Safety magazine Editoriale Human Factor Save.....and

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Safety magazine Editoriale Human Factor Save.....and
On the safe side
Dec 2016
N°7
Safety magazine
Editoriale
Le responsabilita' del
PNT
Human Factor
Workload questo
sconosciuto.
Quale è il limite di
sicurezza?
Save.....and safety
Content
On the safe side
Responsabilita' PNT
Le responsabilità personali nel nostro lavoro vanno al di
la’ dell’apporre una firma su un ATL o un piano di carico e
sono rappresentate dall’accettare “vita natural durante”
l’incarico di gestire in maniera eccellente il volo nel
sistema aviatorio in cui ci troviamo ad operare ogni
giorno.
Human Factor
Workload questo sconosciuto.
Quale è il limite massimo sostenibile dalll'individuo?
Esistono degli studi scientifici di misurazione del carico di
lavoro. Vediamone i più importanti ed approfondiamo il
rapporto tra Workload e Fatigue in relazione ai turni del
personale navigante.
Save and safety
Le esigenze "commerciali" hanno dominato lo scenario
con scarsissimi risultati ma quali sono stati gli effetti sulla
professionalita' dei piloti? Quali sono le connessioni tra
aspetti economici e sicurezza del volo? quali le potenziali
conseguenze nel tempo?
Emergency evac
Uno studio elaborato nel 2002 da SVT basato sui dati
NTSB e TSB che coinvolge centinaia tra passeggeri ed
equipaggi che hanno vissuto l'esperenza di una
evacuazione di emergenza, fornisce interessanti
informazioni sulla validità delle procedure e sulle
metodologie di addestramento.
-1-
Editoriale
On the safe side
Le responsabilita'
personali del PNT
Direttore
Responsabile ed
Editoriale
Fabio De Donno
Comitato di
Redazione
Ivan Viglietti, Filippo
Savini, Marco Terranova
Hanno collaborato
Giuseppe Scozzola
Fotografie
Repertorio x1ss2016
Pubblicazione in corso di
registrazione presso il
Tribunale di Roma
"On the safe side"
Rivista mensile, anno I,
n. 7, Dicembre 2016
Editore: Uiltrasporti
viale del policlinico n. 131
00161 Roma
Siamo gli unici protagonisti degli
eventi e in quanto tali siamo coloro i
quali possono evitarli.
In questo editoriale vorrei fare un discorso semplice a
chiusura di un anno tutt’altro che facile; avrete la
sensazione di seguire una lezione su quelle che sono le
nostre responsabilità personali..…. ed è proprio di questo
che voglio parlarvi. Le responsabilità personali nel nostro
lavoro vanno al di la’ dell’apporre una firma su un ATL o
un piano di carico e sono rappresentate dall’accettare “vita
natural durante” l’incarico di gestire in maniera eccellente
il volo nel sistema aviatorio in cui ci troviamo ad operare
ogni giorno, ma sia chiaro, solamente per quelle che sono
le nostre responsabilità e competenze ed a prescindere da
quale sedile occupiamo a bordo. Le nostre responsabilità
per ciò che riguarda la sicurezza delle operazioni non
possono essere delegate né condivise tra chi è protagonista
degli eventi ed il Management Aziendale, e quando parlo
di Management Aziendale mi riferisco a tutte le funzioni a
partire da quella di "chief fleet" fino ad arrivare
all’Accoutable Manager. Siamo gli unici protagonisti degli
eventi e in quanto tali siamo coloro i quali possono
evitarli. Una non corretta percezione di quella che è la
politica aziendale potrebbe farci credere in situazioni
limite, condizionate da uno scenario economico di crisi,
che la regolarità, la puntualità e l'economicita' del volo
siano il nostro unico scopo. Sono sicuramente gli obiettivi
di una Compagnia di trasporto aereo ma a condizione che
sia rispettata la Sicurezza delle Operazioni, che come
dicevo poc’anzi non può essere delegata ed è a livello
operativo indiscutibilmente nostra.
-2-
Editoriale
On the safe side
Senza nulla togliere a chi lavora ogni giorno per consentire che gli
aeroplani vadano in volo, penso che i piloti abbiano dato un chiaro
segnale della loro competenza e professionalità. Non esistono parole per
definire l’importanza del lavoro che e’ stato fatto nonostante le evidenti
carenze di tipo organizzativo e le continue crisi economiche.
