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Presentazione (Paolo Giaretta)
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Il ringraziamento della città a Ruggero Menato Ivo Rossi
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L’attività di Menato all’Irsev Lucio Malfi
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Ruggero Menato, sempre alla ricerca di futuro Angelo Ferro
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Ruggero Menato, un cristiano a servizio della comunità25
Giuseppe Masiero
Padova, un’idea di città da un secolo e l’altro:
le persone e le pietre Francesco Iori e Daniele Marini
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Padova, un quarantennio di sviluppo Ruggero Menato
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Profilo biografico di Ruggero Menato
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Presentazione
Paolo Giaretta
Presentiamo qui gli atti del convegno che la Fondazione
Ruggero Menato ha svolto nel novembre del 2013, conservando nei testi l’immediatezza della forma orale. Nell’organizzare un convegno che facesse memoria della figura di
Ruggero Menato (1939-2003) in occasione del decennale
della sua scomparsa abbiamo voluto evitare di rinchiudere
questo ricordo dentro il confine del passato, proiettandolo
invece verso il futuro. Spero che questo intento emerga con
chiarezza dalla lettura degli atti del convegno.
Se dovessimo rintracciare una caratteristica del lascito di
pensiero e di indagine che ci trasmette Ruggero, questa sta
proprio nel suo esprimere un bisogno radicale di futuro. Non
accontentarsi mai della superficie delle cose, della banalità
del già visto. Indagare in profondità, conoscere la Storia,
le storie, non per rendersene prigioniero ma per scoprire
le risorse potenziali di una comunità. Il materiale su cui
appoggiare storie nuove.
È stato un indagatore attento della personalità della nostra
città, su solide basi statistiche, ma facendo parlare i numeri
ed inquadrandoli dentro un pensiero interpretativo coerente.
Conoscere la città nelle sue luci e nelle sue ombre, nei suoi
difetti e nelle sue potenzialità era il modo con cui Ruggero
esprimeva un amore profondo per la sua città. E con molta
preveggenza leggeva i fatti di Padova dentro la Padova più
grande costituita dal territorio dei comuni contermini, dentro
quel Nord Est di cui si andava formando, anche grazie a lui,
una più matura coscienza.
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Un amore che non si è espresso solamente attraverso una
preziosa e validissima attività di ricerca, ma anche attraverso
un impegno civico, l’espressione migliore di quel termine
“società civile” che spesso viene abusato in una sterile contrapposizione alla società politica. Così l’impegno sempre
generoso negli organi collegiali della scuola, nell’associazionismo professionale, nelle organizzazioni ecclesiali, nelle
associazioni cittadine. Sempre evitando di farsi rinchiudere
dentro una logica di schieramento partitico, perché aveva
una idea molto alta del dovere della Politica.
I temi dell’oggi sono ancora quelli indagati da Ruggero
Menato. Quale strategie per la nostra area urbana? È finita
l’epoca della infrastrutturazione materiale sostenuta da una
rilevante capacità di spesa della Amministrazione pubblica.
Semplicemente questa capacità di spesa non c’è più. Si può
razionalizzare l’utilizzo delle risorse, calibrando meglio le
priorità, producendo servizi in modo più efficiente, ma certamente non potrà essere la mano pubblica da sola ad assicurare
un adeguato ciclo di investimenti. Si aprono opportunità nuove e diverse, in cui però bisogna saper cogliere le specificità
della città, ciò che essa può offrire in una competizione ormai
a livello europeo in termini di attrattività per investimenti
privati, per offerta di “buona vita”, per capacità di valorizzare
i talenti che ci sono e di attrarne di nuovi. Come segnalano
tanti indicatori Padova non è affatto piazzata male in questa
competizione, ma occorre essere capaci di sviluppare tutte
le potenzialità.
