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DICEMBRE 2016 www.obegyn.com PERIODICO ONLINE DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO A cura degli Specializzandi della Scuola di Ginecologia e Ostetricia | Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli | Roma intervista Al Professor Alessandro Caruso Essere un ginecologo ostetrico significa pensare quasi esclusivamente all’interesse della donna che chiede la nostra cura u4 eventi Report del Corso teorico-pratico su cadavere La morte al servizio della vita u7 Natività con angeli Parmigianino (1525 circa) DICEMBRE 2016 SOMMARIO intervista Al Professor Alessandro Caruso SOMMARIO www.obegyn.com Essere un ginecologo ostetrico significa pensare quasi esclusivamente all’interesse della donna che chiede la nostra cura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 eventi Report del Corso teorico-pratico Anatomia Chirurgica della pelvi femminile La morte al servizio della vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 formazione TESI dIplOMA dI SpECIAlIzzAzIONE Spina bifida: diagnosi prenatale, storia naturale e outcome a lungo termine in 222 casi. L’esperienza di un singolo centro di terzo livello Specializzanda Dottoressa Carmen De Luca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Middle thorax angle in Congenital diaphragmatic hernia: a new prognostic tool? Specializzanda Dottoressa Milena Viggiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Is the Conservative management of Benign-looking adnexal masses a safe and feasible option? Interim analysis of IOTA 5 Specializzanda Dottoressa Carlotta Zorzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 aggiornamento scientifico Ultime novità in Ginecologia Oncologica Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study . . . . . . . . . . . . . 19 COMMENTO Professor Errico Zupi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Ultime novità in Uroginecologia Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh . . . . . . 26 COMMENTO Professor Gaspare Cucinella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 2 u DICEMBRE 2016 SOMMARIO www.obegyn.com Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision . . . . . . . . . . . 32 COMMENTO Professor Riccardo Masetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis . . . . 39 COMMENTO Dottor Stefano Lello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 aggiornamento giuridico Responsabilità medica da danno alla persona, genitori risarciti per la perdita del figlio in relazione alla sua età al momento della morte . . . . . 44 eventi Save the date . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 BacHeca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 3 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com intervista Intervista al Professor Alessandro Caruso, Polo Scienze Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Essere un ginecologo ostetrico significa pensare quasi esclusivamente all’interesse della donna che chiede la nostra cura Il Professor Alessandro Caruso A cura della Dottoressa Marcella Pellegrino Dopo tanti anni di carriera sono aumentate le motivazioni che l’hanno spinta a diventare un ginecologo ostetrico? Quando ho scelto ero molto giovane e la motivazione era molto forte, vedendo nella ginecologia e ostetricia una materia completa sia per gli aspetti medici, chirurgici e anche con risvolti psicologici e di relazione con la paziente. le motivazioni sono rimaste le stesse e non sono deluso. Il lavoro ha influenzato il suo modo d’essere? Credo che qualsiasi lavoro influenzi negli anni la maniera di porsi di un uomo, quindi penso di sì. Come sarei stato se avessi fatto l’avvocato? Chi lo sa! Al giorno d'oggi, secondo Lei, quali vantaggi e svantaggi possono incontrare gli aspiranti specialisti? Questa è una domanda complessa, difficile e per rispondere bene dovrei avere capacità divinatorie su quella che sarà la società del prossimo futuro e soprattutto come si svilupperà la medicina. In realtà, sappiamo che la medicina e le specializzazioni attraversano da tanti anni una fase di riassestamenti e di riallineamenti. Certamente, un’epoca di crisi econo- u 4 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com intervista e degli amministrativi all’ostetricia ad alto rischio, perché andava combattuta la mortalità materna e perinatale. Nel nuovo millennio questo problema si è ritenuto risolto e forse, anche sotto la pressione delle industrie e delle nuove specializzazioni della ginecologia oncologica e della ginecologia chirurgica endoscopica, è partita la grande campagna e il grande sviluppo in questo settore, fino al fatto che le scelte dei primari oggi sono condizionate dal “knowhow” ginecologico piuttosto che ostetrico, quindi il clinico ostetrico ha perso terreno. laddove il primario è un ginecologo chirurgo, l’ostetricia viene messa in secondo piano, mentre sappiamo tutti che i ricoveri per parto sono i più frequenti in Italia. u Intervista al Professor Alessandro Caruso Essere un ginecologo ostetrico significa pensare quasi esclusivamente all’interesse della donna che chiede la nostra cura mica, come quella che stiamo vivendo e che probabilmente non si supererà, condiziona anche l’attività del medico e lo sviluppo della specialità. lo svantaggio è che la concorrenza è maggiore, anche fra i medici, anche se sembra che la vocazione per la medicina si stia riducendo perché la professione sta diventando un po’ più povera rispetto a quella che era 20 anni fa, quindi la concorrenza pian piano diminuirà. la difficoltà di imparare la professione? Credo che questa sia come lo era per noi, anzi credo che oggi le scuole di specializzazione siano migliori di un tempo. È il mondo d’oggi un po’ più affollato e difficile rispetto a quello di una volta e questo si riflette anche sulle difficoltà di inserimento nella professione, sulla difficoltà del rapporto medicomedico e medico-paziente. ‘‘ La medicina e le specializzazioni attraversano da tanti anni una fase di riassestamenti e di riallineamenti. Certamente, un’epoca di crisi economica, come quella che stiamo vivendo e che probabilmente non si supererà, condiziona anche l’attività del medico e lo sviluppo della specialità. Lo svantaggio è che la concorrenza è maggiore, anche fra i medici, anche se sembra che la vocazione per la medicina si stia riducendo perché la professione sta diventando un po’ più povera rispetto a quella che era 20 anni fa, quindi la concorrenza pian piano diminuirà. Quali pensa siano le attuali difficoltà nel mondo dell’ostetricia e della ginecologia? la superspecializzazione sviluppatasi da 10 anni a questa parte. dalla ginecologia chirurgica endoscopica alla ginecologia oncologica alla medicina dell’età prenatale intesa come diagnostica prenatale invasiva e non invasiva. Tutto questo ha parcellizzato i saperi e anche il saper fare, e sta facendo venir meno, negli ultimi anni, la figura del ginecologo-ostetrico, medico della donna a tutto tondo che sapeva affrontare qualsiasi problema la donna gli ponesse. Ovviamente, gli aspetti positivi ci sono, perché in alcune materie ci si è specializzati di più e si sa fare di più, anche se, ignorando le altre “fette” della specialità, spesso si è deficitari nel rispondere in modo esperto e globale alle esigenze della donna. Un discorso a parte va fatto a chi si dedica all’ostetricia. Negli Anni ‘80 e ‘90 c’era grande attenzione della politica 5 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com intervista di porre rimedio con le linee guida, standardizzazione dei criteri assistenziali; lì non c’è l’eccellenza, anche lì c’è la medicina difensiva, la medicina minima che uno può fare, ma la personalizzazione dell’assistenza alla persona viene solamente dalla grande cultura ostetrico-ginecologica. Intervista al Professor Alessandro Caruso Essere un ginecologo ostetrico significa pensare quasi esclusivamente all’interesse della donna che chiede la nostra cura Ha notato nel corso degli anni un miglioramento nel rapporto medico-paziente? Riassuma in un breve pensiero quello che è stato ed è per Lei l’essere un ginecologo ostetrico. direi proprio di no, soprattutto se il medico continua a ritenersi il depositario di tutto il sapere. Certo, i contenziosi medico-legali, la presenza di una professione di avvocato aggressiva che ha aumentato questi contenziosi, la pseudo-cultura che le donne e i parenti si fanno su internet, tutto questo ha creato un rapporto più difficile. Mentre la donna prima si presentava al medico ginecologo, che si chiedeva “Cosa potrò fare di buono per questa donna?”, oggi spesso si pensa “Quali guai posso evitare di fronte ai problemi riferiti da questa paziente?”. Certamente questo non facilita il rapporto medico-paziente ma soprattutto non facilita, a mio avviso, l’interesse della donna. Si cerca penso che essere un ginecologo ostetrico sia essere al servizio della donna, possibilmente con un bagaglio culturale e di esperienza ampio. Formare questa tipologia di ginecologo è molto difficile oggi. Io ho avuto la fortuna di formarmi all’80-85% e credo che questo sia un privilegio per me e per parte della mia generazione. Essere un ginecologo ostetrico è essere al servizio senza pensare agli interessi, senza avere paura del contenzioso, ma solo, direi quasi esclusivamente, pensando all’interesse della donna che chiede la nostra cura, facendo quindi riferimento ai nostri doveri morali e professionali. l ‘‘ I contenziosi medico-legali, la presenza di una professione di avvocato aggressiva che ha aumentato questi contenziosi, la pseudo-cultura che le donne e i parenti si fanno su internet, tutto questo ha creato un rapporto più difficile. Mentre la donna prima si presentava al medico ginecologo, che si chiedeva “Cosa potrò fare di buono per questa donna?”, oggi spesso si pensa “Quali guai posso evitare di fronte ai problemi riferiti da questa paziente?”. Certamente questo non facilita il rapporto medico-paziente ma soprattutto non facilita, a mio avviso, l’interesse della donna. 6 ’’ DICEMBRE 2016 www.obegyn.com eventi Report del Corso teorico-pratico Anatomia Chirurgica della pelvi femminile La morte al servizio della vita A cura della Dottoressa Maria Cristina Moruzzi na frase forte… che ancora rimbomba nella mia mente e non solo… ma è proprio questo il senso del Corso teorico-pratico su cadavere di Anatomia chirurgica della pelvi femminile organizzato dalla scuola ClASS diretta dal prof. Giovanni Scambia che ogni anno si svolge a parigi al Centre du don des Corps de l’Université René descartes e a cui ho paretecipato lo scorso ottobre. Sono una specializzanda del V anno e sono rimasta molto entusiasta sia dell´organizzazione del corso che delle nozioni che sono riuscita a mettere in pratica. la prima delle tre giornate il prof. delmas ha subito strabiliato tutti con quella che si può definire per antonomasia una lezione magistrale sull´anatomia della pelvi femminile… la conoscenza, unita alla passione per la materia, guida la sua mano come un artista… credetemi lo è realmente… con alcuni gessetti colorati ha disegnato a poco a poco tutte le strutture anatomiche della pelvi e man mano che procedeva ti sentivi accompagnato proprio come un vero discente alla compren- u U 7 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com messo a ciascun discente (specializzandi inclusi) di ripetere sul preparato anatomico le procedure osservate, coniugando teoria e pratica in maniera ottimale. I tutor poi davvero eccezionali, capaci di tradurre la didattica nell´applicazione sul campo degli obiettivi che ciascun discente intendeva raggiungere in un clima sereno (senza ansia da prestazione!). Tutto questo è stato reso possibile grazie al vero protagonista: il cadavere di una donna che ha deciso di donare il proprio corpo alla scienza perché fermamente convinta di poter “servire“ la vita anche dopo l´ultimo respiro. la responsabile del laboratorio parigino ci spiegava che ogni anno in Francia 2.500 persone effettuano questa scelta e il centro universitario che le accoglie si preoccupa di accompagnare e di incontrare le famiglie che non sempre sono concordi e preparate. la prima “lezione“ del corso, oserei dire, è proprio il rispetto del cadavere o meglio di quell´uomo o donna (nel nostro caso solo donna per ovvi motivi), di cui non conosciamo neppure il nome, che ha compiuto quell´estremo atto di generosità a favore della ricerca e della formazione dei medici, anche di medici come me in formazione specialistica: i grandi uomini e le grandi donne di oggi forse sono quelli che non fanno rumore! È stata un´esperienza davvero singolare dove agli obiettivi formativi raggiunti e all´alta professionalità dei docenti si è aggiunto uno speciale Take Home Message: “la morte al servizio della vita!