la conoscenza riduce il rischio greenwashing

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la conoscenza riduce il rischio greenwashing
La sostenibilità
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LA CONOSCENZA RIDUCE IL
RISCHIO GREENWASHING
Carlo Degiacomi
direttore del Museo A come Ambiente
Torino, 24 Gennaio 2013
Green economy e green washing
• Prima di parlare di green washing si tratta di verificare se ormai ci sia un sentire
comune sul significato di green economy. A volte vi sono visioni riduttive:
lavori “verdi”, alcuni interventi di efficienza, inventarsi alcuni prodotti sostenibili o
quasi, gli impianti fotovoltaici, ecc.
• E’ una visione più ampia: una nuova frontiera che richiede sforzi congiunti di molti
soggetti, efficienza e rendimento ma anche innovazioni, un’idea di società green
che mescola nuovi valori e nuovi stili di vita, una spinta trasversale che riguarda tutti
i settori, anche quelli tradizionali e imprese di ogni dimensione.
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Una nuova frontiera e una nuova grande
trasformazione culturale
• Questa estensione del concetto di green economy se tradotta in educazione
ambientale, non vuol dire solo creare nuovi corsi universitari e nuovi filoni
professionali nella scuola secondaria.
• La formazione specialistica e professionale è importante anche su questi temi, ma
ha senso se accompagnata da un cambiamento profondo, oggi ancora da
intravvedere.
• Vuol dire che è necessaria una grande trasformazione culturale con la possibilità
di far emergere ad esempio ad ogni livello scolastico in ogni materia e disciplina il
tema della sostenibilità, dandole più peso sia nelle scienze che negli spazi
umanistici, attraverso (in sintesi) due filoni nuovi.
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La scuola può diffondere il concetto di “ciclo di vita”
• Da un lato in una scuola che fino ad oggi ha lasciato, per esempio, praticamente
nessuno spazio ai processi produttivi industriali, bisogna individuare e
diffondere il concetto di “ciclo di vita”, di coscienza della possibile valutazione delle
azioni umane nei confronti della natura.
• Dall’altro capire come far emergere quanto a livello mondiale sta affiorando e
scompagina quanto fino ad oggi dichiarato: le città, le concentrazioni degli
essere umani, non sono necessariamente un disastro ambientale, ma possono
essere una condizione interessante, ecologica, umana, sociale su cui scommettere,
trasformando, riprogettando, riorganizzando, conciliandosi maggiormente con la
natura.
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“Dalla culla alla culla” e “Smart city”:
molto di più di semplici parole d’ordine
• In entrambi i casi “dalla culla alla culla” e “smart city” possono essere molto di più di
parole d’ordine. Possono essere nuovi parametri per vivere, per progettare, per
produrre, per lavorare, per uscire dalla crisi, per ragionare, per sviluppare nuovi
sistemi, non solo nuovi prodotti, per coordinare in una vera sinergia i soggetti
economici, politici, sociali.
• Cambiano però i paradigmi o meglio le prospettive: insieme qualità e
quantità, responsabilità sociale e ambientale, rapporto con il territorio, comunità
solidale e solidarietà, ricerca e tecnologie innovative.
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L’analisi dei rapporti tra la natura e le azioni umane
ci porta sempre di più:
- a ragionare sulle case in cui abitiamo e come siano per lo più energivore, quindi a
riqualificare il patrimonio esistente, non solo a costruire il nuovo, migliorando le città
e non ampliando l’uso del suolo.
- a ragionare sull’intero ciclo di vita dei prodotti industriali (ma anche dei servizi) visto
come un processo: l’origine, l’utilizzo, il fine vita. Quante materie prime, quanta
energia, quanto suolo, quanta aria, quanta acqua, quanti scarti, quanti sprechi sono
necessari per ottenere un oggetto, che cosa si evita se si riusa e si ricicla. Una
valutazione sempre più attenta e chiara, alla luce del sole, di ingressi e uscite,
impatti sui sistemi ambientali. Spesso oggi sono processi fortemente dissipativi.
