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CECODHAS
EVOLUZIONI DELL'ABITAZIONE SOCIALE
Seconda sessione
L'EVOLUZIONE DEI SISTEMI DI FINANZIAMENTO
Relazione introduttiva
APPROVVIGIONAMENTO DI RISORSE,
EFFICACIA DELLA SPESA, RESA SOCIALE
Maurizio Coppo
RST Ricerche e Servizi per il Territorio
Firenze, Villa dell'Ombrellino,
30 settembre - 1° ottobre 1999
Approvvigionamento di risorse, Efficacia, Resa sociale
1
Maurizio Coppo
PREMESSA
Le politiche di solidarietà sociale dei Paesi dell'Unione europea presentano,
tutte, un carattere comune: da un lato subiscono una sensibile contrazione delle
risorse economiche disponibili per finanziare gli interventi a sostegno delle fasce di
popolazione più debole, dall'altro devono contrastare i risultati di processi
economici e sociali che tendono ad ampliare il divario sociale ed economico tra le
fasce di popolazione. In termini molto schematici possiamo dire che in Europa, ma
non solo in Europa, diminuiscono le risorse per la solidarietà sociale ma
contemporaneamente aumenta il fabbisogno di solidarietà sociale.
Questa divaricazione non ha dovunque la stessa intensità e la stessa forma
tuttavia esistono alcuni grandi fattori comuni che agiscono a livello
continentale.
La scarsa capacità di creare nuovi posti di lavoro, la progressiva sostituzione
di posti di lavoro stabili con posti di lavoro a termine, l'occupazione precaria e
parziale, la stessa evoluzione tecnologica e la competizione con altri sistemi
economici, creano i presupposti per un ampliamento delle fasce di popolazione più
debole e per una intensificazione dei divari sociali.
Inoltre, il fortissimo divario di ricchezza e di tutele sociali esistente tra i Paesi
dell'UE e gran parte dei Paesi extracomunitari poveri richiama in Europa quote
crescenti di immigrati ai quali vengono riservati i lavori meno qualificati, spesso in
condizioni di pesante precarietà e con remunerazioni decisamente basse. In dieci
anni, dal 1986 al 1995 il flusso migratorio dai Paesi extracomunitari poveri nell'UE
è passato da 800.000 a 1.400.000 persone/anno. I dati Eurostat indicano che gli
stranieri di Paesi extra SEE ufficialmente residenti in Europa alla data del 1995
sono 10,2 milioni; di questi 5,2 milioni risiedono in Germania, 1,2 nel Regno Unito,
0,6 in Italia.
Tuttavia si tratta di statistiche incomplete. Il dato della Francia manca del
tutto (si sa tuttavia che nel 1990 gli stranieri residenti in Francia erano circa 2,3
milioni), per l'Italia la fonte Ministero dell'Interno riporta un dato molto più ampio:
1,1 milioni. Presumibilmente gli immigrati da Paesi extracomunitari poveri che di
fatto risiedono nei Paesi dell'UE superano ampiamente i 15 milioni di unità.
Per capire meglio la dimensione del fenomeno potremmo ricordare che la
consistenza del patrimonio di edilizia residenziale sociale in affitto nell'UE è pari a
circa 20 milioni di abitazioni, che l'offerta annua di abitazioni sociali in affitto si
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aggira intorno a 1,5 milioni di abitazioni. Si tratta di un'offerta in grado di soddisfare
le esigenze abitative di circa 4,5 milioni di cittadini. La domanda potenziale di
abitazioni sociali determinata dai flussi migratori (circa 1,5 milioni di persone/anno)
sarebbe dunque pari a circa 1/3 dell'offerta.
In sostanza vi sono diversi fattori strutturali e di lungo periodo che richiedono
un ampliamento ed una intensificazione degli interventi di solidarietà sociale.
D'altro lato le risorse effettivamente disponibili e la necessità di completare l'opera
di risanamento dei bilanci statali rendono problematico non solo l'ampliamento ma
anche il semplice mantenimento degli attuali livelli di solidarietà, almeno nelle
forme e nei modi attuali. Il problema del contenimento del costo delle pensioni
(comune a gran parte dei Paesi europei), la privatizzazione di molti servizi pubblici,
la tendenza generale a spostare sul mercato attività (e oneri) un tempo sostenuti
dallo Stato, sono altrettante testimonianze di questa difficoltà a mantenere gli
attuali livelli di spesa pubblica per la solidarietà sociale. Siamo dunque di fronte ad
un problema chiaro, grave e di lungo periodo, che il tempo non risolverà per noi. In
assenza di un deciso cambiamento dei meccanismi che sono alla base delle
politiche di solidarietà sociale il problema tenderà ad aggravarsi e le uniche
alternative saranno:
a)
una contrazione dell'azione di solidarietà sociale proporzionale alla riduzione
delle risorse disponibili;
b)
un ampliamento della spesa con conseguente crescita dell'indebitamento del
bilancio dello Stato.
