L`Italia l`Uomo l`Ambiente Anno III N° 7 Luglio

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L`Italia l`Uomo l`Ambiente Anno III N° 7 Luglio
L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente
Periodico d’informazione e formazione ambientale culturale e artistica
Anno III n° 7 - Luglio-Agosto 2016
L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente
Periodico d’informazione e formazione ambientale
culturale e artistica
Anno III n° 7 - Luglio-Agosto 2016
PRO NATURA FIRENZE - PRO NATURA TOSCANA - FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA
L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente - Anno III N° 7 Luglio-Agosto 2016 di L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente è distribuito con
Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale. Based on
a work at www.italiauomoambiente.it.
Direttore: Gianni Marucelli - [email protected] - Coordinatore: Alberto Pestelli [email protected] - Comitato di Redazione: Maria Iorillo, Iole Troccoli, Massimilla Manetti Ricci,
- Sede - Fiesole (FI) - Sito internet - www.italiauomoambiente.it - Logo IUA - Martha Pestelli Impaginazione: Alberto Pestelli - Fotografia di copertina: I carrugi di Cervo di Luigi Diego Eléna
Hanno collaborato in questo numero: Alberto Pestelli, Gianni Marucelli, Iole Troccoli, Paola Capitani, Luigi
Diego Eléna, Guido De Marchi, Alessio Genovese, Maria Iorillo.
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PREFAZIONE DEL DIRETTORE
Gianni Marucelli
Prefazione fuori ordinanza
Se ne va una bastarda primavera, almeno dal punto di vista meteorologico, e giunge
un'estate che nemmeno gli esperti sanno esattamente prevedere. A noi sarebbe sufficiente che fosse tranquilla, senza attentati, morti annegati nel nostro mare, guerre, parole al vento contro di esse, politici che magnano e si lagnano (pure), insulti alla natura, mafie che sparano e che bruciano boschi, e tanto altro. E c'è chi insiste nell'affermare che la nostra specie sia il vertice dell'evoluzione sul nostro pianeta...
ii
Stop. Ferma tutto. Voglio scendere. Almeno per un po'.
Niente giornali, niente televisione, niente internet, niente cellulare.
Una baita tra le montagne, qualche provvista, una sorgente o un torrente dove abbeverarsi e lavarsi, non m'importa nemmeno d'avere il cesso.
Siamo in un Parco nazionale, dio buono, e un po' di rispetto per la natura ancora c'è...
Pam! Un fucile? Hanno fatto secca una pacifica marmotta. Pam pam! E anche il cervo
che brucava qui vicino, l'hanno beccato!
O Signore, che succede? Pu-tu-pum! Questo era un grosso calibro...
Sembra d'essere a Falluja... è un incubo... a casa! A casa!
Sono le tre, il caldo è micidiale, sono sudatissimo e le zanzare incombono... mi sveglio.
Allora era proprio un incubo.
Purtroppo, è probabile che diventi realtà: politici e cacciatori alleati, stanno decidendo
che si può sparare ovunque, a tutto e tutti... Qualcosa potrete leggere in questo numero, cari lettori, a tale proposito.
Basta! Ferma tutto di nuovo! Fatemi scendere! Ma per andare dove?
Ripiombo nel sonno.
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IN QUESTO NUMERO
Politica ambientale & sociale
5 - Alberto Pestelli - E ti pareva impossibile?… L’Italia e i sacchetti di plastica illegali.
7 - Paola Capitani - Veneto: La conoscenza ristretta al carcere I DUE PALAZZI di Padova (Terza parte).
9 - Alberto Pestelli - Olio di palma, una vittoria sofferta.
Turismo
12 - Luigi Diego Eléna - Lombardia: Bergamo, Aserrada (Monte Resegone) visto da Fuipiano valle Imagna.
14 - Alberto Pestelli - Lazio: Roma , Villa Doria Pamphilj in autunno: una sinfonia di colori.
18 - Gianni Marucelli - Toscana: Il museo della civiltà contadina di Casa d’Erci.
21 - Luigi Diego Eléna - Liguria: I carruggi di Cervo.
23 - Alberto Pestelli - Umbria: Liberi nell’eremo delle carceri.
26 - Alberto Pestelli - Sardegna: Nora, una ricca città nell’isola degli Shardana.
Curiosità
30 - Gianni Marucelli - In memoria di una storica impresa sportiva: A remi, da Firenze a Londra.
Pillole di meteorologia
32 - Alessio Genovese - Estate calda... e poi?
Il salotto letterario di Iole
36 - Maria Iorillo - La gattara (racconto)
38 - Guido De Marchi - Raccontami qualcosa (racconto)
Lo scatto...
40 - Alberto Pestelli - Cogli l’attimo...
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POLITICA AMBIENTALE E SOCIALE
E TI PAREVA IMPOSSIBILE?
L’ITALIA E I SACCHETTI DI PLASTICA ILLEGALI...
Alberto Pestelli
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La criminalità organizzata è sempre all’avanguardia nella
ricerca di nuovi grandi guadagni
Perché? Perché, dico io, dobbiamo farci sempre riconoscere
per colpa di pochi, come il popolo a cui piace l’illegale? Anche
i sacchetti e buste di plastica cosiddetti bio siamo riusciti a taroccare…
In questi ultimi tempi sono venuti fuori dati sconcertanti sul
volume di affari che la criminalità organizzata ha ordito ai
danni dei produttori dei veri sacchetti biologici. Pare che siano stati prodotti quarantamila tonnellate (fonte della notizia:
ANSA Ambiente) di plastica tarocca causando una perdita alle industrie oneste di oltre 150 milioni di euro. Ma non c’è solo questo danno… Facciamo una somma: evasione fiscale di
almeno una trentina-quarantina di milioni delle imprese in
mano della criminalità organizzata più una cinquantina di milioni di euro per lo smaltimento dei rifiuti più il danneggiamento all’ambiente (marino e non), risultato: un disastro su
tutti i fronti!
Secondo l’articolo apparso sul sito dell’ANSA ambiente, la
guardia di Finanza ha sequestrato duecentomila sacchetti illegali spacciati per prodotti biologici e biodegradabili prodotti
nel rispetto dell’ambiente. Le indagini sono state concentrate
per il momento in Calabria e in Sicilia. Sono certo che prossimamente esse si sposteranno in altre regioni d’Italia. Sicuramente scopriremo un danno che va oltre la nostra immaginazione.