“. Una gran combinazione perché un gran valore aggiunto per la mia formazione professionale e umana che in futuro, sono sicura, farà la differenza. l Report del Corso teorico-pratico su cadavere La morte al servizio della vita sione dei concetti anatomo-chirurgici. Alla parte teorica è seguita la parte pratica su cadavere. I partecipanti in totale erano 17, suddivisi in sei postazioni nella grande sala settoria del laboratorio dove abbiamo avuto a disposizione un cadavere fresco, adeguatamente preparato, sul quale ciascuno ha potuto eseguire le differenti tipologie di dissezione e di procedure chirurgiche sotto la costante e attenta supervisione dei docenti. l´approccio didattico teorico-pratico, nell’ambito poi di un contesto particolarmente adeguato, è stato di altissimo livello grazie ai docenti di comprovata esperienza in chirurgia ginecologica avanzata coordinati dal prof. Alfredo Ercoli. le lezioni interattive inoltre erano mirate all´analisi nel dettaglio dell’anatomia macroscopica e chirurgica della pelvi e dell’addome nonché delle diverse tecniche di dissezione. le metodiche di insegnamento hanno per- 8 eventi DICEMBRE 2016 Specializzanda Dottoressa Carmen De Luca Relatore Professoressa Lucia Masini Correlatore Professor Marco De Santis a Spina bifida (SB) è il difetto del tubo neurale più comune (NTd) ed è conseguenza di un’anomala chiusura del tubo neurale embrionale tra il 17º e il 30º giorno dopo il concepimento. Il termine “spina bifida” comprende una serie di malformazioni caratterizzati da alterata formazione del midollo spinale e mancata chiusura dei sovrastanti archi vertebrali (schisi vertebrale). Attraverso il difetto vertebrale si può avere l’erniazione di una sacca meningea - di dura madre e aracnoide - contenente liquor, condizione definita “meningocele” o l’erniazione di meningi, liquor e tessuto nervoso, condizione nota come “mielomeningocele”. la SB “occulta” è un difetto frequente, caratterizzato da mancata fusione degli archi vertebrali posteriori di una singola vertebra, con tubo neurale differenziato normalmente e che non protrude dal canale vertebrale. In Italia, la SB ha una prevalenza di 3,28 per 10.000 gravidanze. È stato stabilito che la supplementazione periconcezionale di acido folico (FA) è efficace nel ridurre il rischio di dTN di circa il 70%. l’American Congress of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) ha suggerito che la supplementazione di 400 mcg/die di acido folico è raccomandata per le donne a basso rischio, mentre si raccomanda la dose di 4 mg/die per le donne ad alto rischio di difetti del tubo neurale. L Negli ultimi decenni, i progressi nel campo della diagnosi prenatale, hanno permesso la rilevazione di spina bifida fetale durante lo screening del secondo trimestre nell’86-96% dei casi. le disabilità che possono conseguire a tale anomalia comprendono deficit cognitivi, mancato controllo degli sfinteri e paralisi. I fattori più importanti che influenzano l’outcome postnatale sono rappresentati dalle eventuali anomalie associate (come la malformazione di Arnold Chiari II o l’idrocefalo), il tipo e il livello di lesione e gli eventuali interventi chirurgici. Il trattamento convenzionale della spina bifida aperta, è rappresentato dalla riparazione chirurgica entro due giorni di vita e include il posizionamento di uno shunt ventricolo-peritoneale o una ventricolostomia del terzo ventricolo in caso di idrocefalo. la possibilità di riparazione prenatale della SB è ancora molto dibattuta. l’ipotesi deriva dalla possibilità che all’eziologia del danno concorrano le pressioni generate dalla parete uterina, il trauma locale e l’esposizione al liquido amniotico. Gli studi sugli animali hanno sostenuto questa ipotesi, suggerendo che un fattore neurotossico (come l’esposizione a meconio) possa contribuire alla patogenesi del danno neurologico, che agisce a partire dal secondo trimestre di gravidanza. la riparazione in utero del mielomeningocele è stata eseguita per la prima volta nel 1997 e potrebbe potenzialmente migliorare l’esito post-natale. lo scopo del presente studio è stato quello di riportare l’esperienza del nostro centro ri- 9 TESI dIplOMA dI Spina bifida: diagnosi prenatale, storia naturale e outcome a lungo termine in 222 casi. L’esperienza di un singolo centro di terzo livello formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 guardo alla diagnosi prenatale, alla storia naturale e all’esito a lungo termine di una serie di gravidanze con spina bifida fetale, seguite dal febbraio 1980 al dicembre 2015. Abbiamo raccolto un database prospettico, includendo tutte le gravidanze ad alto rischio afferenti al day Hospital di Ostetricia dell’Istituto di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore tra il febbraio 1980 e il dicembre 2015. Gli esami ultrasonografici sono stati eseguiti da specialisti con competenze specifiche e sono stati utilizzati apparecchi dotati di sonde transaddominali, transvaginali e, negli ultimi anni, sonde volumetriche (3d). Controlli ecografici seriati, finalizzati alla valutazione dettagliata dell’anatomia fetale, sono stati proposti a tutte le pazienti in cui era stata individuata un’anomalia fetale. In tutti i casi sono stati eseguiti screening infettivologici materni, mentre l’amniocentesi, la villocentesi o la cordocentesi per la diagnosi prenatale invasiva, sono state proposte in casi selezionati. le gravidanze complicate da SB fetale sono state seguite da un team multidisciplinare fino al parto, che è stato pianificato a termine (età gestazionale > 37 settimane). Il team multidisciplinare includeva un ginecologo ostetrico, un neurochirurgo infantile, un neonatologo, un urologo pediatrico, un genetista, un neurologo e uno psicologo. la nostra popolazione è stata divisa in due gruppi: il Gruppo 1 ha incluso i pazienti osservati dal febbraio 1980 al dicembre 1999; il gruppo 2 ha incluso i pazienti seguiti dal gennaio 2000 al dicembre 2015. Un taglio cesareo elettivo è stato pianificato prima del travaglio e prima della rottura delle membrane in tutti i casi di difetti spinali aperti, mentre il parto vaginale è stato effettuato in caso di piccole lesioni coperte da cute, in caso di morte fetale o in feti con sindromi polimalformative, le cui condizioni non erano compatibili con la vita. Tutti i neonati con difetti aperti sono stati sottoposti a riparazione precoce del difetto entro le prime 24 ore di vita mentre in presenza di segni di ipertensione endocranica sono stati eseguiti uno shunt ventricolo-peritoneale e/o una ventricolostomia del terzo ventricolo. Il follow-up post-natale è stato effettuato dal nostro team multidisciplinare presso il Centro per la Spina Bifida del nostro policlinico Universitario. le abilità motorie sono state valutate solo nei bambini di età superiore a 2 anni. la funzione motoria è stata definita normale in soggetti che erano in grado di camminare autonomamente, senza alcun aiuto. la disabilità motoria è stata definita lieve in caso di ausilio di supporti ortopedici sotto le ginocchia; bambini che erano in grado di camminare con supporti ortopedici sopra le ginocchia sono stati definiti affetti da un danno moderato. Una grave compromissione era caratterizzata dall’uso della sedia a rotelle. Abbiamo anche valutato i danni sfinterici, definendo normali gli individui continenti alle feci e con una funzione urinaria normale. I soggetti che occasionalmente necessitavano di cateterismo intermittente (CIC), lassativi o manipolazioni digitali sono stati definiti affetti da danno lieve, mentre un danno moderato è stato definito come la necessità di CIC e lassativi o manipolazioni digitali. I pazienti con incontinenza urinaria e/o fecale o grave ostruzione sono stati classificati come aventi un danno grave. Tali valutazioni sono state effettuate solo in pazienti di almeno 5 anni di età. le funzioni cognitive sono state valutate attraverso la Wechsler Adult Intelligence Scale IV (WAIS-IV) per i soggetti dai 16 anni. per gli individui sotto i 16 anni sono state utilizzate la Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC, 6-16 anni) e la Wechsler preschool and primary Scale of Intelligence (WppSI, 2½-7 anni, 7 mesi). l’analisi dei dati è stata eseguita utilizzando il Software SpSS. la significatività statistica è stata fissata per valori di p < 0,05. Tra il febbraio 1980 e 10 TESI dIplOMA dI Specializzanda Dottoressa Carmen De Luca formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 il dicembre 2015, sono stati studiati più di 6.500 casi di anomalie fetali, compresi 222 casi di spina bifida (SB). In 194 casi (87,4%) si trattava di un difetto aperto, mentre 28 difetti (12,6%) erano chiusi. A livello globale, la diagnosi prenatale è stata eseguita in 210 feti (95,5%): in 2 casi (0,9%) nel primo trimestre, in 115 casi (51,8%) nel secondo trimestre e 93 casi (41,9%) nel terzo trimestre. In 12 casi (4,5%), la SB non è stata diagnosticata nel periodo prenatale: in otto di questi casi l’esame ecografco aveva rivelato la presenza di ventricolomegalia, mentre in 4 casi non sono state riscontrate anomalie cerebrali. Nel secondo gruppo la diagnosi è stata effettuata nel secondo trimestre in 80 casi (72,1%) con un’età gestazionale media al momento della diagnosi di 24.34 settimane (±5,71 Sd), significativamente inferiore rispetto al gruppo 1. Il numero di casi non diagnosticati è stata significativamente maggiore nel gruppo 1 (11 nel gruppo 1, 1 nel gruppo 2). Il difetto più frequente osservato è stato il mielomeningocele (142 casi), seguito dal mielocele (44 casi). Riguardo ai riscontri ecografici, la ventricolomegalia era presente in 163 casi (73,5%). Il “banana sign” è stato trovato nel 22,1% dei casi (n = 49), mentre il “lemon sign” era presente nel 28,8% dei casi (n = 64). Entrambi i segni sono stati più frequentemente rilevati nel gruppo 2, mentre il piede torto congenito e la scoliosi si sono verificati più frequentemente nel gruppo 1 (49,5% vs 32,4%; 14,4% vs 3,6%, rispettivamente). Riguardo all’esito della gravidanza, l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) è stata eseguita in 41 casi (18,5%), il 10,8% (n = 12) nel gruppo 1 e il 26,1% (n = 29) nel gruppo 2 (p = 0,003). di conseguenza, il numero di nati vivi (174 in totale) era significativamente maggiore nel gruppo 1: 94 (85,5%) rispetto a 80 (72,7%). dei 174 nati vivi, le condizioni cliniche (prematurità e/o sindromi polimalfor- mative) di 16 bambini, che in seguito sono morti, non hanno permesso la neurochirurgia. In 157 casi (99,4% dei sopravvissuti), la riparazione (plastica) del difetto vertebrale è stata eseguita nelle prime ore di vita. In un caso la chirurgia non è stata necessaria (un piccolo difetto chiuso). In 115 casi (72,8%) si sono resi necessari un posizionamento shunt ventricolo-peritoneale o una ventricolostomia del terzo ventricolo, a causa della presenza di idrocefalo. Questa percentuale era significativamente più bassa nel secondo gruppo (83,5% vs 60,3%). la mortalità post-operatoria è stata del 9,6% (15 casi): in particolare, la morte nei soggetti sottoposti a intervento chirurgico si è verificata in 12 casi (14,1%) nel gruppo 1 e in 3 casi (4,2%) nel gruppo 2 (p = 0,03). Un cariotipo anormale era presente in 10 casi (4,5%), e l’anomalia più frequentemente osservata è stata la Trisomia 18 (7 casi, 3,2%). Altre malformazioni erano presenti in 45 casi (20,7%). In particolare, le più frequenti anomalie congenite osservate sono state le cardiopatie congenite (n=9, 4%) e agenesia/ipoplasia del corpo calloso (n=8, 3,6%). Gli esiti a lungo termine sono noti in 136 bambini con un’età media di follow-up di 93.5 mesi (±55,2). le funzioni motorie erano normali in 49 casi (37,4%) e gravi deficit sono stati trovati nel 32,8% dei casi (n = 43). Tuttavia, il 29,8% dei bambini ha presentato un deficit lieve o moderato. per quanto riguarda le funzioni sfinteriche, erano normali solo nel 27,9% dei casi (n = 38), mentre un danno grave era presente nel 46,3% dei casi (n = 63). Questo tasso era significativamente più basso nel gruppo 2 (64,4% vs 25,4%). Un QI ≥70 è stato segnalato nella maggior parte dei casi (80,5%, n = 107) e grave deficit con QI <40 non è stato riscontrato in nessun caso, con un quoziente intellettivo medio di 80.61 (±18.19). l’outcome motorio è stato più severo nei difetti aperti e di livello alto, nei bambini di sesso femminile, nei casi in cui è stato necessario posizionare uno shunt ven- 11 TESI dIplOMA dI Specializzanda Dottoressa Carmen De Luca formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 tricolo-peritoneale e in presenza di ventricolomegalia, “lemon sign” e diametro biparietale < 10°. Inoltre, non solo la presenza di ventricolomegalia si è rivelata predittiva di un esito sfavorevole, ma anche la sua gravità è andamento ingravescente. le funzioni sfinteriche sono state unicamente correlate al tipo di difetto, alla presenza di “lemon sign” e al posizionamento dello shunt. per quanto riguarda l’aspetto cognitivo, un QI più alto è stato riscontrato in assenza di “lemon sign” e craniolacunia e in presenza di lesioni sacrali. Nella nostra coorte, il QI medio dei pazienti che presentavano ventricolomegalia fetale era 79,4, mentre in assenza di ventricolomegalia il QI medio era di 85,7, anche se questa differenza non è risultata statisticamente significativa. Inoltre, né la gravità né la tendenza al peggioramento hanno influenzato l’esito neurocognitivo. possibili limitazioni del nostro studio sono rappresentati dalla eterogeneità delle lesioni esaminate e dal fatto che, essendo un centro di riferimento di terzo livello, alla nostra osservazione siano giunti casi selezionati. Inoltre, è stata una serie di casi raccolti in oltre 30 anni di esperienza, con un periodo molto eterogeneo di follow-up. Tuttavia, l’alta percentuale di IVG riportata in letteratura in seguito a diagnosi prenatale di SB ha reso estremamente limitati i dati disponibili circa gli esiti a lungo termine: grazie alla bassa percentuale di IVG nella nostra casistica, il nostro studio ha mostrato l’esito a lungo termine di un ampio campione di pazienti con SB nati negli ultimi decenni. possiamo quindi desumere dal nostro studio che i progressi nel campo della diagnosi prenatale hanno portato a una detection rate nei centri di riferimento prossima al 100% nei casi di SB fetale. Alcune rilevazioni ecografiche possono essere prognostiche riguardo agli esiti a lungo termine e rappresentano ulteriori strumenti per la consulenza prenatale. Inoltre, i progressi nell’assistenza pediatrica e nella neurochirurgica infantile hanno migliorato l’aspettativa di vita di questi bambini, che raggiungono l’età adulta in una proporzione crescente. Meno di un terzo dei pazienti trattati nel nostro centro dal 2000 in poi non è in grado di camminare, con o senza supporti ortopedici e solo il 25% circa di loro ha una grave compromissione della funzione urinaria o intestinale. Inoltre, la maggior parte dei pazienti ha una normale funzione cognitiva. la chirurgia fetale rappresenta una strategia importante per migliorare ulteriormente i risultati a lungo termine, anche se aumenta il rischio di complicanze ostetriche tra cui la nascita pretermine. Ulteriori studi sono dunque necessari per ottimizzare gli approcci mini-invasivi. Inoltre, la prevenzione primaria risulta essere una priorità al fine di ridurre l’incidenza di SB. la prevalenza della supplementazione di acido folico prima del concepimento non è ancora sufficiente e dovrebbe essere incrementata, specialmente in pazienti ad alto rischio, grazie anche alla consulenza preconcezionale, che svolge un ruolo importante nella prevenzione degli esiti avversi della gravidanza. l 12 TESI dIplOMA dI Specializzanda Dottoressa Carmen De Luca formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com DICEMBRE 2016 Specializzanda Dottoressa Milena Viggiano Relatore Professor Leonardo Caforio Correlatori Professor Pietro Bagolan e Professor Giovanni Scambia ernia diaframmatica congenita, con un’incidenza di circa 1 su 3.000-5.000 nati vivi, presenta un tasso di mortalità neonatale nei centri di riferimento pari a circa il 60% dei casi identificati attraverso diagnosi prenatale. Nel 70% dei casi si tratta di forme isolate, mentre le anomalie di tipo cromosomico possono essere riscontrate in circa il 15% dei feti affetti da questa rara condizione malformativa (trisomia13, trisomia18, tetrasomia 12p). Nel 15-30% dei casi possono associarsi altre anomalie malformative, in termini di sindromi plurimalformative (come la Sindrome di Fryns) o di singole anomalie di altri organi e apparati, come difetti cardiaci, vertebrali o renali. Il difetto è generalmente sinistro, più rari sono i casi di ernia diaframmatica destra o bilaterale. Sebbene siano state descritte trasmissioni familiari o malformazioni legate a insulti teratogeni, la maggioranza dei casi è sporadica. da un punto di vista eziopatogenetico, le due principali ipotesi sull’origine del difetto sono una a supporto di un difetto di fusione nella formazione embriogenetica del diaframma, l’altra basata su un difetto primitivo di tipo polmonare. Conseguenze dirette della presenza dell’ernia diaframmatica congenita nel feto sono l’insorgenza d’ipoplasia polmonare e di ipertensione arteriosa, il cui grado e severità sono da mettere in relazione a sede e dimensioni del difetto stesso. L’ la previsione prenatale della prognosi neonatale rimane uno dei principali obiettivi della medicina fetale, fondamentale per pianificare l’immediata assistenza postnatale e per la selezione dei feti candidati a interventi di chirurgia minimamente invasiva in utero, quale l’occlusione intra-tracheale mediante fetoscopia (F.E.T.O.). Nonostante il progresso della medicina perinatale, ancor oggi, il 40-50% dei neonati affetti da ernia diaframmatica va incontro a decesso. Questa mortalità è legata a una condizione di severa ipoplasia e ipertensione arteriosa polmonare. la precoce compressione dei polmoni, sia omolaterale che controlaterale al difetto diaframmatico, in parte legata alla risalita degli organi addominali in torace, compromette infatti il corretto sviluppo dell’albero vascolare e bronchiale alterandone il processo di crescita e maturazione. lo spettro di manifestazioni cliniche dell’ipoplasia polmonare risulta tuttavia variabile, dall’insufficienza respiratoria acuta, causa di morte neonatale precoce, a gradi più moderati d’insufficienza respiratoria, che possono manifestarsi come emorragia polmonare, displasia broncopolmonare o, più semplicemente, come distress respiratorio transitorio. Nonostante numerosi autori s’interessino da più di vent’anni di questa tematica, non esiste ancora un fattore prognostico ideale che consenta di valutare i veri rischi di ipoplasia ed ipertensione polmonare neonatale. la maggior parte degli studi sulla valutazione prognostica dei feti affetti da ernia diaframmatica si è dedicata alle tecniche di valutazione del volume polmonare. 