Le regole del gioco: concorrenza e sviluppo nel settore ICT
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Le regole del gioco: concorrenza e sviluppo nel settore ICT
FORUM Le regole del gioco: concorrenza e sviluppo nel settore ICT Forum del CNEL in collaborazione con il Ministero delle Comunicazioni Reggio Calabria, 12 Novembre 2003 Relazione di Paolo Pirani Le nuove tecnologie stanno modificando in modo fondamentale il mercato del lavoro e la società nel suo insieme. Una nuova divisione sociale si sta affermando nel mondo: il divario digitale, cioè una disparità determinata dalla possibilità o meno di accedere, adesso e in modo appropriato, alle tecnologie e alle risorse dell'informazione e della comunicazione (ICT), in particolare a Internet. La digitalizzazione dell'economia e della società, differenzia e allontana tra loro individui, famiglie, strati sociali, gruppi etnici e linguistici, classi di età, fasce di reddito, livelli di educazione, paesi ricchi e paesi poveri. La non linearità del processo, ha creato anche un vistoso iato tra le possibilità tecnologiche e l'ancora carente capacità umana di farne il miglior uso. La frattura è quindi tra quelli che possono accedere alle nuove tecnologie e che sono in grado di farlo, tra coloro che possono accedere ma non sono in grado di farlo e tra i soggetti che non possono accedere e non sono in grado di farlo. Il paradosso è che in un'era di globalizzazione, quale la nostra, sembra talvolta che solo il sapere non sia stato globalizzato. Le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione se supportate da politiche che favoriscono la riduzione del digital-divide, offrirebbero enormi possibilità di promozione dell'espansione economica, di creazione di nuovi posti di lavoro, di aiuto ai più deboli ad inserirsi nei mercati mondiali, di diffusione dell'insegnamento a distanza a poco prezzo, di accesso ai vantaggi della telemedicina, ecc. Per poter approfittare di queste enormi possibilità diversi sono gli ostacoli da rimuovere e gli obiettivi urgenti da raggiungere: il primo è sicuramente quello di una migliore e più efficace concorrenza. Nel settore delle TLC, negli ultimi anni, in tutta l'area occidentale, si è assistito al fenomeno dell'abbandono del fornitore unico, praticamente alla caduta del monopoli. Questa liberalizzazione ha prodotto risultati sorprendenti : i prezzi si sono ridotti in media, dal 1997 ad oggi, del 40 per cento. Malgrado questo resta però una anomalia, Telecom Italia, l'ex monopolista, avendo una quota di mercato che dall'89 % del 1999 è scesa al 77% a fine 2002 è ancora largamente dominante. L'errore principale è stato, probabilmente, quello di pensare che il grado di concorrenza potesse essere proporzionale al numero di operatori presenti sul mercato, salvo poi trovarsi di fronte, come spesso è avvenuto in Italia in tanti campi, a processi di liberalizzazione senza liberatori ma con operatori economici nazionali ed esteri tesi a lucrare al massimo nel breve periodo la posizione acquisita, possibilmente, con il minimo di spesa. Invece, una concorrenza più efficace, si potrebbe avere con un numero limitato di grandi operatori europei, in grado di competere fra di loro, e rendere l'ICT accessibile a un numero molto più elevato di cittadini. Un ’altro fattore su cui puntare decisamente è lo sviluppo dell’ ’e-Government. Un impulso fondamentale allo sviluppo sociale attraverso l’uso delle nuove tecnologie, deve essere dato dalle amministrazioni pubbliche, soprattutto da quelle locali. Le amministrazioni locali devono svolgere un ruolo primario nello sviluppo dell’e-Government in Italia, perché nel modello decentrato e federale dello Stato dovranno sempre di più svolgere un ruolo operativo di front-office del servizio pubblico, mentre le amministrazioni centrali sono destinate a svolgere un ruolo di back-office. Secondo le amministrazioni locali esiste una molteplicità di fattori di diversa natura che possono ostacolare lo sviluppo e l’attuazione dei loro programmi di e-Government. In questa fase, però, le amministrazioni locali percepiscono quale ostacolo principale allo sviluppo ed alle realizzazioni dei propri programmi di e-Government , l’attuale livello di informatizzazione dei cittadini. Oggi l'innovazione