Legambiente intanto ha lanciato una campagna di denuncia
contro il racket degli shoppers taroccati - #UnSaccoGiusto –
testimonial è Fortunato Cerlino – l’attore che impersona il
boss Savastano nella serie televisiva Gomorra – che ha girato
un corto denunciando questo nuovo giro di affari della malavita organizzata.
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POLITICA AMBIENTALE E SOCIALE
LA CONOSCENZA “RISTRETTA” AL CARCERE I DUE PALAZZI DI
PADOVA
Paola Capitani
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“Nessun animale può
volare con una sola
ala... per cui occorrono la mente e il cuore”
Esperienze ed emozioni
Un detenuto mi ha chiesto una poesia per il nipote ucciso in una rissa. Un detenuto liberato mentre eravamo in aula, con espressioni
altamente emozionanti da parte dei compagni di cella e di vita del
carcere. Un detenuto uscito di carcere non sapeva dove andare e stava seduto con un sacco di plastica con i suoi pochi indumenti e le
cartelle cliniche di cui non capiva il significato.
Un detenuto in libertà vigilata, inserito perfettamente nel lavoro,
purtroppo nuovamente scappato e ripreso: drammi individuali nei
quali è difficile inserirsi.
Per cui come estrema sintesi si potrebbe concludere che è difficile
giudicare e che occorre prestare più attenzione alla comprensione e
al dialogo, alla comunicazione e alla empatia che vanno oltre aridi
ragionamenti, standardizzati e scarni, che necessitano multicolori e
sfaccettate interpretazioni.
Un simpatico aneddoto: porto una cartolina da Firenze sulla quale
scrivo un pensiero al termine del mio mandato di consulenza formativa e non mi accorgo della scelta che involontariamente avevo effettuato. La cartolina raffigurava l’Istituto degli Innocenti di Firenze.
Ironia del caso e gaffe involontaria. Come la deduzione fuorviante
che spesso seguiamo nell’osservare le persone, presi dall’apparire e
non dall’essere.
Un bravo alunno, attento, diligente, rispettoso, non si perdeva una
parola del mio intervento e interveniva con domande pertinenti.
Chiedo quale era la sua storia: aveva ucciso il padre.
Un altro che mi incuteva terrore, con una espressione dubbia, un
comportamento sgradevole, era un avvocato che aveva commesso
crimini di natura legale. Per non parlare di efferati omicidi o di stupratori che sembravano innocui e lontani dal comportamento per il
quale erano stati accusati.
Ne emerge il dubbio di giudizio, il distacco opportuno da seguire e
mantenere per avere un atteggiamento il più possibile lontano da
qualsiasi interpretazione fuorviante.
Veniale la toccata ricevuta con la frase “mi scusi volevo vedere che
effetto mi faceva dopo tanto tempo”.
Un comportamento comprensivo e tollerante è doveroso, ma richiede continue attenzioni, in quanto casi vissuti da persone in continuo divenire.
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POLITICA AMBIENTALE E SOCIALE
OLIO DI PALMA, UNA VITTORIA SOFFERTA
Alberto Pestelli
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È stata dura ma ce
l’abbiamo fatta... Ma
non rilassiamoci
troppo
Quando alcuni produttori ebbero quella disgraziata idea di
promuovere la campagna pro olio di palma, personalmente,
ho sentito che forse c’era speranza in una vittoria. Nell’arco di
un mese quegli spot hanno martellato le coscienze degli italiani svegliandole, per fortuna, invece di annichilirle e piegarle
verso la strada della menzogna. Sia come collaboratore della
rivista L’Italia, l’uomo, l’ambiente, sia come segretario di Pro
Natura Firenze, sia come privato cittadino e simpatizzante delle varie associazioni di consumatori e ambientalisti, non ho
mai pensato che vincere questa “guerra” sarebbe stata una
passeggiata. Chi eravamo noi per sfidare le multinazionali delle industrie alimentari? Eppure abbiamo respinto, colpo dopo
colpo, i vari attacchi spietati che ci hanno quasi sfiancati ma
mai battuti. Il potere dei soldi, del capitale, del mondo machiavellico degli affari, con il loro “il fine giustifica i mezzi”,
ha fatto retromarcia di fronte alla caparbietà di persone per
bene che, senza sotterfugi e menzogne, ha combattuto lealmente fino all’ultima battaglia.
In seguito alla petizione promossa da Il Fatto Alimentare, che
ha raccolto ben 176mila firme, il 7 maggio 2016 la Coop ha
preso la giusta decisione di eliminare dalla produzione tutti i
prodotti con il loro marchio contenenti l’olio di palma. Non
solo ha sospeso la produzione, ma ha ritirato dagli scaffali di
tutti i loro negozi e supermercati questi prodotti. Questa decisione è stata presa quando l’EFSA, l’Autorità per la sicurezza
alimentare europea, ha segnalato, in un documento del 3 maggio 2016, la presenza di alcune sostanze potenzialmente cancerogene e geneticamente tossiche.
Anche Altro Consumo ha segnalato la notizia apparsa su moltissimi quotidiani dove si mostrava che il livello elevatissimo
di contaminanti tossici e cancerogeni nell’olio di palma raffinato era reale. Alla fine le aziende alimentari, in seguito alle
sempre più evidenti prove di tossicità dell’olio palma, si sono
arrese. L’Aidepi, che è l’associazione delle aziende del settore
dei grandi marchi come Ferrero, Bauli, Mulino Bianco e tante
altre si è impegnata a “fare, nel più breve tempo possibile, tut10
te le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore…”. Abbiamo
vinto… sì. È stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Ma adesso, che marciamo trionfalmente
sotto l’ideale Arco tanto caro agli antichi condottieri romani, non rilassiamoci. Perché,
come dice Il Fatto Alimentare nel suo articolo, si potrebbe assistere al tentativo della
Aidepi di salvare la faccia facendo di tutto per far piombare nell’oblio tutto ciò che è
stato fatto con machiavellico fine con false notizie, pareri di esperti di dubbia veridicità scientifica e soprattutto quell’investimento di 10 milioni di euro per la campagna
mediatica pro olio di palma.
Abbiamo vinto… sì. Ma non dimentichiamoci che nel Sud-Est dell’Asia, nell’Africa tropicale e nell’America centrale continua ancora l’espropriazione delle terre delle popolazioni locali a favore delle lobbies delle multinazionali provocando deforestazione incontrollata incendiando ambienti incontaminati per far posto alle coltivazioni di palma da olio con la conseguente scarsa respirabilità dell’aria e la morte della vita, sia vegetale, animale e umana…
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TURISMO
LOMBARDIA
BERGAMO, ASERRADA (MONTE RESEGONE) VISTO DA FUIPIANO
VALLE IMAGNA
Luigi Diego Eléna
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Qui si convien lasciare ogni affanno... Qui
si sogna.