Le responsabilita'
personali del PNT
Con questo non voglio affermare che tutti i
problemi di una compagnia aerea possano
essere affrontati esclusivamente dai Piloti,
il management aziendale dall’interno cerca
giornalmente di correggere errori a livello
organizzativo, di migliorare, non sempre
con i risultati necessari, ma l’attuazione di
un cambiamento organizzativo richiede
tempo, richiede persone motivate e
competenti e richiede solide fondamenta
su cui costruire. Non esiste il cambiamento
ad ogni costo in un’attivita’ come il
trasporto aereo che per definizione ha
caratteristiche di alta lesivita’ potenziale
con esigenze di accident prevention. Esiste
il cambiamento ragionato, valutato e
necessario ad uno scopo ben preciso che
non puo’ prescindere dalle esigenze di
sicurezza.
Riceviamo
continui
aggiornamenti, continui cambiamenti di
procedure e talvolta ci viene il dubbio che
non siano tutti necessari in particolare
quando generano maggiori dubbi sia nello
staff che nei naviganti. La situazione
economica oggi, in base a quanto si legge
sui giornali e' ancora una volta
preoccupante, non lasciamo che possa
compromettere i valori fondamentali del
nostro
lavoro.
Si
percepisce
la
demotivazione, brutto segnale propizio alla
esecuzione
di "unsafe
acts", bisogna
trovare la forza di salvaguardare l’ambiente
all’interno del cockpit. Noi occupiamoci del
nostro lavoro e con professionalità
manteniamoci al centro del percorso
talvolta insidioso che andiamo a seguire
giornalmente, prendendo adeguati margini
dalle situazioni di rischio. Se ci
allontaniamo dal centro di tale percorso
con l’obiettivo di coprire i problemi del
sistema aeronautico Nazionale potremmo
diminuire l’attenzione su quelli che sono i
nostri compiti per assumere delle
responsabilità che non ci competono e per
le quali, in caso di incidente, nessuno ci
coprirebbe. Per concludere cerchiamo di
non disperdere i fondamentali del nostro
lavoro, rispettando quanto la Compagnia
ufficialmente ci chiede, ma al tempo stesso
analizzando il cambiamento in manier
costruttiva e con spirito critico, valutando
con il miglior giudizio tutte le situazioni
che continuamente affrontiamo dando la
giusta priorità ai problemi, raggiungendo
gli obiettivi commerciali ma senza erodere
i margini di sicurezza. In tal modo
avremmo svolto in maniera eccellente il
compito nell’interesse nostro, della
compagnia e di tutti coloro che si affidano
alla nostra professionalità.
-3-
Human factor
Workload sconosciuto
Il vero problema secondo gli esperti è nel riconoscere quando il
workload diviene eccessivo, considerando che la attività
multitasking è caratteristica di ogni pilota professionista e
questo rende più difficile il riconoscimento del limite.
Sinapsi e dendridi. Il nostro cervello è ancora un
mistero e definire dei parametri universali che siano
di riferimento per i limiti di carico tollerabile sembra
un esercizio utopistico. Però riconoscere il nostro
limite ci aiuterebbe a prevenire le conseguenze
inevitabili del suo superamento: gli errori.
-4-
Il workload è quel
serbatoio che possiamo
riempire fino al limite di
sicurezza. Ma quale è il
limite? Non è uguale per
tutti e non è lo stesso
nemmeno per la stessa
persona. Dipende dallo
stato psicofisico ovvero
dalla salute del corpo e
della mente. Per misurare
la "capienza" del
contenitore del workload
dobbiamo considerare
anche la motivazione ed il
livello di frustrazione
professionale, almeno è
quanto affermano gli
esperti. Si può misurare il
carico di lavoro
cognitivo? Non solo esiste
la nota relazione
matematica tra difficoltà
del compito diviso per il
tempo disponibile, ma
anche il basso carico di
lavoro e il passaggio
repentino dal basso
all'elevato carico ha i suoi
rischi e genera risposte
imprevedibili e pericolose
come lo "startle effect".
Come stabilirne i "limiti"
?
