LUSSEMBURGO - Aiuto alla Chiesa che Soffre

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LUSSEMBURGO - Aiuto alla Chiesa che Soffre
LUSSEMBURGO
AREA
2.600 km2
LUSSEMBURGO
APPARTENENZA RELIGIOSA
Cristiani 70,4%
Cattolici 65,4% - Protestanti 5%
Non affiliati 26,8%
Musulmani 2,3%
Altre religioni 1,5%
POPOLAZIONE RIFUGIATI (interni*) RIFUGIATI (esterni**) SFOLLATI
514.900
2.910
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*Rifugiati stranieri che vivono in questo Paese **Cittadini di questo Paese rifugiati all’estero
«Nel Granducato del Lussemburgo le attuali relazioni tra Stato e comunità religiose
hanno una base costituzionale. Esse sono consacrate allo spirito di un Concordato
e ispirate da un Trattato, in quanto l’art. 22 della Costituzione stabilisce che l’intervento dello Stato nella designazione e nella nomina di capi religiosi, le modalità di
nomina e revoca di altri ministeri religiosi, la libertà di ciascuno di comunicare con i
loro superiori e di pubblicare le loro azioni e, allo stesso modo, i rapporti tra Chiesa
e Stato esigono di presentarsi alla Camera dei Deputati, per quanto riguarda le misure che richiedono il suo intervento. È sulla base di questo articolo che Convenzioni sono state elaborate con un certo numero di comunità religiose, vale a dire
l’arcidiocesi cattolica, le comunità ebraiche del Lussemburgo, la Chiesa riformata
protestante del Lussemburgo, la Chiesa protestante del Lussemburgo, la Chiesa
greco-ortodossa del Lussemburgo, le Chiese romeno-ortodossa e serbo-ortodossa
del Lussemburgo e la Chiesa anglicana del Lussemburgo»1.
In un Rapporto datato 3 ottobre 2012 e realizzato da un gruppo di esperti incaricati dal Governo, attraverso il Dipartimento per gli Affari religiosi – e sulla base di
una mozione in tal senso approvata il 7 giugno 2011 dalla Camera dei Deputati –
si legge che è necessario approfondire la possibile evoluzione dei rapporti tra autorità civili e comunità religiose o filosofiche.
L’iniziativa ha alla base l’approfondimento di due questioni. La prima è se «gli Accordi in vigore sulla base dell’art. 22 della Costituzione, corrispondono ancora alle
realtà sociali e culturali del Lussemburgo di oggi e al principio di parità di trattamento e di rispetto dei diritti umani stabiliti dal Consiglio d’Europa»; la seconda si domanda, invece, «quali alternative esistano, in sostanza, per lo sviluppo delle rela-
Rapport du Groupe d’experts chargé de réfléchir sur l’évolution future des relations entre
les pouvoirs publics et les communautés religieuses ou philosophiques au Grand-Duché de
Luxembourg. (Relazione del gruppo di esperti incaricato di riflettere sul futuro sviluppo delle
relazioni tra governo e comunità religiose o filosofiche nel Granducato del Lussemburgo, ottobre 2012.
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zioni tra autorità pubbliche e comunità religiose, tenendo conto, in particolare, delle
esperienze e delle pratiche di altri Stati membri del Consiglio d’Europa».
Il Rapporto osserva che l’art. 106 della Costituzione prevede espressamente che
lo Stato si faccia carico delle retribuzioni e delle pensioni dei ministri del culto e
viene evidenziato come per la Chiesa cattolica siano tuttora in vigore disposizioni
molto antiche, in particolare il Decreto del 30 dicembre 1809 che «consente alla
Chiesa cattolica di usufruire del sostegno finanziario dei Comuni per le fabbricerie e i luoghi di il culto, nonché la messa a disposizione di presbiteri o, in mancanza di questi, di altro alloggio o il versamento di un’indennità di alloggio»2.
Per quanto riguardale minoranze religiose, «il regime che regola le religioni in
Lussemburgo, distingue tra quelle disciplinate da tali Convenzioni e quelle comunità non riconosciute in virtù di una Convenzione. Tra le comunità “convenzionate”, la Chiesa cattolica gode di uno statuto privilegiato». Il Rapporto aggiunge poi
che «la questione dei rapporti tra Stato e comunità religiose è tornata al centro del
dibattito pubblico nel Granducato, in un contesto di ampliamento del pluralismo
religioso e di secolarizzazione della società lussemburghese. Questo dibattito è
stato sostenuto dall’azione di varie organizzazioni che difendono il carattere laico
dello Stato»3. È stato, infatti, questo confronto che ha portato al suddetto dibattito
parlamentare del giugno 2011 da cui è derivato il Rapporto.
