra, di fare i conti con se stesse e di
riavvicinarsi.
Il percorso non è semplice e vede
coinvolte le due donne sul fronte fisico
(le battaglie, i pericoli, le ferite) - tipico
dell’universo maschile - e su quello interiore, il percorso più significativo e,
forse, più legato al mondo femminile, a
quella dimensione che sa accogliere e
dare la vita.
Merida, inoltre, capirà che la vita è
un intreccio di fili e di relazioni per cui
ognuno di noi è indissolubilmente legato a chi incontra, che decisioni e comportamenti hanno sempre conseguenze
che coinvolgono tutti. Mentre Elinor imparerà a mettersi in discussione, ad abbandonare le etichette di corte, a recuperare il ruolo più comprensivo e accudente di donna e di madre. Vedi anche in
Il Ragazzo Selvaggio n. 95/96, p. 30. a.m.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
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DAI 16 ANNI
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Riedizioni
Vogliamo vivere!
To Be or Not to Be
DAI 16 ANNI
In Polonia, nell’imminenza
dell’occupazione nazista, la compagnia
teatrale di Josef Tura mette in scena la
commedia “resistente” Gestapo. La polizia
polacca proibisce lo spettacolo e i Tura
sono costretti a ripiegare su Amleto. Maria
Tura ha un flirt col tenente d’aviazione
Stanlislas Sobinski, membro della
Resistenza polacca, che si rifugia a Londra
ove si progettano con gli Alleati azioni
militari antinaziste. Il gruppo è infiltrato
dall’ambiguo prof. Siletsky, spia con il
compito di individuare i nuclei della
Resistenza. Il progetto viene bloccato da
Tura e compagni, che con una serie di
travestimenti impediscono la rivelazione
della rete resistenziale alla Gestapo da
parte di Siletsky, prima ucciso e poi
sostituito dallo stesso Joseph Tura.
Scoperti dalla polizia tedesca, gli attori
realizzano una straordinaria messa in
scena con cui sostituiscono lo stesso Hitler
per fuggire con un aereo tedesco a Londra.
28
r. Ernst Lubitsch int. Carole Lombard,
Jack Benny, Robert Stack, Felix Bressart
or. Usa 1942 distr. Teodora Film dur. 99’
I
l titolo italiano Vogliamo vivere! impoverisce l’ambivalenza dell’originale To
Be or Not To Be. Il monologo realizza una
meditazione sulla vita, il desiderio, il sogno e la morte, assurgendo a proverbiale riflessione sul senso dell’esistenza. Il
monologo è diventato col tempo anche
sinonimo di un rapporto problematico
fra la finzione, il teatro, la realtà e la vita. È proprio nella direzione dello svelamento della falsità della convenzione
Il rosso e il blu
Sullo sfondo di una scuola romana si
intrecciano le vicende di un insegnante
di storia dell’arte ormai a fine carriera,
di un giovane supplente e della preside.
Disilluso e stanco, il prof. Fiorito ha
perso da tempo la propria passione per
l’insegnamento e si direbbe, più in
generale, per la vita. Il giovane
insegnante di Lettere, il prof. Prezioso, è
invece pieno di entusiasmo e convinto
di poter cambiare il mondo, ma prima
ancora di poter guidare i propri allievi:
in particolare prenderà a cuore le sorti
di Angela, una studentessa spesso
assente. Ma dovrà suo malgrado finire
col fare i conti con la propria
inesperienza.
L’inappuntabile e severa preside sarà
invece costretta a occuparsi dello
strano alunno Enrico Brugnoli,
dimenticato dalla propria madre,
andando ben oltre le proprie
competenze professionali e l’orario
scolastico.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Giuseppe Piccioni int. Margherita Buy,
Riccardo Scamarcio, Roberto Herlitzka,
Silvia D’Amico, Davide Giordano or.
Italia 2012 distr. Teodora Film dur. 98’
A
bbandonate le note melodie francesi della precedente pellicola, che
raccontavano di passioni, di amori finiti, la colonna sonora de Il rosso e il blu è
molto più reale e concreta, un coro mai
totalmente armonico, in cui ogni voce ha
il suo timbro e la sua stonatura, una modulazione variegata e ricca di sonorità.
Prendendo le distanze da qualunque intento sociologico o di denuncia, la pel-
teatrale che si volge Lubitsch, creatore
della commedia brillante a Hollywood.
La messa in scena teatrale serve a smontare l’“organizzazione” militare nazista.
Il film realizza un gioco di specchi, rimandi e sottili variazioni fra realtà e finzione. Gli attori della compagnia aspirano alla rivelazione dell’essenza di se stessi e della realtà attraverso una prova interpretativa che annulli tale separazione.
