informazione - Sito Web Ufficiale

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informazione - Sito Web Ufficiale
ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO
VENATORIO E AMBIENTALISTA
NUMERO 1 - ANNO III - GENNAIO/FEBBRAIO 2004
INFORMAZIONEPERICACCIATORI,IPESCATORI
EPERCHIAMALANATURA
TUTTI I NOSTRI NOTIZIARI SONO PUBBLICATI ANCHE SUL SITO INTERNET:
www.capalbio.it/gruppocaccia
Stampato da F&F FADINI - Via Pepe, 24 - Grosseto
Copia gratuita per i soci
“Gruppocaccia”
“Gruppocaccia”
Comitato direttivo:
Petreni Marco (presidente)
Baffarelli Giancarlo (vice presidente)
Piccolotti Luciano (resp. di redazione)
Giulietti Lido (segretario)
Mazzoli Enzo
Franci Ugo
Antidormi Vincenzo
Hanno collaborato alla realizzazione di questo
numero: Luigina Fazzuoli, Maurizio Pellacani, Bruno
Modugno, Marco Ragatzu, Enzo Guinzoni, Moreno
Andreini, Rino Pellacani, Umberto Aldi.
Sommario
Editoriale - A buon intenditor... poche
parole - Luciano Piccolotti
pag. 1
Intervista ad un cinghiale
pag. 2
Incontro tra i cacciatori e l’assessore
Bastianini - “Informazione”
pag. 4
L’Assessore Bastianini risponde alle
domande dei cacciatori
pag. 7
Le beccacce dell’est - Luigina Fazzuoli
pag. 9
La mia infanzia nella mia Maremma Moreno Andreini
pag. 10
La gestione del Cinghiale “Gruppocaccia”
pag. 11
Funghi: le sanzioni - “Informazione”
Data di stampa 28 febbraio 2004
“Gruppocaccia”
Organizzazione di volontariato
venatorio e ambientalista
via del mare, 4 - Torba
58011 - Capalbio (GR)
Tel. 338/7027298
E.mail:[email protected]
”INFORMAZIONE PER I CACCIATORI E
PER CHI AMA LA NATURA” è una
pubblicazione informativa delle attività del
“Gruppocaccia”, a disposizione di tutti gli aderenti
all’Organizzazione che desiderino pubblicare articoli
o notizie.
Tutta la documentazione, scritta e fotografica, inviata
a questa redazione, non sarà restituita ai proprietari
salvo che questi non ne facciano espressa richiesta.
Gli articoli devono essere inviati presso la sede
dell’Organizzazione (possibilmente dattiloscritti e
accompagnati da immagini) e devono essere firmati
dagli autori.
Il Comitato direttivo si riserva di non pubblicare
gli articoli ritenuti non in linea con le finalità
stabilite nello statuto e nei regolamenti
dell’Organizzazione di volontariato
“Gruppocaccia”.
pag. 12
Ricordi di pioggia, vento e mare - Rino
Pellacani
pag. 13
Mali perniciosi: quando manca il
territorio - Lido Giulietti
pag. 14
La caccia nelle aree protette - Enzo
Guinzoni
pag. 16
Nuvole come pensieri - Bruno Modugno
pag. 18
Tutti a casa - Maurizio Pellacani
pag. 19
Il “Gruppo Volpe” - “Informazione”
pag. 20
La Regina del bosco: la Beccaccia - pag. 22
Marco Ragatzu
La revisione dei porto d’armi “Informazione”
pag. 24
Caccia nel mese di febbraio: sempre
più vicina - Umberto Aldi
pag. 25
Quando la caccia era per fame - Massimo pag. 27
Centini
Notizie
pag. 28
Foto d’epoca di Cesare Fociani
ultima cop.
A buon intenditor...
poche parole
Di Luciano Piccolotti
Gli ambientalisti, che sono i più prevedibili, diranno, a
ragione anch'essi, che prima di stabilire delle regole si
sarebbe dovuto contare tutti gli animali della
provincia, sapere quanti maschi, quante femmine e
quanti giovani nati c'erano per ogni specie, e che non
si può continuare a permettere che ogni anno i
cacciatori ammazzino miliardi di uccellini. Insomma:
le solite cose che dicono da sempre.
Gli agricoltori sosterranno, invece, e non con una ma
con mille ragioni, di avere troppi danni dai cinghiali e
che questi non sono adeguatamente risarciti, che
ancora devono riscuotere gli indennizzi dell'anno
scorso, e che avere i cacciatori a zonzo nei propri
campi è, per loro, più un danno che un profitto.
E poi, per finire, prevedo la consueta ed inspiegabile
scenografia allestita per il mese di gennaio d'ogni
anno: chi non ha il cane non potrà cacciare le beccacce
e chi il cane ce l'ha potrà cacciarle solo nel bosco; il fax
o l'e.mail prima di andare a caccia di volpi; i Rallidi, gli
Anatidi ed i Trampolieri che potranno essere cacciati
solo nelle zone che la Provincia ha cartograficamente
definito “palustri o assimilabili”.
Non è poi da escludere l'introduzione, all'ultimo
minuto, di qualche nuova regola bizzarra, mentre è
invece certa l'immancabile diatriba: fagiano sì fagiano no (che si risolverà con la chiusura della caccia
al fagiano a metà gennaio o anche prima);
“Riuscire a prevedere con anticipo il verificarsi di eventi futuri
può cambiare il corso della storia”.
Premetto che non sono né un mago né un veggente.
Visto e considerato, però, che la stagione venatoria è
appena terminata, prevedo che tra non molto si
ricomincerà, nelle sedi politiche, a parlare del nuovo
Calendario venatorio, del futuro delle squadre del
cinghiale e della caccia al cinghiale in forma singola
nelle aree non vocate; ma anche di tante altre cose che
riguardano direttamente i cacciatori, gli ambientalisti
e gli agricoltori.
È già! Nei prossimi mesi, i politici, gli ATC ed i
rappresentanti delle associazioni venatorie,
ambientaliste ed agricole si riuniranno per decidere il
futuro della caccia nella nostra provincia: ci sarà chi
proporrà dei cambiamenti e chi vorrà mantenere le
cose così come sono, chi vorrà “tagliare” qualche
regola e chi ne proporrà delle nuove. Alla fine, tutti gli
atti, gli appunti, i compromessi e le idee più o meno
cerebrali saranno dibattuti dai nostri Consiglieri
provinciali e, come sempre accade in certi casi, la
maggioranza di governo voterà a favore mentre
l'opposizione voterà contro. E non mancherà di certo
il solito astenuto!
Nei giorni successivi, nelle cronache locali di tutti i
quotidiani si leggeranno i comunicati stampa della
Provincia: “Tutti d'accordo! Cacciatori,
ambientalisti e agricoltori applaudono il nuovo
Calendario venatorio!” (o qualcosa di simile). Tutto,
in pratica, come sempre: tant'è che se per sbaglio
fosse riproposto dai giornali l'articolo pubblicato
l'anno scorso, nessuno s'accorgerebbe dell'errore!
In realtà, invece, cacciatori, ambientalisti ed
agricoltori d'accordo non lo saranno affatto; anzi:
saranno come al solito molto arrabbiati, poiché si
sentiranno, anche se per ragioni diverse,
eccessivamente penalizzati dalle scelte che altri hanno
fatto per loro.
I cacciatori lamenteranno, a ragione, che le regole
sono poco chiare, troppo restrittive ed oltremodo
burocratiche.
In conclusione, secondo le mie previsioni, il prossimo
Calendario venatorio altro non sarà che la monotona
e noiosa fotocopia di quelli che l'hanno sinora
preceduto!
Ma fate bene attenzione! Giacché tutto questo è di
facile previsione, e, come ho già detto, “prevedere con
anticipo il verificarsi di eventi futuri può cambiare il
corso della storia”, non ci resta che augurarsi che le
cose vadano diversamente e meglio.
Del resto, fare qualcosa che possa andar bene sia ai
cacciatori sia agli ambientalisti sia agli agricoltori, non
è poi così difficile! Basterebbe tenere nel giusto conto
i pareri ed i consigli dei cacciatori, degli ambientalisti e
degli agricoltori!
1
INTERVISTA
AD UN
CINGHIALE
Prima parte
questa storia del verro maremmano è solo il frutto della
fantasia popolare!” - disse qualcuno del gruppo “Non avremmo dovuto dar retta a certe voci!” esclamò un altro - “Ormai di cinghiali maremmani
non ce ne sono più!” - sentenziò mestamente un
altro ancora Eh già! La nostra missione era fallita! Giorni e
notti trascorsi invano per boschi e piani ma del
Maremmano nessuna traccia!
Improvvisamente, mentre stavamo per dire
addio a quei luoghi meravigliosi, una voce
profonda si levò dal folto dei rovi, dietro alle
nostre spalle:
- Se ho ben sentito eravate venuti a
cercarmi. Perché ve n'andate adesso che
m'avete trovato?
Il battito dei nostri cuori salì a mille. E, con voce
tremante, domandammo: Chi è? Dentro al buio
del bosco!
- Come sarebbe a dire chi è? - rispose la voce Non stavate forse cercando un vecchio
Solengo maremmano? Ebbene: eccomi!
Sono io!
È da molto tempo che vi osservo mentre
girovagate goffamente nei miei boschi; non
riuscivo a capire cosa stavate cercando, e
non eravate neppure i soliti bracconieri! Poi,
questa notte, ho deciso di venire a spiarvi e
vi ho ascoltato mentre parlavate di me.
Siete o no venuti sin qua per conoscere la
mia storia? E allora sedetevi di nuovo su
quel grande masso. Prima che rinasca il
Sole ve la racconterò volentieri!
Non sappiamo ancora se chi ci parlava
dall'oscurità era realmente il Maremmano che
stavamo cercando; ma il desiderio di continuare
Oggi tutti parlano del Cinghiale. E tutti
convengono che debba essere cacciato,
abbattuto, catturato e, alla fine, in ogni modo
eliminato.
Lo dicono i cacciatori, lo dicono gli ambientalisti,
lo dicono gli agricoltori ed anche i politici di
Destra, di Centro e di Sinistra; lo dicono
addirittura i Verdi, i Bianchi, i Rossi e pure i Neri.
Tutti ce l'anno a morte col povero Cinghiale! Ma
cosa avrà fatto di male per attirarsi addosso così
tanto odio?
Dal momento che avevamo sentito più volte
parlare di un vecchio Solengo maremmano,
forse l'ultimo rimasto, che ancora vivrebbe nei
nostri boschi (molti bracconieri ci hanno
giurato di averlo visto correre nei campi di notte
al chiaror della Luna piena, ma di non esser mai
riusciti a farlo fuori), abbiamo deciso di andare a
cercarlo per vedere di “strappargli”
un'intervista.
Lo abbiamo inutilmente cercato nei luoghi più
impervi, nei forteti inaccessibili, negli scoscesi
dirupi e pure nei profondi calanchi incisi nella
roccia dal secolare scorrere delle acque.
Soltanto poche notti fa, quando avevamo ormai
abbandonato ogni speranza, siamo
inaspettatamente riusciti a trovarlo.
O meglio: è lui che ha trovato noi!
Ce ne stavamo seduti su un grande masso
rotolato chissà quant'anni or sono ai bordi di
una macchia. Il cielo sopra di noi brillava di
stelle e si respirava una leggera brezza di terra
che rabbrividiva i corpi ma diffondeva atavici
ricordi che scaldavano la mente.
Parlavamo a bassa voce, tra noi e noi: “Forse
2
ad ascoltare quella voce era enorme. Ci
sentivamo smarriti, ma al tempo stesso
inaspettatamente tranquilli ed in pace col
Mondo intero.
Ci sedemmo sul grande masso, cercando con gli
occhi di penetrare nel fitto roveto. Ma nulla
riuscimmo a vedere! Potevamo solo ascoltare
quella misteriosa voce che subito riprese a
tenerci compagnia.
guardiacaccia: i primi mi perseguitavano, i
secondi mi “proteggevano” per farmi poi
ammazzare dai signori che li pagavano.
Dopo aver sentito più volte il “fischio” dei
“pallettoni” vicino alle mie orecchie ho
imparato a non fidarmi più di niente e di
nessuno, neppure della mia ombra! Ho
imparato a non recarmi mai con fretta agli
“insogli” o alle “pasture”, a non frequentar due
volte di seguito lo stesso campo, a restar sempre
all'ombra nelle notti di luna, ad attraversar di
corsa i campi scoperti ed a star sempre a “vento
buono” e a “orecchi dritti”.
È grazie questi accorgimenti che oggi sono qui a
parlar con voi!
Vedete. Cari amici. Nella mia vita non ho mai
avuto un solo attimo di tranquillità, ma non ho
neppure avuto mai paura. Negli ultimi tempi
qualcosa è però cambiato qui in Maremma, ed
anche se continuo a non aver paura per quel che
mi riguarda, ci sono molte cose che corrono
seri pericoli. E ve ne voglio parlare ...
Non so dirvi da quanto tempo vivo in
Maremma - con queste parole il Maremmano
inizio il suo racconto - Vi posso dire, però, che
quando ero un giovane “porcastro” qui era tutto
diverso. Ed era tutto molto più bello d'adesso.
La vita scorreva in armonia con le stagioni ed i
contadini amavano la loro terra così tanto che
l'innaffiavano col sudore, dal canto del gallo al
calar della sera. Di tanto in tanto, qualcun di loro
abbandonava la zappa ed imbracciava il fucile,
per cacciare lepri e starne che intensamente
popolavano i boschi e le campagne. Quei
contadini dei cinghiali ne sapevano poco o
niente, anche perché noi maremmani stavamo
sempre nel “forte” e rispettavamo il loro lavoro;
ci accontentavamo di spigolare qualche chicco
di frumento rimasto nelle stoppie.
Ma quando i contadini cacciatori s'accorsero
delle nostre incursioni notturne nei loro campi,
tormentati dalla fame com'erano, cominciarono
a “balzellarci”. È di notte che i cacciatori
spararono a “pallettoni” ai primi cinghiali!
All'epoca gli unici irsuti che morivano di giorno
erano quelli delle grandi riserve padronali. È lì
che hanno inventato la “cacciarella
maremmana”; ma quella gente, vestita di velluto
e di fustagno, niente aveva a che vedere coi
cacciatori: loro non pativano la fame! Andavano
a caccia solo per aver storie da raccontare ai loro
amici e per far bella chiacchiera nei nobili salotti.
Noi maremmani non abbiamo mai avuto vita
facile! Da sempre, e ovunque, abbiamo dovuto
affrontare insidie e tranelli, che col passare degli
anni, anziché diminuire come la fame, sono
sempre aumentati nel numero.
