La Serenissima, 1719-1797, una marina
Transcript
La Serenissima, 1719-1797, una marina
La Serenissima, 1719-1797, una marina dimenticata Galli Sergio __________________________________________________________________Storia Navale_____ l’Arsenale Veneziano era stato per secoli il simbolo della potenza marittima di Venezia e, ancora nel XVI secolo, era considerato uno dei maggiori poli pre-industriali dell’epoca, capace di fornire, a dispetto del drammatico incendio avvenuto nel 1569, un valido supporto alla flotta posta in mare alla vigilia di Lepanto. Ma molta acqua era passata sotto i ponti dalla grande vittoria sui Turchi del 1571. Tra il XVII secolo e il 1718 Venezia combattè contro l’Impero Ottomano ben tre guerre molto sanguinose e altrettanto dispendiose per il suo erario pubblico. Dopo l’ultima di queste guerre (la Seconda Guerra di Morea, combattuta e vinta dai Turchi tra il 1715 e il 1718), anche l’Impero Turco era uscito stremato da tali confronti militari. In questo modo, per tutto il resto del ‘700, Venezia non fu più attaccata e godette di circa 80 anni di relativa pace. In questo lungo periodo, mentre la politica veneziana declinava lentamente a seguito della mancata introduzione di riforme da più parti richieste e mai effettuate, avviandosi alla sua inevitabile fine, la Marina Veneta e l’Arsenale Navale, grazie all’apporto di alcuni suoi uomini abili e illuminati come Marcantonio Diedo, Jacopo Nani, Angelo Emo e Pietro Paresi, rimasero sempre molto efficienti. Non essendo, però, più imminente il pericolo turco, per risparmiare preziose risorse pubbliche venne adottata una intelligente strategia di “fleet in being”: essa consisteva nel lasciare sempre in armamento e pronte all’uso, nella base navale di Corfù, una decina di navi (6-7 fregate e 3-4 vascelli) per combattere la pirateria barbaresca, mentre si costruivano e mantenevano sempre efficienti, negli scali coperti dell’Arsenale, fino a 20 vascelli (di solito di terzo rango) con tutta l’attrezzatura relativa (cannoni, alberi, vele, ecc.) pronti per essere varati nel giro di poco tempo in caso di guerra. Fu così che, a seguito dei lunghi anni di pace, molte di queste navi rimasero sugli scali, sempre ben curate, protette e pronte al varo, anche per 50 o 60 anni. Tale politica, non compresa dagli storici fino a metà del secolo scorso, fece loro affermare che, visto l’alto numero di navi presenti sugli scali e non varate, l’Arsenale fosse in quel periodo nel più completo immobilismo e abbandono. Questa verità è riemersa dall’oblio storico a partire dagli anni ’60 del ‘900, grazie alla scoperta negli archivi veneziani di nuovi documenti. Questo grazie anche all’opera di storici come Mario Marzari, Alberto Secco, Alvise Zorzi e altri. In realtà fino agli ultimi anni della sua esistenza La Serenissima potè contare su oltre 30 vascelli di linea, al pari della flotta francese coeva o di quella spagnola mentre quella inglese era più del triplo. Venezia fu quindi per tutto il ‘700 una potenza navale europea, con un potenziale bellico a basso costo per le finanze pubbliche, che si dedicarono così ad opere civili. Purtroppo la mancata adozione di riforme costituzionali portò gradualmente al collasso dello stato veneziano, tanto che Napoleone Bonaparte riuscì subito a prendere il controllo delle forze armate e disporne a suo piacimento. Il governo ormai indirizzava gli investimenti pubblici nello sviluppo dei possedimenti sulla terraferma o in grandi opere di salvaguardia idraulica dei fiumi e della laguna: nell’Aprile 1744 fu iniziata la posa dei famosi Murazzi, a difesa dalla furia del mare. Nel 1733 e nel 1755 presentò leggi di riforma, ma senza grande efficacia. Così avvenne che per contrastare l’accresciuta attività dei pirati barbareschi si cercò di giocare la carta della diplomazia e dell’oro: tra il 1761 e il 1765 vennero firmati alcuni trattati con i vari bey nordafricani, rappresentanti semi indipendenti della Suprema Porta Ottomana, che obbligarono la Serenissima a pagare una “protezione” dagli atti di pirateria. Così, mentre una patina di decadenza calava sulla Repubblica Veneta, illuminata solo da un’ultima, straordinaria fioritura culturale legata ad artisti come Tiepolo, Canaletto e Goldoni, i