La scena fondamentale è quella in cui
l’attore Greenberg, impiegato nelle recite dell’Amleto come alabardiere, che ha
sempre sognato di divenire protagonista
ne Il mercante di Venezia, viene usato
per recitare il famoso monologo dell’ebreo (che qui diventa il popolo polacco perseguitato), per depistare i soldati
tedeschi posti a protezione di Hitler. In
una direzione opposta (dalla realtà alla
finzione), i nazisti rinunciano alla propria umanità per ubbidire alle regole di
una cieca ubbidienza al Fuhrer che li fa
diventare grotteschi manichini. Così finiscono per partecipare inconsapevolmente a una recita ordita da altri, che si
rivolta contro di loro. Vedi anche Il Ragazzo Selvaggio n.100, p.6 e 7. f.v.
licola è una commedia sul mondo della
scuola, un racconto corale che intreccia
i percorsi di tre insegnanti, con le loro
idiosincrasie e contraddizioni.
La scuola c’è, con le sue inadeguatezze e disfunzioni, ma l’attenzione, nel
film, è rivolta alle persone, ognuna a suo
modo alle prese con una scelta e coi propri errori più o meno gravi. La classe si
trasforma in un campo di battaglia in
cui quotidianamente si consumano conflitti donchisciotteschi. La pellicola riesce bene a mettere in scena le dinamiche
di quei rapporti di forza, a restituire gli
opposti punti di vista; l’osservazione da
un lato, dello sfilare nel corso delle ore
dei vari insegnanti, quel sovrapporsi di
parole e di nozioni; dall’altro, la percezione di aver davanti a sé una platea assente, apatica.
Si può credere che sia tutto inutile,
ma si può anche pensare che vi siano
ancora attimi in cui riuscire a trovare
connessioni tra il mondo degli adulti e
quello dei ragazzi, una comunicazione,
forse soltanto più flebile, eppure possibile. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio
n. 95/96, p. 23. l.c.
DAI 6 ANNI
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Ruby Sparks
Calvin Weir-Fields è un giovane
scrittore in crisi. Da qualche tempo il
sogno di un’affascinante ragazza, Ruby,
lo stimola a elaborare una nuova
storia, ma gli manca la scintilla per
mettere insieme un racconto
convincente. Il suo psicanalista,
ricordandogli l’importanza
dell’amicizia e dell’amore, lo sprona a
uscire dall’isolamento in cui Calvin si
rifugia alla ricerca di idee. Ruby lo
seduce sempre di più e, dopo una notte
trascorsa a scrivere, il miracolo accade:
la ragazza è a casa sua, in carne e ossa.
Calvin pensa di essere pazzo, ma poi si
convince che la sua penna ha
materializzato Ruby con la quale può
cominciare una vita spensierata.
Ruby è perfetta, ma Calvin scopre che
la ragazza esegue qualunque cosa egli
scriva su di lei. Per rispettare la libertà
della sua creatura, chiude il romanzo
in un cassetto. Ma dopo qualche tempo
la relazione si appanna e Calvin decide
di intervenire.
r. Jonathan Dayton, Valerie Faris int.
Paul Dano, Zoe Kazan, Antonio
Banderas, Annette Bening, Chris
Messina or. Usa 2012 distr. 20th
Century Fox dur. 108’
R
uby Sparks è una commedia venata
di inquietudine che prende spunto
dai grandi miti della letteratura angloamericana. Il nodo cruciale della vicenda
è il rapporto conflittuale tra un creatore
di personaggi e la sua creatura, amata e
odiata allo stesso tempo. Come un moderno dottor Frankenstein, Calvin dapprima è compiaciuto del prodotto della
sua mente, piena di candore e sensuali-
Sammy 2
La grande fuga
Sammy’s Adventures 2
Sammy e Ray, le tartarughe del primo
episodio, hanno raggiunto una veneranda
età; assistono allo schiudersi delle uova,
aiutano i nipotini ad affrontare l’oceano, li
difendono dall’assalto dei gabbiani, ma
vengono catturate e trasportate, con Lulù,
una squinternata aragosta e Jimbo,
strambo pesce blob, in un
acquario/ristorante di Dubai dove faranno
parte di uno show. I neonati Ricky ed Ella
le seguono, per liberarle. Nel nuovo
ambiente conosceranno tanti animali: su
tutti domina Big D, l’ippocampo.
Ricky ed Ella intanto, dopo varie peripezie,
incontrano la polipetta Annabel e la
madre che li aiuteranno nella ricerca dei
nonni. Big D impedisce i tentativi di fuga
di Sammy e Ray, che hanno attirato
l’attenzione degli altri pesci. Saranno i due
piccoli e Annabel a liberare i prigionieri
con l’aiuto delle seppie, del loro inchiostro
e … dei veterinari. Tutti meno Big D e una
coppia di innamorati.
r. Ben Stassen or. Belgio 2012 distr.
