Lucia Baldini fotografa i musei fiorentini

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Lucia Baldini fotografa i musei fiorentini
Libri
Lucia Baldini
fotografa i musei
fiorentini
Galleria dell’Accademia – Firenze 2007.
Un percorso tra i musei fiorentini in bianconero. Originale e insolito. Che va oltre la
logica del catalogo d’arte e della riproduzione fotografica delle opere e che mai può
sostituirsi alla visita, alla necessità di vedere
l’originale con i propri occhi.
Il libro Capolavori in bianco e nero. Le
opere, i musei, il pubblico è un prezioso
viaggio per immagini tra le opere d’arte
custodite nelle sale dei musei di Firenze,
narrate dall’obiettivo e dalla sensibilità
di una fotografa di scena, Lucia Baldini.
Originale, perché in bianconero, appunto.
Per i molteplici quanto originali punti di
vista. Insolito anche e soprattutto per la
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presenza, negli scatti, del pubblico, protagonista assieme ai capolavori. E per i
molteplici, quanto inaspettati, nuovi punti
di vista. Per il racconto dell’incontro e
dell’approccio emotivo dei visitatori con
l’opera d’arte.
Come è nato questo libro?
La mia carriera di fotografa è iniziata
in ambito musicale e poi si è sviluppata
nell’ambito della danza, del teatro e del
cinema. Quando la Soprintendenza per il
Polo Museale Fiorentino mi ha fatto questa proposta mi è piaciuta molto l’idea del
confronto, della sfida, del provare a fare
una cosa diversa rispetto a ciò che faccio
di solito.
Ho posto però due condizioni: la prima
era quella di poter lavorare in bianconero,
e la seconda di non avere limitazioni. Lo
storico e critico d’arte Raffele Monti, purtroppo scomparso pochi mesi dopo l’uscita
del libro, era molto divertito da questa mia
scelta, tanto da scrivere nella prefazione
“Dunque il libro d’arte a colori può essere
uno splendido oggetto, mentre i libri in bianconero, tranne che per alcune case editoriali
futuriste, non sono mai esistiti. Sarà giunto
forse il momento di inventarseli prima che
i miracoli computerizzati pretendano di
Museo
Archeologico
Firenze 2007.
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Galleria dell’Accademia
– Firenze 2007.
Durante il giorno di chiusura i restauratori provvedono ad eseguire la
pulizia delle opere per togliere la polvere lasciata
dal fiume dei visitatori; in
queste immagini si vede
l’impalcatura presso il
David di Michelangelo.
Lucia Baldini è stata autorizzata a salire sull’impalcatura ed ha scoperto
che le pupille del David
sono a forma di cuore.
rivelare alla nostra sensibilità elementi di
crescita conoscitiva che non esisteranno
mai, tanto meno nelle loro mirabili scatole
natalizie...”.
Tra l’altro, fino agli anni Cinquanta tutta la
produzionefotograficamusealeeraappunto
in bianconero, per stimolare le persone a
recarsi al museo, dove si sarebbero stupite
alla vista dei colori, ma dal vivo, direttamente di fronte all’opera d’arte.
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Hai dovuto affrontare qualche tipo di
problematica fotografando all’interno
dei musei e, se sì, come l’hai risolta?
Per me che in Toscana sono nata, vivo e
lavoro, questi musei sono casa. E’ stato un
lavoromoltocoinvolgenteeappassionantee
soprattutto mi ha dato la possibilità di vedere con occhi nuovi opere e luoghi dei musei
fiorentini conosciuti fino a ora solo come
visitatrice. E’ stata una grande opportunità,
una occasione sia per fotografarli sia per
coinvolgere chi li visita negli scatti.
Questa visione innovativa ha però un
limite, malgrado ci si trovi in un luogo
pubblico: il problema del rispetto della
privacy. Chiedere una liberatoria a tutti,
come prevede la legge, era materialmente impossibile, così ho cercato di rendere
le persone non troppo riconoscibili e ho
lavorato sul mosso e aspettando momenti
Pitti – Galleria
moderna Firenze 2007.
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Museo
del
Bargello
Firenze
2007.
Galleria
Accademia
Firenze
2007.
favorevoli: mentre erano di schiena, o si
baciavano, o erano particolarmente assorti
nella lettura dei pannelli delle sale o di una
guida turistica, o mentre rubavano una
fotografia e così via.
E’ divertente il fatto che la mia presenza
come fotografa professionista al lavoro
durante gli orari di visita abbia creato
spesso il panico tra i custodi. Anche se era
evidente che ero lì in veste professionale
e autorizzata dalla Soprintendenza (il permesso ufficiale è assolutamente necessario
per fotografare nei musei), con al seguito
tanto di cavalletto. Si sono verificate scene
di delirio, con i custodi che riprendevano
le persone e cancellavano i file dalle loro
macchine.