Human factor
Workload sconosciuto
Come misurare il carico di lavoro massimo? Misurando la
quantità di errori, cioè il reale prodotto di un lavoro svolto al
meglio delle proprie possibilità ma che ha prodotto deviazioni
dalle reali intenzioni.
Andiamo oltre la semplice relazione tra
difficoltà del compito diviso per il tempo
disponibile
Alcuni metodi di misurazione sono stati
utilizzati anche per la creazione delle
Flight Time Limitations, ovvero i limiti
di impiego del personale di volo per la
determinazione della fatica. I metodi
cosiddetti scientifici sono molti: dal TLI
(Task Load Index) della NASA a metodi
psicofisici come l'HRV (Heart Rate
Variability), all' Eye Blink o al carico
celebrale (EEG). Nel sistema della
NASA Task Load Index compaiono, tra
gli altri rilevatori di workload, il Mental
Demand, la Performance, l'Effort ed
anche la Frustration. Uno tra i tanti
studi effettuati con l'ausilio di piloti
esperti
e
"ab-initio"
è
quello
dell'University of Central Florida e
denominato "Effects of Flight Factors
on Pilot Performance, Workload and
Stress at Final Approach to Landing
Phase of Flight". Utilizzando le
metodologie e le tassonomie sopra
citate, questo studio, limitato alle fasi di
avvicinamento ed atterraggio, è giunto
alle conclusioni che il carico di lavoro è
grandemente influenzato da fattori
esterni
quali
la
tipologia
di
avvicinamento, le condizioni meteo e
la precedente valutazione delle possibili
variazioni al pianificato ma non è
condizionato in modo determinante dal
livello di esperienza del pilota.
Certamente l'età anagrafica gioca solo
un ruolo negativo ed andrebbe
considerata nella determinazione del
massimo carico di lavoro sostenibile.
Questo ed altri studi hanno però un
limite oggettivo: sono esemplificazioni
di
una
materia
complessa
e
difficilmente catalogabile con molte
variabili. Ma possiamo considerarli
affidabili per stabilire che, se ci si trova
all'interno di essi, significa che stiamo
lavorando in sicurezza? Oppure la
risposta è: "dipende" ?
Innanzitutto specifichiamo che per
workload intendiamo il carico di lavoro
cognitivo in operazioni "multitasking"
svolto in cockpit, ovvero un ambiente
non confortevole paragonato ad un
ufficio ben climatizzato, seppure il
primo goda di un'ottimo panorama
sempre diverso.
Allora come misurare il carico di lavoro
massimo?
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Human factor
Workload sconosciuto
Conosciamo le difese suggerite dal CRM: farsi
aiutare, delegare, assistere, comunicare in modo
efficace.
L'età anagrafica non può non essere
considerata nel workload
sostenibile
Misurando la quantità
di errori, cioè il reale
prodotto di un lavoro
svolto al meglio delle
proprie possibilità ma
che ha prodotto
deviazioni dalle reali
intenzioni. Tra le
contromisure migliori per
PREVENIRE i danni
dell'eccessivo o
sbilanciato workload
esistono i turni che hanno
un valore identificativo
non solo legato all'orario
di servizio ed al tempo di
riposo (legati alle FTL)
ma anche alla tipologia di
tratta, al tipo di
avvicinamento, al meteo
prevalente.
Esiste un
legame tra
fatica e
workload
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Il legame tra
Workload e Fatigue è
un elemento da
considerare proprio
nella creazione ed
assegnazione dei
turni di volo.
Sembra fantascienza ma è
quanto fanno molti
operatori attribuendo ai
rosters di impiego una
forte valenza di sicurezza
delle operazioni e
ottenendo feedback dai
piloti in modo da
aggiornare costantemente
il database dei turni in
relazione al workload che
potrebbero generare. E
naturalmente li
assegnano o li
lasciano scegliere
considerando la
perequazione e l'età
anagrafica. Ma in attesa
di queste meravigliose e
fantascientifiche migliorie
come fare per difendersi
Human factor
Workload sconosciuto
Molti operatori lasciano la scelta del roster ai
singoli naviganti e lo aggiornano in relazione ai
feedback individuali...non e' fantascienza.
