Soggettività e "Umwelt": la monadologia animale di Jacob von Uexküll

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Soggettività e "Umwelt": la monadologia animale di Jacob von Uexküll
Soggettività e Umwelt:
la monadologia animale di Jacob von Uexküll∗
Michele Bertolini
Un approccio morfologico allo studio della vita e del comportamento animale
appare al centro della attività di ricerca e sperimentazione pratica così come della
lunga e articolata riflessione intellettuale del biologo tedesco Jacob von Uexküll,
che si snoda dall’ultimo decennio del XIX secolo fino al 1944, anno della sua
morte avvenuta presso Napoli dove da molti anni lavorava alla Stazione Zoologica
della città. Il percorso scientifico e filosofico dell’autore, culminante con il saggio
di divulgazione scientifica del 1934 Streifzüge durch Umwelten von Tieren und
Menschen (tradotto in italiano una prima volta nello stesso 1934 col titolo I mondi
invisibili e successivamente nel 1967 col titolo di Ambiente e comportamento)1 ,
attraversa le crisi e le trasformazioni che la biologia ha subito fra l’Ottocento e
il Novecento, a seguito della diffusione delle teorie evoluzioniste di Darwin e del
progressivo sviluppo dei nuovi studi di fisiologia applicata alle funzioni dei singoli
organi degli esseri viventi, in stretto contatto con le più recenti scoperte della fisica
e della chimica o della nascente genetica.
Una breve esposizione del contesto scientifico e culturale in cui avviene la
formazione dell’autore tedesco costituisce quindi una premessa indispensabile per
comprendere la centralità teorica delle sue posizioni mature, centralità che oltrepassando il campo della biologia coinvolge fondamentali questioni epistemologiche ed estetiche. La ricerca di una sfera autonoma e indipendente di indagine per la
biologia rappresenta infatti una delle preoccupazioni fondamentali (prima di tutto
∗
Questo saggio è stato presentato al convegno Animalità. Etica ed estetica animale, organizzato da Maddalena Mazzocut-Mis e svoltosi presso l’Università degli Studi di Milano il 13 e
18 Dicembre 2002.
1
Cfr. J. von Uexküll, G. Kriszat, Ambiente e comportamento, tr. it. di P. Manfredi, Il Saggiatore,
Milano 1967.
c 2002 ITINERA (http://www.filosofia.unimi.it/itinera/)
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metodologica) di von Uexküll fin dagli ultimi anni dell’Ottocento, quando i giovanili studi di zoologia e di fisiologia del sistema neuro-muscolare lo portarono
a respingere qualsiasi analisi del comportamento animale che facesse ricorso ad
un’ipotetica psiche o mente animale (la cui conoscenza è preclusa allo scienziato),
staticamente presupposta come base e fondamento dell’agire animale, e il più delle
volte descritta in modo antropomorfico, per analogia con gli studi condotti sulla
psiche umana. Al contrario della psicologia animale, la fisiologia, come la biologia, non può che occuparsi di segni visibili e di fenomeni di movimento capaci
di rendere conto e di giustificare la reciproca correlazione fra l’ambiente esterno e
l’organismo animale, correlazione che nella sua prima fase di ricerca von Uexküll
concepisce come nesso neuro-fisiologico fra uno stimolo esterno e una risposta
interna, sul modello dominante dell’arco riflesso. La polemica nei confronti della
psicologia animale, che a partire dall’opera di Darwin L’espressione delle emozioni
nell’uomo e nell’animale aveva conosciuto un certo sviluppo fra i biologi, non conduce d’altra parte lo studioso tedesco ad una forma di rigido meccanicismo capace
di dedurre lo sviluppo della vita organica a partire dalla combinazione di elementi
inorganici, offerti dai risultati delle scienze fisiche, matematiche e chimiche.
