origine del nome - Comune di Sorbolo

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origine del nome - Comune di Sorbolo
Sorbolo
L’origine del
nome
Roberta
Conversi
L’attestazione più antica, per ora nota, relativa al toponimo “ Sorbolo” si ritrova nella
raccolta del Codice Diplomatico del Drei, in una carta stilata a Parma nel 905 d.C. dove è
menzionato non tanto un riferimento diretto al luogo, quanto il nome di un personaggio
citato come testimone in un atto di donazione, che è detto “de Sorbolo”, con riferimento al
luogo di provenienza. Circa quaranta anni più tardi, in un placito stilato a Reggio nel 944
d.C., tra i rappresentanti dei canonici è menzionato un “Leo de Sorbolo”.
Successivamente nel 1230 a.C. (“Rationes Decimarum Italiae”, nei secoli”, 1933)
compare la “Plebe de Sorbolo”.
Queste dunque sembrano essere le attestazioni più antiche del toponimo “Sorbolo”
per ora conosciute.
La toponomastica ufficiale concorda nel vedere l’origine del nome come fitonimo,
derivante dal latino, Sorbus, il nome dell’albero da frutto, col suffisso
–ulus.
Già Plinio catalogava in età romana quattro tipi di sorbi, con frutti a forma di mela,
ovali e di pera, da cui si traeva un “vinum”, di qui evidentemente l’uso ancora oggi noto di
trarne sidro. Sempre Plino specifica inoltre che sui terreni d’altura ricchi d’acqua e ben
drenati crescono bene l’acero, il frassino, il sorbo, il tiglio e l’amarena. Da Plinio si ha
perciò la conferma indiretta dell’origine del toponimo dal nome della pianta da frutto, il
sorbo appunto. Ed è interessante vedere l’associazione che proprio Plinio fa di alcuni
alberi, che ricorda il paesaggio agrario delle nostre campagne fino a cinquanta anni fa.
Bene qui crescevano assieme ai sorbi gli aceri, i tigli, i frassini, da cui l’altro nostro fitonimo
Frassinara trae origine, e le amarene, di cui erano ricchi i nostri orti, molto usate per
gustose marmellate.
Va anche ricordato che una delle denominazioni comuni del Sorbus domestica la
varietà che produce i piccoli frutti piriformi è appunto Sorbolo, oltre che sorbo comune. A
maggior ragione proprio alla varietà di sorbus domestica si può collegare il fitonimo
Sorbolo.
Diffusione ed uso del
“sorbus domestica”
La presenza di questo albero nelle nostre zone è attestata da tempi antichissimi.
Così come Plinio, in epoca romana, fa riferimento alla collina come terreno ideale di
attecchimento del sorbo, fin dalla preistoria abbiamo attestazione della presenza del
sorbus domestica ai piedi della nostra area appenninica. L’età romana vede le nostre
pianure ricche di salici, pioppi, ontani e querce. Quest’ultime dominano soprattutto la
foresta suburbana dell’alto medioevo. Ma gia con la bonifica dell’area intorno alla città di
Parma, ad opera dei grandi monasteri, ricompaiono insieme agli altri gli alberi da frutta, in
recinti – frutteti cinti da siepi o steccati , ben coltivati e protetti.
Gli alberi da frutta, oltre ad essere una ricchezza per i prodotti che fornivano,
davano legni robusti utili alla realizzazione di mobili, per i quali erano utilizzati il legno di
pero e di ciliegio. Per tornare al sorbo, il legno stesso, molto duro e robusto poteva essere
utilizzato per la fabbricazione domestica di mobili. Il legno è pregiato per la caratteristica
di essere resistente all’attrito, adatto alla lavorazione al tornio, per questo era usato per la
realizzazione delle viti dei torchi, che ancor oggi possiamo vedere nei musei d’arte
contadina.
L’uso di ricavare un “vinum” dalla fermentazione dei frutti ricordato da Plinio, si è
mantenuto nell’area francese e tedesca dove il sorbus domestica è molto coltivato per la
produzione del sidro, ma si è perso da noi.
Presso i romano è ampiamente documentato l’uso dei frutti del Sorbus Domestica.
L’importanza di avere di questi frutti in dispensa è ricordata da Catone nel De
Agricoltura,144 (CLII): "Tenga in dispensa: pere secche, sorbe, fichi, uva passa, uva in
marmitte, mele stanziane in doglio e tutti gli altri frutti che è uso conservare, anche quelli
selvatici, li conservi ogni anno con diligenza. "
Numerose sono le citazione anche in ricette ecco ad esempio un antico piatto romano di
Apicio :
Piatto caldo e freddo di sorbe
Prendi delle sorbe, puliscile, pestale nel mortaio e passale alla staccio. Snerva 4 cervella
scottate, mettile nel mortaio con una decina di grani di pepe, bagna di salsa e pesta.
Aggiungi le sorbe e amalgama, rompi 8 uova, aggiungi una tazza di Salsa. Ungi una
padella pulita e mettila sulla brace calda sopra e sotto. Quando sarà cotta cospargi di
pepe tritato fine e servi.
Ed ancora una variante latina dell’ idromele, il c.d. liquore degli Dei di origini antichissime e
diffuso in tutt’Europa: Idromele:2 kg di miele,3 litri di acqua,Lievito , 2 sorbe
In Emilia Romagna è oggi pianta poco diffusa, tutelata come antico albero da frutto
autoctono.
Si tratta di un albero della famiglia delle rosacee, come il pero, tipico dell’Europa
meridionale. L’albero spontaneo può arrivare fino a 15 m. e vivere fino a 500 anni. Le
foglie alterne composte da foglioline lanceolate sono seghettate. I fiori sono riuniti in
coimbri. I frutti a forma di piccola pera dal colore giallo striato di rosso, maturano ad
ottobre. Sono aspri e ricchi di tannini. Ammezziti, all’asciutto tra la paglia o il frumento,
diventano dolci e sono usati per comporre marmellate, sidri fermentati e liquori distillati. Le
gemme del sorbus domestica sono usate nella composizione di tinture medicamentose
con proprietà regolatrici della circolazione venosa, i frutti hanno proprietà astringenti e
sono ricchi di vitamina C. Il sorbus domestica è anche da consideratasi pianta tintorea
giacchè gli estratti della corteccia, molto ricca di tannini, sono usati nella concia delle pelli.
In Italia è attestato nei boschi misti.
In Emilia Romagna è censito nei querceti di roverella accanto all’acero campestre e
all’orniello in terreni molto aridi, marnosi compatti. E’ presente sempre allo stato spontaneo
anche in boschi misti in terreni derivati da arenarie insieme al ciavardello, altra varietà di
sorbo.
Roberta Conversi
Sorbolo, 19 gennaio 2004