Antonio Bux - Biografia tagliata, 2014
Transcript
Antonio Bux - Biografia tagliata, 2014
ANTONIO BUX BIOGRAFIA TAGLIATA (Estratti) 1 (Immagine: Franco Donaggio, Riflessioni) (Fonte: http://www.donaggioart.it/reflections24.html) 2 Quaderni di RebStein, LII, Aprile 2014 Antonio BUX 3 PREMESSA “Ho la continua sensazione che la mia vita reale sia finita, e che io stia vivendo un’esistenza postuma” John Keats Penso che nei miei lavori vi sia sempre una sorta di stanchezza letteraria accumulata, una dispersione del pensiero primitivo, come invece a volte un’energia mentale improvvisa e nuova, direi esterna, quasi aliena; dunque un intercambio di vari respiri che si fondono l’un l’altro. Effettivamente, in ogni caso, il libro assurge a vero e proprio percorso simbolico di una vita, o più precisamente, di una biografia, che è poi, come diceva anche Roland Barthes, l’unica storia inconfutabile e possibile. Questa mia personale biografia risulta anche essere recisa: si dipana infatti, come in un sogno, da una prospettiva ambigua; perciò nasce la scrittura come sonno della biografia, riposo della storia. Ma che non è mai riposo sincero, anzi, presto ricomincia il moto perpetuo della ricerca di un senso, dell’origine di tutto. Dove, se da una parte una biografia strettamente personale, intimista, fuoriesce verso l’esterno, dall’altra rientra invece una biografia più universale, che viene rigettata all’interno. Il fatto di perpetrare questo pensiero costante come un esercizio di scissione dal quale non ci si può sottrarre, mi fa pensare di vivere il linguaggio come una sorta di stanchezza appunto, quasi fisica, del pensiero. Trasmettendone poi, scrivendo, lo stacco finale sulla pagina, il sovraccarico ultimo. E, riprendendo il pensiero di John Keats riportato qui in esergo, come se da quel sovraccarico ne derivasse poi sempre altro, attraverso una realtà consecutiva, postuma alla biografia, come generando un doppione dopo il taglio. Dunque si scrive solo disponendo delle scorie residuali di un errore perpetuo. Perciò, alla fine credo sia poco quel che rimane; le “sudate” carte sono solo una variante minima del significante che le genera. Quello che ha significato avviene molto prima, nel processo cognitivo e spirituale che porta all’assuefazione dell’esperienza letteraria nonché, conseguentemente, all’alienazione dell’esperienza umana. Questo libro, quindi, vuole essere la testimonianza scritta di uno sdoppiamento biografico che è in atto, e di una presa di coscienza dell’impossibilità letteraria di esprimere la propria verità, se non attraverso piccoli errori quotidiani, attraverso quest’ambiguità esistenziale che si fa storia dell’umano, perché riguarda tutti, quando è davvero raggiunta da una singolare profondità. Il sogno ultimo, mio personale, di questa vana ma imprescindibile ricerca del vero, rimane il deserto, tanto del linguaggio quanto dello spirito, dove nemmeno le parole potranno più arrivare, e dove, forse, finalmente ci si potrà riposare. Con tutta la poesia del mondo, A.B. 4 BIOGRAFIA TAGLIATA Biografia non è arrotolare distanze e poi farne esattezze; trattasi bensí di un orale nodo impossibile: basti pensarne un bavaglio come legato male o vita che non divide tagliando. 5 IL VERDE DIETRO *** Ci sono fiori che non esistono dentro alberi in frattaglie di verde con tutto un fruscio d’inestinto e giovane mentre l’uomo cammina così male incespicando nel parco del globo chiuso al volto dal mondo che non vi si accorge di stare giù per il grembo d’intorno della vita non per l’oscura distanza riuscita a mancare ma per l’alterna presenza tradita della morte che come il cielo lascia il suo perenne in un ciclo. 6 *** Al vecchio ramo, che continua a pescare radici d’aria sgusciando dalla sua metà spezzata, dove il raggio conficca la sua prossimità nell’età ancora verde e robusta... ecco in questa variabile si misura la macchia sospesa dell’oltre divino: dalle entrate autunnali cambiando lo sguardo e il passo in nuovo vento dove le solitudini crescono invertendo i poli del tempo e con amore appaiono appassire semplicemente, più felici distanti come fiori tagliati per crescere il miracolo di una donna corolla resa spina sotto valle dall’occhio... Ma il vecchio ramo intanto è trafitto nel tronco mietendo la storia d’intorno mentre ciascuno passa respirandolo e già vi annota l’energia mancante dividendosi dal mondo solo per non sentirne l’assenza. 