Dolce salire su questo monte, pur duro di costituzione fisica, che guarda occhiolando come Renzo fece con Lucia,
Fuipiano valle Imagna. Una sorta di mitico Maciste ricco
nelle sue membra ed ossa di dolomia, una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale
dolomite, chimicamente un carbonato doppio di calcio e
magnesio. Di acuto ha solo i suoi nove denti canini, per il
resto si lascia accarezzare sulla sua folta chioma ricca di
flora alpina, avendo un carattere di straordinaria forza e
bontà. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendio lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte
e in spianate, secondo l'ossatura del monte, e il lavoro dell'acque. Qui ci si trova come sui merli delle mura di un castello costruiti a intervalli regolari in cima alle antiche fortificazioni. Qui l'archibugio è un cannocchiale di Galileo,
che punta solo lo sguardo, a tutto tondo, su di un acquerello figurativo di Wassili Kandinsky. Si vola come aquile col
cuore di colomba, tale è la pace in questa valle Imagna, a
dir poco serenissima come la storia la ricorda laggiù nel
Borgo di Arnosto, un dì dogana della Repubblica Veneta,
ed oggi un patrimonio storico-architettonico di inestimabile valore e interesse. "Qui per me si va per l'eden, per me
si va nell'eterna gioia. Qui si convien lasciare ogni affanno..." Qui si sogna.
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TURISMO
LAZIO
ROMA, VILLA DORIA PAMPHILJ IN AUTUNNO:
UNA SINFONIA DI COLORI...
Alberto Pestelli
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I giardini di villa Doria Pamphilj sono bellissimi in qualunque
stagione andiate a
visitarli. Ma il periodo che corrisponde a
una vera e propria
sinfonia di colori è
l’autunno quando la
natura non si è spogliata dei suoi vestiti
per il riposo invernale e vuole dare ancora il meglio di sé
Siamo a Roma in autunno. La miglior stagione, a parer mio,
per godersi quei colori della natura che dipingono un giardino, anzi quel bellissimo parco di Villa Doria Pamphilj che costituisce il grande polmone verde della città eterna. Esteso poco più di 184 ettari, il parco è vicinissimo al quartiere Gianicolense nella zona occidentale del Gianicolo tra la via Vitellia e
la via Aurelia Antica. All’interno del parco – diviso in due nel
1960 dopo aver costruito un tratto della via Olimpica sotto il
nome di via Leone XIII – fu edificato il Casino del Bel Respiro
che, attualmente, è una sede di rappresentanza del governo
italiano.
Fino al 1630 la zona era un normalissimo terreno agricolo immediatamente sotto le mura gianicolensi. In quel periodo,
questo appezzamento, che comprendeva la Villa vecchia, fu
acquistato da Panfilo Pamphilj. La nobile famiglia, tra il 1644
e il 1652, fece progettare la Villa nuova dall’architetto scultore
Alessandro Algardi e al pittore Giovanni Francesco Grimaldi.
La progettazione e la realizzazione dei giardini furono affidate
a un esperto botanico: Tobia Aldini.
Chi ama la storia d’Italia, ricorderà la battaglia più sanguinosa per la difesa della Repubblica Romana avvenuto nel 1849
tra i francesi accorsi per restaurare il potere della chiesa e le
truppe garibaldine. In quei giorni morì Goffredo Mameli il giovanissimo poeta, autore dei versi del testo dell’inno nazionale
italiano.
Villa Doria Pamphilj fu fusa con la vicinissima villa Corsini nel 1856 costituendo un’importante azienda agricola.
Nel 1932 il Comune di Roma espropriò
parte della zona e nel 1957 lo Stato Italiano acquisì il nucleo di origine della
villa. Quasi 170 ettari divennero proprietà di Roma in due momenti diversi
quando il parco era già stato diviso in
due parti: la zona di ponente fu acqui15
stata nel 1965 mentre l’altra parte sei anni dopo. Il parco di villa Doria Pamphilj
fu aperto al pubblico nel 1972.
La famiglia Doria Pamphilj ha mantenuto la proprietà solo della cappella funebre
che fu edificata secondo il progetto dell’architetto Edoardo Collamarini nel 1896.
Ma seguitemi e andiamo a visitare i vari
giardini che compongono questo monumentale parco cittadino. Partiamo dal lato meridionale del Casino del Bel Respiro. Il cosiddetto Giardino segreto è il classico giardino all’italiana racchiuso da recinzioni in muratura. L’insieme delle
aiuole di bosso formano il giglio che è il simbolo araldico
della famiglia Pamphilj. Le
aiuole sono tra due ampie vasche e una fontana di bronzo
che si trova al centro del complesso.
Edificato in undici anni, nel
1655 sbocciò il Giardino del
teatro. Il nome gli è stato dato grazie ad uno spazio semi16
circolare in muratura che era stata ideata
per eventi artistici quali musica e opere
teatrali. Nato come giardino all’italiana,
circa nel 1850 fu trasformato in un classico giardino all’inglese dall’architetto italo-francese Andrea Busiri Vici che l’arricchì con piante esotiche rare.
Nella zona della Villa Vecchia si trova il
Giardino dei cedrati. Si chiama così per la
presenza di molte piante di agrumi e di
decorazioni artistiche di pregio quali fontane, vialetti e murature perimetrali.
Costruito a metà ottocento da Giovanni
Gui, il Giardino delle serre ottocentesche
presenta piante da frutto, piante esotiche, diverse specie di Palme tra le quali la
Palma nana, la Palma del Cile e un bellissimo esemplare di Araucaria.
Quando a metà dell’ottocento Villa Corsini fu annessa al terreno della famiglia Doria Pamphilj, portò in eredità una grandissima area di sessantamila metri quadrati
che era “arredata” a giardino toscano.
Questa vallata fu arricchita di alberi di varie specie – pioppi, salici, pini, querce,
ecc. – e fu adibito a riserva di
caccia, dove furono liberati
daini e altri animali. Per questo motivo, la vallata è stata
chiamata la Valle dei Daini.
Naturalmente tutti questi
giardini del parco sono impreziositi da statue e fontane.
Tra queste ultime spicca la
fontana del Cupido e il ninfeo
del Fauno o dei tritoni.