Nella mia vita ho girato la Maremma in lungo e
in largo. Ho avuto nemici bracconieri e “amici”
(La seconda parte di questa intervista sarà pubblicata nel prossimo
numero del Notiziario “Gruppocaccia”).
3
03 febbraio 2004
Incontro tra
i cacciatori
e l’assessore
Bastianini
In data 03 febbraio 2004 si è tenuto, presso il Circolo
ARCI di Giardino nel comune di Capalbio,
l'incontro programmato dall'Organizzazione
“Gruppocaccia” tra i cacciatori ed il Vice
Presidente della Provincia di Grosseto.
CRONACA DELL’INCONTRO
Grazie alla disponibilità del gestore del Circolo ARCI di
Giardino è stato possibile convogliare oltre cento
seguaci di Diana, provenienti principalmente da
Capalbio ed Orbetello ma anche dall'Argentario e da
Follonica, per discutere le numerose problematiche
venatorie che li interessano ed avviare un confronto con
la Provincia, ma soprattutto avere delle risposte dalla
massima Autorità Politica Provinciale in tema di Caccia
e Territorio, ovvero dall'assessore (nonché VicePresidente della Provincia) Gian Carlo Bastianini.
Il mondo venatorio capalbiese ed orbetellano è da
tempo in fermento, e tutti ormai sono dell'avviso che in
questi due comuni qualcosa non ha funzionato
nell'approntamento e nella gestione del Piano
Faunistico Venatorio e dei Regolamenti provinciali. "Ci
sono delle norme e dei parametri da rivedere" - hanno
richiesto in molti Di fatto, a Capalbio e ad Orbetello i territori dove poter
cacciare liberamente sono notevolmente ridotti.
L'istituzione di nuove Aziende Faunistico Venatorie,
l'ampliamento di quelle già esistenti, la massiccia
presenza di fondi chiusi, i limiti ed i vincoli all'attività
venatoria dovuti alla presenza di aree altamente
antropizzate che caratterizzano le campagne capalbiesi
ed orbetellane, sono tutti elementi che, in qualche
maniera, hanno fortemente aggravato la situazione per i
cacciatori locali.
A detta di tutti gli intervenuti, quella promossa dal
Gruppocaccia è stata una delle assemblee dei cacciatori
più partecipate di questi ultimi anni; a confronto sono
state poste le varie problematiche sul tema del territorio
e dell'attività venatoria. Presenti i big rappresentativi
delle varie istanze.
Il primo ad aver dato la più ampia disponibilità al
confronto è stato lo stesso Vice Presidente della
Provincia ed Assessore al Territorio, Gian Carlo
Bastianini, accompagnato per l'occasione dal
responsabile dell'Ufficio caccia della Provincia, dr.
Massimo Machetti.
Quest'ultimi erano stati interessati di recente, e da più
parti, alla vicenda degli abbattimenti di cinghiali
all'interno dell'Azienda Agricola Marruchetone, e
proprio su questa tema hanno informato che saranno
svolte delle "approfondite verifiche”, sui presupposti
adottati dalla Polizia Provinciale nella rilevare i danni
causati alle coltivazioni e sulla condotta assunta per la
realizzazione degli abbattimenti stessi.
Erano presenti all'incontro anche il Vice Presidente
dell'A.T.C. GR 8, Carlo Giulianelli; il Presidente
dell’A.T.C. GR 7, Sestilio Tonini; il Presidente
Provinciale della Federcaccia, Luciano Monaci; i
Segretari delle Sezioni Federcaccia di Orbetello,
Capalbio e Porto Ercole: Aldi, Fociani e Scotto; Gianni
Galatolo, rappresentante della Libera Caccia di Monte
Argentario e Consigliere provinciale di F.I. e l'avvocato
Marco Petreni, Presidente dell'Organizzazione di
volontariato Gruppocaccia. Assenti ingiustificate le
rappresentanze istituzionali dei Comuni di Capalbio ed
Orbetello e di alcune Associazioni venatorie.
L'arduo impegno di gestire una così animata assemblea è
stato assunto dal rappresentante dell'Organizzazione
Gruppocaccia Luciano Piccolotti, che aprendo i lavori
ha esordito: "Signor Assessore. A Capalbio e ad
Orbetello ci troviamo in territori dove insiste una forte
limitazione dei luoghi disponibili per praticare la caccia,
ci aiuterebbe a recuperare un po' di territorio, magari
riducendo l'estensione delle A.F.V.?".
Da lì si è aperto un ampio dibattito che in alcuni casi è
sfociato anche in qualche battibecco (comunque
contenuto) tra i cacciatori ed i rappresentanti della
Provincia. Dai controlli sulle gestioni delle A.F.V., ai
parametri indicati dai Regolamenti provinciali per
realizzare e/o ampliare le A.F.V., agli indirizzi ed ai
controlli della Provincia, agli interventi di contenimento
dei cinghiali, alla verifica effettiva dei danni causati da
questi selvatici: una vicissitudine di stimoli che per oltre
4
3 ore hanno fotografato lo stato di disagio e di
preoccupazione che interessa i cacciatori del sud della
Maremma.
Non sono certo mancate le polemiche, che, nella
maggior parte dei casi, sono sorte perché "esistono dei
ruoli e delle competenze che non possono essere
prevaricate da un Ente". E se da una parte Fabrizio
Fabbri riconosce reale la preoccupazione del limite che
hanno raggiunto i fondi chiusi a Capalbio, Luciano
Monaci, sottolineando come sia importante una
trasparente azione di controllo da parte dei corpi
preposti alla vigilanza, invita la Provincia ad una
maggiore collaborazione e ad un confronto costante
con le Associazioni Venatorie.
Incalzato più volte dal moderatore, il Vice Presidente
Bastianini ha preso atto della situazione ed ha dato la più
ampia disponibilità, nella previsione del Piano
Faunistico Venatorio da approntarsi per il 2005, a
verificare le condizioni per una riduzione delle
estensioni delle A.F.V.
Lo stesso Bastianini ha, inoltre, dato la più ampia
apertura a verificare la situazione dei controlli da parte
della Polizia Provinciale per il caso degli abbattimenti
effettuati nell'azienda Marruchetone, ed ha richiedere,
all'INFS, un parere sulla gestione delle aree recintate per
la caccia presenti all'interno delle AFV. Bastianini si è
reso ampiamente disponibile per nuovi incontri con i
cacciatori ed anche per tentare di risolvere, nel minor
tempo possibile e per quanto nelle sue possibilità, i
numerosi problemi che affliggono il mondo venatorio
di Capalbio ed Orbetello.
Provincia in questi anni ha investito in progetti mirati: da
oltre dieci anni organizza e supervisiona le catture delle
lepri nelle Zone di Ripopolamento e Cattura provinciali,
gestisce un allevamento di lepri a Civitella Marittima
mentre a Scarlino è stato realizzato un allevamento di
pernici rosse, una qualità molto pregiata e presto
saranno iniziati i lanci. E' qui presente il Consigliere
Provinciale Gianni Galatolo e può confermare che le
scelte adottate dalla provincia sono sempre nate da
confronti con le Associazioni dei cacciatori e adattate
alle varie realtà del territorio provinciale. Il problema
della caccia a Capalbio nessuno l'ha forzato: molte
persone hanno chiesto di poter recintare le loro
proprietà creando Fondi Chiusi o in alcuni casi hanno
richiesto, avendone titolo, l'autorizzazione a costituire o
ampliare le A.F.V. Per quanto mi riguarda posso
prendere l'impegno, nella stesura del nuovo piano
faunistico venatorio, di proporre un ridimensionamento
delle A.F.V. Certamente dovrà essere trovato anche un
accordo con concessionari nell'interesse comune.
Fabrizio Fabbri - cacciatore: i Comuni di Capalbio e
Orbetello soffrono la mancanza di territorio disponibile
per l'esercizio della caccia, a parer mio c'è stata poca
attenzione all'evoluzione delle cose. Sicuramente sulle
A.F.V. dovevano essere fatti dei monitoraggi e dei
controlli. La invito a fare una riflessione poi sul fatto
che oltre 1.000 persone di tutta la Provincia hanno fatto
dei corsi di abilitazione per gli interventi di
contenimento degli ungulati e dei predatori, quale
effettivo impiego hanno poi avuto da un punto di vista
pratico? Le sottolineo, Assessore, che quanto dico è per
aiutarla a capire ed intervenire più efficacemente.
HANNO DETTO:
Luciano Piccolotti - moderatore: ci sono numerose
problematiche a Capalbio ed Orbetello, tra queste quella
che maggiormente si distingue è che sono ridotti e si
stanno continuamente riducendo i luoghi dove poter
cacciare, stante la presenza di numerosi Fondi Chiusi,
Aziende Faunistico e Agrituristico Venatorie ed Aree
protette di vario genere: Assessore Bastianini. C'è
qualcosa che la Provincia può ancora fare, magari
intervenendo sull’A.F.V., per restituire ai cacciatori un
po' di territorio?
Jamel Gahamam - cacciatore: Capisco quanto
affermato dall'Assessore che da ancora una volta la
disponibilità ad intervenire in favore della caccia, ma
sono anni che i politici continuano a dire le stesse cose.
Ma ancora di concreto poco hanno fatto.
Di Fabio Luigi Pasquale - cacciatore: mi domando
ritornando al discorso delle autorizzazioni per le A.F.V.
se l'Ufficio, che rilascia appunto il nullaosta, fa dei
controlli in merito all'esistenza nelle aree interessate
dalle A.F.V. di strade doganali e/o vicinali ad interesse
pubblico. Noi a Capalbio ci troviamo nella situazione
che fondi chiusi e A.F.V. ci hanno interdetto con le
recinzioni i passaggi sulle strade vicinali ad uso pubblico.
Sono d'accordo poi sul fatto che il territorio dove poter
cacciare per noi capalbiesi è enormemente ridotto.
Gian Carlo Bastianini - Vice Presidente della
Provincia: l'argomento sollevato sicuramente è
meritevole di risposta e di attenzione. Anzitutto ho dato
la mia più ampia disponibilità nel partecipare a questo
incontro poiché voglio colloquiare e tentare di trovare
insieme a voi delle soluzioni. Non sono certo uno che fa
politica attraverso la stampa, per intenderci. Il problema
richiede particolare attenzione alle situazioni: Capalbio
ed Orbetello sono due realtà diverse dal resto della
provincia. La situazione della provincia è, infatti, una
realtà dove ancora dà soddisfazione andare a caccia. La
Cesare Fociani - Segretario della Sezione Federcaccia
di Capalbio: è stato esposto il grave disagio dei cacciatori
per la mancanza di territorio cacciabile. Fra le cause che
hanno determinato questa situazione, ormai
5
Federico Bernacchi cacciatore: sono ormai anni che
lo ripeto e lo voglio dire anche a lei Assessore; le
consegno questa carta che è chiarissima. A Capalbio
manca il territorio dove poter cacciare, considerata
l'enorme estensione territoriale delle A.F.V., dei fondi
chiusi, delle aree protette e i limiti previsti dalla
normativa vigente sotto la strada Provinciale della
Pedemontana. A Capalbio ed Orbetello non siamo più
disposti ad accontentarci delle promesse: vogliamo i
fatti!
insostenibile, si deve rilevare che sono state le troppe
concessioni rilasciate per l'istituzione e l'ampliamento
delle aziende faunistiche venatorie nel nostro Comune a
far assumere al fenomeno dimensioni preoccupanti.
Tutto questo disattendendo il disposto dell'art. 2 del
Regolamento Provinciale, che recita che "gli istituti
devono essere equamente distribuiti sul territorio
provinciale, e la costituzione dei "Fondi Chiusi" (circa
2.500 HA di zona boscata ) a grande vocazione
venatoria. Il territorio libero rimasto è costituito da circa
1200 HA di zona boscata, tra l'altro molto frammentata,
e dalle zone altamente antropizzate della fascia costiera e
appoderata dall'Ente Maremma, che per effetto dei
divieti previsti dalla legge 157/92 (distanze da rispettare
dalla rete viaria, dalle abitazioni, ecc) e dell'art. 42 della
legge regionale a tutela dell'agricoltura, è una zona ormai
impraticabile dai cacciatori. Se consideriamo che i
cacciatori residenti nel Comune sono circa 400,
possiamo anche grossolanamente determinare che il
parametro da 1 a 13 previsto dalla legge regionale 3/94
salta abbondantemente a sfavore dei cacciatori. L'uso
sconsiderato dei Regolamenti da parte
dell'Amministrazione Provinciale, nel concedere
l'istituzione delle A.F.V. con "indirizzo Capriolo”, ha
stravolto l'assetto territoriale per quanto riguarda i
parametri fra terreno agricolo e zona boscata
nell'istituzione delle aziende stesse, favorendo queste
ultime nel poter chiudere tutto il territorio boscato che
comprendevano. L'aggiunta poi della locuzione "di
norma" nell'art. 5 del Regolamento Provinciale ha
permesso di istituire A.F.V. nelle zone "vocate al
cinghiale" dove prima non era permesso, così che il
territorio lasciato è stato sottratto - proprio per effetto
della locuzione citata - al territorio libero. I corridoi fra
gli istituti o fra questi e i "Fondi Chiusi" ossigeno per il
territorio libero e per l'attività venatoria dei "poveri"
sono stati impediti da due azioni concomitanti:
l'inefficienza dell'art. 8 del Regolamento Provinciale e la
compiacenza dei concessionari di A.F.V. preesistenti che
hanno permesso l'uso dell'ampliamento come
espediente per consentire ad altri soggetti di poter
istituire l'A.F.V. senza dover lasciare il corridoio minimo
di 500 mt. (vedasi il caso dell'A.F.V. "Lago Acquato" che
si allargata ai Puntoni ed ai Poggi Alti che di fatto poi
sono gestiti da altro soggetto). Attendo po i
dall'Assessore una risposta ad una nota che ho inviato
qualche giorno fa alla Provincia in merito gli
abbattimenti programmati nell'Azienda Agricola del
Marruchetone: sono stati fatti i rilievi dei danni? Se sì,
vorrei conoscere chi e come sono stati fatti. Da una
ricerca che è stata condotta risulta che nell'ATC GR 8 il
distretto di Capalbio è quello che ha il minor numero di
danni causati dal cinghiale. Sarebbe importante
approfondire questo aspetto.
Luciano Monaci Presidente Provinciale Federcaccia:
l'amico Bernacchi a sostanzialmente ragione sulla
situazione capalbiese: il territorio sta mancando e c'è una
tendenza della situazione a peggiorare. La
preoccupazione più ampia è verso il continuo costituirsi
di fondi chiusi. La Provincia ci ascolti nel momento delle
scelte; muovo qui un appello per far si che nella
redazione del prossimo Piano Faunistico Venatorio ci
sia la più ampia condivisione con le Associazioni. La
Federcaccia che ora rappresento non fa politica ma si
occupa della gestione dell'ambiente e della caccia. In
merito alle questioni della Vigilanza e dei danni,
sollevate da alcuni, purtroppo si deve prendere atto che
accadono cose incresciose già segnalate
all'Amministrazione Provinciale. Il Controllo deve
essere fatto da un corpo di Vigilanza che non abbia
atteggiamenti preconcetti nei confronti dell'attività
venatoria.
