Peppino Di Capri

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Peppino Di Capri
DI GIGI VESIGNA
Peppino Di Capri
CANTI ANCORA?
NUN È PECCATO
Festeggia i cinquant’anni di carriera una delle voci
S
ettembre: Giuseppe Faiella, che tutti
conoscono come Peppino Di Capri,
compie mezzo secolo. Ma non è un
compleanno anagrafico: i cinquant’anni riguardano la sua carriera incredibile, le sue
canzoni che hanno conquistato il
mondo: oggi le Tv messicane e
quelle degli altri Paesi sudamericani le usano come colonna sonora del genere
tv più amato da quelle
più belle della
Dal ’59 al ’64
In soli cinque anni,
successi come Voce ’e notte,
Nessuno al mondo, Luna caprese,
Let’s twist again,
St. Tropez twist, Roberta
Lo sapevate?
Nel 1965, a 26 anni,
ha partecipato come
supporter all’unica e
ormai mitica tournée
in Italia dei Beatles
Sanremo 2005
Invitato al 55˚ Festival, canta
La panchina, raggiungendo così
la sua 15ma partecipazione
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[PERSONAGGI]
A sinistra: il giorno
del matrimonio con Roberta.
Sotto: assieme a Mario Merola,
negli anni Sessanta
canzone italiana
parti, le soap opera e le telenovelas. La più gettonata
è Champagne, da poco anche
leitmotiv di una soap realizzata a
Hong Kong. In Italia, intanto Le donne amano, la sua composizione più recente, è
la sigla di Capri, fiction giunta alla terza edizione. Anche se non lo ammetterà mai, tuttavia,
Champagne non è certo la canzone prediletta
da Peppino perché lui sa bene, ma il pubblico
non l’ha mai sospettato, di non esserne l’autore. L’hanno scritta in
tre, con lo pseudonimo Depsa (De Pasquale, Jodice e
De Francia). Quest’ultimo l’ha addirittura incisa
tentando una disperata
quanto inutile concorrenza. Tutti considerano
Peppino un interprete
della melodia degli anni
Cinquanta o un vessillifero
della canzone confidenziale
degli anni Sessanta. «In realtà, la
mia anima è rimasta rock e a casa si
ascolta solo musica così, arrivando persino al
genere “metallica”. Il 27 luglio ho compiuto
69 anni ma, pur rendendomi conto di non essere più un ragazzino, mi sento un trentenne e
in certi giorni persino un ventenne con tutte le
speranze intatte e la voglia di avere lo stesso
successo dei tempi dell’esordio».
Un esordio che il giovane Faiella affrontò a 5 anni: «Venivo da una famiglia che faceva musica. Papà suonava il violoncello, mio
nonno il clarino. Io imparai prestissimo a
strimpellare il piano e divenni una specie di
씮
“
”
Vengo da una famiglia
che ha sempre
amato la musica:
mio nonno suonava
il clarino e mio padre
il violoncello
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[PERSONAGGI]
Pietra Montecorvino e Peppino
Di Capri cantano al Festival
di Sanremo del 1992
“
”
Da bambino mi
sembrava di essere
uno sciuscià, coi
soldati americani
da accompagnare
nei locali, per vivere
씮
star nei club off limits ai civili, perché frequentati solo
dalle truppe americane di stanza a Napoli e che venivano anche
a Capri. Suonavo le canzoni della tradizione napoletana, ma anche i pezzi di Glenn
Miller, che aveva lanciato il boogie woogie
con In the mood. Era il 1943 e ricordo che
quando più tardi vidi Sciuscià, il capolavoro
di Vittorio De Sica, mi identificai in quei “guagliuncelli” che prendevano per mano un soldato americano, meglio se di colore, e lo portavano a fare il giro dei locali dove si poteva bere un buon whisky. Ogni locale riconosceva al
“portatore” una commissione. Così, senza
che il soldato-vittima felice se ne accorgesse,
ogni tanto avveniva un passaggio di consegne:
subentravano un’altra mano e altri locali, ma
nessuno s’è mai accorto che l’accompagnatore non era lo stesso. Io invece ero pagato, per
quei tempi profumatamente, in Am Lire, la
moneta d’occupazione delle truppe statunitensi: ricordo che ne avevano in tasca un rotolo intero e, al momento di pagarmi, prendevano le forbici e tagliavano dal mazzo le banconote del mio cachet».
