Storia dei mutilati della Grande Guerra in Italia 1915 – 1924 Lo
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Storia dei mutilati della Grande Guerra in Italia 1915 – 1924 Lo
Storia dei mutilati della Grande Guerra in Italia 1915 – 1924 Lo studio, frutto di un dottorato in cotutela tra l’Università di Roma “La Sapienza” e la Freie Universitaet di Berlino, ricostruisce la storia dei mutilati e invalidi italiani della prima guerra mondiale a partire dallo scoppio del conflitto e fino al 1924, che segna il punto di arrivo del lungo percorso di avvicinamento al fascismo compiuto dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra (ANMIG), la maggiore tra le organizzazioni sorte già durante la guerra per difendere i diritti dei soldati resi disabili dal conflitto. Il lavoro si divide in due sezioni. Nella prima parte è stata ricostruita la storia fattuale dei reduci invalidi a partire dal momento in cui essi venivano feriti al fronte e ricoverati negli ospedali della Sanità militare o della Croce Rossa, due istituzioni di primaria importanza per comprendere l’esperienza della mutilazione o dell’invalidità di guerra. Se la Croce Rossa appariva meglio equipaggiata e preparata ad affrontare le emergenze causate dalla guerra, la Sanità militare può essere vista come l’emblema dell’arretratezza organizzativa con cui l’Italia si era mobilitata nel 1915: non solo i mezzi e gli uomini messi a disposizione dei feriti erano pochi e, sempre più spesso, poco preparati, ma la stessa gestione dell’emergenza da parte delle autorità militari e civili risultava del tutto fallimentare. Durante l’intera guerra mancò nel paese un progetto di ampio respiro che guidasse gli interventi italiani sia al fronte sia in patria. L’improvvisazione rappresentò, al contrario, la cifra fondamentale di ogni provvedimento adottato. Dopo aver ricostruito il sistema sanitario italiano, lo studio ha affrontato il problema della mutilazione, ricostruendo il dibattito scientifico creatosi attorno ad esso, e l’assistenza protesica offerta agli invalidi. In particolare, è stato studiata l’organizzazione della Casa di riabilitazione di Bologna, direttamente legata all’Istituto ortopedico Rizzoli. Attraverso la corrispondenza tra il direttore della casa e i suoi pazienti, la ricerca ha messo in luce la concezione ancora ottocentesca della società da parte delle autorità, decise a mantenere lo status quo e a combattere ogni manifestazione della modernità, quali l’inurbamento o la maggiore mobilità sociale. Negli istituti di riabilitazione, infatti, i medici tentavano di convincere i pazienti a tornare ai lavori agricoli, invece di cercare un impiego nelle città, dipinte come luoghi pericolosi e corrotti. Stigmatizzando l’aspirazione di molti a trovare un lavoro migliore come impiegomania, essi si adoperavano in ogni modo per far sì che ciascuno riprendesse la vita interrotta dallo scoppio della guerra come se l’esperienza in trincea, la ferita e la disabilità non fossero mai esistite. Questo atteggiamento nascondeva anche l’intento di salvaguardare lo Stato da eccessive richieste di indennizzo che avrebbero prosciugato le casse dell’erario. La stessa preoccupazione si riscontrava nei provvedimenti legislativi adottati dalla politica per creare un sistema assistenziale che garantisse ad ogni soldato invalido, orfano o vedova i mezzi per vivere dignitosamente. Ogni riforma dell’istituto delle pensioni, inoltre, era caratterizzata dalla stessa disorganizzazione che si riscontrava nella gestione dei servizi sanitari al fronte: leggi, modifiche più o meno significative, provvedimenti di vario tipo si moltiplicavano giorno dopo giorno creando una burocrazia intricata e caotica, con la quale l’invalido era costretto a scontrarsi a lungo prima di ottenere il riconoscimento del suo diritto a pensione. A conclusione della prima parte della ricerca, è stata ricostruita la storia dell’ANMIG e dei suoi rapporti prima con i governi liberali e poi col regime di Mussolini, al quale l’Associazione, attraverso il suo presidente, Carlo Delcroix, si avvicinò progressivamente fino a candidare i suoi maggiori esponenti assieme ai fascisti per le elezioni del 1924. La seconda parte del lavoro si concentra, invece, sull’esperienza della disabilità e sul tentativo compiuto dall’invalido di ricostruirsi un’identità. A questo proposito è stato affrontato anche il tema della mutilazione come metafora usata per descrivere il senso di sconfitta del paese dopo la guerra e la pace di Versailles, e la condizione di parte dell’Italia, ancora separata geograficamente dal resto del Regno. Lo studio si conclude, infine, con una breve sezione comparativa in cui sono state esaminate le politiche assistenziali adottate da Francia, Gran Bretagna e Germania e i loro esiti, soprattutto al fine di spiegare le ragioni del loro fallimento in Italia, dove, come detto, gli invalidi divennero acerrimi nemici delle istituzioni liberali e, per contro, convinti sostenitori di Mussolini e del fascismo.