La sfida della sicurezza risiede nella individuazione
delle operazioni che generano situazioni di elevato
workload ed erodono i margini di sicurezza. Il "risk
assessment" del carico di lavoro.
-7-
dal superamento del
workload massimo? La
risposta è nota e si trova
nella gestione in ambito
CRM: farsi aiutare,
delegare, assistere,
comunicare in modo
efficace. Il vero problema
secondo gli esperti è nel
RICONOSCERE quando
il workload diviene
eccessivo, considerando
che la attività
multitasking è
caratteristica di ogni
pilota professionista e
quindi rende più difficile
il riconoscimento del
limite. Quindi, fino a
quando non verrà
riconosciuta la necessità
di ascoltare i piloti per la
creazione ed
assegnazione dei rosters
come fanno i migliori
operatori mondiali, solo
l'addestramento potrà
aiutarci. Siamo
fermamente convinti che
ogni modifica operativa
(o procedura nuova)
debba essere preceduta
da un accurato studio
sperimentale sulle
conseguenze in termini di
carico di lavoro
sostenibile.
Interview
Save and safety
Dopo cinque anni dall'air deregulation act in USA le perdite
ammontavano a circa 7 miliardi di dollari, la qualità e l’efficienza dei
servizi era decisamente scaduta, la ricerca di personale qualificato e
l’organizzazione dell’addestramento e della formazione erano
compromesse dal fattore tempo.
Il trasporto aereo e' un'attivita' che in ambito
industriale e' considerata ad alta lesivita'
potenziale con esigenze di sicurezza e di
accident prevention policy
Il trasporto aereo e' un'attivita' che in
ambito industriale e' considerata ad alta
lesivita' potenziale con esigenze di
sicurezza e di accident prevention policy.
Nei modelli di analisi e ricerca degli errori
infatti tale attivita' e' paragonata alle
gestione di una centrale nucleare dove
procedure e politiche di sicurezza sono
fondamentali al fine di scongiurare il
rischio di incidente. Questo concetto viene
frequentemente ignorato quando, a causa
di esigenze economiche e commerciali il
contenimento dei costi diventa prioritario
rispetto alla salvaguardia dei concetti di
accident prevention nella loro pienezza.
Tutti noi ricordiamo il recente passato e
siamo ben consapevoli di quanto sia
accaduto negli ultimi 10 anni. Le esigenze
"commerciali" hanno dominato lo scenario
con scarsissimi risultati, oggi ancora una
volta ne abbiamo la conferma, ma al di la'
dei bilanci disastrosi le cui responsabilita'
non ricadono certo sui dipendenti, quali
sono stati gli effetti sulla professionalita'
dei piloti? Quali le connessioni tra aspetti
economici e sicurezza del volo? Quali le
potenziali conseguenze nel
tempo ?
Qualcuno si pone domande di questo tipo
oppure no? Tra la fine del 1977 e l’inizio del
1978 il Presidente Americano J. Carter
annunciò la sua intenzione di liberalizzare i
cieli negli USA (open skies) al fine di
alimentare i mercati del trasporto aereo in
un regime di libertà e concorrenza. La
legge fu denominata “Air deregulation act”
tradotta alla lettera in Italiano in
deregolamentazione dei cieli e portò alla
nascita di nuove società aeree che
consentivano trasferimenti a bassissimo
costo, bastavano venti dollari per accedere
ad un volo della durata di 1 ora. Dopo circa
cinque anni in questo nuovo scenario ci si
rese conto che c’era stato si un incremento
delle società di navigazione e del traffico,
ma, nonostante tale incremento, le perdite
economiche accumulate erano elevatissime
(circa 7 miliardi di dollari dal 1979 al
1985), inoltre la qualità e l’efficienza dei
servizi era decisamente scaduta in quanto
sia la ricerca di personale qualificato che
l’organizzazione dell’addestramento e della
formazione erano compromesse dal fattore
tempo. Per fare presto si rischiava di fare
male e dato che non si può accomunare
l’aereo ad un qualunque altro mezzo di
trasporto a causa delle sue potenzialità di
rischio intrinseche appariva evidente agli
occhi dello stesso congresso Americano lo
scadimento della qualità del servizio ed i
rischi ad esso connessi.