pirati diminuirono la pressione sui commerci Pag. 1-5 La Serenissima, 1719-1797, una marina dimenticata Galli Sergio __________________________________________________________________Storia Navale_____ veneziani. Il traffico commerciale conobbe una sensibile ripresa, grazie anche alla protezione della flotta veneta stanziata a Corfù. Ma il 24 Aprile 1766, dopo che nei mesi invernali si erano moltiplicati gli attacchi degli sciabecchi di Tripoli, il Senato usciva finalmente dal letargo ordinando di allestire una squadra di 4 vascelli e 6 cannoniere, al comando di Jacopo Nani. Il 4 Agosto la squadra si presentava davanti a Tripoli: come ai tempi gloriosi, grazie al deterrente dei cannoni della Serenissima, fu stipulato un trattato più favorevole a Venezia di quello del 1764. E nel 1767 fu utilizzato un analogo metodo per risolvere le tensioni con il bey di Algeri, grazie all’intervento di un’altra squadra navale veneziana, agli ordini di un giovane viceammiraglio: Angelo Emo. Costui era un patrizio veneziano di grande talento. La Serenissima era ormai l’ombra di se stessa. La città dei Dogi restava un luogo alla moda, con il suo carnevale, le sue feste, gli intrighi, le donne splendide e seducenti, ma ricorda lo scrittore Marcello Brusegan che nel XVIII secolo Venezia era “la casa di tolleranza d’Europa, con le prostitute che non si contavano (...) questa voglia di vivere parrebbe il sudario festoso da mettere sopra un cadavere ormai in sfacelo”. Il patriziato languiva, nonostante le continue iniezioni di nuovi nobili provenienti dalla nuova elite mercantile, ma da questa classe infiacchita nacque tuttavia nel 1731 l’ultimo, grande Ammiraglio della Repubblica. Il padre di Angelo Emo era l’ultrasessantenne Zuanne, prestigioso procuratore di San Marco. A 20 anni Emo, una rarità per quell’epoca tra i figli dei ricchi ed annoiati nobili veneziani, entrava in marina, la strada spianata dalle conoscenze del padre e favorita dalle inclinazioni del rampollo. Studioso di nautica e di matematica, Angelo dimostrò ben presto di saper tradurre in pratica le teorie apprese, come sottolinea il saggista alvise Zorzi: “quest’uomo aveva qualcosa di più di tanti altri colti e raffinati patrizi del secolo: capacità organizzativa, carisma di condottiero e nessun conflitto tra pensiero e azione”. Un carattere che mostrò ben presto le sue qualità: Comandante di un Legno da guerra già a 24 anni, dopo aver dato la caccia ai pirati, nel 1758 si salvò da una terribile tempesta al largo del Portogallo, confermandosi un abile marinaio. Patrono delle Navi, ovvero Contrammiraglio, nel 1763, due anni più tardi come Viceammiraglio assisteva il Nani nell’allestimento della squadra navale, che poi avrebbe comandato nel 1767, per mostrare la bandiera al bey di Algeri. In effetti, al comando in mare Emo alternava i classici impegni del cursus honorum del patrizio veneziano, e come Savio delle Acque e Censore accumulava una preziosa esperienza quale idrografo, aggiornando la mappa della Laguna, e come amministratore. Iniziava anche a ragionare sui problemi tecnici della flotta, che tornò a comandare Pag. 2-5 La Serenissima, 1719-1797, una marina dimenticata Galli Sergio __________________________________________________________________Storia Navale_____ quale Capitano delle Navi, cioè Ammiraglio, in una sfortunata spedizione contro i pirati di Dulcigno (1770-1771) e nella breve e indolore guerra contro Tripoli nel 1778. Dopo ulteriori incarichi nell’ammnistrazione civile, nel 1782 l’ammiraglio raggiunse l’incarico di Inquisitore (Direttore) dell’Arsenale: a lui spettava riordinarlo, ma anche avviare un piano mirato a portare la marina veneta al livello delle potenze marittime europee. Con l’occhio allenato dell’esperto marinaio, Emo acquistò i piani di costruzione di navi inglesi, rivolgendosi all’invitta Royal Navy per rimodellare la flotta della Serenissima. Le vecchie galee a remi furono relegate all’attività costiera e la flotta da battaglia fu incentrata su vascelli e fregate costruiti secondo i dettami più moderni, mentre contemporaneamente si miglioravano paga e addestramento dei marinai e i quadri ufficiali venivano aperti al merito, oltre che alla nobiltà. Il piano di riforma navale