informazione - Sito Web Ufficiale
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ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO VENATORIO E AMBIENTALISTA NUMERO 1 - ANNO III - GENNAIO/FEBBRAIO 2004 INFORMAZIONEPERICACCIATORI,IPESCATORI EPERCHIAMALANATURA TUTTI I NOSTRI NOTIZIARI SONO PUBBLICATI ANCHE SUL SITO INTERNET: www.capalbio.it/gruppocaccia Stampato da F&F FADINI - Via Pepe, 24 - Grosseto Copia gratuita per i soci “Gruppocaccia” “Gruppocaccia” Comitato direttivo: Petreni Marco (presidente) Baffarelli Giancarlo (vice presidente) Piccolotti Luciano (resp. di redazione) Giulietti Lido (segretario) Mazzoli Enzo Franci Ugo Antidormi Vincenzo Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Luigina Fazzuoli, Maurizio Pellacani, Bruno Modugno, Marco Ragatzu, Enzo Guinzoni, Moreno Andreini, Rino Pellacani, Umberto Aldi. Sommario Editoriale - A buon intenditor... poche parole - Luciano Piccolotti pag. 1 Intervista ad un cinghiale pag. 2 Incontro tra i cacciatori e l’assessore Bastianini - “Informazione” pag. 4 L’Assessore Bastianini risponde alle domande dei cacciatori pag. 7 Le beccacce dell’est - Luigina Fazzuoli pag. 9 La mia infanzia nella mia Maremma Moreno Andreini pag. 10 La gestione del Cinghiale “Gruppocaccia” pag. 11 Funghi: le sanzioni - “Informazione” Data di stampa 28 febbraio 2004 “Gruppocaccia” Organizzazione di volontariato venatorio e ambientalista via del mare, 4 - Torba 58011 - Capalbio (GR) Tel. 338/7027298 E.mail:[email protected] ”INFORMAZIONE PER I CACCIATORI E PER CHI AMA LA NATURA” è una pubblicazione informativa delle attività del “Gruppocaccia”, a disposizione di tutti gli aderenti all’Organizzazione che desiderino pubblicare articoli o notizie. Tutta la documentazione, scritta e fotografica, inviata a questa redazione, non sarà restituita ai proprietari salvo che questi non ne facciano espressa richiesta. Gli articoli devono essere inviati presso la sede dell’Organizzazione (possibilmente dattiloscritti e accompagnati da immagini) e devono essere firmati dagli autori. Il Comitato direttivo si riserva di non pubblicare gli articoli ritenuti non in linea con le finalità stabilite nello statuto e nei regolamenti dell’Organizzazione di volontariato “Gruppocaccia”. pag. 12 Ricordi di pioggia, vento e mare - Rino Pellacani pag. 13 Mali perniciosi: quando manca il territorio - Lido Giulietti pag. 14 La caccia nelle aree protette - Enzo Guinzoni pag. 16 Nuvole come pensieri - Bruno Modugno pag. 18 Tutti a casa - Maurizio Pellacani pag. 19 Il “Gruppo Volpe” - “Informazione” pag. 20 La Regina del bosco: la Beccaccia - pag. 22 Marco Ragatzu La revisione dei porto d’armi “Informazione” pag. 24 Caccia nel mese di febbraio: sempre più vicina - Umberto Aldi pag. 25 Quando la caccia era per fame - Massimo pag. 27 Centini Notizie pag. 28 Foto d’epoca di Cesare Fociani ultima cop. A buon intenditor... poche parole Di Luciano Piccolotti Gli ambientalisti, che sono i più prevedibili, diranno, a ragione anch'essi, che prima di stabilire delle regole si sarebbe dovuto contare tutti gli animali della provincia, sapere quanti maschi, quante femmine e quanti giovani nati c'erano per ogni specie, e che non si può continuare a permettere che ogni anno i cacciatori ammazzino miliardi di uccellini. Insomma: le solite cose che dicono da sempre. Gli agricoltori sosterranno, invece, e non con una ma con mille ragioni, di avere troppi danni dai cinghiali e che questi non sono adeguatamente risarciti, che ancora devono riscuotere gli indennizzi dell'anno scorso, e che avere i cacciatori a zonzo nei propri campi è, per loro, più un danno che un profitto. E poi, per finire, prevedo la consueta ed inspiegabile scenografia allestita per il mese di gennaio d'ogni anno: chi non ha il cane non potrà cacciare le beccacce e chi il cane ce l'ha potrà cacciarle solo nel bosco; il fax o l'e.mail prima di andare a caccia di volpi; i Rallidi, gli Anatidi ed i Trampolieri che potranno essere cacciati solo nelle zone che la Provincia ha cartograficamente definito “palustri o assimilabili”. Non è poi da escludere l'introduzione, all'ultimo minuto, di qualche nuova regola bizzarra, mentre è invece certa l'immancabile diatriba: fagiano sì fagiano no (che si risolverà con la chiusura della caccia al fagiano a metà gennaio o anche prima); “Riuscire a prevedere con anticipo il verificarsi di eventi futuri può cambiare il corso della storia”. Premetto che non sono né un mago né un veggente. Visto e considerato, però, che la stagione venatoria è appena terminata, prevedo che tra non molto si ricomincerà, nelle sedi politiche, a parlare del nuovo Calendario venatorio, del futuro delle squadre del cinghiale e della caccia al cinghiale in forma singola nelle aree non vocate; ma anche di tante altre cose che riguardano direttamente i cacciatori, gli ambientalisti e gli agricoltori. È già! Nei prossimi mesi, i politici, gli ATC ed i rappresentanti delle associazioni venatorie, ambientaliste ed agricole si riuniranno per decidere il futuro della caccia nella nostra provincia: ci sarà chi proporrà dei cambiamenti e chi vorrà mantenere le cose così come sono, chi vorrà “tagliare” qualche regola e chi ne proporrà delle nuove. Alla fine, tutti gli atti, gli appunti, i compromessi e le idee più o meno cerebrali saranno dibattuti dai nostri Consiglieri provinciali e, come sempre accade in certi casi, la maggioranza di governo voterà a favore mentre l'opposizione voterà contro. E non mancherà di certo il solito astenuto! Nei giorni successivi, nelle cronache locali di tutti i quotidiani si leggeranno i comunicati stampa della Provincia: “Tutti d'accordo! Cacciatori, ambientalisti e agricoltori applaudono il nuovo Calendario venatorio!” (o qualcosa di simile). Tutto, in pratica, come sempre: tant'è che se per sbaglio fosse riproposto dai giornali l'articolo pubblicato l'anno scorso, nessuno s'accorgerebbe dell'errore! In realtà, invece, cacciatori, ambientalisti ed agricoltori d'accordo non lo saranno affatto; anzi: saranno come al solito molto arrabbiati, poiché si sentiranno, anche se per ragioni diverse, eccessivamente penalizzati dalle scelte che altri hanno fatto per loro. I cacciatori lamenteranno, a ragione, che le regole sono poco chiare, troppo restrittive ed oltremodo burocratiche. In conclusione, secondo le mie previsioni, il prossimo Calendario venatorio altro non sarà che la monotona e noiosa fotocopia di quelli che l'hanno sinora preceduto! Ma fate bene attenzione! Giacché tutto questo è di facile previsione, e, come ho già detto, “prevedere con anticipo il verificarsi di eventi futuri può cambiare il corso della storia”, non ci resta che augurarsi che le cose vadano diversamente e meglio. Del resto, fare qualcosa che possa andar bene sia ai cacciatori sia agli ambientalisti sia agli agricoltori, non è poi così difficile! Basterebbe tenere nel giusto conto i pareri ed i consigli dei cacciatori, degli ambientalisti e degli agricoltori! 1 INTERVISTA AD UN CINGHIALE Prima parte questa storia del verro maremmano è solo il frutto della fantasia popolare!” - disse qualcuno del gruppo “Non avremmo dovuto dar retta a certe voci!” esclamò un altro - “Ormai di cinghiali maremmani non ce ne sono più!” - sentenziò mestamente un altro ancora Eh già! La nostra missione era fallita! Giorni e notti trascorsi invano per boschi e piani ma del Maremmano nessuna traccia! Improvvisamente, mentre stavamo per dire addio a quei luoghi meravigliosi, una voce profonda si levò dal folto dei rovi, dietro alle nostre spalle: - Se ho ben sentito eravate venuti a cercarmi. Perché ve n'andate adesso che m'avete trovato? Il battito dei nostri cuori salì a mille. E, con voce tremante, domandammo: Chi è? Dentro al buio del bosco! - Come sarebbe a dire chi è? - rispose la voce Non stavate forse cercando un vecchio Solengo maremmano? Ebbene: eccomi! Sono io! È da molto tempo che vi osservo mentre girovagate goffamente nei miei boschi; non riuscivo a capire cosa stavate cercando, e non eravate neppure i soliti bracconieri! Poi, questa notte, ho deciso di venire a spiarvi e vi ho ascoltato mentre parlavate di me. Siete o no venuti sin qua per conoscere la mia storia? E allora sedetevi di nuovo su quel grande masso. Prima che rinasca il Sole ve la racconterò volentieri! Non sappiamo ancora se chi ci parlava dall'oscurità era realmente il Maremmano che stavamo cercando; ma il desiderio di continuare Oggi tutti parlano del Cinghiale. E tutti convengono che debba essere cacciato, abbattuto, catturato e, alla fine, in ogni modo eliminato. Lo dicono i cacciatori, lo dicono gli ambientalisti, lo dicono gli agricoltori ed anche i politici di Destra, di Centro e di Sinistra; lo dicono addirittura i Verdi, i Bianchi, i Rossi e pure i Neri. Tutti ce l'anno a morte col povero Cinghiale! Ma cosa avrà fatto di male per attirarsi addosso così tanto odio? Dal momento che avevamo sentito più volte parlare di un vecchio Solengo maremmano, forse l'ultimo rimasto, che ancora vivrebbe nei nostri boschi (molti bracconieri ci hanno giurato di averlo visto correre nei campi di notte al chiaror della Luna piena, ma di non esser mai riusciti a farlo fuori), abbiamo deciso di andare a cercarlo per vedere di “strappargli” un'intervista. Lo abbiamo inutilmente cercato nei luoghi più impervi, nei forteti inaccessibili, negli scoscesi dirupi e pure nei profondi calanchi incisi nella roccia dal secolare scorrere delle acque. Soltanto poche notti fa, quando avevamo ormai abbandonato ogni speranza, siamo inaspettatamente riusciti a trovarlo. O meglio: è lui che ha trovato noi! Ce ne stavamo seduti su un grande masso rotolato chissà quant'anni or sono ai bordi di una macchia. Il cielo sopra di noi brillava di stelle e si respirava una leggera brezza di terra che rabbrividiva i corpi ma diffondeva atavici ricordi che scaldavano la mente. Parlavamo a bassa voce, tra noi e noi: “Forse 2 ad ascoltare quella voce era enorme. Ci sentivamo smarriti, ma al tempo stesso inaspettatamente tranquilli ed in pace col Mondo intero. Ci sedemmo sul grande masso, cercando con gli occhi di penetrare nel fitto roveto. Ma nulla riuscimmo a vedere! Potevamo solo ascoltare quella misteriosa voce che subito riprese a tenerci compagnia. guardiacaccia: i primi mi perseguitavano, i secondi mi “proteggevano” per farmi poi ammazzare dai signori che li pagavano. Dopo aver sentito più volte il “fischio” dei “pallettoni” vicino alle mie orecchie ho imparato a non fidarmi più di niente e di nessuno, neppure della mia ombra! Ho imparato a non recarmi mai con fretta agli “insogli” o alle “pasture”, a non frequentar due volte di seguito lo stesso campo, a restar sempre all'ombra nelle notti di luna, ad attraversar di corsa i campi scoperti ed a star sempre a “vento buono” e a “orecchi dritti”. È grazie questi accorgimenti che oggi sono qui a parlar con voi! Vedete. Cari amici. Nella mia vita non ho mai avuto un solo attimo di tranquillità, ma non ho neppure avuto mai paura. Negli ultimi tempi qualcosa è però cambiato qui in Maremma, ed anche se continuo a non aver paura per quel che mi riguarda, ci sono molte cose che corrono seri pericoli. E ve ne voglio parlare ... Non so dirvi da quanto tempo vivo in Maremma - con queste parole il Maremmano inizio il suo racconto - Vi posso dire, però, che quando ero un giovane “porcastro” qui era tutto diverso. Ed era tutto molto più bello d'adesso. La vita scorreva in armonia con le stagioni ed i contadini amavano la loro terra così tanto che l'innaffiavano col sudore, dal canto del gallo al calar della sera. Di tanto in tanto, qualcun di loro abbandonava la zappa ed imbracciava il fucile, per cacciare lepri e starne che intensamente popolavano i boschi e le campagne. Quei contadini dei cinghiali ne sapevano poco o niente, anche perché noi maremmani stavamo sempre nel “forte” e rispettavamo il loro lavoro; ci accontentavamo di spigolare qualche chicco di frumento rimasto nelle stoppie. Ma quando i contadini cacciatori s'accorsero delle nostre incursioni notturne nei loro campi, tormentati dalla fame com'erano, cominciarono a “balzellarci”. È di notte che i cacciatori spararono a “pallettoni” ai primi cinghiali! All'epoca gli unici irsuti che morivano di giorno erano quelli delle grandi riserve padronali. È lì che hanno inventato la “cacciarella maremmana”; ma quella gente, vestita di velluto e di fustagno, niente aveva a che vedere coi cacciatori: loro non pativano la fame! Andavano a caccia solo per aver storie da raccontare ai loro amici e per far bella chiacchiera nei nobili salotti. Noi maremmani non abbiamo mai avuto vita facile! Da sempre, e ovunque, abbiamo dovuto affrontare insidie e tranelli, che col passare degli anni, anziché diminuire come la fame, sono sempre aumentati nel numero. Nella mia vita ho girato la Maremma in lungo e in largo. Ho avuto nemici bracconieri e “amici” (La seconda parte di questa intervista sarà pubblicata nel prossimo numero del Notiziario “Gruppocaccia”). 