La prima alternativa appare del tutto insoddisfacente, specialmente in
relazione al processo di ampliamento della quota di popolazione socialmente ed
economicamente debole. Non si tratta solo di una valutazione di tipo etico. La
carenza di tutele sociali è una delle principali cause dell'emarginazione sociale,
della microcriminaltà diffusa e, alla lunga, dell'instabilità di interi sistemi socioeconomici. In Italia esistono alcune aree dove una cronica insufficienza
dell'azione di solidarietà sociale da un lato e una diffusa debolezza economica e
sociale di gran parte della popolazione dall'altro hanno generato situazioni di forte
marginalità, di insicurezza, di microcriminalità diffusa. Credo che lo stesso
fenomeno sia presente anche in altri Paesi europei.
La seconda alternativa appare in netto contrasto con gli orientamenti generali
di tutti i Governi europei (più in generale, di tutti i Governi dei Paesi sviluppati) a
prescindere dalla collocazione politica di tali Governi. Ciò accade principalmente
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perché un bilancio dello Stato più "leggero", una pressione fiscale minore, sono
considerati requisiti essenziali per assicurare condizioni di sviluppo al sistema
economico europeo e reggere il confronto con altri grandi sistemi economici.
Per certi aspetti la situazione si configura come un circolo vizioso: le risorse
per ampliare le azioni di solidarietà sociali sono limitate perché una minore
pressione fiscale è considerata necessaria per lo sviluppo economico dei Paesi
dell'UE ma la limitazione degli interventi di solidarietà sociale che ne deriva
determina condizioni di marginalità che, a loro volta, possono limitare lo sviluppo
dei sistemi socio-economici locali. Credo che questo sia uno dei nodi fondamentali
che sta alla base della riflessione sul welfare in tutti i Paesi dell'Unione.
La questione dell'edilizia residenziale sociale europea si colloca pienamente
all'interno di questo problema. C'è una coperta corta (le risorse) che a voler coprire
le spalle lascia scoperti i piedi ma a voler coprire questi lascia scoperte le spalle e
la temperatura si sta abbassando al punto che se non troviamo nuove soluzioni
rischiamo il congelamento.
In queste condizioni l'individuazione di nuovi sistemi di finanziamento
assume importanza centrale non tanto in relazione alle forme e agli strumenti
attraverso cui accedere all'intermediazione finanziaria quanto in relazione alle
forme di approvvigionamento delle risorse, all'efficacia della spesa, alla resa
sociale degli interventi e più in generale delle politiche abitative.
2. IL GRADO DI DIPENDENZA DA APPROVVIGIONAMENTI ESTERNI DELL’EDILIZIA
RESIDENZIALE SOCIALE
Il primo nodo da sciogliere per individuare le linee di sviluppo più promettenti
è capire se il settore dell'edilizia residenziale sociale, con particolare riferimento al
comparto delle abitazioni in affitto, sia in grado o meno di autofinanziarsi e in che
misura. Ciò consente infatti di valutare il grado di dipendenza del settore da
approvvigionamenti di risorse “esterne”.
A questo fine occorre distinguere tra sistemi che alimentano l'offerta di
edilizia residenziale sociale in affitto prevalentemente tramite patrimoni immobiliari
propri (come quello italiano e francese) e sistemi che alimentano l'offerta di edilizia
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residenziale sociale in affitto prevalentemente tramite convenzioni e accordi (come
quello tedesco).
Per quanto riguarda il primo caso possiamo notare che nei principali Paesi
europei i grandi patrimoni residenziali privati gestiti in modo efficace assicurano
mediamente ricavi lordi compresi tra il 5% e il 7%. I ricavi al netto degli
ammortamenti, delle manutenzioni e degli oneri fiscali variano molto in funzione
dell'età e dello stato manutentivo del patrimonio, nonché in funzione della
normativa fiscale. In linea generale tali oneri incidono per quote comprese tra il 2%
e il 4% del valore del patrimonio. I ricavi netti oscillano dunque tra l'1% e il 4%.
Nel caso del patrimonio residenziale pubblico tuttavia i ricavi lordi sono
nettamente più bassi a causa del contenimento degli affitti. In Italia gli affitti
dell'edilizia residenziale sociale sono attestati mediamente intorno al 30% degli
affitti di mercato. In molto altri Paesi il valore medio degli affitti sociali è pari al 50%
del valore medio degli affitti di mercato per abitazioni di caratteristiche analoghe.
Potremo dunque affermare, in linea largamente indicativa, che i ricavi lordi del
settore dell'edilizia residenziale sociale in affitto si aggirano intorno al 2,5% - 3,5%
con ricavi netti molto bassi o tendenti allo zero. Ciò significa che - in linea generale
e a meno di qualche eccezione - il settore dell'edilizia residenziale sociale in affitto,
anche
se
gestito
nei
modi
più
efficienti,
ha
limitate
capacità
di
autoapprovvigionamento. Queste condizioni non si verificano quando il patrimonio
residenziale presenta marcati caratteri di obsolescenza o quando i canoni sociali
sono particolarmente bassi (meno del 50% dei canoni di mercato). In questi casi il
settore dipende da approvvigionamenti esterni anche per il mantenimento del
patrimonio.