è spinta soprattutto dal fenomeno Internet, che fa crescere il fabbisogno di banda (aumento della velocità), dovuto principalmente alla multimedialità. Le connessioni a Internet durano assai di più della telefonata media tradizionale, le transazioni del commercio elettronico stanno crescendo; il traffico telefonico tende ad assomigliare sempre di più al traffico dati e questo sta portando ad una significativa reingegnerizzazione delle reti telefoniche stesse. E' convinzione condivisa a livello internazionale, che per garantire lo sviluppo economico, sociale e culturale di ciascun Paese, è necessaria una veloce evoluzione tecnologica e una forte implementazione dei contenuti. Occorre soprattutto avere un moderno sistema di infrastrutture di telecomunicazioni a banda larga. Se si guarda alla quantità e alla qualità del materiale disponibile in linea, soprattutto per quel che riguarda la sua "pesantezza informatica", si capisce che la prima grande differenza tra chi può utilizzare tutte le potenzialità della rete e chi è costretto a fermarsi ai margini e rappresentata dall'avere o meno a disposizione collegamenti veloci e stabili (banda larga). Diventa quindi sempre più indispensabile la realizzazione di infrastrutture da mettere al servizio di soggetti pubblici e privati, per attenuare le differenze già oggi esistenti specialmente tra Nord e Sud del Paese. Considerando che in questo settore c'è stata una completa privatizzazione, occorrerà mettere in campo politiche industriali e fiscali che rendano conveniente, per gli imprenditori privati, investire capitali per la cablatura in fibra ottica delle aree urbane e incrementare le tecnologie wire-less e satellitari, per le realtà meno densamente popolate. Oltre la diffusione di internet veloce attraverso la banda larga, occorre che la televisione sia il motore di sviluppo della filiera industriale e produttiva dell’audiovisivo, in relazione anche al processo di convergenza in atto e su cui una riflessione in altra sede rispetto al convegno odierno andrà sviluppata. Dare prospettive di sviluppo ordinato e certo al sistema televisivo significa rafforzare un intero comparto economico divenuto strategico in tutti i paesi. D’altro canto il suo assetto pluralista è garanzia di democrazia. In ogni caso, una volta risolti i problemi relativi alla infrastrutturazione del Paese con la possibilità di accedere alle nuove tecnologie in maniera facile e veloce con la banda larga, il satellitare o il wire-line, una maggiore convenienza dei prezzi attraverso l'incremento della concorrenza, un miglioramento dei contenuti, soprattutto da parte delle amministrazioni pubbliche, (e-Government), rimane il problema che una grandissima parte della popolazione non possiede la capacità di accedere alle nuove tecnologie o almeno di farne il miglior uso. Ridurre il digital divide mettendo in condizione il maggior numero di persone possibile, attraverso la formazione, di accedere alle nuove tecnologie è indispensabile anche per migliorare il sistema competitivo del nostro Paese. Formazione ai nuovi saperi, è questa la scommessa presente. I primi timidi passi sono già stati compiuti con il progetto e-forum, varato dal MURST (il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica), per realizzare percorsi formativi nell'area ICT, per coinvolgere tutti i sistemi formativi (Università, Scuola, Formazione Professionale e Aziendale), ma moltissimo rimane da fare soprattutto per le fasce di popolazione più deboli. Un obiettivo che ci dobbiamo porre è quello di un nuovo concetto di Il servizio universale. Una definizione di servizio universale riguardo alle telecomunicazioni è quella elaborata dall’OCSE. Essa recita: “il servizio universale, definito come l’accesso ad un servizio di telecomunicazioni è considerato come un diritto fondamentale di tutti i cittadini, essenziale per la piena appartenenza alla collettività sociale, e come un elemento costitutivo del diritto alla libertà d’espressione e di comunicazione, che, quindi come il servizio sanitario e l’istruzione, deve essere assicurato dal potere centrale. In questa ottica, l’obiettivo della fornitura del servizio universale prevale su considerazioni di pura efficienza economica e il problema che si pone ai poteri