Luigi Bellumori consigliere comunale di Capalbio:
Assessore. Per prima cosa le rinnovo l'invito di
procedere a formale risposta al documento che ho
rimesso alla provincia il 18 gennaio u.s. in merito alla
situazione degli abbattimenti attuati nell'Azienda
Agricola il Marruchetone.
Non voglio qui entrare nello specifico dei casi
riguardanti le recinzioni, gli allevamenti di lepri e pernici,
i controlli sulle A.F.V., la vigilanza Provinciale, anche
perché non ho profonda cultura sulla materia, però mi
pare di capire, dal malessere generale che qui avverto e
che in ogni caso da tempo aleggia localmente, che
qualcosa a Capalbio è successo.
Non intervengo su questioni riguardanti il confinante
territorio comunale di Orbetello poiché non conosco
quella realtà.
Non ritiene che le scelte che in qualche maniera la
Provincia ha adottato in questi anni, portate avanti dal
Presidente Scheggi, che fino ad un anno e mezzo fa
deteneva la delega alla caccia, in qualche maniera
abbiano penalizzato una cultura ed una tradizione che
ha sul nostro territorio radice storiche?
Sembra che la situazione sia sfuggita al controllo degli
organi preposti e la massiccia presenza dei cacciatori
questa sera né è la dimostrazione.
6
L’ASSESSOREBASTIANINI
RISPONDEALLEDOMANDE
DEICACCIATORI
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!
Foto: Fabio Cianchi
Domanda - Gran parte del territorio dei
comuni di Capalbio e Orbetello è interessato
da istituti faunistici di vario genere (pubblici
e privati) e da fondi chiusi: è possibile
ridurre la superficie almeno delle AFV e
AAV?
Risposta - In passato, alcuni ricorsi, presentati
da Aziende alle quali era stato dato una risposta
negativa in conseguenza del fatto che nuove
AFV e ATV avrebbero portato al superamento
del 15% della SAF nel Comune, sono stati accolti
dal TAR. Conseguentemente, le Aziende hanno
richiesto il risarcimento dei danni alla Provincia.
L'unica possibilità rimane quella di limitare a
quella attuale la percentuale di AFV e ATV nei
comuni come Capalbio, non autorizzando nuove
aziende e/o ampliamenti. Il Passo successivo
potrebbe essere quello di concordare con i
concessionari, all'atto del rinnovo della
concessione (31/12/2005), tutte le modifiche da
farsi. Un altro strumento da utilizzare, in
particolar modo per ciò che concerne la gestione
delle AFV e ATV, potrebbe essere una modifica
al Regolamento provinciale, anche in
considerazione del fatto che un'Associazione
venatoria ha in questi giorni richiesto alla
Provincia una modifica ai detti Regolamenti.
positive, saranno recepite e rese pubbliche; nel
caso si debba dare una interpretazione, la
risposta dovrà essere tempestiva e, sentito il
parere del Comando di Polizia Provinciale, sarà
diffusa presso tutte le GGVV e le GAV
coordinate dallo stesso Comando per una
univocità di comportamenti. Per quanto
riguarda gli altri corpi deputati al controllo, come
ad esempio il CFS, sarà impegno dell'ufficio
trasmettere tutte le notizie. In merito a questo
argomento sono da puntualizzare due aspetti: a)
Tutte le normative, in particolar modo quella
sulla caccia, possono essere “interpretate” e,
pertanto, se l'interpretazione, degli uffici, della
Regione, e di tutta la vigilanza, vanno in una certa
direzione, ci sarà sempre una “guardia” che avrà
la sua “versione” e che farà, se lo ritiene
opportuno, il verbale senza che nessuno possa
dirgli niente; b) molte volte, le normative
vengono modificate per specificare un
particolare aspetto che in un certo momento ha
comportato dei problemi a causa di diversa
interpretazione; spesso specificare molto rischia
di farci avere normative molto prolisse e
farraginose, con il rischio di creare maggiori
problemi.
!
Domanda - (Vigilanza venatoria) Per quanto
riguarda l'interpretazione delle regole
provinciali c'è molta confusione e spesso
ogni guardia interpreta la normativa a modo
suo (vedi caccia al cinghiale in forma
singola, caccia vagante nel mese di gennaio,
caccia alla volpe nel mese di gennaio): è
possibile chiqrire questi aspetti?
Risposta - Per le “interpretazioni” sul
calendario venatorio o sugli atti di competenza
della Provincia (vedi piano annuale del territorio
non vocato), quando le richieste saranno ritenute
!
!
7
Domanda - Per il prossimo anno ci saranno
modifiche per quanto riguarda il numero
degli iscritti alle squadre del cinghiale e
quello dei partecipanti alle battute?
Risposta - Ci auguriamo che nulla cambi, ma
dobbiamo ancora avere dagli ATC il resoconto
dei danni. Il nostro impegno è quello di non
cambiare nulla.
Domanda - Quando sono richiesti degli
interventi di contenimento del cinghiale
all'interno dei fondi chiusi, chi è l'incaricato
della Provincia che verifica la consistenza
!
!
!
!
!
dei danni e organizza gli abbattimenti? Per
la stima dei danni e per stabilire chi deve
partecipare agli interventi, quali criteri sono
adottati?
Risposta - I contenimenti nei fondi chiusi
possono essere fatti per …. la migliore gestione del
patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi
sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del
patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni
zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al contr ollo delle
specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla
caccia… pertanto i contenimenti di fauna
selvatica nei fondi chiusi sono attuati quando ci
viene segnalata dai proprietari la necessità di
intervenire a seguito dei danneggiamenti subiti.
La valutazione è competenza della Polizia
provinciale, che attua gli interventi. Non
esistono criteri o “soglie” al di sopra delle quali si
“interviene”. Non è necessario che tale
valutazione debba essere fatta da tecnici, come
quelli incaricati per la stima dei danni nel
territorio a caccia programmata e, pertanto, gli
agenti verificano con facilità se la richiesta è
fondata. La Polizia provinciale è incaricata oltre
che dell'attuazione di tutti gli interventi di
contenimento (vedasi le copiose sentenze in
merito), anche alla scelta delle modalità di
realizzazione delle operazioni; in sostanza la
Polizia provinciale, una volta verificata l'effettiva
necessità degli interventi, definisce, in
dipendenza di vari fattori (disponibilità di
persone, disponibilità di cani, stadio riproduttivo
della fauna selvatica, andamento stagionale etc.),
le modalità di svolgimento delle operazioni,
sempre, ovviamente, all'interno di quanto
definito dalla specifica delibera della Giunta
provinciale.
controllate in maniera specifica; comunque,
dagli atti presenti in ufficio risulta: la Selva,
proprio in occasione della modifica del 2003, è
stata valutata positivamente dall'ATC GR 8, che
ne ha chiesto la modifica dei confini con
riduzione della superficie complessiva. La ZRV
dei Poggetti deve, per la verità, essere ancora
completata con la realizzazione di un recinto di
ambientamento, che sicuramente sarà realizzato
a breve termine e che garantirà, almeno nelle
aspettative, una buone diffusione degli animali
presenti.
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Domanda - Chiusura della caccia al fagiano
l'11 gennaio. I cacciatori vorrebbero sapere
qual è il motivo di tale decisione.
Risposta - Dopo aver ricordato che tutte le
Province della Toscana, tranne l'ATC dell'isola
d'Elba, chiudono la caccia al fagiano al 31
dicembre, nell'ottica di addivenire ad una
condivisione delle scelte della Provincia si è
propeso per una via di mezzo tra tutte le
proposte pervenute, discordanti anche
all'interno delle Associazioni venatorie. Perché
se è vero che alcune scelte debbono essere fatte
seppure non condivise, nel caso del calendario
venatorio è meglio avere una condivisione che
non approvare il calendario affatto.
Domanda - Utilizzo dei recinti per la caccia
al cinghiale realizzati all'interno delle AFV e
AAV.
Risposta - Circa l'utilizzo dei recinti di caccia
nelle AFV, l'ufficio caccia richiederà all'INFS un
parere e indicazioni sulle modalità di gestione dei
recinti stessi.
Domanda - Nell'Area a particolare gestione
di caccia “Lagune di Orbetello”, c'è (o
meglio, c'era) il pozzo del '51, una sorgente
naturale che perennemente immetteva
acqua dolce nello “Stagnino” e nella
“Piscina dell'acqua dolce”. Attualmente
questa sorgente ha cessato di funzionare. Si
potrebbe fare qualcosa per vedere se è
possibile riattivarla?
Risposta - Non conosciamo il problema
comunque verificheremo la situazione.
Domanda - Nei comuni di Capalbio e di
Orbetello ci sono due ZRV (La Selva e
Poggetti). I cacciatori non sono molto
contenti del loro funzionamento e dicono: o
si tolgono o si fanno funzionare!
Risposta - Le due ZRV in questione saranno
Foto: Alessandro Ciccotti
8
CARNIERI D’ALTRI TEMPI
LE BECCACCE
DELL’EST
Di Luigina Fazuoli
frontiere non sono più un problema, adesso che tra
noi ed i paesi Est-europei è tutto amore e pace,
ebbene, in quei paesi, eserciti di cacciatori (in
buona parte italiani) aspettano al varco le povere
“regine del bosco” e… bum, bum… dieci, venti,
cinquanta al giorno. Queste sono tutte quelle
beccacce che, invece di arrivare nei nostri boschi,
cadono come soldati in prima linea.
Ebbene sì, questa è l'Europa unita, senza più
frontiere e con un'unica moneta.
L'apertura delle frontiere ha creato anche scambi
umani: lavoratori e lavoratrici dell'Est che vengono
in Italia, mentre i cacciatori italiani vanno a cercare
le beccacce (e non solo) all'Est.
Preciso e sottolineo che la mia è solo un'ipotesi, e
non vuole assolutamente essere una critica alla
situazione attuale. Il Mondo è di tutti coloro che lo
abitano e ognuno dovrebbe avere la possibilità di
andare dove vuole, nel rispetto dell'ambiente e dei
popoli che trova.
Anche le beccacce fanno parte del patrimonio
faunistico del Mondo, ma i cacciatori della
Maremma dovranno rassegnarsi a non avere più
l'esclusivo godimento della loro caccia.
La stagione venatoria è finita anche per quest'anno.
“Per fortuna!” - diranno alcuni - “purtroppo!” diranno altri Bilanci, critiche e propositi: sono questi gli
argomenti attuali.
Ma il grosso interrogativo generale, che al
momento va per la maggiore, è: dove sono finite le
beccacce, visto che quest’anno ne sono state
trovate veramente poche rispetto agli anni passati?
Ognuno ha la propria teoria da proporre. Ne ho
sentite delle più svariate:
1) colpa dei cacciatori scorretti! Che le
ammazzano all'aspetto (la sera e la mattina)
anziché andare a cercarle con il cane, come
sarebbe, invece, veramente sportivo e corretto.
2) Colpa degli ambientalisti! Che hanno ristretto
le zone ed i tempi di caccia.
3) Colpa dell'inquinamento! Che ha fatto
mutare le stagioni e confuso le idee anche a questi
“regali” uccelli, che forse non sono stati capaci di
stare al passo con i nuovi tempi.
4) Colpa dello sviluppo urbanistico! Che ogni
anno ruba sempre più spazio all'ambiente
prediletto da questi uccelli migratori.
5) Colpa dei cambiamenti meteorologici! Che
non creano più le condizioni adatte per un terreno
che le possa ospitare e garantire le “pasturare”.
6) Colpa delle antenne e dei ripetitori! Che con
le loro onde elettromagnetiche disorienterebbero
gli uccelli durante le migrazioni.
Comunque, c'è anche un'altra ipotesi, forse la più
triste, ma, secondo me, anche la più probabile: non
sarà mica che la beccaccia, come già tanti altri
animali, stia lentamente estinguendosi perché il
ciclo della sua esistenza sta più o meno
“naturalmente” chiudendosi?
Non sarà oggi, né fra qualche anno e nemmeno fra
dieci, ma come per tutti i cicli naturali prima o poi
succederà, perché il mondo cambia, cambiando nel
corso dei secoli anche le sue condizioni.
Ma ci sarebbe anche una teoria, diciamo alla Beppe
Grillo, di quelle satirico-politiche con risvolto
tragicomico: se le beccacce sono diminuite la colpa
è da attribuire alla caduta del Muro di Berlino!
Eh sì! Cari miei cacciatori, che pazientemente
aspettate che le beccacce arrivino dall'Est! Dovete
sapere che all'Est, adesso che si può, adesso che le
Per questo motivo, cari cacciatori di Maremma,
cercate di rispettare le ultime beccacce, perché,
secondo il mio modestissimo parere, siete forse
una delle ultime fortunate generazioni che potrà
cimentarsi e gioire di questo tanto affascinante tipo
di caccia.
9
LAMIAINFANZIANELLAMIA
Foto: Luciano Piccolotti
MAREMMA
di Moreno Andreini
Ricordo ancora perfettamente il giorno in cui, con la
mia famiglia, ci trasferimmo dal podere dei Poggetti a
quello di Selva nera.
Avevo poco più di tre anni, ma quei ricordi sono ancora
vividi nella mia mente. Non ricordo però con quale
mezzo giungemmo alla nostra nuova casa.
All'epoca mio padre Eros aveva una moto, un
“Mondial”. Era magnifica, nera e bianca.
Con la moto, a volte (poche per la verità) andavamo al
cinema ad Orbetello: io lui e mia madre; io stavo sul
serbatoio, ed ogni volta che giungevamo poco prima di
dove adesso ad Orbetello c'è il semaforo, ricordo il
rumore di una ringhiera che sfilava via; quel rumore mi
ha sempre affascinato, era un rumore ricorrente,
sembrava un treno in marcia.
Può essere che arrivammo alla nostra nuova casa con la
moto, ma forse mio padre aveva già provveduto al
trasloco della mobilia, magari servendosi del trattore. Il
periodo preciso non lo ricordo ma di sicuro non era
inverno. Forse era primavera inoltrata, oppure estate.
Quando arrivammo al podere S. Nivo, sulla strada
Origlio, ricordo che questo era tutto bianco, bello e
lucente sotto il sole; il podere era tutto nuovo e da lì si
vedeva il mare e la ferrovia. Rimasi estasiato!