Per quanto riguarda l'offerta di edilizia residenziale sociale basata non sulla
proprietà degli immobili ma su accordi e convenzioni con soggetti terzi, il costo per
unità abitativa offerta è nettamente inferiore ma il livello di dipendenza da
approvvigionamenti esterni è totale. Una contrazione delle risorse finanziarie
destinate
a
riconfermare
le
convenzioni
e
gli
accordi
determinerebbe
immediatamente una analoga contrazione dell'offerta abitativa sociale.
1
1
Gli enti comunali di edilizia residenziale pubblici della regione Berlino-Brandeburgo
indicano che, dal 1998 al 2010, con il progressivo esaurimento delle convenzioni con finalità
sociali, in assenza di nuovi finanziamenti, il numero di alloggi sociali passerà da 326.000 a
187.000, con una riduzione di offerta abitativa pari a - 42%. "Verband Berlin Brandenburgischer Wohnungsunternehmen e.V.", 1998.
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In linea generale dunque l'offerta di edilizia residenziale sociale in affitto,
anche se gestita nei modi più efficienti, non appare in grado di alimentare
significativi investimenti attraverso l'autofinanziamento mentre appare in grado di
assicurare il mantenimento del valore e della funzionalità del patrimonio
immobiliare e limitati investimenti di sviluppo/riqualificazione. Naturalmente i livelli
di autonomia crescono qualora i canoni di locazione siano più elevati (se cioè i
canoni sono più elevati del 50% dei canoni di mercato praticati per abitazioni
analoghe) ma tanto più i canoni dell'edilizia sociali si avvicinano a quelli di mercato
tanto più si attenua la funzione di solidarietà sociale. Allo stesso modo il livello di
autonomia economica del settore aumenta se la gestione o la realizzazione del
patrimonio gode di particolari agevolazioni fiscali, ma in questo caso la rinuncia di
gettito fiscale da parte del Governo centrale e locale si configura come un
trasferimento
finanziario
indiretto
che, ai nostri fini, equivale ad un
approvvigionamento esterno.
Ci sembra dunque di poter arrivare ad un primo punto fermo: il patrimonio di
edilizia residenziale sociale in affitto, in condizioni di gestione ottimale del
patrimonio, può assicurare l'autoapprovvigionamento delle risorse necessarie alla
conservazione fisica, funzionale e di valore degli immobili e alla realizzazione di
limitati interventi di sviluppo/riorganizzazione ma non è strutturalmente in grado
di generare al proprio interno le risorse necessarie per un sostanziale
sviluppo dell'area di intervento.
Ciò ovviamente non significa che non vadano ricercate le forme più efficienti
di gestione e il massimo di ricavi compatibili con la funzione primaria di tutela delle
famiglie che non sono in grado di provvedere autonomamente alla propria
abitazione. Ma anche la gestione che riesce a conciliare efficienza economica e
solidarietà sociale nei modi più efficaci non consentirà di far fronte al crescente
fabbisogno di tutela della popolazione più debole attraverso l'autofinanziamento.
Esiste una rilevante eccezione e riguarda patrimoni residenziali che si
prestano a importanti processi di valorizzazione e diversificazione ma di questo
tratteremo nel seguito.
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3. FORME
ESTERNO
3.1
DI
Maurizio Coppo
APPROVVIGIONAMENTO
TRASFERIMENTI DELLO STATO DIRETTI E INDIRETTI
Le forme di approvvigionamento di risorse per l'edilizia residenziale sociale
più diffuse si basano su trasferimenti dello Stato diretti, regolati da norme
finanziarie, e indiretti, attraverso agevolazioni fiscali. Le due forme non sono
alternative, a volte anzi sono presenti entrambe in uno stesso intervento.
I trasferimenti statali diretti gravano o sulla finanza centrale (in questo caso
l'allocazione di risorse passa attraverso meccanismi di ripartizione territoriale) o
sulla finanza locale. Questa seconda modalità in generale consente di operare
attraverso meccanismi specificamente riferiti alle condizioni abitative locali ma
presenta l'inconveniente di essere fortemente condizionata dal livello di efficienza
della spesa pubblica delle diverse Amministrazioni regionali/locali. In Italia, ad
esempio, questo meccanismo presenta significativi rischi di ritardo in alcune
Regioni meno attrezzate sotto il profilo tecnico-amministrativo. Negli ultimi tempi
c'è stata la tendenza a privilegiare lo strumento delle agevolazioni fiscali
(approvvigionamento da trasferimenti statali che assumono la forma della rinuncia
di gettito) al fine di ridurre il peso del finanziamento sul bilancio dello Stato.
I due strumenti non sono neutrali rispetto al tipo e ai contenuti delle politiche
abitative.