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Interview
Save and safety
Oggi il modello di riferimento si chiama "low cost" e non vi e'
alcuna critica costruttiva agli effetti che puo' generare sul
personale di volo gia' esasperato da un decadimento generale
delle condizioni di lavoro iniziato nel 2008.
La politica ha sempre prevalso sulle esigenze di
tipo tecnico professionale ma la competenza
degli equipaggi ha consentito di tenere basso il
rateo di incidenti
L'esperienza Americana dovrebbe farci
riflettere sulle potenziali conseguenze
generate dalla riduzione esasperata dei
costi, ma non e' cosi'. Oggi il modello di
riferimento si chiama "low cost" e non vi e'
alcuna critica costruttiva agli effetti che
puo' generare sul personale di volo gia'
esasperato da un decadimento generale
delle condizioni di lavoro iniziato nel 2008.
I "psychological precursor of unsafe act"
sono già presenti nell’area in cui si svolge
praticamente il lavoro del pilota e sono
frutto di carriere bloccate, assenza di
prospettive, continui cambiamenti nelle
procedure, retribuzioni bloccate etc... In
un'attivita' di tipo industriale ad alta
lesivita' potenziale con esigenze di
sicurezza e di accident prevention policy, la
motivazione del personale e' molto
importante. Se la relazione con i
responsabili non è chiara, se la politica di
gestione del personale è aggressiva, se le
condizioni
di
lavoro
peggiorano
progressivamente etc..... possono nascere i
cosiddetti “psychological precursor of
unsafe act” alla lettera (precursori dell’atto
insicuro) e cioè tutti quei condizionamenti
psicologici che portano il lavoratore a
svolgere male il proprio compito,
demotivato, scontento etc…
i precursori sono un elemento fortemente
condizionato
dal
clima
all’interno
dell’Azienda e, se sottovalutati, possono
portare l’operatore di front line a
commettere errori o atti insicuri sotto
forma di sviste, dimenticanze, errori
intenzionali, non intenzionali o violazioni.
Pensare di allontanare tale rischio
attraverso regole in continuo cambiamento
ed una disciplina ferrea che di fronte ad
errori e violazioni produce azioni di tipo
disciplinare e' un concetto che non ha nulla
di
aeronautico
e
distrugge
circa
cinquant'anni di storia dell'aviazione civile
Italiana. La "just culture" infatti deve
essere vista a 360* e non solo dal punto di
vista aziendale. In ambito tecnico
professionale bisogna sapere convincere
con competenza e professionalita', bisogna
essere obiettivi e non fossilizzarsi sul
risparmio altrimenti il contributo che puo'
dare un pilota all'interno della struttura
organizzativa aziendale rischia di essere
vanificato. La politica ha sempre prevalso
sulle esigenze di tipo tecnico professionale
ma la competenza degli equipaggi ha
consentito di tenere basso il rateo di
incidenti, ci auguriamo che continui ad
essere cosi', ma ci auguriamo anche che
questo aspetto non venga sottovalutato.
-9-
Cabin safety
Emergency evacuation
Nell’evacuazione di un B727 a Chicago, dopo essersi resi conto della
presenza di fuoco (APU fire) i passeggeri cominciavano a gridare e ,
nonostante le ripetute esortazioni dell’ assistente di volo affinchè
rimanessero seduti, si alzavano e aprivano le uscite alari permettendo al
fumo proveniente dall'esterno dell'aereo di invadere la cabina.
Crew & passanger
behaviour
Il N.T.S.B. (National Tranportation Safety
Board) e il T.S.B. (Transportation Safety
Board) hanno svolto due approfonditi studi
sulle evacuazioni di emergenza effettuate
sul territorio rispettivamente degli Stati
Uniti D’America e del Canada. Sono state
analizzate: 46 evacuazioni avvenute in USA
tra settembre 1997 e giugno 1999 che
hanno coinvolto 2651 passeggeri e 18
differenti tipi di aa/mm e 21 evacuazioni
avvenute in Canada tra il 1978 ed il 1991
che hanno coinvolto 2.305 passeggeri e 139
membri di equipaggio. Gli studi si basano
sulle informazioni fornite da interviste ai
passeggeri, agli assistenti di volo, ai piloti,
agli addetti delle varie compagnie coinvolte
ed al personale delle unità di soccorso. La
riuscita di un’evacuazione non dipende
esclusivamente dalla corretta esecuzione
delle operazioni previste, ma è legata ad
una serie di fattori che coinvolgono
molteplici aspetti tra cui citiamo: tipologia
dei pax (età, condizioni psicofisiche, grado
di collaborazione, ecc.); comunicazione tra
l’equipaggio e corretta interpretazione
della stessa; accesso alle uscite (raramente
sono operative tutte le uscite. Solo in 4 dei
46 eventi considerati da N.T.S.B. sono
risultate tutte agibili);
corretto
funzionamento
degli
equipaggiamenti
di bordo;
assetto
dell’a/m.