Potrei aggiungere molto per descrivere la bellezza del luogo dove non arriva la confusione della strada e l’unico rumore è prodotto dal vento leggero che accarezza le foglie
delle piante, dalle parole degli animali che vivono tranquilli e indisturbati. Le uniche
parole umane che sento – o meglio, che ascolto volentieri scartando il resto – sono
quelle di stupore e di rispetto.
I giardini di villa Doria Pamphilj sono bellissimi in qualunque stagione andiate a visitarli. Ma il periodo che corrisponde a una
vera e propria sinfonia di colori è l’autunno quando la natura non si è spogliata dei
suoi vestiti per il riposo invernale e vuole
dare ancora il meglio di sé. E prima che faccia notte indossa quel vestito da sera che
ammalia il fotografo e fa innamorare il pittore. Sembra dire: questi sono i colori sulla
tavolozza che ti offro… spetta a te saperli
usare!
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TOSCANA
IL MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA DI CASA D’ERCI
Gianni Marucelli
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Il museo si è specializzato nell'attività di
supporto didattico
rivolta alle scuole, e i
gruppi di alunni che
visitano non solo gli
spazi museali, ma anche il sentiero naturalistico-storico, ricco
di circa 120 specie di
piante opportunamente cartellinate.
Tra le tante istituzioni, sparse sul territorio della Toscana, che
cercano di mantenere vivo il ricordo di una civiltà ormai estinta, ma ancora ben presente nei ricordi dei più anziani, quale
quella contadina tradizionale, segnaliamo il piccolo Museo di
Casa d'Erci, nel Mugello. Situato in una località estremamente suggestiva, sulle primi pendici della catena appenninica, Casa d'Erci, che prende il nome dall'omonimo torrente che scorre nei pressi, è una tipica colonica, ormai abbandonata come
tale da più di sessanta anni, che ha avuto la fortuna di non decadere rapidamente, com’è capitato a tante altre, ma di essere
scelta, già dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso, da
un gruppo di volontari del luogo,
per lo più artigiani, ma anche professionisti e impiegati, che si sono
impegnati nella raccolta, nel restauro e nell'esposizione di moltissimi oggetti, d'uso comune e di lavoro, che testimoniano la vita e
l'attività della gente che qui ha vissuto, per secoli, strettamente legata alla coltivazione della terra, allo
sfruttamento del bosco, alla pastorizia.
Supportata da una ricca documentazione, anche fotografica, la raccolta trova i suoi spazi più
suggestivi nella ricostruzione dell'ambiente domestico, come
la grande cucina, la camera da letto, la cantina, ma anche la
stalla, che, in una casa contadina, faceva tutt'uno con l'ambito
familiare.
Nel corso dei decenni, il Museo si è specializzato nell'attività
di supporto didattico rivolta alle scuole, e i gruppi di alunni
che visitano non solo gli spazi museali, ma anche il sentiero
naturalistico-storico, ricco di circa 120 specie di piante opportunamente cartellinate, in modo da avere la possibilità di conoscere la vegetazione tipica della zona, sono veramente tantissimi.
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Invitiamo i nostri lettori a visitare questo
organizzatissimo Museo, dandone le coordinate e le modalità di contatto:
Da qualche anno, le classi possono usufruire anche del nuovissimo laboratorio
di didattica ambientale, sito a qualche decina di metri dal Museo, ove è presente
una vasta sala riunioni, che serve anche
come sala-mensa, e una moderna cucina
che è in grado di preparare i pasti per
una sessantina di visitatori.
La zona, coperta di boschi di castagno e
di quercia, offre anche la possibilità di fare belle escursioni; purtroppo, qui, come
nella fascia montana immediatamente
prospiciente, si è abbattuta, nel corso degli anni Novanta, la devastazione causata
dalla costruzione della linea ferroviaria
ad alta velocità (TAV) Firenze – Bologna,
che ha impattato le sorgenti e le falde acquifere distruggendole in gran parte. Frane, morie di boschi, scomparsa delle acque superficiali (torrenti ecc.) sono state
il prezzo pagato da questa zona del Mugello al cosiddetto “progresso”, ma sarebbe
meglio dire all’incompetenza e noncuranza di chi ha condotto l'opera.
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Museo della Civiltà contadina – Grezzano
di Mugello – aperto nel pomeriggio di tutti i
giorni festivi- possibilità di concordare visite
guidate per gruppi e scolaresche.
Contatti e info: www.casaderci.it – mail:
[email protected] – tel. 3336683897 (museo)
– 3386880647 (visite guidate e attività didattiche).
Il Museo è facilmente raggiungibile in auto da
Borgo San Lorenzo (FI), il più grande centro
urbano del Mugello, in dieci minuti di auto.
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TURISMO
LIGURIA, I CARRUGGI DI CERVO
Luigi Diego Eléna
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I caruggi di Cervo, in
provincia di Imperia, scrivono e lasciano dentro di ognuno
infinite tracce incredibili eppur reali, perché tutte visibili.
I caruggi di Cervo sono tanti indirizzi da spedire in cielo come ritagli di aquiloni, oppure come barchette di carta scivolate in mare,
ed anche file di vagoni su due rotaie in terra, come coppie di innamorati. Hanno francobolli a grappoli di uva fragola su ogni angolo, per viaggi dionisiaci tra sorprese di panorami, firmati dai colori pastello. Ogni toponimo è un biglietto da visita profumato ai fiori di pitosforo e appassionato quando sussurri t'amo, o fai qualche pausa colto dal l'apnea di un edulcorato bacio. Intorno testimoniano caldi lampioni giallo ginestra, come lampare appese alle
braccia di una luna sotto le lenzuola. Si salpa da questo scoglio,
sollevando le radici come ancore portando seco la virtù di essere
questo luogo. Si ritorna e si attracca ancora a questi enigmatici caruggi, un rebus dove il mittente ha cinque lettere ed un solo nome: Cervo, quel Servus "per opportuna loca" che c’è ancora e lascia dentro di te infinite tracce incredibili eppur reali, perché tutte visibili.
Il nostro amico e collaboratore
Luigi Diego Eléna guida speciale
dei carruggi di Cervo.
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TURISMO
UMBRIA, LIBERI NELL’EREMO DELLE CARCERI
Alberto Pestelli
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Qui si percorre la
strada, credenti o
non credenti, nel più
rispettoso silenzio
perché a far sentire
la sua voce è la NATURA! Solo così ci
sentiamo LIBERI…
Non prendersela comoda! Questo è il trucco per visitare Assisi e paraggi. Meglio sarebbe trovare un buon hotel il giorno
precedete non molto distante dalla patria di Francesco per essere sul posto presto soprattutto se, prima di varcare le porte
della città, vogliamo recarci all’Eremo delle Carceri. Il motivo? Provate a trovare un posto nei pressi dell’entrata per la vostra auto dopo le 9,00-9,30 del mattino… impossibile.
