Safety magazine Editoriale Human Factor Save.....and
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Safety magazine Editoriale Human Factor Save.....and
On the safe side Dec 2016 N°7 Safety magazine Editoriale Le responsabilita' del PNT Human Factor Workload questo sconosciuto. Quale è il limite di sicurezza? Save.....and safety Content On the safe side Responsabilita' PNT Le responsabilità personali nel nostro lavoro vanno al di la’ dell’apporre una firma su un ATL o un piano di carico e sono rappresentate dall’accettare “vita natural durante” l’incarico di gestire in maniera eccellente il volo nel sistema aviatorio in cui ci troviamo ad operare ogni giorno. Human Factor Workload questo sconosciuto. Quale è il limite massimo sostenibile dalll'individuo? Esistono degli studi scientifici di misurazione del carico di lavoro. Vediamone i più importanti ed approfondiamo il rapporto tra Workload e Fatigue in relazione ai turni del personale navigante. Save and safety Le esigenze "commerciali" hanno dominato lo scenario con scarsissimi risultati ma quali sono stati gli effetti sulla professionalita' dei piloti? Quali sono le connessioni tra aspetti economici e sicurezza del volo? quali le potenziali conseguenze nel tempo? Emergency evac Uno studio elaborato nel 2002 da SVT basato sui dati NTSB e TSB che coinvolge centinaia tra passeggeri ed equipaggi che hanno vissuto l'esperenza di una evacuazione di emergenza, fornisce interessanti informazioni sulla validità delle procedure e sulle metodologie di addestramento. -1- Editoriale On the safe side Le responsabilita' personali del PNT Direttore Responsabile ed Editoriale Fabio De Donno Comitato di Redazione Ivan Viglietti, Filippo Savini, Marco Terranova Hanno collaborato Giuseppe Scozzola Fotografie Repertorio x1ss2016 Pubblicazione in corso di registrazione presso il Tribunale di Roma "On the safe side" Rivista mensile, anno I, n. 7, Dicembre 2016 Editore: Uiltrasporti viale del policlinico n. 131 00161 Roma Siamo gli unici protagonisti degli eventi e in quanto tali siamo coloro i quali possono evitarli. In questo editoriale vorrei fare un discorso semplice a chiusura di un anno tutt’altro che facile; avrete la sensazione di seguire una lezione su quelle che sono le nostre responsabilità personali..…. ed è proprio di questo che voglio parlarvi. Le responsabilità personali nel nostro lavoro vanno al di la’ dell’apporre una firma su un ATL o un piano di carico e sono rappresentate dall’accettare “vita natural durante” l’incarico di gestire in maniera eccellente il volo nel sistema aviatorio in cui ci troviamo ad operare ogni giorno, ma sia chiaro, solamente per quelle che sono le nostre responsabilità e competenze ed a prescindere da quale sedile occupiamo a bordo. Le nostre responsabilità per ciò che riguarda la sicurezza delle operazioni non possono essere delegate né condivise tra chi è protagonista degli eventi ed il Management Aziendale, e quando parlo di Management Aziendale mi riferisco a tutte le funzioni a partire da quella di "chief fleet" fino ad arrivare all’Accoutable Manager. Siamo gli unici protagonisti degli eventi e in quanto tali siamo coloro i quali possono evitarli. Una non corretta percezione di quella che è la politica aziendale potrebbe farci credere in situazioni limite, condizionate da uno scenario economico di crisi, che la regolarità, la puntualità e l'economicita' del volo siano il nostro unico scopo. Sono sicuramente gli obiettivi di una Compagnia di trasporto aereo ma a condizione che sia rispettata la Sicurezza delle Operazioni, che come dicevo poc’anzi non può essere delegata ed è a livello operativo indiscutibilmente nostra. -2- Editoriale On the safe side Senza nulla togliere a chi lavora ogni giorno per consentire che gli aeroplani vadano in volo, penso che i piloti abbiano dato un chiaro segnale della loro competenza e professionalità. Non