Vicino al podere c'era un'altra casa, e più in là un
gruppetto di case rosse con un palazzone rosso
anch'esso…era altissimo!
Salimmo le scale ripide, e attraverso un piccolo ingresso
entrammo in una stanza enorme dalla quale si aprivano
altre porte… e mio padre accese la luce!
Che meraviglia quella lampada che mandava quella luce
così calda e forte!
Io ero abituato alle candele e alla luce a gas, e la cosa
straordinaria fu che la luce c'era in tutte le stanze, e c'era
pure l'acqua corrente, nella cucina e nel bagno.
Era tutto magnifico, ed io, eccitatissimo, mi dedicai
all'esplorazione della mia nuova casa.
Questa aveva una piccola cucina, con la stufa
economica ed il lavandino di granito; una stanza grande,
che avrebbe poi preso le funzioni di sala; un'altra camera
grande, che sarebbe diventata la camera da letto dei miei
genitori; un piccolo bagno; ed un'altra stanza più piccola
con una finestra che dava proprio sul mare: questa
diventò la mia stanza.
Dopo la perlustrazione della casa mi dedicai
all'esplorazione dei dintorni. Sotto le scale c'era un
piccolo ripostiglio (il sottoscala), poi una carraia, che
scoprii si chiamava “trinciaforaggi”, un magazzino ed
una stalla enorme con delle finestre alte e dei grandi
anelli di metallo affissi alle pareti, una mangiatoia e, nel
mezzo, un gorello, che serviva per raccogliere le urine
del bestiame.
Accanto alla casa c'era il forno, il pollaio, il porcile, la
concimaia con la pompa per recuperare il liquame e
spargerlo sullo sterco di vacca o di mucca, e c'era pure il
fontanile, fatto di cemento solido, con due “pile” per
lavare i panni ed una vasca più grande per abbeverare le
bestie. Nel podere accanto c'era anche una pompa a
vento “Vivarelli”; appresi, poi, che questa era in comune
con il nostro vicino, così come pure il forno.
Passai tutto il giorno fuori a giocare con l'acqua del
fontanile, e solo verso sera rientrai in casa quando mia
madre mi chiamò per la cena.
Una lieve malinconia mi prese il cuore: avevo lasciato ai
Poggetti il mio amico Vincenzo e in quel nuovo posto
non conoscevo nessuno, non avevo amici e nel podere
vicino non c'erano bambini.
Ancora non sapevo che quello sarebbe diventato il
luogo dove sarei cresciuto e dove avrei conosciuto tanti
amici, dove sarei andato a scuola e a messa, e dove avrei
giocato a pallone, alla guerra oppure alla sassaiola (gioco
che all'epoca andava per la maggiore, visto che di sassi
ce n'erano tanti e di giocattoli pochi!).
Non sapevo che ero in Maremma! E non immaginavo
neppure che sarei rimasto per sempre legato a quei
luoghi!
10
LAGESTIONEDEL
CINGHIALE
“Gruppocaccia” informazione
Negli ultimi tempi sono sempre più numerosi i
cacciatori cinghialai, in particolar modo quelli che
operano nei comuni d’Orbetello e di Capalbio,
che si lamentano del calo numerico dei cinghiali
verificatosi nelle loro zone di caccia. Spesso, in
aggiunta alle lamentele, sono anche ipotizzate
varie teorie, secondo le quali il calo demografico
degli irsuti sarebbe da attribuire alla presenza dei
recinti nelle AFV, al taglio dei boschi, agli
interventi di contenimento effettuati nei fondi
chiusi e nelle zone di divieto di caccia, al
bracconaggio, ecc.
Secondo il nostro parere, fermo restando che
quanto lamentato dai cinghialai può realmente
avere influito negativamente sul cinghiale e
sull’ambiente nel quale esso vive, l’aspetto
principale, vale a dire quello che più di ogni altro
ha contribuito alla netta diminuzione dei
cinghiali, deve essere ricercato nella pessima
gestione dei prelievi, operati proprio dalle
squadre dei cinghialai.
Fino a non molto tempo fa, proprio nei comuni
di Capalbio e d’Orbetello, di cinghiali ce n’erano
molti (per non dire troppi), e le numerose squadre
che operano in questi due comuni li hanno
cacciati senza sosta dal primo novembre al 31
gennaio di ogni anno, tre giorni per settimana,
con il sole e con la pioggia, e ricorrendo spesso ad
ogni genere espediente al fine di abbatterne
sempre di più, ma soprattutto, queste squadre
hanno cacciato i cinghiali senza tener conto che a
caccia in quei boschi ci sarebbero dovute tornare
anche l’anno seguente.
Per qualche anno le cose sono andate bene, e le
braccate nelle quali si contavano decine di capi
abbattuti erano all’ordine del giorno.
Poi, lentamente ma inesorabilmente, i carnieri
hanno iniziato a divenire sempre più miseri.
I cinghialai, anziché riflettere su quanto stava
accadendo, hanno continuato (e continuano
tutt’ora) a dar fondo alle risorse; e così, in poco
tempo, è stato depauperato un patrimonio
immenso e, oltretutto, riservato: considerato,
infatti, che i cinghiali possono essere cacciati solo
dalle squadre.
Oggi, proprio per la mancanza di materia prima,
troviamo alcune squadre che cacciano solo pochi
giorni l’anno e che si spartiscono la decima parte
dei capi che abbattevano qualche anno fa.
A tutti questi cacciatori, che non sanno far altro
che lamentarsi e piangere miseria, consigliamo di
leggere un libro, scritto da Giovanna Massei e
Peter Genov, titolato “IL CINGHIALE” (Ed.
CALDERINI Edagricole).
Leggendolo, forse riusciranno rendersi conto
dei motivi per cui di cinghiali non ne prendono
più tanti come un tempo, ed inoltre, che qualcosa
potrebbe ancora essere fatto per migliorare
l’attuale situazione: visto che il numero dei
cinghiali, in situazioni ottimali, può aumentare in
un solo anno del 150 per cento, e anche oltre!
11
Funghi: le sanzioni
“Gruppocaccia” INFORMAZIONE
PRIMA PARTE
PORCINO DI KG. 9
WWW.FUNGHITALIA.IT
Raccolta senza autorizzazione o con autorizzazione scaduta
fuori dal comune di residenza: Euro 30,00
Mancata esibizione dell’autorizzazione purché esibita entro 10
gg. dalla contestazione: Euro 4,00
Superare la quantità massima di Kg. 6 consentita ai residenti nei
territori classificati montani: Euro 20,00
Superare la quantità massima di Kg. 3 consentita ai residenti o ai
possessori di autorizzazione personale, nei territori classificati
non montani: Euro 20,00
Superare la quantità massima di Kg. 3 consentita ai possessori
di autorizzazione turistica: Euro 20,00
Raccolta in orari non consentiti (la raccolta può essere
effettuata da un’ora prima del sorgere del sole fino al tramonto):
Euro 50,00
Effettuare la raccolta utilizzando rastrelli, uncini o altri mezzi
che possono danneggiare lo strato umifero del terreno, il
micelio fungino o l’apparato radicale della vegetazione: Euro
50,00
Porre i funghi raccolti in sacchetti di plastica: Euro 4.00
Effettuare la raccolta in zone di “raccolta riservata” senza
averne titolo: Euro 30,00
Tabellazione di aree di raccolta riservata a fini economici in
assenza di autorizzazione ovvero per il mancato rispetto delle
disposizioni contenute nei regolamenti di gestione: Euro
516,00
Effettuare la raccolta in zone raccolta a pagamento senza
averne titolo: Euro 30,00
tabellazione di aree di raccolta a pagamento in assenza di
autorizzazione ovvero per il mancato rispetto delle disposizioni
contenute nei regolamenti di gestione: Euro 516,00
Raccogliere esemplari di Boletus con dimensioni del cappello
inferiori a cm. 4: Euro 4,00 per ogni esemplare fino a un
massimo di Euro 51,64
Raccogliere esemplari di Prugnolo (Calocybe gambosa o
Tricholoma georgi) o di Dormiente (Hygriphorus marzuolus) con
dimensioni del cappello inferiore a cm. 2: Euro 4,00 per ogni
esemplare fino ad aun massimo di Euro 51,64
Raccogliere esemplari di Amanita caesarea allo stato di ovulo
chiuso: Euro 4,00 per ogni esemplare fino ad un massimo di
Euro 51,64
Danneggiare qualsiasi fungo: Euro 4,00
Effettuare la raccolta in Riserve naturali integrali, aree
opportunamente tabellate ricadenti in Parchi nazionali e
regionali, riserve naturali e oasi di protezione: Euro 4,00
Effettuare la raccolta nei giardini ovvero entro m. 100 da
abitazioni (escluso i proprietari): Euro 4,00
Effettuare la raccolta in aree di verde pubblico, a meno di m. 20
dal margine della carreggiata delle strade classificate ai sensi
dell’art. 2 del D.Lgs. 285/92 (escluse le strade vicinali), in aree
adibite a discarica anche se dismesse, in aree industriali: Euro
4,00
Asportare o rimuovere la lettiera e lo strato umifero del terreno
nelle aree boscate: Euro 50,00
Effettuare la raccolta nei divieti temporanei: Euro 14,00
Porre in commercio funghi senza averli divisi per specie:
Euro258,00
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RICORDIDIPIOGGIA,
VENTOEMARE
Rino Pellacani
Foto: Rino Pellacani
Pioggia, vento e tante buche sull'asfalto della Via
Aurelia; l'autostrada all’epoca non era ancora
nemmeno progettata. In queste condizioni
notturne guidavo la mia Topolino per poter
raggiungere Pian di Spille, località vicino
Tarquinia che ospita il poligono di tiro
dell'esercito.
Mi recavo in quel luogo con mio figlio Maurizio,
anziano compagno di caccia ma recente
nembrotte di licenza, in quanto in quel posto si
formavano sulla riva del mare degli acquitrini e
pozze d'acqua, create dalle esplosioni delle
bombe durante le esercitazioni dei carri armati
dell'esercito.
Pioggia fuori e vapore all'interno dell’auto, non si
vedeva nulla e Maurizio, munito di carta, doveva
pulire in continuazione i vetri.
Ecco. Ci siamo: via a destra e subito a sinistra
verso il mare. Ci fermiamo a fianco della siepe di
confine con il poligono. Stivali alti,
impermeabile, cartucce e richiamo per le anatre
(prodotto americano di grossa spesa), sacco con
gli stampi sulle spalle, fucile… e via.
Grosso giro per evitare l'ovile con i due
maremmani sempre aggressivi e siamo
finalmente sulla battigia del mare.
Tre soli laghetti (piuttosto pozzanghere). Il terzo
si prestava un poco, meglio leggermente
incassato sul terreno in riva al mare. Buttiamo in
acqua i dieci stampi delle marzaiole legate una
per una con un lungo spago, così di poterle
recuperare, e cerchiamo subito un riparo che
faccia anche da capanno, ma esiste solo un
cespuglio e poche canne. Pazienza! Ci adattiamo
alla meglio: io seduto su di un bidoncino e mio
figlio in piedi.
Comincia l'attesa. All'alba il tempo non cambia,
anzi, peggiora! Il vento aumenta così come la
pioggia; siamo completamente inzuppati e con il
morale molto basso. Non è passata nemmeno la
pattuglia degli artiglieri, che alle otto del mattino
fanno allontanare tutti prima di iniziare i tiri di
addestramento.
Così passano le ore, e noi scrutiamo il cielo scuro,
asciugandoci in continuazione la pioggia dagli
occhi. Non vola una penna e decidiamo di
andarcene.
Recuperiamo gli stampi, il capanno e tutto il
resto, e ci incamminiamo per salire la piccola erta
che porta in piano, quando, come usciti dal nulla,
raso l'acqua del mare, un volo di codoni che
punta veloce su di noi e vedendoci scartano
veloci.
Lasciamo cadere sulla sabbia tutto ciò che
abbiamo in mano ed un attimo dopo quattro
colpi raggiungono il branchetto, disperdendolo
in una rampata velocissima, e noi, a naso in aria,
restiamo a guardare.
Sant'Uberto ha protetto il nostro piombo,
poiché un codone cade fulminato oltre un metro
o più nel mare. Il riflusso delle onde allontana la
nostra anatra; se esitiamo a recuperarla la
perdiamo sicuramente. Tento allora un passo
dando il fucile a mio figlio, ma le onde sono alte e
l'onda mi raggiunge alla cintola. Stivali pieni, la
mia ferita di guerra alla tibia nell'acqua di mare,
bagnato completamente ovunque, tento il tutto
per tutto, mi butto in avanti ed afferro l'ambita
preda.
Così finisce la nostra tanto attesa giornata di
caccia.
13
Lido Giulietti
MALI PERNICIOSI:
QUANDO MANCA IL TERRITORIO
venatoria “Solengo” assorbono la gran parte del
territorio boscato comunale. La laguna di Orbetello
è fruibile solo in minima parte, ed in conseguenza
alla continua frammentazione del poco territorio
disponibile, dovuta alla recinzione dei lotti lungo le
sponde, molto presto si esaurirà anche quel poco
spazio che è rimasto. Inoltre, i continui lavori di
“risanamento” della Laguna con le inevitabili
modifiche ambientali faranno il resto; già se ne
vedono gli effetti negativi! Negli anni passati, infatti,
nonostante la massiccia presenza di cacciatori,
nell'area della Laguna gli uccelli acquatici erano
numerosi, mentre i miseri carnieri realizzati nella
stagione appena terminata hanno confermato la
scarsa presenza di anatidi. La zona del ‘51quest’anno
sembrava il deserto dei tartari, quando invece,
fortunatamente, nel lago di Burano e nella Diaccia
Botrona la presenza di uccelli è stata invece discreta.
I cacciatori di Capalbio non stanno certo meglio di
quelli orbetellani. Si parte con il fondo chiuso della
Soc. SACRA lungo il litorale a confine col comune
di Orbetello, con annessa l'Oasi di Burano, le
aziende faunistico venatorie Capalbio, Lago acquato
e Capita, e si termina con altri fondi chiusi: Casaglia,
Uno dei mali peggiori che possono colpire i
cacciatori è la mancanza di territorio; lo sappiamo
bene noi seguaci di Diana che abitiamo nei comuni
di Orbetello e Capalbio, visto che da anni ci
troviamo a dover cacciare in territori sempre più
ristretti. Da noi di territorio per la caccia non ce né
mai stato molto, vuoi perché c'è un'alta
concentrazione di aziende faunistico venatorie e
agrituristiche, zone di tutela e fondi chiusi, vuoi per
la forte antropizzazione cui sono sottoposti i nostri
territori, vuoi per la capillare rete viaria che strappa
una fascia di terreno che abbraccia per 100 mt. (50
mt. per lato), e per tutta la loro lunghezza, le strade e
la ferrovia.