Per questo motivo eravamo all’eremo poco prima delle nove,
precedendo una schiera di autobus di pellegrini.
Parcheggiata l’automobile in un posteggio abbastanza agevole, siamo finalmente entrati nell’antico Eremo delle Carceri.
Posto a 790 metri sul livello del mare sulle pendici del Monte
Subasio, l’eremo si trova a circa quattro chilometri da Assisi
nel punto dove sorgono diverse grotte naturali già conosciute
dagli eremiti agli albori del cristianesimo.
Francesco e seguaci si ritiravano lassù a pregare e a meditare
dopo aver percorso salite aspre sicuramente per quasi una
mezza giornata.
Leggendo le storie dell’Eremo, veniamo a conoscenza che non
appartenne sempre ai Francescani. Il governo del Comune di
Assisi lo donò all’ordine dei Benedettini i quali lo offrirono a
Francesco che intendeva “incarcerarsi” nella meditazione.
San Bernardino da Siena ampliò l’Eremo nel XV secolo costruendo la chiesa di Santa Maria delle Carceri inglobando la
cappella che già esisteva prima dell’arrivo di Francesco. Fu costruito anche un piccolo convento.
Attraversata una breve e caratteristica galleria ci ritroviamo
in un piccolo chiostro detto, appunto, Chiostrino dei frati. È
una terrazza a forma di triangolo a strapiombo sul “fosso delle Carceri”. Affacciarsi dal
chiostro è veramente impressionante e da capogiro.
Un po’ come camminare
sul lungo ponte che collega
Bagnoregio con l’antica Civita… da vertigine.
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Dal chiostro possiamo accedere al refettorio dei frati francescani e alla chiesa di
Santa Maria delle Carceri. Le celle dei frati si trovano sopra al refettorio.
Una ripida scala ci conduce a una faggeta
e alla grotta di San Francesco.
Molto ci sarebbe da dire su questo luogo
singolare, ma crediamo che sia importante lasciar parlare non solo le immagini
ma ogni singola foglia, sasso, filo d’erba.
Che sia a parlare il vento, il profumo del
bosco e le fitte parole dei suoi abitanti
semplici. Lasciamoci alle spalle il fastidioso chiacchiericcio, brusio indistinto dell’umano meravigliarsi… qui si percorre la
strada, credenti o non credenti, nel più
rispettoso silenzio perché a far sentire la
sua voce è la NATURA! Solo così ci sentiamo LIBERI…
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TURISMO
SARDEGNA: NORA, UNA RICCA CITTÀ
NELL’ISOLA DEGLI SHARDANA
Alberto Pestelli
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A Norace Norae oppido nomen datum, in
altre parole il nome
di Nora fu dato da
Norace.
Lo scrittore e geografo dell’antica Grecia Pausania il periegeta
(vissuto nel II secolo dopo Cristo) sostenne la tesi che attribuiva la fondazione dell’antica città sarda di Nora all’eroe Norace
di stirpe iberica. Lo scrittore romano Solino, vissuto nel III secolo, pur confermando come fondatore l’iberico Norace, sostenne che esso proveniva da Tartesso una città sita, molto
probabilmente, nell’odierna Andalusia. Sia Solino sia Pausania ammisero che… a Norace Norae oppido nomen datum, in
altre parole il nome di Nora fu dato da Norace.
La città di Nora è antichissima la cui fondazione non è ancora
ben chiara. Alcuni archeologi l’attribuiscono ai fenici e successivamente ai cartaginesi. Altri ritengono, come il noto studioso Leonardo Melis, che abbia origini Shardana, il più potente
dei Popoli del Mare. Quel che rimane delle antiche vestigia di
Nora è situato sul promontorio di capo Pula nella costa che
guarda a mezzogiorno della Sardegna nei pressi della cittadina di Pula a ovest di Cagliari.
Qualunque siano le sue origini, nei pressi di Nora sono stati
rinvenuti diversi reperti e tracce della civiltà nuragica nel periodo dell’età del bronzo quali alcuni manufatti micenei giunti
in zona nel periodo di maggior splendore dell’età nuragica; un
pozzo nei pressi delle terme più vicine al mare. Nelle vicinanze della zona di Pula sono state trovate altre ricche tracce nuragiche quali il nuraghe Sa Guardia Mongiasa nell’entroterra,
il Nuraghe Antigori che si trova nei pressi di Sarroch (una città più vicina a Cagliari e sede da moltissimi anni di una colossale raffineria petrolifera…) dove sono state trovate alcune ceramiche di origine micenea.
I resti originari della città
non sono molti. Li possiamo vedere in alcune abitazioni, soprattutto in quel
che rimane dei muri del
piano terra: i punici costruivano le loro case con muri
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a telaio, ovvero sistemavano delle grosse
pietre formando, appunto, un telaio dove
venivano impilate pietre di varie dimensioni. Con l’avvento della conquista romana della Sardegna, i nuovi arrivati portarono una ventata di modernità nell’ingegneria edile secondo il loro stile. Si svilupparono le insulae, abitazioni a più piani
costruite a mattoni. I luoghi pubblici erano in parte tutti quanti costruiti in pietra.
I romani costruirono il foro, il teatro, vari
impianti termali. Edificarono anche un
anfiteatro che, per il momento, non è mai
stato scavato. Ma sono i mosaici che gli
archeologi hanno scoperto la cosa più preziosa di tutta Nora. In molti casi il loro
stato di conservazione è ottimo e decorano quelle che erano
considerate le case
delle famiglie patrizie
e più importanti della
città sarda. Tutti
quanti, tranne un caso, rappresentano fi28
gure geometriche e sono colorati con poche tinte. Le figure presentano un contorno il cui colore variava a seconda dell’artista mosaicista: praticamente era considerato un “marchio di fabbrica” che caratterizzava solo ed esclusivamente una bottega artigiana.
Il declino di Nora si ebbe con il suo graduale abbandono nel V secolo dopo Cristo a causa dell’invasione dei Vandali e
per la difficoltà del commercio via mare.
I noritani si rifugiarono nell’interno dell’Isola considerate zone più sicure. Nel VII
secolo Nora cessa di essere considerata
città per diventare una fortezza militare.
L’antica città e poi la moderna Pula sono
legate al martirio di Sant’Efisio avvenuto
il 15 gennaio del 303 d.C.
