mario todesco e gli allievi caduti per la resistenza

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mario todesco e gli allievi caduti per la resistenza
Liceo Ginnasio “TITO LIVIO”
MARIO TODESCO
E GLI ALLIEVI CADUTI
PER LA RESISTENZA
Perché la memoria non svanisca
Quaderni del “Tito Livio” – n. 1
Il “Tito Livio” per la continuità dei valori
PADOVA, 2006
INDICE
PREFAZIONE
Daria Zangirolami
........................................................................................
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I - ONORANDO IL PASSATO
19 aprile 2004: giornata di studi e testimonianze
su Mario Todesco e la Resistenza .......................................................
”
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IL SIGNIFICATO DELLA RESISTENZA
Mario Isnenghi ..............................................................................................
”
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RICORDO DI MARIO TODESCO
Mons. Giovanni Nervo ................................................................................
”
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UN PROFESSORE E QUATTRO STUDENTI DEL “TITO LIVIO”
Giacomo Ambrosini .....................................................................................
”
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II - NEL NOME DI MARIO TODESCO
24 maggio 2004: le celebrazioni ufficiali
”
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.........................
”
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UNA RIFLESSIONE SULLA GIORNATA PER MARIO TODESCO
Daria Zangirolami ........................................................................................
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MARIO TODESCO E GLI STUDENTI MARTIRI DELLA
RESISTENZA AL “TITO LIVIO”
Giuliano Pisani ..............................................................................................
”
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28 GIUGNO 1944
Amelia Burlon Siliotti
”
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”
42
...........
”
45
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”
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L’INCONTRO ALLA SCUOLA MEDIA GIÀ
“TORQUATO TASSO”, ORA “MARIO TODESCO”
..................................................................................
L’INCONTRO AL LICEO “TITO LIVIO”
...............................................
III - IMMAGINI DI UN EROE
2004-05: mostra fotografica dedicata a Mario Todesco
IV - GUARDANDO AL DOMANI
Momenti e iniziative nel 2005-06
VERBALE DELLA SEDUTA CONSILIARE
DEL 26 SETTEMBRE 2005 ....................................................................
”
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TESTO DELLA MOZIONE
........................................................................
”
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GUIDO PUCHETTI: LA MORTE DI UNO PER L’IDEALE
DI TANTI
Classe I D 2005-06 .....................................................................................
”
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PREFAZIONE
Questo volumetto rappresenta la risposta concreta a tre ambizioni diverse ma ugualmente sentite.
La prima, e la più importante, era quella di onorare la memoria
di alcune grandi persone, un professore e quattro studenti del
nostro Liceo, che negli anni della seconda guerra mondiale e della
Resistenza scelsero di sacrificare la loro vita per un arduo ideale,
la libertà di tutti, la democrazia, la lotta contro ogni forma di
oppressione: in questa prospettiva, il nostro volume vuole inserirsi
nella tradizione del Liceo “Tito Livio”, il quale più volte negli anni
passati ha voluto chiamare a raccolta le sue forze migliori per commemorare i suoi caduti e celebrarne il semplice e luminoso eroismo. Così anche noi, oggi, li vogliamo ricordare, e ancor più ci
preme che la memoria di queste grandi persone si faccia occasione di conoscenza, di pensiero, di confronto critico per tutti, e in particolar modo per i nostri ragazzi. Per questo nel 2004, a sessant’anni dalla barbara uccisione di Mario Todesco, il nostro Liceo è
stato insieme promotore e teatro di una serie di iniziative intese a
realizzare questa doppia finalità, e cioè rendere onore ai caduti e
promuovere la conoscenza critica di un periodo storico tanto doloroso quanto lontano da una semplicistica archiviazione.
La nostra seconda ambizione era che di tali iniziative rimanesse un tangibile documento: nel presente volume il lettore troverà
quindi registrate le voci di coloro che con studi, testimonianze,
rievocazioni e riflessioni hanno voluto contribuire a tener desta in
noi la coscienza di quegli anni, così tragici e densi di significato;
troverà le immagini degli eventi ufficiali, e inoltre una scelta della
documentazione fotografica raccolta per la mostra su Mario
Todesco, che si è tenuta in questo Liceo tra il 2004 e il 2005.