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Concetti da trasmettere in modo divertente
con obiettivi chiari
• Al museo illustriamo i concetti di “etichetta invisibile”, di “zaino ecologico”, di
“impronta ecologica”, che portano ognuno, a saperne di più e quindi a individuare in
modo concreto comportamenti, interventi e azioni di sostenibilità.
• Vi sono infinite possibilità di consumare, di migliorare qualitativamente gli stili di vita,
di cambiare consumi, di preferire beni e servizi con minor impiego di energia e di
materiali, di applicare criteri di efficienza e efficacia.
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Perché è difficile imitare la natura?
• Al Museo stiamo progettando e realizzando una nuova sezione che si intitola
“Perché è difficile imitare la natura?” che parla di buone pratiche di aziende e
servizi, di innovazioni di prodotto e di sistema, per farle conoscere, per ragionarci
sopra, per diffonderle.
• La natura è interessante da imitare soprattutto quando con i suoi cicli “chiude il
cerchio”: con il suo sistema di flussi nutrienti e di metabolismo altamente efficienti,
con l’equilibrio dei suoi ecosistemi.
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Temi complessi ma temi essenziali per il futuro prossimo
• Si tratta di aiutare una divulgazione scientifica semplice, non semplicistica; di ridurre
e criticare il taglio superficiale che caratterizza oggi molte forme di comunicazione e
di informazione che passano attraverso i media, la rete e anche tanti livelli
scolastici.
• Come fare a distinguere le azioni attente e efficaci di sostenibilità dai casi di
greenwashing?
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Tutto fa tendenza e moda? No, non tutto!
Vediamo ogni giorno cose incredibili sulle riviste:
• l’accendino a idrogeno: per favore un atto ecologico è non fumare. Un cronometro
per la doccia: misurare il tempo sotto la doccia è facile anche senza un apparecchio
apposito (è positivo invece avere inserito il frangiflusso per la doccia!)
• oggetti senza utilità effettiva di carta riciclata spacciati per design che sono costati
di più in termini di stampi e di energia utilizzata che in effettivo riuso del materiale;
indumenti presentati come naturali che arrivano dall’altra parte del mondo con un
ciclo di vita pieno di diserbanti e pesticidi, ma il trasporto e gli inquinanti non fanno
parte delle dichiarazioni di naturalità.
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L’elenco è molto lungo e potete contribuire anche voi
• Torte vendute da artigiani casalinghi senza burro e zucchero … ma pieni di oli
vegetali! Oggetti con la scritta generica “rispetta l’ambiente”, ad esempio candele
per interni o prodotti antizanzare, che rilasciano nell’aria di casa elementi nocivi
spacciati per naturali: che cosa vuol dire? Ditemi perché? Datemi dei dati! … Ci
sarebbe molto da dire anche sull’alimentazione anche Made in Italy esaltato come
marchio vicino e ecologico, senza che vi siano le prove “provate” negli ingredienti e
nelle pre-lavorazioni, se non l’ultima e l’imballaggio.
• Proseguite pure voi con facilità l’elenco: basta guardarsi intorno con un po’ di
attenzione!
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L’inganno di molte proposte della pubblicità!
• La pubblicità seguendo la moda dell’attenzione anche superficiale all’ambiente
ritiene oggi indispensabile un richiamo ambientale, non importa la sostanza! E
quindi propone meccanismi di greenwashing, di lavarsi un po’ l’immagine con
aspetti falsamente ecologici.
• Il greenwashing è l’illusione di comperare facendo un atto ecologico. Non si tratta di
essere poco o tanto “verdi”. La situazione è peggiore. Spesso si tratta di puro
inganno.
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Dai media e giornali di questa settimana:
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La Barbie si è fatta la villa a Malibù si affaccia sull’oceano Pacifico. Ed è “eco”. Ha i
pannelli solari sul tetto, un sistema di irrigazione delle piante a basso impatto, pavimenti
in bambù, scarico dei bagni ecologico, usa materiali a chilometro zero ed elettrodomestici
in classe A.
