Fuori dall`Altis. L`attività edilizia ad Olimpia nel II sec. a.C.

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Fuori dall`Altis. L`attività edilizia ad Olimpia nel II sec. a.C.
Annalisa Lo Monaco
Fuori dall’Altis.
L’attività edilizia ad Olimpia nel II sec. a.C.
A partire dal III sec. a.C., e con una certa continuità nei decenni a venire, una attenzione del tutto
privilegiata è destinata ad Olimpia all’erezione di impianti adibiti allo svolgimento delle pratiche agonistiche.
Sebbene la natura stessa del santuario e la fama dei giochi che ivi si svolgevano a cadenza periodica
avesse reso indispensabile da tempo lontano la costruzione di impianti utili allo svolgimento degli agoni
medesimi (stadio, ippodromo), bisogna aspettare la metà circa del III sec. a.C. (e ringraziare verosimilmente
la munificenza dei sovrani di stirpe tolemaica1) per assistere alla realizzazione della prima palestra, in un
settore esterno dell’Altis, come si conviene nei pressi di un corso d’acqua2 e di un heroon3 (fig. 1).
L’area, compresa tra le pendici del Kronos e lo scorrere delle acque del Kladeos, era ancora
relativamente sgombra di edifici, ove si eccettui un primo nucleo di vani in qualche modo funzionali alla
gestione amministrativa del santuario (theokoleon ed edificio G), ed alcuni ambienti utili ad una immersione
in acque fredde (piscina, bagni greci) che dovevano rendere più sopportabile i giorni di allenamento
preliminare all’effettivo svolgimento degli agoni4, nell’umido e caldissimo mese di Agosto5.
È in questo settore che si concentra l’attività edilizia tra il II e il I sec. a.C., sostanzialmente
indirizzata all’erezione del ginnasio, di nuovi impianti balneari, e di accessi festivi e monumentali alle nuove
aree in tal modo delimitate.
Non è del tutto evidente se si tratti di un progetto unitario, frutto di una pianificazione preventiva. Le
datazioni dei singoli interventi sono infatti piuttosto controverse, essendo gli unici elementi datanti costituiti
dalla tipologia dei pochi elementi architettonici conservatisi. In ogni modo, i cantieri sembrano muoversi
1
Ad un sovrano di stirpe tolemaica facevano già riferimento E. Curtius e H. Graef nella prima edizione del complesso. Cf. DELORME
1960, 108. Più cauto, invece, MALLWITZ 1972, 282 (Diese schöne Bau gehört ins 3 Jhs.v. Chr. und dürfte die Stiftung eines
bedeutenden Mannes, vielleicht eines hellenistischen Königs sein).
2
Il legame tra la localizzazione di un impianto ginnasiale e un corso d’acqua è stato a più riprese sottolineato. In generale, si vedano i
riferimenti di Ginouvés (1962, 125), con raccolta di fonti letterarie e documentazione archeologica.
3
Il legame privilegiato tra heroa e ginnasi e palestre è ben noto. Per una raccolta dei casi principali si rimanda al commento di Delorme
(1960, 448–50).
4
CROWTHER 1991, 161–6. Grazie ad alcuni accenni di Pausania (V 24, 9; VI 23, 2), Filostrato (VA 5.43) e di Giovanni Crisostomo (in
princ. Act. 51. 76, 5-10), sappiamo che nel mese precedente gli atleti si radunavano ad Elide, nel cui ginnasio procedevano
all’allenamento conclusivo e ad una sorta di selezione preliminare. Sul tema, cf. LEE 2001, 7–29 e W ACKER 1997, 103–17.
5
La data dello svolgimento dei Giochi è calcolata in base ai giorni della seconda luna piena dopo il solstizio di estate. In tal modo, essa
può ricadere nei giorni finali di Luglio o in Agosto, mesi ai quali uno scoliasta di Pindaro fa riferimento con l’indicazione di Παρθενίου ἢ
Ἀπολλωνίου μηνὸς (Ol. 3.35a.2). Cf. MILLER 1975, 220–1.
