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settimanale diretto da luigi amic
anno 20 | numero 41 | 15 ottobre 2014 |  2,00
EDITORIALE
Sentinelle e vescovi in movimento
Spiriti magni, pagani e religiosi uniti
nella testimonianza dell’inappagabile
D
Adhd che sono andati a caccia di
pacifiche Sentinelle non c’è altro che ignavia. In tale afflizione, con i
tweet istiganti i facinorosi, Roberto Saviano si è dimostrato un fenomeno. Non ragioniam di loro (anche se con questi c’è il rischio che torni in
forma di farsa una violenza stile anni Settanta) ma guarda e passa. Dopo di
che, ci troviamo nel limbo degli spiriti magni. Non soffrono altra pena che
il desiderio inappagabile di vedere Dio. Il direttore del Foglio è probabilmente uno di questi. E un Dante saprebbe ben riconoscerlo. Come fa chiunque
non corra dietro alle insegne del pensierino unico, ai mosconi dei media e
alle vespe dei sondaggi. Andando oltre (e senza scomodare i lussuriosi che
ci sorridono in primo piano nell’album delle nostre famiglie postmoderne)
è un belvedere questa amicizia tra pagani e religiosi autentici. Così, come
la settimana scorsa segnalammo la Cei che ringraziava l’educazione con cui
«ogni mamma e papà sfida con la fionda di Davide una cultura di banalità
e omologazione», questa settimana annotiamo parole del cardinale di Milano e dell’arcivescovo di Ferrara. Il primo ha scritto con il primate di Vienna Cardinali rendono onore
aLlA manif pour tous e
un editoriale per Le Figaro pieno di stipastori richiamano i fedeli
ma per la cristiana freschezza di Manif
alla presenza pubblica
pour tous. Non solo. In un’intervista a
dei cristiani. È un belvedere
Tracce, organo di Cl, Scola ha ricordato
che per la fede cristiana non esiste la divisione borghese tra sfera privata e
pubblica. «Pensare che le due cose siano in alternativa nasce da un equivoco
con cui si guarda alla testimonianza: come “buon esempio” e basta, appunto. Siccome la testimonianza parte dalla persona, dal soggetto, la si soggettivizza, la si ritiene un fatto privato. Ma la testimonianza assume di per sé anche quelle forme concesse dal diritto che sono diverse secondo la società in
cui uno vive. Se siamo in una società plurale, questo tipo di testimonianza
può battere le strade previste in democrazia e dare vita anche a proposte legislative, a pubblico dibattito, se è il caso a manifestazioni».
Talmente evidente che Luigi Negri, pastore di Ferrara, ne ha dedotto
conseguenze molto serie all’indomani della caccia alle Sentinelle. «Il popolo cattolico deve restare saldo nella sua adesione ai princìpi della dottrina sociale della Chiesa e disponibile a una presenza nella vita della società
che dimostri come l’amore alla propria libertà può divenire lavoro, fatica
e sofferenza affinché questa stessa libertà non venga tolta o ridotta a nessuno». E per gli ignavi di casa il monito è duro. «Chi, nel mondo cattolico,
sta lavorando a una progressiva riduzione dell’esperienza cristiana a spiritualismo soggettivista e privato, eliminando ogni tensione alla presenza dei cattolici nella vita culturale e sociale, forse dovrebbe sapere che sta
assumendosi una gravissima responsabilità di collusione nei confronti di
questa situazione. Si tratta di una responsabilità che ciascuno porterà
davanti alla propria coscienza e davanti al Signore Gesù Cristo». Insomma, l’inappagabile è. Se è pubblico.
ietro ai poveretti afflitti da sindrome
MINUTI
Il volto di una
madre che prega
La cosa che ancora mi piace di
questo lavoro è la possibilità, incontrando qualcuno, di imbattermi in
ricordi anche molto lontani e riportarli alla luce. Questa mattina a Seriate, nella Bergamasca, ho davanti
a me padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana e diffusore
del Samizdat, la letteratura clandestina sotto il regime sovietico. Scalfi,
che il 17 ottobre a Bassano del Grappa riceverà il Premio Cultura Cattolica, ha 91 anni, la barba bianca e
l’aspetto forte e in pace di un patriarca, o di uno starets. Parla della bellezza della divina liturgia ortodossa che
lo sedusse, da ragazzo. E, ancora, della bellezza dei testi del Samizdat, che
mantennero una luce viva in Urss durante il comunismo.
Bellezza, questa parola ritorna. Finché domando: ma dove l’ha vista
per la prima volta la bellezza, padre? Ed ecco il ricordo antico che affiora: «Avevo 4 anni, un uomo del
mio paese stava morendo e non voleva i sacramenti. Mia madre mi chiamò: vieni, Romano, dobbiamo pregare. La rivedo che si inginocchia
davanti al crocefisso. Aveva un volto
così bello e limpido, lì sotto alla croce, che io bambino fissavo affascinato lei, invece del Signore».
La faccia di una madre che prega, la
prima icona, il primo segno di una
bellezza più grande. E son passati 87
anni. Stringo fra me questo remoto
ricordo come una gemma dissepolta
dal buio. Me la porto a casa, come
un tesoro, fra il traffico incarognito
della A4 – stamattina, ottobre 2014,
verso Milano.
Marina Corradi
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| 15 ottobre 2014 |
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SOMMARIO
08 PRIMALINEA INTERVISTA ESCLUSIVA A ANDY GARCIA | GROTTI, BOFFI
NUMERO
41
anno 20 | numero 41 | 15 ottobre 2014 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amic
Arriva in Italia il film
sulla storia (censurata)
della persecuzione
dei cristiani in Messico
LA SETTIMANA
24 INTERNI IL TEMPO DELL’AMORE È GRIGIO | VOLPI, BORSELLI
Minuti.
Marina Corradi............................3
Foglietto .
Alfredo Mantovano...........7
Boris Godunov.
Renato Farina............................ 15
Declino e caduta.
Antonio Gurrado................ 35
Mamma Oca.
Annalena Valenti................41
Sport über alles.
Fred Perri.......................................... 44
Cartolina dal Paradiso.
Pippo Corigliano..................45
16 INTERNI CONSULTA, I POTERI DEI
GIUDICI D’ORO | CASADEI
Lettere dalla fine .
del mondo.
Aldo Trento................................... 47
Mischia ordinata
Annalisa Teggi........................50
RUBRICHE
28 SOCIETÀ L’EPIDEMIA DELL’ADHD | PICCININI
36 L’ITALIA CHE LAVORA IL GELATO DEI REALI
Stili di vita.......................................... 40
Motorpedia........................................42
Lettere al direttore.......... 44
Taz&Bao................................................48
Foto: Infophoto, Ansa,
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994.
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 20 – N. 41 dal 9 al 15 ottobre 2014
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei
(inviato speciale), Caterina Giojelli, .
Daniele Guarneri, Pietro Piccinini
PROGETTO GRAFICO:
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna
UFFICIO GRAFICO:
Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò
FOTOLITO E STAMPA: Elcograf
Via Mondadori 15 – 37131 Verona
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FOGLIETTO
PRENDIAMO ESEMPIO DALLA MANIF POUR TOUS
Sentinelle e Passeggini
attendono rinforzi
dall’esercito del Family day
|
DI ALFREDO MANTOVANO
S
abato mattina,
piazza del Campidoglio. In duemila anni Marco Aurelio
ne ha viste di tutti i colori: ma un
migliaio di passeggini vuoti, portati attorno alla sua statua equestre di fronte alla sede principale del Comune, non gli era ancora capitato; fino a mezzo secolo fa aveva
guardato la crescita graduale della popolazione di Roma, dell’Italia e dell’Europa,
mentre oggi ha davanti l’immagine più
eloquente dell’inverno demografico nel
quale siamo precipitati.
È chiamato in causa il dirimpettaio
dell’imperatore a cavallo, il sindaco Ignazio Marino, che ha reso impraticabile l’accesso agli asili nido romani, soprattutto alle famiglie numerose, e ha più che
raddoppiato il carico fiscale: dal 2013 al
2014, sommando Tasi, Tari, trasporto scolastico, asilo nido e strisce blu, le famiglie
capitoline sono passate da una media di
2.275 euro di spesa ciascuna a una media di 5.530 euro. Ma è chiamata in causa un’aggressione ai fondamenti naturali
della famiglia di intensità e velocità mai
conosciute, tra divorzio privatizzato, con
termini ridottissimi di realizzazione, paramatrimonio fra persone dello stesso
sesso, fecondazione eterologa, doppio cognome, fisco che prescinde dai carichi familiari: il tutto nella direzione opposta a
quella che sarebbe necessaria per tornare
a riempire i passeggini.
Quei passeggini vuoti sono una intelligente forma di denuncia sociale. Costituiscono pure una scossa e un richiamo: tanto
più coraggiosi in quanto frutto dell’iniziativa di un singolo consigliere comunale capitolino, Gianluigi De Palo, e di semplici
famiglie romane, che hanno scelto di tassarsi pro quota per impugnare al Tar la de-
Domenica 5 ottobre, migliaia
di Sentinelle in piedi hanno
vegliato silenziosamente
in 100 città italiane
2005 hanno fatto fallire l’attacco referendario alla legge sulla fecondazione artificiale? Sembra uno di quei film nei quali
le truppe restano ferme, indifferenti alle
azioni di pattuglie valorose, che pure mettono in difficoltà il nemico ma sono troppo esigue per ottenerne ragione.
libera della giunta Marino sugli asili nido.
Come è di un singolo consigliere comunale di Bologna, Valentina Castaldini, l’iniziativa – che ha provocato l’intervento critico
del governo nazionale – di bloccare il registro di trascrizione dei matrimoni gay, voluto dal sindaco Merola. Come è di pochi
consiglieri di opposizione al consiglio provinciale di Trento l’iniziativa di fermare
una legge provinciale anti-omofobia discriminatoria per chi avesse sostenuto le ragioni della famiglia. Come, infine, appartiene
alla iniziativa di tanti giovani – tanti ma
pur sempre una minoranza – di partecipare domenica scorsa alle veglie delle Sentinelle in piedi, fra i disturbi e le violenze di
frange lgbt, per la prima volta affiancate da
esponenti dell’antagonismo.
E il grosso dell’esercito? E il milione
e mezzo di persone che nel maggio 2007
hanno riempito piazza San Giovanni col
Family day? E quelli – tanti di più – che nel
L’unità dei cattolici
Qualche settimana prima delle ultime elezioni politiche non un settimanale diocesano, ma il Corriere della Sera (28 gennaio 2013), pubblicava una riflessione di
Giuseppe De Rita dal titolo – sintesi del
“pezzo” – “La scomparsa dei cattolici dalla campagna elettorale”, con passaggi come questo: «L’appartenenza cattolica è
diventata un elemento del curriculum individuale, non il riferimento a un’anima
collettiva di proposta politica». La constatazione vale su vari versanti, non ultimo
quello della piazza: riprendere oggi a manifestare a cielo aperto su temi di principio e al tempo stesso molto concreti non
solo farebbe riappropriare del senso di appartenenza, ma certificherebbe per le istituzioni l’esistenza di un popolo della vita
e della famiglia, come accade in queste ore
in Francia; legherebbe l’esplicitazione della propria “anima collettiva” a una precisa
“proposta politica”, uscendo da un contesto para catacombale. Non lascerebbe Marco Aurelio guardare ancora a lungo passeggini privi di quella speranza nel futuro
che sono i nostri bambini.
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Andy Garcia,
48 anni, ha recitato
ne Gli intoccabili,
Il padrino – Parte III
e Ocean’s Eleven.
Nel 2012 accetta di
recitare in Cristiada,
vestendo i panni del
generale Gorostieta,
il militare ateo che
ha guidato la rivolta
armata dei cristeros
contro la persecuzione
religiosa del governo
messicano negli anni
Venti
COPERTINA
|
DI LEONE GROTTI
Io, cattolico
a Hollywood
Sposato, quattro figli, esule cubano. Andy Garcia
racconta perché ha deciso di recitare in un film
“scomodo” come Cristiada. «Sono cosciente che
la mia vita è un dono. Come il generale Gorostieta,
credo che la libertà religiosa sia un diritto
fondamentale. Tutto il mondo dovrebbe averlo»
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9
S
posato dal 1982, quattro
figli, esule cubano, critico
del regime comunista
instaurato da Fidel Castro.
E cattolico. Quello di Andy
Garcia non è il prototipo di
curriculum che va forte a Hollywood, ma
l’attore di 48 anni non ha mai avuto bisogno di venire a patti con le sue convinzioni per avere successo. Più che la recitazione, è la carriera sportiva che attirava Garcia da giovane e la pallacanestro è lo strumento che gli ha permesso di superare le
difficoltà di ambientamento. Sbarcato a
Miami a cinque anni nel 1961, senza sapere una parola di inglese, a scuola nessuno gli ha mai reso la vita facile. Il basket
sarebbe potuto diventare il suo lavoro, se
l’epatite e la mononucleosi non avessero stroncato la sua carriera alla fine delle
scuole superiori. Senza quella malattia,
però, Garcia non avrebbe mai cominciato
a recitare e due registi come Brian De Palma e Francis Ford Coppola non lo avrebbero mai scritturato per una parte ne Gli
intoccabili e Il padrino – Parte III.
Avventuratosi a Los Angeles nel 1979
per intraprendere la carriera di atto-
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re, Garcia ha subito dimostrato di avere un’identità molto forte. Il fascino era
uno dei suoi punti di forza ma non amava spogliarsi. Così, quando durante uno
dei suoi primi provini gli è stato chiesto
di togliersi la camicia, se ne è andato sbattendo la porta senza pensarci troppo. La
faccia da italo-americano e la voce profonda lo hanno reso perfetto per impersonare trafficanti di eroina, poliziotti e mafiosi. Ma anche all’apice del successo dopo la
candidatura all’Oscar e l’azzeccata interpretazione in Ocean’s Eleven, non ha mai
dimenticato le sue origini. «Io sono un
esule cubano – dichiara in un’intervista
esclusiva a Tempi in occasione della prima italiana del film Cristiada (For Greater Glory) – e sono cattolico. Queste cose
fanno parte della mia vita e per me non
è difficile viverle a Hollywood come in un
qualunque altro posto».
Garcia non è di molte parole ma per
lui parlano i fatti: quando avrebbe potuto consacrarsi con pellicole semplici e
disimpegnate, ha deciso nel 2005 di mettersi dietro alla cinepresa per girare il
suo primo lungometraggio, The Lost City,
ambientato nella sua città natale, L’Ava-
na, durante la rivoluzione castrista. Nel
2012, «affascinato da un momento della
storia messicana di cui conoscevo molto
poco», ha accettato di recitare in Cristiada, vestendo i panni del generale Enrique Gorostieta Velarde, il militare ateo
che ha guidato la rivolta armata dei cristeros contro la persecuzione religiosa del
governo messicano negli anni Venti.
Andy Garcia, il generale Enrique Gorostieta è un personaggio controverso
e impegnativo. Perché ha accettato di
interpretarlo?
Lo sviluppo emotivo di Gorostieta era
davvero attraente per me come attore.
Lui non è un uomo religioso ma crede
nel diritto alla libertà religiosa, un diritto che tutto il mondo dovrebbe avere. Ci
sono due motivi per cui decide di partecipare a una battaglia di cui inizialmente non condivide gli ideali: in parte lo fa
su incoraggiamento della moglie, che era
molto devota, e in parte per sé.
Prima di entrare in guerra dalla parte
dei cristeros, Gorostieta confida a un
amico in divisa: «Un uomo che vive di
ricordi è già morto».