7 *** Mi piacerebbe rimanere come rimangono gli animali, per solo passo inopportuno. Dammi un vocabolario di spine, una voce infedele o una mano più pura, una fata meschina, un fumo irriverente, o se preferisci un pane torto nella magrezza di un esilio, insomma dammi la colpa del mondo, la disgrazia dell’erba, il peccato continuo dell’alba nel bicchiere rovesciato per terra coi tuoi cani leccando come ferite le lingue del vino... Noi siamo sangue ma insegnami che la vena può spezzarsi e dire: “anch’io scorro senza volere sono vaso anch’io, solcando le ere” ché non è il corpo l’ultima funzione e non è per questo che si ritorna dentro dunque dammi la forza di un lupo o l’astuta intuizione come di lucertola sotto la pietra... Proteggi l’alone dove scompare l’io quando vive senza pensiero, ché la terra non necessita il nero colto di sorpresa, ma di sopravvivere a noi che disponiamo dell’inutile, allora dammi una testa invisibile e spostami altrove, dimmi controvento. 8 *** Il verde dietro è una spina dell’origine. Oggi è marzo e dice caldo nell’estasi del tramortito insinuando così di penombra il sole la sua smorza tranquilla... Ma di solidità pomeridiana è fatta la solitudine come del sonno quando tutto sgranchisce prima entrando a tempo nell’altra sera... E già non riconosce il nero dentro del suo corpo fatto pietra per la terra e non per suo figlio immoto ma nell’immutato necessario destino dell’infante rimane un sogno poco cresciuto... Così si intana e si stiracchia tardi all’aria dove lo attende una moglie raggio viola incessante amando in fuori l’energia più paonazza di un mondo alla deriva... 9 *** Protratto nell’estinzione l’adesso è un volto magico rinchiuso nel guanciale avverso tra sera e mattino, e non si avvera ma ritarda nell’indistinto come una fionda calata sullo sguardo desiderando l’ultimo lancio. Però tu sai, occhio duplice che il bersaglio è ognuno con dietro la morte pigiante simile ad un fermo, quando gira la chiave della primavera e un vento così simile virando apre altrove. 10 *** Monotonia andante d’un fare niente. In memoria di un mare senza voce e senza storia più piena come a dirsi incapace di rientrare da un abisso... così migliora pur preparato all’onda d'occorrenza e col fiato sottomesso alla lingua che si batte contro il sole del linguaggio posto dentro la parola... Ma lì muore anche l’ultimo tacere e non arena il litorale ma fa il prossimo più vicino al proprio scoglio dove impara a nuotarsi via da solo sommergendo la sua testa verso un’altra superficie... 11 *** Ciascuno ha tre montagne da raggiungere per dividersi: tre piccole cime come mete dove ognuno sa di spingersi passando prima per l’assedio, poi nella testimonianza, e infine per l’essere perdonato; ma scalando indietro troppe volte si fa inversa la discesa e oscilla, ché quando ci si accorge della terza montagna si è appena sulla prima. Ma chiunque potrebbe precipitare nella fretta di vedervi l’oltre mentre l’assedio lo delimita. Però l’occhio nell’abisso si allena alla testimonianza della voragine prima del suo baratro sospeso. E così manca intanto che scorre la mente come un filtro sul tracciato e mentre si fa luce percorre niente, piuttosto viene corrotta da un sentiero tergiversando sulla fine. Ma quando ci si scorge comunque nell’ulteriore, l’eterna vetta significa di più ancora: perché chi vi arriva nell’attesa crolla temendo la propria altezza, ma è già allora cresciuto così montagna, che se ne resta lì scisso, da solo simulato in un'eco che imitandolo ritorna pienezza. 