Produzione e circolazione delle lucerne fittili in area marchigiana fra

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Produzione e circolazione delle lucerne fittili in area marchigiana fra
Produzione e circolazione delle lucerne fittili in area marchigiana fra Tardoantico e alto Medioevo: nuovi dati dagli scavi di Suasa.
Federico Biondani
Abstract
Production and circulation of clay lamps in Marche between Late Antiquity and early Middle Ages: new data from
the excavations of Suasa
Many late Roman clay lamps have been found in the excavations which have been made since 1988 in the town of Suasa
(Ancona) by the Department of Archaeology of the Bologna University (first of all in the excavations made in the domus of
Coiedii and along the street between this domus and the Forum).
We can distinguish:
- Firmalampen: in this group we find many items that can be dated in the Middle Empire (type Loeschcke/Buchi X-a/b).
They come from the workshops of Northern Italy potters (Cerialis, Cresces, C. Dessi, Fortis, Lupati, Nerius, Octavi, Sexti, Vibiani,
Vibule) and from workshops probably situated in Central Italy (Asprenas; Calo/Caer/i; Clemens; Felicesimus; Fortuni (fig. 1);
Iustinus; Iustini; Luvinustini; Luvinustinus; Venustini; Vivas). There are also many less refined examples (cfr. Loeschcke/Buchi
X-c) generally without decoration which were manufactured in the 4th or even in the 5th century (fig. 2). Archaeometric
analyses says that they produced locally.
- Late Warzenlampen (late 3rd-beginnings 5th century): they are very few.
- Late African lamps: we can recognise Hayes 1/Atlante VIIIB and especially Hayes 2A/ Atlante X (5th century).
- Imitations of African lamps (Atlante VIII, group Bailey Sii and especially Atlante X): 5th and 6th century (fig. 3).
- Lamps from the Eastern Mediterranean Sea: examples from Asia Minor (cfr. Broneer XXIX, group 4) (fig. 4) and two
lamps that can be compared with pieces from Delos (fig. 5a-b).
The evidence of Suasa seems to stop at the end of 5th century/beginnings 6th century.
Also in the region during the 6th centry the evidence becomes very poor (in this century perhaps we can date some catacombs
lamps from Ascoli).
Gli studi e la documentazione
Una ricostruzione della circolazione delle lucerne fittili in territorio marchigiano durante l'epoca romana-altomedievale poggia al momento su una documentazione piuttosto frammentaria e disomogenea sia
per il molto materiale ancora inedito sia per la scarsità dei dati quantitativi e stratigrafici disponibili.
Manca per esempio un'edizione completa di importanti scavi come quelli di Forum Sempronii, di Senigallia/La Fenice, di Ancona/Lungomare Vanvitelli e di Urbs Salvia, per i quali al momento si dispone soltanto di qualche notizia preliminare.
Poche sono anche le pubblicazioni relative alle raccolte museali della regione, limitate a due contributi
editi fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso: il catalogo di una selezione delle lucerne "paleocristiane" del Museo Oliveriano di Pesaro (acquisite in parte nel territorio umbro-marchigiano) e quello
delle lucerne romane e medievali del Museo Civico di Fano (provenienti molto probabilmente dal territorio della città). Fra gli indicatori di produzione si segnala la pubblicazione di matrici di lucerne a canale da Monte Torto di Osimo e da San Severino Marche.
In particolare va ricordato che per il periodo che ci interessa le determinazioni cronologiche,
soprattutto per quelle produzioni per le quali mancano cronologie consolidate (come le lucerne
africane) sono rese problematiche per un verso dall'assenza di materiale da necropoli, per l'altro dalla
mancanza di dati stratigrafici precisi. Infatti, come è già stato più volte sottolineato, anche nel caso di
scavi condotti con moderni metodi scientifici, i contesti chiusi ben datati riconducibili al periodo
tardoantico-altomedievale sono pressoché assenti, mentre invece è molto forte l'incidenza del materiale
residuale.