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Fig. 1 – Pianta di fase del santuario di Olimpia in età ellenistica (da Herrmann 1992, con rielaborazione di A. Lo Monaco).
senza soluzione apparente di continuità, passando da un edificio all’altro senza subire arresti di rilievo: stoà
meridionale del ginnasio (inizi del secolo, fig. 1.1)6, ingresso allo stadio (intorno al 160 a.C., fig. 1.2)7, bagni
circolari (metà del secolo, fig. 1.3)8, stoà orientale del ginnasio (fig. 1.4)9, ingresso al ginnasio (fig. 1.5)10, fino
6
La stoà meridionale, ad una sola navata, si apre a nord con un colonnato dorico, in origine probabilmente rivestito di stucco. A causa
delle esondazioni del Kladeos, non è nota la sua estensione originaria, non essendo conosciuto il limite occidentale: le possibilità
oscillano tra la lunghezza massima di 130/120 m, e la ricostruzione di SCHLEIF di 96 m x 5.23 di profondità (in DÖRPFELD 1935, 269, fig.
76). Come muro posteriore è utilizzato il muro settentrionale della palestra, collegata funzionalmente al ginnasio tramite un nuovo
ingresso; la quota delle fondazioni della stoà è di circa 0.60-0.70 più alta di quelle della palestra (P. GRAEF, in Olympia II, 127-8
(datazione contemporanea di entrambe le stoai al II sec. a.C.; MALLWITZ 1972, 284–9 (cf. DELORME 1960, 102–16 e W ACKER 1996, 45).
7
Lungo cento piedi, il passaggio utilizzava un muro di sostegno al thesauros di Gela sul suo lato settentrionale. L’accesso, con volta a
botte e cunei radiali, ricordato ancora da Pausania con l’appellativo di κρυπτή ἔσοδος (Paus. VI 20,8), era preceduto in direzione
dell’Altis da un ingresso monumentale: un propylon in calcare conchiglifero a tre fornici, scanditi da semicolonne corinzie scanalate su
base attica (6.50 x 0.90); l’architrave ionico a ricorso semplice era scandito in triplice fascia liscia, kymation lievemente aggettante e
gronda (R. Borrmann, in Olympia II,1, 68-70, tavv. XLVI e XLVIII). Schizzi a china dei capitelli corinzi delle semicolonne dei fornici
sembrano testimoniare l’impiego di un capitello a doppia corona di foglie d’acanto con la cima superiore ripiegata verso l’esterno, privo
dei caulicoli, e con helices che convergono al centro sul fiore d’abaco (R. Borrmann, in Olympia II, 1, 69, fig. 32 e 33). Le datazioni
proposte oscillano tra una cronologia “alta” tra fine III e inizi del II a.C. proposta da Mallwitz (MALLWITZ 1972, 188), la datazione media di
Heilmeyer agli anni sessanta del II sec. a.C. (HEILMEYER 1984, 251), e LAUTER 1999, 211 (seconda metà del II sec. a.C.) e le datazioni
più basse di von Hesberg (1994, 154, intorno al 100 a.C.) e Borrmann (in Olympia II, I sec. a.C.).
8
Il complesso si trova sulle pendici occidentali della collina del Kronos, a nord del Pritaneo. La struttura è compresa all’interno di un più
vasto complesso di età ellenistica (21 x 34.5), racchiuso da un muro di recinzione, e comprendente anche un pozzo circolare di due
metri di diametro, molto profondo (7.10 m) (SCHAUER 2001). L’edificio termale sia articola in un ambiente circolare, dal diametro di 5.75
m, scavato solo in parte e pavimentato a ciottoli, sul cui lato occidentale sono state individuate due vasche a semicupio in un unico
blocco calcareo, dalle misure analoghe agli esemplari conosciuti di età ellenistica (1.08 x 0.64 m). Sebbene le successive fasi di età
imperiale ne abbiano di fatto impedito lo scavo in estensione, è stato calcolato un diametro del radiale che permette la restituzione di 13
vasche affiancate le une alle altre. All’interno della circonferenza, un piccolo impianto circolare (diam. 0. 84) a sud delle vasche è stato
letto come pozzo di acqua calda. La funzione di laconicum era probabilmente svolta da un ambiente circolare dal diametro di 2.10,
immediatamente all’esterno del complesso termale. Al di sopra della conduttura di aria calda, era un apprestamento in cui erano
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A. Lo Monaco – Fuori dall’Altis. L’attività edilizia ad Olimpia nel II sec. a.C.
al primo impianto di bagni ad ipocausto
(fine II/inizi I sec. a.C., fig. 1.6)11.
Come è logico, per l’impianto del
ginnasio è prescelta la vastissima area ancora a disposizione immediatamente a nord
della palestra: è del tutto naturale erigere i
due edifici uno contiguo all’altro, ed addirittura correlarli fisicamente tramite un ingresso che dall’ambiente XII consenta l’accesso alla stoà meridionale del ginnasio e
da qui alla corte interna.