Nelle vicinanze delle rovine noritane, sorge un’imponente torre di origine aragonese che faceva parte del sistema di avvistamento difensivo della costa meridionale
della Sardegna. Il contatto con queste torri (Torri di Cala d’Ostia e di San Macaro e
del Diavolo) erano in contatto visivo e comunicavano l’una con l’altra con linguaggi ben visibili da torre a torre. La Torre
del Coltellazzo o di
Sant’Efisio è la più
grande e si trova nel
medesimo promontorio dove sorge Nora
ed esattamente prospicente ai resti dell’acropoli dell’antica
città sarda. Sorta su
di una costruzione militare del XIV secolo, la torre del Coltellazzo entrò in servizio nel 1607. In seguito fu inglobata in un
forte costruito agli inizi del ‘700. Nel XIX
secolo, una volta perduta la funzione militare, la torre divenne un faro.
Nora ha ancora molto da offrire agli appassionati di storia e di archeologia e a
tutti coloro che non sono mai sazi di saperne di più sulla propria terra e sulle
proprie origini. Se solo si concedessero
più fondi per gli scavi archeologici e per
lo studio di ciò che si potrebbe trovare,
Nora potrebbe diventare una fonte di lavoro certo e garantito soprattutto nei mesi delle vacanze. Se sembra giusto rivolgersi al turista che non pensa solo a star
sdraiato tutto il giorno sulle bellissime
spiagge dei dintorni cuocendosi a fuoco
lento col sole della Sardegna, mi sembra
doveroso rivolgersi anche e soprattutto ai
figli dell’antico popolo dell’isola, stuzzicando con arte la memoria storica rimasta per troppo tempo nascosta nel sottobosco della dimenticanza. E l’apertura
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dello scrigno si ottiene incoraggiando la
cultura, la lettura, il confronto, la riscoperta di quei valori di una volta, le tradizioni, la lingua. Il ministro Tremonti disse non molto tempo fa: con la Cultura
non si mangia! Certo… non si mangia se
non la coltiviamo e spargiamo i semi per
far ricrescere ancora quel grano che sfama. Il tutto subito non esiste come il sale
in quel suo discorso… non c’è! Il grano richiede tempo per maturare e se matura
bene possiamo fare un pane che sfamerà
tutti quanti.
Servono i soldi… naturale! Senza il denaro non si ottiene niente. Ma non basta solo il finanziamento per creare quel che sogniamo. Occorre la volontà da parte non
solo delle istituzioni ma anche quello della gente comune (mi riferisco a tutti gli
italiani, perché la cultura appartiene a tutti noi!), dei benefattori sensibili ai beni
dell’umanità, industriali e commercianti
(e perché no? e che male c’è se ne trarranno profitto?) di rendere possibile un futuro luminoso per un bene prezioso dal valore incalcolabile come nel caso di questa
antica isola dei Popoli del Mare, gli Shardana.
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CURIOSITÀ
IN MEMORIA DI UNA STORICA IMPRESA SPORTIVA
A REMI DA FIRENZE A LONDRA
Gianni Marucelli
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Esattamente ventinove anni fa, nel Giugno 1987,
due canottieri fiorentini, Giorgio Benvenuti e Franco Ciardini, stavano risalendo, a forza di remi, i fiumi francesi, per giungere alle coste atlantiche e da
qui, con un solo balzo attraverso La Manica, l'Inghilterra e Londra. Provenivano da Firenze e avevano combattuto con le onde del Tirreno prima di
puntare la prua verso il delta del Rodano.
Mentre l'uno remava, l'altro seguiva, con non poche difficoltà, il compagno su un camper, che era
la loro base mobile.
Avevano superato, e non di poco, i cinquanta anni:
Giorgio aveva cinquantacinque anni, Franco cinquantasette.
Ma erano atleti e, soprattutto, uomini veri.
La loro impresa, da Firenze a Londra su un canotto, la “Francesca”, lungo sette metri e largo sessanta centimetri, percorrendo il tragitto in circa due
mesi e mezzo, non è mai stata ripetuta.
Pochi ormai la ricordano, anche se all'epoca venne
celebrata dai media di mezza Europa.
Giorgio Benvenuti ci ha lasciato poche settimane
fa, dopo aver lottato, con il coraggio che gli era consueto e con l'ottimismo che era parte della sua natura, contro un male terribile.
Per quarant'anni è stato Socio e attivo dirigente di
Pro Natura Firenze.
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PILLOLE DI METEOROLOGIA
ESTATE CALDA... E POI?
Alessio Genovese
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I Righeira cantavano, anni fa, "L'estate
sta finendo"; nel nostro caso, invece, sta
iniziando e dal punto di vista meteorologico ciò avviene ufficialmente con il 1° giugno; questo perché, come detto più volte
all'interno di questa rubrica, le stagioni
meteorologiche non coincidono appieno
con quelle astronomiche. In tal modo
l'estate inizia il 1° giugno e si conclude il
31 agosto.
Mentre prende avvio la stagione estiva, si
conclude nei fatti uno dei fenomeni di "El
Niño" più intensi degli ultimi decenni,
che senza dubbio ha contribuito a determinare fra il 2015 e inizio 2016 un rialzo
non indifferente delle temperature terrestri. A riprova di quanto appena detto in
merito al venir meno de "El Niño", postiamo qui sotto il grafico Unisys che indica,
attraverso vari colori, le anomalie delle
acque superficiali del globo.
http://weather.unisys.com/surface/sfc_daily.
php?plot=ssa&inv=0&t=cur
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Come è facilmente intuibile il colore rosso acceso indica temperature sopra la media, mentre il blu il contrario. "Il Niño" e
il suo opposto, "La Niña", si concretizzano nella fascia dell'Oceano Pacifico orientale che, nel suo lato destro, si trova all'incirca in corrispondenza del bacino peruviano. Come è osservabile dal grafico, tale fascia inizia a colorarsi di blu e questo
perché in molti settori si sta già registrando un raffreddamento delle acque che dovrebbe portare, secondo molti esperti, all'avvento de "La Niña" entro la fine dell'estate. Da notare inoltre come persista
una forte anomalia negativa delle acque
dell'Atlantico settentrionale (cosiddetto
blob atlantico).