Infine, la nostra terza ambizione si proietta nel futuro, ed è la
speranza che il presente risultato costituisca il valido inizio di una
nuova stagione di interesse storico, culturale, civile e umano per
Mario Todesco, Sandro Godina, Guido Puchetti, Gianni Berto e
Beppino Smania, e per l’esempio che essi ancor oggi rappresentano nella coscienza di quanti hanno a cuore i valori più nobili della
nostra storia e della nostra società.
DARIA ZANGIROLAMI
Preside del Liceo “Tito Livio”
I
ONORANDO IL PASSATO
19 aprile 2004: giornata di studi e testimonianze
su Mario Todesco e la Resistenza
In questa sezione del volume presentiamo la prima delle iniziative promosse
dal ”Tito Livio”, a sessant’anni dalla tragica morte di Mario Todesco, per onorarne degnamente la memoria. L’intento era quello di unire alla rinnovata commemorazione del professore ucciso, e al ricordo dei giovani studenti del nostro
Liceo caduti per la Resistenza negli anni 1944-45, un’occasione di meditazione
e approfondimento critico sulla vicenda storica della Resistenza, e soprattutto sui
valori di essa, ogni anno ricordati e riproposti alla comune coscienza civile degli
Italiani nella giornata del 25 aprile.
Questa duplice finalità, rivolta specialmente agli studenti di oggi, ma anche
a noi tutti, ha trovato una significativa realizzazione nell’incontro tenutosi il 19
aprile 2004 nell’Aula Magna del ”Tito Livio”, cui hanno partecipato le classi
Terze Liceo. In quell’occasione gli studenti hanno potuto ascoltare una illuminante lezione del prof. Mario Isnenghi, insigne storico del Novecento e del fascismo, che ha proposto una riflessione sul significato più autentico, storico, civile
e umano, della Resistenza, con una sintesi lontana da schemi precostituiti e animata da un vigile spirito critico, attenta ai valori ma anche aliena da facili concessioni alla retorica: il “taglio” forse più adatto in assoluto alla mentalità dei
giovani, sempre diffidenti di fronte a verità in qualche modo “prefabbricate”.
Gli studenti hanno poi potuto ascoltare Monsignor Giovanni Nervo, e in lui
hanno trovato un testimone d’eccezione di quegli anni, e un commosso rievocatore della nobile figura di Mario Todesco, capace di accenti di umanissima partecipazione e di vivida, immutata memoria, nonostante l’ormai grande lontananza nel tempo.
Infine, ha validamente completato l’incontro la relazione del prof. Giacomo
Ambrosini, docente di Storia e Filosofia nel nostro Liceo, che ha illustrato la
personalità di Todesco, e ha rievocato le figure dei quattro studenti del Liceo
caduti per la Resistenza.
IL SIGNIFICATO DELLA RESISTENZA
Mario Isnenghi*
Negli anni Novanta si afferma nella storiografia una linea interpretativa tendente a limitare l’importanza della Resistenza in
Italia. Si viene sostenendo: non il 25 aprile bensì l’8 settembre apre
e fonda il dopoguerra. L’Italia repubblicana cioè si fonderebbe su
quell’incoercibile moto autodisgregativo che segue l’armistizio,
piuttosto che sulla scelta partigiana. Nei giornali si dice apertamente: se non ci fosse stata la Resistenza, ci avrebbero pensato gli
Alleati.
Dobbiamo pertanto rievocare proprio a partire dalla revisione
storiografica in atto nel momento presente. Che la Resistenza ci sia
stata è un fatto inoppugnabile: ma fu realmente necessaria, ne
valeva la pena? Dovremmo spingerci anche più in là e chiederci:
perché ci doveva essere la Resistenza?
***
Per rispondere in maniera più lineare, ricostruiamo attraverso i
fatti storici un percorso razionale. Quale fu l’immagine del regime
fascista?