Frattanto, alle pendici del Kronos,
di fronte alla stoà orientale del ginnasio, si
allestisce un moderno impianto di bagni12
Fig. 2 – Impianto di bagni alle pendici del Kronos. Disegno dell’area
(figg. 1.3, 2): un’area all’interno della quale
(da SINN, LEYPOLD, SCHAUER 2003).
si può usufruire di bagni caldi in vasche
rettangolari allungate riscaldate da una canaletta alimentata da un praefurnium, forse un laconicum, e un
ambiente circolare, pavimentato a ciottoli, alle cui pareti sono addossate 13 vasche in calcare a semicupi,
contigue le une alle altre (fig. 3): esse, prive di canale di deflusso, sono rifornite manualmente d’acqua (forse
riscaldata) attinta da un piccolo pozzo realizzato immediatamente a sud. La parzialità dello scavo,
ulteriormente complicato dalla sovrapposizione del padiglione di età imperiale, rende difficile al momento
una visione complessiva dell’articolazione dell’area: non è chiaro, ad esempio, se alla struttura circolare ne
fosse affiancata una seconda, destinata ad ampliare la capacità recettiva e in qualche caso a differenziarne
la fruizione per sesso. La localizzazione “esterna” nei pressi della strada di accesso da nord, a ridosso
allettate due vasche rettangolari, piuttosto allungate (1.40), riscaldate dal contatto diretto con la canaletta, e dunque destinate a bagni
caldi per immersione.
9
La stoà orientale, ad una quota di 0.40 superiore rispetto alla stoà meridionale, è scandita in due navate dal colonnato dorico (mis.
10.11 x 210.51 m.; cf. COULTON 1976, 76 e MALLWITZ 1972, 285), con un orientamento determinato dal percorso dell’antica strada che
correva in direzione nord (W ACKER 1996, 20, n. 33). L’interno, pavimentato probabilmente in terra battuta, doveva essere utilizzato
come ξυστός, come provano alcuni segni di partenza e di arrivo individuati sulla base delle colonne, oltre allo straordinario sviluppo in
lunghezza del portico. La trabeazione era probabilmente lignea, dal momento che non è stato rinvenuto alcun elemento di epistilio e
cornici; le pareti interne erano rivestite con intonaco rosso, di cui si è conservato qualche elemento sporadico.
10
Porta anfiprostila in calcare conchiglifero a tre navate, più larga la centrale (2.49 m), più strette le laterali (1.38 m), inquadrate sulle
fronti orientale ed occidentale da quattro colonne corinzie su base attica (mis. ricostruite: 15.50 x 9.81 m, da W ACKER 1996, 22), al di
sopra di una crepidine ad un solo gradino. L’architrave, policromo, era decorato con bucrani e ghirlande. Frammenti del soffitto
cassettonato policromo, con un semplice profilo o decorati con rosette, furono rinvenuti reimpiegati nell’accesso allo stadio. La
datazione dell’intervento è piuttosto controversa: una data alta, tra fine II sec. a.C. e inizi I sec. a.C. era stata proposta da BorrmanN (in
Olympia II, 126), poi ribassata tra la fine del I sec. a.C. e l’età augustea da GARDINER (1925, 292–3) e DELORME (1960, 108). Da ultimo
W ACKER (1996, 47–52) sembra preferire una datazione “media”, circoscritta alla prima metà del I a.C. La tipologia dei capitelli tuttavia,
sembrerebbe un indizio a favore della cronologia “alta”, tra la fine del II sec. a.C. e gli inizi del I sec. a.C. (a favore della quale anche
MALLWITZ 1972, 289). Rakob e Heilmeyer propongono una datazione ancora più alta, alla seconda metà del II sec. a.C. (RAKOB,
HEILMEYER 1973, 26).