Eagle dur. 92’
I
l film rappresenta una collettiva ricerca della libertà, inanellando una serie
di sequenze di concitate fughe e catture, coinvolgenti e spettacolari, alcune
persino inquietanti. E tuttavia l’insieme
soffre di una certa ripetitività narrativa.
La descrizione delle dinamiche interne della vita nell’acquario interrompe
l’azione principale ed è l’occasione per
presentare la ricchezza di esemplari della vita sottomarina e delle loro relazioni
con gli esseri umani.
tà. A poco a poco, però, Ruby acquisisce
autonomia, vuole vedere il mondo, conoscere altre persone. Nasce perciò in
Calvin il dilemma: essere padrone della
vita o concedere la libertà?
Il fascino del film risiede nel progressivo scivolamento del racconto da un livello di realtà verosimile alla dimensione sfumata del fantastico. All’inizio della storia i piccoli riti del giovane scrittore ci danno la sicurezza di una vita normale. La materializzazione improvvisa di
Ruby, invece, determina una tensione
drammatica che ha il suo culmine nelle
sequenze finali.
Le modifiche che Calvin apporta al
romanzo dovrebbero perfezionare il carattere di Ruby, ma sortiscono l’effetto di
farne un pupazzo. Calvin però non è
l’egocentrico accentratore che per un
momento crediamo, è piuttosto dominato dalla sua arte, fino a quando non riesce a trovare la “giusta distanza” per scrivere. È questo il senso della prefazione al
romanzo quando si dice: “Lei mi si è presentata da sola, io ho solo avuto la fortuna di poterla descrivere”. Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n. 97, p. 27. c.m.v.
Il messaggio educativo percorre tutto il testo, dall’importanza di non arrendersi di fronte alle difficoltà, anche in
un mondo feroce dominato dalla legge
della catena alimentare, alla forza della
famiglia unita e dell’amicizia, alla difficoltà di scegliere tra i vantaggi di una vita protetta in un carcere sontuoso e i rischi di una natura libera e selvaggia.
Tecnicamente eccellente, attento a
segnare la differenza tra dentro e fuori
con colori opachi e contorni imprecisi
nel mare aperto, il film usa tutto il fascino della nuova tecnica per favorire l’avvolgente immersione nel mondo subacqueo, tante volte presente nei prodotti
per bambini, un ambiente che può inconsciamente richiamare il liquido amniotico ancora relativamente vicino ai
piccoli spettatori.
Una fiaba garbata, coloratissima, ricca di buoni sentimenti, su sfondo ecologico: l’acquario, invenzione tremenda
dell’uomo, come lo zoo. I cattivi un poco spaventano, ma numerosi sono i buoni in cui identificarsi e sorridere. E pensare. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio
n. 98, p. 36. c.d.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
29
DAI 16 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
La scelta
di Barbara
Barbara
DAI 16 ANNI
Nell’estate del 1980 Barbara, di
professione medico, viene trasferita in un
piccolo ospedale di un paese di campagna
della Germania Est. La giovane donna è
stata costretta a lasciare Berlino per
punizione dopo avere richiesto un visto
d’espatrio. Nella nuova località tutti sono
a conoscenza della sua storia, molti la
trattano con ostilità ed è tenuta sotto
stretta sorveglianza dalla polizia segreta.
Barbara non dà confidenza a nessuno e
diffida anche del collega André, che ha
abbandonato i sogni di una carriera
migliore rifugiandosi in quel posto isolato.
Nel frattempo Jörg, il compagno di
Barbara che vive in occidente, sta
preparando la fuga della donna. Coperta
da André, Barbara cerca di aiutare con
tutti i mezzi Stella, una ragazza scappata
diverse volte da un campo di rieducazione
e incinta. Quando potrebbe finalmente
partire di notte a bordo di una barca,
Barbara decide di far fuggire Stella.
30
r. Christian Petzold int. Nina Hoss,
Ronald Zehrfeld, Jasna Fritzi Bauer or.
Germania 2012 dur. 105’
S
ono gli sguardi, più delle parole, a
esprimere le relazioni, gli stati d’animo, il diffuso, tangibile senso di diffidenza e di oppressione che pervade le vite
dei personaggi e, più estesamente, le dinamiche sociali narrate ne La scelta di
Barbara. Gli occhi trasmettono una moltitudine di emozioni, con impercettibili e
silenziosi movimenti manifestano disagi
Il sospetto
Jagten
In un tranquillo paesino danese, che
viene mostrato nella sua
apparentemente cordiale solidarietà,
Lucas, con un divorzio alle spalle,
vuole ricostruire la sua vita chiamando
a sé il figlio che la ex-moglie cerca di
sottrargli. Fa il maestro in una scuola
materna, godendo di grande successo
presso i bambini e di grande stima
presso gli adulti.