La biologia già negli studi dei primi anni del ’900 si distingue secondo Uexküll
anche dalla fisiologia, in quanto, partendo dai risultati raggiunti da quest’ultima
nello studio delle funzioni principali dei tessuti, comuni alla maggioranza degli
animali, si interroga sulle infinite possibilità di combinazione e di trasformazione
dei tessuti negli organi, e degli organi nella totalità dell’organismo: un’ispirazione
leibniziana (accanto al decisivo influsso kantiano ampiamente riconosciuto dallo
stesso autore) percorre quindi già i primi lavori di von Uexküll, nella misura in
cui, come recita un celebre passo dei Nuovi Saggi sull’intelletto umano di Leibniz
«il fondo» della natura vivente (i vari tipi di tessuti) rimane «sempre lo stesso»
mentre «i modi e i gradi di perfezione variano all’infinito»2 , cioè le modalità con
cui i materiali si compongono fra di loro e interagiscono con i diversi ambienti nei
quali gli organismi viventi si trovano a vivere. L’oggetto specifico della conoscenza biologica è dato quindi prima di tutto dalla forma degli organi e dalla struttura
morfologica dei recettori, le cui funzioni definiscono e circoscrivono l’ampiezza,
il ruolo e la ricchezza del mondo circostante, dell’ambiente (Umwelt) cui l’animale partecipa, e nel quale si dispiega la sua esperienza vivente. Senza ricondurre
l’interazione organismo-ambiente ad un paradigma esplicativo di tipo evoluzionista (il progressivo adattamento selettivo dell’animale all’ambiente), von Uexküll
concepisce la forma come una sorta di a priori strutturante al tempo stesso la vita
interiore, la soggettività dell’animale così come il mondo individuale, l’ambiente esperito e “costruito” da questa soggettività. Il lavoro fisiognomico del biologo/etologo, l’interpretazione dei segni, dei gesti, dell’agire come delle forme del
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G.W. Leibniz, “Nuovi Saggi sull’intelletto umano” in Id., Scritti filosofici, a cura di D.O. Bianca, 2 voll., Utet, Torino 1968, vol. II, p. 635; sugli influssi leibniziani presenti nella riflessione matura
di Uexküll si vedano l’articolo di H. Lassen, “Leibniz’sche Gedanken in der Uexküllschen Umweltlehre”, Acta Biotheoretica, 1939/41, 41, 5, pp. 41-50, e le pagine a lui dedicate da Gilles Deleuze in
La piega. Leibniz e il Barocco, tr. it. di V. Gianolio, Einaudi, Torino 1990, pp. 202-203.
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vivente permette di cogliere il piano costruttivo (Bauplan), la struttura vincolante
in base alla quale sono connessi reciprocamente gli organi di ricezione e gli organi
di movimento: questa struttura morfologica è concepita da Uexküll, soprattutto in
seguito al superamento di un metodo strettamente analitico-causale nello studio dei
processi biologici e alla sua parziale accettazione, a partire dal 1913, del vitalismo,
ora come un’idea platonica normativa e trascendente rispetto al piano di sviluppo biologico del vivente, ora come un’energia dinamicamente attiva, un’entelechia
aristotelica (come veniva definito lo sviluppo dell’organismo vivente dal biologo
vitalista Hans Driesch)3 .
Lo studio della forma vivente, degli schemi trascendentali da cui dipendono
le funzioni organiche degli animali, permette di circoscrivere la specificità della
biologia e di superare le rispettive aporie sia della fisiologia meccanicista sia della
psicologia animale: l’apparente inspiegabilità di certi comportamenti animali non
può essere giustificata né ricorrendo al meccanicismo fisico-meccanico, che riconduce lo scambio fra stimoli ricevuti e azioni effettuate ad un semplice bilanciarsi di
energie determinabili e quantificabili, né affidandosi ad un finalismo soggettivo che
finisce per attribuire atteggiamenti umani alla sfera animale (con una conseguente antropomorfizzazione dell’animale). L’attività di osservazione, sperimentazione
e ricerca del biologo, infatti, nulla ci può dire delle esperienze soggettive, delle
sensazioni interne dell’animale (in quanto solo l’uomo è diretto osservatore del
proprio mondo fenomenico), così come inefficaci risultano i tentativi di dedurre la
vita organica da un’astratta composizione di leggi e processi fisici e chimici.
