L`ultima cena

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L`ultima cena
L’ARTE DA ASSAGGIARE
progetto realizzato da Silvia Bosio per la manifestazione
«E se... la storia fosse cibo» progettata da Francesco Marino
LA TAVOLA DELL’ULTIMA CENA
L'Ultima Cena è l'unico episodio conviviale narrato da tutti e quattro i Vangeli, ed è
anche il più raffigurato. Ma i Vangeli non ci danno informazioni sugli alimenti
consumati.
Il «corpus» di regole civili e religiose, che si chiama Mishnah riporta lo schema del
banchetto pasquale (chiamato «seder»): iniziava con la benedizione del giorno
recitata sulla prima coppa di vino, poi si portavano tutti i cibi particolare richiesti per
l’occasione, fra cui naturalmente il pane non lievitato (masah).
Visto che il banchetto celebra la Pasqua ebraica, si potrebbe immaginare che ci
fossero l'agnello, le erbe amare e il pane azzimo. In realtà, come disse lo stesso
papa Benedetto XVI, durante l’omelia del Giovedì Santo del 2005, molto
probabilmente Gesù non consumò l’agnello durante la celebrazione della Pasqua,
rompendo di fatto con la tradizione religiosa ebraica.
Oltre al pane e al vino, corpo e sangue di Cristo, sulle tavole dell’ «Ultima cena»,
troviamo anche albicocche, simbolo del peccato, la lattuga, simbolo delle
penitenze, le ciliegie, il cui colore rosso evoca la Passione e la arance, allusive al
paradiso, a volte troviamo il gambero, crostaceo che procede all’indietro e quindi in
senso contrario a quanti camminano nella grazia Solo con la cottura il gambero si
purifica, anche se il coloro rosso mostra sempre la sua natura diabolica.
Spesso il pane riproduce la croce, simbolo dei cristiani, il taglio sulla pelle del
pane, prima della cottura, permette uno sviluppo maggiore della massa con la
forza della lievitazione e una cottura migliore poiché permette al calore di giungere
al cuore della pagnotta. Le incisioni sono un'usanza molto antica del procedimento
di fabbricazione del pane: i greci segnavano il pane con incisioni diverse,
invocando l'aiuto della loro dea Demetra sono stati i primi maestri a perfezionare il
pane, che producevano in 70 specie, di notte dando al popolo un pane fresco tutte
le mattine
Insieme al pane, è il vino che costituisce la sostanza eucaristica, è il sangue del
Cristo che è contenuto nelle brocche e nei bicchieri dell'ultima cena; Sant'Agostino
infatti paragona Cristo ad un grappolo d'uva.
Anche nel caso del vino, come per il pane, il tema sacro è ripreso regolarmente nel
corso dei secoli in una produzione molto ampia
.
Racconti mitologici di ebbrezze di uomini e nei quali il vino è bevanda sacra di
Bacco nella cultura latina e ancora prima di Dioniso in quella greca; racconti biblici
che ruotano spesso intorno alla figura di Noè, re inventore della viticoltura e del
vino, trovato ubriaco e nudo dal figlio Cam e per questo maledetto dal padre;
racconti evangelici di moltiplicazioni di vino e di vino che diviene nell'Ultima cena
simbolo del sangue di Cristo.
Nel contesto dell' arte cristiana le raffigurazioni del pane e del vino aumentano
diventando alimenti caratteristici di iconografie ben codificate legate agli episodi
della vita di Cristo.
A Firenze esistono numerosi affreschi e tavole monumentali con il tema dell'Ultima cena,
detti anche Cenacoli, che, per la loro numerosità e ricchezza, rappresentano una sorta di
storia trasversale della pittura fiorentina. Il loro confronto permette un singolare percorso
culturale in città attraverso realtà poco conosciute ma di grandissimo interesse culturale.
A Firenze Ghirlandaio dipinge nel refettorio di Ognissanti il Cenacolo nel 1480.
Nella Cena del refettorio di Ognissanti si rende palpabile il senso dell'agitazione e il
movimento dinamico dei corpi, espressione dell'agitazione dei sentimenti, nel momento
immediatamente successivo alla parola di Gesù sul tradimento.
In questo cenacolo un elemento è proprio e caratteristico. Sulla sinistra in basso vi sono due
brocche e sulla destra un bacile: allusione alla lavanda dei piedi e ricordo di questo momento
fondamentale della cena. La mensa appare apparecchiata con cura e l'uso della prospettiva
consente di far notare allo spettatore i cibi (pane, formaggio, frutta), le ampolle e le stoviglie
sulla tavola. La tovaglia di lino è ricamata con ricami propri della tradizione di tessitura
perugina. La tovaglia stesa sulla tavola allude al lenzuolo su cui Gesù viene avvolto nella
sepoltura. Sulla mensa sino visibili pani e ampolle che contengono acqua e vino rosso.
