programma di sala

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programma di sala
Disegno di Goethe per il Faust
Venerdì 20, Sabato 21 marzo 2009 ore 21
Domenica 22 marzo 2009 ore 15,30
Teatro Ariosto
L’INTERVISTA
di Natalia Ginzburg
con
Maria Paiato, Valerio Binasco, Azzurra Antonacci
regia
Valerio Binasco
scene
Antonio Panzuto
luci
Pasquale Mari
costumi
Sandra Cardini
musiche originali
Antonio Di Pofi
regista collaboratore
Nicoletta Robello
produzione Teatro Eliseo / Teatro Stabile di Firenze
La vicenda
È il 1978, Marco Rozzi, giovane
giornalista, arriva in una casa di
campagna per realizzare un’intervista a un importante studioso,
Gianni Tiraboschi, oggetto della
sua giovanile ammirazione. Ma
ad accoglierlo troverà solo Ilaria
e Stella, rispettivamente la compagna e la sorella di Gianni Tiraboschi. Nella vana attesa del suo
interlocutore, Marco si intrattiene
con Ilaria, e tra di loro si crea un’intimità non cercata che li porta a rivelarsi l’un l’altra le proprie ingenue
ambizioni. A distanza di poco più
di un anno la scena si ripete: di
nuovo la mancata intervista, e di
nuovo tra Marco e Ilaria nasce
uno scambio semplice ed intenso
sui sogni e le sconfitte della vita.
L’incontro tra Marco e Gianni Tiraboschi avverrà solo dieci anni
dopo, quando Marco avrà abbandonato il giornalismo e perso ogni
interesse all’intervista e Tiraboschi
si sarà ritirato dalla vita pubblica in
seguito a una crisi depressiva, ma
noi qui non lo vedremo.
Attraverso una scrittura teatrale
vivace e sfrontatamente fragile,
attenta ai piccoli gesti di vita quotidiana e sempre carica di ironia, la
Ginzburg ci racconta l’atmosfera
dell’Italia degli anni compresi tra
il ‘78 e l’‘88: anni importanti per
un’Italia in cui tutto si dissipa e
muore e ciò che resta è il desiderio
confuso di mettere in salvo qualcosa che è stato bello e nobile.
Ginzburg su L’intervista
«Un giorno è venuto da me un ragazzo, di nome Luca Coppola. Era
piccolo, con grandi occhiali cerchiati di tartaruga, con un ciuffetto
nero che gli ballava sugli occhi. (...)
Lui faceva ora il regista di teatro.
(...) Luca Coppola e io siamo diventati amici. Non parlavamo solo
di commedie ma di tutto. Stavo
bene con lui e non m’accorgevo
che io ero vecchia e lui giovane.
Una sera è venuto a trovarmi con
un suo amico, l’attore Giancarlo
Prati. Abbiamo passato molte ore
a discorrere, quella sera, sul terrazzo di casa mia. (...)
Sono stati ammazzati, Luca
Coppola e il suo amico Giancarlo
Prati, l’estate scorsa, in un paese
della Sicilia chiamato Mazara del
Vallo. Sono stati picchiati, inseguiti
mentre fuggivano e poi ammazzati,
di notte, su un arenile. Lo scenario,
il tranello e l’assassinio rassomigliano all’assassinio di Pasolini.
Luca Coppola era una persona
con la quale parlavo a lungo e felicemente. Ancora oggi mi accade
di fargli delle domande. L’intervista
è una commedia che ho scritto
poco tempo dopo che lui era
morto. La dedico a lui.
L’intervista l’ho scritta perché la
recitasse Giulia Lazzarini (...)
La vedevo piccola, mite, delicata e
fragile, e cercavo di intrecciare una
vicenda attorno alla sua fragilità.
L’ho fatta anche distratta, sprovveduta e randagia. Del resto, anche
quando si scrivono dei romanzi,
dei racconti, accade di pensare
intensamente a una persona o a
varie persone reali. Non è mica
diverso.
In questa commedia ci sono tre
personaggi sulla scena e tre di cui
si parla soltanto. Gli uni e gli altri
sono essenziali.
Nelle mie commedie, in tutte, ci
sono come qui dei personaggi di
cui si parla molto e che non compaiono mai. Tacciono, essendo assenti. Così finalmente c’è qualcuno
che tace. (...)
In tutto quello che abbiamo scritto,
siano romanzi o commedie, o
altro, è nascosto e custodito il
tempo il tempo che abbiamo passato mentre stavamo scrivendo.
Nelle commedie quel tempo è
custodito più diffusamente e più
intensamente.