esistono parole per definire l’importanza del lavoro che e’ stato fatto nonostante le evidenti carenze di tipo organizzativo e le continue crisi economiche. Le responsabilita' personali del PNT Con questo non voglio affermare che tutti i problemi di una compagnia aerea possano essere affrontati esclusivamente dai Piloti, il management aziendale dall’interno cerca giornalmente di correggere errori a livello organizzativo, di migliorare, non sempre con i risultati necessari, ma l’attuazione di un cambiamento organizzativo richiede tempo, richiede persone motivate e competenti e richiede solide fondamenta su cui costruire. Non esiste il cambiamento ad ogni costo in un’attivita’ come il trasporto aereo che per definizione ha caratteristiche di alta lesivita’ potenziale con esigenze di accident prevention. Esiste il cambiamento ragionato, valutato e necessario ad uno scopo ben preciso che non puo’ prescindere dalle esigenze di sicurezza. Riceviamo continui aggiornamenti, continui cambiamenti di procedure e talvolta ci viene il dubbio che non siano tutti necessari in particolare quando generano maggiori dubbi sia nello staff che nei naviganti. La situazione economica oggi, in base a quanto si legge sui giornali e' ancora una volta preoccupante, non lasciamo che possa compromettere i valori fondamentali del nostro lavoro. Si percepisce la demotivazione, brutto segnale propizio alla esecuzione di "unsafe acts", bisogna trovare la forza di salvaguardare l’ambiente all’interno del cockpit. Noi occupiamoci del nostro lavoro e con professionalità manteniamoci al centro del percorso talvolta insidioso che andiamo a seguire giornalmente, prendendo adeguati margini dalle situazioni di rischio. Se ci allontaniamo dal centro di tale percorso con l’obiettivo di coprire i problemi del sistema aeronautico Nazionale potremmo diminuire l’attenzione su quelli che sono i nostri compiti per assumere delle responsabilità che non ci competono e per le quali, in caso di incidente, nessuno ci coprirebbe. Per concludere cerchiamo di non disperdere i fondamentali del nostro lavoro, rispettando quanto la Compagnia ufficialmente ci chiede, ma al tempo stesso analizzando il cambiamento in manier costruttiva e con spirito critico, valutando con il miglior giudizio tutte le situazioni che continuamente affrontiamo dando la giusta priorità ai problemi, raggiungendo gli obiettivi commerciali ma senza erodere i margini di sicurezza. In tal modo avremmo svolto in maniera eccellente il compito nell’interesse nostro, della compagnia e di tutti coloro che si affidano alla nostra professionalità. -3- Human factor Workload sconosciuto Il vero problema secondo gli esperti è nel riconoscere quando il workload diviene eccessivo, considerando che la attività multitasking è caratteristica di ogni pilota professionista e questo rende più difficile il riconoscimento del limite. Sinapsi e dendridi. Il nostro cervello è ancora un mistero e definire dei parametri universali che siano di riferimento per i limiti di carico tollerabile sembra un esercizio utopistico. Però riconoscere il nostro limite ci aiuterebbe a prevenire le conseguenze inevitabili del suo superamento: gli errori. -4- Il workload è quel serbatoio che possiamo riempire fino al limite di sicurezza. Ma quale è il limite? Non è uguale per tutti e non è lo stesso nemmeno per la stessa persona. Dipende dallo stato psicofisico ovvero dalla salute del corpo e della mente. Per misurare la "capienza" del contenitore del workload dobbiamo considerare anche la motivazione ed il livello di frustrazione professionale, almeno è quanto affermano gli esperti. Si può misurare il carico di lavoro cognitivo? Non solo esiste la nota relazione matematica tra difficoltà del compito diviso per il tempo disponibile, ma anche il basso carico di lavoro e il passaggio repentino dal basso all'elevato carico ha i suoi rischi e