12 *** Tutti sanno l'ipocondria del sole combaciare in cielo perfettamente con la moltitudine disarticolata degli astri... Tutti sanno però non manifestano la possibilità di danzare su quella mente appallottolata; tu invece ignori la grande pietra, il colonnato di luce che diventa ogni giorno la prossimità, e per questo non trasmigri, per questa tua ragione non sei più di un lembo, e come me ti ammali della profondità senza sosta che è in noi proprietà proprio perché non è nostra. Il verde non esiste. Bisognava saperlo prima e proteggere la barriera del dolore, quel colore mancato sul disegno del tremore, mentre ora scorre lo stesso nel contorno cancellato dentro questa parola silenziosa il verde dietro al timore del foglio sull’umanità. 13 L’UMANITÀ TRASCURABILE *** L’umanità nasce trascurandosi. Non è il cielo un momento ma più probabilità di bellezza postuma, e neanche quell’astratto sotto il parco risuonando le chiusure degli steli... No, non può contenersi cielo nell’altezza di un presente, ma sfaldando si promette di dividersi con la calda sua terra per proseguirne lo spacco serenamente e chissà oltre la manciata dei palazzi vuoti dove sbriciola ombre contro le stelle e certi timbri di grida fingendone poi sollievo in una spina murata possa sorpassarsi sovrumano... Pazzo è così solamente chi osserva il crollo anticipato della notte mentre aspetta l’inferriata dei bassifondi spalancarsi e dare angeli espulsi contro gli inferni di tutte le tombe barattate nell’oltre di tanta vita... Ma non si è pazzi mai per guardarsi in quel troppo e piangervi un morto dentro o chissà per guadagnare un cielo più lento, un vuoto di specchi riflesso in un altro perenne sostato... ma si è pazzi sì, nell’ora 14 che dispiega il suo creato dalla violenza del silenzio come da un crimine lunare che tra una brezza astuta e una chiazza trasparente guarda spento in terra l’essere spuntare contro il suo generarsi. 15 *** Verrebbe da dire chiudete le case, col vostro binocolo dove ognuno si esclude come in posizione d’ombra lasciandosi trascurare dalle mura in protezione; così allora l’ostacolo diverrebbe ciascuno gestito all’interno, mosso per finta contro un sistema di taglio ma terrebbe comunque, questo midollo se attutendo il ritardo, di sé l’allontanamento si destinasse poi al crollo - ma col giusto equilibrio - perché anche morendo bisognerà censire, fare pratiche di vuoto e poi rendersi all’ora, e arrendersi al non e infine catapultando la propria altezza verso un centro di precipitazioni calcolare in lentezza un solo volo ossia dove tutti compiono nel medesimo istante d’aria uno sbadiglio contro la vita. 16 *** C’è un mezzogiorno per tutti, ed è nello spezzarsi del sole. Tradirsi all’alba quando tutto il giorno cola a picco e l’uomo si fa parete contro. Ma tradirsi è rimuovere un pensiero e dirlo salvo restituendolo al mondo. Ecco così diventa una montagna eterna la sfinge dell'ingegno mentre lo sguardo tenta un orologio di domande girando sempre indietro l’inganno del suo sincrono. 17 *** Come diventa brutta, come puzza la giornata mentre si spoglia di te e fa il sole venire a mente come tradendo l’attesa sfinita di stasi e calma mai raggiunta però cammina comunque e l’occhio vede ciò che diventa, l’oscurità palese dove nessuno può dirsi abbagliante se prima non vive quel basso ventre di prossimità, quel collasso bianco che solo si avverte pulsando nel cuore morto della notte; ma la notte è troppo boia per sciogliere queste maledette cagne, parole dalle gambe più lunghe che si insinuano e fanno l’oscurità malata mentre scende il giorno a caso tra le siepi distratte, dove solo una frase vale la pena scrivere ad un ultimo Dio in terra: non siamo mai stati capaci di darci in pasto alla luce. 18 *** Uomo d’ultima stratificazione come rompi l’osso parlando, schiantando di proposito ma senza muri, tu vediti, ora con l'occhio del mondo capovolto, tu non hai che passioni comuni! Allora risolviti in briciole. Oppure cogli lo sguardo improvviso dove un’eco più distante pronuncia quando verso l’altro richiude il tuo pensiero spento dal corpo ribellandosi alla mente pure la carne di troppo e trafitta periodicamente sgombrata di ogni proprietà ma domina la verde ansia tranquillizzando il tuo ombelico poi cadi nel profondissimo racchiuso come un sogno in cerca di bambino riposa ora in quel ritmo e che tu possa retrocedere fino a saperti concesso. 