13 TESI dIplOMA dI Middle thorax angle in Congenital diaphragmatic hernia: a new prognostic tool? formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 Allo stato attuale è possibile determinare, attraverso l’uso dell’ecografia e della risonanza magnetica fetale, il volume polmonare ma si hanno scarse conoscenze sui rischi d’ipertensione arteriosa polmonare. poiché la mortalità neonatale è direttamente legata a una condizione di severa ipoplasia polmonare, sono stati proposti numerosi fattori prognostici di misurazione dell’area polmonare, quali l’lHR (lung to Head ratio) che mette in relazione il diametro polmonare e la circonferenza toracica, e successivamente l’Observed/Expected lHR, che è indipendente dall’epoca gestazionale, a differenza del precedente, e che al momento è l’indice con il più alto potere predittivo in termini di sopravvivenza, nonostante alcune recenti esperienze abbiano evidenziato casi di morte neonatale in feti con elevato rapporto volume polmonare osservato/atteso. Sono stati utilizzati per valutazioni prognostiche anche altri indici prenatali direttamente connessi con il volume polmonare, come la posizione di stomaco e fegato. Recenti studi hanno dimostrato come il volume polmonare totale, stimato mediante la risonanza magnetica o attraverso ecografia 3d, sia significativamente correlato con l’outcome di feti affetti da ernie diaframmatiche isolate. Tuttavia questi indici risultano ad oggi difficilmente riproducibili nella pratica clinica poichè la metodica è legata alla posizione fetale, all’ecogenicità dei tessuti e soprattutto all’esperienza dell’operatore nel saper delimitare bene i bordi polmonari: esiste infatti una “learning curve”, pubblicata da Cruz Martinez nel 2010, per l’applicazione corretta del metodo. l’obiettivo del nostro studio è stato quello di ricercare un nuovo parametro in termini di predizione della sopravvivenza, che correlasse con gli indici già largamente in uso nella pratica clinica, ma che fosse più facilmente riproducibile. Sono stati quindi valutati tutti i casi di ernia diaframmatica afferiti presso l’ambulatorio di Medicina Fetale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù (69 casi). Sono stati esclusi dallo studio i casi di ernia diaframmatica destra, i casi associati ad altre anomalie, cromosomiche o strutturali, o i casi che sono andati incontro a interruzione volontaria di gravidanza. partendo dal presupposto che il grado di ipoplasia polmonare sia in parte legato alla quantità di organi erniati in torace che quindi provocano uno shift mediastinico, abbiamo provato a misurare il grado di shift mediastinico valutando un angolo tra la posizione del cuore e l’emitorace, e mettendolo in relazione all’lHR e all’O/E lHR e alla sopravvivenza. l’angolo è stato misurato da due operatori distinti, sempre gli stessi per tutta la durata dello studio. dai risultati del nostro studio emerge, come atteso, che il metodo è facile da riprodurre e direttamente utilizzabile nella pratica clinica, non necessitando di un periodo di training. Inoltre risulta che il nuovo indice correla in modo significativo con i parametri già utilizzati per la valutazione prognostica di questi casi. In linea con quanto descritto in letteratura, anche nel nostro studio lHR e O/E lHR correlano in modo significativo con la sopravvivenza, evidenza che, nel nostro centro di diagnosi prenatale, la misurazione viene effettuata correttamente. Infine, anche il nuovo parametro da noi studiato sembra correlare in modo significativo con la sopravvivenza. la misurazione dello shift mediastinico nella valutazione della prognosi dei feti portatori di ernia diaframmatica non fa attualmente parte dei protocolli di valutazione prognostica in epoca prenatale. Tuttavia l’importanza della relazione dello shift e quindi della quantità di organi erniati e il grado di ipoplasia polmonare rende indispensabile la realizzazione di ulteriori indagini su questo tema. 14 TESI dIplOMA dI Specializzanda Dottoressa Milena Viggiano formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 formazione TESI dIplOMA dI SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com Specializzanda Dottoressa Milena Viggiano l’uso del nuovo parametro predittivo, che risulta facilmente riproducibile dal nostro studio, potrebbe rivelarsi utile nella pratica clinica e arricchire la diagnosi prenatale, in questi casi, in termini di “score prognostico”. In futuro, dall’analisi combinata dell’lHR O/E e del nostro indice, si potrebbe costruire uno score completo al fine di ottimizzare la valutazione diagnostica prenatale, rendere maggiormente dettagliate le indicazioni al posizionamento del plUG intra-tracheale e valutare gli effetti del trattamento in utero. l 15 DICEMBRE 2016 formazione TESI dIplOMA dI SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com Is the Conservative management of Benign-looking adnexal masses a safe and feasible option? Interim analysis of IOTA 5 importante che influenza la prognosi in maniera positiva; dall’altra identificare le patologie benigne permette di evitare interventi chirurgici con le morbidità e i costi associati. Specializzanda Dottoressa Carlotta Zorzi Relatore Professoressa Antonia Carla Testa Correlatore Professor Giovanni Scambia INTRODUZIONE la storia naturale delle formazioni ovariche benigne fino ad oggi è rimasta sconosciuta. È possibile che queste masse possano subire una trasformazione maligna, una rottura o una torsione. Inoltre tali formazioni possono andare incontro a variazioni di volume o morfologia. A oggi non esistono lavori scientifici che abbiano rigorosamente studiato il comportamento a lungo termine di tali masse e pertanto non vi sono linee guida per la gestione ottimale della maggior parte delle formazioni annessiali. Non è quindi sorprendente che la pratica clinica sia molto variabile e che una percentuale di medici preferiscano trattare chirurgicamente qualsiasi massa ovarica diagnosticata. Grazie al lavoro svolto dal gruppo IOTA (International Ovarian Tumor Analysis) dal 1999 a oggi è stato codificato un linguaggio comune per la descrizione delle formazioni ovariche e sono state identificate caratteristiche specifiche delle formazioni benigne e maligne. Sulla base di queste caratteristiche sono stati poi costruiti dei modelli matematici per stimare il rischio di malignità della formazione in esame che sono stati testati da ecografisti con diversi livelli di esperienza. Un’adeguata distinzione in patologie benigne o maligne permette da una parte di inviare le pazienti oncologiche nei centri oncologici di riferimento e questo è un fattore OBIETTIVI l’obiettivo principale di questo studio è quello di sviluppare l’algoritmo ottimale per la gestione di tutte le masse annessiali. Questo può essere suddiviso in diversi obiettivi specifici: 1) analizzare la prevalenza di complicanze come la rottura, la torsione, o la diagnosi di tumore maligno in pazienti con masse annessiali giudicate benigne e non sottoposte a trattamento chirurgico; 2) testare i modelli diagnostici pubblicati dal gruppo IOTA per la discriminazione tra masse benigne e maligne, applicati al primo controllo, o durante il follow-up, considerando benigne le masse che presentano tale istologia all’intervento chirurgico e anche quelle che non presentano segni morfologici di malignità ai controlli successivi annuali durante il follow-up; 3) indagare i fattori che possono essere correlati alla necessità di un intervento chirurgico durante il periodo di follow-up; 4) studiare la storia naturale di masse benigne trattate in maniera conservativa cercando di stabilire le curve descrittive dei cambiamenti longitudinali dei parametri analizzati (diametro, dimensione della componente solida, il numero di papille, color score). Tali curve consentiranno di valutare se e quali parametri morfologici saranno in grado di predire complicanze o diagnosticare la presenza di tessuto maligno. 16 u DICEMBRE 2016 MATERIALI E METODI lo IOTA 5 è uno studio prospettico osservazionale multicentrico internazionale di coorte che coinvolge 43 centri ecografici di riferimento nei 4 continenti. Il nostro centro “Class Ultrasound” è uno dei principali centri partecipanti con più di 1.000 pazienti inserite nello studio. A oggi lo IOTA 5 è lo studio maggiormente popolato tra gli studi IOTA perché coinvolge già più di 13.000 pazienti. l’arruolamento delle pazienti è cominciato a febbraio 2012, sono state incluse tutte le donne di età superiore ai 18 anni con una formazione annessiale di natura non fisiologica. per ogni paziente sono state registrate la storia personale e familiare. la formazione è stata valutata con la metodologia IOTA, per ogni formazione sono state descritte le 12 variabili presenti nella “lR 1” (Timmerman JCO 2005), le variabili descritte nelle “simple rules” (Timmerman UOG 2008), nel “Risk of Malignancy Index” e, ove presente, la sintomatologia associata. l’operatore dopo aver descritto la formazione ha espresso il suo “subjective assessment” e ne ha proposto il management. Se la formazione presentava aspetti ecografici di malignità alla donna è stato consigliato un management chirurgico. Se la formazione presentava aspetti ecografici di benignità, veniva proposto un management conservativo che consisteva in follow-up regolari (un’ecografia dopo 3 mesi dal primo controllo, una seconda dopo 6 mesi dal precedente controllo e poi a scadenza annuale per almeno 5 anni). Ogni volta sono state registrate le misure e le caratteristiche ecografiche della cisti e a ogni controllo è stata rivalutata la necessità o meno d’intervento chirurgico. 17 TESI dIplOMA dI Specializzanda Dottoressa Carlotta Zorzi formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 RISULTATI lo studio IOTA 5 è attualmente ancora in corso. l’analisi “ad interim” con i dati aggiornati a settembre 2016 dimostra che, applicando le regole IOTA alla prima valutazione ecografica, meno della metà delle masse annessiali sono state indirizzate verso chirurgia. la maggior parte delle masse annessiali ha presentato aspetti ecografici di benignità e questo gruppo è stato gestito in modo conservativo con un regolare follow-up. A oggi durante il follow-up meno del 12% delle masse annessiali sono andate incontro a chirurgia e l’indicazione principale per la chirurgia è stata la volontà della paziente prima che per modificazioni dell’aspetto ecografico o per complicanze. Una buona parte (circa il 15%) delle masse ad aspetto benigno durante i controlli sono andate incontro a risoluzione spontanea. la stragrande maggioranza delle masse analizzate è rimasta invariata nelle principali caratteristiche ecografiche e non ha presentato complicanze cliniche dunque sta ancora proseguendo il follow-up. A oggi sulla base delle complicanze riscontrate il rischio di torsione delle formazioni ad aspetto benigno a cui è stato consigliato il management conservativo è stato stimato essere attorno al 0,3%, quello di rottura della cisti inferiore allo 0,2% (evento che si è verificato soltanto in formazioni uniloculari, multiloculari e uniloculari-solide) mentre il rischio di formazioni maligne è stato dello 0,5%. Questi dati sono ancora parziali, dunque tutti i casi in cui è stata riscontrata una formazione maligna verranno analizzati in maniera approfondita per comprendere se era stato fatto un errore diagnostico alla prima valutazione o se si tratta di una trasformazione maligna di una formazione benigna o di patologia ex novo. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Se le ecografie sono eseguite da mani esperte, abili nell’uso dei modelli IOTA rappresentano uno strumento valido per la valutazione delle cisti e per il monitoraggio delle formazioni che appaiono benigne. Un management conservativo permette di ridurre il numero d’interventi chirurgici, e di conseguenza le complicanze a breve e a lungo termine della chirurgia. I dati analizzati fino ad oggi sottolineano che le complicanze del gruppo a management conservativo sono sostanzialmente basse e non giustificherebbero di aggredire chirurgicamente tutte le masse ovariche. Alla luce dei risultati presentati in questa analisi parziale possiamo dire che la condotta di attesa sembra dunque essere una scelta sicura per il basso rischio di complicanze, inoltre sembra essere un opzione fruibile perché utilizzando gli strumenti IOTA si ha un basso rischio di falsi negativi, infine sembra essere una valida opzione per ridurre la spesa pubblica. Maggior numero di masse ovariche saranno incluse nello studio e il follow-up continuerà nei prossimi anni e questo consentirà di definire con maggior precisione quali sono le cisti che possono essere seguite ecograficamente, di conoscerne e quantificare i rischi e la loro presunta evolutività. l 18 TESI dIplOMA dI Specializzanda Dottoressa Carlotta Zorzi formazione SpECIAlIzzAzIONE www.obegyn.com DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento scientifico Ultime novità in Ginecologia Oncologica Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study Francesco Raspagliesi, M.D. a, Giuseppa Maltese, M.D. a, Giorgio Bogani, M.D., Ph.D. a, et al. Gynecologic Oncology November 2016 A cura del Dottor Mattia Tarascio INTRODUZIONE Il leiomiosarcoma (lMS) dell’utero è una rara neoplasia ginecologica che costituisce circa l’1,5% delle neoplasie uterine, con un’incidenza annuale di 0.64/100,000 donne. Il leiomiosarcoma e il sarcoma dello stroma endometriale (ESS) rappresentano rispettivamente il 70% e il 30% di tutti i sarcomi uterini. la sopravvivenza a 5 anni in pazienti con lMS è strettamente legata allo stadio FIGO: stadio I (84,3%), stadio II (43,6%), stadio III (38.8%), stadio IV (19.8%). la prevalenza di sarcomi uterini in presunti fibromi è di circa (0.450.014%). A oggi anche se alcune caratteristiche tra cui, l’età avanzata, la presenza di sintomi, alcune caratteristiche morfologiche delle lesioni uterine all’imaging, possono essere suggestive per la presenza di sarcoma uterino, una diagnosi differenziale affidabile tra fibromi benigni dell’utero e sarcoma uterino risulta essere ancora difficile in fase pre-operatoria. A tal proposito nel novembre 2014 la U.S Food and drug Administration (FdA) ha emesso un comunicato di sicurezza per scoraggiare l’uso della “power morcellation” in pazienti con “presunte” patologie benigne dell’utero a causa dell’aumentato rischio di disseminazione intraperitoneale di cellule tumo- rali, qualora tali patologie dovessero nascondere dei sarcomi. Questo studio retrospettivo ha cercato di determinare l’impatto sulla sopravvivenza e sulla recidiva di malattia in donne che hanno eseguito un intervento chirurgico per miomi uterini benigni e che si sono rivelati essere dei sarcomi al momento della diagnosi finale . MATERIALI E METODI I dati sono stati ottenuti in 8 istituti del gruppo MITO (Multicentre Italian Trialists in Ovarian Cancer and Gynecologic Malignancies). Sono stati raccolti i dati di pazienti che hanno subito un intervento chirurgico per miomi uterini e che ha rivelato essere sarcomi al momento della diagnosi finale dal 1º gennaio 2004 al 31 dicembre 2014. I criteri d’inclusione sono stati: 1) pazienti sottoposti a chirurgia per apparente malattia uterina benigna; 2) diagnosi istologica finale di sarcoma uterino stadio I; 3) pazienti di età superiore ai 18 anni. Criteri di esclusione sono stati: rifiuto del consenso, diagnosi di altri tumori maligni solidi entro 5 anni. l’obiettivo primario dello studio era di valutare la sopravvivenza libera da malattia e la u 19 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Ginecologia Oncologica aggiornamento scientifico Leiomiosarcoma: power morcellation in laparoscopia vs. no morcellazione in laparotomia Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study sopravvivenza generale in donne sottoposte a miomectomia o isterectomia utilizzando la morcellazione, rispetto a donne con le stesse caratteristiche cliniche ma senza utilizzare la morcellazione. RISULTATI Nel complesso, sono stati eseguiti 4.000 interventi chirurgici per fibromi benigni in 10 anni negli 8 centri partecipanti allo studio. Tra questi, 125 pazienti (3,1%) era affetta da un sarcoma uterino inaspettato con stadio I FIGO 52 (41.6%) pazienti avevano effettuato la morcellazione e 73 (58,4%) non l’avevano effettuata. l’età media era di 55 anni e la maggior parte delle donne (72,8%) era affetta da lMS. Nella maggior parte delle pazienti sottoposte a morcellazione (n=31; 59,6%) l’intervento è stato eseguito per via laparoscopica, in 21 pazienti (40,3%), l’intervento è stato eseguito è stato eseguito per via laparotomica a causa del grosso volume uterino o per problemi insorti intra-operatoriamente. la prevalenza di pazienti che hanno ricevuto un trattamento adiuvante (chemioterapia) era simile tra i due gruppi (57,7% vs. 67,1% rispettivamente con morcellazione e senza). Leiomiosaroma: morcellazione vs. non-morcellazione Nel gruppo lMS, non è emersa alcuna differenza in termini di sopravvivenza libera da malattia nei primi 2 anni confrontando i pazienti sottoposti a morcellazione (sia power morcellation/ che morcellazione semplice) vs. no morcellazione. Tuttavia nelle pazienti sottoposte a morcellazione è emerso un rischio di morte 3 volte superiore rispetto al gruppo non-morcellazione. Nessuna differenza in termini di sopravvivenza libera da malattia in 2 anni è stata osservata confrontando le pazienti sottoposte a power morcellation con pazienti sottoposti a laparotomia senza morcellazione. Tuttavia, i pazienti sottoposti a power morcellation hanno un tempo più breve di sopravvivenza libera da recidiva (5 vs. 12 mesi rispettivamente). pertanto è stato analizzato il sito di recidiva della malattia: maggiore percentuale di recidive peritoneali è stato segnalato nei pazienti sottoposti a power morcellation rispetto alla non morcellazione (66,6% vs. 39,2%, rispettivamente). I pazienti sottoposti a power morcellation hanno un rischio di morte più alto rispetto alle pazienti che non avevano eseguito morcellazione. Analogamente la sopravvivenza generale è stata più breve per le pazienti sottoposte a power morcellation rispetto alle pazienti che non erano andate incontro a morcellazione (23 vs. 36 mesi rispettivamente). Leiomiosarcoma: morcellazione vs. non-morcellazione durante laparotomia Considerando solo il gruppo che ha eseguito una laparotomia, sono state confrontate le pazienti che non erano andate incontro a morcellazione con quelle che non l’avevano eseguita: nessuna differenza nella sopravvivenza libera da malattia è stata registrata tra i due gruppi. Morcellazione di altri sarcomi uterini non diagnosticati per quanto riguarda gli altri sottotipi istologici, tutti i confronti soffrono del numero limitato di pazienti inclusi; tuttavia, una non significativa tendenza verso una riduzione della sopravvivenza libera da malattia è stata segnalata per le pazienti con smooth muscle tumours of uncertain malignant potential (STUMp), mentre non sono state osservate differenze nei risultati di sopravvivenza su sarcomi dello stroma endometriale di basso grado (lG-ESS) e sarcomi uterini indifferenziati (UUS). u 20 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento scientifico Ultime novità in Ginecologia Oncologica Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study u 21 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Ginecologia Oncologica Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study DISCUSSIONE Questo studio multi-istituzionale, retrospettivo conferma il dannoso impatto oncologico della morcellazione in pazienti con diagnosi inaspettata di leiomiosarcoma uterino, con un aumentato del rischio di recidiva, di recidiva intra-addominale e con un rischio di morte 3 volte più alto rispetto alle pazienti che non hanno eseguito la morcellazione. Inoltre dai dati di questo studio emerge che il rischio di diffusione intraperitoneale di cellule tumorali non sembra essere controbilanciato con l’uso di trattamenti adiuvanti, (chemioterapia o radioterapia). Recentemente, la FdA ha sostenuto l’impatto prognostico negativo della morcellazione nelle patologie ginecologiche benigne, conducendo a un grande cambiamento nella pratica clinica (quasi 8 medici su 10 riferiscono cambiamenti nella gestione dei pazienti sottoposti a isterectomia per fibromi benigni). Alcuni autori hanno criticato il comunicato della FdA, per la scarsa qualità di prove da studi retrospettivi, sottolineando la necessità di dati più affidabili. I dati di questo studio suggeriscono una prognosi simile per quanto riguarda la morcellazione non-power e la non morcellazione con estrazione del pezzo integro. Nonostante i recenti progressi delle tecniche di imaging in campo diagnostico, purtroppo, la diagnosi differenziale tra sarcoma uterino e miomi rimane ancora oggi estremamente difficile. Riconoscere già in fase preoperatoria un leiomiosarcoma è ancora difficile a causa dell’assenza di caratteristiche patognomoniche. Tuttavia alcune suggestive caratteristiche radiologiche per riconoscere almeno come “sospetto” un fibroma sono: la presenza di leio- aggiornamento scientifico mioma solitario, in rapida crescita, diametro cm ≥8, necrosi centrale, assenza di calcificazioni e aumento della vascolarizzazione periferica e centrale. l’incidenza di sarcoma uterino è dell’1% mentre raggiunge il 2025% tra i pazienti sottoposti a chirurgia per “sospetto” lMS. Inoltre un altro aspetto che potenzialmente contribuisce al peggioramento della prognosi dei pazienti sottoposti a morcellazione è che i campioni morcellati sono poco suscettibili all’esame patologico e questo potrebbe portare alla diagnosi ritardata o, addirittura, mancante, causando quindi un ritardo nel trattamento. Bisogna sottolineare che, anche in caso di lesioni benigne, la morcellazione non è completamente priva di rischi. Vi è infatti un numero crescente di segnalazioni di casi di fibromi parassiti dopo l’uso di morcellazione laparoscopica che ha contribuito allo sviluppo di una teoria su base iatrogena, suggerendo una disseminazione intraperitoneale di frammenti di tessuto dopo morcellazione che può portare allo sviluppo di fibromi parassitari la cavità peritoneale. Tuttavia, a oggi due questioni devono essere affrontate: 1) negli ultimi due decenni, la chirurgia mini-invasiva attraverso la laparoscopia è emersa come il gold standard per il trattamento di diverse malattie ginecologiche; 2) i sarcomi uterini rappresentano una condizione di bassa prevalenza senza patognomoniche caratteristiche diagnostiche. per cercare di coniugare queste due opposte situazioni, l’obiettivo principale resta quello di aumentare la precisione diagnostica e di attuare una ricerca sulle strategie alternative per evitare la morcellazione intra-addominale. le uniche alternative adeguate sono la morcellazione all’interno dell’endo-bag, il recupero di campioni tramite una mini-incisione laparotomica o l’estrazione transvaginale di masse attraverso colpotomia posteriore. Nel campo diagnostico, una proposta interessante è lo sviluppo di un sistema di punteggio utilizzando diversi fattori e carat- u 22 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Ginecologia Oncologica Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study teristiche predittorie per la diagnosi pre-operatoria di sarcoma uterino: il pre-Operative Sarcoma Score (pRESS), che comprende l’età, i livelli nel siero di ldH e risultati della risonanza magnetica, ha riportato buoni risultati in termini di accuratezza diagnostica (valore predittivo positivo, valore predittivo negativo, sensibilità e specificità, rispettivamente del 84%, 63%, 93% 80%, 85%). In attesa di un miglioramento delle tecniche chirurgiche e diagnostiche, il giudizio clinico nella valutazione dei pazienti per la chirurgia laparoscopica è decisivo. In particolare, i pazienti con fibromi uterini “sospetti” devono essere scoraggiati a subire morcellazione intra-addominale. Inoltre in assenza di strumenti diagnostici sufficientemente precisi che consentono una diagnosi affidabile, tutti i pazienti devono essere potenzialmente considerati a rischio di sviluppare un sarcoma uterino e dovrebbero ricevere un consenso informato completo, basato sulle migliori prove disponibili, al fine di prendere la scelta migliore per il trattamento. l 23 aggiornamento scientifico DICEMBRE 2016 Ultime novità in Ginecologia Oncologica Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study COMMENTO Professor Errico Zupi Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione | Università Tor Vergata | Roma uesto interessante studio multicentrico riguarda l’impatto della morcellazione di leiomiosarcomi misconosciuti, durante interventi chirurgici per patologie presunte benigne, sulla sopravvivenza della paziente. Nel 2014 la FdA (Food and drug Administration) aveva emesso una comunicazione di sicurezza contro la “power morcellation” scoraggiando la procedura per i suoi potenziali effetti dannosi in pazienti con sarcoma uterino misconosciuto 1. Comunque nel 2015 una revisione della letteratura sulla morcellazione dei fibromi eseguita dalla European Society of Gynaecological Endoscopy 2, ha evidenziato che la reale prevalenza dei sarcomi uterini tra i presunti fibromi non è nota e che la letteratura parla di una ampia variazione della prevalenza (0,45% - 0,014%) esposta in metanalisi basate soprattutto su studi retrospettivi. In realtà, i principali problemi degli studi che riguardano i leiomiosarcomi dell’utero consistono nel basso numero di casi, in studi prospettici standardizzati e nella eterogeneità dei dati raccolti (follow-up, tipo di approccio chirurgico e terapie adiuvanti). Una complicazione di questa procedura consiste nel concetto che secondariamente alla morcellazione dei fibromi, si possono impiantare Q delle particelle sul peritoneo che possono a loro volta generare fibromi parassiti che potranno necessitare di successivi interventi chirurgici. Se un presunto fibroma appare essere un sarcoma, ogni metodo di morcellazione disgrega l’integrità della neoplasia, con la conseguente possibilità di incidere sulla stadiazione della malattia e condizionare la sopravvivenza della paziente. Alcuni studi si sono occupati dell’impatto che la morcellazione di leiomiosarcomi misconosciuti, confrontata alla rimozione del tumore e dell’utero integro, possa avere sugli outcomes delle pazienti. Tali studi hanno suggerito che la rimozione del campione operatorio integro può mostrare un miglioramento della sopravvivenza e un minor tasso di recidive 3, 4. Comunque i dati sono fortemente condizionati da bias e sono di scarsa qualità. di fatto, non vi è alcuna evidenza convincente che la “power morcellation” o la morcellazione di altro tipo risulti sostanzialmente in un upstaging del tumore 5. In ogni caso, la recente attenzione sul rischio di lesione maligna misconosciuta durante la morcellazione di sospetti miomi potrebbe avere conseguenze contrastanti. la consapevolezza che ci si possa trovare di fronte ad un sarcoma potrà comportare un miglioramento nella diagnosi di lesioni miometriali incluso il leiomiosarcoma e negli aspetti tecnici di una rimozione più sicura e senza spandimenti. Contrariamente al fatto che non vi è alcuna caratteristica patognomonica capace di predire un leiomiosarcoma con qualsiasi tecnica di imaging 6, 7 l’uso di termini e classificazioni standardizzate alle indagini preoperatorie 8 potrebbe migliorare la valutazione preoperatoria e influire positivamente sulla somministrazione del consenso informato. Questo significa che la paziente deve essere informata nel modo più completo possibile e sulla base delle migliori evidenze a disposizione affinché possa fare la scelta migliore di un trattamento individualizzato nei ri- 24 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 Ultime novità in Ginecologia Oncologica Bibliografia Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: a retrospective MITO group study 1 FDA, FDA Discourages Use of Laparoscopic PowerMorcellation for Removal of Uterus or Uterine FibroidsAvailable:http://www.fda.gov/NewsEvents/Newsroom/PressAnnouncements/ucm393689.htm2014 (accessed March 01, 2016). 