Con un Documento emesso nel novembre 2012, la Chiesa cattolica ha confutato
in maniera radicale gli argomenti del citato gruppo di esperti, sottolineando che –
come conseguenza alla spoliazione dei beni della Chiesa avvenuta dapprima durante la Rivoluzione francese e poi durante l’epoca napoleonica – essa «è stato
privata delle sue risorse indipendenti; è stato questo ad aver portato all’attuale sistema ed è ancora in base a questo che le altre religioni dette “convenzionate”
sono state incluse in esso, per analogia e in spirito di solidarietà».
Il Documento sottolinea l’incongruenza del caso presentato dal Rapporto in cui si
legge che «il principio di uguaglianza in materia religiosa non impone alle autorità pubbliche di applicare lo stesso trattamento a tutte le religioni. È opportuno trattare in modo simile ciò che è simile e in modo dissimile ciò che è dissimile. D’altra parte, si vietano trattamenti differenziati ingiustificati che sono giustificati soltanto se lo Stato ha messo in atto procedure che autorizzano le religioni non riconosciute o non sostenute, a beneficiare, soddisfatte le necessarie condizioni, delle prerogative concesse dallo Stato alle religioni privilegiate. Gli autori del documento ecclesiale hanno replicato che «in tale lettura, tutte le religioni convenzionate beneficiano dello stesso statuto di “religioni privilegiate”, anche se il diritto di
tutte queste religioni deriva, in realtà, dalla situazione storica e dal quadro giuridico stabilito per affrontare la situazione della sola religione cattolica»4.
ibid.
ibid.
4 Rapport d’experts - la position de l’Église catholique. (La risposta della Chiesa cattolica in
Lussemburgo alla sopracitata relazione) http://www.cathol.lu/article2547, 23 novembre 2012
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Nella replica comune – firmata il 17 novembre 2012 dall’arcivescovo cattolico Jean-Claude Hollerich, dal gran rabbino Alain Nacache per la comunità ebraica, dal
pastore titolare Volker Strauß e dal presidente del Concistoro della Chiesa protestante del Lussemburgo Julian Presber, dal pastore Karl Georg Marhoffer della
Chiesa riformata protestante del Lussemburgo (Esch-sur-Alzette), dal metropolita Panteleimon, arcivescovo del Belgio ed esarca per i Paesi Bassi e il Lussemburgo del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, dal reverendo Christopher
Lyon della Chiesa anglicana, ai quali si sono associati i rappresentanti dei musulmani nel Granducato di Lussemburgo – i membri di queste religioni “convenzionate” hanno sottolineato il fatto che «ai sensi dell’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e per proteggersi da quei gruppi di pressione che
vorrebbero reprimere la realtà religiosa e limitarne l’espressione alla sola sfera
privata, è necessario tutelare il diritto di libertà di religione, così com’è nella Costituzione del Lussemburgo. Come per gli altri articoli della Costituzione attualmente in fase di revisione, è proposta la seguente formulazione: “Le libertà di
pensiero, di coscienza e di religione sono garantite”»5.
I firmatari aggiungono poi che «dal momento che questo diritto è rispettato nel
Granducato di Lussemburgo e poiché la sua applicazione è contenuta anche nei
testi costituzionali, ogni economia che il legislatore farebbe di questi articoli, sarà
necessariamente interpretata come un possibile abbandono di tale diritto, garantito
a livello internazionale» e propongono, quindi, «di includere le Convenzioni come
strumento di applicazione del diritto alla libertà di religione» e di inserire la seguente frase nel nuovo articolo che garantisce la libertà di religione: «I rapporti dello Stato con le varie comunità religiose sono oggetto di Convenzioni in base ai principi
stabiliti dalla legge e nel quadro degli obblighi nazionali e internazionali esistenti»6.
In conclusione, si legge ancora: «Infine, le religioni convenzionate che desiderano continuare il loro rapporto con lo Stato lussemburghese in modo collaborativo
e contrattuale, dichiarano la loro disponibilità a lavorare insieme in modo da formulare un tipo di Convenzione che preveda la parità di trattamento delle religioni
convenzionate in tutti i settori attualmente aperti alla religione cattolica, in particolare l’accesso all’istruzione religiosa nelle scuole statali, l’accesso alle cappellanie, il diritto di utilizzare gli edifici pubblici assegnati alle rispettive religioni e il diritto all’alloggio per i ministri ordinati». Si aggiunge che non si solleva alcuna obiezione all’inclusione dell’organo rappresentativo delle comunità musulmane stabilite nel Granducato del Lussemburgo in queste discussioni preparatorie.
Position commune des cultes conventionnés par rapport aux réponses de ces cultes au
rapport du Groupe d’experts (Posizione comune del culti convenzionati con rispetto alle risposte di questi culti al rapporto del gruppo di esperti) http://www.cathol.lu/article2545, 17
novembre 2012
6 ibid.
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