19 *** Come troppo simile la luce al fuoco fatuo dell’idea non riscalda il volto inumano così cade e fa male troppo poco la vita svendendo il suo corpo mentre di spalle muove lento il buio la manovra della terra, celeste battaglia sua merda scagliata contro la parola e contro l’essere che si nomina invano sul precipizio puzzolente di ogni cosa taciuta nel buco ma che ora, luce provvisoria concede schiavitù alle labbra incise come epitaffi nell’aria dove risuona il tocco dei morti e così visibile alla vita retrocede fino a trasparire conciliando la viltà del paesaggio con la fame del pensiero pensatosi suicida. 20 *** Sappi che i luoghi ti assomigliano animo mio, perché tu sei il primo luogo, dove nessuno abita e la strada è sbarrata; ma potresti aprirti, se solo sapessi ritrovare il solo luogo, quello dove è entrato mai il tuo dio, e ancora niente vi si frappone... Fra te e la mente solo potrai riconoscerne l’abbaglio e chiuso andando, senza memoria provando a racchiudere ciascun disabitato che in esso si trova vederne poi il mondo più escluso, ma sappi riconoscerne ora il chiuso oscuro increato, che da due ombre un sole diventa... 21 DIVISIONE NATURALE *** Quando per intero sarai andato prima di ciò che per sempre non imprime, con la mente come il corpo dove tutto dopo il certo compare, cambierai per resistere. Perché in questo è il pensiero. Ma per vederti nel tempo dovrai riconoscerne il nome indovinando nell’altro la crescita della figura lontana di un caso senza più indietro, o l’alta finestra sconfessata schiarendo per ciascun volto il riflesso di una sola volta. 22 *** Parlo al mondo come un alce cibandomi dei prati spenti mentre dorme la selvaggina feroce ma non è iena nelle donne a dirmi come il volto sottile del geco su ogni pietra schiocchi il ventre nel suo vento piuttosto veloce per un fuscello da raggiungere contro un sole troppo scorto; no, non è il cielo vuoto per tutti ma più simile dono del dentro di ogni grembo da dove non basta mai un passo fatto più lungo della testa senza le gambe. 23 *** “Al non me stesso migliore di me” Non ricordo un solo giorno ma sì una meta imprecisa d’ogni tempo varcando me stesso allo specchio; e ho conosciuto altro vedendo trascorrermi in fuori mentre spariva la solita domanda: perché io qui? E così sono diventato me stesso passando per il mio testimone rivelandomi doppio alla vita. 24 *** a Nessuno Se stesse ascoltando ora l’ultimo lamento nel vento di nessuno il suo peso invisibile sparirebbe come una mano girata ancora nell’aria fluttuante del dire inverso, o come una mela di ombre ammassata in un angolo, fatta a metà dalla lingua, e così, giunto al bivio nella mente direbbe: “cosa potevo io se non una voce nel muro incapace di essere luce, cosa sono stato se non il fianco duro del volto più estremo dell’uomo”; e allora cadrebbe doppiando nel corpo a memoria l’ultma solitudine: quel canto tagliato di chi muore rientrando. 25 *** Sentire davvero il giorno è conoscere un altro sonno quando le case e le antenne si annidano nella luce e lubrificano l’asfalto sotto i passi delle leggi dove il grande cuore non vede contenendo l’atmosfera degli sguardi e nessuno riesce ad approfondire ma lo stesso avvertendo qualcosa si cresce alle spalle, come una radice senza profondità; questo interno è la divisione, mentre allunga il riposo di ogni specie fino a che si tiene in tensione rispetto al suo oblio. 