3 03 febbraio 2004 Incontro tra i cacciatori e l’assessore Bastianini In data 03 febbraio 2004 si è tenuto, presso il Circolo ARCI di Giardino nel comune di Capalbio, l'incontro programmato dall'Organizzazione “Gruppocaccia” tra i cacciatori ed il Vice Presidente della Provincia di Grosseto. CRONACA DELL’INCONTRO Grazie alla disponibilità del gestore del Circolo ARCI di Giardino è stato possibile convogliare oltre cento seguaci di Diana, provenienti principalmente da Capalbio ed Orbetello ma anche dall'Argentario e da Follonica, per discutere le numerose problematiche venatorie che li interessano ed avviare un confronto con la Provincia, ma soprattutto avere delle risposte dalla massima Autorità Politica Provinciale in tema di Caccia e Territorio, ovvero dall'assessore (nonché VicePresidente della Provincia) Gian Carlo Bastianini. Il mondo venatorio capalbiese ed orbetellano è da tempo in fermento, e tutti ormai sono dell'avviso che in questi due comuni qualcosa non ha funzionato nell'approntamento e nella gestione del Piano Faunistico Venatorio e dei Regolamenti provinciali. "Ci sono delle norme e dei parametri da rivedere" - hanno richiesto in molti Di fatto, a Capalbio e ad Orbetello i territori dove poter cacciare liberamente sono notevolmente ridotti. L'istituzione di nuove Aziende Faunistico Venatorie, l'ampliamento di quelle già esistenti, la massiccia presenza di fondi chiusi, i limiti ed i vincoli all'attività venatoria dovuti alla presenza di aree altamente antropizzate che caratterizzano le campagne capalbiesi ed orbetellane, sono tutti elementi che, in qualche maniera, hanno fortemente aggravato la situazione per i cacciatori locali. A detta di tutti gli intervenuti, quella promossa dal Gruppocaccia è stata una delle assemblee dei cacciatori più partecipate di questi ultimi anni; a confronto sono state poste le varie problematiche sul tema del territorio e dell'attività venatoria. Presenti i big rappresentativi delle varie istanze. Il primo ad aver dato la più ampia disponibilità al confronto è stato lo stesso Vice Presidente della Provincia ed Assessore al Territorio, Gian Carlo Bastianini, accompagnato per l'occasione dal responsabile dell'Ufficio caccia della Provincia, dr. Massimo Machetti. Quest'ultimi erano stati interessati di recente, e da più parti, alla vicenda degli abbattimenti di cinghiali all'interno dell'Azienda Agricola Marruchetone, e proprio su questa tema hanno informato che saranno svolte delle "approfondite verifiche”, sui presupposti adottati dalla Polizia Provinciale nella rilevare i danni causati alle coltivazioni e sulla condotta assunta per la realizzazione degli abbattimenti stessi. Erano presenti all'incontro anche il Vice Presidente dell'A.T.C. GR 8, Carlo Giulianelli; il Presidente dell’A.T.C. GR 7, Sestilio Tonini; il Presidente Provinciale della Federcaccia, Luciano Monaci; i Segretari delle Sezioni Federcaccia di Orbetello, Capalbio e Porto Ercole: Aldi, Fociani e Scotto; Gianni Galatolo, rappresentante della Libera Caccia di Monte Argentario e Consigliere provinciale di F.I. e l'avvocato Marco Petreni, Presidente dell'Organizzazione di volontariato Gruppocaccia. Assenti ingiustificate le rappresentanze istituzionali dei Comuni di Capalbio ed Orbetello e di alcune Associazioni venatorie. L'arduo impegno di gestire una così animata assemblea è stato assunto dal rappresentante dell'Organizzazione Gruppocaccia Luciano Piccolotti, che aprendo i lavori ha esordito: "Signor Assessore. A Capalbio e ad Orbetello ci troviamo in territori dove insiste una forte limitazione dei luoghi disponibili per praticare la caccia, ci aiuterebbe a recuperare un po' di territorio, magari riducendo l'estensione delle A.F.V.?". Da lì si è aperto un ampio dibattito che in alcuni casi è sfociato anche in qualche battibecco (comunque contenuto) tra i cacciatori ed i rappresentanti della Provincia. Dai controlli sulle gestioni delle A.F.V., ai parametri indicati dai Regolamenti provinciali per realizzare e/o ampliare le A.F.V., agli indirizzi ed ai controlli della Provincia, agli interventi di contenimento dei cinghiali, alla verifica effettiva dei danni causati da questi selvatici: una vicissitudine di stimoli che per oltre 4 3 ore hanno fotografato lo stato di disagio e di preoccupazione che interessa i cacciatori del sud della Maremma. Non sono certo mancate le polemiche, che, nella maggior parte dei casi, sono sorte perché "esistono dei ruoli e delle competenze che non possono essere prevaricate da un Ente". E se da una parte Fabrizio Fabbri riconosce reale la preoccupazione del limite che hanno raggiunto i fondi chiusi a Capalbio, Luciano Monaci, sottolineando come sia importante una trasparente azione di controllo da parte dei corpi preposti alla vigilanza, invita la Provincia ad una maggiore collaborazione e ad un confronto costante con le Associazioni Venatorie. Incalzato più volte dal moderatore, il Vice Presidente Bastianini ha preso atto della situazione ed ha dato la più ampia disponibilità, nella previsione del Piano Faunistico Venatorio da approntarsi per il 2005, a verificare le condizioni per una riduzione delle estensioni delle A.F.V. Lo stesso Bastianini ha, inoltre, dato la più ampia apertura a verificare la situazione dei controlli da parte della Polizia Provinciale per il caso degli abbattimenti effettuati nell'azienda Marruchetone, ed ha richiedere, all'INFS, un parere sulla gestione delle aree recintate per la caccia presenti all'interno delle AFV. Bastianini si è reso ampiamente disponibile per nuovi incontri con i cacciatori ed anche per tentare di risolvere, nel minor tempo possibile e per quanto nelle sue possibilità, i numerosi problemi che affliggono il mondo venatorio di Capalbio ed Orbetello. Provincia in questi anni ha investito in progetti mirati: da oltre dieci anni organizza e supervisiona le catture delle lepri nelle Zone di Ripopolamento e Cattura provinciali, gestisce un allevamento di lepri a Civitella Marittima mentre a Scarlino è stato realizzato un allevamento di pernici rosse, una qualità molto pregiata e presto saranno iniziati i lanci. E' qui presente il Consigliere Provinciale Gianni Galatolo e può confermare che le scelte adottate dalla provincia sono sempre nate da confronti con le Associazioni dei cacciatori e adattate alle varie realtà del territorio provinciale. Il problema della caccia a Capalbio nessuno l'ha forzato: molte persone hanno chiesto di poter recintare le loro proprietà creando Fondi Chiusi o in alcuni casi hanno richiesto, avendone titolo, l'autorizzazione a costituire o ampliare le A.F.V. Per quanto mi riguarda posso prendere l'impegno, nella stesura del nuovo piano faunistico venatorio, di proporre un ridimensionamento delle A.F.V. Certamente dovrà essere trovato anche un accordo con concessionari nell'interesse comune. Fabrizio Fabbri - cacciatore: i Comuni di Capalbio e Orbetello soffrono la mancanza di territorio disponibile per l'esercizio della caccia, a parer mio c'è stata poca attenzione all'evoluzione delle cose. Sicuramente sulle A.F.V. dovevano essere fatti dei monitoraggi e dei controlli. La invito a fare una riflessione poi sul fatto che oltre 1.000 persone di tutta la Provincia hanno fatto dei corsi di abilitazione per gli interventi di contenimento degli ungulati e dei predatori, quale effettivo impiego hanno poi avuto da un punto di vista pratico? Le sottolineo, Assessore, che quanto dico è per aiutarla a capire ed intervenire più efficacemente. HANNO DETTO: Luciano Piccolotti - moderatore: ci sono numerose problematiche a Capalbio ed Orbetello, tra queste quella che maggiormente si distingue è che sono ridotti e si stanno continuamente riducendo i luoghi dove poter cacciare, stante la presenza di numerosi Fondi Chiusi, Aziende Faunistico e Agrituristico Venatorie ed Aree protette di vario genere: Assessore Bastianini. C'è qualcosa che la Provincia può ancora fare, magari intervenendo sull’A.F.V., per restituire ai cacciatori un po' di territorio? Jamel Gahamam - cacciatore: Capisco quanto affermato dall'Assessore che da ancora una volta la disponibilità ad intervenire in favore della caccia, ma sono anni che i politici continuano a dire le stesse cose. Ma ancora di concreto poco hanno fatto. Di Fabio Luigi Pasquale - cacciatore: mi domando ritornando al discorso delle autorizzazioni per le A.F.V. se l'Ufficio, che rilascia appunto il nullaosta, fa dei controlli in merito all'esistenza nelle aree interessate dalle A.F.V. di strade doganali e/o vicinali ad interesse pubblico. Noi a Capalbio ci troviamo nella situazione che fondi chiusi e A.F.V. ci hanno interdetto con le recinzioni i passaggi sulle strade vicinali ad uso pubblico. Sono d'accordo poi sul fatto che il territorio dove poter cacciare per noi capalbiesi è enormemente ridotto. Gian Carlo Bastianini - Vice Presidente della Provincia: l'argomento sollevato sicuramente è meritevole di risposta e di attenzione. Anzitutto ho dato la mia più ampia disponibilità nel partecipare a questo incontro poiché voglio colloquiare e tentare di trovare insieme a voi delle soluzioni. Non sono certo uno che fa politica attraverso la stampa, per intenderci. Il problema richiede particolare attenzione alle situazioni: Capalbio ed Orbetello sono due realtà diverse dal resto della provincia. La situazione della provincia è, infatti, una realtà dove ancora dà soddisfazione andare a caccia. La Cesare Fociani - Segretario della Sezione Federcaccia di Capalbio: è stato esposto il grave disagio dei cacciatori per la mancanza di territorio cacciabile. Fra le cause che hanno determinato questa situazione, ormai 5 Federico Bernacchi cacciatore: sono ormai anni che lo ripeto e lo voglio dire anche a lei Assessore; le consegno questa carta che è chiarissima. A Capalbio manca il territorio dove poter cacciare, considerata l'enorme estensione territoriale delle A.F.V., dei fondi chiusi, delle aree protette e i limiti previsti dalla normativa vigente sotto la strada Provinciale della Pedemontana. A Capalbio ed Orbetello non siamo più disposti ad accontentarci delle promesse: vogliamo i fatti! insostenibile, si deve rilevare che sono state le troppe concessioni rilasciate per l'istituzione e l'ampliamento delle aziende faunistiche venatorie nel nostro Comune a far assumere al fenomeno dimensioni preoccupanti. Tutto questo disattendendo il disposto dell'art. 2 del Regolamento Provinciale, che recita che "gli istituti devono essere equamente distribuiti sul territorio provinciale, e la costituzione dei "Fondi Chiusi" (circa 2.500 HA di zona boscata ) a grande vocazione venatoria. Il territorio libero rimasto è costituito da circa 1200 HA di zona boscata, tra l'altro molto frammentata, e dalle zone altamente antropizzate della fascia costiera e appoderata dall'Ente Maremma, che per effetto dei divieti previsti dalla legge 157/92 (distanze da rispettare dalla rete viaria, dalle abitazioni, ecc) e dell'art. 42 della legge regionale a tutela dell'agricoltura, è una zona ormai impraticabile dai cacciatori. Se consideriamo che i cacciatori residenti nel Comune sono circa 400, possiamo anche grossolanamente determinare che il parametro da 1 a 13 previsto dalla legge regionale 3/94 salta abbondantemente a sfavore dei cacciatori. L'uso sconsiderato dei Regolamenti da parte dell'Amministrazione Provinciale, nel concedere l'istituzione delle A.F.V. con "indirizzo Capriolo”, ha stravolto l'assetto territoriale per quanto riguarda i parametri fra terreno agricolo e zona boscata nell'istituzione delle aziende stesse, favorendo queste ultime nel poter chiudere tutto il territorio boscato che comprendevano. L'aggiunta poi della locuzione "di norma" nell'art. 5 del Regolamento Provinciale ha permesso di istituire A.F.V. nelle zone "vocate al cinghiale" dove prima non era permesso, così che il territorio lasciato è stato sottratto - proprio per effetto della locuzione citata - al territorio libero. I corridoi fra gli istituti o fra questi e i "Fondi Chiusi" ossigeno per il territorio libero e per l'attività venatoria dei "poveri" sono stati impediti da due azioni concomitanti: l'inefficienza dell'art. 8 del Regolamento Provinciale e la compiacenza dei concessionari di A.F.V. preesistenti che hanno permesso l'uso dell'ampliamento come espediente per consentire ad altri soggetti di poter istituire l'A.F.V. senza dover lasciare il corridoio minimo di 500 mt. (vedasi il caso dell'A.F.V. "Lago Acquato" che si allargata ai Puntoni ed ai Poggi Alti che di fatto poi sono gestiti da altro soggetto). Attendo po i dall'Assessore una risposta ad una nota che ho inviato qualche giorno fa alla Provincia in merito gli abbattimenti programmati nell'Azienda Agricola del Marruchetone: sono stati fatti i rilievi dei danni? Se sì, vorrei conoscere chi e come sono stati fatti. Da una ricerca che è stata condotta risulta che nell'ATC GR 8 il distretto di Capalbio è quello che ha il minor numero di danni causati dal cinghiale. Sarebbe importante approfondire questo aspetto. Luciano Monaci Presidente Provinciale Federcaccia: l'amico Bernacchi a sostanzialmente ragione sulla situazione capalbiese: il territorio sta mancando e c'è una tendenza della situazione a peggiorare. La preoccupazione più ampia è verso il continuo costituirsi di fondi chiusi. La Provincia ci ascolti nel momento delle scelte; muovo qui un appello per far si che nella redazione del prossimo Piano Faunistico Venatorio ci sia la più ampia condivisione con le Associazioni. La Federcaccia che ora rappresento non fa politica ma si occupa della gestione dell'ambiente e della caccia. In merito alle questioni della Vigilanza e dei danni, sollevate da alcuni, purtroppo si deve prendere atto che accadono cose incresciose già segnalate all'Amministrazione Provinciale. Il Controllo deve essere fatto da un corpo di Vigilanza che non abbia atteggiamenti preconcetti nei confronti dell'attività venatoria. Luigi Bellumori consigliere comunale di Capalbio: Assessore. Per prima cosa le rinnovo l'invito di procedere a formale risposta al documento che ho rimesso alla provincia il 18 gennaio u.s. in merito alla situazione degli abbattimenti attuati nell'Azienda Agricola il Marruchetone. Non voglio qui entrare nello specifico dei casi riguardanti le recinzioni, gli allevamenti di lepri e pernici, i controlli sulle A.F.V., la vigilanza Provinciale, anche perché non ho profonda cultura sulla materia, però mi pare di capire, dal malessere generale che qui avverto e che in ogni caso da tempo aleggia localmente, che qualcosa a Capalbio è successo. Non intervengo su questioni riguardanti il confinante territorio comunale di Orbetello poiché non conosco quella realtà. Non ritiene che le scelte che in qualche maniera la Provincia ha adottato in questi anni, portate avanti dal Presidente Scheggi, che fino ad un anno e mezzo fa deteneva la delega alla caccia, in qualche maniera abbiano penalizzato una cultura ed una tradizione che ha sul nostro territorio radice storiche? Sembra che la situazione sia sfuggita al controllo degli organi preposti e la massiccia presenza dei cacciatori questa sera né è la dimostrazione. 