genera risposte imprevedibili e pericolose come lo "startle effect". Come stabilirne i "limiti" ? Human factor Workload sconosciuto Come misurare il carico di lavoro massimo? Misurando la quantità di errori, cioè il reale prodotto di un lavoro svolto al meglio delle proprie possibilità ma che ha prodotto deviazioni dalle reali intenzioni. Andiamo oltre la semplice relazione tra difficoltà del compito diviso per il tempo disponibile Alcuni metodi di misurazione sono stati utilizzati anche per la creazione delle Flight Time Limitations, ovvero i limiti di impiego del personale di volo per la determinazione della fatica. I metodi cosiddetti scientifici sono molti: dal TLI (Task Load Index) della NASA a metodi psicofisici come l'HRV (Heart Rate Variability), all' Eye Blink o al carico celebrale (EEG). Nel sistema della NASA Task Load Index compaiono, tra gli altri rilevatori di workload, il Mental Demand, la Performance, l'Effort ed anche la Frustration. Uno tra i tanti studi effettuati con l'ausilio di piloti esperti e "ab-initio" è quello dell'University of Central Florida e denominato "Effects of Flight Factors on Pilot Performance, Workload and Stress at Final Approach to Landing Phase of Flight". Utilizzando le metodologie e le tassonomie sopra citate, questo studio, limitato alle fasi di avvicinamento ed atterraggio, è giunto alle conclusioni che il carico di lavoro è grandemente influenzato da fattori esterni quali la tipologia di avvicinamento, le condizioni meteo e la precedente valutazione delle possibili variazioni al pianificato ma non è condizionato in modo determinante dal livello di esperienza del pilota. Certamente l'età anagrafica gioca solo un ruolo negativo ed andrebbe considerata nella determinazione del massimo carico di lavoro sostenibile. Questo ed altri studi hanno però un limite oggettivo: sono esemplificazioni di una materia complessa e difficilmente catalogabile con molte variabili. Ma possiamo considerarli affidabili per stabilire che, se ci si trova all'interno di essi, significa che stiamo lavorando in sicurezza? Oppure la risposta è: "dipende" ? Innanzitutto specifichiamo che per workload intendiamo il carico di lavoro cognitivo in operazioni "multitasking" svolto in cockpit, ovvero un ambiente non confortevole paragonato ad un ufficio ben climatizzato, seppure il primo goda di un'ottimo panorama sempre diverso. Allora come misurare il carico di lavoro massimo? -5- Human factor Workload sconosciuto Conosciamo le difese suggerite dal CRM: farsi aiutare, delegare, assistere, comunicare in modo efficace. L'età anagrafica non può non essere considerata nel workload sostenibile Misurando la quantità di errori, cioè il reale prodotto di un lavoro svolto al meglio delle proprie possibilità ma che ha prodotto deviazioni dalle reali intenzioni. Tra le contromisure migliori per PREVENIRE i danni dell'eccessivo o sbilanciato workload esistono i turni che hanno un valore identificativo non solo legato all'orario di servizio ed al tempo di riposo (legati alle FTL) ma anche alla tipologia di tratta, al tipo di avvicinamento, al meteo prevalente. Esiste un legame tra fatica e workload -6- Il legame tra Workload e Fatigue è un elemento da considerare proprio nella creazione ed assegnazione dei turni di volo. Sembra fantascienza ma è quanto fanno molti operatori attribuendo ai rosters di impiego una forte valenza di sicurezza delle operazioni e ottenendo feedback dai piloti in modo da aggiornare costantemente il database dei turni in relazione al workload che potrebbero generare. E naturalmente li assegnano o li lasciano scegliere considerando la perequazione e l'età anagrafica. Ma in attesa di queste meravigliose e fantascientifiche migliorie come fare per difendersi Human factor Workload sconosciuto Molti operatori lasciano la scelta del roster ai singoli naviganti e lo aggiornano in relazione ai feedback