Ci troviamo con circa l'80% di territorio boscato
precluso alla caccia, e nei pochi scampoli di bosco
rimasti devono convivere beccacciai, cinghialai,
lepraioli e capannisti, con una pressione venatoria
che va ben oltre la percentuale indicata dalla Regione
Toscana, che è di un cacciatore ogni tredici ettari,
con coesistenze a volte problematiche.
Nel comune di Orbetello insistono le aziende
faunistiche venatorie “Parrina”, “Polverosa” e “San
Donato”, che insieme a quella agrituristica14
la maggior parte di quelli che vengono in Maremma
si accontentano di cacciare nelle riserve i polli messi
la mattina ed il maiale, pardon: il cinghiale, dentro ai
recinti.
E' uno sfogo amaro il mio, di uno che la caccia la vive
con passione, con rispetto e con la voglia di
continuare a praticarla; anche se farlo è diventato
davvero difficile!
Lo scorso 3 febbraio si sono incontrati i cacciatori
Orbetellani e Capalbiesi con la Provincia, ed è stato
trattato l'argomento territorio. Morale della favola?
Ci hanno detto che se tutto andrà bene bisognerà
aspettare due anni, vale a dire l’approvazione del
nuovo Piano Faunistico Venatorio, prima di vedere
(forse) qualche cambiamento positivo.
Una riflessione mi viene però di farla:
sono state fatte delle modifiche ad alcune AFV e
questo è avvenuto a piano faunistico già approvato
ed attuato; se ci si accorge che alcuni parametri non
vengono rispettati e delle situazioni devono essere
corrette, perché non farlo ora, senza aspettare due
anni, vale a dire, prima dell'approvazione del nuovo
Piano Faunistico Venatorio?
Diaccialone e Marruchetone a cofine con il comune
di Manciano, con la maggior parte dei boschi che
sono recintati. Anche qui di terreno per i cacciatori
n’è rimasto veramente poco, non si capisce perché le
AFV sono concentrate solo qua da noi, alcune si
sono addirittura ingiustificatamente allargate negli
ultimi anni, peggiorando ancora una situazione già
di per sé catastrofica.
La conversione di alcune di queste aziende da
vocazione lepre a vocazione capriolo (grazie ai
Regolamenti provinciali), ha poi contribuito alla
diminuzione della selvaggina minore come fagiani e
lepri, considerato che all'interno di queste aziende
lanci di selvaggina nobile se ne fanno pochi o niente.
La caccia sta andando verso il collasso; se non
verranno cambiate le strategie (piano faunistico e
regolamenti) e gli interventi della Provincia e
dell'ATC, tra non molto saremo costretti ad
appendere il fucile al chiodo.
Di sicuro la caccia in Maremma è cambiata. Una
volta, infatti, era diversa: terreni liberi e riserve erano
ricchi di selvatici, la gente veniva da fuori per godere
di una caccia vera in un ambiente unico, mentre oggi
15
LA CACCIA
NELLE
AREE
PROTETTE
Enzo Guinzoni
legge 349/91. Di quest'ultime ne parleremo più
avanti.
Premetto che il sottoscritto è dell'avviso che nelle
aree protette non deve essere consentita la caccia: la
selvaggina migratoria presente all'interno dei parchi
deve essere tutelata e la piccola selvaggina stanziale,
qualora in eccedenza, dovrebbe essere catturata e
successivamente liberata con lo scopo di ripopolare
altri territori.
Un discorso a parte potrebbe essere fatto per il
controllo degli ungulati e dei predatori. In questo
caso, infatti, i cacciatori potrebbero rendersi utili
anche all’interno dei parchi. Ma visto e considerato
che parlare di caccia, con certe frange integraliste del
mondo ambientalista e animalista, è cosa assai
difficile, non intendo mettere in discussione il
metodo degli abbattimenti selettivi e delle catture,
adesso utilizzato per il contenimento della fauna in
eccesso all'interno dei parchi.
La “proposta Brusco” intendeva, invece, concedere
ai soli cacciatori residenti nei comuni in cui ricade
l'area protetta, la possibilità di esercitare l'attività
venatoria (con l'esclusione delle aree a protezione
integrale), nel rispetto di precise regole da
concordare con l'Ente Parco.
Deve essere precisato che, in sede di Commissione,
molte sono state le critiche espresse nei riguardi di
questo disegno di legge, sia dalle forze
dell'opposizione sia dai rappresentanti del Governo.
Particolarmente azzeccate, a mio avviso, sono le
osservazioni di Marco Lion (Misto-Verdi-L’Ulivo),
che esprime forti critiche sul provvedimento in
esame, ritenendo, in particolare, che consentire
l'attività venatoria ai soli residenti nei comuni
compresi nel territorio dell'area protetta possa
Nelle pagine del quotidiano “IL TIRRENO”, di
lunedì 2 febbraio 2004, è apparso un articolo
titolato: <<Ambiente in pericolo - Caccia,
condanna a morte per i parchi - Coro di no alla
legge che vuole aprire le aree protette alle
doppiette>>.
A dichiararsi discordanti con la proposta di legge che
“aprirebbe” i parchi ai cacciatori sono: Giampiero
Sammuri (Presidente regionale di Federparchi),
Piero Baronti (Legambiente), Ermete Realacci
(Margherita) e Massimo Logi (Presidente regionale
ARCI caccia). Anche Marco Ciarafoni (ARCI
Caccia) ha espresso la stessa opinione per mezzo di
una lettera, inviata sempre al quotidiano “IL
TIRRENO”.
A mio parere, le critiche manifestate dagli illustri
signori sopra elencati, oltre ad essere del tutto fuori
tempo sono pure fuor di luogo. E naturalmente vi
spiegherò anche perché.
Sono fuori tempo perché questa proposta di legge
(n. 1592) non è stata presentata l'altrieri, bensì il 18
settembre 2001. Essa è stata sottoscritta da ben 34
deputati ed è conosciuta come “proposta Brusco”,
in quanto il deputato di Forza Italia Francesco
Brusco è il primo firmatario della proposta stessa.
Questa proposta di legge è volta ad apportare alcune
modifiche alla legge 394/91 (legge quadro sulle aree
protette) ed è attualmente all'esame dall'VIII
Commissione permanente della Camera.
La proposta di cui stiamo parlando ha in primo
luogo la finalità di superare il divieto di caccia nelle
aree naturali protette, attualmente previsto dalla
normativa statale sulle aree protette (349/91) e sulla
caccia (157/92), e in secondo luogo quella di
apportare altre importanti modifiche sempre alla
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determinare oggettive situazioni di protesta anche
nell’ambito dello stesso mondo venatorio; e del
sottosegretario Roberto Tortoli, rappresentante del
Governo, che dopo aver ascoltato i vari commenti
espressi dai rappresentanti dell'opposizione,
“comprende come l'esercizio della caccia nelle aree
protette possa suscitare forti dubbi e perplessità” e
ritiene che la caccia debba essere disciplinata
prevedendo precise regole sui prelievi selettivi di
talune specie in eccesso, al fine di riequilibrare
l'ecosistema, considerato, peraltro, che in alcuni
parchi già vi sia la possibilità di procedere ad
abbattimenti selettivi per contrastare il
sovraffollamento di talune specie.
Nella seduta dell'VIII Commissione tenutasi lo
scorso 28 gennaio, il sottosegretario di Stato,
Francesco Nucara, ha riferito che il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con
il Ministero delle politiche agricole e forestali, sta
valutando una complessiva proposta di modifica
della legge 157/92. “Come già affermato dal
Ministro Matteoli, l'orientamento del Ministero, in
questo ambito, è a favore del mantenimento del
divieto di caccia nelle aree protette, con l'unica
eccezione dell'abbattimento selettivo”. Con questa
asserzione, dal significato inequivocabile, il
portavoce del Governo ha terminato il suo
intervento.
Nella medesima seduta, il deputato Brusco, vista la
posizione assunta dal Governo, ed il parere
contrario manifestato da tutte le forze politiche della
minoranza nei confronti della sua proposta mirata a
consentire la caccia nelle aree protette, ritiene che il
disegno di legge, da lui presentato, possa essere
modificato per le parti ritenute dall'opposizione
inaccettabili, mentre si dovrebbe invece tentare di
conservare i punti relativi agli altri temi.
Giunti a questo punto (28 gennaio 2004)
sembrerebbe raggiunto l'accordo, tra Governo,
opposizione ed il deputato Brusco, per mantenere il
divieto di caccia all'interno delle aree protette. Per
questa serie di motivi, che ho appena elencato,
ritengo fuori tempo le dichiarazioni dei
rappresentanti di Federparchi, ARCI caccia,
Margherita e Legambiente, esternate nei giorni
successivi (febbraio 2004). Infatti, le loro
osservazioni critiche nei confronti della “proposta
Brusco” parrebbero arrivate “dopo i fuochi”;
quando, cioè, a seguito di un equilibrato e corretto
confronto democratico, tutte le forze politiche
erano giunte ad un accordo per mantenere il divieto
di caccia all'interno delle aree protette.
Chiarito questo aspetto, vi spiegherò anche il motivo
per cui le osservazioni di Sammuri, Baronti, Relacci
e Logi, oltre ad essere fuori tempo sono anche fuor
di luogo.
Come ho già detto in precedenza, la “proposta
Brusco” non mirava unicamente ad introdurre la
caccia regolamentata all'interno delle aree protette,
ma intendeva apportare anche altre importanti
modifiche alla normativa statale sulle aree protette
(legge 349/91). Di questa parte della “proposta
Brusco” se n'è parlato molto poco.
Personalmente, ritengo che questi ulteriori aspetti
della “proposta Brusco” siano invece molto
interessanti e, in ogni caso, da prendere nella giusta
considerazione. Infatti, nella “proposta Brusco”
s'intende garantire alle Comunità montane una
presenza più incisiva all'interno del Consiglio
direttivo dell'Ente parco (con la presenza di due
membri, designati dai presidenti delle Comunità
montane o loro delegati, eletti con il sistema del voto
separato); si dispone l'obbligo dell'integrale
risarcimento, da parte dell'Ente parco, del danno
arrecato dalla fauna selvatica alle coltivazioni
agricole presenti all'interno dell'area protetta, in
luogo del semplice indennizzo previsto dalle norme
vigenti; si chiede l'abrogazione della norma che
prevede il divieto di introduzione, da parte di privati,
di armi per uso venatorio, se non autorizzati
(attualmente i cacciatori che risiedono all'interno dei
parchi, o che devono transitare nelle strade insistenti
all'interno di quest'ultimi, non possono trasportare
armi e munizioni senza l'autorizzazione dell'Ente
parco); ed infine, la “proposta Brusco” prevede che
la denominazione del Parco nazionale del Cilento e
Vallo di Diano sia modificata in Parco nazionale del
Cilento Valle di Diano e degli Alburni. In
conclusione, tenendo conto che l'aspetto
riguardante la caccia all'interno delle aree protette è
ormai fuori discussione, ritengo che le altre
proposte, presentate dal deputato Brusco, possano
benissimo essere oggetto di dibattito e di confronto.
In ogni caso, per chi vorrà verificare in prima
persona come si sono realmente svolti i fatti di cui vi
ho appena parlato, nel nostro sito internet www.capalbio.it/gruppocaccia - potrete trovare,
nella pagina iniziale, una cartella denominata
Proposta Brusco_Aree protette, contenente la
legge n. 349/91, la proposta di legge n. 1592
presentata dal deputato Brusco, e tutti i resoconti
delle sedute dell'VIII Commissione permanente
nelle quali è stata sinora discussa la “proposta
Brusco”.
17
NUVOLECOMEPENSIERI
di Bruno Modugno
Prima di essere troppo vecchio, ho ereditato un posto dove
riconoscermi. È al limite di un bosco, accanto a un ruscello
dove germani e trote mormorate si incontrano ignorandosi.
Mi accontento di guardarli. Di fronte, un bosco di alberi che
non invecchia mai. Solo qualche macchia rossa di larici segna
le stagioni. E quando fra mill'anni sarò troppo stanco per
arrampicarmi, mi siederò fuori casa col binocolo, sognando
la folle corsa del camoscio sul nevaio di fronte, la fugace
apparizione di un folletto rosso ai limiti del bosco, il feroce
corteggiamento del gallo forcello, i morbidi giochi delle
marmotte a un passo dalla tana.
Ogni anno conto i giorni che mi separano dal momento in
cui potrò salire su in alto, dove non si incontra gente. Un
amico fedele, il fucile, il cane. Nello zaino, il binocolo, un po'
di carne affumicata, il pane all'anice. L'acqua la troverò lassù.
Nel bosco il cane va tenuto al guinzaglio. Tira con forza,
smanioso. Ansima, tossisce per via del collare. Gli abeti
stanno cedendo il posto ai rododendri e ai mughi. È il
momento di sciogliere. Il cane, finalmente diventa
protagonista. Prima si abbandona a veloci corse che mi
sembrano gioie per la libertà conquistata, ma che in realtà
sono la presa di possesso del territorio e una prima sommaria
esplorazione. Si va avanti, sempre più su, mentre il cane
accenna le prime guidate. La mugaia è piena di odori. È il
punto dove si incontrano la lepre grigia e la sua lontana
cugina variabile. Qui è il limite superiore del territorio del
capriolo e quello inferiore del camoscio.
Il forcello viene a mangiare gemme, mirtilli, bacche di
ginepro. La guidata si fa sospettosa. Un primo accenno di
ferma, poi il cane riprende a strisciare, il muso proteso in
avanti, le movenze serpentine. Non lo vedo, non lo sento più.
Eccolo che biancheggia tra un macchione di rododendri ai
piedi di un pino mugo. È immobile, tanto che da lontano lo
avevo scambiato per una pietra di calcare. Ho tutto il tempo
di arrivare, di calmare i battiti del cuore che mi tormentano la
gioia. Un grigio frullo fragoroso. D'istinto il fucile mi vola
sulla spalla. Un attimo per mirare. È una femmina di forcello.
Abbasso la canna, un po' deluso. Ma qui senza concorrenti,
penso che quella femmina di forcello è anche mia.
Anzi, è mia, prima della prossima estate, tornerà a deporre le
uova. È la meravigliosa macchina che contribuisce a
conservare questi luoghi così come sono.
Proseguiamo, il cane e noi. Siamo su un vasto pianoro
erboso. Tra l'erba bassa biancheggiano le pietre, come pecore
al pascolo. Una zolla sollevata, umido coperchio di terra ed
erba. È poi un'altra. Il pianoro ne è sconvolto. Altro che
marmotte! Qui è passata una famiglia di cinghiali che perso la
strada. Prima di tornare a valle, si è ingozzata di teneri crochi.