6 L’ASSESSOREBASTIANINI RISPONDEALLEDOMANDE DEICACCIATORI ! ! ! ! Foto: Fabio Cianchi Domanda - Gran parte del territorio dei comuni di Capalbio e Orbetello è interessato da istituti faunistici di vario genere (pubblici e privati) e da fondi chiusi: è possibile ridurre la superficie almeno delle AFV e AAV? Risposta - In passato, alcuni ricorsi, presentati da Aziende alle quali era stato dato una risposta negativa in conseguenza del fatto che nuove AFV e ATV avrebbero portato al superamento del 15% della SAF nel Comune, sono stati accolti dal TAR. Conseguentemente, le Aziende hanno richiesto il risarcimento dei danni alla Provincia. L'unica possibilità rimane quella di limitare a quella attuale la percentuale di AFV e ATV nei comuni come Capalbio, non autorizzando nuove aziende e/o ampliamenti. Il Passo successivo potrebbe essere quello di concordare con i concessionari, all'atto del rinnovo della concessione (31/12/2005), tutte le modifiche da farsi. Un altro strumento da utilizzare, in particolar modo per ciò che concerne la gestione delle AFV e ATV, potrebbe essere una modifica al Regolamento provinciale, anche in considerazione del fatto che un'Associazione venatoria ha in questi giorni richiesto alla Provincia una modifica ai detti Regolamenti. positive, saranno recepite e rese pubbliche; nel caso si debba dare una interpretazione, la risposta dovrà essere tempestiva e, sentito il parere del Comando di Polizia Provinciale, sarà diffusa presso tutte le GGVV e le GAV coordinate dallo stesso Comando per una univocità di comportamenti. Per quanto riguarda gli altri corpi deputati al controllo, come ad esempio il CFS, sarà impegno dell'ufficio trasmettere tutte le notizie. In merito a questo argomento sono da puntualizzare due aspetti: a) Tutte le normative, in particolar modo quella sulla caccia, possono essere “interpretate” e, pertanto, se l'interpretazione, degli uffici, della Regione, e di tutta la vigilanza, vanno in una certa direzione, ci sarà sempre una “guardia” che avrà la sua “versione” e che farà, se lo ritiene opportuno, il verbale senza che nessuno possa dirgli niente; b) molte volte, le normative vengono modificate per specificare un particolare aspetto che in un certo momento ha comportato dei problemi a causa di diversa interpretazione; spesso specificare molto rischia di farci avere normative molto prolisse e farraginose, con il rischio di creare maggiori problemi. ! Domanda - (Vigilanza venatoria) Per quanto riguarda l'interpretazione delle regole provinciali c'è molta confusione e spesso ogni guardia interpreta la normativa a modo suo (vedi caccia al cinghiale in forma singola, caccia vagante nel mese di gennaio, caccia alla volpe nel mese di gennaio): è possibile chiqrire questi aspetti? Risposta - Per le “interpretazioni” sul calendario venatorio o sugli atti di competenza della Provincia (vedi piano annuale del territorio non vocato), quando le richieste saranno ritenute ! ! 7 Domanda - Per il prossimo anno ci saranno modifiche per quanto riguarda il numero degli iscritti alle squadre del cinghiale e quello dei partecipanti alle battute? Risposta - Ci auguriamo che nulla cambi, ma dobbiamo ancora avere dagli ATC il resoconto dei danni. Il nostro impegno è quello di non cambiare nulla. Domanda - Quando sono richiesti degli interventi di contenimento del cinghiale all'interno dei fondi chiusi, chi è l'incaricato della Provincia che verifica la consistenza ! ! ! ! ! dei danni e organizza gli abbattimenti? Per la stima dei danni e per stabilire chi deve partecipare agli interventi, quali criteri sono adottati? Risposta - I contenimenti nei fondi chiusi possono essere fatti per …. la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al contr ollo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia… pertanto i contenimenti di fauna selvatica nei fondi chiusi sono attuati quando ci viene segnalata dai proprietari la necessità di intervenire a seguito dei danneggiamenti subiti. La valutazione è competenza della Polizia provinciale, che attua gli interventi. Non esistono criteri o “soglie” al di sopra delle quali si “interviene”. Non è necessario che tale valutazione debba essere fatta da tecnici, come quelli incaricati per la stima dei danni nel territorio a caccia programmata e, pertanto, gli agenti verificano con facilità se la richiesta è fondata. La Polizia provinciale è incaricata oltre che dell'attuazione di tutti gli interventi di contenimento (vedasi le copiose sentenze in merito), anche alla scelta delle modalità di realizzazione delle operazioni; in sostanza la Polizia provinciale, una volta verificata l'effettiva necessità degli interventi, definisce, in dipendenza di vari fattori (disponibilità di persone, disponibilità di cani, stadio riproduttivo della fauna selvatica, andamento stagionale etc.), le modalità di svolgimento delle operazioni, sempre, ovviamente, all'interno di quanto definito dalla specifica delibera della Giunta provinciale. controllate in maniera specifica; comunque, dagli atti presenti in ufficio risulta: la Selva, proprio in occasione della modifica del 2003, è stata valutata positivamente dall'ATC GR 8, che ne ha chiesto la modifica dei confini con riduzione della superficie complessiva. La ZRV dei Poggetti deve, per la verità, essere ancora completata con la realizzazione di un recinto di ambientamento, che sicuramente sarà realizzato a breve termine e che garantirà, almeno nelle aspettative, una buone diffusione degli animali presenti. ! ! ! ! Domanda - Chiusura della caccia al fagiano l'11 gennaio. I cacciatori vorrebbero sapere qual è il motivo di tale decisione. Risposta - Dopo aver ricordato che tutte le Province della Toscana, tranne l'ATC dell'isola d'Elba, chiudono la caccia al fagiano al 31 dicembre, nell'ottica di addivenire ad una condivisione delle scelte della Provincia si è propeso per una via di mezzo tra tutte le proposte pervenute, discordanti anche all'interno delle Associazioni venatorie. Perché se è vero che alcune scelte debbono essere fatte seppure non condivise, nel caso del calendario venatorio è meglio avere una condivisione che non approvare il calendario affatto. Domanda - Utilizzo dei recinti per la caccia al cinghiale realizzati all'interno delle AFV e AAV. Risposta - Circa l'utilizzo dei recinti di caccia nelle AFV, l'ufficio caccia richiederà all'INFS un parere e indicazioni sulle modalità di gestione dei recinti stessi. Domanda - Nell'Area a particolare gestione di caccia “Lagune di Orbetello”, c'è (o meglio, c'era) il pozzo del '51, una sorgente naturale che perennemente immetteva acqua dolce nello “Stagnino” e nella “Piscina dell'acqua dolce”. Attualmente questa sorgente ha cessato di funzionare. Si potrebbe fare qualcosa per vedere se è possibile riattivarla? Risposta - Non conosciamo il problema comunque verificheremo la situazione. Domanda - Nei comuni di Capalbio e di Orbetello ci sono due ZRV (La Selva e Poggetti). I cacciatori non sono molto contenti del loro funzionamento e dicono: o si tolgono o si fanno funzionare! Risposta - Le due ZRV in questione saranno Foto: Alessandro Ciccotti 8 CARNIERI D’ALTRI TEMPI LE BECCACCE DELL’EST Di Luigina Fazuoli frontiere non sono più un problema, adesso che tra noi ed i paesi Est-europei è tutto amore e pace, ebbene, in quei paesi, eserciti di cacciatori (in buona parte italiani) aspettano al varco le povere “regine del bosco” e… bum, bum… dieci, venti, cinquanta al giorno. Queste sono tutte quelle beccacce che, invece di arrivare nei nostri boschi, cadono come soldati in prima linea. Ebbene sì, questa è l'Europa unita, senza più frontiere e con un'unica moneta. L'apertura delle frontiere ha creato anche scambi umani: lavoratori e lavoratrici dell'Est che vengono in Italia, mentre i cacciatori italiani vanno a cercare le beccacce (e non solo) all'Est. Preciso e sottolineo che la mia è solo un'ipotesi, e non vuole assolutamente essere una critica alla situazione attuale. Il Mondo è di tutti coloro che lo abitano e ognuno dovrebbe avere la possibilità di andare dove vuole, nel rispetto dell'ambiente e dei popoli che trova. Anche le beccacce fanno parte del patrimonio faunistico del Mondo, ma i cacciatori della Maremma dovranno rassegnarsi a non avere più l'esclusivo godimento della loro caccia. La stagione venatoria è finita anche per quest'anno. “Per fortuna!” - diranno alcuni - “purtroppo!” diranno altri Bilanci, critiche e propositi: sono questi gli argomenti attuali. Ma il grosso interrogativo generale, che al momento va per la maggiore, è: dove sono finite le beccacce, visto che quest’anno ne sono state trovate veramente poche rispetto agli anni passati? Ognuno ha la propria teoria da proporre. Ne ho sentite delle più svariate: 1) colpa dei cacciatori scorretti! Che le ammazzano all'aspetto (la sera e la mattina) anziché andare a cercarle con il cane, come sarebbe, invece, veramente sportivo e corretto. 2) Colpa degli ambientalisti! Che hanno ristretto le zone ed i tempi di caccia. 3) Colpa dell'inquinamento! Che ha fatto mutare le stagioni e confuso le idee anche a questi “regali” uccelli, che forse non sono stati capaci di stare al passo con i nuovi tempi. 4) Colpa dello sviluppo urbanistico! Che ogni anno ruba sempre più spazio all'ambiente prediletto da questi uccelli migratori. 5) Colpa dei cambiamenti meteorologici! Che non creano più le condizioni adatte per un terreno che le possa ospitare e garantire le “pasturare”. 6) Colpa delle antenne e dei ripetitori! Che con le loro onde elettromagnetiche disorienterebbero gli uccelli durante le migrazioni. Comunque, c'è anche un'altra ipotesi, forse la più triste, ma, secondo me, anche la più probabile: non sarà mica che la beccaccia, come già tanti altri animali, stia lentamente estinguendosi perché il ciclo della sua esistenza sta più o meno “naturalmente” chiudendosi? Non sarà oggi, né fra qualche anno e nemmeno fra dieci, ma come per tutti i cicli naturali prima o poi succederà, perché il mondo cambia, cambiando nel corso dei secoli anche le sue condizioni. Ma ci sarebbe anche una teoria, diciamo alla Beppe Grillo, di quelle satirico-politiche con risvolto tragicomico: se le beccacce sono diminuite la colpa è da attribuire alla caduta del Muro di Berlino! Eh sì! Cari miei cacciatori, che pazientemente aspettate che le beccacce arrivino dall'Est! Dovete sapere che all'Est, adesso che si può, adesso che le Per questo motivo, cari cacciatori di Maremma, cercate di rispettare le ultime beccacce, perché, secondo il mio modestissimo parere, siete forse una delle ultime fortunate generazioni che potrà cimentarsi e gioire di questo tanto affascinante tipo di caccia. 9 LAMIAINFANZIANELLAMIA Foto: Luciano Piccolotti MAREMMA di Moreno Andreini Ricordo ancora perfettamente il giorno in cui, con la mia famiglia, ci trasferimmo dal podere dei Poggetti a quello di Selva nera. Avevo poco più di tre anni, ma quei ricordi sono ancora vividi nella mia mente. Non ricordo però con quale mezzo giungemmo alla nostra nuova casa. All'epoca mio padre Eros aveva una moto, un “Mondial”. Era magnifica, nera e bianca. Con la moto, a volte (poche per la verità) andavamo al cinema ad Orbetello: io lui e mia madre; io stavo sul serbatoio, ed ogni volta che giungevamo poco prima di dove adesso ad Orbetello c'è il semaforo, ricordo il rumore di una ringhiera che sfilava via; quel rumore mi ha sempre affascinato, era un rumore ricorrente, sembrava un treno in marcia. Può essere che arrivammo alla nostra nuova casa con la moto, ma forse mio padre aveva già provveduto al trasloco della mobilia, magari servendosi del trattore. Il periodo preciso non lo ricordo ma di sicuro non era inverno. Forse era primavera inoltrata, oppure estate. Quando arrivammo al podere S. Nivo, sulla strada Origlio, ricordo che questo era tutto bianco, bello e lucente sotto il sole; il podere era tutto nuovo e da lì si vedeva il mare e la ferrovia. Rimasi estasiato! Vicino al podere c'era un'altra casa, e più in là un gruppetto di case rosse con un palazzone rosso anch'esso…era altissimo! Salimmo le scale ripide, e attraverso un piccolo ingresso entrammo in una stanza enorme dalla quale si aprivano altre porte… e mio padre accese la luce! Che meraviglia quella lampada che mandava quella luce così calda e forte! Io ero abituato alle candele e alla luce a gas, e la cosa straordinaria fu che la luce c'era in tutte le stanze, e c'era pure l'acqua corrente, nella cucina e nel bagno. Era tutto magnifico, ed io, eccitatissimo, mi dedicai all'esplorazione della mia nuova casa. Questa aveva una piccola cucina, con la stufa economica ed il lavandino di granito; una stanza grande, che avrebbe poi preso le funzioni di sala; un'altra camera grande, che sarebbe diventata la camera da letto dei miei genitori; un piccolo bagno; ed un'altra stanza più piccola con una finestra che dava proprio sul mare: questa diventò la mia stanza. Dopo la perlustrazione della casa mi dedicai all'esplorazione dei dintorni. Sotto le scale c'era un piccolo ripostiglio (il sottoscala), poi una carraia, che scoprii si chiamava “trinciaforaggi”, un magazzino ed una stalla enorme con delle finestre alte e dei grandi anelli di metallo affissi alle pareti, una mangiatoia e, nel mezzo, un gorello, che serviva per raccogliere le urine del bestiame. Accanto alla casa c'era il forno, il pollaio, il porcile, la concimaia con la pompa per recuperare il liquame e spargerlo sullo sterco di vacca o di mucca, e c'era pure il fontanile, fatto di cemento solido, con due “pile” per lavare i panni ed una vasca più grande per abbeverare le bestie. Nel podere accanto c'era anche una pompa a vento “Vivarelli”; appresi, poi, che questa era in comune con il nostro vicino, così come pure il forno. Passai tutto il giorno fuori a giocare con l'acqua del fontanile, e solo verso sera rientrai in casa quando mia madre mi chiamò per la cena. Una lieve malinconia mi prese il cuore: avevo lasciato ai Poggetti il mio amico Vincenzo e in quel nuovo posto non conoscevo nessuno, non avevo amici e nel podere vicino non c'erano bambini. Ancora non sapevo che quello sarebbe diventato il luogo dove sarei cresciuto e dove avrei conosciuto tanti amici, dove sarei andato a scuola e a messa, e dove avrei giocato a pallone, alla guerra oppure alla sassaiola (gioco che all'epoca andava per la maggiore, visto che di sassi ce n'erano tanti e di giocattoli pochi!). Non sapevo che ero in Maremma! E non immaginavo neppure che sarei rimasto per sempre legato a quei luoghi! 