2 Brölmann H, Tanos V, Grimbizis G, Ind T, Philips K, van den Bosch T, Sawalhe S, van den Haak L, Jansen FW, Pijnenborg J, Taran FA, Brucker S, Wattiez A, Campo R, O’Donovan P, de Wilde RL; European Society of Gynaecological Endoscopy (ESGE) steering committee on fibroid morcellation Options on fibroid morcellation: a literature review. Gynecol Surg. 2015;12:3–15 3 Anupama R, Ahmad SZ, Kuriakose S, Vijaykumar DK, Pavithran K, Seethalekshmy NV. Disseminated peritoneal leiomyosarcomas after laparoscopic “myomectomy” and morcellation. J Minim Invasive Gynecol. 2011;18:386–389. 4 Einstein MH, Barakat RR, Chi DS, Sonoda Y, Alektiar KM, Hensley ML, et al. Management of uterine malignancy found incidentally after supracervical hysterectomy or uterine morcellation for presumed benign disease. Int J Gynecol Cancer. 2008;18:1065–1070. 5 Pritts E, Parker WH, Brow J, Olive DL Outcome of occult uterine leiomyosarcoma after surgery for presumed uterine fibroids: a systematic review. J Min Invasive Gynecol 2015;22:26–33 6 Aviram R, Ochshorn Y, Markovitch O, Fishman A, Cohen I, Altaras MM, et al. Uterine sarcomas versus leiomyomas: gray-scale and Doppler sonographic findings. J Clin Ultrasound. 2005;33:10–13. 7 Fukunishi H, Funaki K, Ikuma K, Kaji Y, Sugimura K, Kitazawa R, et al. Unsuspected uterine leiomyosarcoma: magnetic resonance imaging findings before and after focused ultrasound surgery. Int J Gynecol Cancer. 2007;17:724– 728. 8 Van den Bosch T, Dueholm M, Leone FP, Valentin L, Rasmussen CK, Votino A, Van Schoubroeck D, Landolfo C, Installé AJ, Guerriero S, Exacoustos C, Gordts S, Benacerraf B, D’Hooghe T, De Moor B, Brölmann H, Goldstein S, Epstein E, Bourne T, Timmerman D. Terms, definitions and measurements to describe sonographic features of myometrium and uterine masses: a consensus opinion from the Morphological Uterus Sonographic Assessment (MUSA) group. Ultrasound Obstet Gynecol. 2015;46:284-98 9 Venturella R, Rocca ML, Lico D, La Ferrera N, Cirillo R, Gizzo S, Morelli M, Zupi E, Zullo F. In-bag manual versus uncontained power morcellation for laparoscopic myomectomy: randomized controlled trial. Fertil Steril. 2016 May;105(5):1369-76 10 Raspagliesi F, Maltese G, Bogani G, Fucà G, Lepori S, De Iaco P, Perrone M, Scambia G, Cormio G, Bogliolo S, Bergamini A, Bifulco G, Casali PG, Lorusso D.Morcellation worsens survival outcomes in patients with undiagnosed uterine leiomyosarcomas: A retrospective MITO group study. Gynecol Oncol. 2016 Nov 4. pii: S00908258(16)31519-0. guardi della sua situazione personale evitando che la paura di un sarcoma inaspettato possa portare a un intervento chirurgico più invasivo non necessario. lo sviluppo di tecniche di morcellazione più sicure nella cavità addominale attraverso innovazioni tecniche, compresa la morcellazione in endo-bag è attualmente sotto indagine. potenzialmente la morcellazione in endobag dei fibromi potrebbe evitare molte delle complicanze riportate sulla morcellazione, come ad esempio: traumi direttamente collegati, la formazione di fibromi parassiti e up-staging dei sarcomi. Comunque i potenziali benefici ed i rischi della morcellazione in endo-bag devono essere ulteriormente valutati in studi clinici prima che tale procedura venga raccomandata nella pratica clinica 9. Nello studio di Raspagliesi et al., è stato dimostrato un rischio di morte tre volte più alto in pazienti sottoposte a morcellazione di leiomiosarcoma misconosciuto rispetto a pazienti non sottoposte a morcellazione 10. Questo importante risultato potrebbe rappresentare una opportunità per continuare la raccolta di dati in lavori prospettici (con campioni di maggiore ampiezza) e standardizzati per confermare o no i risultati retrospettivi dimostrati. la raccolta di dati prospettici può chiarire il tema del rischio di sarcomi misconosciuti tra presunti fibromi. Inoltre dovrebbero essere perfezionate le tecniche per l’estrazione di tessuto dalla cavità addominale durante interventi eseguiti con approccio laparoscopico. l 25 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento scientifico Ultime novità in Uroginecologia Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh Erin C. Kelly, MD, Jennifer Winick-Ng, MSc, and Blayne Welk, MD, MSc Obstet Gynecol. 2016 Jul;128(1):65-72 A cura della Dottoressa Elisabetta La Tartara OBIETTIVI Si calcola che circa una su otto donne americane, entro gli 80 anni, sarà sottoposta a un intervento chirurgico per la correzione del prolasso degli organi pelvici (pOp). In seguito a questi tipi di interventi vi è un alto tasso di recidiva pari al 39%, e un tasso di ripetuta correzione chirurgica che arriva al 29% dei casi. Una Cochrane del 2016 ha riportato tassi più bassi di reintervento per pOp dopo impianto transvaginale di mesh; ciononostante il 7-18% delle pazienti richiede un nuovo intervento chirurgico per recidiva di pOp, incontinenza da stress, o complicanze dovute alla mesh. Sottoporsi nuovamente a chirurgia a causa di complicanze dovute alla mesh per le pazienti può essere fonte di significativa morbilità e stress emotivo. Nel 2016, le mesh posizionate per via vaginale sono state classificate come dispositivi ad alto rischio da parte della FdA, tanto che alcune aziende hanno deciso di interrompere la loro produzione. Questo studio è stato pertanto progettato in risposta alle preoccupazioni sollevate dagli organismi di regolamentazione, con l’obiettivo di: 1) misurare l’incidenza di rimozione di mesh o di revisione chirurgica della stessa dopo il suo impianto per via vaginale per il trattamento del pOp; 2) valutare la potenziale associazione tra il numero di impianti di mesh per via vaginale eseguiti dal singolo chirurgo e i tassi di rimozione o di revisione della stessa; 3) determinare i fattori di rischio specifici che possono contribuire alla rimozione della mesh vaginale o alla sua revisione chirurgica. MATERIALI E METODI Gli autori di questo studio hanno eseguito un’analisi retrospettiva di coorte basata sulla popolazione di tutte le donne adulte che hanno subito un intervento di impianto di mesh per via vaginale per la correzione del pOp, utilizzando dati amministrativi tra aprile 2002 e dicembre 2013, nella provincia di Ontario in Canada. l’outcome primario da indagare in questo studio è stata la revisione chirurgica della rete. le pazienti sono state osservate dalla data dell’intervento chirurgico fino alla morte, all’ incidenza dell’outcome di interesse (la rimozione chirurgica o la revisione della mesh vaginale o di un corpo estraneo, la ri- u 26 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento scientifico procedura, il tipo di ospedale in cui è stata eseguita la procedura, e la necessità di una trasfusione di sangue dopo l’intervento. Ultime novità in Uroginecologia Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh RISULTATI petizione della correzione del prolasso per una complicanza, la resezione della parete vaginale, o la riparazione di una fistola vaginale) o fino alla fine del periodo dello studio (31 marzo 2014). Il volume di attività annuale di chirurgia per pOp dei singoli chirurghi è stato specificato a priori come principale parametro di interesse. Gli autori hanno ipotizzato una relazione inversa tra il volume di attività annuale del chirurgo relativa alla chirurgia per prolasso con mesh per via transvaginale e le complicanze scaturite da tale tipo di chirurgia. Il volume di attività del chirurgo è stato definito come il numero di interventi chirurgici vaginali per pOp basati sull’utilizzo di mesh eseguiti ogni anno. Sono stati usati i quartili per selezionare i chirurghi “ad alto volume di attività” annuale di chirurgia per pOp basata sull’utilizzo di mesh (superiore al 75º percentile di procedure chirurgiche con mesh vaginale in un determinato anno) e “a molto elevato volume di attività” (superiore al 90º percentile, che richiede una mediana di 13 - range interquartile 11-14 - procedure per anno). le caratteristiche delle pazienti incluse come variabili erano: l’età del paziente, l’obesità [indice di massa corporea (calcolato come peso kg/altezza m2) di 40 o superiore], il diabete, comorbidità mediche generali, l’anno fiscale, la regione geografica della paziente, e lo status socio-economico. le variabili chirurgiche includevano: previa o concomitante isterectomia, precedente o concomitante procedura per incontinenza urinaria da sforzo (interventi chirurgici eseguiti con mesh messi a confronto con interventi chirurgici senza mesh), precedente procedura per pOp (intervento chirurgico con la mesh messo a confronto con la correzione mediante tessuti nativi), specialità del chirurgo che eseguiva la Un totale di 5.488 donne è stato sottoposto all’intervento di impianto della mesh da parte di 1 dei 368 chirurghi totali [85% (313/368) dei quali erano ginecologi]. Il tempo del follow-up è stato di 5,4 anni (range interquartile 3.0-8.0). l’uso di mesh transvaginali è aumentato dal 2002 al 2008 per poi scendere costantemente fino al 2012. la percentuale di donne che hanno subito la rimozione della mesh, la revisione della stessa, o la riparazione di una fistola vaginale associatale è stata del 4,0% (218/5.448) ad una media di 1,17 anni (range interquartile 0.58-2.90 anni) dalla procedura. lo stesso chirurgo che aveva effettuato la prima procedura ha anche eseguito l’intervento chirurgico per una complicanza legata alla mesh nel 50% dei casi. l’incidenza cumulativa dei pazienti che hanno subito una delle complicanze legate alla mesh è stata dell’1,9% a 1 anno di follow up, aumentando al 5,15% a 10 anni di follow up. I chirurghi ad alto volume di procedure chirurgiche annuali hanno eseguito il 70% (3.835/5.448) delle stesse e i chirurghi a basso volume di interventi chirurgici annuali ne hanno eseguito il restante 30% (1.613/5.448). Nel gruppo ad alto volume di attività, per il 3,9% (150/3.835) delle donne sottoposte a intervento chirurgico, è stato necessario un altro intervento chirurgico per una complicanza legata alla mesh, a confronto con il 4,2% delle pazienti (68/1.613), nel gruppo a basso volume di attività, che hanno necessitato di un’ulteriore chirurgia. l’analisi dei dati non ha mostrato alcuna differenza statisticamente significativa tra procedure effettuate da chirurghi con alto volume di attività e chirurghi a basso volume di attività. In seguito gli autori hanno ripetuto l’analisi utilizzando il 90º percentile come rappresentanza dei chirurghi che hanno effettuato procedure con impianto u 27 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Uroginecologia Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh di mesh per pOp con un volume di attività definito molto alto. Il cut-off per volume molto alto di attività è stato una mediana di 13 procedure (range 1114 interquartili) all’anno. Facendo questa nuova analisi è emerso che 2.447 su 5.448 (45%) pazienti sono state operate da chirurghi a “molto alto volume” di attività e 3.001 di 5.448 (55%) da chirurghi “a basso volume”. Con questa nuova revisione dei dati c’è stata una diminuzione statisticamente significativa del rischio di complicanze chirurgiche legate alla mesh per le pazienti operate da chirurghi a “molto alto volume” di attività. (Tabella; hazard ratio 0,59, 95% CI 0,40-0,86, p, .01). Ciò rappresenta una riduzione del rischio assoluto dell’1,85% (95% CI 0,81-2,87%). pertanto per evitare un intervento chirurgico aggiornamento scientifico per una complicanza legata alla mesh, 54 donne sarebbero dovute essere state operate da un chirurgo con “un volume molto alto” di attività invece che da un chirurgo con “un volume basso”. Sono emersi dall’analisi altri fattori associati al rischio di rimozione o revisione della mesh posizionata per via transvaginale indipendetemente dal volume di interventi chirurgici eseguiti annualmente dai chirurghi quali l’età, la concomitante isterectomia, la trasfusione di sangue e un numero maggiore di comorbidità. Il rischio di reintervento per complicanze è stato inferiore solo per le pazienti dei chirurghi a volume di attività molto alto [3,0% (145/3.001) rispetto al 4,8% (73/2.447), hazards ratio 0,59, 95% intervallo di confidenza 0,40-0,86]. Inoltre nell’analisi multivariata si è visto che la minore età, più un’isterectomia concomitante, una trasfusione di sangue, e delle maggiori comorbidità mediche sono state tutte associate con un maggior rischio di reintervento per una complicanza legata alla mesh. u Tabella Outcome (Revisione o rimozione di mesh vaginale o riparazione di fistola) dopo il posizionamento della mesh transvaginale per il trattamento del POP 28 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Uroginecologia Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh Un’ulteriore analisi dei dati che utilizza le stesse variabili, ma che definisce l’esperienza del chirurgo come una curva di apprendimento (primi 10 casi rispetto ai casi successivi) non ha dimostrato che vi era un aumento statisticamente significativo del rischio di reintervento per pazienti sottoposte a chirurgia da un chirurgo all’inizio della sua esperienza (hazard ratio 1,13, 95% CI 0,68-1,86, p5.65,). Nonostante ciò si è visto che la curva di apprendimento mostra una piccola ma continua diminuzione della probabilità di reintervento per complicanze legate alla mesh vaginale con l’aumentare delle procedure chirurgiche effettuate da uno stesso chirurgo. DISCUSSIONE Tra le donne che hanno subito l’impianto transvaginale di mesh esclusivamente per pOp, abbiamo trovato un tasso di incidenza cumulativa di complicanze associate alla mesh che richiedono un nuovo intervento, pari al 5,15% a 10 anni. le nuove raccomandazioni suggeriscono che i chirurghi dovrebbero fare esperienza e acquisire una formazione specialistica se desiderano eseguire tale tipo di chirurgia. Gli autori hanno indagato sulla veridicità di tali raccomandazioni, valutando la relazione tra il numero di pazienti operati per prolasso con mesh impiantata per via vaginale da un singolo chirurgo e le complicanze mesh correlate. Nella loro prima analisi (utilizzando il 75º percentile) il numero di procedure chirurgiche annuali tali da definire un chirurgo ad “alto volume” si è dimostrato basso. Al contrario utilizzando il 90º percentile (chirurghi a volume molto alto di attività che in genere eseguivano 14 o più procedure chirurgiche all’anno) si è evidenziato una riduzione del 41% del rischio di complicanze