Bisogna ancora risalire, scavalcare la sella e ridiscendere
lungo i ghiaioni che guardano a nord, verso l'Austria. Due
giovani camosci saltellano sul nevaio di fronte. Poi uno si
siede e slitta verso valle. Per gioco. In cresta incontriamo i
cotorni. La ferma è stata brevissima, appena un accenno, e il
volo troppo veloce verso valle. In ogni caso non avremmo
sparato.
Ora stiamo in piena ombra. L'aria si fa frizzante e sembra
bucare i polmoni con mille cristalli di ghiaccio. Chiazze di
neve coprono qua e là il ghiaione. Il cane cerca
affannosamente. Sa che ci sono, perché altre volte le ha
incontrate, ma oggi sembra che si siano affatate. Dalla valle
sale rapidamente un cumulo di impalpabile fiato bianco,
nebbia o nuvola bassa, che ci avvolge. Il cane cade in ferma.
Tutto si svolge in un attimo. Faccio appena in tempo a
scorgere un puntino rosso carminio sul bianco della neve,
che la brigata parte a ventaglio verso destra. Due colpi su un
bersaglio color della nebbia. Il cane è indeciso. Non raccoglie,
non corre verso la probabile rimessa. Dobbiamo scendere
noi stessi verso il recupero. Mentre ormai la nebbia invade
ogni cosa, il cane scompare dietro uno sperone, le piume,
appena segnate da una macchiolina di sangue, il cane, seduto,
si aspetta un gesto di gratitudine.
Questa è la caccia in montagna, per me. E non è tutto, perché
ci sono le arrampicate per sorprendere il demonio nero che
mi sfida dalle rocce. L'attesa del capriolo, l'emozione di un
tiro contro un puntolino fulvo che appare all'improvviso su
uno spazio erboso. Il bramito del cervo che risveglia
ancestrali timori. Il soffio del forcello sull'ultima neve di
primavera. E poi, sempre, i sornioni esorcismi del dopo
caccia. Su in montagna, gli affanni di un'umanità frettolosa
non arrivano. Restano la compagnia della mia donna e di un
cane fedele, il rombo del torrente, il commento musicale dei
sassi che rotolano a valle.
Lassù le nuvole sono come pensieri.
18
TUTTI
A
CASA
Di Maurizio Pellacani
e seicentomila), mentre oggi non raggiungiamo gli
ottocentomila; le regole venatorie non erano sancite in
leggi, ma tramandate di padre in figlio, e da tutti
rispettate.
Il cacciatore era da tutti benvoluto, sia dai normali
cittadini che dai contadini, con i quali condivideva la
campagna e la natura; ricordo che usavo andare a caccia
con il treno o la corriera, ed alcune volte perfino in
tram; fucile orgogliosamente portato in spalla, poco
più di un ragazzino, e tutti mi guardavano con simpatia
salutandomi con educazione.
Che differenza con i nostri giorni: sguardi cattivi,
battute fuori luogo, quasi fossimo dei mascalzoni! Pian
piano hanno ridotto il periodo di caccia a poco più di
quattro mesi, con divieti e restrizioni che sono diventati
spesso insopportabili, tanto che bisognerebbe andare a
caccia con un vademecum alto un palmo per districarsi
nei meandri di regolamenti, leggi e leg gine.
La chiusura della caccia pone fine momentaneamente a
tutto questo, e solo da quel lato è ben accetta. Tanto
non ne possiamo più! Ma rimane pur sempre la
preparazione e lo “studio” che dobbiamo fare in vista
della prossima apertura.
Solo la nostra grande passione, quel fuoco che arde
inesauribile dentro di noi, ci impedisce di lasciar
perdere, di “appendere il fucile al chiodo”, come si dice
in gergo.
In questi ultimi anni le condizioni sono sempre
peggiorate senza che nulla o poco fosse fatto, in
particolare dalle nostre associazioni, per arginare tutto
questo; l'Europa Unita e le sue leggi in materia
venatoria sono state in Italia recepite quasi
esclusivamente in maniera restrittiva per la caccia.
La speranza di modificare un po' a nostro favore la
situazione rimane legata ad un tenue filo, all'impegno
che ciascun di noi, nel suo piccolo, può apportare alla
causa della caccia, soprattutto nel lungo periodo di
chiusura, quando il nostro cervello non è del tutto
impegnato nella nostra unica e inesauribile grande
passione “LA CACCIA”.
Sono gli ultimi giorni di gennaio, freddi e piovosi. Il
cielo è grigio, nuvoloso e triste: un po' come ci sentiamo
noi amanti di Diana.
La stagione venatoria volge al termine. Una grande
nostalgia cala lentamente nel nostro essere di cacciatori
ed un senso di vuoto sconsolato si insinua pian piano
nel nostro cuore.
Rapida, sembra ieri l'apertura, come un soffio, un alito
di vento, ed è già ora di riporre il fucile insieme a tutto il
nostro “armamentario” di caccia: stivali, stampi,
capanno, ombrello, cartucce e cartucciere, e gli altri
mille “ammennicoli” che ci hanno fatto compagnia
durante le nostre uscite.
Puliamo tutto, con amore, per riporlo ordinatamente,
pronto per essere utilizzato la prossima stagione; un
rito che si ripete da anni con una sacralità antica.
Sfioriamo con le mani, quasi una carezza, gli oggetti che
ci sono più cari: il fucile, la cartucciera del nonno, la
giacca del babbo che ora mettiamo noi, tutte cose che
sono per noi preziose, ed il loro contatto ci dà un
grande conforto e calore.
Cosa dire poi dei nostri cani, fedeli e insostituibili
compagni, che hanno condiviso con noi attese infinite,
spazi liberi, albe e tramonti, gioie e delusioni,
condannati per lunghi mesi a tenere a freno il loro
ardore, che ci guardano con quegli occhioni umidi pieni
d'amore e passione, come per dire: “oggi non si va a
caccia?”
Solo chi è cacciatore come noi può capire tutto questo,
gesti e sentimenti semplici, ma antichi e pieni d’amore,
per cose che spesso sono di nessun valore per gli altri,
incomprensibili in un mondo sempre più cinico, legato
a valori effimeri e materiali nei quali non ci
riconosciamo.
La caccia, la nostra bella ed amata caccia, ce la stanno
distruggendo, smontandola pezzo per pezzo. Quando
ho iniziato la “grande avventura”, la caccia durava circa
otto mesi.
Si iniziava il 15 agosto e si terminava il 15 maggio, i
cacciatori erano molti di più d’adesso (circa un milione
19
IL“GRUPPOVOLPE”
Quarta parte
“Gruppocaccia” informazione
Dopo aver parlato del controllo della Volpe nel
territorio destinato alla caccia programmata e
nelle Zone di Ripopolamento e Cattura della
provincia di Pisa, illustreremo con questo
articolo come la Provincia di Pisa, in accordo
con l’INFS, intende controllare questo
predatore all’interno delle Zone di Rispetto
Venatorio e nelle Aziende Faunistico
Venatorie e Agri-Turistico Venatorie.
!
Il controllo della Volpe nelle Zone di Rispetto
Venatorio.
!
Nel caso delle Zone di Rispetto Venatorio, sarà seguita la
stessa disciplina prevista per le Zone di Ripopolamento
e Cattura. Per questi istituti sarà attuata anche una
progressiva riduzione delle immissioni di selvaggina
allevata in cattività e incentivato lo sviluppo di
popolazioni selvatiche mediante la realizzazione di
consistenti interventi di miglioramento ambientale, così
come previsto dal Documento di programmazione faunistica e
venatoria provinciale.
!
!
Il controllo della Volpe nelle Aziende Faunistico
Venatorie.
Nei primi cinque anni di validità del Protocollo si
conviene che la gestione della Volpe all’interno delle
AFV sia sottoposta alla seguente disciplina:
!
miglioramento della gestione faunistica di questi
istituti con conseguente progressiva riduzione
delle immissioni di selvaggina allevata in cattività
e potenziamento delle popolazioni selvatiche
mediante consistenti interventi di
miglioramento ambientale;
!
realizzazione ogni anno di azioni di
monitoraggio della Volpe e delle specie di
carattere gestionale (Lepre e Fagiano) da
condursi nel tardo autunno con la tecnica del
!
20
transetto diurno (Fagiano) e notturno (Lepre e
Volpe) da parte dei tecnici incaricati dalla
Provincia al fine di valutare oltre che la
consistenza della Volpe anche la consistenza
delle altre due specie e quindi i risultati della
gestione nel suo complesso, vale a dire non solo
del controllo dei predatori ma anche e
soprattutto dei miglioramenti ambientali;
elaborazione di piani di contenimento numerico
della Volpe da parte della Provincia sulla scorta
dei dati non solo dei censimenti ma anche della
produttività riscontrata nelle diverse situazioni
territoriali limitrofe a ciascuna AFV;
autorizzazione dei piani di prelievo rilasciata
ogni anno dalla Provincia;
obbligo, per l’AFV che intenda utilizzare il
metodo della braccata, di inoltrare domanda alla
Provincia di dotarsi di un “Registro aziendale cani”,
contenete le matricole dei cani specializzati per
interventi in braccata alla Volpe, in possesso di
idonea certificazione rilasciata dalle
Associazioni Cinofile locali sulla base di una
specifica prova di lavoro;
realizzazione di interventi di contenimento,
sotto la responsabilità di una guardia aziendale
nominativamente incaricata dal titolare della
AFV, coadiuvata da cacciatori abilitati alla caccia
alla Volpe (di cui all’art. 37), nel rispetto del
piano di prelievo assegnato, mediante il metodo
della braccata con l’impiego di un numero di
cani, scelti tra quelli iscritti al “Registro aziendale
cani”, non superiore a tre per ciascun intervento,
nel periodo compreso ogni anno tra il 1° ed il 31
marzo;
realizzazione, sempre sotto la responsabilità di
una guardia aziendale nominativamente
incaricata dal titolare dell’AFV, eventualmente
coadiuvata da cacciatori abilitati (art. 37) iscritti
al Registro provinciale, di interventi alla tana
anche con cani specializzati, sempre nel rispetto
del piano di prelievo assegnato, nel periodo
!
!
!
!
compreso ogni anno tra il 1° aprile e il terzo
sabato di settembre. I cani da tana dovranno
essere in possesso di idonea certificazione,
attestante la loro specializzazione, rilasciata dalle
Associazioni Cinofile locali sulla base di
specifica prova di lavoro e le loro matricole
dovranno essere riportate, in un elenco a parte,
nel “Registro aziendale cani”.
graduale sperimentazione, da parte delle AFV
che ne facciano domanda alla Provincia, del
metodo della caccia notturna, con possibilità di
un suo impiego, sotto la responsabilità del
Direttore Concessionario, da parte
esclusivamente del personale di vigilanza
dell’azienda, ogni anno nei periodi compresi tra
il 1° dicembre ed il 31 marzo e successivamente,
al solo scopo di completare il piano di prelievo
stabilito, tra la terza domenica di settembre ed
il 30 novembre. Il metodo della caccia notturna
sarà specificatamente regolamentato dalla
Provincia anche nelle AFV;
obbligo per la guardia incaricata dal Direttore
Concessionario di effettuare ciascun intervento,
di segnalare preventivamente l’intervento
medesimo alla Polizia provinciale, avvalendosi
del sistema di teleprenotazione. Alla guardia
responsabile dell’intevento spetterà l’obbligo di
compilare diligentemente un’apposita “Scheda”
elaborata ed approvata dalla Provincia,
riportante le generalità e le licenze di caccia dei
cacciatori partecipanti, il numero, il sesso e la
classe dei capi abbattuti, da tenere a disposizione
della Polizia provinciale per lo svolgimento dei
necessari controlli e da restituire alla Provincia in
occasione della presentazione del Piano annuale
di gestione dell’AFV;
gli interventi si svolgeranno comunque sotto la
responsabilità del titolare dell’AFV;
obbligo per la Provincia di trasmettere all’INFS
una relazione tecnica contenente i dati relativi ai
censimenti ed ai prelievi realizzati.
!
!
!
!
!
Il controllo della Volpe nelle Aziende Agri-turistico
Venatorie che esercitano la caccia a Galliformi
allevati in cattività.
Nel caso di questi istituti, avendo essi una finalità
commerciale, il controllo della Volpe non riveste
esigenza ecologica. Tuttavia, al solo fine di prevenire
forme illegali di controllo di tale specie, la Provincia
potrà autorizzare piani di prelievo della Volpe:
!
limitatamente al periodo compreso tra il 1°
gennaio ed il 31 marzo;
!
per un numero di capi pari alla densità media di
prelievo accordata nell’anno precedente alle
AFV. Tali piani, nei primi cinque anni di validità
!
!
21
del presente Protocollo, dovranno sottostare alla
seguente disciplina:
autorizzazione dei piani di prelievo rilasciata
dalla Provincia;
obbligo, per l’AAV che intenda utilizzare il
metodo della braccata, di inoltrare domanda alla
Provincia di dotarsi di un “Registro aziendale cani”,
contenente la matricola dei cani specializzati per
interventi in braccata alla Volpe, in possesso di
idonea certificazione rilasciata dalle
Associazioni Cinofile locali sulla base di una
specifica prova di lavoro;
realizzazione di interventi di contenimento,
sotto la responsabilità di una guardi aziendale
nominativamente indicata dal Direttore
Concessionario, coadiuvata da cacciatori abilitati
alla caccia alla Volpe (di cui all’art. 37), nel
rispetto del piano di prelievo assegnato,
mediante il metodo della braccata con l’impiego
di un numero di cani, scelti tra quelli iscritti al
“Registro aziendale cani”, non superiore a tre per
ciascun intervento;
realizzazione, sempre sotto la responsabilità di
una guardi aziendale nominativamente
incaricata da Titolare dell’AAV, eventualmente
coadiuvata da cacciatori abilitati (art. 37), iscritti
al Registro provinciale, di interventi alla tana
anche con cani specializzati. I can da tana
dovranno essere in possesso di idonea
certificazione, attestante la loro
specializzazione, rilasciata dalle Associazioni
Cinofile locali sulla base di specifica prova di
lavoro e le loro matricole dovranno essere
riportate, in un elenco a parte, nel “Registro
aziendale cani”;
obbligo per la guardia incaricata dal titolare
dell’AAV di effettuare ciascun intervento, di
segnalare preventivamente l’intervento
medesimo alla Polizia provinciale, avvalendosi
del sistema di teleprenotazione. Ala guardia
responsabile dell’intervento spetterà l’obbligo di
compilare diligentemente un’apposita “Scheda”,
elaborata ed approvata dalla Provincia,
riportante le generalità ed i porto d’arma dei
cacciatori partecipanti, il numero, il sesso e la
classe dei capi abbattuti, da tenere a disposizione
della Polizia provinciale per lo svolgimento dei
necessari controlli e da restituire alla Provincia in
occasione della presentazione del Piano annuale
di gestione dell’AAV;
gli interventi si svolgeranno comunque sotto la
responsabilità del titolare dell’AAV;
obbligo per la Provincia di trasmettere ogni
anno all’INFS una relazione tecnica contenete i
dati relativi agli indici di presenza della specie e ai
prelievi realizzati.