In questa impresa la politica, l’amministrazione non è
tutto. E non serve “l’uomo solo al comando”. Serve una
comunità, ambiziosa per il proprio futuro, cosciente delle
difficoltà, in cui ognuno faccia la propria parte e si incontri
su un disegno condiviso. In cui i saperi e i talenti possano
essere risorse per tutta la comunità. E il cittadino possa
partecipare alla vita pubblica non solo per protestare ma
per offrire in positivo idee, visioni, contributi. Ed anche
questo era un tema su cui Menato, con molta lungimiranza,
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quando non era di moda, si era esercitato. Basta scorrere i
sommari delle ricerche del Cir per constatare come il tema
della partecipazione civica veniva considerata da Menato
uno dei principali strumenti per dare attuazione ai progetti.
Abbiamo detto: uno sguardo rivolto al futuro, ma ci è
sembrato importante insieme ripercorrere alcuni momenti
salienti della vita di Ruggero, luoghi, incontri, istituzioni in
cui ha operato con competenza e passione, lasciando eredità
importanti. Per questo abbiamo scelto tre testimoni significativi di questi distinti aspetti della vita di Ruggero.
Il professor Lucio Malfi che è stato direttore scientifico
dell’Irsev, l’Istituto regionale di studi e ricerche economicosociali del Veneto, in cui Menato ha iniziato la sua attività di
ricercatore economico e sociale. Una istituzione anticipatrice
se pensiamo che l’Irsev viene costituito molto prima della
nascita delle regioni nel 1970 per volontà delle istituzioni
locali, che pensano alla necessità di avere un luogo di analisi
della società veneta. L’Irsev, quattro anni prima dell’avvio
dell’esperienza regionale, predispone il primo piano regionale
di sviluppo, con una équipe di ricerca guidata dal professor
Innocenzo Gasparini, che era il presidente, utilizzando una
pluralità di competenze scientifiche, coordinate dal professor
Malfi, in cui giovani studiosi che poi sono diventati anche
importanti docenti nel sistema universitario veneto, si sono
impegnati in un lavoro del tutto originale. Ruggero Menato
era tra questi e nella redazione del piano svolse un ruolo di
tutto rilievo.
Il secondo testimone è il prof. Angelo Ferro. Che con
Ruggero Menato pensò e guidò una splendida esperienza
di analisi economica e sociale di un territorio: la grande
avventura del Cir, Centro Informazioni Ricerche, che nasce
appunto dalla mente fertile (allora come adesso) di Angelo
Ferro, con il braccio operativo di Ruggero Menato. È stata
veramente, in quella stagione, una coppia straordinaria, perché ha avuto l’intuizione profonda di dover dare una risposta
ad una domanda latente: il bisogno di avere una capacità di
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lettura basata non sul sentito dire, ma basata sulla certezza di
dati da interpretare, da costruire, da offrire alla riflessione, di
fronte a una società anche allora in rapidissimo movimento, in
fermento. E poi la necessità di avere uno strumento “politico”
che desse forza a quest’elaborazione, che interloquisse con le
istituzioni e l’opinione pubblica. Insieme al Cir nasce, sempre
su stimolo di Angelo Ferro che era presidente dell’associazione degli industriali, il Comitato di Coordinamento delle
Associazioni delle Categorie Economiche, sforzandole ad
uscire da una pura rappresentanza degli interessi verso una
riflessione complessiva sulla società padovana.
La terza testimonianza è stata offerta da Mons. Giuseppe
Masiero. Ho già detto detto che Ruggero, fuori dall’impegno
strettamente professionale, ha animato tanti luoghi associativi
della città, i dirigenti d’azienda, il Rotary, L’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, il mondo della scuola, ecc. In
particolare generoso è stato il suo servizio alla comunità
ecclesiale padovana. Per Ruggero la dimensione religiosa
era importante ma sempre vissuta con un rigoroso senso di
laicità: penso che non gli sarebbero piaciuti per niente questi
cosiddetti atei devoti, che vogliono usare la fede a puntello
della propria insufficienza politica. Ruggero aveva chiarissima
la distinzione dei ruoli e insieme viveva una dedizione appassionata alla comunità ecclesiale. Mons. Giuseppe Masiero,
è ora tornato a Padova dopo essere stato per un periodo
lungo a Roma con un importantissimo ruolo di assistente
delle associazioni ecclesiali nazionali. A Padova nella stagione
dell’impegno di Ruggero Menato ha diretto la Pastorale del
Lavoro e ha avuto modo di costruire tante iniziative positive
utilizzando la competenza e la fantasia di Ruggero. È stata
una stagione importante per la Chiesa e la società padovana.