11
Intorno al 100 a.C. nel settore orientale del complesso fu realizzato il primo ambiente riscaldato ad ipocausto (7.92 x 9.51 m),
accessibile da nord-est, su fondazioni in ciottoli, frammenti di mattoni e pietre, con copertura a botte e abside sul fondo. Al di sotto del
pavimento è un sistema di suspensurae ben conservato, 90 pilastri in mattoni (50 x 50 x 8) per un’altezza di 0. 80-85 m, disposti a serie
di 7 su 13 file. Sul lato nord-ovest, una grande vasca rettangolare (1.26 x 3.30 m) era costantemente rifornita di acqua calda tramite una
testudo semicilindrica, in comunicazione con un ambiente retrostante, nel quale era stato sistemato il praefurnium. Il labrum circolare
collocato nell’abside della parete meridionale era riscaldato dall’esterno con aria calda. L’ingresso avveniva dalla stanza nell’ala
orientale, mentre l’ambiente contiguo fungeva da apodyterium. La realizzazione dei bagni ad ipocausto era datata intorno al 100 a.C.,
grazie al rinvenimento di piatti buccheroidi e di sigillata nel riempimento di una vasca (KUNZE, SCHLEIF 1944, 79–80). Una datazione
differente è stata proposta da Ladstätter al Convegno Constructions publiques, tenutosi ad Atene nel maggio del 1995: nel suo
intervento (G. Ladstätter, Das sog. griechische Hypokaustenbad im Zeusheiligtum von Olympia – eine Neubetrachtung in Verbindung
mit der frühen italischen Thermenarchitektur), purtroppo non edito negli Atti del Convegno, egli proponeva di abbassare l’ultima fase
negli anni immediatamente successivi al 40 a.C. (notizia comunicata in AW 2003, 623, n. 2).
12
SCHAUER 2001, 323–28; SINN, LEYPOLD, SCHAUER 2003, 617–23.
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dell’entrata nel temenos all’Altis, rientra in
un panorama noto, che non pone problemi
di particolare natura.
Sebbene non si tratti del primo impianto di bagni nel santuario (i più antichi
sono eretti a ridosso delle posteriori terme
13
del Kladeos già alla metà del V sec. a.C. ),
planimetria e contiguità al ginnasio meritano qualche riflessione ulteriore.
Siamo ancora molto lontani dall’esplodere della moda che a partire dalla prima età imperiale porterà le città della provincia Asia ad aggiornare la decorazione
architettonica e la stessa planimetria dei
ginnasi e delle palestre con l’aggiunta di
settori specificatamente termali dal volume
Fig. 3 – Impianto di bagni alle pendici del Kronos. Planimetria ricostruttiva
monumentale14: splendide ed enormi sale,
(da SINN, LEYPOLD, SCHAUER 2003).
rilucenti di marmo e abbellite da complessi
programmi figurativi, che, destinate alla
cura del corpo, esaltavano con la loro stessa enfasi architettonica la magnanimità dei committenti.
Nella Olimpia di età ellenistica non si può a buon diritto parlare di una unitaria pianificazione edilizia,
né riferire l’erezione di bagni e ginnasi all’operare di un singolo committente: gli edifici sono contigui, ma non
si agglutinano giustapponendosi gli uni agli altri, e la loro stessa erezione non è simultanea, ma differita
nell’arco di alcuni decenni.
Eppure, pian piano il settore occidentale esterno all’Altis sembra acquisire una sua precisa
fisionomia: è l’area del training e del ristoro, funzionale ad esercizi fisici, rigeneranti bagni, ed attività
culturali. Per bagnarsi (e forse nuotare) in acqua fredda già dalla metà del V sec. a.C. era a disposizione nei
pressi del Kladeos una grande piscina rettangolare accessibile mediante gradini e relativamente profonda15;
ad essa è affiancato un edificio con i primi bagni a semicupi, più volte ristrutturato in funzione di un
incremento della capacità di recezione dei vani16. Riflettendo sulla tipologia degli interventi, risalta
l’attenzione che viene riservata al riscaldamento dell’acqua destinata alle abluzioni: acqua tiepida è utilizzata
nella struttura circolare, acqua calda nelle vasche ad immersione orizzontale immediatamente al suo
esterno.
È proprio in età ellenistica che l’interesse per i bagni in acqua calda, già praticati in età classica,
conosce un sensibile incremento su larga scala, attestato dall’Asia Minore ai centri della Grecia propria,
forse in conseguenza della diffusione di nuove pratiche mediche. Se al riguardo non ci inganna la
documentazione archeologica, stupisce registrare un’assenza di tali impianti negli altri santuari panellenici
(Delfi17, Nemea18, Isthmia19), al più equipaggiati già da qualche tempo con vasche destinate ad immersioni
più o meno complete in acqua fredda..........................................................................................................
13
SCHLEIF 1944; MALLWITZ 1958.
Sul tema, cf. da ultimo B ARRESI 2007, 137–51.
15
16.40 x 24.60 m. Prof. 1.64 m. Cf. SCHLEIF, EILMANN 1944, 40–6 fig. 15; MALLWITZ 1972, 270.