È esattamente questo. Il mio perso-
COPERTINA PRIMALINEA
IL PRODUTTORE PABLO JOSé BARROSO
«Anche oggi dobbiamo batterci
per ciò in cui crediamo»
GARCIA: «GOROSTIETA MI PIACE PERCHé
MENTRE COMBATTE LA SUA GUERRA
PER LA LIBERTà RELIGIOSA SI LASCIA
IMPRESSIONARE DALLA PASSIONE DEI
CRISTEROS. LA SUA VITA VIENE CAMBIATA
DA UN BAMBINO DI 14 ANNI (JOSé, POI
BEATIFICATO DA BENEDETTO XVI NEL 2005)
CHE SACRIFICA LA SUA VITA PER LA FEDE
E CHE GLI FA SPERIMENTARE UNA SPECIE
DI EPIFANIA DURANTE IL CORSO DEL FILM»
naggio è un militare e accettare la proposta dei cristeros gli conviene perché è
un modo per tornare sul campo di battaglia e rientrare in un mondo che si era
lasciato alle spalle. Gorostieta aveva infatti una storia personale di grande successo, soprattutto nella guerra contro il politico e rivoluzionario Zapata.
Cosa la colpisce di questo personaggio?
Mi piace perché mentre combatte la
sua guerra per la libertà religiosa, si
lascia ispirare e impressionare dalla passione dei cristeros, che sono veri credenti. La sua vita viene cambiata soprattutto
da un bambino di 14 anni, José (beatifica-
«Chi sei tu se non ti batti per ciò in cui credi?». È
questo il messaggio che un anziano sacerdote, prima di essere
fucilato dai soldati del governo Calles, ha lasciato al giovane
José, che a 14 anni ha dato la vita per Cristo come tanti altri
cristeros durante le persecuzioni anti cattoliche degli anni
Trenta in Messico. Ma questo è anche il messaggio che il produttore di Cristiada, Pablo José Barroso, vorrebbe che i suoi
spettatori trattenessero dalla visione del film: «Io spero che la
gente esca dalle sale con la percezione di aver visto un ottimo
film – dichiara a Tempi – ma anche con la consapevolezza che
bisogna combattere per ciò in cui si crede». Imprenditore edile
messicano, Barroso produce film dal 2005. Alla fine del 2008
ha iniziato a lavorare a Cristiada: «Io sono stato cresciuto
come cattolico ma non sapevo niente di questo periodo della
storia del mio paese, al pari del 70 per cento dei messicani.
Quando sono venuto a conoscenza della vita di questi eroi, che
hanno cambiato totalmente la storia del Messico e di questo
continente, ho pensato che dovevo raccontarla con le migliori
tecnologie a disposizione».
Uscito in Messico nel 2012, il film è stato un successo: «Non
so quanta gente dopo averlo visto mi ha detto: “Ho letto molti
libri sulla storia del Messico e non ne sapevo niente. È davvero
incredibile”». Eppure Barroso ha dovuto faticare per distribuire
il film, che in America («e non solo») è stato soggetto a una
vera e propria «censura»: «Abbiamo lavorato duramente con
i migliori storici ed esperti per avere la sceneggiatura il più
fedele possibile a quanto avvenuto. Sfortunatamente questa è
una pellicola che la distribuzione non vuole che la gente veda,
anche se ha tutte le carte in regola: ottimi attori, come Eva
Longoria e Andy Garcia; eccellenti professionisti, come Dean
Wright, che ha lavorato a Titanic e al Signore degli anelli.
Nonostante questo, non ci hanno permesso di distribuirlo negli
usuali tempi commerciali».
Il film ha molto da insegnare anche oggi: «L’uomo ha la memoria corta e si dimentica di quanto successo in passato. Oggi la
fede è di nuovo in pericolo e non solo in Iraq. Anche negli Stati
Uniti si cerca di imporre un pensiero unico dicendo alla gente
cosa pensare e ciò in cui credere. Penso al valore della vita.
Io spero che la gente impari a battersi come i cristeros, che
hanno difeso la loro fede al grido di “Viva Cristo re”. Solo così
quanto successo in Messico non si ripeterà più».[lg]
to da Benedetto XVI nel 2005, ndr), che
sacrifica la vita per la fede e che gli fa sperimentare una specie di epifania religiosa
durante il corso del film.
La storia di Cristiada è vera ma è praticamente sconosciuta a tutti, persino
in Messico.
Abbiamo dovuto fare ricerche molto
impegnative per realizzare questo film.
Abbiamo capito che persino in Messico
questa parte di storia è ancora un tabù
e pochissimi la conoscono. Il produttore
José Pablo Barroso è messicano e credo
che abbia deciso di raccontarla proprio
per renderla nota e per ricordare quelle
persone che hanno dato la propria vita
per la libertà.
La persecuzione dei cattolici non è un
tema molto in voga. Eppure dovunque
sia stato distribuito il film ha riscosso
un grande successo. Come mai?
In Messico il film è stato un successo strepitoso e ha sempre fatto registrare il tutto esaurito. Negli altri paesi forse è stato un po’ boicottato ma è andato
ugualmente benissimo e non mi sorprende. Il film ha una struttura classica e ricalca quella di molte storie epiche dove viene inscenata la lotta per la libertà. I valori
e le immagini della pellicola sono mol|
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DOVE VEDERE IL FILM
AL CINEMA CON TEMPI
Un test importante
Dominus Production e Tempi
vi invitano alla visione di
Cristiada. Il film di Dean
Wright esce per la prima
volta doppiato in lingua italiana. Sono 9 le città scelte da
Dominus Production per il lan-
cio. Un test importante, il cui
buon esito aiuterà a distribuire il film in altre città italiane.
I biglietti per assistere alla
proiezione sono acquistabili
sui siti dei cinema che proietteranno il film o in biglietteria.
Chi avesse interesse ad
organizzare delle visioni oltre
to forti e credo che la gente sia sempre
curiosa verso i drammi della storia. Questo film, inoltre, è stato girato in modo
eccellente, è godibile da vedere, è interpretato da ottimi attori. Insomma, penso che quando si realizza un buon film la
gente accorre sempre.
Che effetto le ha fatto “guidare” un
esercito pronto a dare la vita per la libertà religiosa?
La storia ci ha mostrato tante volte
delle persone disposte a sacrificare tutto.
In questo caso si parla di libertà religiosa,
che è un valore ancora più grande degli
altri perché quando non c’è la libertà religiosa non può esistere nessun altro tipo
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a quelle in programma, può
contattare il distributore al
sito www.cristiada.it.
LE DATE
Da Milano a Napoli
Milano dal 15 ottobre (Uci
Bicocca); Torino dal 16 ottobre (Uci Lingotto); Bologna
di libertà. A volte però il prezzo da pagare
è drastico. Questo è il tema del film.
Cristiada uscirà in Italia il 15 ottobre, in
un momento in cui la persecuzione religiosa dei cristiani è un tema di grande
attualità.
Questo film è universale e anche se
non era il suo obiettivo specifico, illumina tutti i casi attuali di persecuzione. Parla del Messico ma battersi per i propri
diritti è un concetto valido a ogni latitudine. La libertà religiosa, come quella di
parola, è un diritto fondamentale e noi
siamo molto fortunati a poterne godere.
Oggi non dovremmo prendere con leggerezza queste libertà perché ci sono molti
dal 21 ottobre (Odeon);
Firenze dal 24 ottobre
(Odeon); Ferrara dal 27
ottobre (Apollo); Padova dal
28 ottobre (Multisala Porto
Astra); Napoli dal 29 ottobre
(Modernissimo); Genova dal 4
novembre (Sivori); Roma dal
5 novembre (Fiamma).
paesi al mondo dove alla gente sono state portate via.
Parla della sua terra d’origine?
Io vengo da Cuba e la mia è una famiglia di esuli. Quando penso al mio paese, che vive sotto un regime e non gode
di nessuna libertà, provo un grande dolore e un’immensa tristezza. Nel mio cuore c’è sempre una ferita, il mio legame
spirituale con Cuba non potrà mai spezzarsi perché conosco bene le sofferenze
che la mia gente patisce da cinquant’anni. Spero e prego che presto o tardi possa tornare libera.
È difficile scegliere di recitare in un film
come Cristiada? Oggi i cattolici non
COPERTINA PRIMALINEA
Un esercito di zotici
dalla fede granitica
Così villani, contadini, artigiani armati più di rastrelli
che di fucili, riuscirono a tenere testa alle forze
del governo messicano. Al grido «Viva Cristo re»
|
DI EMANUELE BOFFI
I
sono molto ben visti: non si rischia di
essere etichettati a Hollywood?
Per me non è affatto complicato vivere rimanendo me stesso. Ho avuto una
vita benedetta e non la trovo per niente
difficile. Soprattutto quando penso alla
gente della mia terra d’origine, mi rendo conto che la mia vita è un dono e ne
sono cosciente in ogni momento. Essere
un esule fa parte della mia esistenza, così
come il cattolicesimo, la religione nella
quale sono stato cresciuto. E per me non
c’è niente di difficile nell’essere cattolico a Hollywood, come in qualsiasi altra
parte del mondo. Questo almeno è quello che penso. n
Cristiada (For Greater Glory) è quello di narrare un
evento altrimenti sconosciuto come
la rivolta del popolo cattolico contro le
leggi del governo messicano negli anni
Venti. In realtà, forti limitazioni del culto e della libertà religiosa erano iniziate nel 1914 quando l’esecutivo aveva già
cominciato a perseguitare il clero e a limitare i riti. Fu però il 14 marzo 1926 che la
repressione dell’esecutivo guidato dal presidente Plutarco Elía Callés, detto “El turco”, insignito di prestigiose medaglie dalle logge massoniche, ebbe il suo apice.
Callés, rivoluzionario filosovietico, in un
paese in cui la percentuale dei cattolici
era del 95 per cento, fece espellere i sacerdoti nati all’estero, chiuse le scuole, gli
ospedali, gli ospizi, gli orfanotrofi cattolici, nonché i seminari i cui studenti furono deportati. Abolì molte diocesi e ogni
manifestazione pubblica della fede (persino farsi il segno di croce era rischioso).
Il film di Dean Wright narra la vicenda a partire da questo momento e di ciò
che accadde nel paese nei tre anni successivi. È la storia di come un’élite di intellettuali, sacerdoti e laici diede vita il 14
marzo 1925 alla Lega Nazionale per la
Difesa religiosa che, dopo gli innumerevoli e vani tentativi di trovare un accordo
col presidente, escogitò altri stratagemmi non violenti per opporsi alle sue leggi. Dapprima con una petizione, poi con
un boicottaggio delle banche e di tutti i
prodotti di Stato che ebbe notevoli effetti (la Banca di Tampico e la Banca inglese fallirono), ma che non fermò le violenze di Callés e dell’esercito. Fu allora che
il Messico insorse e accanto a quell’élite
si schierò un popolo che chiedeva solo di
poter continuare a professare la propria
fede. Questo nel film è mostrato con dovizia di particolari storicamente documentati. Villani, contadini, artigiani equipaggiati inizialmente più di rastrelli che di
fucili, riuscirono nell’insperata imprel grande merito di
sa di tenere testa a una forza governativa
militarmente organizzata.
L’esercito dei cristeros era un ben strano esercito. Armati di pistole e croci, si
lanciavano in battaglia all’urlo «Viva Cristo rey», parole che apparivano anche sul
loro vessillo accanto all’immagine della
Madonna di Guadalupe. Gli storici raccontano che questi zotici dalla fede granitica erano soliti organizzare Messe e confessioni tra una battaglia e l’altra, dandosi il cambio quando erano di vedetta in
modo che ognuno potesse dedicare qualche ora all’adorazione eucaristica. I cristeros si facevano il segno della croce prima
di ogni scontro e si salutavano così: «Preghiamo per noi e per essi».
Il più grande seminario del mondo
Questo è un particolare rivelatore dell’animo dei cristeros: non combattevano un
regime per imporne un altro. La loro non
fu una battaglia rivoluzionaria per rovesciare un potere e sostituirlo. La loro fu
una guerra per poter continuare a professare pubblicamente quello che erano: cattolici. Tant’è vero che, quando nel 1929 si
arrivò a un accordo per il cessate il fuoco, i cristeros, in obbedienza alla Chiesa
di Roma, deposero malvolentieri le armi,
ben sapendo, come poi accadde, che il
governo avrebbe ricominciato a impiccarli ai pali delle luce.
Nella pellicola è mostrata la figura di
José Luis Sánchez del Rio, che a 14 anni
divenne portabandiera dei cristeros. Catturato e torturato, José si rifiutò di pronunciare la frase: «Muerte a Cristo rey».
Ucciso il 10 febbraio 1928 mentre urlava «viva Cristo rey» è stato beatificato nel
2005 da papa Benedetto XVI. Il luogo in
cui si tenne la cerimonia è Guadalajara,
la città più perseguitata del Messico. Tertulliano ha scritto che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Oggi a Guadalajara c’è il più grande seminario del
mondo, con oltre 1.200 seminaristi.
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boris
godunov
DAVANTI AL REPORTAGE “FIABESCO” DI SKY
Il totalitarismo
dell’Isis ha un fascino
come ce l’ha l’abisso
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DI renato farina
L
a réclame era perfetta. “Dentro l’Isis” era stato annunciato come «l’eccezionale reportage di Vice News che Sky TG24 HD
propone in esclusiva televisiva e che è stato realizzato all’interno dello Stato Islamico, il gruppo terrorista che sta sconvolgendo l’Occidente e che in pochi mesi ha conquistato un territorio di
circa 100 mila chilometri quadrati da Raqqa a Mosul, con sempre più imponenti ambizioni di espansione. Il reportage è l’unico
documento girato all’interno dell’Isis, al seguito dei guerriglieri
dell’organizzazione terroristica più temibile al mondo». Nella sovrabbondanza di immagini di orrore, la vita quotidiana dell’Isis.
Che faccio? Guardo. Di più: mi ci butto.
Dopo non ne ho più sentito parlare. Non so perché. Io avrei
molto da dire. Infatti qui lo scrivo.
Il film documenta un mondo fiabesco. Lo so che non si dovrebbe dire, ma è così. Funziona tutto. Il tribunale giudica in
fretta, e severamente. I ladri, via la mano. Le cause civili, risolte in un battibaleno.
Il capo gira armato per Raqqa, sorride, ferma chi gli pare un
po’ sbronzo, rimprovera il marito di quelle donne che sono tutte coperte di nero, ma lasciano intravvedere uno scampolo di
colore. Gli dice: «Sei un musulmano, la donna è tua, perché la
devi lasciar godere a un altro?».
C’è qualche problema. I cristiani ad esempio. Ma lo si risolve
in fretta. Il Corano prescrive che hanno due scelte: convertirsi
alla vera religione, oppure pagare una tassa e restare lì, naturalmente con la N di Nazareno sul muro, per chiarezza. La chiesa
degli armeni è stata privata della croce, trasformata in un centro culturale islamico, dove si insegna la sharia, la legge di Dio.
Non è però un mondo seduto, un islam borghese e acquietato. C’è roba forte: la missione. E la missione è guerra. Tutto ciò
viene detto con forza ma una forza tranquilla.
Non si sentono i suoni gutturali, mancano le aspirate arabe
che fanno stringere il fiato in bocca a gente con il turbante e il
mitra, il doppiaggio ci introduce come ospiti in quel mondo. I
bambini desiderano solo diventare come il barbuto cicerone di
questo paradiso in terra, pronti a far fuori tutti, per espandere il
giardino del bene. Si vede un uomo crocifisso, lo fanno passare
per un assassino punito, ma forse è un cristiano. C’è anche bon-
GUARDANDO QUEL
DOCUMENTARIO HO CAPITO
CHE AVEVA RAGIONE
ORIANA FALLACI: Loro
sono più forti di noi,
che non amiamo più
il suono delle campane
E nulla ci è caro
al punto di morirne
tà però. Obbligatoria per legge. I ricchi a malincuore sganciano
dollari per le famiglie in difficoltà. Eccetera eccetera.
Capisco perché il Califfo ha consentito questo reportage. Il
totalitarismo ha un fascino come ce l’ha l’abisso. La decapitazione cattura la gente malata, vogliosa di sbudellamenti. Ma l’ordine identitario sembra molto meglio dell’insicurezza totale, del
buio del nichilismo. Coltivano la morte, nell’Isis (Stato islamico
di Iraq e Siria), ma anche l’Occidente la coltiva. Perché dovrebbe
essere meglio da noi? Sono certo che se ci sono stati ragazzi un
po’ turbati in ascolto, di famiglie islamiche di prima o seconda
generazione, ma anche no, semplici ragazzi e ragazze frustrati dal niente gonfiato in forma di sesso e sballo, la preferenza
istintivamente sarebbe andata a quel mondo. Dove vita e morte
hanno colori vividi. Meno noia.