La nuova casa di Barbie è un progetto reale, con tanto di rendering
illustrativi: si sviluppa su tre piani con ampie vetrate. È provvista anche di biblioteca,
giardino per gli animali, palestra, sala riunioni e stanza per la meditazione. Come ogni
casa green che si rispetti è autosufficiente dal punto di vista energetico. Mancano i
garage per le numerose automobili della bionda californiana, sostituiti da una piccola
rimessa per la vespa rosa, così come impone l’austerità ambientalista. La eventuale
realizzazione su scala reale della casa di Barbie (dream house) avrebbe un valore di 3,5
milioni di dollari. E’ frutto di un Concorso di architettura indetto dalla Mattel
(www.mattel.com), che da sempre produce la celebre bambola.
Può darsi che esageri a fare questo esempio, ma forse non tanto. Cogliamo il positivo
che anche Barbie non può non parlare oggi di Green.
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Greenwashing ha conseguenze dirette o indirette
che si possono individuare:
• vantare un requisito generico non aiuta il pubblico a scegliere distinguendo le
certificazioni e le prove che i veri prodotti green possono esibire con ragione;
• i greenwashing minano la fiducia dei consumatori perché fanno promesse che non
vengono mantenute a fronte di un minimo di verifica;
• ingannare il pubblico vuol dire sottrarre ad altri prodotti gli sforzi effettivi realizzati
per essere sostenibili.
E altro ancora.
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Certificazioni e simbolo Ecolabel
• Il simbolo Ecolabel è una scelta importante per molti prodotti e una garanzia di un
processo produttivo attento ad alcuni aspetti ambientali, anche se mai perfetto.
Nell’alimentazione invece il sistema di etichette e di dichiarazioni, di provenienza
non è ancora, se non in minima parte, normato con attenzione, anche con la nuova
normativa europea che tocca solo alcuni aspetti.
• D. Goleman in “Intelligenza ecologica” contrappone l’abuso di vantare un singolo
attributo positivo di un oggetto, al ricorso ad analisi e verifiche degli impatti di
processo.
• “Il verde è un processo non uno status: dobbiamo imparare a pensare a
“verde” come a un verbo, anziché come a un aggettivo.”
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Il ciclo di vita se applicato in modo serio
fornisce sempre sorprese
• Famoso l’articolo apparso decenni fa su “Nature” (nota rivista scientifica) con un
confronto dei cicli produttivi di un sacchetto di carta e un sacchetto di plastica: quale
più negativo per l’ambiente? La risposta era quello di carta. Ed era una sorpresa!
• Però poi chiariva che l’analisi si fermava all’uscita dalla fabbrica e mancava un
pezzo importante per dare il giudizio corretto: l’uso e il fine vita del sacchetto di
carta era certo più compatibile.
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Proseguiamo con esempi banali vicinissimi
alle azioni di tutti i giorni
• Nei bagni del Museo abbiamo inserito per le mani l’apparecchio - asciugamani ad
aria calda al posto dei rotoli di tessuto. Lo abbiamo fatto dopo aver fatto un calcolo
minuzioso su come il lavaggio, la fabbricazione, il trasporto dei secondi era
assolutamente meno conveniente da un punto di vista di emissioni CO2 dell’uso
limitato e breve del soffio di aria calda utilizzando l’energia elettrica.
• Per preparare la tazza di tè è conveniente per l’ambiente il forno a microonde
piuttosto del gas, o anche un bollitore elettrico; a patto di utilizzare la quantità di
acqua che serve davvero e non facendo scaldare un litro per berne una tazzina!
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Esempi piccoli e sostanziosi: per tutti è importante
conoscere il ciclo di vita per valutare l’efficienza
Esempi certo troppo piccoli, ma ce ne sono di molto sostanziosi:
•ad esempio l’uso del riscaldamento con la contabilizzazione, l’uso dell’acqua calda, l’uso
degli elettrodomestici, l’uso dell’acqua del rubinetto, le raccolte differenziate fatte bene a
iniziare dall’umido …
•Il Museo ha un quaderno sulle azioni possibili di massa che si possono facilmente fare
senza problemi e senza l’impressione di essere più poveri, anzi aumentando la qualità della
vita. Con tutti si può ragionare facilmente in termini di cicli di vita.