pubblici, insieme alla definizione dell’area del servizio universale, è quello di stabilire se è preferibile attingere i fondi necessari per il servizio con l’imposizione fiscale diretta o indirettamente, tramite le strutture tariffarie delle telecomunicazioni.” A seguito dell’enorme sviluppo della Società dell’informazione, noi pensiamo che la possibilità di interagire con gli altri attraverso telefoni, fax e soprattutto posta elettronica e internet, è un bene divenuto ormai essenziale che deve essere garantito a tutti i cittadini. Altrimenti il pericolo è, che il fossato infrastrutturale che in Italia già esiste tra Nord e Sud del Paese e tra le diverse fasce sociali, aumenti invece di diminuire condannando all’emarginazione sociale, civile, politica, coloro che non sono riusciti a conquistare la moderna ricchezza, ovvero l’accesso, attraverso gli strumenti telematici, soprattutto la banda larga, ai beni e servizi. Il servizio universale è un concetto in continua evoluzione, che deve comprendere la possibilità di accedere ad Internet attraverso la tecnologia della banda larga. I poteri pubblici, devono decidere una grande opera di infrastrutturazione, per portare la banda larga in tutto il Paese, finanziando tale opera attraverso la struttura tariffaria delle telecomunicazioni. Per l’uso si ipotizza una tariffa “flat” quanto più possibile vicina alla gratuità. Inserire la possibilità di accedere a Internet attraverso la banda larga nel servizio universale e la conseguente infrastrutturazione, sono condizioni indispensabili per il miglioramento del livello di competitività del Paese e per una ripresa produttiva e occupazionale del settore. L’assenza di una politica infrastrutturale nel settore delle telecomunicazioni non si rivela tanto nella crisi degli operatori di servizi, che pure coinvolge quelli meno solidi, ma soprattutto nella situazione di crisi che sta travolgendo le aziende manifatturiere nel nostro paese, con riflessi negativi importanti anche sull’attività di ricerca e sviluppo (che molti attori europei - ad es: Siemens, Alcatel - hanno in Italia e stanno pensando di riaccentrare nei paesi di origine. A soffrire di più è il comparto delle installazioni e il comparto manifatturiero legato alla telefonia. Il rilancio del comparto comunicazioni sta diventando una questione vitale per l’intera economia italiana. Un’economia che, con la crisi sempre più evidente del settore ICT, vede messo a repentaglio soprattutto il futuro dei lavoratori operanti nel settore manifatturiero delle telecomunicazioni. Il panorama della crisi è vasto: va dalle piccole società di installazione, alla Sirti impiantistica, alla Tecnosistemi, alla Marconi, la Siemens Icn, la StMicroelectronics, l’Alcatel. Il ritardo della tecnologia umts, ma soprattutto la mancata diffusione della banda larga ha messo a rischio migliaia di posti di lavoro e rischia di creare un nuovo Sud, ossia una serie di zone sottosviluppate nella quale le reti ad alta velocità non arrivano e in cui, di conseguenza, le aziende rifiutano di aprire le proprie sedi. Solo una decisa sterzata verso l’informatizzazione dei servizi al cittadino e alle imprese può garantire investimenti e occupazione. Al fine di razionalizzare e coordinare diverse politiche per l’innovazione, è fondamentale un Piano di Innovazione Digitale che consenta di poter operare in un quadro chiaro e coerente di strategie, obiettivi e risorse da un lato e di competenze dall’altro. Questo Piano si potrebbe definire in un Patto per l’innovazione del Paese, naturale complemento ed attuazione di quell’accordo per lo sviluppo siglato tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL. Il quadro di riferimento deve essere stabilito da tutti i Ministeri che intervengono sul tema dell’innovazione, sia per il coordinamento delle politiche nazionali che territoriali. Il Patto per l’Innovazione del Paese è infine la sede opportuna per ribadire il ruolo di partecipazione, delle Istituzioni pubbliche e private e delle Parti Sociali che nelle scelte di politica per l’innovazione, per il valore strategico che tali scelte hanno, devono essere condivise. A tal fine deve essere prevista una sede istituzionale di monitoraggio e confronto periodico, di cui il CNEL può essere parte attiva.