Ho scritto queste cose molto spaventato di quel che andavo
compitando. Spero sia utile. Ho capito che aveva ragione Oriana Fallaci. Loro sono più forti di noi, che non amiamo più il
suono delle campane, nulla ci è caro al punto di morirne. Ed
ha ragione il vecchio e ormai demodé cardinale Giacomo Biffi
che profetizzò: «Questa “cultura del niente” (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’islam, che non mancherà: solo la
riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per
l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».
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INTERNI
PROCESSO ALLA CONSULTA
Il potere degli
uomini d’oro
A cosa servono i referendum se poi ci sono tredici giudici
che s’incaricano di “coscientizzare” il popolo sui suoi
diritti, sostituendosi alle sue scelte e pure a quelle
del parlamento? Chi sono, quanto guadagnano e quali
sono i benefit dei membri della Corte Costituzionale
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DI RODOLFO CASADEI
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| Foto: Infophoto
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INTERNI PROCESSO ALLA CONSULTA
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al Corriere della Sera. La sentenza di due
anni fa con cui la Corte dichiarò incostituzionali i provvedimenti del governo che
avrebbero ridotto gli stipendi dei suoi giudici, la prassi di nominare presidente il
giudice più vicino all’età pensionabile, col
bel risultato di produrre una schiera di ex
presidenti che si godono pensioni d’oro
guadagnate con pochi mesi di carica presidenziale, la creatività giuridica con cui la
Corte non si è limitata a cassare, tardivamente, il Porcellum ma ha prodotto con la
sua sentenza un diverso sistema elettorale,
proporzionale anziché maggioritario, senza avere i titoli per farlo: no, tutte queste
cose non hanno danneggiato l’immagine
della Corte Costituzionale agli occhi degli
italiani. Trattasi solo di «retorica anti-istituzionale», «cattiva e ingiusta considerazione», scuote le spalle Tesauro.
A destra, Palazzo
Consulta, dal 1955 sede
della Corte Costituzionale.
Piazza del Quirinale, Roma
presidenti nei primi 36 anni della sua esistenza, cioè quasi uno ogni due anni fino
al 1992; dopo quella data ne ha avuti 21 in
22 anni, cioè quasi uno all’anno! La Costituzione, che gli ermellini di Palazzo della
Consulta dovrebbero tutelare, all’articolo
135 recita: «La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile». Dunque si auspicavano presidenze almeno
triennali. Invece… La giustificazione ufficiosa dell’alto turn-over è che si vuole evitare di creare conflittualità all’interno della Corte con vere competizioni, che darebbero vita a campagne elettorali fra i giudici
e alla fine produrrebbero vincitori e vinti.
«Questa giustificazione è discutibile. Eleggere presidenti che restano in carica per
Il confronto vergognoso
Cominciamo dalla questione delle presidenze “facili”. «È una cosa indecente che
continuino a eleggere a quel
posto il giudice più prossiDAL 1992 FINO A OGGI LA CORTE
mo alla pensione, sono dieITALIANA
HA AVUTO 21 PRESIDENTI,
ci anni almeno che la stamLA
CORTE
SUPREMA AMERICANA
pa ha portato a conoscenza
di tutti il problema, ricordo
SOLTANTO DUE. LA COSTITUZIONE,
un editoriale di Ernesto GalCHE GLI ERMELLINI DOVREBBERO
li Della Loggia sul Corriere
TUTELARE,
AUSPICA CHE LA CARICA
un decennio fa, e non è cambiato nulla», commenta MasDEL PRESIDENTE DURI TRE ANNI
simo Bordin, già direttore di
Radio Radicale, che ha risollevato la que- breve tempo in realtà è dannoso per il funstione sulle pagine del Foglio qualche set- zionamento della Corte: qualunque istitutimana fa. «Dal punto di vista legale non si zione, per funzionare, ha bisogno di conpuò fare nessun ricorso. Tranne il ricorso tinuità», commenta Mauro Ronco, ordinaall’opinione pubblica. Non dico che si deb- rio di Diritto penale all’Università di Padoba fare come negli Stati Uniti, dove il pre- va. «La scelta del presidente di un orgasidente della Corte Suprema resta in cari- no così importante dovrebbe essere legata
ca a vita, ma un’elezione vera, e con mec- interamente al merito e alla capacità orgacanismi trasparenti di verifica delle com- nizzativa del soggetto. Non dovrebbe dare
petenze dei candidati, sarebbe bello poter- adito a sospetti di spirito di approfittamento, che è ahimè diffuso nella Pubblica
la avere».
Già, gli Stati Uniti. Se prendiamo come Amministrazione italiana». «Quella di voleriferimento la data di Tangentopoli, il 17 re tenere basso il tasso di conflittualità fra
febbraio 1992, scopriamo che da allora i giudici è una spiegazione che non conad oggi la Corte Costituzionale italiana vince», chiosa Alfredo Mantovano. «Tesauha avuto 21 presidenti, la Corte Suprema ro è stato eletto con un solo voto di scarto,
americana solo 2. Entrata in funzione l’1 le divisioni ci sono state». «Io credo che più
gennaio 1956, la Corte italiana ha avuto 17 che al trattamento pensionistico da ex pre-
Foto: AP/LaPresse
S
Censis
“Diventare genitori oggi”,
presentata alla Biblioteca
del Senato settimana scorsa, il 60 per cento degli italiani è contrario alla fecondazione assistita eterologa. Invece secondo
il presidente-per-soli-tre-mesi-poi-andrà-inpensione della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro è proprio grazie alla sentenza della Consulta che ha spazzato via
questo contenuto qualificante della legge 40 sulla procreazione artificiale che in
Italia «il tasso di civiltà giuridica è cresciuto». Tanto peggio per la maggioranza degli
italiani in carne e ossa, che i giudici della
Corte hanno spintonato fuori dalla legalità
costituzionale del loro paese, neanche fossero una manica di nostalgici del fascismo
o di brigatisti rossi.
«Mi ricorda il modo di ragionare dei
comunisti al tempo della rivoluzione»,
commenta Alfredo Mantovano, magistrato della Corte d’Appello di Roma e in passato parlamentare due volte sottosegretario agli Interni. «Ai quei tempi si diceva:
la classe operaia è il soggetto rivoluzionario, ma non ne ha coscienza, la coscienza
gliela deve dare il partito, anzi, l’avanguardia del partito. Tesauro ragiona nello stesso modo: il popolo ha dei diritti dei quali
però non ha preso coscienza, tanto è vero
che quando viene sottoposta a referendum la legge 40 che conculca quei diritti,
il popolo dice che gli va bene, e fa fallire il
referendum che la voleva modificare. Per
fortuna però c’è la Corte Costituzionale,
che s’incarica di coscientizzare il popolo
circa i suoi diritti, sostituendosi alla scelta
del parlamento e a quella del popolo attraverso il referendum».
Ma non di questo scollamento avanguardistico rispetto al popolo italiano si
preoccupa il presidente Tesauro, bensì della cattiva immagine della Corte che gli italiani potrebbero farsi a causa del fatto che
il parlamento sta impiegando troppo tempo per scegliere due nuovi giudici la cui
nomina ad esso spetta: «Lo spettacolo che
stanno dando in parlamento si riverbera in modo molto negativo sull’immagine della Corte, come se fosse diventata terreno per scorribande politiche», ha detto
econdo la ricerca del
432
MILA EURO LORDI
è lo stipendio annuo del
presidente della Corte
Costituzionale italiana,
Foto: AP/LaPresse
sidente, che è alto ma non tanto più alto
di quello di un normale ex giudice costituzionale, siano molto ambìti i benefit di cui
il presidente in pensione continua a godere», afferma Bordin.
Decisioni contro la politica
Già, i benefit. I giudici costituzionali italiani sono fra i più costosi al mondo, e fra
i più “beneficiati”. Roberto Perotti, economista della Bocconi già consulente di Fmi,
Bce, Banca Mondiale e Banca d’Italia, li ha
crocefissi in un famoso intervento dove
dimostrava che ciascuno di loro costava
alle casse pubbliche più del doppio di un
giudice britannico, e il triplo di uno statunitense. Nell’aprile scorso è entrata in
vigore un’autolimitazione degli stipendi,
e adesso un giudice costituzionale italiano mediamente prende uno stipendio che
è 1,6 volte quello del suo omologo britannico, e quasi 2,3 volte quello di un giudice
americano. Il presidente della Corte costituzionale italiana prende 432 mila euro
lordi, contro i 173 mila di quello della Corte Suprema degli Stati Uniti; un ermellino
italiano riceve 360 mila euro lordi annui,
contro i 235 mila del collega britannico.
Giuseppe Tesauro, contro i 173 mila di quello
della Corte Suprema
americana. Gli altri 12
giudici italiani guadagnano mediamente 360
mila euro lordi contro
i 235 mila dei colleghi
britannici. Un ermellino
italiano prende uno
stipendio che è 1,6 volte
dell’utenza domestica;
gratuità dei viaggi in
treno e i rimborsi per
trasferte, voli e taxi;
appartamenti di servizio
(anche per le toghe che
vivono a Roma). Una
sistemazione per alleviare le giornate lavorative
durante la pausa pomeridiana (dalle 13 alle 16).
quello del suo omologo
britannico, e quasi 2,3
volte quello di un giudice
americano.
E QUANTI EXTRA Oltre lo stipendio
Tutti i giudici dispongono di un’auto blu con
due chauffeur “personali”; cellulare e rimborso
La vera bazza, però, sono i benefit. Si legge in un servizio sull’Espresso uscito la settimana scorsa: «Tutti i giudici dispongono, in base a un regolamento interno, di
un’auto blu con due chauffeur “personali”. Solo per noleggiare le vetture e pagare
assicurazione, telepass, viacard, parcheggi
e manutenzione l’anno scorso sono stati
spesi quasi 50 mila euro al mese. Più altri
10 mila (sempre al mese) di benzina. Una
spending review, per quanto mini, è infatti arrivata anche a Corte: prima i giudici
avevano diritto all’auto blu (e agli autisti)
per tutta la vita. Dal 2011, invece, gli ex ne
hanno diritto solo per il primo anno dopo
aver finito il mandato. Il cellulare invece è
rimasto, così come il rimborso dell’utenza domestica. Se il privilegio sembra eccessivo, però, si può rinunciare a farsi pagare anche le bollette del telefono di casa.
Oltre alla gratuità dei viaggi in treno e i
rimborsi per trasferte, voli e taxi (costati
altri 10 mila euro al mese lo scorso anno),
c’è la ciliegina sulla torta: gli appartamenti di servizio, pensati anche per le toghe
che vivono nella capitale: bilocali e trilocali con servizi e cucinino, ubicati al quinto
piano del palazzo della Consulta o nell’at-
tigua via della Cordonata. Una sistemazione casa e bottega per alleviare le giornate
lavorative durante la pausa pomeridiana
(dalle 13 alle 16)».
C’è poi chi non si scandalizza per le
retribuzioni, ma per le sentenze che la
Corte emette. E non si tratta solo di cattolici indispettiti dalla disinvoltura con cui
è stato dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa. Fabrizio Rondolino, giornalista che dà il meglio di sé
su Europa e sul giornale on-line www.thefrontpage.it, non si dà pace per la vicenda del Porcellum, la legge elettorale maggioritaria a liste bloccate che la Corte ha
dichiarato incostituzionale otto anni dopo
che era entrata in vigore. «Già il percorso
attraverso cui si è arrivati alla sentenza del
dicembre 2013 è molto discutibile, perché
alla Corte possono fare ricorso solo organi
istituzionali come un Tar o un Consiglio
regionale, mentre all’abrogazione del Porcellum si è arrivati a partire dal ricorso di
un privato cittadino, che la Cassazione ha
voluto trasmettere alla Corte costituzionale», commenta Rondolino. «Ma poi è chiaro
a chi vuole capire che i giudici hanno pronunciato una sentenza non contro una
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PROCESSO ALLA CONSULTA INTERNI
legge, ma contro la politica: c’è una parte della magistratura che vuole decidere al
posto della politica. E la Corte Costituzionale si è inserita in questo trend che dura
ormai da vent’anni. La sua decisione è arrivata dopo che due parlamenti erano stati
eletti con quella legge: è una cosa che urla
contro il buonsenso. Quando poi guardiamo gli effetti della sentenza, siamo al colpo di Stato. Perché la Corte Costituzionale non può, con una sentenza, modificare radicalmente il sistema elettorale vigente, e invece è quello che è stato fatto. L’Italia ha scelto a suo tempo il sistema maggioritario, e la Corte ha imposto il ritorno
al proporzionale. Non ha annullato tutto il
Porcellum, cosa che avrebbe resuscitato il
Mattarellum, che è maggioritario. Ha prodotto un sistema diverso cancellando parti del vecchio. Questo è un colpo di Stato,
un sovvertimento delle regole democratiche realizzato in punta di diritto, seguendo tutte le norme. La Corte Costituzionale dovrebbe difendere la virtù della politica, tutelata dalla nostra costituzione, invece contribuisce a tirare palate di fango sul
sistema politico. Questa è eversione».
Da arbitri di confine a invasori
Con parole meno estreme, e riferendosi
ai contenuti dell’intervista del Corriere
a Tesauro piuttosto che alla sentenza sul
Porcellum, anche il giurista Ronco si dice
convinto che la Corte si lasci attirare dalle sirene dell’antipolitica e dalla voglia di
invasione di campo: «Per decenni la Corte Costituzionale ha rispettato la discrezionalità del legislatore, ma negli ultimi
anni ha cominciato a trascendere i suoi
compiti. Il suo compito era di interpretare la Costituzione, non di creare una nuova Carta costituzionale. È una tendenza
inaugurata dalle Corti europee, che tendono a travalicare poteri legittimi e costituiti come quelli dei parlamenti e delle costituzioni nazionali. L’intervista di
Tesauro conferma l’impressione che per
l’attuale Consulta il parlamento è un contropotere con cui si polemizza. Il parlamento non viene visto come espressione
dei cittadini, ma è espressione di politici i quali sarebbero tendenzialmente soggetti devianti. Questo non è certamen-
te un buon viatico per la collaborazione
fra le istituzioni. Anzi, l’intervista conferma l’impressione di una conflittualità fra la Corte e gli altri poteri dello Stato,
soprattutto quello parlamentare». «Sentenze come quella sull’eterologa si inseriscono nel solco di un cambiamento di
funzioni delle Corti costituzionali che è
avvenuto non solo in Italia», commenta
Mantovano. «È un fenomeno in corso da
decenni e che si è accentuato ultimamente, che vede le Corti sostituire le proprie
funzioni e le proprie decisioni a quelle di
altre istituzioni, a cominciare dal parlamento. La funzione delle Corti Costituzionali sarebbe di fare in modo che il parlamento e il governo non superino i confini
assegnati dalle leggi fondamentali. Però
da arbitri dei confini le Corti si sono trasformate in trasgressori dei confini. Non
solo la Corte italiana: la Corte Suprema in
America da tempo si comporta allo stesso modo». Cent’anni fa Lenin gridò: «Tutto il potere ai Soviet!». Oggi anziani uomini con la toga nera scandiscono: «Tutto il
potere alle Corti!». n
Bentornati
nel Far West
Non importa se si rischiano pasticci sanitari e se
i costi sono alti. Ormai la sentenza è emessa: in Italia
diventare genitori con l’eterologa è un «diritto»
R
Far West. Non può essere
diverso il titolo del film sceneggiato a colpi di sentenze dalla magistratura ordinaria e pure dai giudici della Corte Costituzionale. Nell’arco di poco
meno di dieci anni, infatti, la normativa
che regolava il campo della procreazione
medicalmente assistita è stata smantellata, col rischio di tornare al famoso Far
West della provetta che aveva preceduto il
lavoro del Parlamento. Sulla legge sopravvissuta nel 2005 al referendum abrogativo che ha registrato la più alta percentuale di astensione della storia della Repubblica sono intervenute ben 28 sentenze.