individuali...non e' fantascienza. La sfida della sicurezza risiede nella individuazione delle operazioni che generano situazioni di elevato workload ed erodono i margini di sicurezza. Il "risk assessment" del carico di lavoro. -7- dal superamento del workload massimo? La risposta è nota e si trova nella gestione in ambito CRM: farsi aiutare, delegare, assistere, comunicare in modo efficace. Il vero problema secondo gli esperti è nel RICONOSCERE quando il workload diviene eccessivo, considerando che la attività multitasking è caratteristica di ogni pilota professionista e quindi rende più difficile il riconoscimento del limite. Quindi, fino a quando non verrà riconosciuta la necessità di ascoltare i piloti per la creazione ed assegnazione dei rosters come fanno i migliori operatori mondiali, solo l'addestramento potrà aiutarci. Siamo fermamente convinti che ogni modifica operativa (o procedura nuova) debba essere preceduta da un accurato studio sperimentale sulle conseguenze in termini di carico di lavoro sostenibile. Interview Save and safety Dopo cinque anni dall'air deregulation act in USA le perdite ammontavano a circa 7 miliardi di dollari, la qualità e l’efficienza dei servizi era decisamente scaduta, la ricerca di personale qualificato e l’organizzazione dell’addestramento e della formazione erano compromesse dal fattore tempo. Il trasporto aereo e' un'attivita' che in ambito industriale e' considerata ad alta lesivita' potenziale con esigenze di sicurezza e di accident prevention policy Il trasporto aereo e' un'attivita' che in ambito industriale e' considerata ad alta lesivita' potenziale con esigenze di sicurezza e di accident prevention policy. Nei modelli di analisi e ricerca degli errori infatti tale attivita' e' paragonata alle gestione di una centrale nucleare dove procedure e politiche di sicurezza sono fondamentali al fine di scongiurare il rischio di incidente. Questo concetto viene frequentemente ignorato quando, a causa di esigenze economiche e commerciali il contenimento dei costi diventa prioritario rispetto alla salvaguardia dei concetti di accident prevention nella loro pienezza. Tutti noi ricordiamo il recente passato e siamo ben consapevoli di quanto sia accaduto negli ultimi 10 anni. Le esigenze "commerciali" hanno dominato lo scenario con scarsissimi risultati, oggi ancora una volta ne abbiamo la conferma, ma al di la' dei bilanci disastrosi le cui responsabilita' non ricadono certo sui dipendenti, quali sono stati gli effetti sulla professionalita' dei piloti? Quali le connessioni tra aspetti economici e sicurezza del volo? Quali le potenziali conseguenze nel tempo ? Qualcuno si pone domande di questo tipo oppure no? Tra la fine del 1977 e l’inizio del 1978 il Presidente Americano J. Carter annunciò la sua intenzione di liberalizzare i cieli negli USA (open skies) al fine di alimentare i mercati del trasporto aereo in un regime di libertà e concorrenza. La legge fu denominata “Air deregulation act” tradotta alla lettera in Italiano in deregolamentazione dei cieli e portò alla nascita di nuove società aeree che consentivano trasferimenti a bassissimo costo, bastavano venti dollari per accedere ad un volo della durata di 1 ora. Dopo circa cinque anni in questo nuovo scenario ci si rese conto che c’era stato si un incremento delle società di navigazione e del traffico, ma, nonostante tale incremento, le perdite economiche accumulate erano elevatissime (circa 7 miliardi di dollari dal 1979 al 1985), inoltre la qualità e l’efficienza dei servizi era decisamente scaduta in quanto sia la ricerca di personale qualificato che l’organizzazione dell’addestramento e della formazione erano compromesse dal fattore tempo. Per fare presto si rischiava di fare male e dato che non si può accomunare l’aereo ad un qualunque altro mezzo di trasporto a causa delle sue potenzialità di rischio intrinseche appariva