Un giorno la piccola Klara, figlia del
suo migliore amico, lo accusa presso la
direttrice di abusi sessuali. Sulla base
del principio che “i bambini non
mentono” viene assunta acriticamente
l’innocenza della bambina e
altrettanto acriticamente è negata
quella dell’adulto.
Il sospetto di tale colpa infamante
contagia tutti, rendendo durissima
l’esistenza a Lucas e al figlio, che
vengono emarginati, evitati, rifiutati e
infine anche aggrediti fisicamente.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Thomas Vinterberg int. Mads
Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika
Wedderkopp, Lass Fogelstrøm, Susse
Wold, Anne Louise Hassing,... distr. Bim
dur. 106’ or. Danimarca 2012
I
n un ambiente antropologico e culturale chiuso al dialogo, più incline a decidere e giudicare che a comunicare e riflettere, sono mostrate le tradizioni del villaggio: i maschi hanno l’abitudine di praticare in gruppo la caccia al cervo, che dopo ogni battuta celebrano con gare di bevute all’osteria e tuffi nelle acque gelide del
laghetto. L’allegra cordialità del gruppo si
fonda sulla pratica violenta della caccia,
interiori e scrutano quel che li circonda,
costantemente attenti a cogliere dettagli
e a fornire informazioni. Gli occhi di Barbara, quelli di André e degli altri personaggi che vivono in un posto di campagna
sorvegliato, come tutta la Germania dell’Est, dalla polizia segreta. E gli occhi di
Christian Petzold, regista che, per descrivere con realismo la quotidianità di un
paese spiato dal regime, sceglie uno stile
essenziale e, come i personaggi, taciturno, lasciando che siano le immagini, molto ricercate e mai narcisiste, a costruire,
con lentezza e precisione, un ritratto altamente politico e profondamente fisico
proprio perché mantenuto sul filo del
suggerito, del non detto.
Petzold filma con la stessa tensione visiva sia gli interni frequentati da Barbara
e André sia gli esterni che la protagonista
percorre in bicicletta o in treno. Fino alla
spiaggia notturna dove si consuma - insieme a quella del bacio che Barbara dà
ad André - la scena madre del film tra
Barbara e Stella, altra figura solitaria e, a
differenza della dottoressa, incapace di
reprimere il dolore. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.99, p. 21. g.g.
aggressione e sopraffazione, confermata
anche dalla tradizione di ammettere all’età adulta i ragazzi col premio di armi.
Su questo sfondo di aggressività mimetizzata da amicizia viene poi mostrato l’irreparabile diffondersi del contagio, la crescente ondata di paura, odio, rifiuto da parte dei compaesani nei confronti del protagonista, di cui lo spettatore condivide lo stupore, lo sconcerto,
lo sdegno e l’impotenza.
La bellezza e la forza del film stanno
proprio in questo mostrare l’inesorabile dilagare del sospetto, psicosi collettiva, che intacca la compagine del villaggio, insidiandone la compattezza e vanificandone sicurezze e relazioni. Per celebrare la propria innocenza e coesione, la comunità ha bisogno di identificare come esterno e di eliminare quel nemico che avverte dentro di sé. Nella caccia al cervo il capro espiatorio che purificherà il paese dalle colpe di tutti sarà
Lucas. La sconcertante sequenza finale,
che chiude il film dopo un’ellissi, interpella lo spettatore, chiamandolo a integrare e interpretare.Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 97, p, 6 e 7. m.g.r.
DAI 16 ANNI
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La sposa
promessa
Lemale Et Ha’ Chalal
DAI 16 ANNI
Tel Aviv. Shira, 18 anni, figlia del capo
Rabbino della Comunità ebraica
ortodossa degli Hassidim, come ogni
giovane donna aspira al matrimonio. È
pronta ad accettare lo sposo propostole
dalla famiglia: un giovane coetaneo,
intravisto al supermercato, incontrato
una volta nel salottino di casa con il
controllo dei famigliari.
I preparativi per le nozze vengono
interrotti da un grave lutto: Esther, la
sorella maggiore, muore per parto
lasciando il giovane marito Yochay e il
bambino di cui si occupano subito Shira e
sua madre. L’uomo viene invitato, secondo
le regole della Comunità, a risposarsi per
allevare il piccolo orfano.