L’ultima contestazione riguarda l’articolo 4 che vieta la fecondazione eterologa e che i tribunali di Catania, Firenze e Milano, su sollecitazione di diverse coppie assistite da legali dell’associazione radicale Luca Coscioni, hanno giudicato in contrasto con l’articolo 3 della
Costituzione che proclama tutti i cittadiitorno al
ni uguali davanti alla legge. Nelle motivazioni della propria sentenza la Corte
ha di fatto affermato princìpi per niente
neutri e di sicuro problematici dal punto di vista delle conseguenze pratiche.
Perché parlare di «incoercibile» «determinazione di avere o meno un figlio» e
di «diritto a realizzare la genitorialità» e
anche di «discriminazione» nei confronti delle coppie con meno disponibilità economiche che non possono andare
all’estero a fare ciò che in Italia è vietato, significa obbligare le strutture italiane a fare l’eterologa ma senza dare alcuna indicazione su come farlo.
Il ruolo delle regioni
Il governo, messo alle strette da una
sentenza che molti commentatori hanno giudicato “creativa”, ha abbandonato l’idea iniziale di intervenire con un
decreto per fissare alcuni punti fermi e
ora si aspetta una legge. Intanto, anche
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INTERNI PROCESSO ALLA CONSULTA
se alcuni giornali festeggiano le «file
davanti alle cliniche per accedere alla
fecondazione in vitro», restano da risolvere alcuni problemi di ordine pratico con
l’inevitabile coda di perplessità etiche.
La Conferenza delle regioni ha stabilito un ticket da far pagare ai cittadini che richiedano l’eterologa, attenendosi alle modalità già in atto per l’omologa, e prevedendo tra i 400 e i 600 euro. La
Lombardia ha invece scelto di far gravare
totalmente sui cittadini il costo della prestazione. Da notare, tuttavia, che la cifra
individuata è nulla rispetto al costo che
dovrebbe sostenere lo Stato. Considerando
il numero di cicli da mettere in conto per
arrivare alla nascita del bambino (e le percentuali di successo per l’eterologa sono
più basse che per l’omologa e comunque
condizionate dall’età del
materiale genetico donaSECONDO AVVENIRE, PER CONSENTIRE L’ETEROLOGA E L’ALTO NUMERO
to nonché da quella della
potenziale gestante), Avve- DI CICLI CHE RICHIEDE PER ARRIVARE ALLA NASCITA DEL BIMBO,
nire ha calcolato che lo LO STATO DOVRÀ INTERVENIRE CON CIRCA 14 MILA EURO A COPPIA
Stato dovrebbe intervenire
con circa 14 mila euro a coppia.
ti prima della sentenza della Consulta e to e mettere in grado le coppie giovani di
In attesa di una legge elaborata dal conservati nei vari centri non sono uti- avere figli».
Intanto fanno riflettere l’esempio e i
parlamento, la conferenza delle Regio- lizzabili per almeno altri sei mesi, perni ha individuato alcuni punti fermi ché non sono stati sottoposti ai test di casi limite che si verificano all’estero in
nell’erogazione del servizio. A comincia- sicurezza per accertare varie patologie, paesi che già da tempo ammettono l’etere dall’anonimato da garantire ai dona- tra cui l’Hiv». Secondo, come ha detto rologa. È il caso della Danimarca, dove,
tori, il divieto di loro retribuzione econo- al Corriere della Sera Edgardo Somiglia- come ha ricordato l’onorevole Eugenia
mica, la limitazione della pratica a cop- na, responsabile del centro di procrea- Roccella (Ncd) sottolineando la necessipie sposate o conviventi di sesso diverso, zione medicalmente assistita della fon- tà di un registro nazionale dei donatoil divieto di scegliere il colore degli occhi dazione Ca’ Granda-Policlinico di Mila- ri, ha fatto scalpore il caso dell’anonimo
dei bambini, ma la possibilità di indivi- no, gli ovociti sovrannumerari (ossia pro- donatore 7.042, da cui sono nati circa 100
duare un fenotipo coerente a quello della venienti dall’avanzo di precedenti cicli bambini, che ha trasmesso ai figli il gene
coppia per non comprometterne il «pro- di Fecondazione in vitro), quand’anche di una gravissima e incurabile malattia,
getto riproduttivo di genitorialità».
venissero donati, in genere provengo- la neurofibromatosi. Anche la questione
no da donne non giovanissime e dun- dell’anonimato ha creato grattacapi fuoLe derive possibili
que «non sono sempre di alta qualità». ri dai nostri confini: paesi che lo hanno
Tra le questioni aperte, e che inevitabil- Il medico invita a incoraggiare una «cul- abolito (come la Svezia) hanno conosciumente influenzano la possibilità degli tura della donazione», a tenere presente to un crollo delle donazioni. Quale uomo
ospedali pubblici di offrire davvero l’ete- «il rischio di una deriva commerciale» e è disposto ad assumersi il rischio di venirologa alle coppie che lo richiedano, c’è osserva che «invece di propagandare l’ete- re un domani rintracciato dai figli nati dal
la scarsità di gameti. Primo perché, come rologa in età avanzata bisognerebbe fare proprio seme ma non in alcun modo desiha scritto ancora Avvenire «i gameti dona- campagne per sottolineare questo concet- derati come figli? [lb]
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INTERNI
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da cellula ad atomo della società
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DI ROBERTO VOlPI
Il tempo
dell’amore
è grigio
In un decennio è crollato del trenta per cento
il numero delle coppie giovani con almeno
un componente sotto i 35 anni. Colpa (anche)
di un mercato del lavoro ingessato che tutela
solo gli anziani. Avanti così chi farà ancora figli?
Foto: Ansa
S
concertati.
Non credo ci sia vocabolo che rende meglio lo stato d’animo che ci afferra alla bocca dello
stomaco nel momento in cui, dopo un po’
di interrogazioni e calcoli, ricaviamo dal
meritorio data-base dei dati del censimento dell’Istat – ora online – la duplice conclusione che l’universo delle coppie italiane (tutte le coppie: sposate e di fatto, con
e senza figli) è caratterizzato da questi
due parametri: (1) la percentuale di coppie in cui il componente di riferimento
(una volta il capofamiglia) ha meno di 35
anni è uguale al 7,9 per cento delle coppie, ovvero ad appena una coppia su 13;
(2) il numero delle coppie in cui il componente di riferimento ha 65 e più anni
risulta più grande di quasi quattro volte
il numero delle coppie in cui il componente di riferimento ha meno di 35 anni.
Rispetto all’ultimo censimento le
cose sono, sotto questo profilo, peggiorate. Come del resto già erano peggiorate nel decennio precedente e in quello precedente ancora. Giacché lo scontro
al riguardo è in pieno svolgimento non
fa male annotare come uno – il nostro –
tra i mercati del lavoro più discriminatori e ingessati del mondo (garanzie per
gli insider, zero per gli outsider; premi
e avanzamenti unicamente o quasi collegati all’anzianità; personale della pubblica amministrazione imbarcato, come
primo e più decisivo criterio, secondo
l’appartenenza politica) abbia con ogni
evidenza dato il suo non marginale contributo, in decenni, affinché a questo si
arrivasse: alla sostanziale sparizione perfino di quelle coppie giovani che solo
con un po’ di buona volontà si possono
considerare tali. E qui si parla, ripeto a
scanso di equivoci, di coppie nel sen|
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INTERNI da cellula ad atomo della società
so più lato. Sposate e non. Con figli e
non. Insomma, tutte. Che son diventate,
in Italia, roba da mezza età o da vecchi,
come dimostra ad abundantiam il fatto
che ci sono quasi quattro coppie dove il
componente di riferimento ha 65 e più
anni per ogni coppia dove quel componente non arriva a 35 anni. Un disastro
di proporzioni inenarrabili.
Ma torniamo alla questione della
pressoché completa scomparsa delle coppie giovani, crollate del 30 per cento –
dicasi il 30 per cento – tra il censimento del 2001 e quello del 2011, in concomitanza col deciso aumento delle coppie in cui entrambi i componenti hanno
oltre 65 anni. Che ne è dei figli in un universo a tal punto vecchio e sclerotizzato?
Insomma, chi li farà più i figli nel nostro
paese, se le coppie che potrebbero farli
sono sempre di meno? Che l’interrogativo sia drammatico, tanto più in un’Italia
ch’è tra i paesi più vecchi e meno fecondi del mondo, lo dimostra il fatto che nel
e a fare figli. Qualche beneficio in questo senso sì avrà pure, intendiamoci, ma
con un universo di 14 milioni di coppie
come quello delineato si farà sentire assai
debolmente in termini di ripresa delle
nascite e di ringiovanimento della società nel suo insieme.
Lo stato sociale alle corde
Il punto da introiettare bene è infatti queSe un figlio può bastare
sto: la crisi economica attuale rappresenta un’aggravante, non certo la causa scaAggravato – è sempre possibile aggravatenante di quel che siamo diventati, vale
re anche il peggiore dei disastri – da due
a dire la nazione al mondo più povera
elementi. Vale a dire l’assoluta – non reladi bambini. Basta, a dimostrarlo, il fatto
tiva, assoluta – scomparsa delle coppie
che ci troviamo all’interno di un
che davvero si possono definire
trend di bassa, bassissima fecona buona ragione giovani, quelle
la crisi economica attuale
dità da quattro decenni – non
il cui componente di riferimento non arriva a 25 anni, finite a
rappresenta un’aggravante, da quattro anni – a questa parte. Se non ci sono coppie giovarappresentare lo stento di 4 copnon la causa del fatto che
ni in proporzioni minimamenpie su mille e il numero medio
sufficienti è in effetti ben difdi figli per coppia, precipitato a
siamo la nazione al mondo più te
ficile sperare in una ripresa di
quota uno. Dunque in quest’Itapovera di bambini. infatti
nascite e fecondità. D’altro canlia che sta collassando su se stesto, avanti di questo passo temsa, le coppie hanno in media un
siamo in un trend di bassa
po due-tre decenni non sapremo
figlio. Valore che al Nord è 0,9 e
che non arriva neppure a tanfecondità da quattro decenni come tenere in piedi non dicasi lo stato sociale, non dicasi il
to in una grande regione come
la Toscana – regione laica e secolarizza- 2013 abbiamo toccato il minimo storico welfare ma lo Stato in quanto tale. Tanta per definizione dove trovare una cop- delle nascite – 514 mila, la metà di quel- to per capirci, a Cagliari come a Trieste
pia giovane è ancora più raro e dove ci le raggiunte nel 1964 (quando pure gli ci sono 8 anziani ultrasessantacinquenni
sono la bellezza di quasi 5 coppie con per- anni erano, ricordate?, rivoluzionari per per ogni bambino fino a cinque anni non
sona di riferimento di 65 e più anni per antonomasia) – e che nel corrente anno compiuti d’età; mentre a Genova gli abiogni coppia con persona di riferimento 2014 stiamo viaggiando addirittura sot- tanti di 80-89 anni quasi pareggiano queldi meno di 35 anni. Un immenso reuso- to quel minimo, cosicché abbiamo una li di 0-9 anni. Ci stiamo sclerotizzando a
rio, come da quelle parti (che sono anche buona probabilità di stabilire un nuovo vista d’occhio, come popolazione e come
le mie parti) chiamavano gli ospizi per record al ribasso. Non sembrano render- paese. E stiamo a raccontarcela sull’artivecchi d’una volta. E dove hanno pensa- sene bene conto tutti coloro – e sono una colo 18? Se nel “sistema Italia” non si inseto bene, per non scontentare la platea dei schiera, tra cui il fior fiore dei sociologi riscono a tutta velocità elementi di elastidirigenti nella attribuzione delle compe- – che vedono questi risultati strettamen- cità, dinamismo, gusto per l’impresa e la
tenze durante l’ultima riorganizzazione te connessi alla crisi economica in atto, vita, e pure per l’imprevisto e il rischio,
regionale (stanno sempre a scomporre e come se a nient’altro fossero da addebi- non c’è futuro possibile. Quattro decenricomporre, compattare e smembrare di tarsi che ad essa. Magari fosse. Passata la ni all’insegna del più burocratico ed elenuovo: come in pressoché tutte le regioni, crisi (e passerà pure, di questo non è leci- fantiaco incedere questo hanno prodotsia chiaro), di dividere le politiche della to dubitare; semmai dei tempi necessari to: che siamo alle porte coi sassi, vecchi,
famiglia da quelle per i bambini e i mino- a un tale superamento) ecco che le per- soli e avviati, se non ci sbrighiamo, a una
sone riprenderebbero a costituire coppie decadenza irreversibile. ri. E se non è un capolavoro questo.
n
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Se la famiglia
diventa una tana
Ieri era la squadra con cui tentare di lasciare
un’impronta nel mondo, oggi è minacciata
dall’individualismo. L’analisi di Roberto Volpi
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DI LAURA BORSELLI
M
eno matrimoni, meno figli, nuclei
famigliari più numerosi ma più
piccoli ed enormemente più
deboli. Nella sua disamina dello stato di
salute della famiglia contemporanea lo
statistico Roberto Volpi non scopre certo
malattie nuove, ma ne individua le cause in maniera non scontata. A cominciare dalla crisi economica, che per Volpi è
un fattore aggravante ma non scatenante. Se ci sposiamo a trent’anni abbondanti, se facciamo figli quando la natura sarebbe meno propensa a permettercelo, se i nostri bambini sono figli unici, se le nostre case sono una tana sempre
meno affollata invece che il punto di partenza per essere creativi nel mondo, non
è solo perché la disoccupazione galoppa
e le tasse ci tolgono il fiato. Se accade tutto questo, sostiene Volpi, è perché da tempo la famiglia ha smesso di essere un fattore del nostro successo, anche come paese, per rimanere un peso, una palla al piede, un ostacolo alla realizzazione personale dei suoi componenti. «Una famiglia
sulle spalle e non alle spalle», dice lo statistico nel suo ultimo lavoro da poco uscito per Vita e pensiero La nostra società ha
ancora bisogno della famiglia? La scelta
di dare vita a un progetto del genere arriva tardi temporalmente perché è concet-
tualmente percepita come secondaria. E
anche perché fattori di indiscussa positività come l’allungamento dell’aspettativa
media di vita e la maggior scolarizzazione creano l’illusione che certe scelte siano
a tal punto rimandabili che spesso il famigerato momento giusto non arriva mai.
I fasti demografici e lo sgabello
Il momento di gloria della famiglia italiana si verifica tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Settanta, con
tassi di nuzialità che non scendono mai
sotto i sette matrimoni ogni 1.000 abitanti (contro i 3,5 di oggi). «La famiglia tradizionale – scrive Volpi – ha avuto più successo nei “rivoluzionari” anni Sessanta di
quanto non ne ebbe nel ventennio fascista», rappresentando «una leva della quale il paese seppe farsi forte per risollevarsi
dalle tragedie della guerra e imboccare la
strada di una difficile ricostruzione, fino
a gettare le basi del suo primo vero, e più
decisivo, avanzamento/ammodernamento economico».
Il referendum sul divorzio del 1974
segna la crisi di un modello che sembrava
in ottima salute. Il divorzio che appariva
tutto «tarato sulla maggior forza maschile» si rivela presto «uno sgabello servendosi del quale la donna avrebbe riequilibra-
La nostra società
ha ancora bisogno
della famiglia?
È il titolo del libro dello
statistico Roberto
Volpi (Vita e Pensiero,
176 pagine, 15 euro)
to ulteriormente il divario che ancora la
separava dal maschio e dal marito».
La tesi di Volpi è che la famiglia iniziò a perdere terreno non perché il suo
“sucesso” iniziato nel dopoguerra fosse
fasullo, ma per il verificarsi nella società di «cambiamenti tali da “portare” per
un verso a meno famiglia e, per l’altro,
da “richiedere” meno famiglia». È il caso
di un sistema economico-produttivo che
non ha più bisogno di una famiglia per
esistere, ma che si nutre essenzialmente della forza (e dei consumi) dell’individuo. Così ieri la famiglia era la squadra
con cui si tentava di lasciare un’impronta nel mondo (non possono non venire
alla mente le vivaci storie imprenditoriali familari di cui l’Italia è ricca); oggi è
un punto di arrivo, il coronamento di un
sogno che rischia di non avere il tempo e
le energie per realizzarsi compiutamente.