Il fascismo poneva l’Italia sotto gli occhi di tutto il mondo. Le
* Il presente testo è ricavato dagli appunti della lezione tenuta da Mario Isnenghi al
“Tito Livio” il 19 aprile 2004; lo pubblichiamo con l’approvazione dell’autore. Mario
Isnenghi ha insegnato a Padova, Torino e Venezia. Fra i suoi lavori Il mito della
Grande guerra (1970) oggi alla quinta edizione. Alla cultura dell’Italia fascista ha
dedicato tra l’altro L’Italia del fascio, Firenze, Giunti, 1996; ha inoltre ideato e
diretto i tre volumi Laterza I luoghi della memoria (1996-97); tra le opere più recenti Breve storia dell’Italia unita a uso dei perplessi (Milano, Rizzoli, 1997); La tragedia necessaria. Da Caporetto all’Otto settembre, Bologna, Il Mulino, 1999; La
Grande guerra 1914-1918, Firenze-Milano, La Nuova Italia, 2000 (in collaborazione
con G. Rochat).
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
classi dirigenti vedevano il fascismo come una formula politica
innovativa, come una terza via alternativa al comunismo: una
soluzione in grado di attivare la partecipazione delle masse e insieme di contenere il comunismo.
Infatti nel 1919 il fascismo si propone come movimento di rivoluzione nazionale con indirizzo antipolitico, anticomunista e anticapitalista insieme.
Dopo il delitto Matteotti (10 giugno 1924) seguirono i mesi della
crisi dell’Aventino, ma in tutto questo periodo il re decise di non
intervenire: alla fine con il discorso del 3 gennaio 1925 ha inizio il
regime. Lo Stato viene riorganizzato sui valori dell’ordine e dell’autorità, valori enfatizzati nelle nuove istituzioni di controllo e nelle
nuove leggi restrittive: una serie di leggi ispirate al più rigido statalismo, dove l’individuo, perduta ogni propria autonomia, si configura come cittadino a servizio dello Stato. Viene reintrodotta la
pena di morte (codice Rocco) e dichiarati illegali tutti i partiti, ad
eccezione dell’unico approvato: il Partito nazionale fascista.
Con il 1935 inizia una svolta nella politica internazionale: prima
la guerra d’Etiopia, poi la guerra di Spagna (1936-39) consolidano
la nuova politica di alleanza con la Germania di Hitler.
1938. Leggi razziali (diciamo pure razziste, meno pudicamente),
che si svolgono paradossalmente anche sulla linea del positivismo
lombrosiano.
Il fascismo cerca nemici per compattare il fronte interno: dopo
i comunisti e gli antifascisti, ora è la volta degli ebrei. Gli italiani
ebrei non erano più o meno fascisti degli altri, erano persone normali inserite nella società italiana. La storiografia non spiega più
la discriminazione e la persecuzione solo con la scelta filotedesca
di Mussolini, spiega la politica persecutoria che ora inizia. Esiste
un fondo di antisemitismo teologico che viene da lontano; e soprattutto esiste la passività indotta dalla dittatura, atta a rendere complici anche coloro che “non ce l’hanno” personalmente con questi
disgraziati concittadini, ma non hanno la capacità di opporsi.
Mussolini pensa di aver scelto come alleato il più forte; finalmente l’Italia avrebbe ottenuto un posto tra le grandi potenze.
L’Italia fascista sarebbe divenuta la regina del Mediterraneo: via
l’egemonia inglese! Una riedizione del glorioso passato – ROMA!
VENEZIA! – : si sarebbe consolidato e allargato l’Impero. L’Italia
vive una breve stagione di ebbrezza collettiva che culmina negli
esordi ancora elettrizzati e ignari della dichiarazione di guerra (10
giugno 1940). La guerra va male e il sogno si conclude con un doppio naufragio: la caduta del fascismo (25 luglio 1943) e l’armistizio
che sancisce la sconfitta (8 settembre 1943).
La caduta di Mussolini è il risultato di una congiura all’interno
del Gran Consiglio del fascismo, su iniziativa di Grandi e Ciano.
MARIO ISNENGHI
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Una resa senza condizioni: questo è invece l’armistizio!
Mentre si tratta con gli Alleati, il re consente e dà il tempo ad
altre divisioni tedesche di scendere in Italia. La guerra così continua e si sposta all’interno dell’Italia: le forze alleate proseguono nel
risalire la penisola e negli scontri con le divisioni tedesche. La
costruzione da parte degli Stati Uniti, attraverso la propaganda, di
una immagine di sé come di liberatori viene accolta dal popolo italiano: l’arrivo dell’esercito alleato è accolto dalle popolazioni con
manifestazioni di esultanza, le truppe sfilano tra gli applausi.