10 LAGESTIONEDEL CINGHIALE “Gruppocaccia” informazione Negli ultimi tempi sono sempre più numerosi i cacciatori cinghialai, in particolar modo quelli che operano nei comuni d’Orbetello e di Capalbio, che si lamentano del calo numerico dei cinghiali verificatosi nelle loro zone di caccia. Spesso, in aggiunta alle lamentele, sono anche ipotizzate varie teorie, secondo le quali il calo demografico degli irsuti sarebbe da attribuire alla presenza dei recinti nelle AFV, al taglio dei boschi, agli interventi di contenimento effettuati nei fondi chiusi e nelle zone di divieto di caccia, al bracconaggio, ecc. Secondo il nostro parere, fermo restando che quanto lamentato dai cinghialai può realmente avere influito negativamente sul cinghiale e sull’ambiente nel quale esso vive, l’aspetto principale, vale a dire quello che più di ogni altro ha contribuito alla netta diminuzione dei cinghiali, deve essere ricercato nella pessima gestione dei prelievi, operati proprio dalle squadre dei cinghialai. Fino a non molto tempo fa, proprio nei comuni di Capalbio e d’Orbetello, di cinghiali ce n’erano molti (per non dire troppi), e le numerose squadre che operano in questi due comuni li hanno cacciati senza sosta dal primo novembre al 31 gennaio di ogni anno, tre giorni per settimana, con il sole e con la pioggia, e ricorrendo spesso ad ogni genere espediente al fine di abbatterne sempre di più, ma soprattutto, queste squadre hanno cacciato i cinghiali senza tener conto che a caccia in quei boschi ci sarebbero dovute tornare anche l’anno seguente. Per qualche anno le cose sono andate bene, e le braccate nelle quali si contavano decine di capi abbattuti erano all’ordine del giorno. Poi, lentamente ma inesorabilmente, i carnieri hanno iniziato a divenire sempre più miseri. I cinghialai, anziché riflettere su quanto stava accadendo, hanno continuato (e continuano tutt’ora) a dar fondo alle risorse; e così, in poco tempo, è stato depauperato un patrimonio immenso e, oltretutto, riservato: considerato, infatti, che i cinghiali possono essere cacciati solo dalle squadre. Oggi, proprio per la mancanza di materia prima, troviamo alcune squadre che cacciano solo pochi giorni l’anno e che si spartiscono la decima parte dei capi che abbattevano qualche anno fa. A tutti questi cacciatori, che non sanno far altro che lamentarsi e piangere miseria, consigliamo di leggere un libro, scritto da Giovanna Massei e Peter Genov, titolato “IL CINGHIALE” (Ed. CALDERINI Edagricole). Leggendolo, forse riusciranno rendersi conto dei motivi per cui di cinghiali non ne prendono più tanti come un tempo, ed inoltre, che qualcosa potrebbe ancora essere fatto per migliorare l’attuale situazione: visto che il numero dei cinghiali, in situazioni ottimali, può aumentare in un solo anno del 150 per cento, e anche oltre! 11 Funghi: le sanzioni “Gruppocaccia” INFORMAZIONE PRIMA PARTE PORCINO DI KG. 9 WWW.FUNGHITALIA.IT Raccolta senza autorizzazione o con autorizzazione scaduta fuori dal comune di residenza: Euro 30,00 Mancata esibizione dell’autorizzazione purché esibita entro 10 gg. dalla contestazione: Euro 4,00 Superare la quantità massima di Kg. 6 consentita ai residenti nei territori classificati montani: Euro 20,00 Superare la quantità massima di Kg. 3 consentita ai residenti o ai possessori di autorizzazione personale, nei territori classificati non montani: Euro 20,00 Superare la quantità massima di Kg. 3 consentita ai possessori di autorizzazione turistica: Euro 20,00 Raccolta in orari non consentiti (la raccolta può essere effettuata da un’ora prima del sorgere del sole fino al tramonto): Euro 50,00 Effettuare la raccolta utilizzando rastrelli, uncini o altri mezzi che possono danneggiare lo strato umifero del terreno, il micelio fungino o l’apparato radicale della vegetazione: Euro 50,00 Porre i funghi raccolti in sacchetti di plastica: Euro 4.00 Effettuare la raccolta in zone di “raccolta riservata” senza averne titolo: Euro 30,00 Tabellazione di aree di raccolta riservata a fini economici in assenza di autorizzazione ovvero per il mancato rispetto delle disposizioni contenute nei regolamenti di gestione: Euro 516,00 Effettuare la raccolta in zone raccolta a pagamento senza averne titolo: Euro 30,00 tabellazione di aree di raccolta a pagamento in assenza di autorizzazione ovvero per il mancato rispetto delle disposizioni contenute nei regolamenti di gestione: Euro 516,00 Raccogliere esemplari di Boletus con dimensioni del cappello inferiori a cm. 4: Euro 4,00 per ogni esemplare fino a un massimo di Euro 51,64 Raccogliere esemplari di Prugnolo (Calocybe gambosa o Tricholoma georgi) o di Dormiente (Hygriphorus marzuolus) con dimensioni del cappello inferiore a cm. 2: Euro 4,00 per ogni esemplare fino ad aun massimo di Euro 51,64 Raccogliere esemplari di Amanita caesarea allo stato di ovulo chiuso: Euro 4,00 per ogni esemplare fino ad un massimo di Euro 51,64 Danneggiare qualsiasi fungo: Euro 4,00 Effettuare la raccolta in Riserve naturali integrali, aree opportunamente tabellate ricadenti in Parchi nazionali e regionali, riserve naturali e oasi di protezione: Euro 4,00 Effettuare la raccolta nei giardini ovvero entro m. 100 da abitazioni (escluso i proprietari): Euro 4,00 Effettuare la raccolta in aree di verde pubblico, a meno di m. 20 dal margine della carreggiata delle strade classificate ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 285/92 (escluse le strade vicinali), in aree adibite a discarica anche se dismesse, in aree industriali: Euro 4,00 Asportare o rimuovere la lettiera e lo strato umifero del terreno nelle aree boscate: Euro 50,00 Effettuare la raccolta nei divieti temporanei: Euro 14,00 Porre in commercio funghi senza averli divisi per specie: Euro258,00 12 RICORDIDIPIOGGIA, VENTOEMARE Rino Pellacani Foto: Rino Pellacani Pioggia, vento e tante buche sull'asfalto della Via Aurelia; l'autostrada all’epoca non era ancora nemmeno progettata. In queste condizioni notturne guidavo la mia Topolino per poter raggiungere Pian di Spille, località vicino Tarquinia che ospita il poligono di tiro dell'esercito. Mi recavo in quel luogo con mio figlio Maurizio, anziano compagno di caccia ma recente nembrotte di licenza, in quanto in quel posto si formavano sulla riva del mare degli acquitrini e pozze d'acqua, create dalle esplosioni delle bombe durante le esercitazioni dei carri armati dell'esercito. Pioggia fuori e vapore all'interno dell’auto, non si vedeva nulla e Maurizio, munito di carta, doveva pulire in continuazione i vetri. Ecco. Ci siamo: via a destra e subito a sinistra verso il mare. Ci fermiamo a fianco della siepe di confine con il poligono. Stivali alti, impermeabile, cartucce e richiamo per le anatre (prodotto americano di grossa spesa), sacco con gli stampi sulle spalle, fucile… e via. Grosso giro per evitare l'ovile con i due maremmani sempre aggressivi e siamo finalmente sulla battigia del mare. Tre soli laghetti (piuttosto pozzanghere). Il terzo si prestava un poco, meglio leggermente incassato sul terreno in riva al mare. Buttiamo in acqua i dieci stampi delle marzaiole legate una per una con un lungo spago, così di poterle recuperare, e cerchiamo subito un riparo che faccia anche da capanno, ma esiste solo un cespuglio e poche canne. Pazienza! Ci adattiamo alla meglio: io seduto su di un bidoncino e mio figlio in piedi. Comincia l'attesa. All'alba il tempo non cambia, anzi, peggiora! Il vento aumenta così come la pioggia; siamo completamente inzuppati e con il morale molto basso. Non è passata nemmeno la pattuglia degli artiglieri, che alle otto del mattino fanno allontanare tutti prima di iniziare i tiri di addestramento. Così passano le ore, e noi scrutiamo il cielo scuro, asciugandoci in continuazione la pioggia dagli occhi. Non vola una penna e decidiamo di andarcene. Recuperiamo gli stampi, il capanno e tutto il resto, e ci incamminiamo per salire la piccola erta che porta in piano, quando, come usciti dal nulla, raso l'acqua del mare, un volo di codoni che punta veloce su di noi e vedendoci scartano veloci. Lasciamo cadere sulla sabbia tutto ciò che abbiamo in mano ed un attimo dopo quattro colpi raggiungono il branchetto, disperdendolo in una rampata velocissima, e noi, a naso in aria, restiamo a guardare. Sant'Uberto ha protetto il nostro piombo, poiché un codone cade fulminato oltre un metro o più nel mare. Il riflusso delle onde allontana la nostra anatra; se esitiamo a recuperarla la perdiamo sicuramente. Tento allora un passo dando il fucile a mio figlio, ma le onde sono alte e l'onda mi raggiunge alla cintola. Stivali pieni, la mia ferita di guerra alla tibia nell'acqua di mare, bagnato completamente ovunque, tento il tutto per tutto, mi butto in avanti ed afferro l'ambita preda. Così finisce la nostra tanto attesa giornata di caccia. 13 Lido Giulietti MALI PERNICIOSI: QUANDO MANCA IL TERRITORIO venatoria “Solengo” assorbono la gran parte del territorio boscato comunale. La laguna di Orbetello è fruibile solo in minima parte, ed in conseguenza alla continua frammentazione del poco territorio disponibile, dovuta alla recinzione dei lotti lungo le sponde, molto presto si esaurirà anche quel poco spazio che è rimasto. Inoltre, i continui lavori di “risanamento” della Laguna con le inevitabili modifiche ambientali faranno il resto; già se ne vedono gli effetti negativi! Negli anni passati, infatti, nonostante la massiccia presenza di cacciatori, nell'area della Laguna gli uccelli acquatici erano numerosi, mentre i miseri carnieri realizzati nella stagione appena terminata hanno confermato la scarsa presenza di anatidi. La zona del ‘51quest’anno sembrava il deserto dei tartari, quando invece, fortunatamente, nel lago di Burano e nella Diaccia Botrona la presenza di uccelli è stata invece discreta. I cacciatori di Capalbio non stanno certo meglio di quelli orbetellani. Si parte con il fondo chiuso della Soc. SACRA lungo il litorale a confine col comune di Orbetello, con annessa l'Oasi di Burano, le aziende faunistico venatorie Capalbio, Lago acquato e Capita, e si termina con altri fondi chiusi: Casaglia, Uno dei mali peggiori che possono colpire i cacciatori è la mancanza di territorio; lo sappiamo bene noi seguaci di Diana che abitiamo nei comuni di Orbetello e Capalbio, visto che da anni ci troviamo a dover cacciare in territori sempre più ristretti. Da noi di territorio per la caccia non ce né mai stato molto, vuoi perché c'è un'alta concentrazione di aziende faunistico venatorie e agrituristiche, zone di tutela e fondi chiusi, vuoi per la forte antropizzazione cui sono sottoposti i nostri territori, vuoi per la capillare rete viaria che strappa una fascia di terreno che abbraccia per 100 mt. (50 mt. per lato), e per tutta la loro lunghezza, le strade e la ferrovia. Ci troviamo con circa l'80% di territorio boscato precluso alla caccia, e nei pochi scampoli di bosco rimasti devono convivere beccacciai, cinghialai, lepraioli e capannisti, con una pressione venatoria che va ben oltre la percentuale indicata dalla Regione Toscana, che è di un cacciatore ogni tredici ettari, con coesistenze a volte problematiche. Nel comune di Orbetello insistono le aziende faunistiche venatorie “Parrina”, “Polverosa” e “San Donato”, che insieme a quella agrituristica14 la maggior parte di quelli che vengono in Maremma si accontentano di cacciare nelle riserve i polli messi la mattina ed il maiale, pardon: il cinghiale, dentro ai recinti. E' uno sfogo amaro il mio, di uno che la caccia la vive con passione, con rispetto e con la voglia di continuare a praticarla; anche se farlo è diventato davvero difficile! Lo scorso 3 febbraio si sono incontrati i cacciatori Orbetellani e Capalbiesi con la Provincia, ed è stato trattato l'argomento territorio. Morale della favola? Ci hanno