•Ma si vede anche con questi piccoli esempi di cicli di vita (da considerare tutto l’arco! Non
solo un pezzetto!) come i luoghi comuni siano diffusi e come abbiamo bisogno di saperne di
più.
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Procedendo, il tema si fa più complesso.
Come si combatte il greenwashing?
Suggerisco qualche indicazione ricorrendo ad esempi (anche se per vari motivi evito i
nomi):
1 Bisogna aumentare la conoscenza di tutti i cittadini …
2 Le imprese possono osare di più …
3 La scuola può fare un salto di qualità ….
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1 Bisogna aumentare la conoscenza di tutti i cittadini e
rendere accessibili e confrontabili dati e informazioni.
Si chiama “trasparenza”.
• Se mi spiegano che posso utilizzare sacchetti sottili biodegradabili al posto dei
sacchetti di plastica al bando ci credo. Ma se ragiono e mi informo scopro che
utilizzare un po’ di sacchetti fatti con prodotti biodegradabili è possibile e pure
ecologico, ma diventa follia se pensiamo di arrivare di nuovo a consumare e
produrre tonnellate e tonnellate di sacchetti!
• La soluzione più attenta alla natura è quella di utilizzare alcune sporte di plastica o
di cotone (non importa) quando andiamo a fare la spesa e ce le portiamo dietro
insieme ai soldi o alla tessera per pagare, abituandoci ad un nuovo stile.
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Altri esempi: l’acqua del rubinetto e l’acqua minerale
•
Mi spiegano che posso bere l’acqua minerale che voglio, perché la plastica della bottiglia
è stata trasformata in materiale biodegradabile. Ragiono e mi informo e scopro che oggi
se la bottiglia finisce nella plastica è un problema perché disturba il processo di riciclo con
materiale diverso; se finisce nel compost inquina perché non ha i tempi di degradazione
previsto dai cicli del compostaggio industriale (è più lungo!) e quindi non va inserito. Dove
finisce la bottiglia che viene considerata biodegradabile: nell’immondizia indifferenziata!
•
La soluzione interessante dal punto di vista ambientale è ricorrere il più possibile
all’acqua del rubinetto (ecologica, economica, sicura), all’acqua frizzantina erogata dalle
nuove fontane pubbliche che si vanno diffondendo, e infine, se proprio necessario, anche
comperando acqua minerale che viene dal territorio vicino e non dall’altro lato dell’Italia.
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Altri esempi: non tutto ciò che è bio, luccica
• Mi spiegano che tutto ciò che è bio rappresenta un atto di scelta importante del
consumatore che riduce gli effetti delle coltivazioni sulla natura. Ragiono e mi
informo. Subito scopro che scrivere bio su un prodotto non vuol dire niente, che
solo i prodotti certificati con il logo europeo (una foglia verde con le stelline) mi può
dare garanzia del bio. Infatti se vado a vedere le cronache dei sequestri della
guardia di finanza in Italia negli ultimi anni scopro anche che vi sono state truffe in
quantità colossale proprio su questo tema.
• Mi spiegano che ….
(Anche in questo caso potete continuare voi, con domande e dubbi. Avere dubbi è
sempre un pensiero positivo, un cercare, un richiedere spiegazioni!)
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2 Le imprese possono osare di più perché un’attenta
analisi dei propri processi in tempi brevi riduce le spese
• e richiede investimenti che si recuperano con grande velocità (anche tre o
quattro anni).
• Le certificazioni stimolano queste analisi e forniscono dati certi, ma oggi siamo a
ulteriori passi avanti possibili, come molte buone pratiche ci indicano.
