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GENTE VENETA n. 27, 10 luglio 2015 3 FRANCESCO IN AMERICA LATINA - Folle sterminate ad ascoltare le parole del Pontefice Il Papa in Ecuador: Il vino migliore è per chi si pone sulle spalle le necessità degli altri «Nel Vangelo si trovano le chiavi per un futuro migliore per tutti» M olte famiglie soffrono, ancora oggi, per la “mancanza di vino”. Eppure, “le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia”, dove “la fede si mescola al latte materno” e “i miracoli si fanno con quello che c’è”. È un grande, realistico affresco sulla famiglia quello dipinto dal Papa durante la Messa a Guayaquil, davanti a una distesa sterminata di persone, forse un milione. I primi due giorni in Ecuador, prima tappa del primo viaggio del primo Papa “venuto dalla fine del mondo” in quell’America Latina che parla la sua lingua, sono già un bagno di folla. Fin dall’arrivo all’aeroporto di Quito, in cui si definisce “testimone della misericordia” e assicura che è nel Vangelo che “possiamo trovare le chiavi” per assicurare “un futuro migliore per tutti”, a cominciare dai “nostri fratelli più fragili”. Nel parco di Los Samanes, Francesco invita a pregare per il prossimo Sinodo e, sempre sulla scorta delle nozze di Cana, pronuncia una sorta di profezia per le famiglie di tutte le latitudini: “Il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, profonda e bella per la famiglia deve ancora arrivare”. È questa la “buona notizia”, anche per chi vede “crollare tutto”. C’è un “debito sociale” verso la famiglia. “I servizi che la società presta ai cittadini non sono una forma di elemosina, ma un autentico debito sociale nei confronti dell’istituzione familiare, che tanto apporta al bene comune”. Non è scontata, la denuncia di Francesco, che - riprendendo il tema delle sue catechesi più recenti - ricorda che “la famiglia è l’ospedale più vicino, la prima scuola dei bambini, il punto di riferimento imprescindibile per gli anziani”. “La famiglia - ammonisce il Papa - costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai cittadini”. I “miracoli” e la preghiera per il Sinodo. “Nella famiglia la fede si mescola al latte materno”, e “i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione: molte volte non è l’ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che dovrebbe essere”. È il ritratto, molto realistico, delle famiglie, tracciato dal Papa nell’omelia della messa nel Parco di Los Samanes. “In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiano tutti, nulla si scarta, niente è inutile”. “Poco prima di cominciare l’Anno Giubilare della Misericordia - ha poi ricordato al popolo ecuadoregno - la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni concrete alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia deve affrontare nel nostro tempo”. “Sussurratevelo fino a crederci”, è la la consegna del Papa: “Il vino migliore sta per ar- rivare. E sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore”. Porre “sulle spalle” le necessità degli altri. “Vengo a Quito come pellegrino, per condividere con voi la gioia di evangelizzare”. Sono le parole di saluto rivolte dal Papa alla folla immensa che lo ha accol- GRECIA Urge la trattativa dopo un “sì” poco conscio «D svolgimento. Su una materia tanto complessa, e con ricadute potenzialmente esplosive, sono stati chiamati al voto 8 milioni di greci dopo una campagna esplicativa durata meno di una settimana, fra roboanti dichiarazioni di esponenti governativi (“il futuro della Grecia lo decidono i greci”), allarmi provenienti dalle opposizioni (“il no porterà il Paese fuori dall’Europa e l’economia nazionale al disastro), ingerenze esterne (da Bruxelles, Berlino, Roma, Parigi, Washington, Mosca…). Così il voto - che resta la massima espressione democratica di una nazione moder- U AL na - ha offerto un responso sul quale è almeno lecito avanzare dei dubbi: cosa vogliono davvero i greci per il loro futuro? E Tsipras? Il premier greco ha costantemente e coerentemente detto “no” all’Europa, all’Eurogruppo, ai creditori esteri, ai piani di salvataggio “lacrime e sangue” confezionati dall’ex Troika. Ma, d’altro canto, non ha mosso un dito per ridare stabilità ai conti pubblici di Atene (completamente fuori controllo), per realizzare riforme credibili su pensioni, istruzione, sanità e per rilanciare