evidente agli occhi dello stesso congresso Americano lo scadimento della qualità del servizio ed i rischi ad esso connessi. -8- Interview Save and safety Oggi il modello di riferimento si chiama "low cost" e non vi e' alcuna critica costruttiva agli effetti che puo' generare sul personale di volo gia' esasperato da un decadimento generale delle condizioni di lavoro iniziato nel 2008. La politica ha sempre prevalso sulle esigenze di tipo tecnico professionale ma la competenza degli equipaggi ha consentito di tenere basso il rateo di incidenti L'esperienza Americana dovrebbe farci riflettere sulle potenziali conseguenze generate dalla riduzione esasperata dei costi, ma non e' cosi'. Oggi il modello di riferimento si chiama "low cost" e non vi e' alcuna critica costruttiva agli effetti che puo' generare sul personale di volo gia' esasperato da un decadimento generale delle condizioni di lavoro iniziato nel 2008. I "psychological precursor of unsafe act" sono già presenti nell’area in cui si svolge praticamente il lavoro del pilota e sono frutto di carriere bloccate, assenza di prospettive, continui cambiamenti nelle procedure, retribuzioni bloccate etc... In un'attivita' di tipo industriale ad alta lesivita' potenziale con esigenze di sicurezza e di accident prevention policy, la motivazione del personale e' molto importante. Se la relazione con i responsabili non è chiara, se la politica di gestione del personale è aggressiva, se le condizioni di lavoro peggiorano progressivamente etc..... possono nascere i cosiddetti “psychological precursor of unsafe act” alla lettera (precursori dell’atto insicuro) e cioè tutti quei condizionamenti psicologici che portano il lavoratore a svolgere male il proprio compito, demotivato, scontento etc… i precursori sono un elemento fortemente condizionato dal clima all’interno dell’Azienda e, se sottovalutati, possono portare l’operatore di front line a commettere errori o atti insicuri sotto forma di sviste, dimenticanze, errori intenzionali, non intenzionali o violazioni. Pensare di allontanare tale rischio attraverso regole in continuo cambiamento ed una disciplina ferrea che di fronte ad errori e violazioni produce azioni di tipo disciplinare e' un concetto che non ha nulla di aeronautico e distrugge circa cinquant'anni di storia dell'aviazione civile Italiana. La "just culture" infatti deve essere vista a 360* e non solo dal punto di vista aziendale. In ambito tecnico professionale bisogna sapere convincere con competenza e professionalita', bisogna essere obiettivi e non fossilizzarsi sul risparmio altrimenti il contributo che puo' dare un pilota all'interno della struttura organizzativa aziendale rischia di essere vanificato. La politica ha sempre prevalso sulle esigenze di tipo tecnico professionale ma la competenza degli equipaggi ha consentito di tenere basso il rateo di incidenti, ci auguriamo che continui ad essere cosi', ma ci auguriamo anche che questo aspetto non venga sottovalutato. -9- Cabin safety Emergency evacuation Nell’evacuazione di un B727 a Chicago, dopo essersi resi conto della presenza di fuoco (APU fire) i passeggeri cominciavano a gridare e , nonostante le ripetute esortazioni dell’ assistente di volo affinchè rimanessero seduti, si alzavano e aprivano le uscite alari permettendo al fumo proveniente dall'esterno dell'aereo di invadere la cabina. Crew & passanger behaviour Il N.T.S.B. (National Tranportation Safety Board) e il T.S.B. (Transportation Safety Board) hanno svolto due approfonditi studi sulle evacuazioni di emergenza effettuate sul territorio rispettivamente degli Stati Uniti D’America e del Canada. Sono state analizzate: 46 evacuazioni avvenute in USA tra settembre 1997 e giugno 1999 che hanno coinvolto 2651 passeggeri e 18 differenti tipi di aa/mm e 21 evacuazioni avvenute in Canada tra il 1978 ed il 1991 che hanno coinvolto 2.305 passeggeri e 139 