Come trascorrerà allora l'estate 2016? Solitamente gli effetti climatici de "Il Niño"
continuano a farsi sentire ancora per altri
3-4 mesi dopo la conclusione del fenomeno. Questo lascerebbe presagire un'estate
ancora molto calda, per lo meno rispetto
alle medie degli ultimi trenta anni. In
realtà, non si possono fare delle previsioni di tre mesi attenendosi solamente a un
fattore climatico e la realtà potrebbe proporre, soprattutto a livello locale, delle situazioni leggermente diverse. Se fino a
quindici giorni fa i principali modelli climatici di riferimento prevedevano
un'estate rovente con una persistente presenza sullo stivale del famigerato Anticiclone africano, negli ultimi giorni, con
l'avvicinarsi dell'inizio dell'estate, gli stessi modelli hanno almeno in parte ridimen-
sionato le temperature previste per giugno, luglio e agosto.
Ciò che, quindi, è più lecito aspettarsi, è
un'estate sì calda ma non troppo, con
giornate di bel tempo e temperature anche sopra i 32°, alternate a dei periodi,
magari di breve durata, più freschi per
via di perturbazioni atlantiche che potrebbero interessare maggiormente il nord
Italia e in parte il centro, mentre il sud,
come avviene spesso, dovrebbe risultare
più protetto dall'alta pressione. Dovrebbe
essere soprattutto la prima parte di giugno ad avere qualche incertezza in più,
mentre i mesi luglio e agosto sembrerebbero poter essere più stabili. In poche parole dovremmo avere un'estate un po' più
fresca di quella del 2015 ma più stabile di
quella del 2014. Questo tipo di compromesso, qualora si avverasse, sicuramente
farebbe piacere a molti. Nel frattempo,
pioggia o non pioggia, la maggior parte
degli invasi d'acqua e delle dighe sono colmi d'acqua, tanto che le scorte sono quasi
ovunque sufficienti per coprire i bisogni
dell'intera stagione estiva, per cui almeno
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questa preoccupazione ce la possiamo togliere.
È già troppo parlare di una stagione intera, ma l'interesse mi spinge a pensare oltre, non tanto per azzardare delle previsioni ma piuttosto una tendenza. Con il
passaggio dal "Niño" a la "Niña", con
un'attività solare che per il prossimo autunno/inverno dovrebbe rimanere stabilmente su dei livelli bassi (entro un anno
dovremmo entrare in una fase di minimo
solare anche profondo), con una QBO negativa che dovrebbe destabilizzare maggiormente il prossimo vortice polare favorendo anche incursioni di aria fredda da
est, è lecito attendersi dal prossimo autunno un'inversione di tendenza, rispetto
al surriscaldamento avuto negli ultimissimi anni. In teoria, il prossimo inverno dovrebbe avere tutte le carte in regola per
tornare a essere almeno un inverno mediterraneo, mentre negli ultimi tre anni la
cosiddetta stagione fredda è stata tale solamente nel nome. È poi probabile che il
trend al ribasso possa proseguire anche
nei mesi e anni a venire ma prima che ciò
possa accadere bisogna riuscire a sfatare
le teorie del global warming, cosa sicuramente non facile, nonostante di recente
siano sempre di più gli scienziati che si
schierano contro la stessa teoria.
Alessio Genovese
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IL SALOTTO LETTERARIO DI IOLE
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MARIA IORILLO
La Gattara
Una caratteristica di Roma è l’insediamento, da sempre, di colonie
di gatti randagi, soprattutto nel centro storico. Li vedi acciambellati
sui monconi di antiche colonne romane, tra i piedi delle statue di
Giulio Cesare o di Marco Aurelio, sulla scalinata della Basilica di
San Paolo. Con gli occhi socchiusi, ma sempre vigili, sembrano sorvegliare la loro città, i loro monumenti. Si aggirano solitari, come
tante sentinelle, nelle piazze, nelle strade, nei parchi, a Torre Argentina, al Colosseo, ma si riuniscono insieme quando la gattara dà loro da mangiare. Si dice che siano circa 300.000 i gatti a Roma, di
cui 180.000 presso famiglie e 120.000 nelle strade. C’è un legame
molto profondo tra i romani e i gatti. La città eterna deve a questi
felini l’essersi salvata dalla peste trasmessa dai topi.
Anche nel mio quartiere gironzolano bei gattoni, ti passano tranquilli sotto il naso. E neanche ci fai più caso. Ciò che infastidisce è, invece, l’odore della loro orina in alcuni angoli. L’edificio della scuola
media, proprio dietro casa mia, ha un piccolo giardino, dove bazzicano una decina di gatti. E, spesso, vedo una signora anziana, munita
di ciotole e di cibo in scatola e di avanzi, forse raccattati qua e là.
Passa ore con i suoi amici felini. E’ sempre intenta a parlare loro
con amore. Con cura riempie le ciotole. Mi ha sempre intenerita e
incuriosita quella donna, dall'aspetto curato e pulito, anche se si intuisce il suo tono di vita molto semplice, al limite della sopravvivenza.
L’altra mattina, ero in giro per il vicino mercatino, la vidi e, dopo un
attimo di esitazione, mi avvicinai.
- Le sono affezionati!E lei, alzando lo sguardo verso di me:- Sì, porto loro da magna’ tutti
i giorni. Ormai me conoscono e se’ fanno avvicina’!Abbassandomi ad accarezzare il gatto a me più vicino e, forse anche
il più coccolone, le chiesi:- Ma quanti sono?-
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La gattara, mentre riempiva d’acqua una ciotola rossa:- So’ sei, ma ogni tanto si unisce
qualche gatto che viene da altri quartieri. Vedi quello nero, laggiù, quello co’ le chiazze
bianche? –
Alzai lo sguardo e vidi un gattino spelacchiato e che, dal passo e dagli occhi furbetti, mi
sembrava anche il più vivace e, forse, il più
giovane di tutto il gruppo.
La donna continuò:- Quello è er più diffidente. Sai quanto tempo ha impiegato per farse
avvicina’? Tanto. Era sempre lì, me’ guardava
da lontano co’ suoi occhietti furbi e si avvicinava alle ciotole solo quanno io ero distante.
Poi, pian piano, passo dopo passo… oggi è er
primo a venimme incontro.- La gattara sorrideva; un sorriso fiero, soddisfatto.
Abita qui vicino, signora? - Le chiesi continuando a giocherellare col gatto coccolone.
- Sì, dietro er mercato! Vengo qui tutte le mattine e faccio compagnia ai miei amici gatti.
So’ sola, mia cara. I miei figli vivono al nord,
uno a Torino e l’altro a Mantova. Scendono
ogni morte de’ Papa qui a Roma. Lavorano,
sono in carriera anche le loro mogli. Me’ telefonano una volta al mese. Me’ mandano qualcosa, de’ soldi, ogni tanto, questo sì, ma forse
lo fanno pe’ sentisse con la coscienza a posto.