Le
commedie
hanno un prima e un dopo. Hanno
lunghi strascichi e intorno vi ruota
una folla di luoghi e di gente. Di
alcune commedie magari non ce
ne importa più molto, ma quello
che vi è nascosto e custodito e vi
ruota intorno ci è caro per sempre.
Case o stanze in cui abbiamo
abitato quando le abbiamo scritte
o pensate. A volte sono case o
stanze in cui non ci è consentito o
non vogliamo rientrare. Paesi dove
non ritorneremo. Teatri. Grossi fili
neri sparsi per terra. Amici che
abbiamo smesso di frequentare.
Voci che abbiamo devotamente
ascoltato e il cui suono si è perso.
Visi amati. Il ricordo dei morti».
«Ho scritto questa commedia nello
scorso agosto. Da un po’ di tempo
avevo l’idea di fare una commedia
dove una persona, uomo o donna,
arrivava in una casa per intervistare
qualcuno, uomo o donna, non sapevo bene. (...)
Poi l’idea che avevo mi si è precisata. I personaggi dell’intervista
erano una donna e un uomo, però
l’intervista era una sorta di intervista-fantasma, e reale era soltanto
il rapporto che si creava fra quella
donna e quell’uomo, l’intimità casuale e involontaria che nasceva
fra loro, involontaria e impreveduta
sia dall’una, sia dall’altro. Avevo in
testa il luogo, una casa di campagna piuttosto vecchia, cadente
e in disordine, e dopo alcune false
partenze, la commedia è venuta
fuori.
L’intervista è come ho detto, un’intervista-fantasma e forse diventerà
reale quando chi l’ha chiesta non
la desidera più affatto e anzi ne ha
spavento. Non ho voluto per nulla
illuminare il mondo del giornalismo
di oggi, ma piuttosto volevo che
apparisse in qualche modo l’Italia
di oggi, dove tutto si dissipa e
muore e ciò che resta è il desiderio
confuso di mettere in salvo qualcosa che è stato bello e nobile,
qualcosa che è degno di sopravvivere alla dissipazione e alla distruzione. Il personaggio di Ilaria è nella
commedia la figura che si rifiuta
di accettare la distruzione. È un
essere che sa conoscere la forza
delBohr
dolore, del sacrificio e della
dedizione. Il giornalista, Marco
è un essere ingenuo, maldestro,
con ambizioni ingenue, destinate
a venir deluse sul nascere, ma è
un essere dotato di pietà e all’ultimo anche capace di conoscenza
adulta, sincera e veritiera della vita.
Le figure che non compaiono mai
sulla scena ma sono evocate di
continuo – un uomo politico, le
sue donne e le loro vicende – sono
figure di sconfitti. L’Intervista è
una storia di sconfitti. Li salva e
manda luce quello che ciascuno
ha cercato di fare, anche se non
può in alcun modo chiamarsi una
vittoria».
Natalia Ginzburg (luglio 1989)
Binasco su L’intervista
note di regia
L’Intervista mi ricorda certe favole.
Le tre scene che la compongono,
quasi uguali e nella struttura e
nella musicalità delle frasi, creano
l’effetto di un rituale comico: passano mesi e anni, ma ogni volta
che i tre personaggi si incontrano
succedono sempre le stesse
cose, si dicono quasi le stesse
parole secondo una scansione
rituale un po’ più assurda della
vita stessa. Ma tale ritualità non
ha quasi peso, perché la grazia e
l’umorismo dolce della Ginzburg
poco si adattano a fardelli stilistici
esposti. L’assurdo, in lei, non è una
provocazione intellettuale. È sem-
plicemente un destino possibile.
Probabilmente l’unico. L’assurdo,
in lei, è innocente.
Come
una favola, L’Intervista
ha almeno due livelli di lettura:
uno riguarda i personaggi e le
loro peripezie; l’altro riguarda
qualcos’altro, più o meno segretamente nascosto nel testo. Ed è
un pensiero rivolto all’Italia. L’Intervista non racconta solo dieci
terribili anni della vita di quattro
personaggi, ma attraverso le loro
vite ci fa percepire fortissimamente
anche che cosa siano stati quegli
stessi anni per la nostra nazione.
Dal 1978 al 1988.
Ci sono quattro personaggi, di
cui uno che non si vede mai. Il
personaggio assente, Giovanni Tiraboschi, è per me il protagonista
occulto della pièce. Assomiglia ai
grandi uomini dell’Italia di ieri: vitali,
facondi, seducenti e colti.