detto che se tutto andrà bene bisognerà aspettare due anni, vale a dire l’approvazione del nuovo Piano Faunistico Venatorio, prima di vedere (forse) qualche cambiamento positivo. Una riflessione mi viene però di farla: sono state fatte delle modifiche ad alcune AFV e questo è avvenuto a piano faunistico già approvato ed attuato; se ci si accorge che alcuni parametri non vengono rispettati e delle situazioni devono essere corrette, perché non farlo ora, senza aspettare due anni, vale a dire, prima dell'approvazione del nuovo Piano Faunistico Venatorio? Diaccialone e Marruchetone a cofine con il comune di Manciano, con la maggior parte dei boschi che sono recintati. Anche qui di terreno per i cacciatori n’è rimasto veramente poco, non si capisce perché le AFV sono concentrate solo qua da noi, alcune si sono addirittura ingiustificatamente allargate negli ultimi anni, peggiorando ancora una situazione già di per sé catastrofica. La conversione di alcune di queste aziende da vocazione lepre a vocazione capriolo (grazie ai Regolamenti provinciali), ha poi contribuito alla diminuzione della selvaggina minore come fagiani e lepri, considerato che all'interno di queste aziende lanci di selvaggina nobile se ne fanno pochi o niente. La caccia sta andando verso il collasso; se non verranno cambiate le strategie (piano faunistico e regolamenti) e gli interventi della Provincia e dell'ATC, tra non molto saremo costretti ad appendere il fucile al chiodo. Di sicuro la caccia in Maremma è cambiata. Una volta, infatti, era diversa: terreni liberi e riserve erano ricchi di selvatici, la gente veniva da fuori per godere di una caccia vera in un ambiente unico, mentre oggi 15 LA CACCIA NELLE AREE PROTETTE Enzo Guinzoni legge 349/91. Di quest'ultime ne parleremo più avanti. Premetto che il sottoscritto è dell'avviso che nelle aree protette non deve essere consentita la caccia: la selvaggina migratoria presente all'interno dei parchi deve essere tutelata e la piccola selvaggina stanziale, qualora in eccedenza, dovrebbe essere catturata e successivamente liberata con lo scopo di ripopolare altri territori. Un discorso a parte potrebbe essere fatto per il controllo degli ungulati e dei predatori. In questo caso, infatti, i cacciatori potrebbero rendersi utili anche all’interno dei parchi. Ma visto e considerato che parlare di caccia, con certe frange integraliste del mondo ambientalista e animalista, è cosa assai difficile, non intendo mettere in discussione il metodo degli abbattimenti selettivi e delle catture, adesso utilizzato per il contenimento della fauna in eccesso all'interno dei parchi. La “proposta Brusco” intendeva, invece, concedere ai soli cacciatori residenti nei comuni in cui ricade l'area protetta, la possibilità di esercitare l'attività venatoria (con l'esclusione delle aree a protezione integrale), nel rispetto di precise regole da concordare con l'Ente Parco. Deve essere precisato che, in sede di Commissione, molte sono state le critiche espresse nei riguardi di questo disegno di legge, sia dalle forze dell'opposizione sia dai rappresentanti del Governo. Particolarmente azzeccate, a mio avviso, sono le osservazioni di Marco Lion (Misto-Verdi-L’Ulivo), che esprime forti critiche sul provvedimento in esame, ritenendo, in particolare, che consentire l'attività venatoria ai soli residenti nei comuni compresi nel territorio dell'area protetta possa Nelle pagine del quotidiano “IL TIRRENO”, di lunedì 2 febbraio 2004, è apparso un articolo titolato: <<Ambiente in pericolo - Caccia, condanna a morte per i parchi - Coro di no alla legge che vuole aprire le aree protette alle doppiette>>. A dichiararsi discordanti con la proposta di legge che “aprirebbe” i parchi ai cacciatori sono: Giampiero Sammuri (Presidente regionale di Federparchi), Piero Baronti (Legambiente), Ermete Realacci (Margherita) e Massimo Logi (Presidente regionale ARCI caccia). Anche Marco Ciarafoni (ARCI Caccia) ha espresso la stessa opinione per mezzo di una lettera, inviata sempre al quotidiano “IL TIRRENO”. A mio parere, le critiche manifestate dagli illustri signori sopra elencati, oltre ad essere del tutto fuori tempo sono pure fuor di luogo. E naturalmente vi spiegherò anche perché. Sono fuori tempo perché questa proposta di legge (n. 1592) non è stata presentata l'altrieri, bensì il 18 settembre 2001. Essa è stata sottoscritta da ben 34 deputati ed è conosciuta come “proposta Brusco”, in quanto il deputato di Forza Italia Francesco Brusco è il primo firmatario della proposta stessa. Questa proposta di legge è volta ad apportare alcune modifiche alla legge 394/91 (legge quadro sulle aree protette) ed è attualmente all'esame dall'VIII Commissione permanente della Camera. La proposta di cui stiamo parlando ha in primo luogo la finalità di superare il divieto di caccia nelle aree naturali protette, attualmente previsto dalla normativa statale sulle aree protette (349/91) e sulla caccia (157/92), e in secondo luogo quella di apportare altre importanti modifiche sempre alla 16 determinare oggettive situazioni di protesta anche nell’ambito dello stesso mondo venatorio; e del sottosegretario Roberto Tortoli, rappresentante del Governo, che dopo aver ascoltato i vari commenti espressi dai rappresentanti dell'opposizione, “comprende come l'esercizio della caccia nelle aree protette possa suscitare forti dubbi e perplessità” e ritiene che la caccia debba essere disciplinata prevedendo precise regole sui prelievi selettivi di talune specie in eccesso, al fine di riequilibrare l'ecosistema, considerato, peraltro, che in alcuni parchi già vi sia la possibilità di procedere ad abbattimenti selettivi per contrastare il sovraffollamento di talune specie. Nella seduta dell'VIII Commissione tenutasi lo scorso 28 gennaio, il sottosegretario di Stato, Francesco Nucara, ha riferito che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, sta valutando una complessiva proposta di modifica della legge 157/92. “Come già affermato dal Ministro Matteoli, l'orientamento del Ministero, in questo ambito, è a favore del mantenimento del divieto di caccia nelle aree protette, con l'unica eccezione dell'abbattimento selettivo”. Con questa asserzione, dal significato inequivocabile, il portavoce del Governo ha terminato il suo intervento. Nella medesima seduta, il deputato Brusco, vista la posizione assunta dal Governo, ed il parere contrario manifestato da tutte le forze politiche della minoranza nei confronti della sua proposta mirata a consentire la caccia nelle aree protette, ritiene che il disegno di legge, da lui presentato, possa essere modificato per le parti ritenute dall'opposizione inaccettabili, mentre si dovrebbe invece tentare di conservare i punti relativi agli altri temi. Giunti a questo punto (28 gennaio 2004) sembrerebbe raggiunto l'accordo, tra Governo, opposizione ed il deputato Brusco, per mantenere il divieto di caccia all'interno delle aree protette. Per questa serie di motivi, che ho appena elencato, ritengo fuori tempo le dichiarazioni dei rappresentanti di Federparchi, ARCI caccia, Margherita e Legambiente, esternate nei giorni successivi (febbraio 2004). Infatti, le loro osservazioni critiche nei confronti della “proposta Brusco” parrebbero arrivate “dopo i fuochi”; quando, cioè, a seguito di un equilibrato e corretto confronto democratico, tutte le forze politiche erano giunte ad un accordo per mantenere il divieto di caccia all'interno delle aree protette. Chiarito questo aspetto, vi spiegherò anche il motivo per cui le osservazioni di Sammuri, Baronti, Relacci e Logi, oltre ad essere fuori tempo sono anche fuor di luogo. Come ho già detto in precedenza, la “proposta Brusco” non mirava unicamente ad introdurre la caccia regolamentata all'interno delle aree protette, ma intendeva apportare anche altre importanti modifiche alla normativa statale sulle aree protette (legge 349/91). Di questa parte della “proposta Brusco” se n'è parlato molto poco. Personalmente, ritengo che questi ulteriori aspetti della “proposta Brusco” siano invece molto interessanti e, in ogni caso, da prendere nella giusta considerazione. Infatti, nella “proposta Brusco” s'intende garantire alle Comunità montane una presenza più incisiva all'interno del Consiglio direttivo dell'Ente parco (con la presenza di due membri, designati dai presidenti delle Comunità montane o loro delegati, eletti con il sistema del voto separato); si dispone l'obbligo dell'integrale risarcimento, da parte dell'Ente parco, del danno arrecato dalla fauna selvatica alle coltivazioni agricole presenti all'interno dell'area protetta, in luogo del semplice indennizzo previsto dalle norme vigenti; si chiede l'abrogazione della norma che prevede il divieto di introduzione, da parte di privati, di armi per uso venatorio, se non autorizzati (attualmente i cacciatori che risiedono all'interno dei parchi, o che devono transitare nelle strade insistenti all'interno di quest'ultimi, non possono trasportare armi e munizioni senza l'autorizzazione dell'Ente parco); ed infine, la “proposta Brusco” prevede che la denominazione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano sia modificata in Parco nazionale del Cilento Valle di Diano e degli Alburni. In conclusione, tenendo conto che l'aspetto riguardante la caccia all'interno delle aree protette è ormai fuori discussione, ritengo che le altre proposte, presentate dal deputato Brusco, possano benissimo essere oggetto di dibattito e di confronto. In ogni caso, per chi vorrà verificare in prima persona come si sono realmente svolti i fatti di cui vi ho appena parlato, nel nostro sito internet www.capalbio.it/gruppocaccia - potrete trovare, nella pagina iniziale, una cartella denominata Proposta Brusco_Aree protette, contenente la legge n. 349/91, la proposta di legge n. 1592 presentata dal deputato Brusco, e tutti i resoconti delle sedute dell'VIII Commissione permanente nelle quali è stata sinora discussa la “proposta Brusco”. 17 NUVOLECOMEPENSIERI di Bruno Modugno Prima di essere troppo vecchio, ho ereditato un posto dove riconoscermi. È al limite di un bosco, accanto a un ruscello dove germani e trote mormorate si incontrano ignorandosi. Mi accontento di guardarli. Di fronte, un bosco di alberi che non invecchia mai. Solo qualche macchia rossa di larici segna le stagioni. E quando fra mill'anni sarò troppo stanco per arrampicarmi, mi siederò fuori casa col binocolo, sognando la folle corsa del camoscio sul nevaio di fronte, la fugace apparizione di un folletto rosso ai limiti del bosco, il feroce corteggiamento del gallo forcello, i morbidi giochi delle marmotte a un passo dalla tana. Ogni anno conto i giorni che mi separano dal momento in cui potrò salire su in alto, dove non si incontra gente. Un amico fedele, il fucile, il cane. Nello zaino, il binocolo, un po' di carne affumicata, il pane all'anice. L'acqua la troverò lassù. Nel bosco il cane va tenuto al guinzaglio. Tira con forza, smanioso. Ansima, tossisce per via del collare. Gli abeti stanno cedendo il posto ai rododendri e ai mughi. È il momento di sciogliere. Il cane, finalmente diventa protagonista. Prima si abbandona a veloci corse che mi sembrano gioie per la libertà conquistata, ma che in realtà sono la presa di possesso del territorio e una prima sommaria esplorazione. Si va avanti, sempre più su, mentre il cane accenna le prime guidate. La mugaia è piena di odori. È il punto dove si incontrano la lepre grigia e la sua lontana cugina variabile. Qui è il limite superiore del territorio del capriolo e quello inferiore del camoscio. Il forcello viene a mangiare gemme, mirtilli, bacche di ginepro. La guidata si fa sospettosa. Un primo accenno di ferma, poi il cane riprende a strisciare, il muso proteso in avanti, le movenze serpentine. Non lo vedo, non lo sento più. Eccolo che biancheggia tra un macchione di rododendri ai piedi di un pino mugo. È immobile, tanto che da lontano lo avevo scambiato per una pietra di calcare. Ho tutto il tempo di arrivare, di calmare i battiti del cuore che mi tormentano la gioia. Un grigio frullo fragoroso. D'istinto il fucile mi vola sulla spalla. Un attimo per mirare. È una femmina di forcello. Abbasso la canna, un po' deluso. Ma qui senza concorrenti, penso che quella femmina di forcello è anche mia. Anzi, è mia, prima della prossima estate, tornerà a deporre le uova. È la meravigliosa macchina che contribuisce a conservare questi luoghi così come sono. Proseguiamo, il cane e noi. Siamo su un vasto pianoro erboso. Tra l'erba bassa biancheggiano le pietre, come pecore al pascolo. Una zolla sollevata, umido coperchio di terra ed erba. È poi un'altra. Il pianoro ne è sconvolto. Altro che marmotte! Qui è passata una famiglia di cinghiali che perso la strada. Prima di tornare a valle, si è ingozzata di teneri crochi. Bisogna ancora risalire, scavalcare la sella e ridiscendere lungo i ghiaioni che guardano a nord, verso l'Austria. Due giovani camosci saltellano sul nevaio di fronte. Poi uno si siede e slitta verso valle. Per gioco. In cresta incontriamo i cotorni. La ferma è stata brevissima, appena un accenno, e il volo troppo veloce verso valle. In ogni caso non avremmo sparato. Ora stiamo in piena ombra. L'aria si fa frizzante e sembra bucare i polmoni con mille cristalli di ghiaccio. Chiazze di neve coprono qua e là il ghiaione. Il cane cerca affannosamente. Sa che ci sono, perché altre volte le ha incontrate, ma oggi sembra che si siano affatate. Dalla valle sale rapidamente un cumulo di impalpabile fiato bianco, nebbia o nuvola bassa, che ci avvolge. Il cane cade in ferma. Tutto si svolge in un attimo. Faccio appena in tempo a scorgere un puntino rosso carminio sul bianco della neve, che la brigata parte a ventaglio verso destra. Due colpi su un bersaglio color della nebbia. Il cane è indeciso. Non raccoglie, non corre verso la probabile rimessa. Dobbiamo scendere noi stessi verso il recupero. Mentre ormai la nebbia invade ogni cosa, il cane scompare dietro uno sperone, le piume, appena segnate da una macchiolina di sangue, il cane, seduto, si aspetta un gesto di gratitudine. Questa è la caccia in montagna, per me. E non è tutto, perché ci sono le arrampicate per sorprendere il demonio nero che mi sfida dalle rocce. L'attesa del capriolo, l'emozione di un tiro contro un puntolino fulvo che appare all'improvviso su uno spazio erboso. Il bramito del cervo che risveglia ancestrali timori. Il soffio del forcello sull'ultima neve di primavera. E poi, sempre, i sornioni esorcismi del dopo caccia. Su in montagna, gli affanni di un'umanità frettolosa non arrivano. Restano la compagnia della mia donna e di un cane fedele, il rombo del torrente, il commento musicale dei sassi che rotolano a valle. Lassù le nuvole sono come pensieri. 