Ogni
evacuazione
quindi
differisce dall’altra indipendentemente dal
numero dei passeggeri, dal tipo di
aeromobile e dal numero delle uscite
disponibili. Partiamo da qualche dato
generale: nei 46 eventi esaminati da
N.T.S.B. la causa più frequente che ha
determinato la decisione di evacuare
risulta essere fuoco al motore (39%),
seguito da fuoco ad uno o più vani cargo e
da fumo in cabina; la maggior parte delle
evacuazioni sono avvenute nelle fasi di
taxi-in o taxi-out; le evacuazioni sono
generalmente unplanned; circa il 60% delle
evacuazioni sono state portate a termine in
più di 90 secondi; su 2.846 passeggeri
coinvolti 2.614 sono risultati illesi, 221
feriti, 11 morti; tra i passeggeri feriti è
risultata
essere
determinante
l’età
(predominanza di passeggeri anziani) e la
condizione fisica (es. stanchezza dovuta al
volo). Sono state effettuate alcune
interviste a passeggeri coinvolti nelle
evacuazioni esaminate. Particolarmente
interessanti sono risultate le risposte sulla
sensazione di aver adottato o meno un
- 10 -
Cabin safety
Emergency evacuation
Nel caso di un B737 a Manchester, dopo varie manovre sulla maniglia compiute da
diversi passeggeri, il finestrino alare cadeva verso l’interno in maniera tale da impedire
l’accesso all’uscita. Nel caso di un DC-9 a Indianapolis, l’equipaggio di condotta ordinava
l’evacuazione utilizzando solo le uscite anteriori ma i passeggeri aprivano comunque le
uscite alari e saltavano al suolo dall’ala, procurandosi fratture e contusioni, poiché i flaps
retratti impedivano la corretta agibilita' delle uscite alari.
Nell’evacuazione di un B737 a Calgary, i passeggeri seduti
nelle prime 7 file si sono diretti subito verso la “left forward
door” nonostante la “right forward door” fosse aperta e
regolarmente assistita. Un assistente di volo si è dovuto
posizionare tra le due uscite ed ha trovato grosse difficoltà nel
costringere con la forza i passeggeri riluttanti ad usare
l’uscita agibile.
- 11 -
comportamento
collaborativo durante
l’evacuazione. Il 75% dei
passeggeri ha risposto
positivamente, ma il dato è
in netto contrasto con le
interviste fatte agli AA/VV
e, soprattutto, con quelle
rilasciate dagli altri
passeggeri ai quali è stato
domandato un giudizio sul
comportamento dei loro
vicini: il 20% ha risposto di
aver notato altri passeggeri
camminare sui sedili anche
se già occupati da altre
persone, il 29% ha visto
spingere, l’11% ha visto
gruppi di passeggeri
discutere animatamente tra
loro. Il comportamento
delle persone è legato al
diffondersi o meno di
paura, agitazione,
percezione di un immediato
pericolo di vita, stati
d’animo che possono
culminare nel panico puro.
In una tale situazione
l’istinto primario di
sopravvivenza prende il
sopravvento a scapito del
razionale e le persone non
agiscono più in modo
ordinato e collaborativo. Di
conseguenza ci si trova
davanti ad individui in
preda a comportamenti
imprevedibili.
Cabin safety
Emergency evacuation
La chiave per migliorare la coordinazione tra cockpit e
cabina risiede nel migliorare la comunicazione e nella
conoscenza dei propri e degli altrui compiti.