mesh-relate e che richiedevano un intervento chirur- gico nelle pazienti operate da chirurghi con tale tipo di esperienza. pertanto, probabilmente, la seconda analisi rispecchia in maniera più appropriata la definizione di chirurgo “ad alto volume di attività”. l’aumento delle comorbidità delle pazienti è stato associato a un’aumentata probabilità di un nuovo intervento per complicanze della mesh. Tale studio presenta dei limiti. le fonti dei dati di tale studio non hanno potuto identificare le complicanze specifiche che inducono alla rimozione o revisione della mesh. Inoltre in questo studio non è stato possibile considerare alcune caratteristiche delle pazienti, del tipo di mesh e di procedura chirurgica: ad esempio non è stato possibile valutare la parità, il fumo, il tipo di mesh, il distretto specifico su cui si è intervenuti nella procedura, la formazione specialistica specifica dei chirurghi, le eventuali infezioni delle ferite vaginali post-operatorie o la somministrazione di estrogeni perioperatoria . pertanto, tale studio probabilmente sottostima il vero tasso di complicanze della mesh, perché i pazienti asintomatici e quelli gestiti non chirurgicamente non sono inclusi. Ciò nonostante le implicazioni cliniche dello studio sono significative, in quanto le sue conclusioni affermano che 1 donna su 20 richiede un secondo intervento chirurgico per via transvaginale a causa di complicanze dovute alla mesh nei primi 10 anni di follow-up. le pazienti dei chirurghi a molto alto volume di attività hanno una riduzione del 41% di questo rischio. Tali risultati sottolineano la raccomandazione che le procedure chirurgiche con mesh transvaginali debbano essere eseguite da chirurghi con formazione chirurgica avanzata e con una sufficiente esperienza. Altri fattori clinicamente importanti associati a un secondo intervento chirurgico per una complicanza della mesh (giovane età, isterectomia concomitante, trasfusione di sangue, e una maggiore comorbidità dei pazienti) dovrebbero essere utilizzati per identificare le pazienti che con più probabilità beneficerebbero di uno stretto follow-up post operatorio. l 29 aggiornamento scientifico DICEMBRE 2016 Ultime novità in Uroginecologia Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh COMMENTO Professor Gaspare Cucinella Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello” | Università degli Studi di Palermo articolo in oggetto tratta di uno degli argomenti “più caldi” degli ultimi anni in ambito ginecologico, ossia i rischi correlati all’uso di mesh sintetiche in chirurgia vaginale per interventi ricostruttivi sui diversi difetti della statica pelvica. Negli anni novanta il rischio di recidiva in seguito a correzione vaginale per prolasso genitale femminile era stimato tra il 30 e il 50% 1, 2 e al fine di ridimensionare questi tassi di insuccesso, fu introdotto l’utilizzo delle protesi nel trattamento delle patologie della statica pelvica. Sebbene i vari trials randomizzati che confrontano l’utilizzo delle mesh con le tecniche ricostruttive vaginali classiche dimostravano soltanto migliori outcome anatomici, ma risultati sovrapponibili in termini di outcome funzionale 3, l’utilizzo delle mesh è stato esponenziale. Fino al 2008, anno in cui la FdA, ha pubblicato un alert (poi ribadito nel 2011), in cui sollevava numerosi dubbi sul reale vantaggio della chirurgia proteica rispetto alla ricostruttiva “tradizionale”, mettendo l’accento L’ soprattutto sul tasso rilevante di complicanze da mesh vaginale riportate e raccomandandone l’utilizzo per via addominale 4. da allora, abbiamo assistito in questi anni ad un vertiginoso incremento delle cause contro i chirurghi per tali complicanze e inevitabilmente alla contemporanea progressiva riduzione dell’uso delle mesh per via vaginale. di certo la questione è molto complessa e vari studi recenti hanno voluto analizzarla da diversi punti di vista, allo scopo di inquadrare nel nostro panorama chirurgico attuale “il posto” della chirurgia con mesh vaginale: chi deve farla, quando e come, al fine di ottenere un reale beneficio minimizzando i rischi. Kelly e collaboratori, attraverso uno studio retrospettivo su un campione particolarmente consistente (5.488 donne operate con impianto di mesh vaginale), hanno voluto fare il punto della situazione attuale in merito. Il dato emergente più rilevante e su cui viene posta maggiore attenzione è il ruolo del chirurgo ricostruttivo, riportando una riduzione del rischio del 41% delle complicanze da posizionamento di mesh per via transvaginale quando l’intervento viene effettuato da chirurghi esperti del settore (che effettuano più di 13 interventi l’anno). Sicuramente il ruolo del chirurgo ricostruttivo è centrale in questa discussione, sopratutto perchè sviluppa e attua varie strategie chirurgiche, alcune facilmente descrivibili (come il tipo di protesi utilizzata, il tipo di sutura, la sede delle suture, la possibilità o meno di eseguire una concomitante isterectomia), e altre squisitamente tecniche, difficili da quantificare (come l’ampiezza o la profondità della dissezione dei tessuti, la modalità e accuratezza nel controllo dell’emostasi, l’entità delle tensioni imposte agli organi). E probabilmente tali piccole strategie sono infine fondamentali nel definire il successo di un intervento. Questo articolo quindi, si inserisce in un filone di letteratura volto a riabilitare l’utilizzo 30 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 Ultime novità in Uroginecologia Note Surgeon Experience and Complications of Transvaginal Prolapse Mesh 1 Olsen, Ambre L., et al. “Epidemiology of surgically managed pelvic organ prolapse and urinary incontinence.” Obstetrics & Gynecology 89.4 (1997): 501-506. 2 Whiteside, James L., et al. “Risk factors for prolapse recurrence after vaginal repair.” American journal of obstetrics and gynecology 191.5 (2004): 1533-1538. 3 Maher, Christopher, et al. “Surgery for women with anterior compartment prolapse.” The Cochrane Library (2016). 4 U.S. Food and Drug Administration. FDA Safety Communication: UPDATE on Serious Complications Associated with Transvaginal Placement of Surgical Mesh for Pelvic Organ Prolapse. Available at: http://www.fda.gov 5 Barski, D., T. Otto, and H. Gerullis. “Systematic review and classification of complications after anterior, posterior, apical, and total vaginal mesh implantation for prolapse repair.” Surgical technology international 24 (2014): 217224. 6 Achtari, Chahin, et al. “Risk factors for mesh erosion after transvaginal surgery using polypropylene (Atrium) or composite polypropylene/polyglactin 910 (Vypro II) mesh.” International Urogynecology Journal 16.5 (2005): 389-394. vaginale delle mesh, a condizione che l’operatore sia un chirurgo esperto 5 6. Sebbene possa sembrare ovvio che una certa procedura venga eseguita solo da chirurghi con un’adeguata esperienza, sia in chirurgia vaginale come in quella addominale, ciò non sempre purtroppo si verifica. In generale, poiché non sempre il singolo chirurgo ha maturato negli anni un’adeguata preparazione nei diversi ambiti chirurgici, è preferibile che ciascuno si dedichi agli interventi, e quindi agli approcci chirurgici, che ha maggiormente approfondito. In tal senso, probabilmente, la soluzione migliore sarebbe quella di trattare le pazienti affette da disturbi legati alla statica pelvica in centri in cui siano presenti più figure con competenze chirurgiche diverse, in grado di offrire alla paziente un intervento personalizzato alle sue esigenze. l 31 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento scientifico Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision Charles E. Cox, Scott Russell, Vanessa Prowler et al. Ann Surg Oncol (2016) 23:3168–3174 A cura della Dottoressa Maria Vittoria Carbone OBIETTIVO Fino a oggi, sono state utilizzate diverse metodiche per guidare l’escissione chirurgica di lesioni non palpabili della mammella. la localizzazione preoperatoria della lesione mediante repere metallico è il metodo più comunemente utilizzato nella pratica clinica e ritenuto come lo standard di riferimento per i nuovi sistemi sperimentali. Il problema principale legato all’uso di tale tecnica è costituito dall’alto rischio di dislocamento, migrazione o di sezionare il filo metallico durante la chirurgia con conseguente perdita della localizzazione preoperatoria. Inoltre, la necessità di eseguire tale procedura nello stesso giorno dell’intervento chirurgico, complica la programmazione delle sale operatorie e di radiologia che richiedono di un coordinamento ottimale. dal punto di vista delle pazienti, si registra spesso insoddisfazione dovuta ai lunghi tempi di attesa tra il posizionamento del repere e il trattamento chirurgico, disconfort dovuto al filo metallico che protrude dal piano cutaneo e rischio aumentato di sincope vaso-vagale anche legato al prolungato digiuno preoperatorio. Un metodo in grado di ovviare a queste problematiche è rappresentato dall’uso di ‘semi’ radioattivi. È un metodo sicuro, facile da eseguire, con bassa percentuale di margini positivi all’esame istologico dopo escissione chirurgica, altrettanto bassa frequenza di reinterventi e soprattutto maggiore soddisfazione della paziente. Inoltre, i ‘semi’ radioattivi possono essere apposti anche qualche giorno prima dell’intervento chirurgico. Studi prospettici hanno dimostrato infatti, una bassa percentuale di migrazione del repere, un miglioramento nella programmazione dei tempi radiologici e chirurgici con un incremento del 34% nell’utilizzo degli slot disponibili per le procedure bioptiche, un risparmio del 50% del tempo necessario alla programmazione ed una riduzione del tempo di attesa da parte delle pazienti di 4.1 giorni. Il principale svantaggio di questa metodica è legato all’uso di materiale radioattivo che richiede procedure di sicurezza aggiuntive come le licenze, la formazione del personale, il monitoraggio, la tenuta di registri, e altre normative. Una via alternativa per la localizzazione intraoperatoria delle lesioni non palpabili è rappresentata dall’ecografia intraoperatoria. Tale metodica ha mostrato, soprattutto nei casi in cui l’ecografia seguiva il posizionamento di reperi al momento della biopsia diagnostica, u 32 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision risultati sostanziamente sovrapponibili all’uso dell’ago in termini di margini positivi e volume del pezzo operatorio asportato. Questo studio multicentrico ha lo scopo di testare il SAVI SCOUT (Cianna Medical, Inc.), un sistema non radioattivo per la localizzazione delle lesioni non palpabili della mammella. MATERIALI E METODI lo SCOUT utilizza una tecnologia radar a microimpulsi, emessi e riflessi per localizzare gli oggetti. Il sistema è composto da una componente impiantabile che funge da riflettore, un manipolo e una console. Il sistema riflettente, delle dimensioni di circa 1.2 cm, viene posizionato mediante ago da aggiornamento scientifico 16 Gauge sotto guida radiologica in corrispondenza della lesione target. Il manipolo emette impulsi di luce infrarossa e radar nel tessuto mammario e riceve indietro un segnale radar dall’impianto riflettente in modo da ottenere la direzione e la prossimità alla lesione in tempo reale. la console processa il segnale ricevuto e lo trasforma in uno sonoro e visivo con intensità differente in termini di frequenza del suono e numerica a seconda della distanza del rilevatore del segnale dall’impianto riflettente. Tale tecnologia ha già ricevuto l’approvazione d’uso da parte della FdA ad agosto 2014 e la sua sicurezza è stata valutata mediante uno studio multicentrico pilota eseguito su 50 pazienti e di cui questo rappresenta l’estensione. le pazienti sono state arruolate da marzo a novembre 2015 in 11 centri aderenti allo studio. le pazienti con diagnosi di lesione non palpabile della mammella in attesa di biopsia escissionale o intervento conservativo sono state arruolate considerando i diversi criteri di eleggibilità (vedi Tabella 1). u Tabella 1 Criteri di eleggibilità 33 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision ficie cutanea (range 0,2-8 cm) e ad una distanza media dalla lesione target di 2,8 mm (range 0-25mm). l’intervallo di tempo intercorso dal posizionamento del dispositivo all’intervento chirurgico è stato di 7 giorni. la rilevazione transcutanea post-procedura è avvenuta in 147 casi su 153. In 4 casi è stato utilizzato un altro metodo di rilevazione della lesione target prima dell’intervento chirurgico, in altri 2 casi il marker non era visibile ecograficamente. la rilevazione prima dell’incisione al momento della chirurgia è avvenuta in 150 casi su 153, in tutti i casi c’è stata l’asportazione del dispositivo integro (vedi Tabella 2). aggiornamento scientifico Il posizionamento del sistema riflettente, che prevede l’uso di aghi precaricati, è stato eseguito fino a circa 7 giorni prima della programmazione dell’intervento chirurgico e il corretto posizionamento valutato mediante esame radiologico e sistema di rilevazione. Al momento dell’intervento chirurgico è stata utilizzata la sonda in grado di rilevare il segnale radar emesso dal sistema riflettente inviandoTabella 2 Localizzazione del sistema riflettente lo a una console che emette un segnale visivo e sonoro. dopo l’asportazione è stato eseguito il controllo radiologico sul pezzo operatorio per identificare la presenza del dispositivo. l’endopoint primario dello studio è rappresentato dalla percentuale di posizionamento corretto, localizzazione e recupero del sistema riflettente. Gli endpoint secondari includono la percentuale di casi con margini delle pazienti arruolate, 101 sono state sotnegativi per malattia, la percentuale di rein- toposte a quadrantectomia, 52 a biopsia escisterventi, l’esperienza del medico all’uso di tale sionale. sistema (comparato con la localizzazione con Tra i casi con diagnosi preoperatoria di carago), la soddisfazione della paziente. cinoma (totale 101), in 86 casi i margini di resezione risultavano negativi per malattia RISULTATI (85%), in 15 casi (14.9%) close e in 15 casi Sono state arruolate 154 pazienti e in un solo (14,9%) infiltrati. caso si è verificato un mal posizionamento di queste pazienti, il 16,8% ha subito reindel dispositivo ad una distanza di 2,5 cm dalla tervento per margini positivi o close. lesione target che ha richiesto poi la localiz- Nei casi di biopsia escissionale solo 10 su 52 zazione successiva mediante ago. sono risultati positivi per neoplasia, 7 dei quali I sistemi riflettenti sono stati posizionati ad con margini positivi o close e 5 reinterventi una profondità media di 2.6 cm dalla super- (vedi Tabella 3). u 34 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision È stata effettuata una valutazione del grado di soddisfazione sia delle pazienti che dei chirurghi. la soddisfazione è stata