Il primo consente di realizzare interventi di maggior ampiezza e di assumerne
l'onere a totale carico dello Stato ma richiede tempi mediamente lunghi per la
programmazione e pone non trascurabili problemi di ripartizione territoriale. Questi
problemi possono essere risolti efficacemente solo laddove si disponga di un
quadro molto preciso e disaggregato delle condizioni abitative, del mercato
abitativo e delle condizioni socio-economiche della popolazione. Inoltre a volte le
scelte di allocazione territoriale delle risorse sono "disturbate" da forme negoziali
interistituzionali che poco hanno a che vedere con il merito del problema abitativo.
Il secondo strumento (le agevolazioni fiscali) appare più rapido (le fasi di
analisi e di programmazione tendenzialmente sono più semplici e brevi) ed è in
grado anche di incentivare l'intervento di risorse economico-finanziarie private ma,
in linea generale, non appare in grado di contrastare tendenze molto forti e non è
la forma di approvvigionamento più efficace per programmi molto complessi che si
pongano
particolari
obiettivi
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di
riequilibrio
in
situazioni
socio-economiche
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caratterizzate da una forte limitazione delle risorse disponibili e richiedano un
governo molto "stretto" degli interventi.
A titolo esemplificativo si nota che in Italia la recente legge di riforma delle
abitazioni in locazione utilizza entrambe le forme di approvvigionamento per due
interventi distinti. I trasferimenti diretti dello Stato e la successiva ripartizione (a
livello regionale prima e comunale poi) vengono impiegati per assicurare alle
famiglie più deboli un finanziamento che le ponga in grado di accedere ad una
abitazione a canoni di mercato, sopportando un onere limitato (simile a quello
sostenuto dalle famiglie di analogo reddito nell'edilizia residenziale pubblica). Le
agevolazioni fiscali vengono impiegate per ridurre la pressione impositiva su quei
proprietari di abitazioni che accettino liberamente di ridurre i canoni rispetto a quelli
di libero mercato, trasferendo gran parte dei minori oneri sullo sconto del prezzo di
locazione. La prima linea di azione è fortemente selettiva e riguarda alcune
particolari situazioni, la seconda ha una valenza più generale, riferita a tutto il
mercato delle abitazioni in locazione.
Entrambe le forme di approvvigionamento sopra indicate presentano il limite
di gravare esclusivamente sul bilancio dello Stato e, nelle attuali condizioni, ciò
significa che è possibile che in futuro tali approvvigionamenti subiscano riduzioni
più o meno ampie.
3.2
PARTECIPAZIONE DI RISORSE PRIVATE
Una forma di approvvigionamento di risorse di natura affatto diversa è
costituita dalla partecipazione di soggetti esterni privati a progetti e programmi di
edilizia residenziale sociale in affitto o in proprietà.
Il meccanismo di base di questa forma di finanziamento si fonda sul fatto che
alcuni soggetti privati (solitamente singole imprese o sistemi locali di imprese) sono
disposti a pagare per l'eliminazione o la riduzione di diseconomie e disagi che
derivano dalle carenze dell'offerta abitativa del mercato. In sostanza, la mancanza
di abitazioni ad un prezzo di locazione (o di acquisto) accessibile alla lunga
determina condizioni di marginalità, di insicurezza sociale, carenza di lavoratori,
richieste di aumenti salariali, etc. che si ripercuotono negativamente sul
sistema delle imprese e più in generale sulle prospettive di sviluppo
economico e sociale a livello locale. Quando il costo di queste esternalità
diventa particolarmente elevato si verifica una oggettiva convenienza economica
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per il sistema delle imprese locali - e per altri operatori privati - a sostenere
l'onere di interventi tesi a ridurre l'ampiezza e l'intensità del disagio abitativo.
In Italia, ma anche in altri Paesi europei e non europei, il caso è tutt'altro che
teorico e si registrano alcune iniziative private mirate a fornire una abitazione a
basso costo alle famiglie dei lavoratori. Spesso si tratta di piccoli interventi ideati
per i lavoratori immigrati da Paesi extracomunitari poveri o per lavoratori immigrati
dalle regioni meno sviluppate. L'obiettivo primario solitamente è quello di creare le
condizioni per una permanenza stabile di lavoratori che altrimenti avrebbero il
salario taglieggiato da costi dell'abitare eccessivamente elevati. La forma più
ricorrente è quella dell'offerta di abitazioni realizzate dall'impresa ad un canone di
affitto sensibilmente inferiore rispetto a quello del mercato. Lo "sconto", la rinuncia
di ricavo da parte dell'imprenditore promotore, è commisurato all'ampiezza del
vantaggio costituito dalla disponibilità di nuova mano d'opera stabile, dalla
riduzione
della
conflittualità
nell'azienda,
dalla
possibilità
di
espandere
tempestivamente il volume di attività.