membri di equipaggio. Gli studi si basano sulle informazioni fornite da interviste ai passeggeri, agli assistenti di volo, ai piloti, agli addetti delle varie compagnie coinvolte ed al personale delle unità di soccorso. La riuscita di un’evacuazione non dipende esclusivamente dalla corretta esecuzione delle operazioni previste, ma è legata ad una serie di fattori che coinvolgono molteplici aspetti tra cui citiamo: tipologia dei pax (età, condizioni psicofisiche, grado di collaborazione, ecc.); comunicazione tra l’equipaggio e corretta interpretazione della stessa; accesso alle uscite (raramente sono operative tutte le uscite. Solo in 4 dei 46 eventi considerati da N.T.S.B. sono risultate tutte agibili); corretto funzionamento degli equipaggiamenti di bordo; assetto dell’a/m. Ogni evacuazione quindi differisce dall’altra indipendentemente dal numero dei passeggeri, dal tipo di aeromobile e dal numero delle uscite disponibili. Partiamo da qualche dato generale: nei 46 eventi esaminati da N.T.S.B. la causa più frequente che ha determinato la decisione di evacuare risulta essere fuoco al motore (39%), seguito da fuoco ad uno o più vani cargo e da fumo in cabina; la maggior parte delle evacuazioni sono avvenute nelle fasi di taxi-in o taxi-out; le evacuazioni sono generalmente unplanned; circa il 60% delle evacuazioni sono state portate a termine in più di 90 secondi; su 2.846 passeggeri coinvolti 2.614 sono risultati illesi, 221 feriti, 11 morti; tra i passeggeri feriti è risultata essere determinante l’età (predominanza di passeggeri anziani) e la condizione fisica (es. stanchezza dovuta al volo). Sono state effettuate alcune interviste a passeggeri coinvolti nelle evacuazioni esaminate. Particolarmente interessanti sono risultate le risposte sulla sensazione di aver adottato o meno un - 10 - Cabin safety Emergency evacuation Nel caso di un B737 a Manchester, dopo varie manovre sulla maniglia compiute da diversi passeggeri, il finestrino alare cadeva verso l’interno in maniera tale da impedire l’accesso all’uscita. Nel caso di un DC-9 a Indianapolis, l’equipaggio di condotta ordinava l’evacuazione utilizzando solo le uscite anteriori ma i passeggeri aprivano comunque le uscite alari e saltavano al suolo dall’ala, procurandosi fratture e contusioni, poiché i flaps retratti impedivano la corretta agibilita' delle uscite alari. Nell’evacuazione di un B737 a Calgary, i passeggeri seduti nelle prime 7 file si sono diretti subito verso la “left forward door” nonostante la “right forward door” fosse aperta e regolarmente assistita. Un assistente di volo si è dovuto posizionare tra le due uscite ed ha trovato grosse difficoltà nel costringere con la forza i passeggeri riluttanti ad usare l’uscita agibile. - 11 - comportamento collaborativo durante l’evacuazione. Il 75% dei passeggeri ha risposto positivamente, ma il dato è in netto contrasto con le interviste fatte agli AA/VV e, soprattutto, con quelle rilasciate dagli altri passeggeri ai quali è stato domandato un giudizio sul comportamento dei loro vicini: il 20% ha risposto di aver notato altri passeggeri camminare sui sedili anche se già occupati da altre persone, il 29% ha visto spingere, l’11% ha visto gruppi di passeggeri discutere animatamente tra loro. Il comportamento delle persone è legato al diffondersi o meno di paura, agitazione, percezione di un immediato pericolo di vita, stati d’animo che possono culminare nel panico puro. In una tale situazione l’istinto primario di sopravvivenza prende il sopravvento a scapito del razionale e le persone non agiscono più in modo ordinato e collaborativo. Di conseguenza ci si trova davanti ad individui in preda a comportamenti imprevedibili. Cabin safety Emergency evacuation La chiave per migliorare la coordinazione tra cockpit e cabina risiede nel migliorare la comunicazione e nella conoscenza dei propri e degli altrui compiti. In 