Quando si delinea la possibilità che
Yochay scelga una vedova belga, la
suocera, disperata all’idea di essere
allontanata dal nipotino, propone a Shira
di prendere il posto della sorella. Ora la
difficile decisione spetta alla ragazza.
r. Rama Bursthein int. Hadas Yaron,
Yiftach Klein, Irit Sheleg, Chayim Sharir,
Razia Israely, Hila Feldman, Renana Raz,
Yael Tal, Michael David Weigl,... or.
Israele 2012 distr. Lucky Red dur. 90’
O
pera prima dell’americana Rama Bursthein, laureata a Gerusalemme, il
film è ambiento nella Comunità ebrea ortodossa degli Hassidim, un mondo chiuso, strettamente osservante, con regole rigide, liberamente accettate dagli adepti.
Le figure maschili sono preminenti
(cappelli neri, barbe lunghe, boccoli), ma
anche le donne (le sposate si coprono il capo con lo sheite), depositarie delle tradi-
Sta per piovere
Said è un ragazzo di circa vent’anni,
nato e cresciuto in Italia, in Toscana,
ma di origini algerine. Studia
ingegneria e, come tanti coetanei, ha
un lavoretto part-time come panettiere
ed è anche fidanzato.
A causa della crisi economica il
direttore della fabbrica in cui lavora
suo padre, Hamid, si toglie la vita;
Hamid, dopo trent’anni trascorsi a
lavorare onestamente, perde il posto e
tutta la famiglia riceve un decreto di
espulsione.
Said, in principio, cerca di trovare una
soluzione legale al problema, ma si
imbatterà nei labirinti della burocrazia
e della legislazione per cui, non
riuscendo ad avere alcun appoggio da
parte delle istituzioni, decide di
rivolgersi ai mass-media. Cerca di
comunicare tramite radio e stampa
come si può sentire un ragazzo che
porta nel nome e nel cuore due culture
di appartenenza e che, all’improvviso,
deve sceglierne una e negare l’altra.
r. Haider Rashid int. Lorenzo Baglioni,
Mohamed Hanifi, Giulia Rupi, Amir Ati,
Michael Alexanian or. Italia/Iraq 2013
distr. Radical Plans dur. 91’
A
lla sua quarta opera cinematografica il regista Haider Rachid, con Sta
per piovere, parla anche di sé: è infatti un
italiano di “seconda generazione” in
quanto nato a Firenze da madre italiana e padre iracheno. Said è, quindi, il
suo alter-ego in questa storia che intreccia fiction e documentazione della
realtà.
Le domande che si pone il protagonista, infatti, sono: “Chi sono io adesso?” “A
zioni, sono importanti. Si veda la figura
della madre di Shira, deus ex machina della situazione. Per non allontanarsi dal nipotino propone alla figlia il matrimonio
con il cognato. Non una imposizione
esplicita, ma una coazione psicologica
che insinua sottilmente il senso del dovere. Divisa tra ragione e sentimento, dubbi, sensi di colpa e desiderio di non cedere a un ricatto affettivo e morale la giovane finirà per accettare il matrimonio.
La regista mantiene un notevole equilibrio emozionale e ci rivela che quella
che potrebbe sembrare una scelta razionale può trasformarsi in libera scelta affettiva. Segue con sensibilità la nascita dell’amore nell’animo della giovane: sguardi
timidi, un sorriso, un gesto di tenerezza,
sottolineati da primi piani.
Il film - girato quasi tutto in interni, a
sottolineare la chiusura della comunità
tra riti e tradizioni e il ritratto introspettivo della giovane - ha uno svolgimento lineare, realistico, efficace sul piano espressivo. Citiamo ad esempio in proposito le
immagini luminose del matrimonio e il
bianco immacolato dell’abito da sposa,
simbolo di gioia e di speranza. a.f.
chi/a cosa appartengo?” “Dove e quale
sarà il mio futuro?”
La risposta alla terza domanda per
Haider/Said è chiara: vuole che il suo futuro sia in Italia, come il suo Presente e
il suo Passato. Non si possono cancellare gli anni e i ricordi, le esperienze (seppure sia ancora giovane) e gli incontri. Ecco perché la macchina da presa segue il
protagonista nella sua quotidianità, riprende i suoi gesti che appartengono a
tutti (italiani e stranieri), registra la sua
esistenza che non può essere trasferita, in
poco tempo, da un ambiente a un altro.
La relazione tra Stato e cittadino comune si fa sempre più difficile: da una
parte i giovani che sono costretti a fare
appello ad altri italiani come loro per
non essere considerati stranieri e, dall’altra, un Paese che li rifiuta.
Ma, per fortuna, quello stesso Paese si
regge non solo su decreti e documenti,
anche sull’umanità di tante persone che
possono unirsi alla battaglia di Said, della sua famiglia e di tutti coloro che si trovano nella loro stessa assurda situazione. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.