Anche questo elemento può essere un riferimento alla morte e al fiotto di sangue e acqua dal
costato di Gesù dopo la sua morte (Gv 19,34). L'acqua è anche simbolo dell'umanità. Sotto:
"L'ultima cena" di Jacopo Bassano (1542)
Il Pavone è il simbolo della resurrezione e
della vita eterna. L'immagine è legata al fatto
che le piume di questo animale cadono in
autunno e rinascono in primavera. Secondo
una leggenda pagana, la carne del pavone
non si decompone.
Nel dipinto L'ultima Cena di Tiziano del 1542 campeggia in primo piano
sulla tavola un improbabile caraffa di perfetto vetro trasparente poco
antica palestinese e molto veneziana che contiene vino rosso, chiara
allusione al sangue di Cristo. L'immancabile cagnolino, molto caro al
Tiziano, è presenza fugace ma evidente.
Sulla tavola, ecco farsi largo altri riferimenti gastronomici come il pane,
corpo di Cristo e l'agnello, vittima sacrificale, che già in tempi remoti e
all'inizio delle religioni monoteistiche sostituisce il sacrificio umano.
Ultima cena, di Tintoretto dipinta nel 1592. La vista della tavolata non
è frontale e in quest'ottica l'effetto prospettico è maggiore. L'ambiente
è una classica taverna veneziana, quindi l'Ultima cena viene
attualizzata. Cristo è quasi sul fondo della scena, illuminato dalla luce
divina, e sta offrendo il pane. I vapori si trasformano in presenze
angeliche. In primo piano, sono raffigurati due inservienti. La donna
offre un'alzata ricolma di manna ebraica che l'altro servitore rifiuta,
preferendo della frutta. Sul tavolino di servizio, sono presenti la
pisside per le particole, il secchiello e l'aspersorio per l'incenso,
elementi che rimandano al sacramento dell'eucarestia.
Agli inizi del Quattrocento, l'invenzione della prospettiva offre un potente strumento per poter
raffigurare la cena secondo modalità nuove e la cena diviene motivo considerato a sé stante e
dipinto in modo da occupare l'intera parete di fondo dei refettori. Alla fine del secolo Leonardo da
Vinci dipinge il Cenacolo, dipinto parietale databile al 1494-1498 .
Il momento rappresentato è quello immediatamente seguente all’annuncio di Cristo agli apostoli:
«uno di voi mi tradirà». Leonardo riesce a rendere i «moti dell’animo» degli apostoli agitati e
sconcertati contrapposti al Cristo Gesù che, isolato al centro, appare sereno e calmo.
La lunga tavolata è coperta da una tovaglia di lino di Fiandra in cui sono visibili le piegature della
stiratura a pressa. Ogni apostolo ha un bicchiere, un piatto e un coltello. Sui piatti di peltro ci sono
pesci e fette di arancia. Giuda versa accidentalmente il sale col gomito; per la tradizione popolare,
questo è simbolo di malaugurio, ma dal punto di vista religioso, ciò ha un altro significato: nel
Sermone della Montagna, Gesù chiama i suoi discepoli "sale della terra" per la loro missione di suoi
messaggeri, missione a cui Giuda non avrebbe adempiuto.
L'Ultima Cena è un realizzato nel 1955 dal pittore catalano Salvador
Dalí. In questa tela Dalí si accosta ad un tema topico dell'arte sacra,
avendo sicuramente in mente l'affresco di Leonardo e gli altri esempi
celebri di un soggetto così diffusamente trattato nella storia dell'arte.
Sulla tavola, nuda ed immensa, non vi è nient' altro che un pane
spezzato ed un calice (o, meglio, un bicchiere) di vino. Alle spalle del
Cristo, sopra il paesaggio, si libra il torso nudo di una figura umana:
una palese richiamo ad un altro soggetto dell'arte sacra, quello della
“trasfigurazione”. La voluta "scompaginazione iconografica" che
punta alla fascinazione del surreale, ha bisogno tuttavia di un
ulteriore decisivo elemento: quello della ambientazione,
assolutamente singolare, della scena all'interno di un dodecaedro.
Dalí amò giustapporre la figura del Cristo a strutture matematiche,
che, per così dire, servono a proiettare la vita terrena di Gesù
The Last supper, di Andy Warhol, racchiude in sé
l'essenza della poetica warholiana tesa a
demistificare l'opera d'arte e la sua originalità di
"pezzo unico", per dimostrare che, anche l'Ultima
cena di Leonardo, al pari di altri soggetti come la
Campbell's Soup, il fustino Brillo, la Coca Cola,
altro non è che "un prodotto".
Su invito di Alexandre Jolas, la cui galleria
sorgeva proprio davanti al Refettorio
di Santa Maria delle Grazie di Milano
che conserva il capolavoro leonardesco,
Warhol realizza tra il 1985 e '87 un ciclo
di opere dedicato al Cenacolo - oltre
cento tra dipinti e serigrafie - che si
riallacciano a un percorso di
reinterpretazione dei classici dell'arte
italiana, già sperimentato con la
sua Mona Lisa del 1963, rilettura della
Gioconda.