E’ stato difficile scattare immergendosi
tra i visitatori?
Ci si sente quasi dentro a uno studio sociologico. Ho visto gente in preda alla Sindrome
di Stendhal, soffermarsi completamente in
estasi anche per un’ora a contemplare
un’opera, e sul versante opposto ho visto
persone con panino e coca cola in mano
visitare gli Uffizi in tre minuti e mezzo. Era
surreale, in piena estate, vedere una folla
in calzoncini corti e maglietta attendere
pazientemente in fila sotto il sole, anche
per due o tre ore, di accedere ai musei, e
poi una volta entrati, in delirio mistico di
fronte a Leonardo e Botticelli.
E’ stato davvero molto interessante osservare come si approcciavano alle opere,
soprattutto nelle sale meno note e affollate.
Dalla ressa della sala del Botticelli ad altre
non meno straordinarie ma poco frequentate, dove spesso ho incontrato un solo visi-
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Galleria dell’Accademia – Firenze 2007.
tatore che letteralmente “si appropriava”
dell’opera d’arte.
Quanto tempo è stato necessario per
realizzare le immagini del libro?
Rispetto ai progetti fotografici che sviluppo
è stato un lavoro relativamente“veloce”. Ho
iniziato a scattare a fine maggio e il volume è stato presentato alla Fiera del Libro di
Bologna in settembre. Tra l’altro ero anche
impegnata con il Festival Inequilibrio.07
di Castiglioncello, una rassegna di teatro e
danza che prevedeva sei spettacoli al giorno, laboratori di fotografia di scena in cui
ero docente e una mostra finale.
Quindi per almeno due settimane ho fatto
la spola con Firenze, sacrificando anche il
sonno, per riuscire a portare avanti il lavoro
sui musei. E’ stato anche singolare, in quel
periodo, il dover “saltare” di continuo dal
digitale, che utilizzavo al festival, dove era
necessario ottenere le immagini in tempo
reale, alla pellicola che ho scelto invece per
il libro, e viceversa.
Come mai hai deciso di scattare in analogico?
Scatterò sempre in pellicola e in bianconero, quantomeno fino a quando se ne troveranno. Quando lavoravo in ambito musicale, riviste come Rockstar o Ciao2001 mi
commissionavano anche servizi a colori,
ma il mio linguaggio è il bianconero, che
sviluppo e stampo personalmente. Uso il
digitale con soddisfazione, ma lo considero
un altro tipo di linguaggio, che associo a
una maggiore semplicità e leggerezza.
Un dettaglio curioso è che alla fine del
lavoro mi sono resa conto di avere riprodotto il mio stile, reinterpretandolo. In un
certo senso, infatti, è stato come realizzare
foto di scena, in cui il palcoscenico erano i
musei, gli attori il pubblico e la scenografia, particolarmente importante e preziosa,
erano le opere d’arte.
Museo del Bargello
Firenze 2007.
Uffizi – Tribuna – Firenze 2007.
Che attrezzatura hai usato?
La mia Canon F1, la macchina con cui
ho macinato chilometri di storie e visioni,
cavalletto e pellicole Kodak Tri-X 400, in
interni tirate al massimo fino a 800 Iso, un
limite che non supero quasi mai perché non
amo avere troppa grana.
Ci sono tuttavia delle eccezioni: per esempio, in uno dei miei libri dedicati al Tango.
Tangomalìa. Storie miti e abbracci nelle
milonghe italiane, la grana c’è, ma perché
si tratta di una interpretazione diversa.
Per quel che riguarda gli obiettivi, lavoro
con ottiche fisse che vanno dai 28 ai 200
mm. La mostra è stampata su carta baritata
e ho curato direttamente le stampe.
Hai dovuto ricorrere al flash o a tecniche
particolari?
Ho sempre scattato in luce ambiente. Non
amo particolarmente il flash, e se possibile
evito di usarlo. Ma in questo lavoro anche
altri due fattori giocano contro il flash: il
divieto ben noto di utilizzarlo nelle sale
museali e il fatto che molte opere sono
protette da un vetro.
Tecnicamente ho quindi optato per il
mosso: mi piaceva, tra l’altro, l’idea di
realizzare scatti di questa umanità in
movimento, così viva, davanti alle opere
ferme, “immobili”.
Ci sono fotografie scattate per questo
Galleria dell’Accademia – Firenze 2007.
libro a cui sei particolarmente legata?