La biologia rimane secondo von Uexküll, e tale resterà fino alla fine della sua
carriera intellettuale, una disciplina intuitiva e non deduttiva, capace di tracciare
e di-segnare gli schemi (soprattutto spaziali, e quindi raffigurabili intuitivamente)
che nel mondo umano come in quello animale permettono la costituzione e la formazione di un oggetto nell’ambito dell’esperienza percettiva: attraverso l’indagine
morfologica (che assegna alla nozione di forma un primato rispetto a quella di funzione) è quindi possibile superare il semplice nesso causa-effetto per sostituirlo
con la relazione parti-tutto, la quale compone in unità armonica le diverse qualità sensibili di un oggetto percepito secondo un’armonia formatrice (Gestaltende
Melodie).
L’unità strutturale e funzionale delle parti nel tutto, l’organizzazione del Bauplan comune agli organismi viventi come alle macchine è oggetto, come già ricordato, di un intuizione esclusivamente spaziale, di una rappresentazione visiva
che ci mostra in quale forma decorrono i processi nell’oggetto indagato; in questo
senso lo schema strutturale non rende conto a parere di Uexküll di quell’aspetto
temporale, specifico dell’organismo rispetto alla macchina, che è dato dall’autofabbricazione dei suoi processi, da un dinamismo interno che permette al vivente
di trasformarsi nelle sue parti pur restando se stesso e di porre a se stesso uno sco3
Per una più precisa collocazione della formazione scientifica e intellettuale di Uexküll, che subì
in parte l’influsso dell’insegnamento di Driesch e contestò vivacemente il monismo materialista di
Ernst Haeckel, si rimanda all’“Introduzione” di F. Mondella a J. von Uexküll, G. Kriszat, op. cit.,
pp. 9-77.
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po non precostituito in anticipo; aspetto che porterà von Uexküll ad abbracciare
sia pure con molte riserve il vitalismo. Accanto al piano costruttivo, che doveva
rendere conto della correlazione fra Umwelt e Innenwelt dell’animale, è quindi necessario postulare una regola di formazione puramente formale capace di fornire
una rappresentazione del decorso temporale nel quale si svolgono i processi organici del vivente, senza peraltro ricorrere ad un principio metafisico e immateriale
come l’entelechia proposta da Driesch.
Il problema posto dalla pratica scientifica relativo all’autoformazione dell’organismo, allo sviluppo dell’embrione, è la manifestazione, a parere di Uexküll, di
una domanda filosofica più generale in base alla quale non soltanto il vivente è una
macchina paradossale in quanto ciascuna delle sue parti riproduce la struttura del
tutto (riprendendo il celebre passaggio leibniziano contenuto nel paragrafo 64 della
Monadologia sulla distinzione fra macchina e corpo organico, automa artificiale e
automa naturale)4 , ma anche perché queste parti hanno la possibilità di condizionarsi reciprocamente nel tempo costituendo delle paradossali unità temporali in cui
l’effetto sembra agire sulla causa. Il ruolo degli schemi temporali nelle formazioni
di struttura di piante e animali, schemi irriducibili ad una risoluzione secondo rapporti spaziali raffigurabili intuitivamente, conduce von Uexküll a modificare la sua
iniziale concezione della “vita interna” dell’animale e dei rapporti conoscitivi ed
esperienziali che essa intrattiene con l’ambiente circostante: secondo questa nuova
prospettiva, lo sviluppo organico del vivente (dal protoplasma alla differenziazione
cellulare) appare simile, nel suo processo temporale, «ad una melodia» in cui «vi
è una reciproca influenza fra il primo e l’ultimo tono e noi potremmo perciò dire
che l’ultimo tono è certamente possibile solo mediante il primo, ma in ugual modo
che il primo è possibile solo mediante l’ultimo. In ugual modo si procede con la
formazione di struttura negli animali e nelle piante»5 . La metafora, dai forti tratti
bergsoniani, della melodia, permettendo di esemplificare il carattere di compenetrazione vitale dei processi dell’organismo, apre il discorso di von Uexküll all’ultima fase dell’elaborazione della sua riflessione nella quale il rapporto fra azione
dell’ambiente e contro-azione dell’animale viene interpretato nei termini di una reciproca complementarità tra una soggettività dotata di strumenti di percezione e di
azione e un ambiente o mondo individuale (Umwelt) che costituisce il supporto di
specifici segni “portatori di significato” (Bedeutungsträger) per le diverse specie
animali.