ottima nel 71% dei casi, solo 3 pazienti hanno dichiarato di essere state insoddisfatte della procedura e il 97% ha raccomandato la procedura ad altre pazienti. aggiornamento scientifico Molte pazienti hanno lavorato lo stesso giorno della procedura. Ai chirurghi è stato chiesto un confronto con la procedura standard dando un punteggio da 1 a 5 secondo la scala likert (<3 peggiore della localizzazione con ago, =3 sovrapponibile, >3 migliore); la media di punteggio è stata 4.4 per la facilità di localizzazione e 4.3 per la facilità di rimozione. Inoltre è stato rilevato un maggior confort e minore ansia per le pazienti rispetto ad altre metodiche con minori tempi di attesa e migliore programmazione delle procedure chirurgiche. u Tabella 3 Anatomia patologica Tabella 4 35 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision CONCLUSIONE Il sistema SCOUT si è dimostrato sicuro e di facile utilizzo con alta percentuale di successo della procedura escissionale e bassa percentuale di reinterventi. I chirurghi hanno riscontrato una maggiore facilità di reperimento e rimozione del sistema riflettente rispetto al metodo del filo metallico con minore impatto sulla programmazione sia radiologica che di sala operatoria. la percentuale di riescissione si è dimostrata paragonabile al metodo dei semi radioattivi o con guida ecografica intraoperatoria, e superiore rispetto alla guida con filo metallico che ha mostrato tassi anche del 60%. l’esperienza nell’uso del sistema SAVI SCOUT ha permesso di evidenziare la necessità di eseguire movimenti lenti della sonda per la ricerca del dispositivo. Inoltre, la profondità della lesione potrebbe creare problemi nella rilevazione, in questo studio però non era previsto un limite di distanza tra i criteri di esclusione a differenza dello studio pilota e sono state localizzate lesioni anche a 8 cm di profondità. Infine nei casi di non rilievo del segnale è stata notata un’interferenza della strumentazione con le luci alogene in sala operatoria, mentre è nota la non interferenza con altri metodi di illuminazione come i lEd presenti nella maggior parte delle sale operatorie moderne. Altro limite riscontrato è stata la disattivazione del segnale dopo cauterizzazione in sede intraoperatoria a ridosso del pezzo operatorio, senza condizionare il successo dell’intervento (vedi Tabella 4). Non si sono verificati eventi avversi, né sposizionamento del device. Nonostante tali limiti il sistema SCOUT si è dimostrato una valida alternativa ai metodi attualmente in commercio per la localizzazione delle lesioni non palpabili della mammella ed in futuro da poter utilizzare anche in presenza di lesioni multiple o per l’identificazione del linfonodo sentinella. È un metodo sicuro ed efficace che non utilizza materiale radioattivo. Inoltre non va sottovalutato il miglioramento della pianificazione degli interventi, delle procedure radiologiche e dei tempi di attesa. l 36 aggiornamento scientifico DICEMBRE 2016 Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision COMMENTO Professor Riccardo Masetti Professore Ordinario di Chirurgia Generale | Direttore Centro Interdipartimentale di Senologia | Fondazione Policlinico Gemelli | Università Cattolica del Sacro Cuore | Roma l continuo perfezionamento delle tecnologie di diagnosi delle patologie mammarie ha determinato un parallelo incremento nella percentuale di lesioni diagnosticate in fase pre-clinica, quando cioè le lesioni non sono ancora rilevabili alla palpazione. per un trattamento chirurgico ottimizzato di queste lesioni “non palpabili” l’operatore deve disporre di un qualche sistema di localizzazione e di guida nella escissione. Il sistema di gran lunga più utilizzato è quello dei reperi metallici (fili guida) che condizionano però l’accesso chirurgico e presentano problematiche di possibile sposizionamento e/o sezione del repere oltreché di discomfort per la paziente. per ovviare a questi inconvenienti sono stati proposti e utilizzati altri sistemi guida, tra cui ad esempio l’iniezione perilesionale di sostanze radioattive (ROll– radiguided occult lesion localization) o l’impiego dell’ecografia intraoperatoria. In questo articolo vengono presentati i risultati di uno studio multicentrico di valutazione preliminare di un nuovo sistema di I localizzazione e guida all’escissione chirurgica di lesioni mammarie non palpabili, denominato SAVI SCOUT che utilizza una tecnologia non radioattiva a micro-impulsi radar (MIR). la metodica SCOUT prevede l’impianto con un apposito ago 16-gauge di un reflettore di 12 mm nella lesione da escidere. Utilizzando poi un’apposita sonda guida manuale, che emette impulsi di luce infrarossa e radar nel tessuto mammario e riceve indietro segnali radar dal reflettore (visibili su una console e udibili con intensità diversa), si può avere una guida efficace per la escissione chirurgica della lesione stessa. per validare i favorevoli risultati preliminari emersi in un iniziale studio pilota su 50 pazienti, è stato predisposto questo studio multicentrico, condotto in 11 istituzioni universitarie o ospedaliere negli Stati Uniti con major end-points quelli di valutare le percentuali di corretto posizionamento, identificazione ed escissione dei reflettori. da marzo a novembre 2015 sono stati reclutati nello studio 154 pazienti per le quali era stata programmata una biopsia escissionale o un intervento di chirurgia conservativa per lesione non palpabile, benigna o maligna della mammella. I risultati dello studio indicano un’alta percentuale di corretto posizionamento del reflettore (153 su 154 casi, 99.4%), sotto guida radiografica (65 casi) o più spesso ecografica (89 casi). delle 153 pazienti nelle quali il posizionamento del reflettore è stato efficace, 52 hanno poi ricevuto una biopsia escissionale della lesione e 101 un intervento chirurgico di tumorectomia. la identificazione del reflettore dalla cute è stata agevole in 147 casi, mentre ha richiesto il posizionamento di un filo guida in 6 casi. 37 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 Ultime novità in Senologia A Prospective, Single Arm, Multi-site, Clinical Evaluation of a Nonradioactive Surgical Guidance Technology for the Location of Nonpalpable Breast Lesions during Excision la escissione è stata completata con successo in tutti i casi. Nella valutazione dei 16 chirurghi che hanno partecipato allo studio, la metodica SCOUT ha reso più semplice l’accesso chirurgico, la corretta localizzazione e la escissione della lesione. Il 71% delle pazienti intervistate ha espresso alta soddisfazione per la metodica. Gli autori quindi concludono che la metodica SCOUT è una opzione sicura ed efficace per la localizzazione e il trattamento delle lesioni non palpabili. la mia valutazione critica dei risultati è leggermente diversa. pur apprezzando di questa metodica il fatto che non utilizzi sostanze radioattive e che il reflettore possa essere mantenuto in sede con sicurezza e senza rischio di sposizionamento per un tempo maggiore delle metodiche concorrenziali (fino a 7 giorni in questo studio) riscontro però alcuni dati non perfettamente in linea con le conclusioni molto positive degli Autori: • ventidue delle 109 pazienti (20.1%) con patologia neoplastica hanno dovuto subire un secondo intervento per l’ampliamento di margini di resezione che erano risultati interessati dal tumore o inferiori ad 1 mm. Si tratta di una percentuale piuttosto alta d’insuccesso per una metodica ideata per assicurare una escissione più precisa; • questo dato diventa ancora più significativo (in negativo) se si considerano i volumi medi piuttosto ampi di tessuto rimosso, 41.2 cm3 e 135.1 cm3 rispettivamente per le biopsie escissionali e le tumorectomie, a fronte di lesioni piccole (diametri medi rispettivamente di 1.1 e 1.7). Volumi che non sembrano indicare una particolare ca- pacità della metodica SCOUT a favorire escissioni calibrate e che sollevano forti perplessità sulle possibilità di garantire risultati estetici ottimizzati (a cui non si fa in alcun modo riferimento nel lavoro). Infine, non vi è alcun accenno nel lavoro ai costi di questa nuova tecnologia, che devono invece essere attentamente considerati per poter esprimere in modo più completo un giudizio comparativo con altre metodiche. l 38 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento scientifico Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis F. Cosman, D. B. Crittenden, J. D. Adachi et Al. The New England Journal of Medicine 2016 A cura della Dottoressa Giorgia Di Noi l Romosozumab è un anticorpo monoclonale che lega la sclerostina. Il razionale di questo studio consiste nel legare e inibire la sclerostina, in quanto regolatore negativo della formazione dell’osso secreto dagli osteociti. Tale proteina, secreta dagli osteociti 1, inibisce il pathway di segnale del sistema Wnt che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella funzione delle cellule osteoblastiche 2. l’effetto sarebbe duplice: aumentare la formazione dell’osso e diminuirne il riassorbimento. I OBIETTIVO l’obiettivo principale proposto dallo studio è stato quello di valutare l’incidenza di nuove fratture a 12 mesi e 24 mesi in donne in postmenopausa affette da osteoporosi. l’end-point secondario consisteva nell’individuare incidenza globale di fratture cliniche (un insieme di fratture non-vertebrali e fratture vertebrali sintomatiche), fratture non vertebrali, fratture dell’anca, fratture osteoporotiche maggiori, multiple fratture vertebrali peggiorate o di nuova diagnosi a 12 mesi e 24 mesi. MATERIALI E METODI Il FRAME (The Fracture Study in postmenopausal Women with Osteoporosis) è uno studio internazionale randomizzato (1:1), doppio-cieco, controllato con placebo. Il Romosozumab alla dose di 210 mg o il placebo sono stati somministrati per via sottocutanea una volta al mese per 12 mesi, seguiti dalla somministrazione open-label di denosumab alla dose di 60 mg (prolia, Amgen) per via sottocutanea ogni 6 mesi per altri 12 mesi. Tutte le pazienti hanno ricevuto giornalmente calcio (da 500 a 1000 mg) e vitamina d3 o d2 (da 600 a 800UI). Sono state arruolate a partecipare donne in post-menopausa, tra i 55 e i 90 anni di età (età media al termine dello studio 70,9 anni), con un T-score da -2,5 a -3,5 a livello dell’anca o del collo del femore. Sono state escluse donne con storia di frattura dell’anca, con qualunque frattura severa o più di due fratture vertebrali moderate, storia di patologie che riguardano il metabolismo osseo, pregressa osteonecrosi della mandibola, valore della 25-idrossivitaina d < 20ng/ml, attuale ipocalcemia o ipercalcemia, recente uso di farmaci che influenzano il metabolismo osseo. Nel corso di ciascuna visita di controllo prevista sono state effettuate radiografie della colonna vertebrale in proiezione laterale. Il ri- u 39 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis scontro di fratture in vertebre precedentemente normali o il peggioramento di fratture preesistenti di almeno un grado è stato considerato come diagnosi di frattura. Sono state escluse le fratture riscontrate a seguito di traumi severi. RISULTATI Sono state randomizzate un totale di 7.180 pazienti, di cui 6.390 pazienti (89,0%) hanno completato 12 mesi di studio e 6.026 (83,9%) hanno completato i 24 mesi. le regioni geografiche con il maggior numero di pazienti arruolati sono state l’America latina e l’Europa centro-orientale. Il gruppo trattato con Romosozumab è stato associato a un rischio di nuova frattura vertebrale del 73% inferiore rispetto al gruppo placebo a 12 mesi ( rispettivamente 0,5%, ovvero 16 su 3.321 pazienti vs. 1,8%, ovvero 59 su 3.322 pazienti; p<0,001). Il gruppo trattato con Romosozumab è stato anche associato a un rischio di frattura clinica del 36% più basso rispetto al gruppo placebo a 12 mesi, di cui la maggior parte (<85%) consisteva in fratture non-vertebrali; le fratture si sono verificate in 58 su 3.589 pazienti (1,6%) nel primo gruppo vs. 90 su 3.591 (2,5%) del secondo gruppo; 95% CI, p=0,008). In un’analisi post-hoc è stata mostrata la differenza per area d’incidenza di nuove fratture, fratture cliniche e non-vertebrali. In particolare il dato inerente l’America latina, in cui l’incidenza di fratture non-vertebrali è risultata dell’1,5% nel gruppo trattato con Romosozumab rispetto all’1,2% del gruppo placebo e il rischio di fratture osteoporotiche maggiori è risultato dell’8,7% in America latina contro il 17,0% nel resto delle aree considerate. aggiornamento scientifico Nei successivi 12 mesi dello studio tutti i pazienti hanno eseguito terapia con denosumab. l’incidenza globale di nuove fratture in 24 mesi è stata minore nel gruppo che ha ricevuto romosozumab (0,6%) rispetto al gruppo che ha ricevuto il placebo (2,5%), con un rischio minore del 75% nel primo gruppo. d’altra parte non c’è stata una differenza significativa nel rischio di frattura non vertebrale a 24 mesi nei due gruppi (rispettivamente del 2,7% contro il 3,6%). Inoltre è stato dimostrato che la densità minerale dell’osso aumenta nel gruppo trattato con romosozumab e continua a crescere anche durante il trattamento con denosumab. per quanto concerne i markers di turnover osseo, si è visto che i livelli di p1Np, marker di formazione ossea, incrementano rapidamente nel gruppo del romosozumab e tornano al livello basale dai 9 mesi. Al contrario, i livelli del marker di riassorbimento osseo, il b-CTX, diminuiscono precocemente e rimango al di sotto dei livelli mantenuti nel gruppo placebo fino a 12 mesi. Gli eventi avversi, come l’incidenza di osteoartriti, cancro, eventi cardiovascolari seri, iperostosi, ipersensibilità, sono risultati bilanciati nei due gruppi. Solo 7 eventi potenzialmente indicativi di ipersensibilità si sono verificati nel gruppo del romosozumab. Nello stesso gruppo si sono verificati due casi di osteonecrosi della mandibola, di cui in un paziente è avvenuto a seguito di un’estrazione dentaria con conseguente osteomielite e nel secondo in un contesto di dentatura patologica. CONCLUSIONE l’effetto del romosozumab sul rischio di nuove fratture vertebrali è stato dimostrato essere rapido. Considerando che le fratture vertebrali e le fratture cliniche sono associate a un’aumentata morbidità e a costi sanitari considerevoli, un trattamento che riduca questo rischio rapidamente potrebbe offrire un importante beneficio. Inoltre, i risultati riguardanti i markers di turnover osseo hanno con- u 40 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis fermato il duplice effetto del romosozumab nell’aumentare la formazione ossea e diminuire il riassorbimento osseo tramite l’inibizione della sclerostina; questo si traduce in un largo incremento nella densità minerale ossea a livello dell’anca e della colonna, clinicamente rilevabile già a 6 mesi. Gli eventi avversi sono risultati bilanciati nei due gruppi ed eventuali eventi avversi seri si sono rivelati non comuni. Gli unici casi di osteonecrosi della mandibola e di frattura di femore atipica sono stati osservati in pazienti con fattori confondenti. In conclusione, un anno di trattamento con romosozumab seguito da denosumab può condurre a un sostanziale guadagno di densità minerale ossea sulla colonna vertebrale e sulle anche, che comporterebbe una riduzione del rischio di frattura in donne osteoporotiche in post-menopausa. l Bibliografia 1 Poole KE, van Bezooijen RL, Loveridge N, et al. Sclerostin is a delayed secreted product of osteocytes that inhibits bone formation. FASEB J 2005;19:1842-4. 