In 4 eventi non tutti gli aa/vv hanno udito l’ordine di
evacuazione. In 3 casi per gli aa/vv è risultato impossibile
contattare il cockpit poiché l’interfonico era inoperativo e, in
due di questi, un a/v ha iniziato l’evacuazione senza attendere
l’ordine dal cockpit.
Spesso accade che una folla in stato di
panico si riversi verso la stessa uscita
benché non sia nè l’unica nè la migliore.
Più di una volta infatti i passeggeri,
durante un’evacuazione, hanno insistito
per usare la stessa porta attraverso la quale
erano saliti a bordo, accalcandosi verso di
essa senza curarsi di altre uscite più vicine
e completamente libere. Questo perché la
nostra mente in preda ad elevatissimo
stress rifiuta, per un meccanismo interno
di autodifesa, di elaborare una soluzione
nuova, in un certo senso sconosciuta,
orientandosi verso uno schema già esperito
(quindi elaborato ed agito in precedenza)
durante l’accesso a bordo. In tutto ciò si
innesta inoltre quel fenomeno chiamato
“logica del branco”, ovvero l’esigenza di
imitare
in
maniera
acritica
il
comportamento degli altri, in particolar
modo di aggregarsi sotto il comando di un
leader, anche se improvvisato. A volte è
sufficiente che un individuo qualunque si
metta in evidenza, anche solamente
urlando o fuggendo, per diventare agli
occhi degli altri membri del gruppo un
leader al quale aggrapparsi. In questa fase
è fondamentale la comunicazione di tutti i
membri dell’equipaggio tra loro e verso i
passeggeri.
In 19 delle evacuazioni investigate dalla
N.T.S.B. sono stati usati gli scivoli. In 7
(37%) ci sono stati problemi con almeno
uno scivolo: in alcuni casi lo scivolo non si
è gonfiato per problemi di manutenzione,
in
altri
non
si
è
dispiegato
correttamente. Un’altra difficoltà nell’uso
degli scivoli è data dalla reticenza dei
passeggeri ad usarli. Esitando per paura, o
tendendo a sedersi, spesso rallentano in
modo
considerevole
il
flusso
dell’evacuazione.
Un’analisi
più
approfondita va dedicata alle uscite di 3°
tipo: i finestrini alari. Questi sono stati
usati in 13 delle 46 evacuazioni esaminate e
nella maggior parte dei casi sono stati
aperti dai passeggeri. Infatti gli aa/vv
designati a presidiarli, non essendo
fisicamente distaccati presso l’uscita,
hanno spesso trovato grosse difficoltà nel
raggiungerli. Ne è conseguito che i
passeggeri stessi si sono dovuti adoperare
per la loro apertura, compito risultato
tutt’altro che agevole. Contrariamente ad
una porta che si apre verso l’esterno,
infatti, l’apertura del finestrino alare
risulta anti istintiva e, una volta rimosso, lo
stesso finestrino, costituisce un ostacolo
che potrebbe intralciare o addirittura
bloccare le vie di fuga.
- 12 -
Cabin safety
Emergency evacuation
L'assistente di volo dovrebbe essere il piu' possibile
riconoscibile sia a bordo che nei video del briefing di
sicurezza. Questo e' parte integrante di una corretta
identificazione e comunicazione tra passeggeri e crew.