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«Una macchina costrutta dell’arte umana non è macchina in ciascuna delle sue parti. [. . . ]
Ma le macchine della natura, cioè i corpi viventi sono ancora macchine nelle loro minime parti, fino all’infinito. In questo è posta la differenza fra natura e arte, cioè tra l’arte divina e la nostra»
(G.W. Leibniz, Monadologia, a cura di G. De Ruggiero, Laterza, Bari 1975, p. 141). La causalità reciproca fra parti e tutto come elemento caratterizzante la struttura dell’organismo vivente costituisce
l’oggetto di una tematizzazione esplicita, come è noto, nella seconda parte della Critica del giudizio
di Kant, in particolare nei paragrafi 64 e 65; Uexküll, che lesse in gioventù la Critica del Giudizio,
ha certamente ben presente, nella formulazione della regola di formazione temporale del vivente, la
forza formatrice (bildende Kraft) descritta da Kant in queste pagine, le quali influenzeranno d’altra
parte sia l’estetica sia le scienze della natura di ispirazione morfologica a cominciare da Goethe.
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J. von Uexküll, Umwelt und Innenwelt der Tiere, Berlin 1909, pp. 23-24.
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Il mondo individuale circoscrive un’unità semanticamente chiusa, un insieme
di caratteri percettivi ed effettuali specifici e propri ad ogni specie animale all’interno del quale «tutti i soggetti animali dal più semplice al più complesso, sono perfettamente inquadrati»6 . La soggettività animale, parallela e complementare alla
formazione dell’ambiente, è descritta come un centro di selezione o di organizzazione attorno al quale si costituisce un mondo individuale che le è correlativamente
destinato: degli infiniti stimoli provenienti dal mondo esterno si trasformano infatti
in caratteri percepiti, vale a dire in segni stabilmente attribuiti e proiettati all’esterno a formare l’oggettività del reale, solo quegli elementi che possono inserirsi in un
ciclo funzionale, e quindi biologicamente essenziale per l’animale. Così la zecca,
che è cieca, sorda e insensibile al gusto, vive in un mondo individuale che è ridotto a tre soli caratteri percettivi portatori di significato: l’odore dell’acido butirrico
emanato dal sudore dei mammiferi, il calore emanante dal corpo dei mammiferi, indizio della presenza di sangue, e infine la sensazione tattile della pelle liscia
irrorata di vasi sanguigni.
In questo senso l’animale (come pure l’uomo sia pure ad un diverso grado di
sviluppo) non percepisce mai un oggetto in quanto tale, ma solo un insieme di segni portatori di significato, sui quali può esercitare un’azione possibile in funzione
delle capacità dei propri organi di azione e movimento. Lo studio dei caratteri percepiti (che l’autore intende ben distinguere dalle sensazioni soggettive interne dell’animale le quali sfuggono inevitabilmente all’osservazione scientifica) è d’altra
parte inscindibile dall’analisi dei caratteri effettuali, cioè di quei caratteri determinati dagli atteggiamenti e dalle azioni che il soggetto può compiere sull’oggetto;
i caratteri effettuali legati direttamente ai processi e agli atti vitali dell’organismo
esprimono la colorazione o tonalità effettuale (Wirkungton o Leistungton) con cui
l’oggetto percepito viene vissuto dalla soggettività animale e quindi i diversi possibili significati attribuibili a un medesimo oggetto percepito: «la figura effettuale,
la quale si fonde così intimamente con la figura percepita dai nostri organi di senso», fa scaturire «una proprietà nuova, che ci palesa il significato dell’oggetto»7 .
Il nesso carattere pecepito-carattere effettuale (mediato dalla tonalità, dal colore
espressivo con cui l’animale si dirige verso l’oggetto) descrive il circuito dinamico
attraverso il quale si compie il rapporto fra soggettività animale e mondo individuale, circuito che in virtù del suo carattere pragmatico può ricordare la relazione
fra immagine-percezione, affezione e immagine-azione descritta da Bergson nel
primo capitolo di Materia e memoria8 .