26 *** Alla fuga, ora più onesta. Ora che mi dico aperto possa il vento essere una miniera infertile ammalando il disegno dell’estate e che si dica mai stato nell’aria il flusso di una pace sotterranea; chi ora mi dice questo giace non più qui, giace tra i disordini del corpo progettando altri muri verso un credo più chiaro mentre si avvinghia alla rosa della pagina rovinandola come il sole in un tumulto sovraccarico di ombre... Lì si spense la sua luce nel mondo in un giorno qualunque senza avvisare, con allerta solo le piante e così mutando l’altra specie in opera di cella, scavalcando l’uomo ormai fermo che già era un periodo il silenzio. Così pare ora più bianco, non più vero tramandandosi un potere servo di se stesso, a ragione nel mietere la bestia del danno... Questa figura il vento non la comprende ma l’accarezza nei pensieri più soli come ancora accarezza noi il mondo fino a quando non si vede piangere già di lontano, proprio perché ancora in noi stessi; E per questo così debole cambiare rimane uguale, come sul fondo, una profondità divisa dove solo sopravvive quel minore 27 scampolo ingovernabile altrui che mentre cancella si riscrive e mentre si riscrive diventa solo. 28 CEFALOPOLI (Il paese delle fosse) * Il paese delle fosse ha radici molto lunghe, ma forse degli abitanti nati stanchi sottoterra. (Foggia, via Manfredonia) Avviene capendo l’entrata. Una città dai piedi bucati, dalle mani legate, lo vedi mentre curvi il cimitero spezzato, lo avverti di fronte, è un Silos che dorme. Sembra fuori paesaggio, sembra un miraggio spostato nel suo contorno di grigio. Dentro, rari fantasmi aspettano. E anche tu ne passi la mole quasi invisibile: mezzo ponte e ti chiudi, sei già nell’incrocio. Dicono ne faranno un polo commerciale. Tu gli eri davanti; ora tre archi invitano a dimenticare. 29 *** Osservando in un parchetto due bimbi giocare con la palla. L’ho vista di sfuggita l’idrovora cautiva soffiare sui ragazzi: le loro teste così piene di canti stonati e di passi grezzi che non avvertono ancora suture, però già vent’anni è dopo e la grande sirena li inizia coi suoi conti... Sfiora sempre tardi e non è più sfera il tempo, ma solo somiglia al mondo quando si ferma. 30 * Svista su un paesaggio squagliato. Poiché sorvegliano tombe di fiori il dilatarsi dell’aria dalla chiave stretta così nei denti e nei polmoni del silenzio e della sera si indebitano a fili con la memoria fino a che non regredisce nell'età, in un perché mai salvo dei cieli il balzo ustionato della pioggia... Ed è viva, ma sterile come nebbia nel suo danno programmato boschivo, di roccia e di fiamma che non riconosce il primitivo sostando così molle tra i filtri mentre i palazzi si rodono contro il cemento mummificando certezze ora spazzanti nel pulito immaginario di un sole ultimo boia, lì nel suo punto viscerale di luce trafitta nel taglio... Così muore presso il mondo, perdonandosi un ultimo tafferuglio celeste per questa troppa fede, in culo alla balena. 31 *** Raggiungersi è il segreto, come un gelo d’impatto a prima vita. Non se ne avverte mai la frescura attraversandolo. Resta un punto bianco; resiste prematuro al suo uovo, poi da solo si schiude nel nucleo energetico, da solo si acclima in una protuberanza più alta del nero, e con l’essere si scioglie in tutta la stanchezza. La baldracca scuote i vecchi con le loro palandrane sguazza tra vicoli ciechi... Voi la chiamate fortuna ma un principiante cosa darebbe per fare a pezzi la vita e restituirne poi la giusta dose... Un vigliacco, direbbero in Colombia andandosene sbandato per la montagna andina nella speranza di trafugare sperduti idoli di pace... Ma la testa del saggio pesa come una piuma, diventa quasi un miraggio nell’orecchio gigante, cresce misurandosi pari 32 con la clessidra del deserto... Nella penombra dura un istante: dopo, il destino riaffiora alla luce e la tipa bendata slega il suo volto. 33 *** Ogni strada ha senso dopo. Ho dormito bene nel malessere. Già verso i tre anni guardavo l’ombra di troppi perché avanzare sulle spalle di un padre, e i miei sogni tenersi stretti ai muri mentre sparivano. Poi è stato crescere solamente intervallo tra una sola potestà di morte e una raccolta fitta d’idee. Ora è rimasto ultimo il perché e non so tornare alla domanda, ma di più chiuso attraverso il diverso incontro estremo dove ognuno combacerà solo. 34 *** Il futuro è indietro. I ricordi si fermano: una mezza riga tagliata in una foto scattata male, un braccio rotto per davvero l’anno dopo o un cuore ininterrotto lasciato secco per troppe pause...e già era estate e si sudava sotto