18 TUTTI A CASA Di Maurizio Pellacani e seicentomila), mentre oggi non raggiungiamo gli ottocentomila; le regole venatorie non erano sancite in leggi, ma tramandate di padre in figlio, e da tutti rispettate. Il cacciatore era da tutti benvoluto, sia dai normali cittadini che dai contadini, con i quali condivideva la campagna e la natura; ricordo che usavo andare a caccia con il treno o la corriera, ed alcune volte perfino in tram; fucile orgogliosamente portato in spalla, poco più di un ragazzino, e tutti mi guardavano con simpatia salutandomi con educazione. Che differenza con i nostri giorni: sguardi cattivi, battute fuori luogo, quasi fossimo dei mascalzoni! Pian piano hanno ridotto il periodo di caccia a poco più di quattro mesi, con divieti e restrizioni che sono diventati spesso insopportabili, tanto che bisognerebbe andare a caccia con un vademecum alto un palmo per districarsi nei meandri di regolamenti, leggi e leg gine. La chiusura della caccia pone fine momentaneamente a tutto questo, e solo da quel lato è ben accetta. Tanto non ne possiamo più! Ma rimane pur sempre la preparazione e lo “studio” che dobbiamo fare in vista della prossima apertura. Solo la nostra grande passione, quel fuoco che arde inesauribile dentro di noi, ci impedisce di lasciar perdere, di “appendere il fucile al chiodo”, come si dice in gergo. In questi ultimi anni le condizioni sono sempre peggiorate senza che nulla o poco fosse fatto, in particolare dalle nostre associazioni, per arginare tutto questo; l'Europa Unita e le sue leggi in materia venatoria sono state in Italia recepite quasi esclusivamente in maniera restrittiva per la caccia. La speranza di modificare un po' a nostro favore la situazione rimane legata ad un tenue filo, all'impegno che ciascun di noi, nel suo piccolo, può apportare alla causa della caccia, soprattutto nel lungo periodo di chiusura, quando il nostro cervello non è del tutto impegnato nella nostra unica e inesauribile grande passione “LA CACCIA”. Sono gli ultimi giorni di gennaio, freddi e piovosi. Il cielo è grigio, nuvoloso e triste: un po' come ci sentiamo noi amanti di Diana. La stagione venatoria volge al termine. Una grande nostalgia cala lentamente nel nostro essere di cacciatori ed un senso di vuoto sconsolato si insinua pian piano nel nostro cuore. Rapida, sembra ieri l'apertura, come un soffio, un alito di vento, ed è già ora di riporre il fucile insieme a tutto il nostro “armamentario” di caccia: stivali, stampi, capanno, ombrello, cartucce e cartucciere, e gli altri mille “ammennicoli” che ci hanno fatto compagnia durante le nostre uscite. Puliamo tutto, con amore, per riporlo ordinatamente, pronto per essere utilizzato la prossima stagione; un rito che si ripete da anni con una sacralità antica. Sfioriamo con le mani, quasi una carezza, gli oggetti che ci sono più cari: il fucile, la cartucciera del nonno, la giacca del babbo che ora mettiamo noi, tutte cose che sono per noi preziose, ed il loro contatto ci dà un grande conforto e calore. Cosa dire poi dei nostri cani, fedeli e insostituibili compagni, che hanno condiviso con noi attese infinite, spazi liberi, albe e tramonti, gioie e delusioni, condannati per lunghi mesi a tenere a freno il loro ardore, che ci guardano con quegli occhioni umidi pieni d'amore e passione, come per dire: “oggi non si va a caccia?” Solo chi è cacciatore come noi può capire tutto questo, gesti e sentimenti semplici, ma antichi e pieni d’amore, per cose che spesso sono di nessun valore per gli altri, incomprensibili in un mondo sempre più cinico, legato a valori effimeri e materiali nei quali non ci riconosciamo. La caccia, la nostra bella ed amata caccia, ce la stanno distruggendo, smontandola pezzo per pezzo. Quando ho iniziato la “grande avventura”, la caccia durava circa otto mesi. Si iniziava il 15 agosto e si terminava il 15 maggio, i cacciatori erano molti di più d’adesso (circa un milione 19 IL“GRUPPOVOLPE” Quarta parte “Gruppocaccia” informazione Dopo aver parlato del controllo della Volpe nel territorio destinato alla caccia programmata e nelle Zone di Ripopolamento e Cattura della provincia di Pisa, illustreremo con questo articolo come la Provincia di Pisa, in accordo con l’INFS, intende controllare questo predatore all’interno delle Zone di Rispetto Venatorio e nelle Aziende Faunistico Venatorie e Agri-Turistico Venatorie. ! Il controllo della Volpe nelle Zone di Rispetto Venatorio. ! Nel caso delle Zone di Rispetto Venatorio, sarà seguita la stessa disciplina prevista per le Zone di Ripopolamento e Cattura. Per questi istituti sarà attuata anche una progressiva riduzione delle immissioni di selvaggina allevata in cattività e incentivato lo sviluppo di popolazioni selvatiche mediante la realizzazione di consistenti interventi di miglioramento ambientale, così come previsto dal Documento di programmazione faunistica e venatoria provinciale. ! ! Il controllo della Volpe nelle Aziende Faunistico Venatorie. Nei primi cinque anni di validità del Protocollo si conviene che la gestione della Volpe all’interno delle AFV sia sottoposta alla seguente disciplina: ! miglioramento della gestione faunistica di questi istituti con conseguente progressiva riduzione delle immissioni di selvaggina allevata in cattività e potenziamento delle popolazioni selvatiche mediante consistenti interventi di miglioramento ambientale; ! realizzazione ogni anno di azioni di monitoraggio della Volpe e delle specie di carattere gestionale (Lepre e Fagiano) da condursi nel tardo autunno con la tecnica del ! 20 transetto diurno (Fagiano) e notturno (Lepre e Volpe) da parte dei tecnici incaricati dalla Provincia al fine di valutare oltre che la consistenza della Volpe anche la consistenza delle altre due specie e quindi i risultati della gestione nel suo complesso, vale a dire non solo del controllo dei predatori ma anche e soprattutto dei miglioramenti ambientali; elaborazione di piani di contenimento numerico della Volpe da parte della Provincia sulla scorta dei dati non solo dei censimenti ma anche della produttività riscontrata nelle diverse situazioni territoriali limitrofe a ciascuna AFV; autorizzazione dei piani di prelievo rilasciata ogni anno dalla Provincia; obbligo, per l’AFV che intenda utilizzare il metodo della braccata, di inoltrare domanda alla Provincia di dotarsi di un “Registro aziendale cani”, contenete le matricole dei cani specializzati per interventi in braccata alla Volpe, in possesso di idonea certificazione rilasciata dalle Associazioni Cinofile locali sulla base di una specifica prova di lavoro; realizzazione di interventi di contenimento, sotto la responsabilità di una guardia aziendale nominativamente incaricata dal titolare della AFV, coadiuvata da cacciatori abilitati alla caccia alla Volpe (di cui all’art. 37), nel rispetto del piano di prelievo assegnato, mediante il metodo della braccata con l’impiego di un numero di cani, scelti tra quelli iscritti al “Registro aziendale cani”, non superiore a tre per ciascun intervento, nel periodo compreso ogni anno tra il 1° ed il 31 marzo; realizzazione, sempre sotto la responsabilità di una guardia aziendale nominativamente incaricata dal titolare dell’AFV, eventualmente coadiuvata da cacciatori abilitati (art. 37) iscritti al Registro provinciale, di interventi alla tana anche con cani specializzati, sempre nel rispetto del piano di prelievo assegnato, nel periodo ! ! ! ! compreso ogni anno tra il 1° aprile e il terzo sabato di settembre. I cani da tana dovranno essere in possesso di idonea certificazione, attestante la loro specializzazione, rilasciata dalle Associazioni Cinofile locali sulla base di specifica prova di lavoro e le loro matricole dovranno essere riportate, in un elenco a parte, nel “Registro aziendale cani”. graduale sperimentazione, da parte delle AFV che ne facciano domanda alla Provincia, del metodo della caccia notturna, con possibilità di un suo impiego, sotto la responsabilità del Direttore Concessionario, da parte esclusivamente del personale di vigilanza dell’azienda, ogni anno nei periodi compresi tra il 1° dicembre ed il 31 marzo e successivamente, al solo scopo di completare il piano di prelievo stabilito, tra la terza domenica di settembre ed il 30 novembre. Il metodo della caccia notturna sarà specificatamente regolamentato dalla Provincia anche nelle AFV; obbligo per la guardia incaricata dal Direttore Concessionario di effettuare ciascun intervento, di segnalare preventivamente l’intervento medesimo alla Polizia provinciale, avvalendosi del sistema di teleprenotazione. Alla guardia responsabile dell’intevento spetterà l’obbligo di compilare diligentemente un’apposita “Scheda” elaborata ed approvata dalla Provincia, riportante le generalità e le licenze di caccia dei cacciatori partecipanti, il numero, il sesso e la classe dei capi abbattuti, da tenere a disposizione della Polizia provinciale per lo svolgimento dei necessari controlli e da restituire alla Provincia in occasione della presentazione del Piano annuale di gestione dell’AFV; gli interventi si svolgeranno comunque sotto la responsabilità del titolare dell’AFV; obbligo per la Provincia di trasmettere all’INFS una relazione tecnica contenente i dati relativi ai censimenti ed ai prelievi realizzati. ! ! ! ! ! Il controllo della Volpe nelle Aziende Agri-turistico Venatorie che esercitano la caccia a Galliformi allevati in cattività. Nel caso di questi istituti, avendo essi una finalità commerciale, il controllo della Volpe non riveste esigenza ecologica. Tuttavia, al solo fine di prevenire forme illegali di controllo di tale specie, la Provincia potrà autorizzare piani di prelievo della Volpe: ! limitatamente al periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 marzo; ! per un numero di capi pari alla densità media di prelievo accordata nell’anno precedente alle AFV. Tali piani, nei primi cinque anni di validità ! ! 21 del presente Protocollo, dovranno sottostare alla seguente disciplina: autorizzazione dei piani di prelievo rilasciata dalla Provincia; obbligo, per l’AAV che intenda utilizzare il metodo della braccata, di inoltrare domanda alla Provincia di dotarsi di un “Registro aziendale cani”, contenente la matricola dei cani specializzati per interventi in braccata alla Volpe, in possesso di idonea certificazione rilasciata dalle Associazioni Cinofile locali sulla base di una specifica prova di lavoro; realizzazione di interventi di contenimento, sotto la responsabilità di una guardi aziendale nominativamente indicata dal Direttore Concessionario, coadiuvata da cacciatori abilitati alla caccia alla Volpe (di cui all’art. 37), nel rispetto del piano di prelievo assegnato, mediante il metodo della braccata con l’impiego di un numero di cani, scelti tra quelli iscritti al “Registro aziendale cani”, non superiore a tre per ciascun intervento; realizzazione, sempre sotto la responsabilità di una guardi aziendale nominativamente incaricata da Titolare dell’AAV, eventualmente coadiuvata da cacciatori abilitati (art. 37), iscritti al Registro provinciale, di interventi alla tana anche con cani specializzati. I can da tana dovranno essere in possesso di idonea certificazione, attestante la loro specializzazione, rilasciata dalle Associazioni Cinofile locali sulla base di specifica prova di lavoro e le loro matricole dovranno essere riportate, in un elenco a parte, nel “Registro aziendale cani”; obbligo per la guardia incaricata dal titolare dell’AAV di effettuare ciascun intervento, di segnalare preventivamente l’intervento medesimo alla Polizia provinciale, avvalendosi del sistema di teleprenotazione. Ala guardia responsabile dell’intervento spetterà l’obbligo di compilare diligentemente un’apposita “Scheda”, elaborata ed approvata dalla Provincia, riportante le generalità ed i porto d’arma dei cacciatori partecipanti, il numero, il sesso e la classe dei capi abbattuti, da tenere a disposizione della Polizia provinciale per lo svolgimento dei necessari controlli e da restituire alla Provincia in occasione della presentazione del Piano annuale di gestione dell’AAV; gli interventi si svolgeranno comunque sotto la responsabilità del titolare dell’AAV; obbligo per la Provincia di trasmettere ogni anno all’INFS una relazione tecnica contenete i dati relativi agli indici di presenza della specie e ai prelievi realizzati. LA REGINA DEL BOSCO: LA BECCACCIA Di Marco Ragatzu Classe: uccelli