Il nostro “corrispondente” dagli Stati Uniti d`America Nicolò Martini

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Il nostro “corrispondente” dagli Stati Uniti d`America Nicolò Martini
Il nostro “corrispondente” dagli Stati Uniti d’America Nicolò Martini dallo Stato
di Washington è giunto in quello do New York (“bel salto” passare dalla costa
occidentale a quella orientale degli States!)
Nicolò ci racconta le sue ultime avventure, le avventure di un giovane
viaggiatore alla scoperta del Mondo.
Inserito al n. 4, Anno scolastico 2015/2016 di Pink Freud, giornalino degli
studenti del Liceo delle Scienze Umane Duca d’Aosta di Padova.
"Hi! How is going on?”
Che è un po’ come da noi dire “Hey, bella lì, come va?”.
Qui negli States tutti te lo chiedono fino alla nausea anche se in
realtà è solo una frase di circostanza. Giusto perché un pizzico
d’ipocrisia lo si trova anche qui.
Ma, comunque, volevo solo dirvi “Ben ritrovati!” Ci eravamo lasciati
circa due mesi fa a Seattle e, con non poca sorpresa, ora la mia
vita è quasi completamente cambiata. Avrei voluto trovare prima il
tempo di condividere con voi le mie avventure ma, purtroppo o per
fortuna, il mio cervello era focalizzato sugli eventi che si sono
susseguiti ininterrottamente in quest’ultimo periodo e che hanno
reso la mia vita ancora più sorprendente.
I primi di dicembre mi rendo conto sia arrivato il momento di
ringraziare cordialmente la mia famiglia ospitante di Seattle e
altrettanto cordialmente fare i bagagli. Tutta la cortesia menzionata
è in realtà pura finzione. I rapporti, si sa, possono prendere
inclinazioni non del tutto piacevoli e, se ci si rende conto che si ha
più da perdere che da guadagnare, credo sia fondamentale
fermarsi un attimo e riflettere. Ho così deciso di cercare una nuova
“host family” assumendomi però il rischio di dover lasciare il Paese
qualora non ne avessi trovata una nell’arco di due settimane;
queste le regole della mia agenzia. Vi esporrei i motivi della mia
tanto ardua decisione, ma a che servirebbe? Quando c’è un
problema è più importante risolverlo che continuare a rimuginare su
di esso.
Le due settimane erano quasi trascorse e, quando tutto ormai
puzzava di scaduto, ecco che si presenta l' e-mail del secolo. Una
famiglia è interessata a me! Si, proprio a me! Io che mi considero
l’ultimo dei baby sitter d’America vista la mia totale assenza d'
equilibrio con i bambini. Un attimo prima aspiro ad essere un
dittatore e li metto in riga con i miei divieti. E un attimo dopo sono
spalmato sul divano con loro a mangiare i tanto “salutari”
“Maccheroni cheese”; una brutta, ma tanto brutta, copia dei
nostri maccheroni.
Beh, con mia immensa gioia, il colloquio prese la giusta piega fin
dai primi minuti su Skype e, dopo tre settimane da quella video
intervista, eccomi qui a conquistare la città che dicono non dorma
mai. New York City! In realtà son fandonie. La metro chiude alle
2:30 e riapre alle 5:30 del mattino. Ma, dettagli a parte, mai avrei
detto che mi sarei trasferito qui. New York è esagerata. Ti apre in
due il cervello! Ogni giorno qui è una novità. Conosco persone che
non pensavo neanche stringessero la mano da quanto "importanti"
sono. Frequento luoghi in cui neanche credevo mi avrebbero mai
fatto entrare. Si, io che vivrei in infradito, ho noleggiato uno smoking.
Però, allo stesso tempo sto scoprendo passioni trasformarsi in
abilità. Mi piace sempre di più cucinare e scrivere sta diventando
un'ottima terapia per la mia mente. Una cosa, però, diventa sempre
più chiara: il viaggio è il migliore degli sballi. Emozioni vive come
fossi lucido ma cervello totalmente tra le nuvole come fossi strafatto.
Mancavano pochi giorni a Natale e, con un biglietto per il JFK
airport di New York nell’ iPhone, decisi che era il caso di festeggiare.
