3° premio - sezione narrativa categoria studenti Diana Strano 18
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3° premio - sezione narrativa categoria studenti Diana Strano 18° Istituto Comprensivo “F. Petrarca” - Classe: 3a F Messina (ME) Sono un'ottima urlatrice, lo ammetto: quando sono nata la cosa migliore da fare era lanciare un SOS e far rifugiare tutti, perché le mie grida avrebbero potuto provocare un terremoto. Ma che cosa avrei dovuto fare? Le manone dello zio Gai mi hanno tirato fuori dalla pancia della mamma. Amico di famiglia un corno! Quando avrò la parola ti farò vedere io ... per ora mi limito a mandarti frecciate con la forza del pensiero. Perché non mi hai concesso di dormire ancora un po'? Avrò tanto tempo di stare sveglia, qui in questo mondo dove sento freddo e mi viene da piangere. Sì, cedo alle lacrime: la luce fastidiosissima del neon mi abbaglia ... perché non c'è ancora il buio ovattato dalla pancia della mamma? Mamma sa di mamma. Mamma sa di coca-cola e latte freddo macchiato. Gai sa di caffè e focaccia. Un cambio repentino, ma ecco che, quando quasi perdo le speranze, mi riportano tra le braccia di quell'angelo caduto. Ora sa di lacrime, ma ride, e come lei fa un altro ragazzo seduto accanto al letto catapultato da dieci secondi nella veste di padre. Ha fatto un accordo con Gai, per stare lì, si è travestito da infermiere con il camice verde e la mascherina. Infiltrato! Ora basta, lasciatemi sola con mamma, è l'unica che mi capisce e con cui mi sento al sicuro. Sono nata da dieci giorni. Ho scoperto che l'infiltrato è mio padre, ed è abbastanza simpatico, nonostante mi faccia le smorfie da stupido. Qualche volta vengono tre vecchietti a farmi visita: due camminano insieme, un'altra, invece, viene sempre sola, accompagnata dal suo profumo di acqua di rose. Sono abbastanza simpatici, quando mi vedono sorridono sempre, anche quando devono cambiarmi il pannolino (il che non credo sia un bello spettacolo). A quattro anni arriva una novità. Una piccola peste si è insinuata nel corpo di mia madre, vuole rubare il mio posto nel suo cuore, ma non ce la farà. Eppure, quando la vedo, mi piace: Ha la pelle come una pesca, dico. Quella nanetta mi ha conquistata. I primi sei anni della mia vita sono passati velocemente e sono arrivata in seconda elementare. Sono finalmente a scuola, e non è tanto male: mi ha accolto una maestra con i capelli lisci e la frangetta, di un biondo rossiccio, Francesca. Poi sono arrivate le altre: dolci, comprensive, talvolta severe. Sono stata fortunata, in fatto di maestre. Per tutti e cinque gli anni delle elementari mi hanno fatto amare le materie che insegnavano e in quinta non sono mancate le lacrime. Le elementari sanno di pizzette del panificio accanto alla scuola, sono verdi come le pareti delle classi, sono luminose come il sorriso delle maestre. Sono dolceamare, perché le medie si avvicinano, e nessuno sopravvivrà ... Rettifico: non sono una che la pensa così. Stare con due piedi in una scarpa mi viene difficile, come tenere la bocca chiusa. Le insegnanti delle elementari ci hanno fatto il lavaggio del cervello: secondo loro le medie saranno realmente un inferno, o lo fanno solo per metterci in guardia su eventuali professori mangia-bambini? La prima media inizia in modo strano, siamo accolti da una professoressa in un tubino giallo senape seduta sulla cattedra. Sorride, non è un buon segno. È quella che sostiene la tesi che in prima siamo cuccioli, in terza saremo mostri. La nostra metamorfosi, però, è stata veloce e a giugno siamo già piccoli latinisti che dicono omnia munda mundis quando vogliono fare qualcosa di poco garbato. Le altre prof sono complessivamente normali. È strano: le medie sanno dei pocket coffee delle professoresse, delle risate sganasciate delle bidelle impazzite. Sono bianche e nere. Varie. Colorate. Il nero limita il bianco dell'infinito perché gli esami incombono e la vita sprofonda in un libro di storia che non si è mai aperto fino all'ora prima dell'orale. Siamo fatti così: non ci impaurirà una stupida tesina di terza. Le medie finiscono, ma la vita continua. Niente ci fermerà. Motivazione Il racconto vivace della storia personale permette di entrare con ironia scanzonata, ma non banale, nei passaggi importanti che hanno scandito la crescita, con ansie e preoccupazioni che non paralizzano, ma che costituiscono un motivo in più per non arrendersi affrontando la sfida del vivere.