dell’ammiraglio giungeva appena in tempo. Sempre nel 1782, proprio mentre Emo assumeva la direzione dell’Arsenale, un grave incidente tornò a turbare i rapporti tra Venezia e il bey di Tunisi: alcuni mercanti di Sfax avevano infatti noleggiato un mercantile veneziano per i lor traffici; ma sulla nave era scoppiata la peste e per non correre rischi le batterie costiere dell’Ordine di Malta, alleato della Serenissima, l’avevano affondata mentre cercava di approdare sull’isola. Tra il bey Hammudah e il Doge, l’anziano Paolo Renier, iniziò una diatriba condita di richieste di indennizzo e minacce di ripresa della guerra corsara. Questo scenario provocò la reazione orgogliosa della Repubblica, sorretta dall’ottimo lavoro svolto da Emo. Questi fu incaricato di condurre l’ultima guerra della Serenissima, formalmente dichiarata il 6 Marzo 1784, col rango di Capitano Generale del Mare, alla testa di una squadra di 24 navi, comprendenti 5 vascelli e altrettante fregate. Una prima azione fu contrassegnata dal blocco del porto di Tunisi, La Goletta, e dal bombardamento di Susa, protrattosi per 17 giorni, prima dell’arrivo del maltempo (ottobre 1784). Nell’Aprile 1785 la squadra tornò ad attaccare Susa, per poi concentrarsi su Sfax e La Goletta. Emo, per ovviare al problema del pescaggio dei vascelli, che ne impediva l’avvicinamento alla costa, attaccò queste località con speciali batterie galleggianti, armate con mortai pesanti e protette con sacchi di terra per fornire protezione ai serventi. Le imbarcazioni, derivate dalla flottiglia di baterias flotantes spagnole allestite per il grande assedio di Gibilterra di pochi anni prima, avevano un pescaggio minimo ed erano trainate da scialuppe. I danni provocati tra Agosto e Ottobre a La Goletta e Sfax furono ingenti, ma nemmeno questa volta Hammudah cedette. Fu pertanto necessaria una terza campagna per aver ragione dell’ostinato bey, che nel frattempo aveva ottenuto anche la solidarietà degli algerini. Emo salpò le ancore da Malta nel Marzo 1786 e nei due mesi successivi martellò le coste avversarie. Sfax fu costretta alla resa dopo Pag. 3-5 La Serenissima, 1719-1797, una marina dimenticata Galli Sergio __________________________________________________________________Storia Navale_____ essere stata colpita da un migliaio di granate (4 Maggio 1786), quindi toccò a Biserta e Susa, semidistrutte da un bombardamento protrattosi sino al 6 Ottobre. Hammudah infine cedette, ma solo ad una pace di compromesso, avendo purtroppo il Senato rifiutato all’Emo 10.000 soldati coi quali sbarcare per un’azione decisiva contro Tunisi. La Serenissima accettò di pagare 40.000 zecchini al bey, che per contro tagliava dal 7% al 4% l’IVA di allora sulle merci importate ed esportate dai veneziani. Emo si consolò con la nomina a Procuratore di San Marco e con l’ultima vittoriosa azione contro i pirati che taglieggiavano Zante. Rimasto al comando della flotta anche quando si addensavano sull’Europa le prime nubi della tempesta che stava per travolgere la Francia, morì il 1° Marzo 1792 per una malattia, forse conseguenza delle tensioni con il Senato. Infatti, per risolvere una nuova vertenza sempre con Tunisi gli avevano preferito il suo giovane secondo, il Viceammiraglio Tommaso Condulmer, ambizioso e politicamente più allineato al Senato della Repubblica. Fregata Fama: impostata 1782, varata 1784; preda bellica francese a Corfù nel 1797: la fregata Fama fu l’ammiraglia della flotta allestita per la spedizione condotta da Angelo Emo contro i pirati barbareschi e riportò le spoglie dell’ultimo grande Ammiraglio in Patria nel 1792. Pag. 4-5 La Serenissima, 1719-1797, una marina dimenticata Galli Sergio __________________________________________________________________Storia Navale_____ Emo è considerato uno dei grandi ammiragli della storia navale italiana, e la Regia Marina gli ha intitolato due sommergibili: uno della Classe Pietro Micca del 1919 e uno della classe Marcello del 1938. Fonti: “Vascelli e fregate della Serenissima, navi di linea della Marina Veneziana 1652 – 1797”, Guido Ercole “La Repubblica del Leone”, Alvise Zorzi “Storia della Marina Veneziana”, Mario Nani Mocenigo Wikipedia Il Sommergibile Angelo Emo del 1938. Sergio Galli Pag. 5-5