La percezione infatti, per Bergson come per Uexküll, senza ridursi ad un’a6
J. von Uexküll, G. Kriszat, op. cit., p. 94.
Ibid., p. 164; l’interesse per una teoria del comportamento animale intesa come teoria dei segnisignificati, in cui nel segno si compie e manifesta una pluralità di significati possibili, costituisce uno
degli ultimi oggetti di ricerca dell’attività di studio di von Uexküll, come testimonia la Bedeutungslehre del 1940 (cfr. la traduzione francese a cura di P. Muller contenuta in J. von Uexküll, Mondes
animaux et monde humain, Gonthier, Paris 1965, pp. 85-155).
8
Cfr. H. Bergson, Matière et mémoire, PUF, Paris 1999, cap. I: “De la sélection des images pour
la représentation. Le rôle du corps”.
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stratta riproduzione o duplicazione interna di un oggetto esterno secondo una determinata conformazione spaziale corrispondente alle strutture spaziali delle reti
nervose, si gioca nelle cose stesse, in quanto è selezione, costruzione e processo
di significazione del reale: l’oggettività del reale è il prodotto di una costruzione
che ha il suo radicamento nei processi sensibili e corporei legati agli organi delle
diverse specie animali, anche laddove la conoscenza scientifica degli organi percettivi degli animali sia limitata o, come ricorda l’autore, «si ignori quanto del corpo
del soggetto passi nel suo mondo individuale»9 . In considerazione delle notevoli limitazioni poste alla ricerca scientifica riguardo alla possibilità di istituire una
corrispondenza efficace fra strutture degli organi sensoriali e caratteri percepiti che
compongono il mondo individuale di ogni animale, la biologia trova il suo campo
di indagine privilegiato in una gnoseologia generale la quale, sulla scorta dell’Estetica trascendentale di Kant, sia capace di rintracciare le forme a priori [i segni
di luogo e di direzione per lo spazio, i segni istantanei per il tempo, le scale dei
suoni e dei colori] per «tutti i tipi di qualità che esistono del tutto a priori e precedono ogni esperienza e che forniscono ad ogni qualità appena essa si presenta un
posto fisso entro un sistema»10 . La gnoseologia animale in cui sembra risolversi
la ricerca biologica di Uexküll circoscrive uno spazio di conoscenza intermedio,
quasi trascendentale, né soggettivo né oggettivo, posto fra un’interiorità psichica
inaccessibile e un’oggettività reale e universale (vale a dire comune a tutti gli esseri viventi) inesistente nella misura in cui «i mondi individuali» in cui sono incluse
le varie forme viventi «non rappresentano altro che realtà soggettive»11 .
La posizione teorica generale di Uexküll risulta sotto quest’aspetto estremamente interessante anche in considerazione della stretta relazione da lui istituita fra
una teoria della conoscenza animale e una nuova concezione della nozione stessa di
realtà o oggettività, non estranea ad altre analoghe esperienze di ricerca in campo
estetico o più genericamente epistemologico: le critiche rivolte alle posizioni dar9
J. von Uexküll, G. Kriszat, op. cit., p. 213.
J. von Uexküll, Theoretische Biologie, Berlin 1920, p. 67; Uexküll, come abbiamo già ricordato, si richiama più volte alla dottrina kantiana laddove intende sottolineare il ruolo decisivo svolto
dai soggetti viventi nella costituzione dei mondi individuali fino a considerare «scopo della biologia»
quello di «ampliare i risultati delle ricerche di Kant in due direzioni: 1, considerare il ruolo del nostro
corpo, particolarmente dei nostri organi di senso e del nostro sistema nervoso; 2, indicare i rapporti
degli altri soggetti (gli animali) con gli oggetti» (ibid., p. 9). Un ispirazione kantiana è certamente
presente nell’idea della biologia come gnoseologia generale, luogo di una riflessione trascendentale
ben distinto dalla psicologia o dalla fisiologia; un’altra fonte di ispirazione è costituita dal problema
dell’organismo vivente (e dal suo legame con l’armonia estetica della natura) presente nella tradizione morfologica goethiana, che trae le sue radici d’altra parte proprio dalla riflessione di Leibniz
e poi Kant. Come ricorda Cassirer infatti, «se abbracciamo con lo sguardo il piano complessivo
della concezione leibniziana della natura, vediamo come nel progresso scientifico dal meccanismo
all’organismo si accogliesse ad un tempo nel concetto di natura un elemento estetico». Questi due
ambiti di problemi, «il finalismo dell’arte e della natura», già fortemente connessi in Leibniz «restano interessi strettamente legati per il XVIII secolo», come risulta «immediatamente evidente già
nella struttura esteriore della Kritik der Urteilskraft» per giungere fino a «Goethe che più a fondo di
ogni altro ha realizzato l’idea di armonia in questa direzione» (E. Cassirer, Cartesio e Leibniz, tr. it.