***
Gli antifascisti avevano ottenuto ciò che desideravano: dopo il
1942 gli italiani avevano perso ogni fiducia nel fascismo. Non pochi
ascoltavano “radio Londra”, correndo anche un grave rischio: era
un prestare fede alla propaganda dell’altra parte e insieme una
forma di contestazione. Non si può tuttavia ritenere che, nel ’43,
l’Italia e la nazione muoiano. Falliscono e vengono meno invece
alla prova dei fatti una certa Italia e una certa idea della nazione,
mentre il sovrano cerca di risolvere la diarchia di regime.
Dopo una tale catastrofe militare e istituzionale era difficile passare all’azione, liberarsi dell’occupante tedesco e ricostruire una
identità italiana, operare attivamente all’interno delle città. Così,
dopo l’8 settembre, si videro combattute in Italia (almeno) due
guerre: una di liberazione e una sociale. Protagonisti della seconda furono quei giovani che, soprattutto a causa dei manifesti di
leva della Repubblica di Salò, si rifugiarono sulle montagne rifiutandosi di servire una causa sbagliata e una fazione ormai sconfitta. In Italia il salire in montagna è in primo luogo un fatto simbolico, ne consegue poi anche l’impegno militare e la possibilità di
realizzare operazioni. Se si spara, si spara non all’uomo e al singolo, ma piuttosto alla divisa e al gerarca fascista, simboli dell’altra parte.
I bandi di leva della Repubblica sociale perciò fallirono. Ci sono
però anche formazioni fasciste, attive in una specie di opera di
rifeudalizzazione e tenute assieme da uno stretto rapporto di fiducia al loro capo: stimatissimo il principe Borghese, a capo della Xª
Mas, che teneva rapporti personali con i suoi uomini.
In un tale contesto, cos’era il Bene e il Male? In una Italia divisa, quanto ha influito nella scelta della parte con cui schierarsi la
posizione geografica, quanto ha contato l’influsso della famiglia?
La montagna per i giovani senza lavoro e responsabilità familiari,
può essere considerata anche, in un’ottica quotidiana e minore,
come un nascondiglio dove vivere e attendere. In questo senso l’attendismo, rivalutato nella storiografia recente, fu un comporta-
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
mento diffuso, non deplorevole ma umano: fu una normale reazione alla miseria e alla fame, aspettare che la guerra terminasse.
Molte famiglie, soprattutto le mamme, attendevano che la guerra
finisse: questa è la vita quotidiana, anche se banale! Questa “zona
grigia” di allora sembra potersi guadagnare uno statuto di “normalità”, anzi qualcuno la promuove a vera protagonista in quel suo
umano e a-ideologico primum vivere.
La Resistenza fu opera di una minoranza: la lotta armata sarà
condotta da una minoranza anche se accompagnata dal favore
popolare, ma una minoranza che ha salvato la faccia di quanti
attendevano inerti la fine della guerra e la pace. Era opportuno
dopo il naufragio dell’8 settembre chiamare una nazione spossata
nuovamente alla lotta?
Credo si debba essere grati a coloro che seppero operare una
scelta e, in particolare, la scelta di opporsi al sentimento di annichilimento, arginare la frana, ricominciare. Pure la Resistenza
voleva la pace! Ma ai pacifisti si deve dire: la Resistenza fu anche
armata! In montagna i giovani trovavano un commissario politico,
un educatore antifascista che li istruiva e li guidava, anche nell’uso delle armi! La Resistenza fu certamente anche di aiuto alle forze
alleate: risulta evidente che la guerriglia fu, in molte azioni, coordinata e funzionale alla guerra ufficiale. Non sarebbe stata tuttavia così efficace se non avesse goduto di un appoggio da parte di
molte componenti della società civile, come i conventi nelle città o
i contadini nelle campagne.
***
Fu necessaria la Resistenza?
Il popolo italiano non è stato tutto e sempre antifascista, il popolo
italiano è quello che ha inventato, voluto, e però insieme subìto il
fascismo: per uscirne con dignità non sarebbe bastato stare ad
attendere di essere liberati dagli altri, i quali a questo punto sarebbero stati mere truppe di occupazione, invasori aggiunti a invasori. Ci voleva una scelta di inversione, ci volevano anche gesti attivi di dissociazione autocritica, quell’insieme di emozioni, idee, fatti
che chiamiamo cumulativamente la Resistenza!