Iniziative spontanee di questo genere hanno fortissimi limiti poiché sono
scarsamente raccordate tra loro e non disegnano una vera politica di sostegno
abitativo. Il meccanismo economico di fondo (la compensazione delle esternalità
del disagio abitativo da parte di chi ne deve sopportare, direttamente o
indirettamente, l'onere) è tuttavia molto importante. Politiche di raccordo e
sostegno di queste potenzialità potrebbero infatti conseguire notevoli risultati,
liberare risorse molto consistenti, inquadrare in un disegno generale iniziative che
altrimenti rimarrebbero isolate.
In altri settori (il miglioramento della sicurezza dei cittadini, il contrasto
dell'impatto ambientale, la riduzione della congestione del traffico, lo sviluppo
industriale a livello locale) alcuni governi hanno saputo incentivare e orientare
l'afflusso delle risorse private potenzialmente disponibili e creare un canale di
approvvigionamento economico di entità tutt'altro che trascurabile. Nel settore
abitativo questa forma di "creazione di risorse" è stato usato raramente e presenta
ampi margini di sviluppo.
Un
caso
anomalo,
ma
rappresentativo,
di
questo
canale
di
approvvigionamento, è costituito da un recente programma di dismissione
2
immobiliare degli enti previdenziali pubblici italiani. Il programma prevede la
2
Gli enti previdenziali pubblici italiano non hanno finalità sociali nel settore abitativo. Il
patrimonio immobiliare (residenziale e non residenziale) costituisce una "riserva tecnica" ed
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dismissione di circa 25.000 abitazioni che allo stato attuale presentano un
rendimento nullo o negativo. L'analisi del mercato e dei potenziali acquirenti ha
mostrato che l'acquirente migliore per la proprietà (quello cioè che in linea generale
è disposto a pagare il prezzo più elevato) è costituito dagli stessi inquilini. Tuttavia
una parte di questo patrimonio è abitato da famiglie a basso reddito che non
possono permettersi di acquistare l'alloggio. In queste condizioni una vendita
frazionata ai soli inquilini lascerebbe al proprietario rilevanti quote di immobili
invendute con evidenti controindicazioni sia sul piano degli oneri gestionali (che,
per unità abitativa, crescerebbero) sia sul piano delle prospettive di ricavo in caso
di vendita a terzi. Nello stesso tempo, la vendita a terzi di abitazioni occupate da
famiglie a basso reddito genererebbe in molti casi forti tensioni sociali a causa dei
processi di espulsione che si verrebbero a generare. In queste condizioni gli enti
previdenziali pubblici italiani hanno posto in vendita i singoli gli immobili in blocco
agli inquilini riuniti in cooperativa, praticando uno sconto per:
a)
il mantenimento in affitto - da parte della cooperativa di acquirenti - delle
famiglie che non possono o non vogliono acquistare;
b)
garantire il mantenimento delle attuali tutele alle famiglie a reddito più basso.
I conti sui flussi economico-finanziari mostrano con chiarezza come questa
forma di vendita sia conveniente per la proprietà anche in presenza di sconti
piuttosto elevati. In altri termini il costo delle tutele sociali riservate alle famiglie
più deboli (che in questo caso assume la forma di una riduzione del prezzo di
vendita) è compensato dai benefici economici-finanziari derivanti dal maggior
numero di vendite, dalla riduzione dei tempi di realizzo, dall'assenza di
tensioni sociali che si ripercuoterebbero sul venditore.
In questo caso la norma ha individuato alcune esternalità e diseconomie, ha
creato uno strumento per il loro superamento, ha condizionato la disponibilità di
questo strumento alla realizzazione di misure che rientrano nel novero delle
politiche di edilizia residenziale sociale in affitto.
Più in generale ci sembra che operare sulle esternalità e sulle diseconomie
derivanti da condizioni di disagio abitativo con l'obiettivo di aggregare risorse
economiche da impegnare per interventi mirati a rimuovere le cause di tali
ha finalità di rendimento e di diversificazione del portafoglio degli enti. Nel caso in questione
gli enti previdenziali pubblici italiano operano come un qualsiasi grande proprietario di
immobili privato.
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esternalità e diseconomie, rappresenti un campo di intervento forse non usuale,
certamente complesso, ma con prospettive di sviluppo non trascurabili, che in altri
settori ha consentito il raggiungimento di importanti obiettivi. Ciò è accaduto in
particolare laddove uno strumento normativo, o un'iniziativa amministrativa
pubblica, è riuscito a creare le condizioni per un passaggio da forme di intervento
isolate a forme organizzate basate sull'associazione di più soggetti che assicurano
- nel loro complesso - le risorse per un'azione sistematica.