Ordine:caradriformi Famiglia: scolopacidi Sottofamiglia: scolopacini Genere: scolopax Specie: scolopax rusticola Carl Von Linnè (Linneo) fu il primo nel 1756 a classificare la beccaccia del ceppo euro-asiatico: scolopax rusticola, termine che etimologicamente deriva da skolops (palo appuntito) e da rusticola (abitante delle campagne). Uccello di medie dimensioni e di forme abbastanza tozze, provvisto di becco lungo e dritto, con occhi grandi in posizione molto arretrata nel cranio rotondo, munito di ali relativamente corte ed arrotondate e con coda corta così come per le gambe. Normalmente il colore è bruno rossastro e br uno scuro, anche se esistono notevoli variazioni di colore che raramente possono causare tonalità particolari quali l'isabellismo o l'albinismo totale; nelle ali presenta dieci remiganti primarie e sedici secondarie con quella, sicuramente nota a tutti, che è la piccola remigante primaria atrofizzata denominata la penna del pittore. Il suo becco è lungo circa 6-8 cm, carnicino e con apice bruno, ma esistono anche soggetti che presentano becchi più corti denominate brevirostre (circa 4 cm); le zampe sono molto corte e munite di quattro dita delle quali il posteriore più corto, tipico degli uccelli camminatori, tre anteriori di cui il centrale più sviluppato, tutte di colore che varia dal grigio al carnicino giallastro. Queste le dimensioni della beccaccia: lunghezza da 33 a 40 cm, dei quali 7-8 cm di becco, tarsi da 3 a 4 cm, dito medio 4 cm compresa l'unghia; apertura alare di 63-65 cm; per quanto riguarda il peso, esso è soggetto a notevoli variazioni a seconda degli individui, della stagione e delle condizioni di vita. Possiede un udito molto sviluppato ed è munita di occhi grandi e scuri che, data la loro posizione, gli permettono di avere un campo visivo di quasi 360°. Di abitudini essenzialmente notturne, la sua vista al buio è almeno tanto buona quanto di giorno. Per quanto riguarda l'età, possiamo affermare se ci troviamo di fronte ad un giovane dell'anno oppure ad un adulto degli anni precedenti grazie all'esame delle prime tre remiganti lunghe (metodo Clausager), infatti, se queste sono usurate, sfrangiate agli apici e lungo il margine, indicano un soggetto giovane, mentre nel caso di margini netti ci troviamo sicuramente di fronte ad un soggetto adulto; esistono anche ulteriori sistemi complementari per stabilire l'età: attraverso l'esame delle grandi copritrici delle primarie, delle secondarie interne, delle scapolari e delle timoniere, in base a sfumature di colore, disegno, contorni, ma anche alla grandezza delle bande e dei dentelli. Molto complicato risulta invece stabilire il sesso, infatti ad oggi l'unico sistema certo è tramite l'autopsia, non presentando tra i due sessi dimorfismo sessuale apprezzabile. L'areale della beccaccia euro-asiatica risulta essere l'Europa sino alle isole Canarie, Azzorre e britanniche, e l'Asia fino alla Cina, Mongolia e Tibet; questo areale, in considerazione anche dello svernamento, si estende fino a sud delle coste nord africane e dell'Asia minore. Il suo habitat ideale è il bosco di querce, larici, conifere e betulle, ricchi di sottobosco e radure, sia in pianura che in montagna. Il lombrico risulta essere alla base dell'alimentazione di questo scolopacide, che trova ispezionando minuziosamente i terreni che frequenta, ma si nutre anche di mosche, grilli, coleotteri e molti altri invertebrati, oltre a mirtilli, bacche, semi di sambuco, chicchi di mais e di avena, erbe e piante acquatiche. Il periodo riproduttivo risulta influenzato da fattori esogeni (quali l'allungamento dell'illuminazione diurna), ed endogeni, fattori ormonali, sviluppo delle gonadi, e varia dall'inizio di febbraio (Francia) alla fine 22 di agosto, ritardando man mano che si procede verso nord (Scandinavia); normalmente depone 4 uova a cadenza giornaliera, di colore giallo rossastro con macchioline che variano dal grigio al bruno-avana, con punteggiature lilla. Dopo circa tre settimane di incubazione nascono i pulcini che , trattandosi di nidifugi, in poche ore sono in grado di seguire la madre. La beccaccia appartiene a quelle specie di uccelli che sistematicamente, in primavera ed in autunno, compiono voli migratori alla ricerca di zone favorevoli per la riproduzione e lo svernamento; normalmente migra di notte in gruppi di 4-6 individui spostandosi per molti chilometri: in Francia una beccaccia catturata , inanellata e liberata in tarda serata, è stata abbattuta a 260 km di distanza al mattino seguente; possibile ma rarissimo lo spostamento diurno. L'aumentare della pubblicità del business venatorio e delle possibilità di praticarne la caccia nei paesi dell'Est Europa ha comportato una graduale e disastrosa pressione venatoria verso la beccaccia, nelle località di massima concentrazione nei vari momenti di tutto il ciclo della specie, anche in primavera. Oltre ai diversi milioni di beccacce che muoiono nei paesi europei dove si caccia nei periodi di svernamento con l'utilizzo del cane da ferma (e purtroppo non solo in questo sistema), si aggiungono numeri elevatissimi (ad oggi non quantificabili) di soggetti abbattuti nell'Europa orientale, non solo nei periodi di svernamento, ma atrocemente e con un danno incredibile, anche nei periodi di riproduzione, grazie anche alla propaganda dei vari tour-operators. Tutto ciò danneggia la specie, e non è sopportabile che tale persecuzione, causa di gravi conseguenze per la specie in tempi medio-lunghi, possa ancora continuare; regolamentazioni europee stanno per essere adottate nel rispetto dei modi e dei periodi di abbattimento in tutta Europa, modifiche che sicuramente gioveranno alla specie. La densità della popolazione di una specie selvatica è legata essenzialmente alla capacità del territorio di offrire alimento e rifugio (Carring e Holding Capacity): in particolare il primo fattore influenza la fertilità, la fecondità, la capacità immunitaria e la resistenza alle malattie, quindi la mortalità, mentre l'aumento della capacità di difendersi dagli aggressori e dalle condizioni climatiche avverse dipende dalla disponibilità del rifugio. Quindi il numero massimo di individui presenti in un ecosistema, dipende dall'aumentare o diminuire di questi fattori: in annate eccessivamente siccitose o piovose, eccessivamente calde o fredde, la quantità della selvaggina presente sul territorio subisce un contraccolpo per la riduzione di questi fattori. Per le specie cacciabili, tra questi fattori esiste il più pericoloso tra tutti: l'uomo; ma non il Cacciatore che coscientemente pratica questa attività venatoria nel rispetto sia della beccaccia sia dell'ambiente che lo circonda, con mezzi idonei ad una proficua ricerca e a alla realizzazione del carniere, ma atti anche alla conservazione della specie. Quindi, considerato questo particolare periodo storico, e non mi si venga a dire “…ma in maremma si è sempre fatto!....è pratica vecchia sempre esistita!...”, è impraticabile qualsiasi altro metodo di caccia rivolto alla beccaccia (intendo dire: l'aspetto) che non sia con l'utilizzo del cane, nei giusti periodi e nei giusti modi e numeri. Detto ciò, sembrerebbe, dunque, che in un ecosistema privo del predatore più pericoloso (l'uomo) per esempio in oasi o aree protette, in assenza di eventi particolarmente gravi, la specie si debba mantenere ai livelli massimi di densità. L'esperienza pratica ha dimostrato, invece, che in tale aree non soltanto la specie non aumenta ma si porta verso una lenta e continua riduzione, sino ad un punto massimo da cui poi ricomincia ad aumentare, per poi scendere di nuovo. Questo fenomeno è dovuto all'invecchiamento dell'età media della popolazione; quindi, un prelievo contenuto, o per lo meno non esasperato come lo è tutt'ora soprattutto nei paesi dell'est, rende disponibili nicchie biologiche per l'insediamento di nuovi individui che contribuiscono a mantenere giovane la popolazione, aumentando di conseguenza la potenzialità riproduttiva ed in sostanza la forza e la vitalità di tutta la specie. Marco Ragatzu 23 PORTO D’ARMI LA REVISIONE DISPOSTA DAL VIMINALE HA DATO RISULTATI LIMITATI Ferma da 9 mesi la commissione che doveva varare controlli più severi. Il massacro di Lecco apre la via a uno stralcio. ROMA - La decisione era stata presa all'inizio di maggio dell'anno scorso, subito dopo le stragi di Aci Castello e di via Carcano a Milano: 8 morti in 5 giorni. Una commissione interministeriale per riscrivere le norme sul porto d'armi ed evitare che pistole e fucili finissero in mani pericolose. Da allora sono passati 9 mesi. Ma non è cambiato nulla. Il gruppo di esperti guidato da Giovanni Pioletti, presidente di sezione della suprema corte di Cassazione - non è arrivato a un testo di riforma. E, dopo l'episodio della strage in famiglia di Lecco, sembra probabile che si proceda ad uno stralcio: una piccola modifica subito, senza toccare per il momento tutto il resto. La modifica, da attuare in tempi rapidi con un decreto del ministero dell'Interno, dovrebbe riguardare i certificati medici. Oggi chi vuole un porto d'armi per difesa personale (in tutta Italia lo hanno circa 45 mila persone) ne deve presentare due per dimostrare la propria idoneità psicofisica. Uno del proprio medico di famiglia, l'altro di un medico dell'Asl o militare. La commissione suggerisce di cambiare proprio quest'ultimo: non basterebbe più la firma di una sola persona ma sarebbe necessario l'esame di una commissione di cinque medici. Non è ancora deciso chi la dovrebbe presiedere. Le ipotesi sono due: c'è chi sostiene che dovrebbe essere un medico dell'Asl, introducendo un cambiamento soft rispetto al sistema attuale. E chi invece propone una soluzione più dura, affidando la guida della commissione ad un medico militare oppure delle forze di polizia. Due i motivi del correttivo. Il primo è di semplice buon senso: cinque persone vedono meglio di una e si possono accorgere più facilmente di quei piccoli segnali di irrequietezza che aveva dato anche Fausto Zoia, il ragioniere di Lecco che ha sterminato la sua famiglia. Il secondo motivo è più complesso. Con il certificato firmato da un solo medico è più facile che si chiuda un occhio e il controllo si trasformi in un pro forma: un foglio firmato senza visita magari pagando un'agenzia di intermediazione, come avviene in alcuni casi per il rinnovo della patente. Tutto diventa più difficile - e quindi più sicuro, almeno in linea teorica - se ad occuparsi della materia è una commissione di cinque persone. Per il momento appare difficile che si faccia di più. A maggio, sempre dopo le due stragi di Aci Castello e di Milano, il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu aveva ipotizzato un'altra modifica: estendere l'obbligo del certificato medico annuale, oggi previsto solo per chi ha il porto d'armi da difesa personale, ad altre tre categorie: i cacciatori e gli appassionati di tiro a volo, che lo devono presentare ogni sei anni, e chi la pistola la tiene in casa ma non la porta con sé, che di quel documento ha bisogno solo alla prima richiesta senza alcun controllo successivo. Sempre a maggio il Viminale aveva disposto una revisione straordinaria di tutti i permessi. Chi ha un'arma in casa è stato obbligato a presentare di nuovo il certificato medico in questura anche se il documento non era in scadenza. Il ministro Pisanu aveva parlato di una «risposta alle aspettative legittime degli italiani dopo le vicende di Aci Castello e Milano che tanto hanno colpito la pubblica opinione». I dati sono ancora parziali, perché le comunicazioni non sono ancora arrivate da tutte le questure. Ma da un esame parziale sembra che i permessi revocati siano davvero pochi rispetto al totale. Chi aveva un certificato, in sostanza, ne ha ottenuto un altro senza troppi problemi. Anche per questo è probabile che si cambino le regole passando alla commissione a cinque. Non tutti sono d'accordo, però. Dice Edoardo Mori, magistrato di Bolzano ed esperto in diritto delle armi: «Qualcosa andrebbe cambiato, e su questo siamo tutti d'accordo. Ma è una pia illusione pensare di risolvere tutto aggiungendo burocrazia a burocrazia. Dimentichiamo troppo spesso che chi vuole uccidere non ha bisogno per forza di una pistola regolarmente denunciata: basta un coltello, basta investire una persona con l'automobile. E non servono permessi o certificati medici». Lorenzo Salvia http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=INT ERNI&doc=ARMI (notizia del 13 gennaio 2003) 24 CACCIA NEL MESE DI FEBBRAIO: SEMPRE PIU’ VICINA DI UMBERTO ALDI Recentemente, vi è stato un incontro del Ministro delle Risorse agricole e forestali, Alemanno, con il Presidente della FACE (Federazione Associazioni Cacciatori Europee), allo scopo di concordare le iniziative comuni per raggiungere l'obiettivo tanto desiderato di poter cacciare alcune specie nel mese di febbraio. Con più che giustificato ottimismo, possiamo dire che l'azione condotta dalla Federcaccia, assieme e nell'ambito della FACE, con le altre Associazioni europee, per riconquistare tempi di caccia più soddisfacenti ed in linea con le risultanze della scienza, ha fatto significativi passi avanti: il prolungamento della stagione venatoria al mese di febbraio, per decadi e per alcune specie, è più vicino e possibile. L'azione che noi, con alcune altre componenti del mondo venatorio italiano ma con la dichiarata contrarietà di altre, abbiamo condotto, ha riaperto un discorso che sembrava chiuso e ricollocato l'Italia in sintonia con l'Europa. È stata inviata a diversi esponenti del mondo scientifico, tecnico