2 Li X, Zhang Y, Kang H, et al. Sclerostin binds to LRP5/6 and antagonizes canonical Wnt signaling. J Biol Chem 2005; 280:19883-7. 41 aggiornamento scientifico DICEMBRE 2016 Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis COMMENTO Dottor Stefano Lello Polo Scienze Salute della Donna e del Bambino | Fondazione Policlinico Gemelli | Università Cattolica del Sacro Cuore | Roma o studio di Cosman et al. sull’uso di Romosozumab in donne in postmenopausa offre una serie di spunti dal punto di vista fisiopatologico, farmacologico e clinico. dal punto di vista fisiopatologico, negli ultimi anni sono stati approfonditi alcuni aspetti di biologia degli osteoblasti e degli osteociti dopo che, per lungo periodo, l’attenzione era stata focalizzata prevalentemente sugli osteoclasti quali responsabili dell’eccessivo riassorbimento osseo che porta alla osteopenia e all’osteoporosi. In effetti, nell’ambito della scoperta del ruolo della via canonica delle Wnt (glicoproteine che regolano la trasduzione di segnali dall’esterno all’interno della cellula)/beta-catenina, come pathway di regolazione della produzione, dell’attività e della sopravvivenza degli osteoblasti attraverso il legame, a livello di membrana, con il Frizzled receptor e con la lipoprotein-Related protein-5 (lRp5) o la lipoprotein-Related protein 6 (lRp6), si è scoperto anche l’agente che modula negativamente questo meccanismo che sostiene l’attività osteobla- L stica, agente che è rappresentato dalla sclerostina (scl). da qui l’idea di produrre anticorpi anti-scl, al fine di aumentare il numero e la funzione degli osteoblasti, con conseguente aumento della massa ossea e riduzione del riassorbimento osseo nell’ambito del ciclo di rimodellamento scheletrico. È su questa base concettuale che si inserisce il lavoro di Cosman et al, che hanno utilizzato un anticorpo monoclonale anti-scl, il Romosozumab, in donne in postmenopausa (età media circa 71 anni) con osteoporosi (Tscore da –2.5 a –3.5 a livello dl femore totale e/o del collo del femore). Romosozumab è stato somministrato per via sottocutanea alla dose di 210 mg/mese nel gruppo di trattamento attivo, e confrontato con un gruppo placebo per 12 mesi (fase in doppio cieco); successivamente, tutte le pazienti hanno ricevuto denosumab (dmab, un anticorpo monoclonale con attività anti RANKl, il mediatore della attivazione, della funzione e della sopravvivenza degli osteoclasti, che quindi riduce il riassorbimento dell’osso) alla dose di 60 mg sottocute ogni 6 mesi per ulteriori 12 mesi (fase in aperto). Gli end-points primari dello studio erano l’incidenza di fratture vertebrali a 12 e a 24 mesi. Gli endpoints secondari comprendevano le incidenze di fratture cliniche (non vertebrali e sintomatiche vertebrali) e le non vertebrali. dopo 12 mesi, c’è stata una riduzione significativa (p<0.001; riduzione del 73% del rischio relativo) delle fratture vertebrali nel gruppo trattato con romosozumab rispetto al placebo; anche le fratture cliniche sono state ridotte significativamente nel gruppo romosozumab (p<0.008; –36% del rischio relativo vs placebo). le fratture non vertebrali non sono state ridotte rispetto al gruppo placebo, mostrando soltanto un trend verso la diminuzione non significativo (p=0.10). dopo 24 mesi,in seguito al passaggio di tutte le pazienti al trattamento con dmab per altri 12 mesi, le fratture vertebrali risultavano ancora significativamente ridotte nel gruppo 42 aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com u DICEMBRE 2016 Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis trattato con romosozuab vs. placebo (p < 0.001). Quindi, si aveva una riduzione significativa del rischio relativo di fratture vertebrali dopo 12 mesi di trattamento con romosozumab; tale riduzione restava significativa dopo 12 mesi di trattamento con dmab nel gruppo pre-trattato con 12 mesi di romosozumab vs placebo. Questo studio rientra in un approccio concettualmente indicato, nell’ambito della gestione dell’osteoporosi, come “terapia sequenziale”, secondo cui alternando un trattamento di tipo anabolico con uno antiriassorbitivo (o viceversa), si possono ottimizzare gli effetti sull’osso in termini di mantenimento e/o guadagno di densità minerale ossea e/o riduzione del rischio di frattura. In tal senso, si hanno vari esempi riportati in letteratura. Uno studio di lindsay 1 ha valutato l’impatto, in termini di variazioni di BMd, della aggiunta del paratormone ad una terapia ormonale sostitutiva in donne in postmenopausa con osteoporosi. Il gruppo trattato con TOS + pTH presentava un aumento della BMd maggiore rispetto alla sola TOS; inoltre, nel gruppo sottoposto al doppio trattamento si aveva una riduzione del rischio di frattura vertebrale statisticamente significativo in periodo di osservazione di 3 anni. Quindi, l’aggiunta di un terapia anabolica (pTH) ad un trattamento antiriassorbitivo (TOS), dimostrava un effetto sinergico sulla BMd con riduzione del rischio di frattura. Tale dato è importante dal punto di vista clinico, in quanto in grado di mostrare effetti significativi sull’end-point principale di qualsiasi terapia per l’osteoporosi, cioè il rischio di frattura, ma anche su un end-point secondario misurabile, cioè la BMd. Altri aggiornamento scientifico COMMENTO www.obegyn.com dati di effetto sinergico sono stati nel tempo riportati con TOS + Alendronato rispetto a TOS da sola 2. In altri studi sono stati riportati aumenti della BMd femorale maggiori con TpTd + raloxifene (un modulatore selettivo, un SERM, il cui principale meccanismo di azione a livello del’osso è di tipo riassorbitivo) rispetto a TpTd da solo 3. lo studio di Cosman è, in tal senso, un’evoluzione del trattamento della osteoporosi, con ulteriori combinazioni terapeutiche per meglio personalizzare le strategie antifratturative. Soprattutto, questo studio coniuga due dei trattamenti più recenti nel campo dell’osteoporosi, il romosozumab e il denosumab, mostrando un effetto sinergico, ancora secondo il concetto della “terapia sequenziale”. l Bibliografia 1 Lindsay R, et al.Randomised controlled study of effect of parathyroid hormone on vertebral-bone mass and fracture incidence among postmenopausal women on oestrogen with osteoporosis. Lancet, 350: 550-555, 1997. 2 Lindsay R, et al. Addition of Alendronate to Ongoing Hormone Replacement Therapy in the Treatment of Osteoporosis: A Randomized, Controlled Clinical Trial. J Clin Endocrinol Metab 84: 3076–3081, 1999. 3 Deal C, Omizo M, Schwartz EN, Eriksen EF, Cantor P, Wang J et al. Combination teriparatide and raloxifene therapy for postmenopausal osteoporosis: results from a 6-month double-blind placebo-controlled trial. J Bone Miner Res 2005;20:1905–1911 43 DICEMBRE 2016 www.obegyn.com aggiornamento giuridico Responsabilità medica da danno alla persona, genitori risarciti per la perdita del figlio in relazione alla sua età al momento della morte A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone Studio Legale Meliadò a Suprema Corte di Cassazione ha negli ultimi anni mutato orientamento in materia di risarcimento del danno alla persona; sono due pertanto i principi che il Giudice deve prendere in considerazione nella quantificazione e successiva liquidazione del danno: l’evento che ha cagionato un danno è unico con riflessi sia patrimoniali sia non patrimoniali; il quantum stabilito dal Giudice deve risarcire integralmente il soggetto danneggiato, senza arricchirlo. Nel caso di specie, i genitori di un minore, deceduto all’età di undici anni, ricorrevano in giudizio per ottenere l’accertamento della responsabilità professionale del ginecologo sia per motivi riconducibili alla conduzione del parto, che alla successiva fase di assistenza, responsabilità accertata dai giudici di merito in entrambi i gradi del processo. Tuttavia, in secondo grado la parte soccombente veniva condannata a risarcire il danno in una somma quantificata in maniera minore in considerazione L della breve durata di vita del bambino. Avverso tale riduzione del risarcimento, ricorrevano in Cassazione i genitori sia iure proprio che iure successionis, rilevando che il risarcimento del danno ingiusto non fosse in alcun modo influenzato dalla durata della vita del danneggiato. la terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza numero 19864 del 22 settembre 2014, ha ricordato che “…nel liquidare il risarcimento del danno da responsabilità medica dovuta a una cattiva gestione del parto e della successiva assistenza, è possibile operare una riduzione del danno non patrimoniale in considerazione della vita reale del bambino. Tale riduzione non costituisce una personalizzazione del danno ma un semplice dato obiettivo “che influisce sul quantum, mentre altri aspetti di questa vita menomata possono venire in considerazione se dedotti e provati, e non solo per la vittima primaria ma come danno parentale”. 44 u DICEMBRE 2016 www.obegyn.com Responsabilità medica da danno alla persona, genitori risarciti per la perdita del figlio in relazione alla sua età al momento della morte pertanto, secondo la Suprema Corte di Cassazione non si è configurata una restrizione del principio della personalizzazione del danno nel momento in cui si è tenuto conto della breve durata di vita del bambino e infatti, nel motivare la decisione, la Corte esplicitamente si è ispirata ad una precedente pronuncia (la sentenza n. 26973 dell’11 novembre 2008), richiamando il relativo principio di diritto, e cioè che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, e la persona è l’essere vivente che viene leso, anche mortalmente, e che il risarcimento equo del danno ingiusto non deve eccedere il danno reale. Quindi, il soggetto danneggiato (il bambino) ha subito un danno risarcibile, limitatamente alla durata della sua vita terrena, poiché a seguito della sua morte i soggetti danneggiati restano i familiari e chi provi di aver subito un danno ingiusto, ovvero, un danno diverso da quello sofferto dal danneggiato principale, stimato e liquidato diversamente. Il risarcimento del danno non patrimoniale, subito dal bambino e spettante ai genitori iure successionis, deve essere ridimensionato in considerazione della durata di vita del bambino, lasso temporale dell’effettivo pregiudizio subito dal danneggiato. l aggiornamento giuridico ‘‘ 45 Nel liquidare il risarcimento del danno da responsabilità medica dovuta a una cattiva gestione del parto e della successiva assistenza, è possibile operare una riduzione del danno non patrimoniale in considerazione della vita reale del bambino. Tale riduzione non costituisce una personalizzazione del danno ma un semplice dato obiettivo “che influisce sul quantum, mentre altri aspetti di questa vita menomata possono venire in considerazione se dedotti e provati, e non solo per la vittima primaria ma come danno parentale”. ’’ DICEMBRE 2016 2017 www.obegyn.com eventi Le attività didattiche del primo semestre dell’anno Save the date gennaio > giugno DATA gennaio 12>13 19>20 24-25 26-27 CORSO Medical expert training in tecnologie in Urologia: dalla diagnosi al trattamento percorso su Chirurgia colonrettale - II modulo Corso di Chirurgia tiroidea Master Uroginecologia febbraio 2>3 6>8 8 14>15 15>17 20>22 20>22 27 Master Uroginecologia Master Ostetricia Women’s Health: pelvic Floor Reconstruction and Female Incontinence Surgery Advanced Corso di Chirurgia bariatrica Master Uroginecologia Met in advanced laparoscopic surgery in Gynecology Master Ostetricia Corso Isteroscopia marzo 2>3 2>3 2>3 6>8 10 13>14 14>15 17 20>21 20>22 22 29>30 Master Uroginecologia Corso professor Ratto Medical expert training in tecnologie in Urologia: dalla diagnosi al trattamento Master Ostetricia Corso fertility focus / chirurgia tubarica laparascopia operativa in Ginecologia (livello avanzato) Corso di Chirurgia tiroidea Master Uroginecologia Master Ostetricia Met in advanced laparoscopic surgery in Gynecology Women’s Health: pelvic Floor Reconstruction and Female Incontinence Surgery Advanced Master Uroginecologia aprile 3>5 Master Ostetricia u 46 DICEMBRE 2016 gennaio > giugno Le attività didattiche del primo semestre dell’anno Save the date Women’s Health: pelvic Floor Reconstruction and Female Incontinence Surgery Advanced Master Ostetricia Accademia MITO 5 26>28 28 maggio 8>10 Master Ostetricia Tecniche in Chirurgia laparoscopica ginecologica Corso di Resettoscopia Master Ostetricia 10>11 17>19 22>24 giugno 6>7 Master Ostetricia Master Ostetricia Women’s Health: pelvic Floor Reconstruction and Female Incontinence Surgery Advanced Met in advanced laparoscopic surgery in Gynecology 13>15 14 19>21 CalenDario 2017 CorSi Di eCografia in gineCologia 21>24 febbraio Corso intensivo di ecografia in ginecologia 14>17 marzo Corso intensivo di ecografia in ginecologia 2>5 Corso intensivo di ecografia in ginecologia maggio 25>26 maggio live scanning in ginecologia 14>15 giugno live scanning in ginecologia oncologica 4>7 Corso intensivo di ecografia in ginecologia luglio 13>14 luglio accreditamento ioTa 26>29 settembre Corso intensivo di ecografia in ginecologia 12>13 ottobre live scanning in ginecologia 9>10 live scanning in ginecologia oncologica novembre 12>15 dicembre Corso intensivo di ecografia in ginecologia Segreteria Organizzativa tel. (+39) 06.30156014 | e-mail [email protected] [email protected] 47 eventi 2017 www.obegyn.com DICEMBRE 2016 www.obegyn.com 48 BacHeca Periodico online di aggiornamento scientifico A cura degli Specializzandi della Scuola di Ginecologia e Ostetricia | Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli | Roma eventi DIRETTORE RESPONSABILE Francesca Ciccarone REDAZIONE dedicato a Voi! Se desiderate far conoscere CONVEGN I ed EVENT I da voi organ izzati, scrive te a: redazione @ ob e g yn.com Saranno pub blicati nel prossimo numero dell a Silvia Buongiorno Cristina Di Cesare Simona Fragomeni Luigi Pedone Luigi Turco Lorenzo Vacca [email protected] RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE SEGRETERIA DI REDAZIONE Giulia Romano [email protected] PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Fabrizio Munari RESPONSABILE MARKETING Vincenzo Cannone rivista! 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