A Capri vive gran parte dell’anno con la
moglie Giuliana Gagliardi, affermata biologa,
Stoppa, la prima moglie,
una splendida mannequin –
allora non era stata coniata la
definizione top model – sposata
nel 1961. Il loro fu uno di quei matrimoni che si usano definire “del secolo”, a Focette, in Versilia. C’era il mondo intero ad assistere a quelle nozze e mai si sarebbe pensato
che quella coppia che univa talento e bellezza
non sarebbe durata. Finì nel 1978, lasciando
però a futura memoria una canzone indimenticabile, Roberta, che Peppino, inizialmente innamoratissimo, aveva dedicato alla moglie.
Quella melodia, proposta dalla voce particolare di Peppino, che i critici definivano tonsillare o adenoidea, è ancora oggi tra le più richieste nel suo repertorio ma quando fu lanciata, nel 1963, provocò una frenesia collettiva
e il nome Roberta fu quello più usato per battezzare le bimbe nate quell’anno. Roberta era
davvero uno splendore. Come mai finì, solo
dieci anni dopo, quello che sembrava essere il matrimonio perfetto?
«Era un periodo in cui le cose non giravano nel verso giusto. Io frequentavo sempre
più spesso i casinò, ero pieno di debiti e
l’umore non mi consentiva di essere brillante
come mia moglie avrebbe voluto. Basta feste,
Sto preparando una grande festa televisiva in due
in una villa che ricorda quelle fantasmagoriche della California: troneggia sul golfo con
una piscina a picco sul mare che se soffri di
vertigini può anche fartele venire. Da Giuliana ha avuto due figli, Edoardo e Dario. Il
primo ha 27 anni, il secondo 21. Studiano
musica e recitazione, quindi sono rimasti
nell’area artistica del padre. Ma Peppino ha
anche un terzo figlio, Igor, che ha 37 anni e vive a Palma de Majorca. È figlio di Roberta
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basta vita mondana. E questo a Roberta non
andava giù. Lei era fatta per apparire ed essere ammirata. Comunque non rimpiango nulla. Oggi con Giuliana sono felice; lei è dolce,
sempre serena. Ci siamo sposati nel 1978 e siamo una coppia felice. A lei, per precauzione
non ho mai dedicato una canzone».
Tanto per raccontare com’era Roberta,
estroversa e anche parecchio ingenua nei confronti del mondo reale, anni dopo fu coinvol-
A New York nel 2005,
in una performance
per la comunità italiana
ta in una storia di cronaca nera: non c’entrava
niente ma aveva amicizie pericolose. Una sera, ricordo, mi telefonò invitando me e un
paio di colleghi all’inaugurazione di un locale
in centro Milano, che l’aveva
ingaggiata per fare pubbliche
relazioni. Quando ci presentò
il titolare del locale capimmo
di trovarci di fronte a uno dei
più importanti esponenti delNon mi sento
la mafia americana: Joe Adoappagato. In questo
nis, al quale Hollywood ha decampo, chi dice di
dicato più di un film. Roberta,
esserlo vuol dire che
naturalmente, non sapeva
ha esaurito la vena
neanche chi fosse.
creativa
Tornando a Peppino, l’interprete di Nun è peccato, Nessuno al mondo, prestatagli da
Pat Boone e diventata una hit
mondiale, Voce ’e notte, Malatia, Luna caprese, ha scritto più di cinquecento canzoni, ha inciso novanta 45 giri in
soli due anni, il 1968-69, ha lanciato il twist
in Italia, precedendone di sei mesi l’arrivo,
con Let’s twist again di Chubby Cracker, e
con la dirompente St. Tropez twist. Ha vinto
due volte il Festival di Sanremo. Non sei appagato, Peppino?
“
”
puntate a cui parteciperanno i miei amici più cari
«Mai usare questo termine per un artista.
Essere appagato spesso significa che la vena si
è esaurita. Io ho ancora un sacco di cose da fare. E sto preparando una festa televisiva, spero in due puntate, dove arriveranno tutti gli
amici che ho».
Tranquillo sempre, come se fosse in siesta, ha lasciato che la natura imbiancasse i
suoi capelli e sta benissimo con quell’argento in testa. L’ho conosciuto a Milano quando
girava per night cantando e ballando il twist.
Ci siamo rivisti spesso nel corso del tempo.
Ma ho di lui un ricordo speciale. Un giorno, a
Un disco per l’estate, a Saint Vincent, indossava un cardigan coloratissimo, a strisce orizzontali. «Che bello», osservai. Lui se lo tolse e mi
costrinse ad accettarlo come regalo. Quando
lo provai, mi accorsi che era un cardigan da
donna, coi bottoni a sinistra. Peccato. Ma no,
Peppino... Nun è peccato e ancora grazie! 왎
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