Di fronte a cambiamenti così poderosi non regge il tentativo di raccontare il
passato come migliore del presente, come
spesso fa una certa retorica pro famiglia
collocandosi fatalmente nella schiera delle battaglie di retroguardia. Occorre, Volpi lo spiega alla fine del libro, riequilibrare quell’individualismo, non censurarlo, ma farlo venire fecondamente a patti
con la famiglia solida di cui la società ha
bisogno. Ricominciando a credere (e dunque a mostrare) che la famiglia può essere
un ambito fecondo per l’individuo. Non è
molto diverso da ciò che si auspicava nel
documento preparatorio al Sinodo sulla
famiglia tutt’ora in corso.
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SOCIETÀ
L’EPIDEMIA
Fate i bravi
bambini
o arriva l’Adhd
Due serie indagini riaprono interrogativi inquietanti
sul “disturbo da deficit di attenzione e iperattività”.
Una malattia ancora sconosciuta che però ha già
scovolto la vita di milioni di ragazzi, sottoposti fin
da piccoli a bombardamenti farmacologici devastanti
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DI PIETRO PICCININI
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«Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, o Adhd, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli
impulsi e del livello di attività. (…) Non è
una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa inefficace, e tanto meno non è un problema dovuto
alla “cattiveria” del bambino. L’Adhd è un
vero problema, per l’individuo stesso, per
la famiglia e per la scuola, e spesso rappresenta un ostacolo nel conseguimento degli
obiettivi personali. È un problema che genera sconforto e stress nei genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del bambino. (…) È necessario che tutte le persone, che
interagiscono con i bambini con Adhd, sappiano vedere e capire le motivazioni delle manifestazioni comportamentali di questi ragazzini, mettendo da parte le assurde
e ingiustificate spiegazioni volte ad accusare e ferire i loro genitori, già tanto preoccupati e stressati per questa situazione» (Dal
sito dell’Aidai, Associazione italiana disturbi attenzione e iperattività, le parole sottolineate sono in neretto nel testo originale)
«S
ignora, suo figlio
non riesce a
concentrarsi, non sta mai fermo, disturba. Se non riesce
a gestire il problema, deve andarsene in
un’altra scuola». Zache aveva solo 3 anni
(tre) quando Traceye, sua madre, si ritrovò scaricata in modo brusco e sbrigativo
dall’asilo di Miami. Erano passate appena
due settimane dall’inizio dell’inserimento e le maestre avevano convocato una
riunione apposta per sbarazzarsi di lei
e del suo bambino ipercinetico. Piange
ancora, mamma Traceye, mentre racconta davanti alla telecamera lo smarrimento che la travolse al pensiero che il piccolo Zache potesse davvero soffrire di problemi di «salute mentale». Quasi non riesce a
pronunciarle quelle due paroline suggerite dalle maestre. Mental health. E ricorda con un misto di sollievo e turbamento
quando i dottori «riuscirono a diagnosticare facilmente che Zache aveva l’Adhd».
In tutto impiegarono «due minuti», dice
la donna come tentando di dare un’aria
di naturalezza a un’idea, in fondo, un po’
pazzesca. Pazzesca perché la vita di suo
figlio, in quei due minuti striminziti, cambiò per sempre. Zache ha dieci anni adesso, mentre la madre rievoca la sua vicenda. Dal giorno della diagnosi è sempre stato sotto stimolanti, e grazie a quelle pillole
è diventato un problema più gestibile per
le maestre. Peccato solo che il suo fisico
metabolizzi le medicine troppo rapida|
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SOCIETÀ L’EPIDEMIA
L’Adhd è trattata con farmaci ma
anche con programmi educativi
speciali studiati per affinare
l’attenzione e l’autocontrollo dei
bambini. Nelle foto a lato, alcune
scene documentate da Stella
Savino in Adhd - Rush Hour
mente. Tocca aggiustare continuamente
la terapia, altrimenti gli effetti collaterali diventano incontrollabili. Mamma Traceye li descrive come comportamenti quasi psicotici. Zache scoppia a piangere senza motivo, si sbellica dalle risate per niente. Sono cose che fanno paura. «Guardarlo
negli occhi e non vedere tuo figlio».
È una delle testimonianze raccolte
da Stella Stavino in un film-documentario sul “disturbo da deficit di attenzione
e iperattività”, meglio noto sotto l’acronimo inglese Adhd (Attention Deficit and
Hyperactivity Disorder). Prodotto nel 2012
e proiettato questa estate in una manciata di cinema italiani, Adhd - Rush Hour
è un viaggio tra scuole, laboratori, studi
medici, aule universitarie e case di comuni famiglie per raccontare “dal di dentro”
quella che negli Stati Uniti è ormai un’autentica calamità sanitaria. Una specie di
epidemia sommersa che pare destinata a
venire a galla all’infinito. Con numeri ed
effetti collaterali devastanti.
Da tempo la comunità scientifica e
educativa si domanda se l’Adhd sia davvero un “disordine dello sviluppo neuropsichico” o non sia invece – per sintetizzare le obiezioni del partito ultrascettico – un modo elegante di risparmiare agli
adulti (genitori, insegnanti, medici) la fatica di comprendere una gioventù sempre
più disadattata, mascherandone il disagio
dietro qualche sintomo sufficientemente
generico. Un dubbio tremendo che però
non sembra aver minimamente dissuaso
la società americana dal risolvere il problema nel più yankee dei modi: raffiche
di diagnosi e bombardamenti a tappeto di
psicofarmaci. Secondo il Center for Disease Control and Prevention (Cdc), negli Stati Uniti circa l’11 per cento dei minori in
età scolare riceve una diagnosi di Adhd,
addirittura il 20 per cento dei ragazzi nelle high school. Circa i due terzi di loro
sono sotto terapie a base di stimolanti. Si
tratta di milioni di bambini e adolescenti.
E il trend non accenna a rallentare neanche di fronte al moltiplicarsi degli allarmi.
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Anzi, negli ultimi anni, grazie alla pioggia di diagnosi, l’incidenza dell’Adhd sulla
popolazione dei giovani americani risulta
essere raddoppiata (a metà degli anni Duemila era ancora al 5 per cento), mentre il
“contagio” sembra coinvolgere sempre più
adulti: dal 2008 al 2012, secondo i calcoli di Express Scripts, società leader nella
gestione di prescrizioni mediche, sarebbero aumentati di oltre il 50 per cento i maggiorenni statunitensi che prendono stimolanti contro l’Adhd (+100 per cento quasi
nella fascia 26-34 anni).
Quelle «due personalità differenti»
Cosa significa che ci siano nel mondo 11
milioni di ragazzini sottoposti a cura farmacologica per una malattia che qualche
anno fa era ancora poco più di un’ipotesi accademica? Si propinano loro molecole come metifenidato e amfetamina, non
aspirine. Pillole che hanno effetti collatera-
li spaventosi: oltre alla dipendenza, possono causare depressione, perdita di appetito e di peso, disfunzioni sessuali, addirittura tendenze suicide. Stiamo allevando una
generazione di “drogati”?
L’indagine di Stella Savino è cominciata nel 2008, poco dopo la decisione da parte dell’Aifa di reintegrare il Ritalin nella
terapia per l’Adhd, quando questi interrogativi hanno acceso per un attimo il dibattito pubblico nel nostro paese. Una delle
storie più impressionanti raccolte in Adhd
- Rush Hour è quella di Armando, studente
superiore romano di 19 anni che nei suoi
9 anni di cura farmacologica ha imparato
a controllare lo stimolo interrompendo la
terapia «nei week-end e d’estate, quando
la scuola non c’è». La diagnosi di Adhd per
Armando infatti è arrivata quando le difficoltà a scuola cominciavano ad apparire insormontabili. Le pagelle parlavano di
«continuo conflitto con gli adulti», proble-
I SINTOMI
COSA DICE IL DSM-V
Secondo il testo di riferimento
degli psichiatri, per ottenere una
diagnosi di Adhd il soggetto deve
mostrare almeno sei dei diciotto
sintomi elencati qui sotto per un
minimo di sei mesi e in almeno
due contesti (per esempio casa e
scuola). I sintomi devono inoltre
essere presenti prima dei 7 anni
di età e devono avere una intensità tale da compromettere l’autocontrollo, i risultati scolastici, le
abilità cognitive, le relazioni con il
mondo esterno.
mi di condotta e di comportamento. Mentre adesso le cose vanno meglio: «Quando
prendo le pasticche – racconta – sono molto più freddo, molto più contenuto… come
se non fossi io in realtà». In effetti, «quello è l’unico problema, che ti si creino due
personalità differenti».
E pensare che è così facile beccarsi
una diagnosi di Adhd. In base all’ultima
edizione del Dsm, Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders, la bibbia dei medici della psiche, basta manifestare 6 dei 18 sintomi elencati dagli esperti per rientrare nella casistica (vedi scheda a lato). «Ma se non avete visto la lista,
datele un occhio. Probabilmente vi metterà in agitazione. Quanti di noi possono
dire di avere difficoltà organizzative o una
tendenza a perdere gli oggetti? Quanti
dimenticano spesso le cose o sono distratti o non riescono a fare attenzione ai dettagli? In base a criteri così soggettivi, l’in-
Disattenzione
• Non riesce a prestare attenzione ai dettagli o compie errori
di disattenzione nei compiti, sul
lavoro o in altre attività
• Ha difficoltà a prestare attenzione alle assegnazioni o nelle
attività ludiche
• Sembra non ascoltare quando
gli si parla direttamente
• Non segue fino in fondo le
istruzioni e non riesce a finire i
compiti e le faccende
• Ha difficoltà a organizzare le
mansioni e le attività
• Evita, prova avversione o è
riluttante a impegnarsi in compiti
che richiedono uno sforzo mentale prolungato
• Perde cose necessarie a svolgere le assegnazioni o le attività
(es. giocattoli, compiti scolastici,
matite, libri o strumenti)
• Si distrae facilmente
• È negligente nelle attività quotidiane
Iperattività
• Giocherella con le mani o con
i piedi, o si agita quando è seduto
• Abbandona il posto in classe o
in altre situazioni in cui è richiesto di rimanere seduti
• Corre qua e là e si arrampica
eccessivamente in situazioni in
cui non si dovrebbe
• Ha difficoltà nel gioco o nell’impegnarsi in maniera tranquilla in
attività di svago
• È sempre in movimento o si
comporta come se fosse “animato da un motorino”
• Parla in maniera eccessiva
Impulsività
• Spiattella risposte prima che
siano terminate le domande
• Ha difficoltà ad aspettare il
proprio turno
• Interrompe gli altri, si intromette nelle discussioni
RiCHARD SAUL: «Quanti di noi
possono dire di avere PROBLEMI
NELL’organizzaRSI o UNA
tendenza a perdere LE COSE? In
base a criteri così soggettivi,
l’intera popolazione USA PUÒ
avere i requisiti per l’Adhd»
tera popolazione degli Stati Uniti potrebbe avere i requisiti per l’Adhd». È il dottor
Richard Saul a esserne convinto. Medico
a Chicago, professore di Neurologia comportamentale e dello sviluppo con cinquant’anni di esperienza accademica e
clinica alle spalle, membro della American Academy of Pediatrics, dell’American Academy of Neurology e della Society
for Behavior and Development, Saul ha
scritto un libro per spiegare come anche
lui, che negli anni Settanta aveva creduto nell’Adhd perché «sembrava spiegare i
problemi di attenzione che affliggevano
tanti bambini», col passare del tempo sia
«giunto alla conclusione che quei sintomi in realtà avevano un’intera gamma di
cause sottostanti che venivano ignorate», e
venivano ignorate proprio per via dell’esistenza di quella diagnosi prêt-à-porter. Problemi di vista e di udito, mancanza di sonno, carenza di ferro, abuso di droghe e
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SOCIETÀ L’EPIDEMIA
Il libro di Richard
Saul Adhd Does
Not Exist è uscito a
marzo in inglese.
Adhd - Rush Hour, il
film-documentario
di Stella Savino
distribuito da
Microcinema,
è stato proietatto
tra giugno e luglio
nelle sale italiane
alcol, allergie, depressione, bipolarismo,
schizofrenia, problemi genetici come la
sindrome di Tourette, disturbi dell’apprendimento come la dislessia: nel suo
volume, uscito a marzo in lingua inglese, Saul racconta un caso personalmente affrontato per ognuna di quelle che lui
stesso negli anni ha individuato come le
vere cause dei sintomi dell’Adhd (decine di
malattie in gran parte, non a caso, indicate dal Dsm come “comorbid” con l’Adhd).
Esperienze sul campo accomunate da una
diagnosi iniziale – regolarmente smentita – di Adhd, e dalla conferma che l’unico concreto effetto a lungo termine delle
terapie a base di stimolanti (oltre magari
a migliorare per un semestre la pagella) è
di mascherare, quando non aggravare, le
cause reali del disagio. Il neurologo di Chicago invita i colleghi a scavare, ipotizzare,
testare, implicarsi con il paziente, faticare per trovare la vera ragione di quei sintomi e risolverla. Insomma per Saul “l’Adhd
non esiste”, come recita il titolo del libro.
O comunque non è la piaga onnivora scolpita nell’immaginario collettivo.
Ma perché inventare una cosa così
potenzialmente distruttiva e poi lasciarsela sfuggire di mano? «Temo che un’intera
generazione di americani non sarà in grado di concentrarsi senza ricorrere a queste
medicine; Big Pharma comprensibilmente
non è altrettanto preoccupata», ha notato
maliziosamente Richard Saul presentando
le sue tesi al Time. Anche Stella Savino registra un accenno un po’ “psico-scettico” nel
suo film. È di un pasionario che ricorda la
leggendaria battuta consegnata a Fortune
nel 1976 dall’allora boss della Merck, Henry Gadsen: noi signori del farmaco siamo
frustrati perché possiamo vendere medicine solo ai malati, disse più o meno Gadsen,
il nostro sogno è riuscire a venderle a tutti,
come i chewing gum.
Semplificazioni dietrologiche? Forse.
Comunque sia, sulla base della sua imponente esperienza clinica Saul attesta l’esistenza di un forte “cultural bias” tra i pri32
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mi fattori dell’epidemia di Adhd. È il pregiudizio culturale che emerge per esempio
nel caso di Bhavik, un bambino di 9 anni
di origini indiane targato Adhd dagli insegnanti perché disattento e casinista in classe, ma che Saul scoprirà essere semplicemente troppo “gifted”, troppo dotato per i
banali problemini di matematica di terza
elementare. È la strana angoscia che «porta troppi genitori a correre dallo psichiatra con i propri figli» davanti alle prime
vere difficoltà. Ed è l’ansia da prestazione
di Greg, studente di college suggestionato
dal rendimento accademico ottenuto dai
compagni grazie agli stimolanti “facili”,
che si presenta dal dottor Saul buttando
là un «non riesco a concentrarmi, penso di
avere l’Adhd», ottenendo solo la deludente
offerta di un test più approfondito. «Non
può semplicemente farmi qualche domanda e scrivere la prescrizione?», sbotta Greg
seccato dalla cautela del neurologo.