In un lavoro come questo il fotografo deve
rispettare regole molto strette e severe, ma
ha anche l’occasione per vivere esperienze
affascinanti. Dopo aver scattato per giorni
durante l’orario di apertura, quando in
media dieci, undicimila visitatori si aggirano nelle sale dei musei fiorentini, ho chiesto di poter lavorare sia agli Uffizi sia alla
Galleria dell’Accademia in uno dei giorni di
chiusura al pubblico. Era una esigenza mia,
avevo bisogno di sentire il respiro di quegli
spazi vuoti. Durante il giorno di chiusura
viene fatta anche la pulizia delle opere, e
quando ho visto il David di Michelangelo
amorevolmente accudito da una restauratrice, che grazie a una impalcatura aveva
il privilegio di accarezzarlo, di spolverare
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Il libro
Capolavori in bianco e nero. Le opere, i
musei, il pubblico
Prezzo 15 euro
Sillabe, www.sillabe.it
via le impurità lasciate dal fiume umano che
lo ammira durante la settimana, ho avuto
come l’impressione che in quel giorno le
opere possano finalmente uscire dal proprio
ruolo, rilassarsi, in un certo senso guardare
altrove.
E proprio lo sguardo del David mi ha regalato una esperienza magica. Dopo aver chiesto
tutta una serie di permessi, mi è stato concesso di salire su quella impalcatura, e sono
riuscita a incontrare per la prima volta il suo
sguardo, perché l’unico modo per riuscirci
è proprio dall’alto. Ancora adesso, soltanto
a ripensarci mi emoziono.
Scattando il ritratto molto stretto al volto
della statua che appare nel libro ho poi scoperto che il Maestro Michelangelo ha voluto
regalare al David una chicca, le pupille a
forma di cuore.
Sempre il David mi ha ispirato tutta una
serie di scatti in cui il pubblico sfila ai
suoi piedi come in devozione, scatti che ne
esaltano la grandezza persino inquadrando
anche un solo dettaglio del suo corpo accanto ai visitatori.
E, per far capire che oltre alle opere famose
ci sono anche capolavori straordinari in sale
che la maggior parte dei turisti non vede,
ho “giocato” un po’, associando scatti in
cui la folla si accalca ad altri di sale vuote,
o con un solo visitatore assorto nella contemplazione.
Hai qualche aneddoto curioso legato al
lavoro a stretto contatto con il pubblico?
Al Museo delle Cappelle Medicee sono
arrivata prestissimo, una mattina, per fotografare lo spazio vuoto e immergermi nella
sua sacralità, restando sola con le statue di
Michelangelo che lo dominano.
Non è un museo convenzionale, perché si
trova nell’abside di San Lorenzo e custodisce
le tombe dei Medici. A un certo punto sono
però arrivati tre gruppi di turisti stranieri,
ciascuno di una quarantina di persone. Tre
nazionalità e tre lingue diverse. Mi hanno
travolta come uno tsunami, emotivamente
e fisicamente, e non riuscivo più a fotogra-
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Cappelle Medicee – Firenze 2007.
La mostra
Fino al 15 marzo le sale di Villa Bardini (Costa San Giorgio 4 a Firenze) ospitano
“All’improvviso i Musei Fiorentini”, una mostra fotografica che propone un parallelo
tra il materiale storico custodito dalla Soprintendenza e gli scatti di un fotografo contemporaneo
www.bardinipeyron.it
Lucia Baldini www.luciabaldini.it
fare.
Così a un certo punto mi sono stesa per
terra per fotografare la cupola, e la gente
si sporgeva su di me (come si vede nella
fotografia inserita nel libro) per capire che
cosa mi stesse succedendo, se stessi male
o che altro. La cosa divertente è che dopo
qualche minuto era perfettamente normale
che me ne stessi lì sdraiata, e tutti hanno
preso a ignorarmi.
Da questo lavoro sono nate altre iniziative fotografiche dedicate ai musei
fiorentini?
Fino al 15 marzo le sale di Villa Bardini a
Firenze ospitano “All’improvviso i Musei
Fiorentini”, una mostra fotografica che
propone un parallelo tra il materiale storico custodito dalla Soprintendenza e gli
scatti di un fotografo contemporaneo. La
mostra è curata dalla dottoressa Marilena
Tamassia per il Gabinetto Fotografico
della Soprintendenza Speciale per il Polo
Museale Fiorentino, e il catalogo è edito
da Sillabe.
Hanno pensato a me per l’approccio moderno, e proprio per il fatto che nei miei scatti
si vede il pubblico.
In mostra ci saranno mie fotografie inedite,
che non sono state inserite nel libro, a parte
un paio che ritengo molto significative,
messe a confronto con gli scatti d’epoca,
in cui si vedono le sale deserte quando
visitare un museo era una prerogativa del
turismo d’èlite, mentre oggi l’arte è fruibile
da tutti.
Vuoti assoluti accanto ai miei scatti, in
cui spiccano i tanti modi di interagire con
l’opera d’arte dei visitatori di oggi. Anche
l’allestimento sottolinea questa differenza: classico per le foto di archivio, molto
moderno per i miei scatti.
Donata Fassio