100, p. 21. a.m.
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DAI 12 ANNI
DAI 6 ANNI
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Turbo
Sebbene sia soltanto una lumaca,
Turbo ha la passione delle corse ed è
per questo fonte di continue ansie per
suo fratello Chet, che lo vede sempre
compiere imprudenze in nome del suo
desiderio di emulare il campione Guy
Gagne, asso di Indianapolis.
Una sera, però, durante un giro fuori
dal giardino, Turbo finisce
accidentalmente nel motore di una
potente auto sportiva: le sue cellule
subiscono così una mutazione
trasformandolo in una lumaca
velocissima! Al punto che, quando il
gestore di un chiosco ambulante con
l’hobby della corsa di lumache si
accorge delle sue capacità, decide di
fare il colpaccio, iscrivendolo
direttamente al campionato di
Indianapolis. Superate le formalità di
rito, il caso della “lumaca da corsa”
inizia a far parlare di sé: al di là della
propaganda, però, contano i fatti!
Turbo si ritrova così in pista fra
autentici bolidi, e opposto al suo mito
Guy Gagne: riuscirà a esserne degno?
r. David Soren or. Usa 2013 distr. Fox
dur. 96’
I
paradossi sono abbastanza di casa alla Dreamworks Animation e quindi
l’idea di contrapporre il mito della velocità a un animale lentissimo per antonomasia come la lumaca non dovrebbe
stupire particolarmente. Come sempre
si cerca comunque di portare dalla propria parte lo spettatore, il cui punto di vista scettico e “prudenziale” è incarnato
da Chet, il fratello del protagonista, pa-
Vita di Pi
Life of Pi
Piscine Molitor Patel cresce a Pondicherry,
città dell’India, nello zoo gestito dal padre.
I compagni lo deridono per il nome (che
lui sintetizza in Pi). Il ragazzo è attratto
dalle religioni. Diventa così cristiano e
musulmano, rimanendo anche un fedele
induista. Quando l’impresa va in crisi, la
famiglia si trasferisce in Canada portando
con sé alcuni animali da vendere.
La nave su cui viaggiano fa naufragio e
Pi è l’unico che si salva su una scialuppa,
su cui in breve sale anche Richard Parker,
temibile tigre con cui dovrà condividere
un lungo e defatigante soggiorno
nell’Oceano. Dal timore nei confronti
dell’animale Pi si libererà domandolo
fino a quando si imbatteranno in una
strana isola galleggiante su radici e
affollata da suricati.
Raggiunta la terraferma Richard
Parker entrerà nella foresta senza
voltarsi. Tutto questo è raccontato da Pi
ormai adulto a uno scrittore in crisi,
alla ricerca di una storia.
numero 101/102 · settembre-dicembre 2013
r. Ang Lee int. Suraj Sharma, Irrfan
Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard
Depardieu, Adil Hussain , Ayush
Tandon,... or. Usa 2012 distr. 20th
Century Fox Italia dur. 127’
A
ng Lee ha saputo sfruttare il 3D per
rendere viva la paura, descritta nel
capitolo 56 del romanzo da cui il film è
tratto. Della paura il testo dice tra l’altro “È
lei l’unico vero avversario. Solo la paura
può sconfiggere la vita. È un’avversaria
intelligente e perfida, io lo so bene. Non ha
dignità, non rispetta leggi né regole, non
ha pietà…”.
Tematicamente è questo il motore narrativo del film dopo una descrizione del-
radigma di buon senso e istinto di sopravvivenza in un mondo ostile.
Il percorso di formazione di Turbo,
stimolato dal suo ottimismo e dalla voglia di scardinare le categorie precostituite, cerca quindi di trovare un nuovo allineamento nei confronti di un universo
dove coesistono grandezze diverse (quali possono essere, appunto, quelle fra
una lumaca e un’auto da corsa). Il piglio
è un po’ quello dei supereroi (con tanto
di mutazione annessa), mentre la morale inneggia al superare ogni ostacolo se
ci si crede.
Di particolare interesse, comunque, è
il fatto che questo mondo già presenti in
nuce alcuni aspetti peculiari che rendono possibile l’improbabile: si veda la
banda di lumache con cui Turbo fa amicizia e che dimostrano un’agilità decisamente fuori dal comune. Conquistata la
simpatia dello spettatore, tutto è quindi
pronto per un’avventura non fine a se
stessa, ma orientata a ridare dignità agli
emarginati, come le lumache, ma anche
come il gestore del chiosco, in cui si riflettono gli immigrati ispanici che guardano al celebre sogno americano. d.d.g.
l’infanzia del protagonista dominata da
una particolare forma di sincretismo religioso che il ragazzo coltiva spontaneamente, salvo poi accorgersi (e questo sullo schermo non c’è) che i ‘custodi’ delle
varie fedi se ne litigano l’appartenenza.