Ovviamente tutto ciò implica una decisa modificazione delle logiche di
intervento. L'attivazione delle risorse non può avere un carattere impositivo (in
questo caso si tratterebbe di una forma impropria di imposizione), non deve
obbligare ma consentire e incentivare l'intervento. Inoltre, non è più sufficiente
conoscere l'entità e le caratteristiche del disagio sociale e abitativo e individuare gli
strumenti più appropriati per il suo superamento. Occorre anche individuare con
precisione chi subisce i costi diretti e indiretti di tale disagio e quale sia la sua
disponibilità a pagare per superare le condizioni in atto o, in altri termini, quale sia
la frontiera di convenienza ad intervenire per ridurre i fattori che creano le
esternalità e le diseconomie e, soprattutto, canalizzare queste disponibilità a
pagare e determinare modi e procedure attraverso cui le disponibilità
possono diventare risorse economiche concrete.
3.3
DIFFERENZIAZIONE
IMMOBILIARE
E
VALORIZZAZIONE
DEL
PATRIMONIO
L'ultimo canale di approvvigionamento riguarda unicamente i sistemi di
edilizia residenziale sociale in affitto fondati sulla proprietà del patrimonio
immobiliare.
In questo caso laddove il patrimonio presenti significative potenzialità di
valorizzazione (dove, ad esempio, esistano patrimoni immobiliari localizzati in aree
centrali) appare possibile definire un programma di differenziazione del ruolo
degli immobili (parte da dedicare a finalità sociali e parte da dedicare a finalità
reddituali), realizzare un processo di riqualificazione-valorizzazione immobiliare
teso a collocare alcune quote di patrimonio sui segmenti di mercato più elevati,
attuare un graduale processo di ricambio dell'utenza e utilizzare i maggiori
ricavi così conseguibili per creare un canale interno di approvvigionamento di
risorse.
Il meccanismo della diversificazione e valorizzazione immobiliare non è
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applicabile
in
modo
generalizzato
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e
indiscriminato.
Questa
modalità
di
approvvigionamento sarà tanto più efficace quanto maggiore è la quota di
patrimonio che per caratteristiche intrinseche può essere valorizzato dal punto di
vista immobiliare e quanto più rapidamente si potrà attuare un ricambio di utenza
senza generare alcuna tensione sociale. In alcuni casi, quello italiano in
particolare, quote rilevanti del patrimonio residenziale sociale in affitto sono
localizzate in aree centrali o di pregio e sono già utilizzate da redditi medio alti o
alti. In questo caso il processo di valorizzazione immobiliare e di ricambio
dell'utenza può essere realizzato in modo più intenso, più rapido e con minori
problemi.
La logica di fondo di questa forma di approvvigionamento è che all'interno del
patrimonio abitativo dedicato a svolgere uno funzione di solidarietà abitativa
spesso è possibile individuare ed enucleare quote di abitazioni che possono
garantire ricavi molto elevati e configurarsi come un significativo canale di
finanziamento. Il passaggio di uno stock abitativo dalla funzione sociale a quella
reddituale naturalmente non è meccanico e comporta una accurata progettazione
per evitare di determinare tensioni sociali.
Il meccanismo di base prevede l'alienazione di quote di patrimonio
residenziale sociale in affitto contro l'acquisizione di risorse (realizzo da vendita) o
l'acquisizione di un maggiore rendimento (nuovi affitti con finalità reddituali) e
l'utilizzazione di tali risorse per finanziare lo sviluppo di interventi di politica
residenziale sociale.
Il limite strutturale di questa azione è costituito dal fatto che per alimentare lo
sviluppo dell'azione di solidarietà sociale vengono alienate (o trasferite ad altra
finalità) quote di patrimonio abitativo precedentemente dedicate a finalità sociali.
Conseguentemente si determina un delicato punto di equilibrio al di sotto del
quale questa forma di approvvigionamento determina una riduzione complessiva
dell'azione di solidarietà sociale e al di sopra del quale il bilancio tra
alienazioni/trasferimenti e nuovi interventi presenta un saldo positivo immediato o
sui tempi medi o lunghi. Tale "punto di equilibrio" deve essere accuratamente
individuato su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo per poter scegliere la
strategia di gestione/valorizzazione più efficace.
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SINTESI SULLE FORME DI APPROVVIGIONAMENTO
Queste tre grandi famiglie di sistemi di approvvigionamento presentano
ciascuno vantaggi e svantaggi e una utilizzazione ottimale in alcuni casi specifici.
L'obiettivo potrebbe essere quello di creare un repertorio di forme di
approvvigionamento
differenziate
in
grado
di
essere
applicate
ciascuna
nell'occasione più adatta e conveniente.
Ad esempio nel caso italiano, con patrimoni di proprietà pubblica molto
consistenti e molto antichi, spesso localizzati in aree centrali e utilizzati da redditi
medio-alti,
il
processo
di
valorizzazione
potrebbe
essere un canale di
approvvigionamento di risorse non secondario ma occorrerebbe qualche
modificazione normativa affinché possa essere applicato nei modi più efficaci.
Le
modalità
di
finanziamento
,
all'interno
di
ciascun
canale
di
approvvigionamento, possono essere le più varie, dal credito ordinario a quello
fondiario, ai mutui, all'emissione di titoli di credito, ivi compresi le forme di
securitizzazione.