L’Italia e il suo minimo di garanzia
«Gli stimolanti sono letteralmente spacciati come amfetamine nei college statunitensi», spiega a Tempi Stella Savino, persuasa che l’abuso sia strettamente «legato al concetto di performance: agli studenti americani si arriva a chiedere ormai
punteggi irraggiungibili con mezzi solamente naturali». Ed è una tendenza tanto più grave, secondo la regista di Adhd
- Rush Hour, in quanto coinvolge sempre
più aggressivamente e con sempre meno
scrupoli i bambini, che «non sono in grado di scegliere per sé». L’epidemia di Adhd
«è una conseguenza degli stili di vita che
abbiamo adottato. Quando ero piccola
io, non era una priorità dei miei genitori
riempirmi la vita di cose da fare. C’era spazio per la noia nelle mie giornate. Io passavo ore magari a fissare nel vuoto fuori
dalla finestra e a sognare. Oggi probabilmente mi avrebbero diagnosticato qualcosa». È una società che iperstimola i suoi
figli ma poi non ha tempo per prendersene cura, «così diventano un problema». Di
SteLLA SAVINO: «Quand’ero
piccola io, C’era spazio
per la noia nelle mie
giornate. passavo ore a
GUARDARE nel vuoto e a
sognare. probabilmente
OGGI mi avrebbero
diagnosticato qualcosa»
qui l’idea di dare quel sottotitolo al documentario, Rush Hour, l’ora di punta, l’ora
in cui trionfa la fretta e tutto diventa un
fuggi-fuggi. «Il problema del tempo che va
sempre più gestito e ottimizzato ha sconvolto tutti i nostri normali e sani ritmi di
vita. Restavano solo i bambini a fermare il
tempo, ora nemmeno più loro».
È vero, in Italia c’è ancora quello che
Stella Savino definisce «un minimo di
garanzia». Proprio per evitare derive “americane”, l’Istituto superiore di sanità ha
creato un registro per monitorare i pazienti in terapia farmacologica per l’Adhd. A
maggio 2014 gli “arruolati” erano meno
di tremila, del resto secondo le poche stime disponibili la prevalenza del disturbo
per la popolazione italiana nella fascia di
età compresa tra i 6 e i 18 anni è ancora
intorno all’1 per cento. L’iscrizione al registro dell’Iss sarebbe obbligatoria «ma sono
tantissime le famiglie che ottengono gli
stimolanti di fatto fuori controllo, sfruttando la compiacenza delle Asl disposte a
chiudere un occhio rispetto alle linee guida nazionali, oppure andando direttamente a prendere i farmaci all’estero». In ogni
caso, dopo il suo viaggio nell’Adhd tra le
due sponde dell’Atlantico, la documentarista ha capito che anche in questo «come
in molti altri aspetti sociali abbiamo una
tendenza a rincorrere gli Stati Uniti». Il
trend iperstimolazione-sedazione si afferma anche qui, «e per come si stanno evolvendo la famiglia e la società – conclude
Stella Savino – io personalmente non vedo
possibilità di inversione». n
DECLINO
E CADUTA
A
bbiamo letto per voi il nuovo roman-
zo di Thomas Pynchon ma non abbiamo capito niente, quindi parliamo d’altro. Al momento in cui questo
giornale va in stampa (cioè il 2014) non
è ancora chiaro quale sarà l’esito della discussione sull’art. 18. Ci limitiamo pertanto a una mappatura delle parti in causa.
Dall’opposizione, Forza Italia è pregiudizialmente appiattita sulle decisioni
del governo (vedi sotto) per rimarcare la
propria distanza dai partiti che compongono la maggioranza. Più sfumata la posizione del Movimento 5 Stelle. Un rappresentante del gruppo parlamentare,
intervistato a un raduno di cosplayer, si è
detto favorevole a conservare l’art. 18 ma
non esclude a priori l’eventualità di rivenderlo su Ebay. Un documento approntato
dagli economisti di riferimento del M5S
è stato bloccato all’ultimo in quanto conteneva, per un errore del correttore automatico, talune confusioni fra l’art. 18 e gli
Articolo 31. In sostituzione è stato presentato un video in cui un senatore del M5S
asfalta Renzi parlando da solo con il televisore acceso, sul divano di casa. Esso, il
televisore e non Renzi, esplode infatti alla centesima ripetizione del termine “Rodotà”. Ferma la posizione di condanna di
Sinistra Ecologia e Libertà; non è tuttavia
stato possibile raccogliere dichiarazioni
più approfondite dal partito in quanto,
quando lo abbiamo cercato per intervistarlo, era appena andato dal barbiere.
Corre voce intanto che il Pd sia diviso. La corrente renziana, fedele ai dettami
del capo del governo, è come tale perfettamente allineata alle istanze dell’opposizione (vedi sopra). «Basta slogan e più risultati»: questa dichiarazione di Massimo
D’Alema è invece diventata lo slogan della corrente dalemiana. La corrente bersaniana si distingue: «Basta slogan, più metafore difficilmente interpretabili». Duro
scontro fra Pippo Civati e Gianni Cuperlo
su chi sia il più amato dalle italiane. Duro
scontro anche fra la corrente dei giovani
curdi e quella degli armeni di mezza età;
ma stavano giocando a briscola, reazione
comprensibile verso la sesta o settima ora
di direzione Pd a porte chiuse. Il presidente del Piemonte Chiamparino illustra le
RIFORMA DEL LAVORO
Favorevoli e contrari
Un confuso punto della
situazione sull’articolo 18
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DI ANTONIO GURRADO
proprie ragioni in un’intervista al Corriere che passa inosservata perché pubblicata sotto una foto di Agnese Renzi con un
pupazzo di Peppa Pig. Un’intervista alla
Stampa del sindaco Fassino è chiarissima
nello spiegare che la discussione sull’art.
18 è un tema delicato poiché, quando si
parla dell’art. 18, è in questione lo stesso
art. 18. Interpellato per una parola definitiva, Romano Prodi ha saggiamente considerato che anche qualora l’art. 18 venisse
abolito, lo si potrebbe comunque evocare
con una seduta spiritica.
L’ultima parola spetta ai sindacati. Bonanni (Cisl), con una mossa a sorpresa, si
dimette dieci minuti prima della scadenza del proprio mandato. Sempre sopra le
righe, Angeletti (Uil) si spara: ma la notizia passa inosservata perché non viene
nemmeno corredata da una foto di Agnese Renzi con un pupazzo di Peppa Pig.
Molto netta la posizione di Landini: per
il capo della Fiom la riforma dell’art. 18
ci riporterebbe a prima della Costituzione. Per Landini, l’abolizione dell’art. 18
farebbe tornare l’Italia allo Statuto Albertino. Inedita la posizione di Landini, secondo cui rimuovendo l’art. 18 in Italia
imperverserebbe il Digesto giustinianeo.
Con una dichiarazione choc, Landini annuncia che senza art. 18 l’Italia ripiomberebbe in pieno codice di Hammurabi. Le
posizioni innovative di Susanna Camusso (Cgil) saranno presto disponibili in pratiche audiocassette e anche in 33 giri, se
avete il grammofono anziché il mangianastri. Concludiamo con un clamoroso
retroscena: pare che la scorsa notte il premier Renzi sia andato a leggere questo famoso art. 18 che tutti vogliono fargli riformare e abbia così scoperto che l’art. 18
recita testualmente: «L’art. 18 non si tocca: non può essere né abolito né riformato». Questo complica un po’ le cose.
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35
L’ITALIA
CHE LAVORA
Uno sfizio
DA RE
Per quattro volte sono stati scelti dai Savoia come
fornitori ufficiali. Hanno conquistato il palato di
popolo e governanti con latte, cacao e olio di cocco.
Storia del Pinguino di Pepino. Il gelato ricoperto
di finissimo cioccolato che tutto il mondo ci invidia
«D
Da prima che io nascessi direi. Da oltre un
secolo quindi», scherza Edoardo Cavagnino, presidente della Gelati Pepino,
azienda torinese che produce gelati dal 1884. Da molto tempo prima che
inventassero i freezer per conservarli senza problemi. Edoardo è stato consumatore
felice per tanto tempo, poi un giorno del 2007 si è trovato di fronte alla fatidica scelta:
intraprendere la strada di famiglia o fare altro. All’epoca aveva 23 anni. Oggi Edoardo
di anni ne ha 30, ed è giovanissimo per il mondo imprenditoriale italiano, eppure ha
le idee molto chiare. Sulla qualità, innanzitutto. Ad esempio quella portata da Napoli a Torino dal mastro gelataio Domenico Pepino, subito amato dalla casa reale Savoia.
Nel 1916, senza cambiare nome, l’azienda passa per la somma di diecimila lire al commendatore Feletti, già attivo nell’industria dolciaria, e al genero il commendator Giuseppe Cavagnino.
Nel 2014 combaciano ben tre anniversari della Gelati Pepino. «L’azienda festeggia
quest’anno 130 anni di attività; la sede di piazza Carignano, in centro a Torino, festeggia gli 85 anni dall’apertura nel 1929; infine, forse il più importante dei tre compleanni, il gelato Pinguino, nato nel 1939, festeggia i 75 anni di presenza sul mercato». Gelati di ogni tipo la Pepino li ha sempre prodotti, fin dagli ultimi anni dell’Ottocento. Ma
quando è stato inventato il Pinguino – il gelato alla crema su stecco ricoperto di cioccolato – tutto è cambiato: il prodotto è diventato talmente famoso che da lì in avanti
molte imitazioni sono state lanciate sul mercato. «Solo che il nostro è il più buono, mi
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a quanto tempo me ne occupo?
L’azienda torinese
Gelati Pepino
ha iniziato la sua
attività nel 1884.
Oggi il presidente
è Edoardo
Cavagnino: «Nel
2014 festeggiamo
tre ricorrenze. I 130
anni di attività; gli
85 anni della sede
storica di piazza
Carignano; i 75
anni di presenza
sul mercato del
gelato Pinguino».
Per l’occasione
è stata inaugurata
in centro a Torino
la prima Pinguineria
(nella foto a destra)
permetta di affermarlo con sicurezza», spiega Cavagnino. «Il nostro è ancora oggi un gelato artigianale,
viene fatto secondo i criteri tipici del gelato artigianale». Tre sono le caratteristiche del Pinguino, della
sua unicità: innanzitutto la forma, sottile e allungata; la qualità in secondo luogo, data dalla poca percentuale di aria nel prodotto finito: «Si chiama overrun il processo che deriva dall’ultima fase di mantecazione del gelato, in cui il prodotto ingloba aria per
aumentare di volume. In un gelato industriale la percentuale di overrun raggiunge più del 100 per cento,
quindi rispetto al volume iniziale della miscela l’aria
è quasi il doppio. In un gelato artigianale l’overrun
è molto più basso, intorno al 30 per cento. Aggiungere aria nel gelato è come aggiungere acqua in un
bicchiere di vino. Se se ne aggiunge tanta il vino perde tutte le sue qualità, se invece se ne aggiunge solo
qualche goccia la qualità rimane intatta».
La terza differenza tra il Pinguino originale e le
sue innumerevoli imitazioni è anche nel cioccolato.
«La nostra copertura è sottilissima perché deve essere un accompagnamento al gelato e non un guscio
impenetrabile che copre ogni sapore o che maschera un gelato insapore. È come se avessimo creato una
diversa versione della stracciatella».
L’intuizione del bisnonno Feletti
Come detto, prima del Pinguino la Pepino aveva
sempre prodotto gelati ed esisteva anche una versione del Pinguino “nuda”. L’idea di ricoprirla di cioccolato venne al bisnonno di Edoardo, il signor Feletti, che aveva un’azienda di cioccolato e pertanto ne
conosceva le potenzialità. «Il periodo è quello tra le
due guerre mondiali, non esistevano freezer in cui
conservare i prodotti. Il cioccolato, con la sua temperatura di scioglimento maggiore rispetto al gelato,
favoriva la protezione del gelato stesso. Oltre che un
arricchimento del gusto. Il mio bisnonno studiò per
parecchi mesi la miscela e la consistenza che doveva avere quel cioccolato, e arrivò alla consapevo|
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L’ITALIA CHE LAVORA
Il Pinguino è usato per
comporre diverse coppe di
gelato. È il fiore all’occhiello
dell’azienda torinese
La collaborazione con altri marchi del gusto italiano è fondamentale per la Pepino. «Quando andiamo
all’estero a proporre il nostro prodotto, puntiamo
anzitutto sull’italianità. Parlo di gelato, volutamente tenendo il termine in italiano, perché a mio avviso non si può tradurre, come spaghetti o pizza. L’ice
cream è un’altra cosa, non c’entra nulla con il gelato
italiano, decisamente più sano, leggero e digeribile».
«NeL futurO potreMMO proporre i nostri gelati
alle case reali europee. Potremmo avere dei
nuovi loghi e far capire cosa rende unico il
gelato italiano. Soprattutto quello torinese»
lezza che servisse olio di cocco o di palma per avere la copertura perfetta. Ma c’era un problema. L’autarchia introdotta dal Duce (all’epoca cliente di Pepino, ndr)». Il fascismo imponeva infatti che le materie prime dei prodotti dovessero essere italiane. Se
in Italia tale materia non esisteva, doveva essere
sostituita da qualcosa di affine. «Il mio bisnonno era
però determinato a ottenere quanto voleva, e cominciò a “corrompere”, se così si può dire, l’allora ministro dell’Agricoltura, inviandogli gelati su gelati, per
dimostrargli quanto potesse essere buono il prodotto che voleva lanciare. Riuscì a conquistare così il
suo palato e il beneplacito per l’importazione delle
materie prime necessarie. Nacque così, nel 1939, il
Pinguino di Pepino».
Per dare un volto moderno al prodotto e all’azienda, ultimamente è stata aperta la prima Pinguineria, in via Rattazzi 3, nel centro di Torino, poco lontano dalla sede storica di Piazza Carignano. Nel punto vendita è possibile trovare il Pinguino declinato in
vari gusti e presto anche personalizzabile al momento dell’acquisto con diverse opzioni che seguiranno le stagionalità dei prodotti oltre a proporre alcuni gusti “speciali” di gelato, frutto di collaborazioni dell’azienda con altri grandi marchi di qualità. Latte&Miele creato in collaborazione della Mieli Thun, Fior di Meliga con paste di Meliga Michelis, Pinguino (e gelato) al Caffè con Caffè Vergnano,
Yogurt con latte e yogurt di Cascina Fontanacervo.
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Il meglio deve ancora venire
Italiani quindi, ma sopratutto torinesi. «Come
imprenditore sono onorato di essere stato tra i fondatori di Exclusive Brands Torino, una rete di imprese che nasce nel nostro territorio, quattordici in totale e di diversi settori: dal gusto alla gioielleria, dal tessile alle penne stilografiche. Le imprese, con questo
progetto, vogliono promuoversi con l’idea che veramente l’unione fa la forza. Promuovendo proprio la
qualità e quelle che sono le altre caratteristiche tipiche delle aziende storiche torinesi: affidabilità, tradizione ed eccellenza».
Negli anni Novanta, quelli del boom dei fast food
e delle cose consumate in fretta, la Pepino ha avuto
un momento di incertezza, ma la risalita è cominciata quando si è diffuso un nuovo senso del gusto.
«Ora il consumatore è molto più attento a cosa mangia, vuole sapere da dove provengono le materie prime, che tipo di ingredienti sono stati usati. Pazienza
se poi crede che tutti i pistacchi siano di Bronte, tutta
la farina sia macinata a pietra e il cioccolato sia sempre e solo fondente extra», scherza Edoardo, che non
ha per niente timore di quei quattro stemmi reali che
gli pesano sulla testa. La Gelati Pepino, infatti, è l’unica azienda italiana a poter esporre il vanto di essere
stata fornitrice reale per ben quattro famiglie Savoia. «All’epoca essere fornitore reale significava essere unico. Per i gelati i Savoia si servivano solo da noi.
Siamo stati riconfermati quattro volte e non abbiamo
avuto il quinto logo reale solo perché la storia ha preso un altro corso. Se è stato il nostro periodo migliore? Sono convinto che il periodo migliore sia sempre
quello che deve venire. Nei progetti futuri potrebbe
esserci, perché no, andare a proporre i nostri gelati alle case reali europee. Potremmo avere dei nuovi
loghi e far capire all’estero cosa rende unico il gelato
italiano. Soprattutto quello torinese».
Elisabetta Longo
STILI DI VITA
CINEMA
DIM SUM, MILANO
Ancora cinese. Ancora ottimo
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
E
vvai, ci siamo ricascati.