Gli scavi di Suasa
Un utile contributo per ricostruire produzione e circolazione delle lucerne fra Tardoantico e alto Medioevo può venire comunque dai ritrovamenti compiuti a Suasa, città della media valle del Cesano, oggetto di una serie di campagne di scavo condotte dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna a partire dal 1988 in varie aree del centro antico: la domus dei Coiedii, il foro, la "via del foro", la
Casa del primo stile, il cosiddetto edificio di Oceano, il teatro e alcune aree funerarie.
In particolare per il periodo considerato risultano interessanti i contesti della domus dei Coiedii (i cui materiali sono in corso di pubblicazione) e quelli della "via del Foro" (sui materiali tardoantichi rinvenuti in
quest'ultimo scavo si veda il poster di A. Gamberini e S. Morsiani).
Le produzioni documentate
Si presentano di seguito le produzioni che rientrano nel periodo di tempo preso in esame, iniziando dalle lucerne a canale, anche se gran parte degli esemplari appartenenti a questo gruppo sono sicuramente
anteriori.
Lucerne a canale
A Suasa le lucerne a canale costituiscono un gruppo numerosissimo, presente in quasi tutti i contesti
scavati; all'interno di questo gruppo, però, si possono riconoscere dei sottogruppi, piuttosto diversificati
per fattura e caratteristiche tecniche. Senza entrare eccessivamente nei dettagli si possono distinguere:
1. Esemplari di buona o discreta fattura senza vernice, con argilla abbastanza depurata rosso-arancione
o arancione o nocciola: oltre a un unico esemplare a canale chiuso, le altre lucerne identificabili appartenenti a questo gruppo sono attribuibili ai tipi Loeschcke/Buchi X-a/b e al tipo a forma di pigna;
alcuni esemplari presentano dei bolli nord-italici; sono rappresentato i marchi Cerialis, Cresces, C. Dessi,
Fortis, Lupati, Nerius, Octavi, Sexti, Vibiani, Vibule (altri bolli sono di incerta lettura). Riguardo al luogo di
produzione, anche se alcune fra le principali fabbriche padane, come Cresces, Fortis e Vibiani, dovevano
disporre di filiali anche in area centro-italica, per i nostri esemplari di buona fattura, senza ingobbio e
tutti privi di presa, è plausibile pensare a una provenienza dalle fabbriche-madre di area padana.
L’ipotesi è confermata dalle indagini archeometriche effettuate su due campioni con bolli Fortis e Vibiani, che si sono rivelati, per caratteristiche chimiche e mineralogiche, assai simili a quelli che Schneider ha
identificato come modenesi. La loro datazione, oramai da tempo fissata nella media età imperiale, trova
conferma nelle stratigrafie della domus dei Coiedii: infatti anche se la maggioranza di questi esemplari risulta residuale, provenendo da strati tardoantichi-altomedievali, non mancano esemplari trovati in contesti della fase 2a (inizi II secolo) o della fase 3 (III secolo).
2. Esemplari di fattura più o meno accurata senza vernice con argilla mediamente depurata rossa o rosso-arancione, simile a quella del gruppo precedente. Le lucerne di questo gruppo, che può essere considerato una variante della lucerna Buchi X-a, sono caratterizzate, in linea generale, da un disco di
forma tendenzialmente circolare, da un alto anello di spalla e da una scanalatura sulla spalla che delimita
l’anello; per lo più si tratta di lucerne di medie dimensioni, ma non mancano esemplari più piccoli. I
fondi si possono presentare privi di bollo oppure presentano dei marchi impressi piuttosto malamente,
tanto che alcuni risultano di lettura molto incerta. Esemplari analoghi per caratteristiche morfologiche e
tecniche sono largamente documentati nelle Marche e in altre località dell’Italia centrale.
I bolli leggibili, che trovano confronti in Italia centrale (specialmente nelle Marche e in Umbria), sono i
seguenti: Asprenas; Calo/Caer/i; Clemens; Felicesimus; Fortuni (fig. 1); Iustinus; Iustini; Luvinustini; Luvinustinus; Venustini; Vivas (esemplare avvicinabile al tipo Buchi X-b).