4 eventi non tutti gli aa/vv hanno udito l’ordine di evacuazione. In 3 casi per gli aa/vv è risultato impossibile contattare il cockpit poiché l’interfonico era inoperativo e, in due di questi, un a/v ha iniziato l’evacuazione senza attendere l’ordine dal cockpit. Spesso accade che una folla in stato di panico si riversi verso la stessa uscita benché non sia nè l’unica nè la migliore. Più di una volta infatti i passeggeri, durante un’evacuazione, hanno insistito per usare la stessa porta attraverso la quale erano saliti a bordo, accalcandosi verso di essa senza curarsi di altre uscite più vicine e completamente libere. Questo perché la nostra mente in preda ad elevatissimo stress rifiuta, per un meccanismo interno di autodifesa, di elaborare una soluzione nuova, in un certo senso sconosciuta, orientandosi verso uno schema già esperito (quindi elaborato ed agito in precedenza) durante l’accesso a bordo. In tutto ciò si innesta inoltre quel fenomeno chiamato “logica del branco”, ovvero l’esigenza di imitare in maniera acritica il comportamento degli altri, in particolar modo di aggregarsi sotto il comando di un leader, anche se improvvisato. A volte è sufficiente che un individuo qualunque si metta in evidenza, anche solamente urlando o fuggendo, per diventare agli occhi degli altri membri del gruppo un leader al quale aggrapparsi. In questa fase è fondamentale la comunicazione di tutti i membri dell’equipaggio tra loro e verso i passeggeri. In 19 delle evacuazioni investigate dalla N.T.S.B. sono stati usati gli scivoli. In 7 (37%) ci sono stati problemi con almeno uno scivolo: in alcuni casi lo scivolo non si è gonfiato per problemi di manutenzione, in altri non si è dispiegato correttamente. Un’altra difficoltà nell’uso degli scivoli è data dalla reticenza dei passeggeri ad usarli. Esitando per paura, o tendendo a sedersi, spesso rallentano in modo considerevole il flusso dell’evacuazione. Un’analisi più approfondita va dedicata alle uscite di 3° tipo: i finestrini alari. Questi sono stati usati in 13 delle 46 evacuazioni esaminate e nella maggior parte dei casi sono stati aperti dai passeggeri. Infatti gli aa/vv designati a presidiarli, non essendo fisicamente distaccati presso l’uscita, hanno spesso trovato grosse difficoltà nel raggiungerli. Ne è conseguito che i passeggeri stessi si sono dovuti adoperare per la loro apertura, compito risultato tutt’altro che agevole. Contrariamente ad una porta che si apre verso l’esterno, infatti, l’apertura del finestrino alare risulta anti istintiva e, una volta rimosso, lo stesso finestrino, costituisce un ostacolo che potrebbe intralciare o addirittura bloccare le vie di fuga. - 12 - Cabin safety Emergency evacuation L'assistente di volo dovrebbe essere il piu' possibile riconoscibile sia a bordo che nei video del briefing di sicurezza. Questo e' parte integrante di una corretta identificazione e comunicazione tra passeggeri e crew. Briefing di sicurezza e comunicazione Inoltre il passeggero che si trova ad aprire l’uscita da solo incontra spesso difficoltà di decisione e non è in grado di valutare le condizioni esterne. Le analisi individuano la causa principale delle difficoltà descritte principalmente nel fatto che i passeggeri non prestano sufficiente attenzione alle informazioni di sicurezza fornite loro. Il 24% dei pax non legge la safety card e non segue il briefing di sicurezza, il 21% guarda solo il briefing almeno fino a metà, il 5% guarda solo la safety card. Durante l’indagine è stato domandato a 457 passeggeri del perché non seguano il briefing pre-volo: 247 hanno risposto perché lo hanno già visto in precedenza, 70 perché lo considerano conoscenza comune, altri perché distratti. Alla domanda, posta a coloro che avevano seguito il briefing di sicurezza, sulla sua utilità ai fini della buona riuscita dell’evacuazione, la metà ha risposto negativamente. I metodi