ed istituzionale del nostro Paese, da parte della Commissione D.G. Environment della Unione Europea, una lettera che, nella sostanza, afferma che diverse delle variazioni richieste dall'Italia ai tempi di caccia (il prolungamento al mese di febbraio per alcune specie) rientrano perfettamente nei periodi di tolleranza che la Commissione considera accettabili secondo i dati scientifici del 25 Documento Key Concepts. In altre parole, la Commissione dichiara che (poiché nell'ambito di una decade la nidificazione o la migrazione possono iniziare o finire nei primi e negli ultimi giorni della decade stessa) una decade è il margine di flessibilità che deve essere calcolato ad ogni estremità del periodo, sia esso riproduttivo o di nidificazione. Ciò significa che ove i dati scientifici collochino, ad esempio, l'inizio della migrazione ai primi di una decade, nulla osta per la Commissione a che la specie interessata possa essere cacciata per tutta la medesima decade. Quanto sopra, nel caso dell'Italia, implica che da un esame dei dati in possesso dal Comitato Ornis e alla luce di questa interpretazione, già oggi per alcune specie (Codone, Colombaccio, Allodola) sarebbe ammissibile la caccia nel mese di febbraio, probabilmente fino alla terza decade, mentre per altre (Marzaiola, Tordo, ecc.) si apre comunque la strada anche grazie al confronto con i dati di altri Stati membri. Come si evince, sono diversi gli aspetti importanti che emergono dalla posizione della Commissione. Il primo è che la possibilità di cacciare alcune specie, in particolare quelle sopra indicate, per decadi, nel mese di febbraio, non è frutto di dati nuovi, ma essenzialmente di una lettura razionale di quelli già esistenti. Il secondo è che adesso, per sbloccare definitivamente la situazione e concretizzare il risultato, l'iniziativa spetta all'Amministrazione Italiana: ora lo Stato Italiano ha la strada aperta davanti a sé, se vuole, per modificare le date e le specie che anche a giudizio della Commissione non costituiscono problema. Il terzo è che la Commissione sottolinea l'opportunità che si vada verso lo sviluppo di osservatori in grado di fornire dati scientifici validi e verificabili che consentano alla Commissione di intraprendere una revisione sistematica dei dati inclusi nel Documento Key Concepts: una sottolineatura che testimonia la possibilità che anche per altre specie possa realizzarsi una variazione ufficiale delle date. Crediamo, che queste notizie giustifichino ampiamente l'ottimismo di cui sopra. La linea che abbiamo seguito e le scelte che abbiamo compiuto (le iniziative per “portare la caccia in Europa”, l'azione presso le Istituzioni europee, il confronto con il Governo ed il Parlamento sulla legislazione vigente e sulle modifiche da apportarvi, la ricerca e la sollecitazione di contributi da parte di ricercatori ed Università, insomma, tutto ciò che negli ultimi due anni abbiamo messo in campo), si rivelano giuste e lungimiranti. La Commissione richiama ripetutamente gli incontri avuti nel 2002 a Bruxelles con i tecnici e gli scienziati che, su nostra sollecitazione e con l'accredito del Ministero dell'Agricoltura, hanno partecipato assieme ai rappresentanti della FACE al confronto con i componenti del Comitato ORNIS: un richiamo importante, che dimostra la pretestuosità degli attacchi, che tutti ricorderete, cui la Federcaccia è stata sottoposta per aver sostenuto la legittimità della richiesta di modificare i termini temporali della stagione venatoria. Adesso, mentre continuiamo a lavorare a livello comunitario, occorre intensificare l'iniziativa verso il Governo ed il Parlamento perché il primo compia tutti i passi che la Commissione attende ed il secondo proceda verso la rapida conclusione della discussione per la modifica della Legge 157/92 (che, tra l'altro, prevede la chiusura generale della caccia al 31 gennio) senza la quale siamo con le mani legate. È proprio questo il momento di aggiungere i fatti alle parole. 26 QUANDO LA CACCIA ERA PER FAME Massimo Centini Un tempo, neppure molti anni fa, la caccia non era uno sport (termine che, ci sia concesso, è fuorviante per la pratica venatoria), ma aveva una valenza importante nelle micro-economie contadine. Il carniere, infatti, era parte integrante del sostentamento della famiglia. L'uccisione dell'animale era necessaria perché consentiva all'uomo di non morir di fame, o quanto meno di appropriarsi di quelle proteine che la sua fisiologia reclamava rispondendo a un richiamo antico. Nella cultura popolare delle terre povere la caccia era quindi un'attività indispensabile, motivata dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza, che nella precaria economia contadina costituiva un'alternativa di sussistenza alimentare. Oggi guardiamo alla caccia con un atteggiamento non sempre obiettivo, che tiene conto di condizionamenti culturali e di un'ecologia frequentemente alimentata da ideologie e spesso da mitologie, a volte un po' troppo filosofica e poco calata sul territorio. La caccia, nel mondo contadino, è ben noto, costituisce un'esperienza culturale di grande importanza, che meriterebbe di essere studiata con maggiore attenzione, in quanto testimonianza di una tradizione in cui elementi pratici, rituali e simbolici si amalgamano inscindibilmente. In un regime alimentare tradizionale, in cui la carne era estremamente scarsa e quasi mai di prima scelta, la cacciagione rivestiva un ruolo fondamentale nel cibo quotidiano delle popolazioni soprattutto montane, ma non era difficile da trovare anche nei mercati delle città. Quando si parla di selvaggina, però, è necessario fare delle distinzioni tra piccola e grande, pregiata o meno: cervi, caprioli, camosci, stambecchi, cinghiali, tassi, fagiani, gru, quaglie, pernici erano di assoluta proprietà dei «padroni», dei signori, e raramente i contadini o i montanari potevano cacciarla se non di frodo. In caso di abbattimento, le parti migliori dovevano essere consegnate al signore, e al cacciatore restavano la testa, se priva di trofeo, le frattaglie e poco meno di metà della bestia, e non certo i tagli pregiati. Nelle pentole delle classi meno abbienti finivano solitamente animali meno nobili, soprattutto conigli e lepri catturate con i lacci, o con il furetto, che veniva addomesticato e tenuto in casa a tale scopo; ghiri, marmotte e scoiattoli, anatre selvatiche, colombi e colombacci, merli, tordi, storni (talvolta catturati con le reti), rondini e persino avvoltoi. Alcune fonti in proposito ricordano che sulle Alpi capitava a volte di abbattere alcune specie di piccoli avvoltoi autoctoni, oggi estinti o quasi, che venivano considerati ottimo cibo per gli epilettici. L'unica caccia veramente libera era quella agli animali considerati dannosi, quali lupi, orsi (dei quali testa e pelliccia era riservata al signore), volpi, faine, martore, e tutti questi animali, una volta catturati, quasi sempre con le tagliole o i lacci, finivano negli stufati esattamente come altri capi più nobili. Le massaie del popolo preparavano come potevano le carni anche della selvaggina più dura e più ostica, arrostendole sullo spiedo poi servendole con salse piccanti o agre, a base di aceto, per mascherare un poco l'eccessivo sapore del selvatico, friggendole in padella o, più spesso, preparando gli umidi e gli stracotti che sono rimasti una importante pietra miliare nella cucina tradizionale. Essendo questo genere di carne abbastanza dura necessitava di una cottura prolungata per diverse ore, a volte anche cinque o sei, con rape, patate e altre erbe, vino, brodo e magari una punta di salsa di pomodoro. Questi piatti erano in molti casi accompagnati dalla polenta: un'altra protagonista della cultura contadina. Quasi un'icona. Tutto questo un bel po' di anni fa: oggi, invece, si caccia il giusto tanto per mantenere viva la tradizione o per «sport». Però, non sempre le cose vanno nel modo giusto: a farne le spese sono spesso i riproduttori protetti che finiscono per ingrossare carnieri oltre il limite consentito dalla leg ge. E, sicuramente, non per fame. http://www.ecodibergamo.it/ecowebquoti diano/transfer.asp?string=/EcoWebQuoti diano/input/2003/12/04/40_b.shtml 27 NOTIZIE CHIARIMENTI DELLA PROVINCIA CIRCA LE RECINZIONI PRESENTI NELL’AFV “LAGO ACQUATO”. Luca Mazzetti - Soc. C.P. Lenza Maremmana Con un rapporto del 18 dicembre 2002 la Provincia di Grosseto ha risposto all’interrogazione orale presentata dal Consigliere di Forza Italia, Gianni Galatolo. All’interno dell’Azienda faunistico Venatoria “Lago Acquato” nel comune di Capalbio, nell’area dei “poggi alti”, oggetto dell’ampliamento del 2000, zona più volte “esaminata” nel corso degli ultimi tempi, è compresa una superficie di circa 200 ettari destinata a recinti di caccia. Tali recinzioni non sono presenti lungo i tratti di confine della stessa AFV, tranne che per un breve tratto nel quale l’AFV confina con l’adiacente Area Addestramento Allenamento Cani (AAGC). Pur evidenziando questo tratto in cui cartograficamente coincidono AFV, Area Addestramento Allenamento Cani e recinti di caccia, di fatto, sul territorio esiste un corridoio di almeno sei metri che consente il transito degli animali. LAGUNA DI ORBETELLO RILASCIO LICENZA DI PESCA CATEGORIA “B” La Licenza di pesca categoria “B” deve essere richiesta, al competente Ufficio del Comune di residenza, per mezzo di una semplice domanda in Bollo (Euro 10, 33). La detta domanda deve essere corredata da due foto tessera e dalla ricevuta del versamento di Euro 23.00 effettuato sul c/c n. 26730507 intestato a: Regione Toscana - Tesoreria Regionale. Nella causale del versamento deve essere riportata la dicitura: rilascio Licenza di pesca cat. B. Ricordiamo ai cacciatori iscritti all’Area a Particolare Gestione di Caccia “Lagune di Orbetello”, che entro il 20 marzo 2004 dovranno far pervenire presso la sede dell’ATC GR 8 la scheda raccogli-dati compilata in ogni sua parte. La mancata riconsegna della detta scheda equivale alla rinuncia all’iscrizione all’APG per la prossima stagione venatoria. 28 LE MASSIME DELLE SENTENZE TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629 Caccia - Piano faunistico venatorio provinciale Computo delle aree in cui la caccia è vietata. Nelle percentuali di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui la caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali (centri urbani, fasce di rispetto stradali o ferroviarie)” (TAR Liguria Sez. II 22\11\2002 n.1124); più in generale la caccia va esclusa per tutte le aree antropizzate che ne rendono pericoloso l'esercizio essendo ormai destinate ad altri usi prevalenti ad opera della trasformazione del suolo. (Cfr. C. Cost. N.488\97 in relazione alla necessità di comprensori omogenei nei quali articolare la destinazione dell'uso venatorio o faunistico del territorio). Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). LANCIATI 2.500 FAGIANI NELL’ATC GR 8 Sabato 21 febbraio 2004 sono stati lanciati 2.500 fagiani, a scopo di ripopolamento, nei comuni del comprensorio Grosseto 8. Monte Argentario - 168 Orbetello - 443 Capalbio - 344 Manciano - 700 Semproniano - 175 Sorano - 295 Castell’Azzara - 170 Pitigliano - 205 Caccia Incendi - Aree percorse dal fuoco Divieto di caccia per 10 anni Sussiste L. n. 353\2000 mancanza di mappatura Ininfluenza P.F.V.P. Illegittimo. E' illegittima l'esclusione, dal piano faunistico venatorio provinciale (P.F.V.P.), delle aree percorse dal fuoco per mancanza di mappatura delle zone da sottrarre alla caccia per 10 anni ai sensi della legge 353\2000: in primo luogo perché l'intervento per lo spegnimento dell'incendio cui la provincia è parte fondamentale per le competenze attribuite le dalla legge fa sì che la stessa non possa non conoscere il territorio da sottrarre alla caccia perché danneggiato dal fuoco; in secondo luogo la indeterminatezza della previsione (in attesa della mappatura delle aree) oltre a denunciare il difetto di istruttoria e di motivazione del piano, lascia prive di destinazione le stesse cioè con un'assenza di regolamentazione voluta invece dal legislatore. Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). Organizzazione di volontariato “Gruppocaccia” BILANCIO CONSUNTIVO ANNO 2003 Soci ordinari anno 2003 : 297 Soci collaboratori anno 2003: 15 ! ! Incasso da tesseramento: Versamenti straordinari: Euro 1485.00 Euro 45.00 ! Totale entrate Euro 1530.00 ! ! ! Spese stampa Notiziario Spese per cancelleria Spese per postali Euro 1218.00 Euro 93.35 Euro 155.22 ! Totale uscite Euro 1466.57 ! Rimanenza utile Euro Porto di munizioni proibite nella caccia agli ungulati. Cass. III, 01/03/99, n. 2714 La condotta che integra il reato di cui all'art. 30 lett. h) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, che punisce chi esercita la caccia con mezzi vietati, è costituita non già dalla semplice detenzione della munizione spezzata, bensì dal suo uso. Infatti non è sufficiente il solo trasporto e la detenzione della stessa all'interno della cartucciera indossata dal cacciatore nel corso della battuta, ma occorre quanto meno il caricamento dell'arma da sparo con quelle cartucce vietate nella caccia agli ungulati (ex art. 21 lett. u) legge citata). 63.43 Il presente bilancio sarà dettagliatamente illustrato nel corso dell’Assemblea annuale dei soci programmata per la fine del mese di marzo. Il bilancio preventivo per l’anno 2004 sarà discusso nel corso della medesima Assemblea. Comitato direttivo “Gruppocaccia” 29 NUMERO 1 - ANNO III - GENNAIO/FEBBRAIO 2004 Notiziario informativo bimestrale delle attività del “Gruppocaccia”