Le lucerne di questo gruppo, tutte dall'area della domus o dalle sue vicinanze, a differenza di quelle del
gruppo precedente trovate anche in strati medio-imperiali, provengono soltanto da livelli del periodo
VIII (IV-VI sec.) o anche successivi; questo potrebbe suggerire una datazione posteriore rispetto al
gruppo precedente, ma va tenuto presente l'alto grado di residualità di questi strati.
Poche sono le determinazioni cronologiche ricavabili dagli altri contesti italici in cui compaiono questi
marchi. I dati più interessanti provengono dalla necropoli di Gubbio/località Vittorina (pubblicata da
M. Cipollone), dove compaiono il bollo Asprenas in una tomba databile posteriormente al 96 d.C. e in
altre tre databili al II sec. d.C. (per una, però, la datazione è dovuta proprio alla presenza di questo bollo), il bollo Calo/Caeri (qui interpretato: Caio/Caeri), il bollo Clemens e il bollo Fortu/ni sempre in tombe
di II sec. d.C. (per Fortuni la datazione è data in un caso soltanto in ragione della presenza di questa lucerna). Al II secolo sono attribuite anche due tombe con il marchio Venu/stini (per una, però, la datazione è data unicamente sulla base di questa lucerna).
Il marchio Vivas è testimoniato a Portorecanati, in associazione con numerosi frammenti di sigillata
medioadriatica e di sigillata africana C e D.
Una riflessione merita la datazione delle lucerne bollate Asprenas. Questo bollo, oltre che nella necropoli
di Gubbio/località Vittorina dove è documentato in tombe databili al II secolo (cfr. supra), è testimoniato da tre esemplari della necropoli di Urbino, il cui utilizzo non supera il III secolo: due sporadici e uno
rinvenuto nella tomba BMC 16 associato a una moneta di Adriano.
Considerando questa documentazione che pare rimandare in maniera stringente al II secolo, risulta
problematica la collocazione della lucerna Asprenas trovata nello scavo di Monte Torto (Osimo) in un
livello riferibile alla fase IV (metà IV/prima metà VI secolo), fase in cui è anche attiva una fornace per
lucerne a canale, come testimonia il ritrovamento di matrici fra cui una con il bollo FERANI.
Più che a una continuità produttiva, sembra preferibile pensare che l'esemplare di Monte Torto sia residuale o che comunque abbia avuto una vita prolungata dopo la fabbricazione.
Riguardo ai luoghi di produzione si segnala che l’esame archeometrico su campioni di Suasa ha evidenziato, pur con qualche differenza, forti affinità con i campioni del gruppo precedente (affinità che del
resto si notano anche sulla base dell’esame ottico). Il problema della provenienza rimane quindi aperto.
Va capito infatti se queste leggere differenze possano essere l’indizio di una differente area produttiva,
come farebbero supporre i dati relativi alla distribuzione, che, come si è visto, si concentra nel territorio
compreso fra Marche, Umbria e Toscana nord-orientale.
3. Esemplari di fattura piuttosto rozza con argilla mediamente depurata rossa o rosso-arancione o beige-nocciola, polverosa al tatto; talvolta è presente una «vernice» rossastra mal conservata (fig. 2). A
questo gruppo, oltre a un esemplare Bailey tipo T (con ansa al centro del canale, databile per Bailey al
IV-V sec.), appartengono esemplari avvicinabili al tipo Loeschcke/Buchi X-c; qualcuno presenta sul
fondo dei marchi indecifrabili. Si segnala in particolare un frammento con tracce di vernice rossa che
presenta una spalla decorata con trattini incisi e una decorazione a rilievo sul disco (forse è riconoscibile
un quadrupede), analoga a quella di una lucerna a canale rinvenuta nella IV fase dell’insediamento rustico di Monte Torto presso Osimo (metà IV-metà VI sec.), nella quale si sono riconosciuti un animale e
motivi geometrici. Per questi esemplari, a differenza che per quelli del gruppo precedente, una datazione in epoca tardoantica pare sicura. In primo luogo va considerato che tutti provengono da strati tardoantichi-altomedievali; se per le lucerne della domus dei Coiedii questo può essere poco significativo,
considerato l'alto grado di residualità che caratterizza i contesti tardi di questo scavo, più probante è la
loro presenza in strati di V-VI secolo della via del Foro, nei quali scarsissima è la presenza di materiale
residuale (US 21 e 129).