I tre protagonisti ‘reperibili in
scena’ sono tre persone qualunque legate al grande assente,
ognuno a modo suo, che si incontrano in una vecchia villa toscana, di sua proprietà. Tutti e tre
aspettano il ritorno di Tiraboschi,
e mentre aspettano chiacchierano. Dato che non tornerà mai,
chiacchiereranno molto, e i loro
destini finiranno per intrecciarsi in
modo divertente e rocambolesco.
Questa è una splendida commedia
di chiacchiere: la Ginzburg è una
grande scrittrice di chiacchiere. E
infatti i suoi sono personaggi ritratti con vera maestria psicologica
e scenica,
e molta ‘vita’ è nascosta
Heisenberg
sotto le battute–fiume, tanto che si
potrebbe cedere alla tentazione
di interpretare la pièce in modo
naturalistico. Ma qui si sceglie una
via diversa: quella di lavorare sulla
recitazione, rendendola vibrante
e sensitiva, in modo da restituire
(percependole in modo nuovo) le
parole, farle guizzare di interiorità
come esperienze fulminee, cariche
di elettricità come note di Mozart.
Questa musicalità è il segreto da
conquistare. È una musica da
suonarsi anche con gli occhi, con
le mani, con i pensieri intimi degli
attori. È una musica che, misteriosamente, fa ridere: e infatti si ride
delle parole di Ilaria, Marco e Stella,
e dei loro buffi destini, mentre, fuori
dalla finestra, il mondo.
Valerio Binasco
Natalia Levi
Nata a Palermo da Giuseppe
Levi, un illustre scienziato ebreo
di origine triestina, e Lidia Tanzi,
la madre milanese e non-ebrea.
Il padre è professore universitario
antifascista e sia il padre che i
tre fratelli saranno imprigionati e
processati con l’accusa di antifascismo. Natalia trascorre l’infanzia
e l’adolescenza a Torino, in stato
di emarginazione e trova presto
conforto nella scrittura. Esordisce
nel 1933 con il suo primo racconto, I bambini, pubblicato dalla
rivista “Solaria” e nel 1938 sposa
Leone Ginzburg col cui cognome
firmerà in seguito tutte le sue
opere. Dalla loro unione nacquero
tre figli: Carlo, che diverrà un
noto storico e saggista, Andrea e
Alessandra. In quegli anni stringe
legami con i maggiori rappresentanti dell’antifascismo torinese e in
particolare con gli intellettuali della
casa editrice Einaudi della quale
il marito, docente universitario di
letteratura russa, era collaboratore
dal 1933. Nel 1940 segue il marito,
che era stato mandato al confino
per motivi politici e razziali, in un
paese dell’Abruzzo dove rimane
fino al 1943. Nel 1942 scrive e
pubblica, con lo pseudonimo di
Alessandra Tornimparte, il suo
primo romanzo intitolato La strada
che va in città che verrà ristampato
nel 1945 sotto il nome dell’autrice.
Nel febbraio del 1944, in seguito
alla morte del marito ucciso nel
carcere di Regina Coeli, Natalia
ritorna a Torino e al termine della
Seconda guerra mondiale comincia a lavorare per la casa editrice Einaudi. Nel 1947 esce il suo
secondo romanzo e vince il premio
letterario “Tempo”. Nel 1950 sposa
l’anglista Gabriele Baldini, docente
di letteratura inglese e direttore
dell’Istituto Italiano di Cultura a
Londra. Inizia per Natalia un periodo ricco per la produzione letteraria che si rivela prevalentemente
orientata sui temi della memoria e
dell’indagine psicologica. Nel 1952
pubblica Tutti i nostri ieri, nel 1957
Natalia Ginzburg
trice di commedie tra le quali, Ti
ho sposato per allegria del 1965,
Paese di mare nel 1972 e L’intervista. Nel 1983 viene eletta nelle
liste del Partito Comunista Italiano
al Parlamento. Muore a Roma tra il
6 e il 7 ottobre 1991.
seguito i volumi Mai devi domandarmi del 1970 e Vita immaginaria
del 1974. Nella successiva produzione la scrittrice, che si era rivelata anche fine traduttrice con La
strada di Swann di Proust, ripropone in modo più approfondito i
temi del microcosmo familiare con
il romanzo Caro Michele del 1973,
il racconto Famiglia del 1977, il romanzo epistolare La città e la casa
del 1984 oltre La famiglia Manzoni,
nel 1983, visto in una prospettiva
saggistica.