Ciò che però va oltre la spettacolarità e
l’appeal del rapporto uomo/animale sul
grande schermo è una riflessione sulla
narrazione.
La vicenda è rivissuta in flashback da
un Pi adulto e sposato con prole, il quale
la racconta allo stesso Yann Martel (autore del libro). L’escamotage iniziale, con
lo scrittore in crisi ideativa che si reca in
Canada per farsi narrare da un indiano la
sua vita diventa funzionale alla riflessione che viene imposta dal finale.
A un Martel privo di creatività viene
proposta da Pi una storia inverosimilmente credibile. Alla fine Pi, senza più alcuna immagine in flashback a supporto,
racconta un’altra storia (agli assicuratori
della nave naufragata). È una vicenda di
efferata crudeltà che non può essere ‘vista’ ma che forse corrisponde a ciò che è
‘veramente’ accaduto…Vedi anche in Il
Ragazzo Selvaggio n. 97 p. 32. g.za.
DAI 16 ANNI
DAI 10 ANNI
A N N U A R I O 2 0 13
Zambezia
Vicino a una cascata, nel tronco di un
albero di baobab, si trova Zambezia,
area protetta dove vivono in armonia e
pace uccelli d’ogni piuma.
Lontano da lì vive Kai, un falco che il
padre Tendai ha isolato dai suoi simili,
tormentato dal rimorso per la morte
della moglie di cui pensa di essere stato
la causa mentre lottava contro il
temibile iguana Budzo.
Kai, sentendone parlare, decide di
raggiunge Zambezia dove cerca di farsi
ammettere nel corpo dei Tornado,
volatili preposti alla difesa. Vi arriva
giusto in tempo per entrare in azione.
Perché Budzo, con l’aiuto dei Marabù esclusi da Zambezia -, ha deciso di
impossessarsi di tutte le uova della
comunità. Ha sequestrato Tendai e ha
obbligato gli uccelli tessitori a costruirgli
un ponte per raggiungere la sua meta.
Kai e Zoe, figlia del capo della città un
tempo salvato da Tendai, saranno
determinanti per la vittoria che vedrà
anche la riammissione a Zambezia dei
Marabù.
r. Wayne Thornley or. Sudafrica 2012
distr. Moviemax dur. 83’
Q
uesta storia non ha nulla da invidiare a quelle delle major statunitensi in particolare per quanto riguarda
i temi affrontati. Zambezia ha il suo punto di forza in una scenografia colorata e
vivace e in una grande attenzione in
campo ornitologico. Le caratteristiche
delle diverse specie di volatili presenti
nel film corrispondono a quelle reali.
Ma è la caratterizzazione dei personaggi che offre una contestualizzazione
che non è facile trovare in film d’animazione. In Kai che, come ogni preadole-
scente, è desideroso di cimentarsi con il
mondo, la trasgressione al divieto non
assume il senso della sterile ribellione
all’autorità paterna. Anzi, sarà proprio
questo suo gesto a fare uscire il padre
da una rassegnazione legata a un senso
di colpa che non ha più ragione di essere. Il desiderio del giovane falco di entrare a far parte dei Tornado non è dettato
da spavalderia ma dalla consapevolezza
delle proprie doti che possono servire
alla comunità. Una comunità che, grazie
alla saggezza dell’anziano Sekhuru fa
proprio il concetto secondo cui nessun
volatile è un’isola. La prova è data dalla
riammissione dei Marabù dopo aver capito l’errore. Accettata la resipiscenza
degli zambeziani, i Marabù rientreranno
a Zambezia.
Alla fine si comprende come questa
prima prova del cinema di animazione
sudafricano stia parlandoci, sotto metafora, dell’impresa (che sembrava impossibile) e della speranza nella gioventù di un signore che non si chiama Sekhura bensì Nelson. Di cognome Mandela. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio
n. 98,p.37. g.za.
Zero Dark Thirty
In una prigione di massima sicurezza
l’agente della Cia Dan interroga un
esponente di Al Qaeda alla presenza della
collega Maya alla prima vera missione. Si
cerca di avere informazioni per
inquadrare la struttura che fa capo a
Osama, soprattutto per prevenire altre
azioni terroristiche. Che invece si
susseguono: Madrid e Londra, gli attacchi
in Arabia Saudita e al Marriott Hotel di
Islamabad. La cattura di Osama diventa
un’ossessione.
Dan torna in America. Maya e la collega
Jessica restano in Pakistan e quest’ultima
è vittima di un’imboscata.