Numerose poi sono le lucerne analoghe per argilla e caratteristiche tecniche, che provengono da strati
tardoantichi di altri siti: in area marchigiana le troviamo, per esempio, in uno strato di crollo con materiale di IV secolo di Castelfidardo e nelle fasi III e IV dell’insediamento rustico di Monte Torto di Osimo, datate rispettivamente a metà III/primi decenni IV secolo e a metà IV/prima metà VI secolo.
Le analisi archeometriche compiute su campioni suasani hanno evidenziato molte differenze rispetto ai
campioni dei due gruppi precedenti, mentre invece sono vicini, per caratteristiche mineralogiche e chimiche, a campioni suasani di ceramica comune e di sigillata medioadriatica. In base a questi risultati gli
esemplari di questo gruppo si possono ritenere di produzione locale o regionale.
Warzenlampen tarde
A questo tipo, prodotto in officine italiche dal tardo III sec. d.C. fino agli inizi del V secolo (se non oltre) appartengono due esemplari dall'area della domus dei Coiedii.
Lucerne africane
A Suasa la produzione africana è attestata da 18 frammenti: 14 dalla domus e 4 dalla via del Foro: quelli
della domus provengono quasi tutti da strati riconducibili ai periodi VIII (IV-metà VI secolo) e IX (altomedievale); da strati tardoantichi-altomedievali provengono anche quelle della via del Foro. Il numero è piuttosto esiguo se messo a confronto con i dati relativi alle presenze di sigillata africana, ma è in
linea con la documentazione di altri siti sia di area adriatica, come Monte Torto di Osimo, sia di area
tirrenica, come Luni.
Fra gli esemplari identificabili con sicurezza si distinguono una lucerna Atlante VIIIB databile alla prima metà del V secolo (dalla via del Foro) e 10 attribuibili alla forma Atlante X (sette dalla domus e tre
dalla via del Foro), la lucerna africana di gran lunga più esportata, che fu prodotta dagli inizi del V sec.
d.C.; sono attestati poi alcuni frammenti di incerta attribuzione.
Per le caratteristiche tecniche e della decorazione quasi tutti gli esemplari Atlante X sono avvicinabili al
tipo Hayes IIA prodotto nella Tunisia centrale e databile tra gli inizi del V secolo e il 500 ca.; solo una
spalla, priva però di vernice, potrebbe attribuirsi al tipo Hayes IIB prodotto dalla seconda metà del V al
VII secolo.
Imitazioni di lucerne africane
Le importazioni di lucerne africane si accompagnano ben presto alla realizzazione di prodotti di imitazione, che in Italia datano dall’ultimo quarto del IV secolo fino, probabilmente, al VII secolo.
A Suasa lucerne riconducibili a prototipi africani ma che, per caratteristiche tecniche, sono da attribuire
a officine presumibilmente locali o regionali sono documentate nella domus dei Coiedii (una ventina di
esemplari), nella Casa di primo stile (un esemplare) e nella via del Foro (un esemplare). Tutte provengono da strati tardoantichi-altomedievali.
Alla forma Atlante VIII, esportata soprattutto fra metà IV e metà V secolo, sono ricollegabili una lucerna trovata dall'area della Casa di primo stile e due lucerne identiche con la spalla decorata da un motivo a tralci schematizzati e il disco decorato da un quadrupede in corsa verso destra dalla domus dei
Coiedii.
Al gruppo Bailey Sii (datato dallo studioso britannico nella prima metà del V sec. d.C. e attribuito
all’area centroitalica) è avvicinabile una lucerna ovoide a canale aperto in argilla beige chiara con spalla
ridotta e ampio disco piano decorato da un candelabro a sette bracci su base tripode.
