CHARLE S A quanto pare sto di nuovo per morire. Mi ha

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CHARLE S A quanto pare sto di nuovo per morire. Mi ha
CHARLE S
A quanto pare sto di nuovo per morire.
Mi ha schiaffeggiato. Gli ho detto che era “una splendida creatura
inferiore” (non in quest’ordine). Ed eccoci qui, in questo bosco
piovoso nel bel mezzo della settimana a cercare di ucciderci.
Lasciate che vi spieghi.
Voglio raccontarvi tutto.
La riunione di redazione era stata lunga e deprimente. Mi sentivo
stanco. Quando il redattore capo mi ha chiesto di accorciare
il mio articolo, mi sono opposto. Sono solo un giovane giornalista,
ma in quel giornale sono il più intelligente e a volte non riesco a
fare finta del contrario. È stato precipitoso da parte mia insultare
il signor Dubois, perché conoscevo le possibili conseguenze di
un’azione del genere. E non sono rimasto deluso. Si è praticamente
avventato sul tavolo per colpirmi in volto. Persino la gente
che passeggiava nell’affollato boulevard di sotto avrebbe potuto
sentire le sue parole di sfida.
Antoine è il mio riluttante secondo. È già sceso dalla carrozza,
la scatola di legno con le pistole piantata saldamente sotto un
braccio. “Andiamo” dice. “Ci attendono.” Dallo sportello aperto
della carrozza scorgo Pierre Dubois e il suo secondo, lo stampatore
Bernard, in piedi dietro a un rado filare di alberi ai margini
del bosco.
“Non ho fatto colazione” protesto, cercando faticosamente di
aprire il mio ombrello prima di mettere piede sulla terra zuppa.
“Scendete” mi dice Antoine, senza simpatia, e mi viene subito
voglia di sfidare lui a duello, come punizione per tanta insolenza.
Con uno scatto apro il mio ombrello.
“Non farete sul serio?” mi chiede.
“Che c’è?”
“Quello.” Indica l’ombrello verde con il manico giallo. Quando
l’ho comprato in un negozio parigino la settimana scorsa, l’avevo
trovato molto vivace. Ma mi rendo conto che qui, in mezzo alla
natura, possa sembrare un po’ ridicolo.
“Chiudetelo” mi intima.
“Non ho nessuna intenzione di farlo. Non m’importa di essere
ucciso, ma mi rifiuto di bagnarmi.”
Marciamo controvoglia nel bosco.
Anche Pierre Dubois sembra avvilito dal mio ombrello. Come
se provasse compassione e non se la sentisse di sparare a una creatura
così penosa.
“Potete offrirmi le vostre più sentite scuse” dice, “e tutto sarà
dimenticato.”
Siamo scrittori. Siamo fatti per brandire la penna, non la pistola.
Mi pento di averlo insultato. Pierre, ovviamente, si pente
di avermi sfidato. Potrei fargli le mie scuse, potremmo dividerci
una carrozza per tornare in città e riprendere il nostro lavoro di
giornalisti.
Ma le parole non sono facili da accantonare. Prendono una
forma particolare nella bocca, come anche nell’aria. Quando si
pronuncia una parola, questa esiste, e non è semplice persuaderla
a ritornare nel silenzio. La verità è che io penso davvero che Pierre
Dubois sia inferiore a me. La verità è che io lo irrito oltre ogni
ragione e che vorrebbe davvero spararmi, ma non può perché i
lettori adorano le mie recensioni.
“Non intendo rimangiarmi nulla” dico.
“Siete uno sciocco” commenta Pierre.
“Voi lo siete ancora di più.”
Ora non vediamo l’ora di spararci. Antoine apre la scatola e
carica le pistole. Bernard è scomparso dietro a un albero per urinare.
L’arma è pesante, puzza di bruciato e di terra. Me la stringo al
petto e m’incammino fra gli alberi, contando senza fiato venti passi,
fermandomi una sola volta, quando il mio ombrello s’impiglia
nei rami sopra di me.
È stato Pierre a sfidarmi. Quindi tocca a me sparare per primo.
Mi volto. Sollevo la mano con la pistola e miro lungo il braccio.
Pierre è parzialmente oscurato dalla boscaglia. La pioggia confonde
la sua figura. Socchiudo gli occhi e premo il grilletto. La
pistola rincula e fuma, e per un attimo non vedo nulla. Qualcuno
grida. Temo di averlo colpito, ma quando il fumo si dirada Pierre
è esattamente dov’era prima, in piedi, sotto la pioggia e al centro
dei cespugli.
Ora è il suo turno.
L’ombrello verde acceso guiderà la palla di piombo verso il
bersaglio, ma mi rifiuto di rimetterlo nel fodero dato che ho insistito
per portarlo. E se la mia ostinazione mi portasse alla morte?
Mi accorgo, per la prima volta, che la mia testardaggine può nuocermi,
che il mio carattere non mi aiuta, che può recarmi grandi
danni e che probabilmente dovrei contrastarlo.
“Avete a disposizione un altro colpo a testa” dice Antoine, materializzandosi
improvvisamente al mio fianco. “Datemi la pistola,
ve la ricarico.”
Gliela passo e mi volto per offrire il voluminoso bersaglio del
mio corpo a Pierre Dubois.
È solo in quel momento che penso ad Adèle, e al fatto che, se
muoio, piangerà, non si darà pace e rimarrà impressionata dal mio
coraggio. Perciò è meglio che ne raggranelli un po’. Traggo un respiro
profondo per poi trattenerlo, chiudo gli occhi e mi preparo
alla fitta di dolore e al primo amaro assaggio di oscurità.