Maya ormai pensa solo a trovare Bin
Laden. Quando tutto sembra a un punto
morto, spunta il corriere di Osama.
Nonostante lo scetticismo dei vertici Cia,
Maya riesce a identificare l’abitazione
dell’uomo alla periferia di Abbottabad, in
Pakistan. Le operazioni sono complesse e
non è certo che all’interno ci sia Osama.
Dopo più di quattro mesi di monitoraggio
satellitare, la notte del 2 maggio i corpi
speciali fanno irruzione nel bunker.
r. Kathryn Bigelow int. Jessica Chastain,
Jason Clarke, Joel Edgerton, Mark
Strong, Jennifer Ehle, Reda Kated,... or.
Usa 2012 distr. Universal dur. 157’
N
on sfuggono i cross-over tra The Hurt
Locker e questo nuovo film della regista. Ma con Zero Dark Thirty il focus si
sposta definitivamente sugli agenti della
Cia, per esplorarne il lato umano e gli
aspetti etici che ne guidano le condotte.
In questa pellicola prevale l’asciuttezza del racconto. I passaggi che hanno portato a scovare il classico ago nel pagliaio
(pakistano) sono raccontati accentuando i difetti del sistema, quindi i fallimenti, le frustrazioni, i disorientamenti seguiti al cambio di inquilino alla Casa Bianca.
Anche la cronaca delle torture è raccontata attraverso una regia che si concentra sul senso della stessa, inflitta attraverso pochi quadri comunque scioccanti. Ci
troviamo così nella posizione disorientante di condividere le ragioni degli agenti Cia e di soffrire i patimenti dei presunti affiliati ad Al Qaeda.
L’inizio shock è ammorbidito dalla
crescita del personaggio di Maya: una
donna fragile fisicamente, che rischia la
pelle ogni qual volta mette un piede fuori da un ufficio. Maya è intuito e intelligenza, caparbietà e ossessione: ingredienti che giustificano una straordinaria
capacità di vedere dove altri non possono, sfidando le logiche dell’Intelligence
e di un mondo prevalentemente maschile. Maya privilegia la riflessione sui fatti, tentando di far luce nell’oscurità.
Pochi spiragli punteggiano il film e
ne dettano i ritmi fino al finale meraviglioso, una messa in scena che pare presa diretta di ciò che arrivò a noi sotto
forma di una foto scattata con un cellulare. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio
n. 98, p. 16 e 17. a.l.
numero 101-102 · settembre-dicembre 2013
33
Speciale 100
Questo Speciale “festeggia”
il numero 100 della Rivista
nella sua Nuova Serie
(dal 1985 al 1995 Il Ragazzo Selvaggio
era un trimestrale).
Per l’occasione abbiamo pensato di riflettere
sul tema Ragazzi Selvaggi Il cinema e l'immagine nell’epoca dei nativi
digitali con alcuni saggi che lo attualizzano,
una diecina di schede (ripubblicate) che
tratteggiano situazioni emblematiche
di ragazzi in particolari difficoltà
e una breve raccolta di proposte
per eventuali rassegne tematiche.
Direttore responsabile
Bimestrale di cinema, televisione
Carlo Tagliabue
e linguaggi multimediali nella scuola
Anno XXIX, nuova serie, supplemento al n. 101-102
Direttore
settembre-dicembre 2013
Mariolina Gamba
Rivista del Centro Studi Cinematografici
Redazione
00165 Roma, Via Gregorio VII, 6
Massimo Causo, Giovanni Desio,
Tel. e fax: 06 6382605
Davide Di Giorgio, Anna Fellegara,
www.cscinema.org · [email protected]
Elio Girlanda, Flavio Vergerio,
Giancarlo Zappoli
© Centro Studi Cinematografici
In collaborazione con Centro Studi per
l’Educazione all’Immagine di Milano
ISSN 1126-067X
Un numero euro 6,00
Aut. Trib. di Bergamo n. 13 del 30 aprile 1999
Alla rivista si collabora solo su invito della
redazione
Testi e immagini vanno inviati a:
[email protected]
Segreteria di redazione
Cesare Frioni
Progetto grafico e impaginazione
jessica benucci · www.gramma.it
Stampa e confezione
Tipostampa per conto di Joelle srl
Città di Castello (PG)
Finito di stampare: ottobre 2013
Abbonamento annuale
intestato al Centro Studi Cinematografici
•
euro 35,00
conto corrente postale numero 26862003
Ricordiamo che, grazie alla Direttiva
Ministeriale n. 70 del 17 giugno 2002,
è operativa l’azione di rimborso
per le spese di autoaggiornamento
degli insegnanti.
Tra le spese rimborsabili sono previste
anche quelle relative ad abbonamenti
a riviste specializzate.