Alla forma Atlante X (importata in Italia presumibilmente dal secondo quarto del V secolo e subito
imitata localmente) sono riconducibili cinque esemplari con spalla e disco decorati da motivi geometrici
e vegetali realizzati in modo poco accurato e un esemplare (dalla via del Foro) che conserva sul disco
tre busti identificabili come gli apostoli (fig. 3).
Probabilmente una imitazione è anche un esemplare in argilla beige chiara che presenta sulla spalla
un’iscrizione in rilievo: da un lato della presa (da destra a sinistra) si legge +AOTA?[-]; dall’altro (da sinistra a destra) si legge +O[-].
Di incerta classificazione tipologica ma comunque imitazioni di lucerne africane sono altri esemplari
fra cui alcuni frammenti di spalla decorati da motivi geometrici e vegetali e un disco decorato da un motivo a rosetta o a margherita.
Lucerne orientali
A fabbriche dell’Asia minore sono attribuibili alcuni frammenti trovati nella domus con argilla molto micacea: si segnala in particolare un esemplare con becco espanso e spalla decorata da globetti in rilievo
(fig. 4), avvicinabile a lucerne microasiatiche (cfr. tipo Broneer XXIX, gruppo 4), datate al V o VI secolo d.C. Significativi, in particolare, sono i confronti con esemplari trovati a Efeso appartenenti ai tipi
III e VI della classificazione del Miltner, datati al IV-V secolo.
Dalla domus provengono inoltre due lucerne in argilla beige chiara con decorazione analoga; quella meglio conservata mostra una piccola presa non perforata con solcatura centrale, disco rotondo decorato
con una croce (negli spazi di risulta due cerchietti puntati; intorno perline) e larga spalla decorata da due
file di perline, separate da un anello in rilievo. Il fondo presenta un piede ad anello ed è decorato da
trattini e punti in rilievo; tre punti e tre trattini in rilievo si trovano anche all’esterno del piede in corrispondenza del becco (fig. 5a-b). Questo esemplare per la forma e per il motivo decorativo del disco è
avvicinabile a una lucerna di Delo che è attribuita da Bruneau a una produzione dell’Asia Minore di VI
o VII secolo. Un tipo analogo, datato al VI secolo e oltre, è documentato nell'Agorà di Atene.
Considerazioni conclusive
Sicuramente nel IV e probabilmente anche nel V secolo a Suasa, come nel resto del territorio marchigiano, circolano ancora ampiamente le lucerne a canale (largamente documentate peraltro anche nel IIIII secolo sia da esemplari di fabbricazione nord-italica sia da esemplari di fabbricazione centroitalica
con limitato raggio di distribuzione).
In questo periodo esistevano officine regionali (dove probabilmente si produceva anche la ceramica
comune) che realizzavano prodotti di fattura piuttosto scadente e generalmente privi di elementi decorativi. Ne sono testimonianza sia la scoperta della fornace di Osimo, dove si è rinvenuta una matrice
con bollo FERANI (segno che l'uso di apporre un marchio di fabbrica, sia pure in maniera più ridotta,
permane molto a lungo) sia le indagini archeometriche compiute sui materiali suasani. Al IV secolo,
probabilmente, data anche una minima quantità di Warzenlampen, presenti a Suasa e in qualche altra località.
Con gli inizi del V secolo nelle Marche fanno la loro apparizione le lucerne di produzione africana rappresentante nella regione da qualche esemplare di forma Atlante VIII, ma soprattutto dall'africana classica Atlante X (questa, oltre che a Suasa, è la forma di gran lunga più attestata in vari altri siti/comprensori come Monte Torto di Osimo e l’ager Firmanus). La produzione di queste lucerne prosegue nel VI-VII secolo, ma gli esemplari marchigiani paiono per lo più riconducibili al V secolo (tipo
Hayes IIA). Le importazioni vengono così a coincidere con il periodo di massima diffusione della sigillata africana in territorio marchigiano, vale a dire gli anni tra la fine del IV e la fine del V secolo.