LA REGINA DEL BOSCO:
LA BECCACCIA
Di Marco Ragatzu
Classe: uccelli
Ordine:caradriformi
Famiglia: scolopacidi
Sottofamiglia: scolopacini
Genere: scolopax
Specie: scolopax rusticola
Carl Von Linnè (Linneo) fu il primo nel 1756 a
classificare la beccaccia del ceppo euro-asiatico:
scolopax rusticola, termine che etimologicamente deriva
da skolops (palo appuntito) e da rusticola (abitante delle
campagne).
Uccello di medie dimensioni e di forme abbastanza
tozze, provvisto di becco lungo e dritto, con occhi
grandi in posizione molto arretrata nel cranio
rotondo, munito di ali relativamente corte ed
arrotondate e con coda corta così come per le gambe.
Normalmente il colore è bruno rossastro e br uno
scuro, anche se esistono notevoli variazioni di colore
che raramente possono causare tonalità particolari
quali l'isabellismo o l'albinismo totale; nelle ali presenta
dieci remiganti primarie e sedici secondarie con
quella, sicuramente nota a tutti, che è la piccola
remigante primaria atrofizzata denominata la penna del
pittore.
Il suo becco è lungo circa 6-8 cm, carnicino e con
apice bruno, ma esistono anche soggetti che
presentano becchi più corti denominate brevirostre
(circa 4 cm); le zampe sono molto corte e munite di
quattro dita delle quali il posteriore più corto, tipico
degli uccelli camminatori, tre anteriori di cui il centrale
più sviluppato, tutte di colore che varia dal grigio al
carnicino giallastro.
Queste le dimensioni della beccaccia: lunghezza da 33
a 40 cm, dei quali 7-8 cm di becco, tarsi da 3 a 4 cm,
dito medio 4 cm compresa l'unghia; apertura alare di
63-65 cm; per quanto riguarda il peso, esso è soggetto
a notevoli variazioni a seconda degli individui, della
stagione e delle condizioni di vita.
Possiede un udito molto sviluppato ed è munita di
occhi grandi e scuri che, data la loro posizione, gli
permettono di avere un campo visivo di quasi 360°.
Di abitudini essenzialmente notturne, la sua vista al
buio è almeno tanto buona quanto di giorno.
Per quanto riguarda l'età, possiamo affermare se ci
troviamo di fronte ad un giovane dell'anno oppure ad
un adulto degli anni precedenti grazie all'esame delle
prime tre remiganti lunghe (metodo Clausager), infatti,
se queste sono usurate, sfrangiate agli apici e lungo il
margine, indicano un soggetto giovane, mentre nel
caso di margini netti ci troviamo sicuramente di
fronte ad un soggetto adulto; esistono anche ulteriori
sistemi complementari per stabilire l'età: attraverso
l'esame delle grandi copritrici delle primarie, delle
secondarie interne, delle scapolari e delle timoniere, in
base a sfumature di colore, disegno, contorni, ma
anche alla grandezza delle bande e dei dentelli.
Molto complicato risulta invece stabilire il sesso,
infatti ad oggi l'unico sistema certo è tramite
l'autopsia, non presentando tra i due sessi dimorfismo
sessuale apprezzabile.
L'areale della beccaccia euro-asiatica risulta essere
l'Europa sino alle isole Canarie, Azzorre e
britanniche, e l'Asia fino alla Cina, Mongolia e Tibet;
questo areale, in considerazione anche dello
svernamento, si estende fino a sud delle coste nord
africane e dell'Asia minore.
Il suo habitat ideale è il bosco di querce, larici,
conifere e betulle, ricchi di sottobosco e radure, sia in
pianura che in montagna.
Il lombrico risulta essere alla base dell'alimentazione
di questo scolopacide, che trova ispezionando
minuziosamente i terreni che frequenta, ma si nutre
anche di mosche, grilli, coleotteri e molti altri
invertebrati, oltre a mirtilli, bacche, semi di sambuco,
chicchi di mais e di avena, erbe e piante acquatiche.
Il periodo riproduttivo risulta influenzato da fattori
esogeni (quali l'allungamento dell'illuminazione
diurna), ed endogeni, fattori ormonali, sviluppo delle
gonadi, e varia dall'inizio di febbraio (Francia) alla fine
22
di agosto, ritardando man mano che si procede verso
nord (Scandinavia); normalmente depone 4 uova a
cadenza giornaliera, di colore giallo rossastro con
macchioline che variano dal grigio al bruno-avana,
con punteggiature lilla.
Dopo circa tre settimane di incubazione nascono i
pulcini che , trattandosi di nidifugi, in poche ore sono
in grado di seguire la madre.
La beccaccia appartiene a quelle specie di uccelli che
sistematicamente, in primavera ed in autunno,
compiono voli migratori alla ricerca di zone
favorevoli per la riproduzione e lo svernamento;
normalmente migra di notte in gruppi di 4-6 individui
spostandosi per molti chilometri: in Francia una
beccaccia catturata , inanellata e liberata in tarda
serata, è stata abbattuta a 260 km di distanza al
mattino seguente; possibile ma rarissimo lo
spostamento diurno.
L'aumentare della pubblicità del business venatorio e
delle possibilità di praticarne la caccia nei paesi
dell'Est Europa ha comportato una graduale e
disastrosa pressione venatoria verso la beccaccia, nelle
località di massima concentrazione nei vari momenti
di tutto il ciclo della specie, anche in primavera.
Oltre ai diversi milioni di beccacce che muoiono nei
paesi europei dove si caccia nei periodi di
svernamento con l'utilizzo del cane da ferma (e
purtroppo non solo in questo sistema), si aggiungono
numeri elevatissimi (ad oggi non quantificabili) di
soggetti abbattuti nell'Europa orientale, non solo nei
periodi di svernamento, ma atrocemente e con un
danno incredibile, anche nei periodi di riproduzione,
grazie anche alla propaganda dei vari tour-operators.
Tutto ciò danneggia la specie, e non è sopportabile
che tale persecuzione, causa di gravi conseguenze per
la specie in tempi medio-lunghi, possa ancora
continuare; regolamentazioni europee stanno per
essere adottate nel rispetto dei modi e dei periodi di
abbattimento in tutta Europa, modifiche che
sicuramente gioveranno alla specie.
La densità della popolazione di una specie selvatica è
legata essenzialmente alla capacità del territorio di
offrire alimento e rifugio (Carring e Holding
Capacity): in particolare il primo fattore influenza la
fertilità, la fecondità, la capacità immunitaria e la
resistenza alle malattie, quindi la mortalità, mentre
l'aumento della capacità di difendersi dagli aggressori
e dalle condizioni climatiche avverse dipende dalla
disponibilità del rifugio.
Quindi il numero massimo di individui presenti in un
ecosistema, dipende dall'aumentare o diminuire di
questi fattori: in annate eccessivamente siccitose o
piovose, eccessivamente calde o fredde, la quantità
della selvaggina presente sul territorio subisce un
contraccolpo per la riduzione di questi fattori.
Per le specie cacciabili, tra questi fattori esiste il più
pericoloso tra tutti: l'uomo; ma non il Cacciatore che
coscientemente pratica questa attività venatoria nel
rispetto sia della beccaccia sia dell'ambiente che lo
circonda, con mezzi idonei ad una proficua ricerca e a
alla realizzazione del carniere, ma atti anche alla
conservazione della specie.
Quindi, considerato questo particolare periodo
storico, e non mi si venga a dire “…ma in maremma si è
sempre fatto!....è pratica vecchia sempre esistita!...”, è
impraticabile qualsiasi altro metodo di caccia rivolto
alla beccaccia (intendo dire: l'aspetto) che non sia con
l'utilizzo del cane, nei giusti periodi e nei giusti modi e
numeri.
Detto ciò, sembrerebbe, dunque, che in un
ecosistema privo del predatore più pericoloso
(l'uomo) per esempio in oasi o aree protette, in
assenza di eventi particolarmente gravi, la specie si
debba mantenere ai livelli massimi di densità.
L'esperienza pratica ha dimostrato, invece, che in tale
aree non soltanto la specie non aumenta ma si porta
verso una lenta e continua riduzione, sino ad un punto
massimo da cui poi ricomincia ad aumentare, per poi
scendere di nuovo.
Questo fenomeno è dovuto all'invecchiamento
dell'età media della popolazione; quindi, un prelievo
contenuto, o per lo meno non esasperato come lo è
tutt'ora soprattutto nei paesi dell'est, rende disponibili
nicchie biologiche per l'insediamento di nuovi
individui che contribuiscono a mantenere giovane la
popolazione, aumentando di conseguenza la
potenzialità riproduttiva ed in sostanza la forza e la
vitalità di tutta la specie.
Marco Ragatzu
23
PORTO D’ARMI
LA REVISIONE DISPOSTA
DAL VIMINALE HA DATO
RISULTATI LIMITATI
Ferma da 9 mesi la commissione che doveva varare
controlli più severi. Il massacro di Lecco apre la via a
uno stralcio.
ROMA - La decisione era stata presa all'inizio di
maggio dell'anno scorso, subito dopo le stragi di Aci
Castello e di via Carcano a Milano: 8 morti in 5 giorni.
Una commissione interministeriale per riscrivere le
norme sul porto d'armi ed evitare che pistole e fucili
finissero in mani pericolose. Da allora sono passati 9
mesi. Ma non è cambiato nulla. Il gruppo di esperti guidato da Giovanni Pioletti, presidente di sezione
della suprema corte di Cassazione - non è arrivato a un
testo di riforma. E, dopo l'episodio della strage in
famiglia di Lecco, sembra probabile che si proceda ad
uno stralcio: una piccola modifica subito, senza toccare
per il momento tutto il resto. La modifica, da attuare in
tempi rapidi con un decreto del ministero dell'Interno,
dovrebbe riguardare i certificati medici. Oggi chi vuole
un porto d'armi per difesa personale (in tutta Italia lo
hanno circa 45 mila persone) ne deve presentare due
per dimostrare la propria idoneità psicofisica. Uno del
proprio medico di famiglia, l'altro di un medico dell'Asl
o militare. La commissione suggerisce di cambiare
proprio quest'ultimo: non basterebbe più la firma di
una sola persona ma sarebbe necessario l'esame di una
commissione di cinque medici. Non è ancora deciso
chi la dovrebbe presiedere. Le ipotesi sono due: c'è chi
sostiene che dovrebbe essere un medico dell'Asl,
introducendo un cambiamento soft rispetto al sistema
attuale. E chi invece propone una soluzione più dura,
affidando la guida della commissione ad un medico
militare oppure delle forze di polizia. Due i motivi del
correttivo. Il primo è di semplice buon senso: cinque
persone vedono meglio di una e si possono accorgere
più facilmente di quei piccoli segnali di irrequietezza
che aveva dato anche Fausto Zoia, il ragioniere di
Lecco che ha sterminato la sua famiglia. Il secondo
motivo è più complesso. Con il certificato firmato da
un solo medico è più facile che si chiuda un occhio e il
controllo si trasformi in un pro forma: un foglio
firmato senza visita magari pagando un'agenzia di
intermediazione, come avviene in alcuni casi per il
rinnovo della patente. Tutto diventa più difficile - e
quindi più sicuro, almeno in linea teorica - se ad
occuparsi della materia è una commissione di cinque
persone. Per il momento appare difficile che si faccia di
più. A maggio, sempre dopo le due stragi di Aci
Castello e di Milano, il ministro dell'Interno Giuseppe
Pisanu aveva ipotizzato un'altra modifica: estendere
l'obbligo del certificato medico annuale, oggi previsto
solo per chi ha il porto d'armi da difesa personale, ad
altre tre categorie: i cacciatori e gli appassionati di tiro a
volo, che lo devono presentare ogni sei anni, e chi la
pistola la tiene in casa ma non la porta con sé, che di
quel documento ha bisogno solo alla prima richiesta
senza alcun controllo successivo. Sempre a maggio il
Viminale aveva disposto una revisione straordinaria di
tutti i permessi. Chi ha un'arma in casa è stato
obbligato a presentare di nuovo il certificato medico in
questura anche se il documento non era in scadenza. Il
ministro Pisanu aveva parlato di una «risposta alle
aspettative legittime degli italiani dopo le vicende di
Aci Castello e Milano che tanto hanno colpito la
pubblica opinione». I dati sono ancora parziali, perché
le comunicazioni non sono ancora arrivate da tutte le
questure. Ma da un esame parziale sembra che i
permessi revocati siano davvero pochi rispetto al
totale. Chi aveva un certificato, in sostanza, ne ha
ottenuto un altro senza troppi problemi. Anche per
questo è probabile che si cambino le regole passando
alla commissione a cinque. Non tutti sono d'accordo,
però. Dice Edoardo Mori, magistrato di Bolzano ed
esperto in diritto delle armi: «Qualcosa andrebbe
cambiato, e su questo siamo tutti d'accordo. Ma è una
pia illusione pensare di risolvere tutto aggiungendo
burocrazia a burocrazia. Dimentichiamo troppo
spesso che chi vuole uccidere non ha bisogno per forza
di una pistola regolarmente denunciata: basta un
coltello, basta investire una persona con l'automobile.
E non servono permessi o certificati medici».
Lorenzo Salvia
http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=INT
ERNI&doc=ARMI (notizia del 13 gennaio 2003)
24
CACCIA NEL MESE DI FEBBRAIO:
SEMPRE PIU’ VICINA
DI UMBERTO ALDI
Recentemente, vi è stato un incontro del
Ministro delle Risorse agricole e forestali,
Alemanno, con il Presidente della FACE
(Federazione Associazioni Cacciatori Europee),
allo scopo di concordare le iniziative comuni per
raggiungere l'obiettivo tanto desiderato di poter
cacciare alcune specie nel mese di febbraio.
Con più che giustificato ottimismo, possiamo
dire che l'azione condotta dalla Federcaccia,
assieme e nell'ambito della FACE, con le altre
Associazioni europee, per riconquistare tempi
di caccia più soddisfacenti ed in linea con le
risultanze della scienza, ha fatto significativi
passi avanti: il prolungamento della stagione
venatoria al mese di febbraio, per decadi e per
alcune specie, è più vicino e possibile.
L'azione che noi, con alcune altre componenti
del mondo venatorio italiano ma con la
dichiarata contrarietà di altre, abbiamo
condotto, ha riaperto un discorso che sembrava
chiuso e ricollocato l'Italia in sintonia con
l'Europa.