Nella voglia di dimostrare che la cucina cinese è vittima di pregiudizi che si giustificano unicamente con il cattivo modo di lavorare di certi ristoratori, siamo incappati in un ristorante cinese tra i più
buoni e belli di Milano. Laddove anni fa operava il discreto ristorante giapponese Kyoto, da poco tempo gli stessi padroni del Bon Wei (già recensito da Tempi lo
scorso anno) hanno aperto Dim Sum. Un nome ch’è tutto un programma anche
culinario: il dim sum, nella tradizione della cucina cantonese, è una successione
di piccole portate (come gli arcinoti ravioli) che si mangiano dalla mattina a mezzogiorno. E qui il dim sum ha la sua consacrazione, anche se naturalmente le stesse cose si servono anche alla sera.
L’ambiente è moderno, lussuoso, con sedie di una comodità rara e l’assistenza
di un premuroso servizio curato da belle ragazze cinesi.
E che si mangia? Anzitutto, la sventagliata di dim sum. Di ravioli, ce n’è a iosa: ci sono i classici di carne al vapore e alla griglia, ma è solo l’inizio, visto che sono previsti anche ravioli di alghe, o di cappesante al vapore (delicatissimi), o ancora i pechinesi piccanti. Poi, ci sono anche altre chicche: i panzerotti (come dei
panini morbidi ripieni al vapore) con prosciutto di maiale cotto col miele; il tortino di rapa bianca; il taro, una particolare radice che in Cina si mangia ai pranzi di nozze. Questi assaggini costano circa dai 4 ai 9 euro ciascuno, a seconda del
pregio degl’ingredienti.
Potete farvi un pranzo tutto così, o assaggiare anche i piatti forti, come l’anatra con salsa di prugne; il manzo croccante; il pollo alla frutta; il branzino fritto
con zenzero; i germogli di soia saltati con baccalà. Per accompagnamento, tutta
una serie di risi saltati. Ben curato il reparto bevande, persino sui vini. Calcolate
una spesa maggiore del solito: circa 40-50 euro per un po’ di dim sum e un piatto. La cucina, in ogni caso, è di una pulizia e nitidezza di sapori che lascia incantati. Non il solito cinese.
Amici miei
EVENTI
Il primo open day
di Russia Cristiana
L’Associazione Russia Cristiana
ha organizzato, sabato 11 ottobre 2014, il suo primo open
day in occasione del decimo
anniversario dell’inaugurazione
del Centro Culturale Biblioteca dello Spirito di Mosca, nato
grazie all’esperienza di Russia
Cristiana. L’evento si svolgerà nella sede di Seriate (Berga| 8 ottobre 2014 |
Un giallo pieno
di enigmi
Nella Grecia degli anni
Sessanta, due turisti americani finiscono nel bel
mezzo di un intrigo.
Discreto giallo tratto dalla Highsmith e diretto dal-
lo sceneggiatore di Drive
che si porta in dote da quel
grande film uno dei protagonisti, Oscar Isaac, già
splendido interprete di A
proposito di Davis. Qui fa la
parte di una guida turistica furbacchiona che si arrangia come può, fregando i turisti. Almeno fino
all’arrivo di Viggo Mortensen e Kirsten Dunst. Ami-
HOME VIDEO
Alabama Monroe
Una storia d’amore,
di Felix Van Groeningen
Cosa regge l’amore?
L’amore travolgente tra un musicista e una ragazza alla prova
della malattia.
Melodramma durissimo con al
centro la storia di un amore senza confini di due emarginati che
vorrebbero solo fuggire da un
Belgio che non dà scampo. E invece si trovano. Si vogliono bene. Nasce persino una bimba che
è bellissima e dà ancora profondità e valore alle loro vite perdute. Poi il dramma terribile e la vera domanda: che cosa sostiene il
nostro amore?
Per informazioni
Dim Sum
www.dim-sum.it
Via Nino Bixio, 29
(ang. via Pisacane)
Milano
Tel. 0229522821
Chiuso il lunedì
40
I due volti di gennaio,
di Hossein Amini
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mo), in via Tasca 36 a partire
dalle ore 17. Il Centro fondato
anche grazie al prezioso contributo della facoltà Teologica di
Minsk e della Caritas di Mosca,
è oggi un luogo di reale ecumenismo e fruttuoso dialogo tra
cattolici e ortodossi, che organizza circa 300 eventi culturali all’anno. Il fondatore di Russia Cristiana, padre Romano
Scalfi, darà il via all’open day,
durante il quale verranno presentate le molteplici attività
dell’Associazione in Italia così
come in Russia. Sono previste
anche testimonianze, immagini
e filmati. Il tutto si concluderà
con un buffet e una serata di
canti. Per informazioni:
[email protected]
oppure 035.294021.
LIBRI/2
L’autobiografia di
Robert Spaemann
Dio e mondo, trascendenza ed
esistenza, assolutezza e singolarità della verità, filosofia come processo di chiarificazione messo in atto dalla ragione:
questi i grandi temi che percorrono l’ultima opera del filosofo e teologo Robert Spae-
mann che ora appare in lingua
italiana e alla quale ben starebbe il titolo di un celebre romanzo di Chesterton: Manalive.
Dio e il mondo è l’autobiografia di Spaemann (Cantagalli, 17 euro) in forma di dialogo
con Stephan Sattler. Il filosofo descrive episodi, esperienze e incontri che lo hanno durevolmente segnato, alcuni dei
quali mai erano stati resi pubblici; racconta le tappe della
sua vita e il proprio itinerario
intellettuale. Questa autobiografia rappresenta la migliore introduzione alla filosofia di
Spaemann.
UNA NUOVA VITA
ni è al primo film come regista e si vede: si dilunga in
qualche dialogo di troppo e
non gestisce al meglio la suspense, specie nella sequenza in aeroporto. Sono i difetti di un’opera prima che
però ha dalla sua una buona
ambientazione vintage, due
ottimi interpreti come Mor-
tensen e Isaac (la Dunst fa un
po’ da tappezzeria) e il tentativo, pregevole, di costruire un giallo fondato sull’ambiguità e gli enigmi (metà film
è ambientato a Creta, la terra dei labirinti), senza volgarità o crudezze ma ispirandosi
al caro vecchio Alfred.
visti da Simone Fortunato
SPORTELLO INPS
In collaborazione con
DOMANDA & RISPOSTA
Tutto quello che
bisogna sapere
Indennità di maternità
Gentile sportello Inps, sono al
quinto mese di gravidanza. Entro quale data occorre inviare la
domanda per l’indennità di maternità all’Inps? Le informazioni
che sono riuscita ad ottenere da
due diverse fonti sono completamente discordanti. Grazie.
Mariella L.
invia il tuo quesito a
[email protected]
Il “lusso” di una
figlia in università
Il regista
Hossein Amini
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
D
5 Ottobre 2014. Esce di
casa con la sua valigia rossa, misura extra large, stranamente
preparata in soli dieci minuti, due borse a tracolla, una contenente quaderni
ad anelli, astuccio e il quadernino carta
da pacco e fucsia regalatole dalla mamma per l’inizio della sua nuova avventura; l’altra orecchini, collane e i trucchi che condivideva con la sorella, che
ha visto in questo furto la positività del
suo shopping di domani. Abbraccia il
fratellino, già proiettata verso la nuova vita che comincia domani 6 ottobre,
anche se sabato prossimo sarà di nuovo
a casa. Clara è matricola e una dei più o
meno 50.000 studenti universitari fuori sede di Milano, una dei 600.000 di
tutta Italia; ospitata dallo zio, non fa invece parte di quei tre studenti su quattro che pagheranno un affitto in nero,
e si parla di cifre che variano tra i 300 e
i 700 euro il mese. Clara non fa neppure parte (dati dell’anno 2013-’14 in attesa di aggiornamento) dei 30.000 immatricolati in meno dell’ultimo triennio.
Dopo la riforma del tre più due si sono
volatilizzati 78.000 mila nuovi iscritti,
le tasse sono aumentate, le borse di studio si sono ridotte, la crisi economica
fa sì che molte famiglie non si possano
più “permettere il lusso” (già, permettere il lusso) di un figlio all’università,
men che mai fuori sede. A tutto ciò si
aggiungono qualche speranza in meno
e qualche avvoltoio in più e noi famiglie che ancora si resiste.
mammaoca.com
Gentile signora Mariella, la domanda per usufruire del congedo di maternità va presentata in modalità telematica prima
dell’inizio del congedo di maternità e, in ogni caso, non oltre un
anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all’indennità. Lei è
tenuta a comunicare la data di
nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto sempre in via telematica (sito
inps.it, Contact Center, Patronati autorizzati).
Gentile sportello Inps, da circa
un anno e sei mesi svolgo varie
omenica
attività. Sono sempre stata pagata tramite i buoni lavoro. Volevo sapere se anche questi buoni lavoro danno diritto a ricevere
gli assegni familiari.
Maria Chiara M.
Gentile signora Maria Chiara, i
buoni lavoro non danno diritto
a ricevere gli assegni familiari, e
neanche altre prestazioni relative al sostegno del reddito, come
malattia, disoccupazione e maternità. Ma il loro impiego è riconosciuto ai fini del diritto alla pensione.
Gentile sportello Inps, ho ap-
pena conseguito la laurea e ho
presentato subito domanda per
il riscatto come inoccupato. Cosa succede appena inizierò a
lavorare? Dovrò comunicare
all’Inps la variazione della mia
posizione e quindi varieranno
anche i contributi da versare?
Federico M.
Gentile signor Federico, non
cambia nulla. Il calcolo del riscatto viene effettuato all’atto
della domanda valutando la situazione del richiedente. Eventuali variazioni successive non
incidono sui versamenti da effettuare all’Istituto.
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motorpedia
WWW.RED-LIVE.IT
A CURA DI
DUE RUOTE IN MENO
Ducati Scrambler
Attesissima la nuova Ducati Scrambler si è mostrata in anteprima all’Intermot di Colonia. Una moto che segna un passaggio importantissimo per
Ducati, che con Scrambler non lancia solo una nuova moto ma addirittura
un nuovo brand. La meccanica è basata sul bicilindrico a L raffreddato ad
aria da 803 cc capace di 75 cavalli, la ciclistica si affida a un classico traliccio e il look è mozzafiato! Non è tuttavia una moto vintage, sebbene sia
ispirata al passato; la Scrambler è moderna in tutto e per tutto. Quattro
le versioni di lancio, la più economica (ma solo nel prezzo) è la Icon della
foto, con un listino che parte da 8.240 euro franco concessionario. [sc]
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LINEA FRONTALE INEDITA, NUOVI MOTORI.
LA FRANCESE LANCIA LA SFIDA ALLE RIVALI TEDESCHE
Peugeot 508, agile
e piacevole alla guida
P
eugeot 508 restyling si presenta con una linea frontale inedita, dominata dai gruppi ottici a led e dalla
calandra con il logo al centro anziché lungo il cofano, come in precedenza. Stile che anticipa gli stilemi delle future Peugeot. Entrati nell’abitacolo della nuova Peugeot 508, la qualità degli equipaggiamenti e la cura delle
finiture rimandano a un universo moderno e raffinato. Il
quadro strumenti dallo sfondo nero lucido, ricco e completo, ricorda gli orologi di precisione mentre le linee
orizzontali della plancia esaltano la sensazione di spazio.
Una vettura che già in passato poteva permettersi di
guardare negli occhi le blasonate tedesche, oggi è ancora più completa. Tra le dotazioni di serie della 508, non
manca l’accesso al veicolo e accensione senza chiave, il
freno di stazionamento elettrico, il retrovisore elettrocromatico, la commutazione automatica degli abbaglianti, il
sensore di perdita di pressione dei pneumatici, i rilevatori di ostacoli anteriori e posteriori, il climatizzatore automatico quadri-zona, l’offerta Hi-Fi di JBL, il nuovo sistema
di monitoraggio dell’angolo cieco della vettura, la retrocamera, la cui immagine viene riproposta a colori sul touchscreen, la connettività 3G con App dedicate.
Confermata la versione RXH basata su 508 SW, con
trazione integrale e un’unità ibrida composta da un propulsore tD da 163 cavalli e 300 Nm abbinato a un’unità
elettrica da 37 cavalli e 200 Nm. Peugeot 508 SW 2015 è
già in negozio con prezzi compresi tra 30.350 euro (1.6 THP Active) e
LE DOTAZIONI ERAno
42.030 (2.0 BlueHDi GT). La ibrida
GIÀ TANTISSIME.
RXH costerà invece 45.000 euro.
OGGI SONO ANCORA
La mission della station wagon
DI PIù. NELLE
francese sono le lunghe percorCONCESSIONARIE
renze, tuttavia ciò non pregiudiÈ GIÀ PRESENTE. SI
ca il gusto di guida. Non è un’auto
PARTE DA 30.350
sportiva, il suo terreno ideale resta
EURO PER ARRIVARE
AI 45 MILA EURO
l’autostrada, ma in curva è sempre
ben sostenuta e anche ad andature allegre rimane ben piatta. Lo sterzo inoltre è preciso e
la 508, nonostante i 15 quintali di peso, è piuttosto agile
e rapida tra una curva e l’altra. Il 1.6 turbo a iniezione diretta di benzina da 165 cavalli ha un’erogazione corposa
e lineare che va però a discapito della brillantezza. Carattere più sportivo invece per il 2 litri 4 cilindri turbo Diesel che, nonostante qualche cavallo in meno (la versione
in prova ne aveva 150 ma ne è prevista anche una da 180),
ha una maggior coppia che dinamicamente si traduce in
una risposta più pronta all’acceleratore. Marco Sormani
Gli interni della nuova Peugeot
508 restyling, già presente
nelle concessionarie
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LETTERE
AL DIRETTORE
Bene Alfano, non bene
il filosofo che per ferire
l’ateo bombarda BXVI
C
aro direttore, inizia il Sinodo e io e Silvia in questi
giorni facciamo 14 anni di matrimonio…
Fabio Sansonna Monza
Il mio chirurgo preferito e la sua sposa per sempre, da
non so quanti anni accudita e attesa al mistero in una
clinica per persone in stato vegetativo, o come si dice.
Ecco, io mi sento umile solo davanti a queste grandi avventure e vere povertà. In mezzo, direbbe Albert Camus, c’è un mondo che fa ridere.
2
Caro direttore, non essendo riuscito
ad andare al Meeting di Rimini, mi ero
perso l’intervento di Borghesi nel dibattito sulla attualità delle vita di don
Giussani, così con una certa curiosità ho ascoltato su youtube l’ultima sua
performance al centro culturale Altinate di Padova del 30 settembre. Vorrei segnalarle una delle affermazioni
strabilianti lì contenute: «Già Ratzinger
fece quell’errore di metterci Maometto di mezzo nel discorso di Ratisbona e
ci furono uccisioni, ci furono persecuzioni. Non si può dire che è l’islam, perché nell’islam c’è di tutto… E se dici così è perché vuoi la morte dei cristiani».