RICORDO DI MARIO TODESCO
Mons. Giovanni Nervo*
Ringrazio di avermi invitato a portare la mia testimonianza sul
prof. Mario Todesco.
Conoscevo lui e la sua famiglia perché del mio stesso paese,
Solagna, dove, pure abitando a Padova, venivamo a passare l’estate. Le circostanze mi hanno portato ad essere vicino a lui nel primo
periodo della occupazione nazi-fascista e alla sua famiglia nel
momento drammatico del suo assassinio da parte dei fascisti
padovani.
Il 10 settembre 1943 all’ospedale di Bassano moriva il mio arciprete, don Dionisio Artuso. Io avevo 25 anni e da due anni ordinato sacerdote: dal 1941 ero vicerettore al Collegio vescovile
Barbarigo di Padova. Il cappellano del mio paese, Solagna, allora
don Bruno Bello, ogni domenica durante tutta l’estate, doveva salire sui Colli Alti (1300 metri sul mare, 4 ore di strada a piedi) per
celebrare la messa nella chiesetta di S. Giovanni per le persone
delle malghe e per i villeggianti.
Quella domenica, 11 settembre, lo sostituii appunto per la
morte dell’arciprete. Partii da Solagna il sabato 10 alle ore 23 insieme con il papà di Don Bruno e con Vico Todesco, un ufficiale medico alpino di Solagna che l’8 settembre, quando si sciolse l’esercito,
* Monsignor Giovanni Nervo, nato nel 1918 a Casal Pusterlengo, è ordinato sacerdote nel 1941. Assistente delle Acli dal 1945 al 1950, dal 1951 coordina tutte le
Scuole di Servizio sociale in Italia. Presidente fin dalla fondazione (1971) e poi vicepresidente per la Conferenza Episcopale Italiana della Caritas Nazionale (1986).
Fino al 1997 è stato Presidente dell’associazione Zancan, di cui tuttora è Presidente
onorario. Nel 1996 riceve la laurea ad honorem in Economia e Commercio
dall’Università di Udine per il notevole contributo dato durante il terremoto del
1976 in Friuli; nel 2003 riceve la laurea ad honorem in Scienze dell’educazione
dall’Università di Padova.
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
da Pontebba ritornò a casa. Saliva sui Colli Alti dove la sua famiglia aveva una malga. Era ancora in divisa da alpino. Nel viaggio
mi disse: “Io ho un giuramento con il re: devo rimanere fedele”. Si
era dato appuntamento sui Colli Alti con altri suoi amici alpini:
andava a formare il primo nucleo di resistenza sul Grappa. Io
ritornai sui Colli Alti, ogni domenica da Padova, per celebrare la
messa fino al 1 novembre festa dei Santi.
A Padova il cugino Mario Todesco, professore al Liceo Tito Livio,
era entrato nel primo gruppo di resistenza che si era formato intorno all’ingegner Frasson che non ebbi mai occasione di incontrare.
Ritornando ogni domenica sui Colli Alti, facevo da staffetta fra il
gruppo dei Colli Alti e quello di Padova. Celebrai lassù il 1 novembre 1943: la chiesetta era strapiena di giovani che erano scappati
lassù nelle malghe per non essere costretti ad arruolarsi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana o essere deportati in
Germania. Ricordo ancora quell’omelia in cui con commozione li
incoraggiavo alla resistenza.
Alla fine di novembre furono arrestati sia Vico sui Colli Alti, sia
Mario a Padova, e imprigionati nelle carceri dei Paolotti. Un nostro
amico, cancelliere del tribunale, ex-allievo del Barbarigo, ci faceva
conoscere i verbali degli interrogatori. Mario e Vico non rivelarono
nulla, mentre un noto personaggio di Padova, pure prigioniero,
collaborava con fascisti e tedeschi. Mario e Vico passarono l’inverno dal ’43 al ’44 in carcere.
Durante la primavera il padre di Mario, il prof. Venanzio
Todesco, ottenne dal comandante tedesco della piazza di Padova la
liberazione di Mario e Vico con la condizione che non si occupassero più di resistenza e rimanessero a casa: una specie di arresti
domiciliari.
Vico non si fidò e scappò in montagna sul Grappa, dove formò
un gruppo di resistenza a Campo Croce con gli uomini che l’8 settembre per non consegnarsi erano scappati in montagna.