16
SCHLEIF 1944; MALLWITZ 1972, 270–3.
17
JANNORAY, DUCOUX 1953, 83; W EIR 2004, 100. Il vano circolare di Delfi, eretto nel 334/33 a.C., risulta inserito in un complesso
multifunzionale a vocazione compiutamente ginnasiale: esterno all’area sacra vera e propria, ed articolato su due terrazze adiacenti,
esso prevedeva ambienti adibiti all’attività ginnica (corsa nello xystos e allenamenti nello sphairisterion), una palestra con corte a
peristilio sulla quale si affacciano esedre dotate di banchine ed infine un loutron, una vasca circolare piuttosto profonda (1.80 m, diam.
10 m), destinata al bagno per immersione totale in acqua fredda. Impianti riscaldati non sembrano presenti a Delfi prima del IV sec. d.C.
(W EIR 2004, 80).
18
Cf. MILLER 1975, 256; MILLER 1982, 106–7.
19
MILLER 1975, 258 n. 39.
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È probabile che la loro attestazione ad Olimpia sia motivata dalla necessità del continuo
riammodernamento di infrastrutture che doveva richiedere un santuario di tale frequentazione. Una folla
inusitata di spettatori si accalcava ad Olimpia ogni quattro anni: era proprio l’area ad ovest dell’Altis, intorno
alla palestra, il settore prescelto per il loro pernottamento, in tende occasionali e strutture effimere20. Il caldo
afoso, in queste precarie condizioni, doveva essere un problema notevole. In una pianura immobile e non
ventilata lontana dal mare, come è il caso di Olimpia, il problema rimase una costante almeno fino alla
seconda metà del II sec. d.C., quando, contestualmente alla donazione della maestosa esedra marmorea,
Erode Attico provvide ad una monumentale opera di canalizzazione delle acque, addotte dai vicini villaggi di
Linaria e Muria, ad est di Olimpia, collegati con alcuni condotti di cui si trovarono resti sulla pendice
21
meridionale della collina . Fu inoltre utilizzato un piccolo sistema di bacini, alimentati dalle sorgenti della
valle del Kladeos e collegati ad un serbatoio non lontano dall’angolo nord-occidentale dell’Heraion. Fino a
questo momento, l’Altis era servita unicamente dai numerosi pozzi temporanei (oltre 150), dislocati
soprattutto nell’area sud-orientale, tra il muro di contenimento settentrionale dello stadio e il settore sud-est 22
e da un sistema di canalizzazione che correva all’interno e all’esterno dell’Altis, dalla terrazza dei thesauroi
al bouleuterion, con fasi che ne indicano rimaneggiamenti tra V e III sec. a.C., e, nel settore occidentale, fino
all’area della palestra e ai bagni. Nonostante gli iterati tentativi, la situazione non dovette migliorare di molto,
23
se in età tardo-ellenistica Epitteto esclama ancora: E a Olimpia non accadono cose spiacevoli e difficili da
sopportare? Non andate a fuoco? Non state pigiati? Non fate i bagni in maniera scomoda?
Ultima considerazione.
La localizzazione di palestre e ginnasi ai margini della mura o addirittura all’esterno delle aree
abitate o dei santuari determina la necessità di fastosi accessi monumentali, capaci di integrare i nuovi edifici
al tessuto urbanistico circostante e al tempo stesso di esaltarne il carattere festivo. Ciò determina una sostanziale modifica anche nell’uso e nella percezione dei volumi degli edifici: sguardo all’interno e percorsi di
avvicinamento divengono in qualche modo scelte obbligate, indirizzate entro maglie prestabilite. Così, parallelamente
alla definizione degli spazi di ginnasio e
stadio, si lavora fuori dall’Altis all’erezione di ingressi monumentali: vere e
proprie cerniere tra lo spazio fisico dell’agone e quello del culto, che ne esaltano con la loro sontuosità architettonica
lo stesso carattere festivo. Lo illustra in
modo esemplare il magnifico architrave
di accesso al ginnasio, policromo e decorato con bucrani e ghirlande (figg. 1.5,
4, 5). Stessa operazione di lifting è compiuta sul lato orientale del santuario, ad
esaltare con una nuova quinta scenografica il vecchio accesso allo stadio (fig.
1.2): i luoghi della competizione agoFig. 4 – Olimpia, architrave del propylon al Ginnasio (da Olympia II, 2).
nistica sono in tal modo compiutamente
integrati nel rituale dello svolgimento
20
ANGELI BERNARDINI 1997, 183.