E’ a tutti ormai nota la mia avversità a questa festività ormai
sinonimo solo di consumismo ma, sentii il bisogno di prendere un
altro aereo. Un aereo per il più bello dei paesi al Mondo: casa mia.
Che Natale sarebbe senza la Mamma? Certo, suona di un dolce e
smielato che servirebbe un carrello d’insulina per ripristinare la
situazione, me ne rendo conto. Ma vi assicuro che, almeno per
quanto mi riguarda, gli affetti diventano sempre più tali man mano
che passa il tempo lontano da loro. Erano circa quattro mesi che
non rivedevo la “mia” Terra. Gli amici, sempre uguali e più sconvolti
che mai. E poi il tanto stimato cibo italiano. Che benessere! Come
di consueto, le cose le si apprezza di più quando vi si è privi. E vi
assicuro che a me, la pizza, quella vera, mancava assai! Anche il
Campari mi mancava parecchio, ma credo non sarebbe definito
“educativo” se lo scrivessi su un giornalino scolastico. Ops!
Ora, da circa un mese, vivo nella periferia di Manhattan in una
bellissima casa dei primi del ‘900. Cade a pezzi, però tre vie più in
là abitano Beyoncè e Jay Z quindi potete capire quanto mi senta
come Willy il Principe di Bel Air, la mattina, mentre accompagno i
bambini a scuola. Già, per l’appunto, sono qui per cercare di dare
una spolverata di felicità e cultura a due promettenti ragazzi di uno
e due anni. Due cuccioli, figli di una coppia gay; dettaglio che ci
tengo a precisare giusto per sferrare una sonora, ma pur sempre
simbolica, ginocchiata sulle gengive a tutti coloro che ancora sono
fermamente convinti dell’impossibilità per due uomini di esser buoni
genitori. Non è che siete convinti, è che siete impauriti da ciò che
non conoscete. E, così, per dare un’idea di che tipo di papà si tratta,
parliamo di una coppia di uomini di mezza età, entrambi laureati,
che parlano giapponese, coreano e tedesco, oltre che inglese
ovviamente. Ho di fronte a me, rispettivamente, uno dei più abili
avvocati di Manhattan - laureato a Yale - e un medico iperbarico. Si,
ho dovuto cercare su Wikipedia il significato di questo termine,
perché manco io lo sapevo. Ma vi assicuro che, al contrario
dell’imponenza dei loro impieghi e dei loro conseguenti stipendi,
vivo con due persone umili e con gli stessi peccatucci di qualunque
altra famiglia. Ai loro figli non manca davvero nulla. Nè da un punto
di vista economico, mi par ovvio, né da un punto di vista affettivo.
La loro educazione non comprende alcun genere di violenza, tanto
che i cartoni animati che il più grandicello può vedere sono
totalmente privi di conflitti o combattimenti vari. Per non parlare poi
dei continui stimoli ad esplorare che gli vengono dati; se non sto
attento mi trovo il più piccolo in lavastoviglie giusto perché vogliono
fargli scoprire quanto più possibile. I weekend sono interamente
dedicati a questi due cuccioli e, ogni sera, i genitori rientrano non
più tardi delle cinque per cenare tutti assieme come la più classica
delle famiglie. Nonna compresa. La stessa nonna che ha snobbato
la mia polenta fatta a mano con porcini e Grana. Si, esatto, proprio
io mi sono preso l’appellativo di “Chef Nicolò”; chi avrebbe mai
pensato d’imparare a cucinare in un paese con una quasi totale
assente tradizione culinaria? Eppure eccomi qui! Eccomi qui a far
felici ‘sti poveri Americani che se ti distrai un attimo mangiano primo
e secondo e verdura tutto assieme così facciamo prima. Ma
mettermi ai fornelli mi rende felice perché so che, se ci metterò un
po’ d’amore, renderò felici altre persone. Il cibo, d’altronde, è un
piacere e rendere felici gli altri, con esso, per me è una gioia ancora
più grande.
Lo ripeto, mai avrei pensato di arrivare dove sono ora. A soli 22
anni. Ma lo può fare chiunque, believe me (ho pure imparato
l’inglese).
Fidatevi, cominciate a viaggiare e capirete quanto ancora più
meravigliosa potrà esser la vostra vita. Sarà, per l’appunto, una
continua sorpresa!