La Ginzburg si rivela inoltre au-
21 e 22 marzo 2009 ore 20
Teatro Municipale Valli
25 e 26 marzo 2009 ore 21
Teatro Cavallerizza
The Blue Planet
Terra di nessuno
Prossimi spettacoli
di Peter Greenaway
e Saskia Boddeke
musiche Goran Bregovic
A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione
Soci fondatori
Fondazione
Comune
di Reggio Emilia
Soci fondatori aderenti
di Harold Pinter
regia Lorenzo Loris
Foto S. Mor Yosef
il volume di racconti lunghi, Valentino, che vince il premio Viareggio
e il romanzo Sagittario, nel 1961
Le voci della sera che, insieme al
romanzo d’esordio verranno successivamente raccolti nel 1964
nel volume Cinque romanzi brevi.
Nel 1962 esce la raccolta di saggi
Le piccole virtù e nel 1963 vince
il premio Strega con Lessico famigliare che viene accolto da un
forte consenso di critica e di pubblico. Nel 1969 muore il marito e la
scrittrice si dedica sempre più alla
narrativa. Negli anni settanta fanno
Valerio Binasco
È uno degli attori-registi teatrali più
apprezzati della ‘nuova’ generazione: diplomato presso la Scuola
di Recitazione del Teatro Stabile di
Genova nel 1988, dove ha iniziato
a lavorare come attore con Marco
Sciaccaluga, Valerio Binasco ha
collaborato a lungo ai progetti
artistici di Franco Branciaroli e da
molti anni lavora con Carlo Cecchi
(ricopre il ruolo del protagonista
anche
nell’ultimo
spettacolo,
Tartufo di Molière). Ha ricevuto il
Premio Linea d’ombra e il Premio
Ubu quale miglior attore giovane
per l’interpretazione di Amleto
(regia Carlo Cecchi) ed è stato
prescelto per i Premi Olimpici del
Teatro e il Premio Ubu quale miglior
attore non protagonista per Edipo
a Colono (regia Mario Martone).
Con Cecchi ha interpretato il ruolo
di Clov nello spettacolo (premio
Ubu) Finale di partita di Beckett.
Lavora anche per il cinema (tra
gli altri film: Lavorare con lentezza
con Valerio Mastrandrea, Texas
di Fausto Paravidino, La bestia
nel cuore di Cristina Comencini)
e per la radio. Alterna l’attività di
interprete e di regista, e anche nel
secondo ruolo ha meritato molti
riconoscimenti: tra gli spettacoli
da lui diretti ricordiamo La chiusa
di Conor Mcpherson, Il cortile di
Spiro Sciamone, Cara Professoressa di Ludmilla Razumovskaja,
Ti ho sposato per allegria di Na-
talia Ginzburg. È tra i protagonisti
del nuovo film di Ferzan Ozpetek
Un giorno perfetto (nel ruolo dell’onorevole Elio Fioravanti) e del
film (cinema e tv) Il sangue dei vinti
dal libro di Pansa con la regia di
Soavi, presentato alla Festa del
cinema di Roma. Nella stagione
in corso, dopo Qualcuno arriverà
al Teatro Stabile di Genova e lo
spettacolo prodotto dal Teatro
di Roma E la notte canta, con
Un giorno d’estate, prodotto dal
Teatro Eliseo di cui è regista stabile
per il triennio 2009-2011, Valerio
Binasco ha completato la trilogia
dedicata all’autore norvegese Jon
Fosse. Attualmente è anche impegnato nelle riprese del film Noi eravamo, coprotagonista con Luigi Lo
Cascio, regia di Mario Martone.
27, 28 marzo 2009 ore 21,
29 marzo 2009 ore 15.30 e 21
Teatro Municipale Valli
1 aprile 2009 ore 20,30
Teatro Municipale Valli
Hair. The Tribal Love Rock Musical
Akademie fur Alte Musik
Collegium Vocale Gent
direttore Marcus Creed
direzione musical Elisa
regia Giampiero Solari
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di
riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
In copertina: Natalia Ginzburg
Pag.2, 3, 4 foto di scena: Norberth
Sostenitori
Händel, Brockes Passion
Partner
ROTARY CLUB
REGGIO EMILIA
Amici del Teatro
Delegazione di
Reggio Emilia
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni,
Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,
Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana
Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani,
Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di
Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi,
Corrado Spaggiari, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni,
Gigliola Zecchi Balsamo
Cittadini del Teatro
Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio
Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Silvia Grandi,
Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari
Le attività di
spettacolo e tutte
le iniziative per i
giovani e le scuole
sono realizzate
con il contributo e
la collaborazione
della Fondazione
Manodori