l’economia reale mediante investimenti per la crescita. A- lexis Tsipras sarà però costretto a rivolgersi ancora una volta ai creditori internazionali e all’Unione europea. Le dimissioni del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis - sacrificato dall’amico Tsipras - sono un segnale della volontà di trattare con l’Eurogruppo una via d’uscita equa e ragionevole. Del resto i mercati in fibrillazione e la montante marea populista che ha cantato vittoria in tutta Europa assieme ai convenuti di piazza Syntagma, indicano ai governanti europei prudenza e - in fin dei conti - la necessità di una soluzione che tiri fuori la Grecia dal precipizio. (Sir) TE DIRIT T IST RUZION E Cinque buoni motivi per destinare il tuo 5x1000 al popolo del Sud Sudan! I CE CIBO PA S eve essere accettato il piano d’accordo consegnato dalla Commissione Ue, Bce e Fmi all’Eurogruppo del 25 giugno 2015 che si compone di due parti, le quali costituiscono la loro proposta unitaria?». Proprio ora che i seggi sono chiusi, lo spoglio è terminato e piazza Syntagma ha festeggiato l’esito del referendum svoltosi in Grecia il 5 luglio, occorre tornare sul quesito sottoposto agli elettori ellenici. “Sì” o “no” le due sole risposte possibili. Ma “sì” e “no” a cosa? Quale il contenuto effettivo tecnico e finanziario, oltre che politico - della domanda stampata sulle schede, su cui oltre il 60% degli elettori ha apposto un convinto “oxi”? La democrazia - insegna la storia greca - è partecipazione pienamente cosciente e responsabile alla “res publica”. Davvero tutti gli elettori erano a conoscenza del contenuto dell’“accordo consegnato dalla Commissione Ue, Bce e Fmi all’Eurogruppo del 25 giugno 2015 che si compone di due parti eccetera eccetera”? Il referendum di domenica 5 luglio era stato indetto esattamente 8 giorni prima del suo 98092000177 to nella piazza della cattedrale di Quito, al termine della seconda giornata del viaggio. “Vi invito a porre sulle spalle le necessità degli altri, per edificare o restaurare la vita di tanti fratelli che non hanno forze per costruirla o l’hanno vista crollare”. È “un lavoro di tutti a favore della comunità, un lavoro anonimo, senza cartelli pubblicitari né applausi”, precisa Francesco. M. Michela Nicolais PAROLE E VIE DELL’UMANO Plurale: un umanesimo sfaccettato, prismatico N el cammino di preparazione verso Firenze 2015, con i racconti giunti dalle Chiese locali, si è provato a metter giù i binari del “nuovo umanesimo” che è al centro del convegno di novembre. Sono emerse quattro piste di lavoro che dipingono tale umanesimo, fondato in Gesù Cristo, con questi tratti: in ascolto, concreto, plurale e integrale, aperto alla trascendenza. Soffermiamoci sul termine “plurale”, che non è sempre così pacifico e lineare. “L’umanesimo nuovo in Cristo è un umanesimo sfaccettato e ricco di sfumature -«prismatico» - dove solo dall’insieme dei volti concreti, di bambini e anziani, di persone serene o sofferenti, di cittadini italiani e d’immigrati venuti da lontano, emerge la bellezza del volto di Gesù. L’accesso all’umano si rinviene imparando a inscrivere nel volto di Cristo Gesù tutti i volti, perché egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le cicatrici” (Traccia preparatoria verso Firenze 2015). Nei tanti volti un solo Volto, nell’unico Volto un insieme plurale e variegato di volti. E di altrettante vite, a contatto (talora in modo non semplice e cordiale…) l’una con le altre, come fossero “tessere di un mosaico più vasto: lo insegnava il beato Pino Puglisi ai giovani universitari di Palermo, quando invitava ciascuno a immaginare il proprio volto personale come uno dei tanti variopinti vetrini che compongono, nell’abside maggiore del duomo di Monreale, il grande volto di Cristo Gesù”. Si raffigura - prosegue la traccia “una famiglia umana segnata non dall’omologazione e dall’uniformità ma dalla bellezza e dalla «convivialità delle differenze», come amava dire mons. Tonino Bello: differenze di generazioni e di popoli, che esprimono legami di figliolanza e fratellanza, dove ciascuno è custode del fratello”, ognuno con le proprie risorse e fragilità. Umanesimo plurale, dunque. E, attenzione, integrale! Perché verità e amore - in Dio, in Gesù camminano sempre insieme e non si smentiscono: “La via dell’intero è via dell’umano”. La Chiesa italiana verso il Convegno di Firenze 2015