di G.A. De Toni, Laterza, Bari 1986, pp. 344-345).
11
J. von Uexküll, G. Kriszat, op. cit., p. 212.
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winiane sull’adeguamento fra individuo e ambiente si inseriscono infatti all’interno
di una più generale critica ad un paradigma gnoseologico basato su un pregiudizio mimetico, secondo il quale la realtà già data verrebbe rispecchiata e riprodotta
all’interno dell’organismo secondo determinate strutture psico-fisiologiche. Paradigma dualista cui Uexküll oppone (così come aveva fatto in relazione alla teoria
dell’arte un altro autore di ispirazione kantiana, quale Konrad Fiedler12 ) un’idea di
realtà come costruzione e produzione di significati immanenti agli atti e ai diversi
atteggiamenti (intenzionali, potremmo dire) con cui il soggetto animale si porta
di fronte alla realtà: l’origine contemporanea, la co-appartenenza di soggettività e
Umwelt si dispiega nell’unità e nell’immanenza di un unico agire in cui «a seconda
della tonalità effettuale che si sovrappone alla figura percepita, il medesimo oggetto
può dar luogo a diverse figure effettuali»13 . La rigidità degli oggetti che compongono i vari mondi individuali è disciolta in una pluralità di funzioni significanti che
rimandano agli atteggiamenti, alle disposizioni individuali, agli stati d’animo, agli
usi possibili degli elementi del mondo circostante da parte dei soggetti animali, alle differenti «tonalità di cerca con cui l’animale si accosta ad una medesima figura
percepita, prestandole ora intonazione di difesa, ora di abitazione, ora di nutrimento»14 . Persino in forme viventi estremamente semplici per le quali non ha senso
parlare di percezioni spazialmente definite di forme e colori come nel caso della
zecca è possibile dire che «i tre soli stimoli significativi provenienti dalla preda assumono il loro significato dalle tre tonalità effettuali (legati agli stimoli stessi) del
cadere, dell’aggirarsi qua e là sulla pelle della vittima e di infiggere il rostro»15 ; la
povertà del mondo di quest’animale è compensata dall’infallibile sicurezza con cui
essa entra in rapporto con i tre elementi vitali per la sua sopravvivenza biologica
al punto che è possibile affermare che «la zecca è questa relazione e non vive che
in essa e per essa»16 . La sostituzione della figura percepita con una figura di cerca immaginaria o con una generica tonalità di cerca che giungerà ad attualizzarsi
a seconda delle diverse esperienze dei soggetti, introduce nell’analisi dei mondi
individuali un elemento ideale, di libera produzione soggettiva dell’animale, irriducibile al semplice effetto di uno stimolo esterno: la tonalità di cerca, così come
la ricerca della via di casa o la delimitazione del dominio, costituiscono alcuni
comportamenti animali che rimandano alla spontaneità di funzioni soggettive sia
apprese attraverso precedenti esperienze sia frutto di disposizioni innate.
Il mondo individuale dell’animale, fin qui rinchiuso nella circolarità di un processo esclusivamente funzionale, si arricchisce quindi di funzioni immaginative,
in cui apparizioni magiche si sovrappongono alle realtà percepite e disposizioni
12
Si veda in particolare il saggio di K. Fiedler del 1887 “Sull’origine dell’attività artistica” in Id.,
L’attività artistica. Tre saggi di estetica e teoria della pura visibilità, tr. it. di C. Sgorlon, Neri Pozza
Editore, Vicenza 1963, dove l’autore propone al tempo stesso una teoria della conoscenza umana e
una teoria dell’arte come attività immanenti, forme di espressione autonome dell’uomo contro ogni
paradigma dualista basato sulla nozione di mìmesis.