Infine lo sguardo sul futuro. Con un dialogo tra due
persone che ci hanno aiutato in questi anni a capire molto
del Veneto. Francesco Jori e Daniele Marini. In ruoli diversi
in questi anni ci hanno aiutato a comprendere le mutazioni
profonde della società del Nord Est, con le sue potenzialità
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e le sue debolezze. L’economia certamente, ma anche gli stili
di vita, le aspettative, le modificazioni della struttura sociale.
Iori in tanti articoli e libri con competenza e passione ha
indagato la realtà del Nord Est, contribuendo con Giorgio
Lago (una formidabile coppia di cantori del Nord Est) ad
una nuova interpretazione del nostro territorio.
Daniele Marini come direttore della Fondazione Nord
Est in questi anni ha indagato a fondo la realtà sociale ed
economica del Nord Est, svolgendo un servizio essenziale per
la comunità veneta e nordestina. Associando nel suo lavoro
di ricerca tante intelligenze e conoscenze, costituendo un
network di saperi che assicura oggi un patrimonio di conoscenze per il bene comune. Potremmo dire che è il metodo
Menato che è continuato nel tempo.
Abbiamo fatto riferimento, in questo dialogo, al concetto
delle persone e delle pietre; avremmo potuto usare termini
più moderni (società dell’hardware, del software, le città
creative, i talenti, ecc…) però abbiamo usato un termine che
sarebbe piaciuto a Ruggero. In fondo, diceva Sant’Agostino
“la città non è fatta di pietre e di torri, ma di cittadini”, e ricordava Tucidide “sono gli uomini a fare le città; non le mura
senza i cittadini”. Gli antichi dicono ancora a noi moderni.
Penso che il modo migliore di concludere questa presentazione sia riportare il brano di una lettera che nei giorni del
convegno ci ha fatto avere Giulio, uno dei figli (uno dei tanti
giovani italiani che onorano l’Italia in giro per il mondo): “Mi
trovo a Washington ormai da un anno e mezzo assegnato
come consigliere agricolo alla Delegazione dell’Unione Europea. È un momento fondamentale per I rapporti fra l’Unione
Europea e gli Stati Uniti, stiamo negoziando un accordo
che vogliamo importante e che vada oltre i meri interessi di
categoria per poter veramente rispondere a quel bisogno di
nuovo dinamismo che si avverte nelle società in amba parte
dell’Atlantico. Sono sicuro che questo accordo avrebbe entusiasmato papà. Non sarebbe passato giorno senza qualche
mail di suggerimento o commento su quello che aveva letto e
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visto. Lo affascinavano le nuove sfide e sapeva vedere il “bene
nel nuovo”. Ma che andava trovato , valorizzato e gestito.
Dando un senso alle nuove cose si impara a conviverci ed ad
utilizzarle . Insomma si diventa “moderni”.
L’altro giorno è stato celebrato in forma sobria, come
si usa qui, il cinquantesimo anniversario dell’assassinio del
Presidente Kennedy. La sua famosa frase scandita il giorno
del discorso inaugurale della sua presidenza è stata ripetuta
innumerevoli volte ed ogni volta mi tornava in mente mio
papà con quel “chiedetevi che cosa voi potete fare per il vostro Paese”. Questo, mi diceva sempre, era quello che aveva
sentito dentro quando da ragazzo era diventato un uomo.
La sua instancabile iniziativa civica, come lei ha ben ricordato in un recente articolo, nasce anche da quelle parole del
Presidente americano”. E proprio questo è stato Ruggero, e
questo è quello che ha insegnato con la sua vita.
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