LE GHIACCIAIE DELLA MONTAGNA PISTOIESE di Sergio

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LE GHIACCIAIE DELLA MONTAGNA PISTOIESE di Sergio
LE GHIACCIAIE DELLA MONTAGNA PISTOIESE
di Sergio Maestripieri
Quando ancora non c’erano i frigoriferi ed i congelatori, cioè fino a poco più
di mezzo secolo or sono, le possibilità di conservare carne, burro, pesce ed
altri alimenti deperibili erano affidate al ghiaccio.
Negli anni fra il 1920/30 ca. ed il 1950/60 ca. si usava il ghiaccio artificiale,
cioè l’acqua veniva fatta ghiacciare con procedimenti chimico-fisici e poi i
blocchi di ghiaccio che se ne ricavavano erano venduti a negozi di alimentari,
alberghi, ristoranti, ospedali, per i più diversi usi.
Prima della scoperta del ghiaccio artificiale e, per un certo periodo in
contemporanea, l’unico modo per produrre e conservare il ghiaccio era il
freddo dell’inverno e le ghiacciaie.
La valle del fiume Reno, da Le Piastre a Pracchia, si prestava benissimo a
questo scopo perché il freddo non mancava per diversi mesi l’anno e , per
questa ragione, fu scelta per la costruzione di molte ghiacciaie e relativi
“laghi”.
Un’altra zona adatta allo scopo era quella di Prataccio dove sorsero alcune
ghiacciaie, ma, le più grosse e importanti, erano quelle del Reno.
L’epoca delle ghiacciaie è all’incirca quella fra il 1850 ed il 1940 quando le
strade e poi la ferrovia permisero l’espansione di questa produzione. Infatti la
spedizione e distribuzione del ghiaccio erano effettuate prima con barrocci
appositi, foderati di lamiera zincata, e poi, con l’apertura della ferrovia
Pistoia-Porretta, anche con carri ferroviari dalla stazione di Pracchia.
Un impianto di produzione tipo è quello della “Madonnina”, vicino a Le
Piastre, recentemente restaurato e reso agibile al pubblico. Era anche l’unico
ad avere il “lago” in muratura, mentre le altre ghiacciaie avevano i rispettivi
laghi a prato. Il lago era l’invaso nel quale veniva convogliata l’acqua del
fiume e dove l’acqua stessa ghiacciava. Ai lati della strada per le Piastre si
può notare che ci sono molti prati piuttosto pari e con una specie di argine
rialzato dalla parte del fiume; molti di questi prati sono stati piantati con abeti
ed altri modificati negli anni, ma tutti erano utilizzati per la produzione del
ghiaccio.
Quando si avvicinava l’inverno l’erba di questi prati veniva accuratamente
rasata e ripulita; gli argini controllati e le gore, cioè i canali dove far scorrere
l’acqua derivata dal fiume, ripulite e controllate. La stessa cosa si faceva con
le “steccaie”, sorta di paratie composte da pali infissi nel letto del fiume che
avevano la funzione di rallentare e rialzare il fiume per creare un pozzo
d’acqua a livello della gora . Lungo la gora, di solito, c’era una zona larga e
poco profonda, dove l’acqua veniva fermata perché depositasse le eventuali
impurità.
Per far entrare l’acqua nella gora, fermarla nel pozzo di decantazione e poi
farla defluire nel lago, si usavano delle “calle”, cioè delle pareti mobili in
legno che intercettavano il flusso dell’acqua.
Per facilitare la formazione del ghiaccio il lago non veniva inondato
completamente per tutta la sua capienza in altezza ma si faceva passare una
parte d’acqua un giorno, quello dopo ancora un po’ e così via fino a
raggiungere l’altezza desiderata dei blocchi di ghiaccio che si volevano
ottenere. Questo sistema faceva si che durante la notte (e allora le notti
d’inverno erano davvero fredde!) l’acqua ghiacciasse più facilmente.
L’altro componente essenziale della ghiacciaia era il magazzino, che aveva la
funzione di conservare il ghiaccio fino al periodo in cui era più richiesto e
cioè l’estate.
Il magazzino o ghiacciaia era un edificio dalle più diverse forme e
dimensioni.
Nella valle del Reno se ne trovano di enormi, come quei due adibiti oggi alla
pesca delle trote, che sono rettangolari, oppure di ellittici o, la maggior parte,
di forma circolare.
Tutti , però, avevano una cosa in comune: erano seminterrati e questo per la
semplice ragione che maggiore era la superficie sotto terra e migliore era la
conservazione del ghiaccio perché la terra aumentava la coibentazione dell’
edificio.
Altra cosa comune a tutti era la forma del pavimento delle ghiacciaie che era
come una scodella con al centro una specie di pozzetto collegato con
l’esterno che aveva la funzione di drenare l’acqua prodotta dallo scioglimento
del ghiaccio immagazzinato.
Le pareti delle ghiacciaie erano molto massicce e tutte costruite con sassi di
fiume ben commessi .
Il tetto era costruito con un telaio di pali di castagno , che costituivano l’a
trama del tetto e pertiche messe trasversalmente per l’orditura; il tutto
coperto da paglia intrecciata abilmente per uno spessore di 30-40 centimetri.
Tutti questi accorgimenti erano tesi al mantenimento del freddo all’interno
della ghiacciaia.
Quando il lago era ghiacciato gli operatori procedevano alla raccolta; con
appositi attrezzi tagliavano i blocchi di ghiaccio e li trasportavano nel
magazzino, sistemandoli accuratamente per ridurre al minimo gli spazi vuoti.
Fra un piano e l’altro di blocchi venivano messe delle foglie di castagno
secche che impedivano ai blocchi di saldarsi l’uno all’altro.
Quando il ghiaccio era stato tutto tolto si procedeva ad un nuovo
allagamento, ad un nuovo raccolto e così via finché i magazzini erano tutti
riempiti e abbondantemente ricoperti da strati di foglie secche e poi si
aspettava la fine dell’inverno per cominciare a venderlo.
Questa attività stagionale impegnava decine e decine di persone: uomini,
donne e ragazzi, ognuno per la sua parte.
Gli uomini si occupavano dei lavori più pesanti, cioè quelli della raccolta e
dell’immagazzinamento del ghiaccio; le donne ed i ragazzi della raccolta delle
foglie e del loro trasporto alle ghiacciaie.
Per le ghiacciaie della valle del Reno e per quelle di Prataccio esistono due
esaurienti ricerche: la prima “L’acqua, il freddo, il tempo” a cura di alcuni
ricercatori per conto dell’A.C.A.R. (Acquedotto Consorziale Alto Reno) e la
seconda “L’industria del ghiaccio a Prataccio di R.Nesti. Consiglio di cercare
questi testi dove sono spiegati perfettamente i metodi di produzione e
conservazione del ghiaccio.
Pochi sanno, invece, che anche nella valle del Bardalone e della Maresca
furono costruite almeno 11 ghiacciaie.
Non mi risulta, né ho mai sentito dire, che ci fossero strutture in muratura atte
a contenere il ghiaccio; probabilmente, almeno nella zona di Campo Tizzoro,
se c’erano, sono andate distrutte con la costruzione dello stabilimento S.M.I.
E’ possibile, anche se improbabile, che si trattasse solo di “laghi”.
Comunque, ecco, qui di seguito, le schede relative alle ghiacciaie in
argomento :