le palpebre della notte mentre cani sconosciuti fottevano dietro le spoglie coperte un'ultima generazione... e saperla quella maledizione gentile non bastò a fermare il colore dannato di ogni giorno, dove nessuno ha voluto salvarsi né rimanere sfocato; dove nessuno ha saputo ascoltare quel grido sottofondo della balena... Ora è già grande e non si quieta, celeste dove l’acqua scorre troppo, e non è aria lei, non ritorna... Ma per sempre in attesa come gli uomini di campagna, in cerca di un sole suggeritore... Muove già senza ricordo, non più me, non come io che resto dentro, ancora scemo di più ad aspettarla. 35 *** Con chi potrei cambiare questa solitudine? Una lunga febbre contagia il mondo per la sua luce sempre crescendo in angeli come un sogno più ostico tra una felicita da marciapiede e un asfalto remoto, più sotto lì dov'è la domanda, e poi nasce prolifera nell'impoverito tra un muro reale ed una cinta provvisoria, quella polvere discreta, scia dell'inestinto. C’è un sole oltre il tuo tutto che non è pieno di sé ma parte variante di altro schiusa oscura matassa che non usi per scaldare né ti osserva a prescindere. Eppure un giallo ogni ora ti evidenzia nell’errore di saperti luce e cade mai nel semplice dove abbaglia ognuno con più di un sole nascosto nell’occhio o con la sua metà di cuore procedendo a spicchi verso le tenebre. 36 CAMPI DI MINORANZA *** Pseudo-canzonetta per un amico incerto. L’indefesso ha una solitudine portante braccia magre e smunte, capelli chiodati al corpo e una grossa freccia nell’occhio destro ma mai solo per questo ti guarda in cagnesco se non riesci a stare dietro le sue leccornie! Se lo segui ti dice che è più stanco del tempo e che vive il mondo attraverso utopie perché ai dispetti non rende più merito... E in ogni muro cerca uno specchio, e in ogni angolo fa suo il pavimento e poi ci piscia con la lingua disegni di morti mentre tradisce la strada con segni perfetti e mai se ne torna nell’imbuto domestico, nell’incavo tranquillo del puzzo dinastico, anzi offre la sua casa migliore in un vetro, offre il suo sangue tenuto a mente bambino. Quest’indefesso che scruta nel corpo tiene un cuore lontano 37 a vibrare per altro è un indefesso diverso dall’universo maltolto è un indefesso riflesso che si finge già morto mentre vive nell’altro come un io più aperto. 38 *** L’armonia del pensiero non è che una cassa di risonanza mentre il resto si svolge in rumore. Così due cervelli come corde si tendono silenziosi avvicinandosi e non vibrano che per un ritmo vuoto in sé ma nell’ascolto fanno del proprio tocco un’elettricità offerta al silenzio e rigenerata zitta perché nel battito lì chiuso si percorre insieme tutt’uno lo spazio imitando. 39 *** Femmina non è utero ma parto dell’impossibile e maschio non è fatto ma carne del servitore perché volere è femmina mentre maschio è oscenità nel buco del non destino una felicità senza grembo dalla separazione liberata su come farsi tradimento e non più per generazione crescendo gamete universale ché tra volere e dirsi altrove poi si disfa di sé nascendo in altra cella o in un fantasma più visibile in putrefazione. 40 *** Parlando ad un muro. Un orecchio più grande ascolta ma non dice nulla. Piuttosto balbetta qualcosa, un periodo lontano del mondo ma ora fa del silenzio una cassa sonora, la luce sicura da dove risponde Tiresia sul nudo dell’invasare a mediazione e sul corpo come un vuoto superiore. *** Nella luce non vi è niente nessuno lo dice eppure tutti avvertono lo scarico mentre il buio attraversa la pienezza di ogni esilio, e non è luogo giornaliero il sicuro sapersi ritardo bensì nuovo compimento di una lentezza che dilaga come a macchia d'olio il solitario allontanamento... 41 *** Nel centro delle nuvole vi è l’impossibile qualcosa; ma il vento lo nasconde e la gamba prolifera senza sottosuolo un movimento, inerme alla strada: sii come erba - disse il grande cielo appeso alla nudità del celeste; sii più del tempo, sii il tuo ritorno oppure sciogli l’anatomia contro il corpo cercando ovunque altre chiavi. 