Briefing di sicurezza e
comunicazione
Inoltre il passeggero che si trova ad aprire
l’uscita da solo incontra spesso difficoltà di
decisione e non è in grado di valutare le
condizioni esterne. Le analisi individuano
la causa principale delle difficoltà descritte
principalmente nel fatto che i passeggeri
non prestano sufficiente attenzione alle
informazioni di sicurezza fornite loro. Il
24% dei pax non legge la safety card e non
segue il briefing di sicurezza, il 21% guarda
solo il briefing almeno fino a metà, il 5%
guarda solo la safety card. Durante
l’indagine è stato domandato a 457
passeggeri del perché non seguano il
briefing pre-volo: 247 hanno risposto
perché lo hanno già visto in precedenza, 70
perché lo considerano conoscenza comune,
altri perché distratti. Alla domanda, posta
a coloro che avevano seguito il briefing di
sicurezza, sulla sua utilità ai fini della
buona riuscita dell’evacuazione, la metà ha
risposto negativamente. I metodi di
comunicazione usati dalle compagnie aeree
per informare i passeggeri sulle dotazioni e
sul comportamento da tenere in caso di
emergenza sono due: il briefing di
sicurezza effettuato prima del volo e la
safety card. Come già menzionato però,
buona parte dei passeggeri non segue il
briefing di sicurezza e, spesso, si sono
riscontrate delle difficoltà di comprensione
sia di quest’ultimo che della safety card. Gli
aa/vv dovrebbero essere il piu' possibile
riconoscibile sia a bordo che nei video del
briefing di sicurezza. In un’indagine della
N.T.S.B. risalente al 1997 è stato chiesto a
120 utenti il significato di 40 figure della
safety card di un MD80: due terzi (67%) ha
mostrato di comprenderne solo la metà
(21). Da qui si deduce l’importanza di
sensibilizzare
attraverso
una
comunicazione efficace i passeggeri, in
particolar modo coloro che occuperanno i
posti adiacenti alle uscite di sicurezza alari,
sulle procedure di emergenza. Il briefing
di sicurezza dovrebbe dare al passeggero
gli strumenti necessari per far fronte ad
una emergenza codificata ma, come già
detto, ogni evento presenta delle
peculiarità diverse. E’ importante quindi
mantenere una comunicazione continua ed
efficace tra i membri dell’equipaggio ed
istruire i passeggeri in funzione della
situazione che si sta verificando. In alcuni
casi la comunicazione è risultata
difficoltosa a causa del non corretto
funzionamento degli equipaggiamenti
preposti: il P.A. è stato usato 24 volte su 30
e in 3 casi non ha funzionato.
- 13 -
Cabin safety
Gli ostacoli in cabina possono essere un rischio, tale
elemento andrebbe correttamente valutato sia
nell'imbarco di bagagli voluminosi che nella definizione
delle dinamiche dei servizi di bordo
Nell’incidente di un MD82 a Little Rock, Arkansas, la forza d’impatto è stata tale che
numerosi sedili sono stati letteralmente divelti dalla loro sede e scaraventati lungo la
cabina ostruendo il corridoio dell’aeromobile. Inoltre, nella parte anteriore alcune
cappelliere sono cadute creando ulteriori ostacoli. La maggior parte dei passeggeri ha
trovato una via d’uscita nei numerosi squarci della fusoliera causati dall’urto.
Il 75% dei passeggeri ha ammesso di aver tentato di portare con se il
bagaglio, il 50% lo ha effettivamente preso e portato fino alla porta mentre
solo il 6% ha lasciato il bagaglio nelle cappelliere. Nei casi presi in esame,
gli aa/vv si sono trovati in grande difficoltà nel far abbandonare il
bagaglio a mano, troppo spesso superiore alle misure regolamentari, a
causa della grossa resistenza posta dai passeggeri. L’equipaggio di cabina
si è in molti casi visto costretto a strapparlo letteralmente dalle mani delle
persone, trovandosi nella condizione di doverli accatastare in prossimità
delle uscite, creando così ulteriori ostacoli all’evacuazione.
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La comunicazione
nell’equipaggio, inoltre, può
essere resa difficile da
incomprensioni verbali,
esitazioni, non aderenza alla
fraseologia standard,
mancanza di conferma del
messaggio ricevuto,
mancanza di tempestività nel
mettere al corrente il resto
dell’equipaggio della
situazione in corso. Tutto
questo può portare ad un
aggravamento della
situazione col rischio di un
maggior numero di feriti o
perdita di vite umane. Tra i
metodi possibili per facilitare
la comunicazione a bordo il
più produttivo è risultato
essere l’effettuazione di un
training congiunto tra piloti e
aa/vv. Questo tipo di
addestramento è già stato
adottato da molte tra le
maggiori compagnie, visti gli
indubbi vantaggi che esso
comporta. 23 dei 34 membri
di condotta coinvolti nelle
evacuazioni studiate avevano
partecipato ad addestramenti
insieme agli aa/vv. Dieci di
loro hanno effettivamente
constatato l’utilità
dell’addestramento
congiunto. Inoltre, la maggior
parte degli aa/vv e dei piloti
che hanno giudicato
insoddisfacente la
comunicazione non avevano
usufruito di tale
addestramento.