Le prime due fasi
• In una prima fase l’obiettivo delle aziende era di conseguire la conformità alle
normative ambientali vigenti e minimizzare i rischi ambientali. In una seconda fase
le imprese hanno iniziato a praticare strategie volte a prevenire l’inquinamento, a
riciclare i rifiuti, ad ottimizzare l’uso delle risorse a partire dalle energetiche e dalle
materie prime. Qui ritroviamo i marchi come Ecolabel.
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Una nuova terza fase in corso
• La terza fase in corso, nella crisi, è una scommessa: si cercano innovazioni in
termini di ecoefficenza, di azioni ambientali come valore aggiunto, di una crescente
consapevolezza del peso strategico che le variabili ambientali hanno acquisito, nel
valore della responsabilità sociale dell’impresa. Si può inserire la variabile
ambientale nei processi decisionali d’impresa nel momento in cui vengono messi a
punto le strategie e i programmi. Estenderlo dalla fase di produzione a quelle di
utilizzo e di di consumo e dello smaltimento a fine vita vuol dire occuparsi di
responsabilità estesa. E’ una variabile che per lo più riduce le inefficienze di
processo e quindi i costi, aiuta la penetrazione nei mercati più evoluti.
• Per raggiungere obiettivi validi bisogna promuovere la consapevolezza ambientale
presso tutti i dipendenti e collaboratori, coinvolgendo nelle responsabilità ambientali
tutte le funzioni e tutte le aree d’impresa, sia operative che di staff.
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Anche i soggetti della grande distribuzione
possono osare di più.
• Anche i soggetti della grande distribuzione specie oggi che sono i diretti
produttori (o committenti) di molti prodotti possono fare di più - e in parte stanno
facendo atti concreti.
• Ad esempio quando producono pasta perché la infilano dentro a pacchetti di
plastica quando è possibile confezionarla dentro a cartoncini riciclati stupendi e
senza problemi di salute?
• Ad esempio quando i grandi locali degli ipermercati possono sviluppare alcune
buone pratiche che riducono l’energia consumata: usare i led; coprire i banchi frigo
espositivi con chiusure trasparenti che evitano la fuoriuscita del freddo; ecc.
• Quando con semplicità segnalano l’acqua minerale che proviene dalla regione …
• Sono tutti casi in cui si integrano molto bene i risparmi di consumi con i risparmi
ambientali.
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E gli enti pubblici?
• Gli enti pubblici con nuove regole negli appalti (alcune amministrazioni sono
avanti in questo processi) possono aiutare le aziende e i distributori che si
avvalgono di prodotti “verdi” veri, contribuendo ad allargare il mercato per loro, a
premiarli per l’impegno.
• Concentrare interventi sull’efficienza degli edifici pubblici è un piano più interessante
di altri interventi di immagine.
• Sono utili e necessarie, dai livelli legislativi nazionali fino ai Comuni, misure
premiali, di accompagnamento, di incentivazione.
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3 La scuola può fare un salto di qualità se lascia più
spazio all’educazione ambientale
che è già largamente dentro ai programmi, ma emerge poco, anche perché non
capace a sviluppare adeguati livelli interdisciplinari all’altezza della complessità
degli argomenti.
Nella promozione della sostenibilità l’informazione e la formazione hanno un ruolo
decisivo per gli individui come per le imprese.
La scuola ha una possibilità di consolidare la nuova cultura del ciclo di vita e di
smart city: va aiutata.
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Ogni soggetto pubblico e privato può avere
la sua funzione all’interno di un impegno comune.
• Strutture permanenti come il Museo A come Ambiente possono aiutare gli
insegnanti, le famiglie, proporre nuovi argomenti e nuovi temi in modo interattivo,
ludico ma sempre con possibilità di approfondimento non banale.
• Una nuova cultura come quella di capire e conoscere i cicli di vita e scartare il
greenwashing richiede anche di uscire dalla superficialità di tanti luoghi comuni,
da slogan, da parole d’ordine troppo semplici e generiche.
• Per costruire un futuro prossimo interessante concentriamoci sui tanti messaggi
e contenuti di sostanza che possono avere insieme obiettivi di risparmio,
efficienza economica, attenzione all’ambiente, possibilità di lavoro.
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