Ben presto si diffondono le imitazioni di queste lucerne (sia della forma Atlante VIII sia soprattutto della forma Atlante X), diffuse in tutta la regione (specialmente nella zona costiera).
In area marchigiana scarti di lavorazione o matrici di queste lucerne non sono stati trovati (diverse invece quelle scoperte nella vicina Romagna), tuttavia una fabbricazione in area regionale è sicuramente ipotizzabile.
Nel V e fors'anche nel VI secolo arrivano a Suasa alcune lucerne dal Mediterraneo orientale. Sono presenze che al momento in area marchigiana sembrano piuttosto isolate e che probabilmente vanno ricollegate alla rivitalizzazione dei commerci con l'Oriente riscontrabile nel V secolo inoltrato, testimoniata
anche dall'arrivo, sia pure in quantità ridotta, di sigillata focese.
Non essendo chiara la cronologia finale delle lucerne a canale e quali fra queste possano datarsi effettivamente al IV-V secolo, non si può dire quale fetta di mercato ricoprano le lucerne di importazione,
che in ogni caso sono presenti con numeri piuttosto limitati. Riguardo al rapporto fra lucerne africane e
lucerne di imitazione, nelle Marche non pare di notare una netta preponderanza delle une o delle altre
(per Suasa cfr. tab. 1), anche se va considerata però la maggiore riconoscibilità dei materiali africani rispetto a quelli di imitazione (che quindi possono essere sottostimati); in ogni caso l'area marchigiana pare distinguersi dalle regioni meridionali dove prevalgono gli esemplari importati.
La documentazione suasana sembra arrestarsi tra la fine del V e gli inizi del VI secolo: al VI potrebbe
datare qualche esemplare di provenienza orientale (ma al momento non si dispone di datazioni sicure) e
forse qualche lucerna di imitazione africana; sono assenti invece esemplari sicuramente riconducibili al
tipo Hayes IIB e i tipi che nell’Italia peninsulare sono caratteristici dei contesti di VI-VII secolo, come
le lucerne “siciliane” e le loro imitazioni italiche e le lucerne ovoidali “a ciabatta”.
La documentazione si fa molto scarsa anche nel resto della regione, fatto che probabilmente va anche
imputato a cambiamenti nei mezzi di illuminazione. Al VI secolo potrebbe ancora risalire qualche importazione africana e qualche prodotto di imitazione; al VI secolo per esempio è ricondotta una lucerna
trovata nella grotta dei Baffoni di Genga, di non sicura classificazione tipologica, che però pare richiamare vagamente modelli africani.
Al VI secolo sono datate anche da Cecilia Profumo le catacombs lamps trovate nell'ascolano per le quali
l'autrice pensa a un'origine orientale; Carlo Pavolini pensa però a imitazioni italiche e avanza dei dubbi
su questa cronologia (si ricorda che queste lucerne sono state variamente datate; Bailey, per esempio, le
colloca nel V secolo).
Riguardo invece alle due lucerne invetriate su piede del Museo di Fano, già attribuite al VI secolo, si è
proposta ultimamente una datazione intorno al X secolo.
Lucerne Lucerne
Lucerne
Imitazioni
africane africane
africane
Atlante
Atlante Atlante X non id.
VIII
VIII
Domus Coiedii
7
7
3
Casa I Stile
1
Via del Foro
1
3
totale
1
10
7
4
Tab. 1 - Lucerne africane di imitazione dagli scavi di Suasa.
Imitazioni gruppo Imitaz. non
Atlante X Bailey Sii id.
6
1
7
1
1
8
8
Fig. 1 - Lucerna a canale con bollo Fortuni (dalla domus dei Coiedii)
Fig. 2 - Lucerna a canale "verniciata" (dalla via del Foro)
Fig. 3 - Lucerna Atlante X di imitazione decorata sulla spalla dai busti degli apostoli (dalla via del Foro)
Fig. 4 - Lucerna microasiatica avvicinabile al tipo Broneer XXIX, gruppo 4 (dalla domus dei Coiedii)
Fig. 5a-b - Lucerna microasiatica? (dalla domus dei Coiedii)