13
J. von Uexküll, G. Kriszat, op. cit., p. 163.
14
Ibid., p. 201.
15
Ibid., pp. 165-166.
16
G. Agamben, L’aperto. L’uomo e l’animale, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 51.
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innate sembrano rispondere ad un disegno prestabilito che eccede le specifiche
conoscenze della singola specie animale. È soprattutto in queste pagine che è possibile cogliere l’implicazione estetica e insieme metafisica del discorso di Uexküll:
l’unità funzionale dei segni portatori di significato esterni e degli organi recettori
destinati a riceverli, è anche e soprattutto un’unità musicale, un contrappunto armonico fra due linee melodiche eterogenee (l’ape e il fiore, la mosca e il ragno) che
si incontrano come se fossero due elementi di una stessa partitura musicale. Alla
chiusura monadica dei mondi individuali, all’incerchiamento del mondo attorno ai
soggetti come centri di organizzazione che selezionano secondo un principio interno gli elementi costitutivi del proprio mondo, corrisponde infatti una paradossale
armonia intermonadica in virtù della quale ogni mondo individuale si apre o entra
in relazione con un mondo successivo del quale non può rendere ragione. L’infinita
varietà dei mondi percettivi animali, la pluralità di forme spaziali e temporali in cui
si dispiega la loro esperienza vitale, forme e mondi non comunicanti fra loro, comporta anche necessariamente, come ricorda Deleuze, una «concezione della Natura
melodica, polifonica, contrappuntistica in cui ogni territorio o habitat determinato
in modo specifico ha nello stesso tempo confini sfumati, capaci di inglobare altri
territori, e nei quali la melodia di un’animale interviene come motivo di un’altra
melodia»17 . Così il ragno, che ignora il mondo percettivo della mosca, costruisce
una ragnatela perfettamente adeguata alla cattura della mosca, quasi un ritratto ingegnoso dell’insetto che gli serve da contrappunto, e la tela sembra «esprimere la
paradossale coincidenza» di una «reciproca cecità»18 : la linea di sviluppo melodica
e orizzontale di ogni mondo individuale, che è già armonica nella misura in cui produce spontaneamente i suoi accordi, la sua rete di rapporti e di relazioni, incontra
l’armonia verticale, profonda, prodotta dalla concertazione e dalla corrispondenza
di tutte queste spontaneità individuali per cui «non vi è accordo maggiore e perfetto
in una monade senza che vi sia accordo dissonante in un’altra»19 .
L’immagine finale della Natura descritta da von Uexküll appare quella di un
universo barocco e leibniziano dove la massima «varietà che è possibile, insieme
col più grande ordine» è il mezzo «d’ottenere tutta la perfezione possibile»: la
proliferazione dei mondi individuali animali, sottratti ad una considerazione antropomorfica ancora legata ad una logica strettamente mimetica, non contraddice
la possibilità di un’armonia universale, sia pure inaccessibile allo sguardo dello
scienziato, dell’unico soggetto-natura ignoto nella sua integralità in quanto i vari
universi individuali non sono che le prospettive rifratte di «un solo universo, considerato dai diversi punti di vista di ciascuna monade»20 , le linee melodiche infinite
17
G. Deleuze, F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, tr. it. di C. Arcuri, Einaudi, Torino 1996,
pp. 191-192.
18
G. Agamben, op. cit., p. 47.
19
G. Deleuze, op. cit., p. 201.
20
G.W. Leibniz, Monadologia, cit., p. 138; si veda, a questo riguardo l’esempio “leibniziano”
riportato da Uexküll in J. von Uexküll, G. Kriszat, Ambiente e comportamento, cit., pp. 213-221, a
proposito della medesima quercia come oggetto dei differenti mondi individuali del boscaiolo, della
volpe, della formica, della civetta, della vespa, etc., paragonabile alle diverse prospettive della stessa
8
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di un’unica armonia verticale che è lecito pensare come termine di riferimento
finale, incognita matematica piuttosto che come presupposto metafisico.
città di cui si parla nel paragrafo 57 della Monadologia.
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