MALLWITZ 1972, 149–55.
22
MALLWITZ 1972, 100–1.
23
0 I 6, 26-27.
21
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della festa.
In assenza di dati diretti, non si
riesce a formulare alcuna ipotesi sull’identità dei committenti di tali interventi, probabilmente da ascrivere alla stessa élite
elea, un’aristocrazia di proprietari terrieri,
che ormai da secoli deteneva l’ammini24
strazione del santuario . Sono del tutto
assenti i dati sulla partecipazione dei sovrani ellenistici. Nessuna traccia ad Olimpia degli Attalidi, pure munifici elargitori di
beni liquidi e di interventi nei confronti
della cassa dei santuari di Delfi e di Delos:
ricompensati con erezione di statue ono25
rarie e di feste in loro onore (Attaleia ed
Fig. 5 – Olimpia, architrave del propylon al Ginnasio, particolare del fregio a
26
Eumeneia ), essi si erano fatti carico
bucrani (foto A. Lo Monaco).
dell’erezione di portici27, della manutenzione del teatro, addirittura dello stanziamento di fondi destinati all’insegnamento28. Si deve dunque
registrare con una certa sorpresa una loro totale assenza dal santuario di Olimpia29.
Nel III sec. a.C., unica presenza continua nel santuario è quella dei Lagidi, preoccupati - pare
esclusivamente - della dedica di statue in onore di membri della propria famiglia30 e di alleati in guerra31. La
loro presenza, pure costante nel corso di qualche decennio, sembra del tutto affievolirsi nel secolo
successivo: dunque, nessun dato per riferire loro la dedica o il finanziamento di uno degli edifici in questione.
Infine, l’unico segno della presenza dei Seleucidi è la dedica di un velo di lana, ornato di ricami assiri e del
colore della porpora dei Fenici32 sospeso all’interno della cella del tempio di Zeus e manovrabile per mezzo
di un sistema di carrucole che ne doveva consentire l’esposizione in tutta la sua ampiezza: nessun dato
concorre a chiarire se, secondo una vecchia teoria di Dinsmoor33, allo stesso Antioco sia da imputare anche
il finanziamento dei restauri di Damophon ed eventualmente l’esborso di una notevole quantità di denaro nei
confronti della cassa del santuario di Olimpia34.
Annalisa Lo Monaco
E-mail: [email protected]
24
Sulla natura dei fondi a disposizione dell’élite elea, cf. da ultimo LO MONACO 2003.
Attaleia a Delos, in onore di Attalo I (ID 366 A 63, HINTZEN-BOHLEN 1992, 230 n. 36); a Delphi in onore di Attalo II (HINTZEN-BOHLEN
3
1992, 217 n. 55; Syll 672).
26
3
Eumeneia a Delfi in onore di Eumene II (HINTZEN-BOHLEN 1992, 217 n. 54 e Syll 671).
27
3
Delfi: terrazza ad est del tempio di Apollo (HINTZEN-BOHLEN 1992, 212 n. 29 con bibl. prec.; Syll 523); Delos: Portico sud, completato
da Eumene I (HINTZEN-BOHLEN 1992, 228 n. 25 con bibl. prec.).
28
DAUX 1936, 682–98.
29
Unica attestazione è una statua colossale donata dal demos di Atene a Philetairos (IvO 312, e HINTZEN-BOHLEN 1992, 223 n. 32),
terzo figlio di Attalo ed Apollonis, che tuttavia non può essere considerata traccia di un loro interessamento diretto nei confronti del
santuario, bensì unicamente di un evidente interesse del demos di Atene per la famiglia dei sovrani.
30
Tolomeo I dedica la statua di un personaggio il cui nome non è riportato (PAUS. VI 3, 1 e HINTZEN-BOHLEN 1992, 219 n. 4), forse
Tolomeo II dedica statue del padre Tolomeo I con i figli (HINTZEN-BOHLEN 1992, 221 n. 16).
31
Tolomeo II dedica la statua di Areos I di Sparta (HINTZEN-BOHLEN 1992, 221 n. 18 e IvO 308), Tolomeo III in onore di Glaukon (IvO
296 e HINTZEN-BOHLEN 1992, 221 n. 19), e di Kleomene III di Sparta (IvO 309 e HINTZEN-BOHLEN 1992, 223 n. 29).
32
Paus. V 12, 4. HINTZEN-BOHLEN 1992, 223 n. 30.
33
DINSMOOR 1941.
34
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