Ma a me mancano. I miei nipotini mi mancano. Ho l’impressione che neanche si ricordino de’ me. Ne ho 3, so’ bei pupi. Mio marito,
pace all’anima sua, è morto anni fa!Ed io, sempre più intenerita da quella storia
di solitudine metropolitana, dalla storia di
una donna sola, di una madre dimenticata
persino dai figli:- Ma non ha proprio nessuno
qui? Un parente, un’amica?
- No, cara. Questi - indicando i gatti – sono
gli amici miei. Poi, l’uomo te lo raccomanno.
E’ tutto preso da altri pensieri, a fa’ denaro.
Ha dimenticato se stesso e chi gli sta attorno!
Una volta non era così. Sai, quanno ero giova-
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ne, abitavo a Testaccio; lì ci si conosceva tutti, ci si aiutava l’uno con l’altro, si passavano
ore e ore a chiacchiera’ sotto casa, o sul pianerottolo o alla finestra. Oggi corrono tutti, nessuno te’ guarda in faccia. Ma dove vanno così
de’ pressa?Sorrisi. Un sorriso amaro:- Ha ragione, è proprio così!- E pensai ai miei vicini; neanche conosco i loro nomi. Si continuò per un po’ la
conversazione, mentre l’aiutavo a raccogliere
le scatolette e le ciotole ormai vuote. Parlava
tanto; avvertivo il suo bisogno di essere ascoltata.
Poi, con rammarico la salutai.
E lei, con occhi lucidi, disse:- Mi ha fatto piacere scambià du’ chiacchiere co’ te. L’ho letto
nei tuoi occhi che sei buona e dolce. Auguri
per una santa pasqua e tanta, tanta fortuna,
mia cara!Uno scambio di mani, di auguri e di sguardi,
molto intenso. Mi allontanai, anche se avrei
voluto farle ancora mille domande, ascoltarla, farle ancora un po’ di compagnia.
Ripresi la strada verso casa, era quasi ora di
pranzo. Mi sentivo malinconica, ma anche serena. Sorridevo. Pensavo. Quanto tempo sprecato alla ricerca di chissà cosa. A volte basta
poco. Basta guardarsi intorno, scambiare un
sorriso, due parole anche con una persona
sconosciuta, con una gattara, per sentirsi già
meglio. Ritrovarsi insieme, come quei gatti
randagi, e il cuore pompa già in modo diverso.
GUIDO DE MARCHI
Raccontami qualcosa
La giornata era trascorsa tranquilla, Anna si era svegliata nel tardo
pomeriggio e pareva tranquilla, i dolori che l’avevano tormentata il
mattino, dopo le iniezioni si erano finalmente attenuati.
Ida che la stava assistendo in quei drammatici giorni, era al suo fianco e ciò contribuiva a tranquillizzarla: sapeva di potersi fidare di lei
e Anna, che la conosceva sin dai giorni dell’infanzia, gliene era grata.
Non era facile per una persona sola, malata terminale, trovarsi a vivere i propri ultimi giorni con l’idea di essere nelle mani di persone
sconosciute, anche se molto gentili e premurose; Anna era consapevole dell’affetto e del dolore di Ida: era stata un’amica sempre presente in tutti i momenti più difficili della sua esistenza. Con lei aveva condiviso una gioventù allegra e spensierata, gli innamoramenti
del periodo scolare dal liceo all’università, affrontando amori e delusioni sempre con grande consapevolezza; avevano affrontato insieme le lunghe difficoltà per trovare la tranquillità di un lavoro. Anche dopo il matrimonio Ida era sempre stata un’amica disponibile e
sempre presente che aveva coinvolto Anna nelle sue peripezie e nei
suoi momenti di gioia, specie dopo la nascita di Enrica che, naturalmente aveva visto Anna fare da madrina, una madrina che la piccola aveva sempre chiamato zia.
Non sono molte le amicizie che resistono a tutte le bufere della vita,
ma per le due donne un diverso modo di essere sarebbe stato inconcepibile.
Ida stava guardando Anna mentre col pensiero andava a ripercorrere i lunghi anni della loro amicizia, ricordava ancora le emozioni dell’adolescenza, le facili infatuazioni, i primi fidanzatini coi quali si
erano affacciati all’età maggiore e quanto si confidavano l’una con
l’altra ponendosi domande spesso senza risposte, curiose di scoprire quanto più possibile sulla realtà e misteri della vita adulta. Ricor-
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dava pure quanto fosse importante l’avere qualcuno con cui condividere gioie e dolori. Alla fine
le due ragazze erano diventate donne ed avevano trovato due compagni coi quali creare progetti per il futuro. Ida aveva avuto più fortuna di Anna e alla fine aveva formato la sua famiglia.
Anna, dopo alcune storie molto sfortunate, era rimasta single e in fondo si era adattata alla sua
solitaria condizione.
Le due avevano ormai raggiunta la soglia del mezzo secolo quando Anna fece la scoperta di avere un mare incurabile.
Ora, nel silenzio della cameretta dell’ospedale, Ida osservava il paesaggio dalla finestra che si
affacciava sulla città, in lontananza si scorgeva il mare e le navi che lentamente sparivano oltre
la linea dell’orizzonte, una leggera foschia confondeva mare e cielo e le imbarcazioni parevano
diventare via via più evanescenti: “Come la vita di Anna” pensò con una stretta al cuore, girandosi a guardarla e vedendola sorridere si chinò su di lei prendendole una mano:
- Cosa c’è, hai bisogno di qualcosa?
Anna la guardò a lungo prima di rispondere, poi disse:
- Raccontami qualcosa...
- Cosa vuoi? Qualcosa di che?
- Quello che vuoi tu, anche una favola, una bella dolce favola - rispose Anna con un filo di voce.
Ida cominciò a raccontare, una, due tre favole... tra una lacrima e l’altra, perse il conto, ma continuò a raccontare.
Fu l’infermiera a interromperla, con un nodo alla gola, mentre con la mano, chiudeva gli occhi
di Anna dicendo:
- Signora, non è più necessario. Credo che adesso non soffra più. Guardi, la ha salutata con un
sorriso.
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Cogli l’attimo...
Fotografia di Alberto Pestelli © 2014
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della rivista in PDF e gli aggiornamenti quotidiani dal primo
settembre.
A partire dal 1 agosto il sito verrà aggiornato quando possibile dal
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