Intervista ad Alessandro, operatore Caritas presso le zone terremotate

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Intervista ad Alessandro, operatore Caritas presso le zone terremotate
Intervista ad Alessandro, operatore Caritas presso le zone terremotate
Ciao Alessandro, ci racconti qualcosa di te, della tua esperienze di studio , lavoro e
volontariato che hai svolto finora?
Ciao a tutti! Sono Alessandro di Casazza, mi sono diplomato presso il Liceo Scientifico Lorenzo Lotto di Trescore e, in
seguito, mi sono iscritto al corso di educatore nei servizi sociali e di comunità presso l’università di Bergamo. Tra due
tiri a un pallone e qualche parata nelle giovanili della squadra di calcio locale, c’è sempre stato il campetto
dell’oratorio come sfondo delle mie avventure!
Ho sempre frequentato l’oratorio sia come animatore del Cre, educatore per i gruppi adolescenti nel corso dell’anno
o nei campi scuola estivi o invernali.
Dopo qualche anno l’esperienza di volontariato è diventato una vera e propria esperienza lavorativa: ho partecipato
al progetto “Giovani insieme” promosso da Diocesi di Bergamo e dalla Regione Lombardia volto a incrementare
l’attività animativo-educativa negli oratori. A seguito di questa esperienza ho cominciato una lunga serie di
esperienze con le cooperative e i vari enti del territorio: con la Cooperativa Crisalide per il progetto PIPPI, con il
Consorzio Servizi ValCavallina e la Cooperativa Ruah per lo SPRAR, un progetto territoriale per i richiedenti asilo e
rifugiati.
Ed ora eccomi qua, a servizio della Delegazione Regionale Caritas Lombardia a servizio delle persone terremotate
del Centro Italia.
Quando hai cominciato il tuo servizio a favore della popolazione terremotata? Quali sono i
tuoi compiti presso la Diocesi di Rieti?
Nei primi giorni di gennaio ho incontrate le mie 2 colleghe: Mariariosa e Giulia. Insieme abbiamo cominciato la
formazione che ci permetterà di lavorare in questo anno 2017 a favore della popolazione terremotata.
Tra gli obbiettivi di questa formazione c’è stato quello necessario di creare un’équipe forte e coesa che sappia
mettersi in ascolto e in relazione non solo con la popolazione locale ma anche con la macchina istituzionale e le
delegazioni impegnate sul territorio. Non solo, quei primi giorni sono stati l’occasione per cominciare a comprendere
la situazione terremotata e imparare a ragionare per progetti all’interno di un dialogo aperto con tutte le parti
coinvolte.
Quale è la situazione che hai trovato? Come stanno le persone che hai incontrato?
Le comunità che incontreremo hanno le caratteristiche delle comunità trasformate e delle comunità trasferite: due
caratteristiche che riassumono chiaramente la condizione vissuta dalle popolazioni. Nel primo caso si tratta di
comunità che hanno subìto lutti nel proprio nucleo familiare o nella cerchia di amici andando a perdere i propri punti
di riferimento base, i propri legami. L’ulteriore aspetto di cui si parla in questi casi è quello del transito, dello
spostamento. Le comunità sono trasferite negli alberghi o in autonoma sistemazione; pochi e da non dimenticare
sono coloro che sono rimasti.
Gli aspetti di comunità trasformate e trasferite hanno quindi creato delle rotture nelle relazioni oltre che nelle
emozioni e nell’economia. E’ proprio a partire dal riconoscimento di queste fratture nella rete sociale che si
svilupperà il mandato di noi operatori sul campo, che lavoreremo per la ricostruzione del senso di comunità e
socialità.
In parallelo a questi concetti si sviluppano però anche un’ampia serie di conseguenze a livello psicologico: avremo a
che fare con persone che si scontrano con lo shock dell’evento sismico, la morte, la paura permanente e la rottura
dei legami sociali. Aspetti interdipendenti che generano risposte e reazioni diverse nelle persone e che sarà buona
cura degli operatori ascoltare ed accogliere.
Cosa farete ora? Come si muove il team della Caritas Lombarda?
Nel caso delle emergenze è importante lavorare per progetti a partire dall’analisi della realtà.
Il nostro progetto si compone di due elementi fondamentali: lo studio di fattibilità, grazie al quale si verificano le
esigenze e si costruisce una risposta pertinente, efficace, efficiente e sostenibile. In questo caso specifico è
necessario uno studio di pre-fattibilità grazie al quale è possibile identificare le condizioni esistenti. In una parola:
mappare. Conoscere quindi quali sono gli attori coinvolti, dove si trovano e quali sono le esigenze.
Da un lato quindi il coinvolgimento delle molteplici Caritas regionali diventa un punto di forza per un confronto con
una visione esterna.
Dall’altro i progetti vanno costruiti insieme alle delegazioni locali e alle persone che vivono questi luoghi.
Tanto è quello che è già stato fatto, ad esempio la costruzione di una tendostruttura ad uso mensa che può
diventare – o forse già è – un punto per riunire la comunità e riattivare quel senso di appartenenza che da sempre ha
caratterizzato la popolazione locale, ma che il terremoto ha fatto vibrare fino a far cadere.
Da un’attenta analisi dei bisogni, si ha quindi l’intenzione di muoversi per gradi e di coinvolgere sempre le comunità
locali, affinché l’azione sia efficace e risponda a reali bisogni.
All’interno di questo approccio, l’ascolto e il supporto alle persone saranno due punti centrali nelle prime fasi
dell’intervento.
Nel primo caso l’ascolto è propedeutico alla creazione di una relazione forte e di fiducia con le persone coinvolte;
mentre nel secondo s’intende un supporto che abbia il senso dell’‘esserci’ in un contesto in cui molte cose non ci
sono più e il tempo sembra essersi fermato.
Caritas in questo si distingue perché non solo fa sentire la propria presenza e prontezza sul territorio, ma dimostra di
offrire un’attività continuativa e duratura.
Cosa hai visto sui luoghi del terremoto?
Sulla strada per Amatrice, si incontrano le frazioni che prima componevano il comune. Ora, rimangono case spezzate
coperte in questi giorni dalla neve e dal silenzio che regna sovrano. Si vedono tra le macerie frammenti di vita
quotidiana che sono stati abbandonati a metà; i panni ancora stesi, una tavola imbandita, le fotografie di famiglia.
Una cornice certamente desolante, ma che si compone anche di una natura che non smette di mostrarsi nella sua
eccezionale e invariata bellezza, con i Monti Sibillini innevati proprio di fronte.
Lo scenario cambia totalmente una volta raggiunto il centro di Amatrice. Qui, vicino al vecchio ospedale, hanno
posto la loro base diverse forze dell’ordine. C’è anche una tenda di Caritas Rieti, che distribuisce beni a chiunque ne
abbia bisogno.
Allego alcune fotografie, così potete farvi un’idea.
Grazie, Alessandro, a presto!