Resta il fatto che per ogni canale di approvvigionamento e per ogni tipo di
intervento è possibile individuare una o più forme di finanziamento ottimale ma che
tutte le forme di finanziamento presuppongono la presenza di un solido
canale di approvvigionamento primario. Il punto nodale, a nostro avviso,
riguarda la capacità di creare un solido e stabile approvvigionamento di risorse,
complementare a quello costituito dai trasferimenti statali.
4. EFFICACIA DELLA SPESA
Prima di passare alle considerazioni conclusive riteniamo opportuno
accennare brevemente ad un tema che pur non rientrando in quello
dell'approvvigionamento delle risorse economiche, presenta notevole implicazioni
sui fabbisogni economici delle politiche residenziali sociali: quello dell'efficacia
dell'azione, o della spesa.
In particolare, a parità di risorse economico-finanziarie disponibili e a parità di
spesa, il risultato conseguito sarà tanto maggiore quanto minore sarà la
"dispersione" delle risorse rispetto agli obiettivi di solidarietà abitativa. Occorre
infatti considerare che l'efficacia massima costituisce una condizione limite che ben
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raramente viene raggiunta. Più spesso l'intervento si approssimerà alle condizioni
di efficacia massima senza realizzarle totalmente.
A questo proposito possiamo notare che in linea generale i destinatari delle
politiche di solidarietà abitativa sono alcune famiglie che versano in particolari
condizioni reddituali e sociali e, più in particolare, le famiglie cioè che non riescono
a soddisfare le proprie esigenze abitative autonomamente o che potrebbero farlo
solo a patto di pesanti rinunce in termini di qualità della vita e di contrazione dei
consumi non abitativi primari. Queste condizioni - che per comodità possiamo
definire di "debolezza abitativa" - in linea generale non caratterizzano il nucleo
familiare per tutto l'arco della sua vita ma sono presenti per periodi di tempo
limitati. L'efficacia delle azioni di solidarietà abitativa può dunque essere
schematicamente definita come la risultante di due fattori.
A)
La capacità di impiegare le risorse disponibili per interventi che ricadano
unicamente sulle famiglie socialmente ed economicamente deboli
nell'accezione sopra indicata.
B)
La capacità di iniziare l'azione di sostegno dal momento in cui in una famiglia
cominciano a manifestarsi le condizioni di "debolezza abitativa" e di cessare
tale azione non appena le condizioni di "debolezza abitativa" vengono
superate. Ciò implica la presenza di un meccanismo di "sgancio" che
consenta di sospendere l'azione di sostegno (senza generare tensioni sociali
o condizioni di ulteriore disagio) e di dedicare le risorse che così si vengono
a liberare ad altre famiglie in condizioni di "debolezza abitativa".
Sembra importante notare che l'assenza di meccanismi di "sgancio"
comporta un sicuro abbassamento del livello di efficacia dell'azione di
sostegno. Questo aspetto delle politiche residenziali sociali a volte viene
trascurato poiché l'attenzione si concentra prevalentemente sull'individuazione
delle condizioni di disagio abitativo, sul momento in cui deve iniziare l'azione di
sostegno e non sul momento in cui tale azione deve cessare perché non più
necessaria. La conseguenza è che mentre sono ampiamente diffusi esempi di
politiche abitative sociali dotate di strumenti adeguati per individuare le famiglie
destinatarie dell'azione di sostegno (e cioè le famiglie che alla data dell'intervento
presentano condizioni di debolezza economico-sociale) sono molto meno diffuse le
politiche mirate a individuare con precisione i tempi in cui la famiglia cessa di avere
condizioni di "debolezza abitativa" e, quindi, i tempi in cui è opportuno sospendere
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l'azione di sostegno.
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3
Due esempi numerici possono forse aiutarci a capire meglio l'importanza
dell'efficacia della spesa.
Il dossier sullo stato dell'edilizia residenziale sociale in Francia nel 1997
4
indica che l'incremento quantitativo del patrimonio di abitazioni sociali in affitto che
nel periodo 1992 - 1997 è oscillato tra 21.500 e 28.400 unità/anno. L'offerta
abitativa complessiva, nello stesso periodo, si è attestata tra le 208.500 e le
265.500 unità/anno a causa del rapido ciclo di rinnovo dell'utenza e dell'offerta
delle abitazioni che, conseguentemente, si venivano a liberare.
Inoltre, il progressivo aumento del tasso di ricambio dell'utenza degli alloggi
sociali
in
affitto
ha
consentito, nel periodo 1995-1997, di compensare
abbondantemente la contrazione dell'incremento annuo del patrimonio (- 3.450
abitazioni/anno) e di assicurare un'offerta di abitazioni sociali in affitto crescente
(+9.500 abitazioni/anno). In sostanza, gli incrementi di efficacia relativi al ciclo di
rinnovo dell'utenza del patrimonio di abitazioni sociali in affitto hanno determinato
un risultato analogo a quello che si sarebbe potuto ottenere con un
incremento delle risorse disponibili per aumentare la consistenza del
patrimonio di abitazioni in affitto sociale dell'ordine del 30%. In altri termini i
miglioramenti di efficacia in questo caso equivalgono ad un incremento di
approvvigionamento di risorse del 30%.