È stata inviata a diversi esponenti del mondo
scientifico, tecnico ed istituzionale del nostro
Paese, da parte della Commissione D.G.
Environment della Unione Europea, una lettera
che, nella sostanza, afferma che diverse delle
variazioni richieste dall'Italia ai tempi di caccia (il
prolungamento al mese di febbraio per alcune
specie) rientrano perfettamente nei periodi di
tolleranza che la Commissione considera
accettabili secondo i dati scientifici del
25
Documento Key Concepts.
In altre parole, la Commissione dichiara che
(poiché nell'ambito di una decade la
nidificazione o la migrazione possono iniziare o
finire nei primi e negli ultimi giorni della decade
stessa) una decade è il margine di flessibilità che
deve essere calcolato ad ogni estremità del
periodo, sia esso riproduttivo o di nidificazione.
Ciò significa che ove i dati scientifici collochino,
ad esempio, l'inizio della migrazione ai primi di
una decade, nulla osta per la Commissione a che
la specie interessata possa essere cacciata per
tutta la medesima decade.
Quanto sopra, nel caso dell'Italia, implica che da
un esame dei dati in possesso dal Comitato
Ornis e alla luce di questa interpretazione, già
oggi per alcune specie (Codone, Colombaccio,
Allodola) sarebbe ammissibile la caccia nel mese
di febbraio, probabilmente fino alla terza
decade, mentre per altre (Marzaiola, Tordo, ecc.)
si apre comunque la strada anche grazie al
confronto con i dati di altri Stati membri.
Come si evince, sono diversi gli aspetti
importanti che emergono dalla posizione della
Commissione. Il primo è che la possibilità di
cacciare alcune specie, in particolare quelle
sopra indicate, per decadi, nel mese di febbraio,
non è frutto di dati nuovi, ma essenzialmente di
una lettura razionale di quelli già esistenti. Il
secondo è che adesso, per sbloccare
definitivamente la situazione e concretizzare il
risultato, l'iniziativa spetta all'Amministrazione
Italiana: ora lo Stato Italiano ha la strada aperta
davanti a sé, se vuole, per modificare le date e le
specie che anche a giudizio della Commissione
non costituiscono problema. Il terzo è che la
Commissione sottolinea l'opportunità che si
vada verso lo sviluppo di osservatori in grado di
fornire dati scientifici validi e verificabili che
consentano alla Commissione di intraprendere
una revisione sistematica dei dati inclusi nel
Documento Key Concepts: una sottolineatura
che testimonia la possibilità che anche per altre
specie possa realizzarsi una variazione ufficiale
delle date.
Crediamo, che queste notizie giustifichino
ampiamente l'ottimismo di cui sopra.
La linea che abbiamo seguito e le scelte che
abbiamo compiuto (le iniziative per “portare la
caccia in Europa”, l'azione presso le Istituzioni
europee, il confronto con il Governo ed il
Parlamento sulla legislazione vigente e sulle
modifiche da apportarvi, la ricerca e la
sollecitazione di contributi da parte di
ricercatori ed Università, insomma, tutto ciò che
negli ultimi due anni abbiamo messo in campo),
si rivelano giuste e lungimiranti.
La Commissione richiama ripetutamente gli
incontri avuti nel 2002 a Bruxelles con i tecnici e
gli scienziati che, su nostra sollecitazione e con
l'accredito del Ministero dell'Agricoltura, hanno
partecipato assieme ai rappresentanti della
FACE al confronto con i componenti del
Comitato ORNIS: un richiamo importante, che
dimostra la pretestuosità degli attacchi, che tutti
ricorderete, cui la Federcaccia è stata sottoposta
per aver sostenuto la legittimità della richiesta di
modificare i termini temporali della stagione
venatoria.
Adesso, mentre continuiamo a lavorare a livello
comunitario, occorre intensificare l'iniziativa
verso il Governo ed il Parlamento perché il
primo compia tutti i passi che la Commissione
attende ed il secondo proceda verso la rapida
conclusione della discussione per la modifica
della Legge 157/92 (che, tra l'altro, prevede la
chiusura generale della caccia al 31 gennio)
senza la quale siamo con le mani legate.
È proprio questo il momento di aggiungere i
fatti alle parole.
26
QUANDO LA CACCIA
ERA PER FAME
Massimo Centini
Un tempo, neppure molti anni fa, la caccia non era uno
sport (termine che, ci sia concesso, è fuorviante per la
pratica venatoria), ma aveva una valenza importante
nelle micro-economie contadine. Il carniere, infatti, era
parte integrante del sostentamento della famiglia.
L'uccisione dell'animale era necessaria perché
consentiva all'uomo di non morir di fame, o quanto
meno di appropriarsi di quelle proteine che la sua
fisiologia reclamava rispondendo a un richiamo antico.
Nella cultura popolare delle terre povere la caccia era
quindi un'attività indispensabile, motivata dalla
quotidiana lotta per la sopravvivenza, che nella precaria
economia contadina costituiva un'alternativa di
sussistenza alimentare. Oggi guardiamo alla caccia con
un atteggiamento non sempre obiettivo, che tiene
conto di condizionamenti culturali e di un'ecologia
frequentemente alimentata da ideologie e spesso da
mitologie, a volte un po' troppo filosofica e poco calata
sul territorio. La caccia, nel mondo contadino, è ben
noto, costituisce un'esperienza culturale di grande
importanza, che meriterebbe di essere studiata con
maggiore attenzione, in quanto testimonianza di una
tradizione in cui elementi pratici, rituali e simbolici si
amalgamano inscindibilmente. In un regime
alimentare tradizionale, in cui la carne era
estremamente scarsa e quasi mai di prima scelta, la
cacciagione rivestiva un ruolo fondamentale nel cibo
quotidiano delle popolazioni soprattutto montane, ma
non era difficile da trovare anche nei mercati delle città.
Quando si parla di selvaggina, però, è necessario fare
delle distinzioni tra piccola e grande, pregiata o meno:
cervi, caprioli, camosci, stambecchi, cinghiali, tassi,
fagiani, gru, quaglie, pernici erano di assoluta proprietà
dei «padroni», dei signori, e raramente i contadini o i
montanari potevano cacciarla se non di frodo. In caso
di abbattimento, le parti migliori dovevano essere
consegnate al signore, e al cacciatore restavano la testa,
se priva di trofeo, le frattaglie e poco meno di metà
della bestia, e non certo i tagli pregiati. Nelle pentole
delle classi meno abbienti finivano solitamente animali
meno nobili, soprattutto conigli e lepri catturate con i
lacci, o con il furetto, che veniva addomesticato e
tenuto in casa a tale scopo; ghiri, marmotte e scoiattoli,
anatre selvatiche, colombi e colombacci, merli, tordi,
storni (talvolta catturati con le reti), rondini e persino
avvoltoi. Alcune fonti in proposito ricordano che sulle
Alpi capitava a volte di abbattere alcune specie di
piccoli avvoltoi autoctoni, oggi estinti o quasi, che
venivano considerati ottimo cibo per gli epilettici.
L'unica caccia veramente libera era quella agli animali
considerati dannosi, quali lupi, orsi (dei quali testa e
pelliccia era riservata al signore), volpi, faine, martore, e
tutti questi animali, una volta catturati, quasi sempre
con le tagliole o i lacci, finivano negli stufati
esattamente come altri capi più nobili. Le massaie del
popolo preparavano come potevano le carni anche
della selvaggina più dura e più ostica, arrostendole
sullo spiedo poi servendole con salse piccanti o agre, a
base di aceto, per mascherare un poco l'eccessivo
sapore del selvatico, friggendole in padella o, più
spesso, preparando gli umidi e gli stracotti che sono
rimasti una importante pietra miliare nella cucina
tradizionale. Essendo questo genere di carne
abbastanza dura necessitava di una cottura prolungata
per diverse ore, a volte anche cinque o sei, con rape,
patate e altre erbe, vino, brodo e magari una punta di
salsa di pomodoro. Questi piatti erano in molti casi
accompagnati dalla polenta: un'altra protagonista della
cultura contadina. Quasi un'icona. Tutto questo un bel
po' di anni fa: oggi, invece, si caccia il giusto tanto per
mantenere viva la tradizione o per «sport». Però, non
sempre le cose vanno nel modo giusto: a farne le spese
sono spesso i riproduttori protetti che finiscono per
ingrossare carnieri oltre il limite consentito dalla leg ge.
E, sicuramente, non per fame.
http://www.ecodibergamo.it/ecowebquoti
diano/transfer.asp?string=/EcoWebQuoti
diano/input/2003/12/04/40_b.shtml
27
NOTIZIE
CHIARIMENTI DELLA PROVINCIA CIRCA
LE RECINZIONI PRESENTI NELL’AFV
“LAGO ACQUATO”.
Luca Mazzetti - Soc. C.P. Lenza Maremmana
Con un rapporto del 18 dicembre 2002 la Provincia
di Grosseto ha risposto all’interrogazione orale
presentata dal Consigliere di Forza Italia, Gianni
Galatolo.
All’interno dell’Azienda faunistico Venatoria
“Lago Acquato” nel comune di Capalbio,
nell’area dei “poggi alti”, oggetto
dell’ampliamento del 2000, zona più volte
“esaminata” nel corso degli ultimi tempi, è
compresa una superficie di circa 200 ettari
destinata a recinti di caccia. Tali recinzioni non
sono presenti lungo i tratti di confine della stessa
AFV, tranne che per un breve tratto nel quale
l’AFV confina con l’adiacente Area
Addestramento Allenamento Cani (AAGC).
Pur evidenziando questo tratto in cui
cartograficamente coincidono AFV, Area
Addestramento Allenamento Cani e recinti di
caccia, di fatto, sul territorio esiste un corridoio di
almeno sei metri che consente il transito degli
animali.
LAGUNA DI
ORBETELLO
RILASCIO LICENZA DI PESCA
CATEGORIA “B”
La Licenza di pesca categoria “B” deve
essere richiesta, al competente Ufficio del
Comune di residenza, per mezzo di una
semplice domanda in Bollo (Euro 10, 33).
La detta domanda deve essere corredata
da due foto tessera e dalla ricevuta del
versamento di Euro 23.00 effettuato sul
c/c n. 26730507 intestato a: Regione
Toscana - Tesoreria Regionale. Nella
causale del versamento deve essere
riportata la dicitura: rilascio Licenza di
pesca cat. B.
Ricordiamo ai cacciatori iscritti
all’Area a Particolare Gestione di
Caccia “Lagune di Orbetello”, che
entro il 20 marzo 2004 dovranno far
pervenire presso la sede dell’ATC GR
8 la scheda raccogli-dati compilata in
ogni sua parte. La mancata
riconsegna della detta scheda equivale
alla rinuncia all’iscrizione all’APG per
la prossima stagione venatoria.
28
LE MASSIME DELLE SENTENZE
TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003,
Sentenza n. 1629
Caccia - Piano faunistico venatorio provinciale
Computo delle aree in cui la caccia è vietata. Nelle
percentuali di territorio da destinare a protezione della
fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui la
caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali
(centri urbani, fasce di rispetto stradali o ferroviarie)”
(TAR Liguria Sez. II 22\11\2002 n.1124); più in
generale la caccia va esclusa per tutte le aree
antropizzate che ne rendono pericoloso l'esercizio
essendo ormai destinate ad altri usi prevalenti ad opera
della trasformazione del suolo. (Cfr. C. Cost. N.488\97
in relazione alla necessità di comprensori omogenei nei
quali articolare la destinazione dell'uso venatorio o
faunistico del territorio). Pres. AROSIO - Est.
PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv.
Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e
Pellerano).
LANCIATI 2.500 FAGIANI NELL’ATC GR 8
Sabato 21 febbraio 2004 sono stati lanciati 2.500
fagiani, a scopo di ripopolamento, nei comuni del
comprensorio Grosseto 8.
Monte Argentario - 168
Orbetello - 443
Capalbio - 344
Manciano - 700
Semproniano - 175
Sorano - 295
Castell’Azzara - 170
Pitigliano - 205
Caccia Incendi - Aree percorse dal fuoco Divieto di
caccia per 10 anni Sussiste L. n. 353\2000 mancanza di mappatura Ininfluenza P.F.V.P. Illegittimo. E' illegittima l'esclusione, dal piano
faunistico venatorio provinciale (P.F.V.P.), delle aree
percorse dal fuoco per mancanza di mappatura delle
zone da sottrarre alla caccia per 10 anni ai sensi della
legge 353\2000: in primo luogo perché l'intervento
per lo spegnimento dell'incendio cui la provincia è
parte fondamentale per le competenze attribuite le
dalla legge fa sì che la stessa non possa non conoscere
il territorio da sottrarre alla caccia perché danneggiato
dal fuoco; in secondo luogo la indeterminatezza della
previsione (in attesa della mappatura delle aree) oltre a
denunciare il difetto di istruttoria e di motivazione del
piano, lascia prive di destinazione le stesse cioè con
un'assenza di regolamentazione voluta invece dal
legislatore. Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass.
WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c.
Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano).
Organizzazione di volontariato “Gruppocaccia”
BILANCIO CONSUNTIVO ANNO 2003
Soci ordinari anno 2003 : 297
Soci collaboratori anno 2003: 15
!
!
Incasso da tesseramento:
Versamenti straordinari:
Euro 1485.00
Euro 45.00
!
Totale entrate
Euro 1530.00
!
!
!
Spese stampa Notiziario
Spese per cancelleria
Spese per postali
Euro 1218.00
Euro 93.35
Euro 155.22
!
Totale uscite
Euro 1466.57
!
Rimanenza utile
Euro
Porto di munizioni proibite nella caccia agli
ungulati.
Cass. III, 01/03/99, n. 2714
La condotta che integra il reato di cui all'art. 30 lett. h)
della legge 11 febbraio 1992 n. 157, che punisce chi
esercita la caccia con mezzi vietati, è costituita non già
dalla semplice detenzione della munizione spezzata,
bensì dal suo uso. Infatti non è sufficiente il solo
trasporto e la detenzione della stessa all'interno della
cartucciera indossata dal cacciatore nel corso della
battuta, ma occorre quanto meno il caricamento
dell'arma da sparo con quelle cartucce vietate nella
caccia agli ungulati (ex art. 21 lett. u) legge citata).
63.43
Il presente bilancio sarà dettagliatamente illustrato nel
corso dell’Assemblea annuale dei soci programmata
per la fine del mese di marzo.
Il bilancio preventivo per l’anno 2004 sarà discusso nel
corso della medesima Assemblea.
Comitato direttivo “Gruppocaccia”
29
NUMERO 1 - ANNO III - GENNAIO/FEBBRAIO 2004
Notiziario informativo bimestrale
delle attività del “Gruppocaccia”