42 *** Nella paura di esser soli lì è la saggezza, tremando: come andando di contro al proprio tempo e farlo corpo non dato, spazio di mezzo. Ma attraversando il confuso netto della sera una moltitudine silenziosa può dare contorno unito all’unica corrente tutt’uno schiarendola e può ancora chiamare uomo riusando l’aria per sopportare quel respiro soffiato di dietro dove manca sempre il corpo ma non l’ombra di chi si abbandona al vuoto contro natura. 43 NULLA PERCENTUALE *** Quanto tutto va via nessuno sa ammettere che poi sarà nulla il capire mai e dirsi cosa come questo, oppure altre informità o niente disegnarsi accanto un punto e sostare sì, ma non per accadere; ma come poter allora spiegare un cerchio se sono le parole solo una continuità del vuoto perciò una dopo l’altra saperle tacere e già sarà il caso di disporre il silenzio nel bianco come interno del corpo cresciuto più nelle ossa che nella rivolta della testa. 44 *** Le giornate volano perché sanno le mani coincidere e frangere i flutti del contorno umano ma poi riconquistano la propria retta disgiunzione procedendo nella fonetica dell’aria e ridanno colore alle domande e spingono, strozzando il motore dell’occhio ancora mite di parole... e dunque: diranno loro l’atmosfera o solo l’intuito ibrido, l’arbitrio della possibilità di protendersi ogni ora in un sogno visibile? Nel vetro - rispondono - del detto vi è quel soffio preciso, rifrangente; nel detto vi è la sfinge abbagliante non più marchingegno terrestre quindi ma solo fedele riproduzione di un universo casuale causato in disparte. 45 *** Il corpo è un suono a sé, diventa se stesso mentre si silenzia. Ma il suo silenzio è di troppo se l’ombra non ne canta l’infine. E l’infine è tra un corpo e la sua ombra solo nel silenzio di se stesso. Produce suono e fluisce comunque, oltre nel limite dove diventa silenzio di un corpo mentre canta l’infine di sé nella sua ombra. *** Quale suono avvera la vita, non è prima ancora il suo soffio? L’invisibile come un tocco di qualcuno sparito tace perché il suo corpo si è perduto nell’anima. E solo senza sapersi, suona nella voce delle forme, in queste trasmette la sua assenza, un messaggio di vocazione che è il rumore dell’ascolto dove si prepara un silenzio molto prima dell’uomo. 46 *** Se tu fossi più di un muscolo come una matrice tesa o strana forza intrinseca sostenendo la gravità ma più di questa lasciandoti spontaneamente, potresti bilanciarti solo e poi in sospensione riemergere da un nuovo fondo, ma allora a cosa servirebbe deviare la tua distanza ora, lasciando il vortice profondo degli occhi alle cose avvicinarsi centripeto e lento con le gambe in pace e piene tra due mondi assorti dalle arie combaciare a filo nelle linee dell’unisono tutt’uno con le palle e una stagione definitiva alle spalle chiedersi ancora una volta poiché una volta è mai per sempre... Sarebbe questo chiamato nel dopo, trasferimento ottenuto il contatto, oltre lo stesso e nient’altro da cui dividersi, se non quella viva avvisaglia, appena nati prima del grande perché, dove al tempo non teneva, ciascuna barriera, e invece ora sospinge in un moto avverso ma solo l’andamento, nel già trascorso saliscendi fisso, che s’intuiva e che si intuisce da sempre fedele, clessidra rotta, alternativa... 47 PROBLEMI POSTUMI *** Fissando un quadro che non ricordo. Le hanno tagliato male le gambe che ora pare così perfetta, chiusa come in una lenta voragine di conoscenza... E invece soffre l’ignoranza del corpo, corre su altre strade mentre il giaciglio superiore fa addormentare più dolce la sua clessidra estinta... E qualche granello più in là un dipinto deserto muove il suo profilo dentro la cornice in ombra... Diventerà organigramma del mio movimento uscendo dal ricordo... Ma chissà che gli occhi finalmente chiusi vedranno ancora lei o un sapere oltre la sola carne. 