Il secondo esempio riguarda l'Italia dove, per limiti normativi, il ciclo di
ricambio del patrimonio residenziale sociale in affitto è straordinariamente lento e
tale da consentire la permanenza in questo patrimonio di ampie quote di nuclei
familiari che un tempo presentavano condizioni di debolezza sociale ed economica
ma che attualmente non ne presentano alcuna. Diverse indagini hanno evidenziato
come poco meno di 1/3 del patrimonio residenziale sociale in affitto sia utilizzato
da famiglie con condizioni di reddito medio alte, in grado di accedere all'offerta
abitativa privata senza dover sostenere oneri particolarmente gravosi. In tali
condizioni un ciclo di ricambio orientato specificamente a favorire l'abbandono
dell'edilizia residenziale sociale da parte dei nuclei familiari a più elevato reddito
3
La minore diffusione degli strumenti di "sgancio" presumibilmente deriva dal fatto che
mentre le azioni di avvio del sostegno abitativo creano un generale consenso, quelle di
sgancio non creano condizioni di consenso altrettanto generalizzate. Politicamente dunque
queste ultime sono meno premianti delle prime e quindi meno sviluppate.
4
"Les offices d'HLM en 1997", 1998.
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consentirebbe da un lato di incrementare notevolmente l'offerta annua di edilizia
residenziale sociale in affitto anche in assenza di incremento del patrimonio
abitativo e dall'altro di determinare un più soddisfacente impiego delle risorse
disponibili.
In definitiva, i miglioramenti di efficacia, specialmente se applicati all'intero
comparto dell'edilizia residenziale sociale, possono determinare risultati analoghi a
quelli che si otterrebbero con un rilevante ampliamento dell'approvvigionamento di
risorse economiche.
5. CONCLUSIONI
Il tema dell'approvvigionamento delle risorse economiche, dell'efficacia e
della resa sociale degli interventi solleciterebbe a trattare di molto altri argomenti.
Ad esempio, sarebbe di qualche utilità ragionare attorno alla possibilità di
determinare una equilibrata distribuzione delle azioni di solidarietà abitativa tra i
diversi Paesi dell'UE al fine di evitare che la più ampia azione di solidarietà
abitativa presente in alcuni Paesi determini condizioni di richiamo per i flussi
migratori dei Paesi extracomunitari poveri. In questo modo infatti gli Stati che si
impegnano maggiormente su questo fronte diventano anche quelli dove il
problema dell'ampiezza e dell'intensità delle condizioni di disagio abitativo tende a
crescere progressivamente. Ciò potrebbe determinare un oggettivo disincentivo
per le azioni di solidarietà abitativa poiché le comunità che dedicano più risorse al
problema non vedrebbero migliorare significativamente il quadro delle condizioni
abitative a causa del riorientamento dei flussi migratori determinato proprio dagli
interventi di solidarietà abitativa posti in essere.
Ma poiché non vogliamo tediare eccessivamente l'uditorio eviteremo di
trattare anche questo aspetto e ci limitiamo a proporre una brevissima riflessione
finale.
La divergenza tra le crescenti esigenze di solidarietà abitativa da un lato e i
limiti di spesa per la solidarietà abitativa dall'altro suggerisce l'opportunità di
diversificare le forme di approvvigionamento di risorse e di affiancare a quelle più
tradizionali (basate sui trasferimenti diretti e indiretti dello Stato) forme di
approvvigionamento basate sulla partecipazione di soggetti privati e su strategie di
gestione-diversificazione-valorizzazione del patrimonio immobiliare.
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Naturalmente definire e attuare una politica di diversificazione delle fonti di
approvvigionamento non è semplice, comporta l'impegno di professionalità e
strumenti specifici e la capacità di orientare le scelte del legislatore e del governo.
In sostanza si tratterebbe di aprire il mondo dell'edilizia residenziale sociale a
professionalità e strumenti nuovi, ispirandosi anche a quanto accade in altri settori
del welfare.
Certamente non si tratta di una evoluzione semplice e realizzabile in tempi
brevi. Ciò che stiamo delineando si configura più come una profonda modificazione
strutturale che non come un "semplice" problema di cassa, di risorse disponibili.
Come sempre avviene in questi casi, la transizione ad un diverso modello di
intervento, comporta un forte impegno e non si sviluppa su percorsi certi e
consolidati. Tuttavia, a meno di non concepire il ruolo delle strutture di gestione
della solidarietà abitativa in termini marcatamente passivi, la capacità di costruire
una rete di canali di approvvigionamento che non dipenda totalmente dai
trasferimenti statali costituisce una sfida ineludibile dei prossimi anni.
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