di comunicazione usati dalle compagnie aeree per informare i passeggeri sulle dotazioni e sul comportamento da tenere in caso di emergenza sono due: il briefing di sicurezza effettuato prima del volo e la safety card. Come già menzionato però, buona parte dei passeggeri non segue il briefing di sicurezza e, spesso, si sono riscontrate delle difficoltà di comprensione sia di quest’ultimo che della safety card. Gli aa/vv dovrebbero essere il piu' possibile riconoscibile sia a bordo che nei video del briefing di sicurezza. In un’indagine della N.T.S.B. risalente al 1997 è stato chiesto a 120 utenti il significato di 40 figure della safety card di un MD80: due terzi (67%) ha mostrato di comprenderne solo la metà (21). Da qui si deduce l’importanza di sensibilizzare attraverso una comunicazione efficace i passeggeri, in particolar modo coloro che occuperanno i posti adiacenti alle uscite di sicurezza alari, sulle procedure di emergenza. Il briefing di sicurezza dovrebbe dare al passeggero gli strumenti necessari per far fronte ad una emergenza codificata ma, come già detto, ogni evento presenta delle peculiarità diverse. E’ importante quindi mantenere una comunicazione continua ed efficace tra i membri dell’equipaggio ed istruire i passeggeri in funzione della situazione che si sta verificando. In alcuni casi la comunicazione è risultata difficoltosa a causa del non corretto funzionamento degli equipaggiamenti preposti: il P.A. è stato usato 24 volte su 30 e in 3 casi non ha funzionato. - 13 - Cabin safety Gli ostacoli in cabina possono essere un rischio, tale elemento andrebbe correttamente valutato sia nell'imbarco di bagagli voluminosi che nella definizione delle dinamiche dei servizi di bordo Nell’incidente di un MD82 a Little Rock, Arkansas, la forza d’impatto è stata tale che numerosi sedili sono stati letteralmente divelti dalla loro sede e scaraventati lungo la cabina ostruendo il corridoio dell’aeromobile. Inoltre, nella parte anteriore alcune cappelliere sono cadute creando ulteriori ostacoli. La maggior parte dei passeggeri ha trovato una via d’uscita nei numerosi squarci della fusoliera causati dall’urto. Il 75% dei passeggeri ha ammesso di aver tentato di portare con se il bagaglio, il 50% lo ha effettivamente preso e portato fino alla porta mentre solo il 6% ha lasciato il bagaglio nelle cappelliere. Nei casi presi in esame, gli aa/vv si sono trovati in grande difficoltà nel far abbandonare il bagaglio a mano, troppo spesso superiore alle misure regolamentari, a causa della grossa resistenza posta dai passeggeri. L’equipaggio di cabina si è in molti casi visto costretto a strapparlo letteralmente dalle mani delle persone, trovandosi nella condizione di doverli accatastare in prossimità delle uscite, creando così ulteriori ostacoli all’evacuazione. - 14 - La comunicazione nell’equipaggio, inoltre, può essere resa difficile da incomprensioni verbali, esitazioni, non aderenza alla fraseologia standard, mancanza di conferma del messaggio ricevuto, mancanza di tempestività nel mettere al corrente il resto dell’equipaggio della situazione in corso. Tutto questo può portare ad un aggravamento della situazione col rischio di un maggior numero di feriti o perdita di vite umane. Tra i metodi possibili per facilitare la comunicazione a bordo il più produttivo è risultato essere l’effettuazione di un training congiunto tra piloti e aa/vv. Questo tipo di addestramento è già stato adottato da molte tra le maggiori compagnie, visti gli indubbi vantaggi che esso comporta. 23 dei 34 membri di condotta coinvolti nelle evacuazioni studiate avevano partecipato ad addestramenti insieme agli aa/vv. Dieci di loro hanno effettivamente constatato l’utilità dell’addestramento congiunto. Inoltre, la maggior parte degli aa/vv e dei piloti che hanno giudicato insoddisfacente la comunicazione non avevano usufruito di tale addestramento.