48 *** Se viene a nuocere il giorno, se tira a vivere per sola mancanza, in quale angolo si dimentica, perché poi diventa ostile al tempo dove chiosa mattino mattanza un trafiletto di sole? Trasmigrando prova un sillogismo col mutare dell’anima? Se non altro si incrocia di nuovo entrando nel campo visivo con l’orecchio tradito e subito bisbiglia ritorni. Ma non è allarme l’istante; forse più un generico mutuarsi d’equivoci che fa la palla lucente. 49 *** Sarebbe giusto l’oggi se non fosse una domanda e invece aprisse di fiducia mentale ogni situazione o un corpo giunto tardi a destinarsi... Ma non si muove piuttosto comincia a rifiutarsi e col rifiuto fa poco di sé produce altro, come con una matita inversa scrive bianco dal pensiero. Così riuscendo dimenticato andrebbe a manifestarsi prima il momento oscuro e sarebbe forse sciolta la condizione umana garantendo il crollo del tempo e a sua volta l'imminente costruzione? Ma alle macerie poco importa rialzare un polverone; allora chissà solo tentando la materia è dove inizia l’incanto di ogni muro mentre finisce mancata la retrovisione... 50 *** Cade la morte e mentre cade un sogno dentro rivive: è la balia del tremore, è la scossa non data e che ora illumina cadendo; allora dal sottosuolo si vede l’antica chimera riemergere e soffiando sul pensiero dire: tutto è un movimento, tutto è lento se si ritorna a zittire. Così nel corpo rimane sospesa per vite intere fino a quando cadendo nel tonfo si riascolta e piange della fine non la botta ma la sua mancata aderenza. 51 *** Enfasi cristallina, giace il ribrezzo come corallo luccicando inerme nel vetro del profondo senza dolore... Sognando pesci come la notte negli ultrasuoni della melma mentre l’avanguardia si fa strade poste in acque di memorie ed è luce che non splende, è lenta industrie di materie... E poi spinge, al globo opposto aggravandosi nel ritmo della chiosa a immaginare dove un lancio come spurgo per ognuno andando altrove fa cadere, sì, ma un solo abisso... 52 *** Precipita altissima la specie nell’occhio del ciclope futuro, anche se dice sguardo al profondo allontanandosi dal vedere. Ma noi non luccichiamo. Quanto può durare allora una svista se mite si presta allo smarrimento il centro a perdere dell’universo? È vana la forma mentre incide il suo calco nell’essere. Per questo ci si alterna tra profonde variazioni ciascuno mentre separa la generazione un’unica data volgendosi perduta alla sfiducia della percezione mentre si lotta tutti contro l’uno. 53 *** Chissà contemplando la ferita possa l’eternità risplendere crescendo come una cicatrice non dicendo niente, più della vita come tagliando la parte proibita d’ognuno, oltre la guarigione. E fare con ciò che rimane, nessuno la sua biografia. La purezza di andare come in sonni chiusi per la distanza delle volte dove si continua chi raggiunge l’abbaglio in una sonorità bianca sotterrata al di là del sereno che è qui e non è per nessuno. 54 NOTA BIOGRAFICA Antonio Bux (Foggia, 1982) vive tra l’Italia e la Spagna. Suoi lavori sono apparsi su prestigiose antologie e recensiti sui maggiori quotidiani nazionali e su importanti riviste letterarie, oltre che sulle migliori pagine web di letteratura sia nazionali che internazionali. È stato tradotto in spagnolo, catalano, inglese, francese, tedesco, serbo e rumeno, e ha tradotto numerosi autori di lingua spagnola, tra i quali Leopoldo María Panero. È risultato finalista e vncitore di vari premi letterari. Ha pubblicato: Disgrafie (Salerno/Milano 2013), Trilogia dello zero (Milano 2012), Turritopsis (Martinsicuro 2014). 55 INDICE Premessa........................................................pp. 4 BIOGRAFIA TAGLIATA [Biografia non è arrotolare].........................pp. 5 Il verde dietro...............................................pp. 6 L’umanità trascurabile.................................pp. 14 Divisione naturale........................................pp. 22 Cefalopoli (Il paese delle fosse).................pp. 29 Campi di minoranza....................................pp. 37 Nulla percentuale.........................................pp. 43 Problemi postumi........................................pp. 47 Nota biografica.............................................pp. 54 56 Quaderni di RebStein, LII, Aprile 2014 57