Finalmente una accusa di procurato
genocidio con mandante certo, Ratzinger, il Papa, che tenne una lectio magistralis all’università di Ratisbona. C’è
da chiedersi se le fatiche oratorie del
Nostro non l’abbiano un po’ consumato nell’umore e non debba giustamente prendersi un decennio sabbatico o
se non sia piuttosto una scelta per diventare mediatore in Iraq con l’Isis. O
forse è sotto effetto di Lsd. Antonio Simone
Devo dire, a comprensione di Borghesi, che l’acido lisergico è un incidente di percorso dentro un più
ampio discorso in cui il filosofo presenta Isis e Tea party come due facce della stessa «teologia-politica». E
dove la «teologia di destra di Euse-
bio» fa il paio con «la chiesa mummificata di Pio XII». D’altra parte, la
chiave di lettura che Borghesi offre
nella sua conferenza padovana può
dispiacere, però ha il merito di essere chiara: muove da un simpatico (lo
dico sul serio perché Borghesi è veramente un simpatico) umore nero
anti Giuliano Ferrara e trattiene come sciagurata l’epoca di Camillo Ruini alla Cei (e scusate se è poco visto
che Sua Eminenza regnò alla Cei per
di Fred Perri
QUESTA È L’ITALIA
L’
ultima giornata di campionato ci ha riportato indietro nel tempo, compagni, amici e bastardi
d’ogni ordine e grado. Improvvisamente un ottobre fa: Juventus, Roma, gli arbitri, i centimetri, i rigori, i fuorigioco, le polemiche. I romanisti hanno rispolverato l’arsenico e i vecchi merlettati discorsi di
un tempo, adombrando come al solito la supervisio-
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ne bianconera sugli arbitri. Non solo loro, ovviamente. Mentre guardavo la partita continuavo a ricevere
sms degli interisti che, in attesa di venire spappolati
a Firenze, si univano al coro anti juventino, chiedendo il mio illuminato e cinico parere. Fratelli, sapete come la penso. Sono, nel football, eretico e seguace della gnosi. Tutto s’arrotola su se stesso e alla fine ritorna
Foto: Ansa
Se la sconfitta non è mai colpa mia
(o di Gervinho) ma del solito Complotto
[email protected]
più di tre lustri giovanpaolini e ratzingeriani, dal 1991 al 2007). Tutto
quel che capita oggi in Medio Oriente è ancora colpa di Bush e tutto
quanto di “liberale” che capita oggi
nella Chiesa cattolica è antecedente
al IV secolo o procedente dal Concilio Vaticano II. Tutto interessante,
tranne sentire accusare di «clericalismo», «fondamentalismo», «mescolare sacro e profano» la Cei perché
si permette «di intervenire sulla situazione sanitaria, scolastica, del lavoro». E poi, come fa un filosofo cattolico a sostenere che «l’impegno
dei laici ha un contenuto positivo, di
katekon, di contenimento del male,
ma è incapace di generare la fede»?
E che ci stiamo a fare nelle Chiesa
noi poveri operai che siamo, se da
giornalisti o filosofi, contadini o politici, possiamo solo fare da «contenimento al male» ma non «rendere ragione della speranza che è in noi»?
2
Scusi il ritardato. Siamo soliti fare
l’abbonamento al Meeting ma impegni di lavoro non ci hanno permesso di
essere a Rimini. Grazie perché portate con il vostro giornale uno sguardo
umano su quel che accade! Massimo Mapelli via internet
Non solo. Ha visto che il ministro Alfano ha risposto al nostro: dov’è il
ministro dell’Interno quando giudici
e sindaci iscrivono all’anagrafe matrimoni che non esistono? Muy bien.
2
Il 5 ottobre eravamo nell’area pedonalizzata di via Scarlatti al Vomero per la
PREGHIAMO PER IL SINODO
Padri, siate virili. Insegnateci
ad amare fino a morire
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
«S
antità siate virile», scriveva al Papa la giovane Caterina da Siena. Io non sono
santo come Caterina ma sento il bisogno di gridare ai padri sinodali di non
lasciarsi condizionare dalla pressione dei mezzi di comunicazione che vogliono ridurre il tema del Sinodo a quello della comunione ai divorziati risposati. «Siate virili», mi permetto di dire citando la santa. Spiegate al mondo che la Chiesa è figura
di Maria che ha generato un Figlio che è morto per amore. Amare fino a morire: questa è la lezione che i laici cristiani hanno bisogno di ricevere dai loro pastori. Si sa: nel
matrimonio si possono creare situazioni limite insostenibili. Ma è anche vero che l’impressionante aumento dei cristiani che divorziano dipende dalla loro scarsa formazione all’amore. Non conoscono Gesù: non leggono il Vangelo, non lo ricevono nell’Eucarestia, non hanno dimestichezza con Lui nella preghiera. Dove può andare la Chiesa
con dei fedeli che sono infedeli all’amore, infedeli alla parola data? Cristiani tiepidi da
vomitare, come dice la Scrittura (Ap. 3,16). Questo è il problema dei problemi. La formazione dei laici cristiani è carente. Non conoscono in pratica il primo comandamento che è quello dell’amore. Per cui facciamo tutti penitenza, preghiamo e impariamo
dai primi cristiani che hanno saputo dare la vita per amore di Gesù. Come dice Costanza Miriano, alle volte il matrimonio sarà come mordere un sasso, ma i santi martiri
c’insegnano a mordere anche i sassi. Per amore, solo per amore.
veglia delle Sentinelle in piedi. A Napoli,
come nelle altre 100 città d’Italia, in silenzio, fermi, con un libro in mano. Una
semplice manifestazione pacifica, pulita, ordinata. Eppure siamo stati aggrediti e per un’ora non abbiamo avuto
tregua. Molti dei passanti che volevano
aderire alla manifestazione sono scappati impauriti. Altri non sono riusciti a
raggiungerci. Una contro-manifestazione, infatti, ci ha circondati e presi di mira con insulti, bestemmie, profilattici
pieni d’acqua lanciati con rabbia, fogli
di carta ritagliati con immagini oscene, canzoncine provocatorie e blasfeme, lancio di accendini e di uova in testa. E urla, urla e ancora urla. Violenza
animalesca anche contro la polizia che
ci faceva da scudo. Ma nessuno ha ceduto. Siamo rimasti tutti in piedi, silenti, fermi. Ma perché tanto odio? Lorenza Formicola via internet
Perché l’odio è la faccia dell’ignavia.
Foto: Ansa
SPORT ÜBER ALLES
da dove è cominciato. Insomma, alla fine tutto si riequilibra e chi merita di vincere, vince.
Del resto, se la pensassi diversamente, per quale
motivo pagherei un abbonamento di Sky o peggio, come molti di voi fessi, farei chilometri per andare a sudare o a prendere pioggia, vento e gelo in uno stadio?
Se pensassi che c’è il grande vecchio che decide o che
gli arbitri faranno vincere la Juventus che senso avrebbe stare qui a parlare di calcio? Se stiamo retrocedendo, in ogni settore, è anche per questo nostro modo
di vedere la vita, per cui ogni volta che perdiamo non
è per causa dei nostri sbagli o di quelli di Gervinho e
Renzi, ma per un Complotto.
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%001
Mosul. I terroristi
marchiano le case dei
cristiani con la lettera “N”
(Nazarat). Per loro, niente
razioni di cibo e acqua
Leone Grotti
TUTTI GLI ARTICOLI
La fecondazione eterologa e la
necessità di un rinnovato
impegno perché la persona non
sia ridotta a “cosa”
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LETTERE DALLA
FINE DEL MONDO
LA MIA ESPERIENZA DA EDUCATORE
Perché non dobbiamo
abbandonare i giovani
allo Stato e alla scuola
| DI ALDO TRENTO
C
aro padre Aldo, ieri una ragazza di 15 anni, figlia di un mio amico, si è tolta la vita. Non
so perché lo ha fatto, non so cosa l’ha spinta, ma mi ha fatto pensare a come vedo vivere
tanti ragazzi che, rifiutando la realtà in cui vivono, sottovalutando l’importanza di avere
amici veri, non conoscendo l’importanza di avere punti di riferimento certi, rifiutano la realtà e
vivono nella speranza di “apparire”. Vedo ragazzi che passano i giorni senza stimoli, senza ideali,
annegando nella banalità. Penso che un primo modo di rispondere all’inevitabile, umana esigenza di aiutarli sia quello di fare un lavoro su di me, per essere sempre più vero. E poi? Luigi
D
on Giussani, già 60 anni fa, aveva intuito che il problema più importante nella vita e del-
la vita è l’educazione che lui definiva come la capacità dell’educatore di introdurre l’educando nella conoscenza della realtà nella sua totalità. Il problema non sono i ragazzi, ma
la mancanza di “punti di riferimento certi”. I ragazzi oggi come ieri sono assetati di senso della vita. Il loro cuore come quello di ogni uomo vibra del desiderio di sapere se la vita vale la pena viverla o è una passione inutile. Se questa vibrazione non incontra un volto in cui nitidamente si legge ciò che il ragazzo cerca, inevitabilmente si trasforma in disperazione o viene appiattita dallo
smog di quella mentalità nichilista che tutti respiriamo. Il gesto di quella ragazza mi ha prostione che voglio segnalaCOME POSSIAMO RISPONDERE
vocato a riprendere sempre più coscienza delre è la mentalità femminista
AL GRIDO DI AFFETTO DEI RAGAZZI? che è entrata anche nelle fala mia responsabilità educativa. Tutti i giorni
quando vado nelle 3 case che accolgono più
miglie più belle che conosco,
IL DRAMMA PIù GRANDE DI UN
di 50 bambini e ragazzi, vedo nei loro sguarper cui se una donna non ha
PADRE STA NEL SAPER RISCHIARE
di una sete impressionante di appartenenza.
un titolo universitario e non
È evidente la loro esigenza di avere un punto
SULLA LIBERTÀ DEL PROPRIO FIGLIO lavora fuori casa non si senda guardare. Ma un punto fisso come il papà,
te realizzata. La crisi dei figli
la mamma o un educatore non si inventa, non
adolescenti è sempre affettiva, cioè di apparMia madre è sempre stata con me e i miei frasi costruisce a tavolino, è il frutto di un avvetenenza. Hanno bisogno di un calore umano vitelli e quando doveva andare al campo a lanimento che entra nella vita di una persona, la
vendo in un mondo freddo.
vorare ci portava con sé. Mio padre è dovuto
cambia e la rende attrattiva per gli altri.
Gabriele è un ragazzo di 15 anni. Non ha né
emigrare. Nella loro semplicità ci hanno inseTutti si lamentano dell’inesistenza della fapadre, né madre. È con noi da 7 anni. È arrabgnato una cosa molto importante: la madre
miglia e di una scuola a pezzi. Lo ascolto tutbiato con la vita e per questo reagisce violendeve essere madre e dare ai figli l’affetto e il
ti i giorni dai miei ragazzi messi al mondo per
temente ad ogni richiamo. Alcune settimane
tempo di cui hanno bisogno. Se Dio mi avesse
istinto e poi abbandonati. Ma penso anche a
fa dopo l’ennesima stupidaggine gli ho detto
chiamato al matrimonio, io sarei andato a laquei bambini che rimangono soli perché i geche nessuno lo costringeva a rimanere con noi.
vorare anche 24 ore al giorno pur di lasciare la
nitori, la madre soprattutto, non fanno altro
Così se n’è andato. Il dramma di un padre sta
mia sposa a casa con i figli.
che lavorare. Come possono rispondere al gritutto nel saper rischiare sulla libertà del figlio.
La porta è sempre aperta
do di affetto dei propri figli? A mio giudizio,
Ho pregato per lui, perché non facesse una
Non si può mettere al mondo un figlio e poi
guardando la mia esperienza, non bastano albrutta fine. Ed è tornato. Che bello che esista
consegnarlo alla Stato o alle scuole private.
cune ore della settimana per stare con i proun posto da cui poter fuggire, ma dove puoi
Solamente nel caso di vere difficoltà economipri figli. Se io non vivessi con i miei bambini
sempre tornare e trovare qualcuno che quanche non vedo alternativa per cui è necessario
e stessi solo alcune ore con loro, non si sentido hai paura ti prende per mano.
[email protected]
che anche la moglie vada a lavorare. La querebbero voluti bene.
|
| 15 ottobre 2014 |
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taz&bao
Cose
da pazzi
Se il diritto si costituisse solo sulle decisioni
dei popoli, attraverso i decreti dei principi,
per le sentenze dei giudici, allora ci
sarebbe il diritto di rubare, di commettere
adulterio e di falsificare i testamenti,
qualora questo fosse approvato attraverso
i decreti o le votazioni delle masse. Ma se
le deliberazioni e gli ordini degli stolti
potessero avere così tanto potere da essere
in grado di stravolgere l’ordine della natura
attraverso il loro verdetto, perché allora
non decidono anche che ciò che è nocivo
e pericoloso deve essere ritenuto buono e
salutare? Oppure, se la legge positiva può
rendere l’ingiusto giusto, perché non può
fare di ogni male un bene? In realtà noi
non possiamo distinguere una legge buona
da una cattiva in nessun altro modo se non
in base ad una norma della natura; non
solo il giusto e l’ingiusto vengono distinti
per natura, ma anche tutto ciò che è buono
e ciò che è turpe [...] pensare che queste
cose siano frutto dell’opinione e non poste
dalla natura, è da pazzi.
Cicerone De legibus, I, XVI, 43-44
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| 15 ottobre 2014 |
| Foto: Ap/LaPresse
MISCHIA
ORDINATA
NELLA METROPOLI DELLA VITA
In mezzo alla caciara generale
confidiamo in una voce amica
di Annalisa Teggi
«Attento si fermò com’uom ch’ascolta» (Inferno, canto IX)
G
nelle grandi città, e ne parlano tutti. A Milano, la
metropoli cosmopolita, si è celebrata la settimana della moda. Passerelle, flash
e location mozzafiato ci hanno consegnato
oracoli ermetici sullo stile per la primaveraestate 2015, che sarà: iconico, optical, etnosport. Ma domattina nessun ispirato stilista
sarà lì ad assistere noi signore
quando, aprendo un armadio Piccole cose gigantesche accadono in città: corpi
pieno zeppo di roba, sbuffere- senza passerelle, volti senza flash, voci senza
mo dicendo che non abbiamo stampa. faccende che spetta a noi non trascurare
niente da mettere, mentre un
marito implorante ci chiederà se si può fare to da qualche parte, proprio su quelle stesse
qualcosa in fretta per una macchiolina sul strade, c’è anche Bruno, un volto e una voce
che hanno bloccato la frenesia del mio zapcollo della camicia.
A Venezia, la romantica senza tempo, è ping serale. È un giovane adulto nato e crepassato il corteo di vip e paparazzi al segui- sciuto nella Napoli delle piazze di spaccio, è
to del matrimonio dell’anno: George e Amal uno che ha conosciuto in prima persona dehanno pronunciato il fatidico sì. E solo i co- linquenza e violenza, ma ora ripulisce dalniugi Clooney potevano destreggiarsi tra i le siringhe un campetto di calcio dove giopericolosi dondolii delle barche del Canal cano i bambini. E durante l’intervista che ha
Grande con sorrisi perfetti, capelli impecca- rilasciato a Sandro Ruotolo per Servizio pubbili e tacco 12. A qualcun altro sarebbe ca- blico, Bruno viene inquadrato mentre va da
pitato uno sgraziato scivolone. Infatti, solo un drogato a fargli la ramanzina in un parqualche settimana fa nello stesso contesto co pieno di spazzatura. Lo incalza dicendolagunare a una coppia di turisti, in luna di gli che si è ridotto pelle e ossa, gli chiede da
miele, è caduto l’anello nuziale nella melma quando non fa le analisi del sangue, lo sbudi un canale e la neo sposa si è buttata pron- giarda, e più lo pressa con severità più si ditamente in acqua per recuperarlo. Quello sì mostra amorevole. Alla fine, lo chiama per
che era un momento da immortalare, per un nome ed esclama: «Save’, noi t’ perdimm!».
vero fotografo di matrimoni.
Saverio, noi ti perdiamo.
E poi c’è Napoli: bella e incompresa, belPiccole cose gigantesche accadono nella e tradita, bella e ferita – insomma una le grandi città: corpi senza passerelle, volti
contraddizione vivente, proprio come il cla- senza flash, voci senza stampa. Tutte faccenmoroso caso che l’ha riportata al centro del- de che spetta a noi non trascurare. La nostra
le cronache. L’inchiesta Why not è diventa- distrazione è la grande metropoli in cui tanta, con accento partenopeo, «guai nott» (guai ti campetti aspettano di essere ripuliti; in
di notte) per il neo-sospeso sindaco De Magi- mezzo alla caciara generale, il vero pericolo
stris, colpito dalla spada della legge che lui è ascoltare chi impone la sua presenza e non
stesso fieramente impugnava. E con intervi- chi ha bisogno. Così Bruno mi ha reso chiaro
ste in prima serata, dichiarazioni ironiche una volta di più il senso dell’allerta, il valore
eppure affilatissime, lui proclama che conti- di tenerci d’occhio a vicenda, perché in fonnuerà a fare il primo cittadino dalla strada, do tutti confidiamo nella presenza di una volì dove dice che la gente lo sostiene. Intan- ce amica pronta a dirci: non ti voglio perdere.
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| 15 ottobre 2014 |
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randi eventi accadono