I fascisti padovani mal tollerarono questa liberazione dei due
giovani e verso il 20 giugno prelevarono Mario da casa e lo portarono forse al Buonservizi, dietro S. Giustina, dove aveva sede la
milizia fascista. Qualche giorno dopo arrestarono anche il vecchio
padre, che era andato per avere notizie del figlio: lo maltrattarono
e poi lo lasciarono andare.
La notte dal 28 al 29 giugno 1944 uccisero Mario a colpi di
pistola in via Emanuele Filiberto, davanti al Bar Borsa e lasciarono lì il cadavere. Qualcuno quella notte sentì il grido di Mario:
“Non uccidetemi!”.
Il 29 giugno verso le 9 venne da me al Collegio Barbarigo il papà
di Mario, mi portò il Gazzettino dove c’era la notizia che in via E.
Filiberto era stato trovato il cadavere di un uomo sui 35 anni che
MONS. GIOVANNI NERVO
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aveva i connotati di Mario. Il padre si aggrappò alla speranza che
quando fu arrestato non avesse il vestito descritto dal giornale e
corse a casa per verificare. Io andai all’obitorio: era proprio lui! Fui
vicino ai genitori di Mario in quel terribile frangente. Raccolsi dalla
mamma questa espressione: “Offro il mio dolore perché questo
possa essere l’ultimo sangue versato”. Poi accompagnai la salma a
Solagna e partecipai ai funerali.
Perché i giovani possano comprendere meglio il contesto in cui
si colloca l’azione e il martirio di Mario Todesco mi permetto di portare una testimonianza su di un fatto avvenuto a Padova appena
un mese e mezzo dopo l’uccisione di Mario.
17 agosto 1944. Nel pomeriggio verso le 15 viene da me in
Collegio Barbarigo una donna, inviatami da Padre Mariano, il parroco di S. Francesco. Mi dice: “Fucilano mio marito, faccia qualche
cosa”. Che cosa potevo fare? Mi disse: “Almeno mi accompagni in
Piazza Castello che lo veda quando lo portano via”.
Era stato ucciso un ufficiale repubblicano. Non c’entravano per
niente i partigiani: risultò poi che era stato un delitto passionale.
Rappresaglia: tre prigionieri politici impiccati in Via S. Lucia, il
dott. Busonera e altri due; cinque fucilati a Chiesanuova, nella
caserma che porta il nome di uno di loro, Luigi Pierobon.
Accompagno quella donna in Piazza Castello: si apre il cancello, esce un pulmino con due giovani delle brigate nere seduti sui
parafanghi e due sopra il pulmino. La donna guarda per incontrare lo sguardo di suo marito. Dice: non c’è. E va via. Non ho mai
saputo chi fosse.
Dietro al pulmino vedo uscire un giovane in divisa tedesca, che
conoscevo bene: era un giovane universitario che veniva al Collegio
Barbarigo alle riunioni della Fuci. Si diresse verso il monumento
del bersagliere all’angolo di Piazza Castello dove un giovane lo
aspettava. Si gettò sul ferro della bicicletta di quel giovane e scoppiò in un pianto disperato. Subito non capii; dopo qualche giorno
mi fu riferito che quel giovane in divisa era di guardia quel giorno
alle carceri. Vide venire avanti Gigi Pierobon, che era un suo caro
amico universitario della Fuci, gli chiese: “Tu, Gigi, qui: dove vai?”.
“Vado a morire!”. E si erano abbracciati. Quando lo vidi io, veniva
fuori da questo incontro.
Questa è la situazione in cui si sono trovati a vivere in Italia i
giovani in quel periodo. Comprendo bene che i giovani oggi vivono
in un contesto così diverso, che non possono non sentire lontana
ed estranea a loro l’esperienza di Mario Todesco e Luigi Pierobon.
Io allora avevo 25 anni: mi accorgo però che noi abbiamo vissuto allora un valore che ha piena attualità anche oggi, il valore
della libertà. È il valore che ho portato via da quella esperienza e
mi ha accompagnato tutta la vita.
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Mi auguro che questa commemorazione e il ricordo di quegli
avvenimenti vi aiuti a valutare sempre con senso critico il contesto
in cui vivete per conservare e difendere la libertà che allora fu
uccisa con le brigate nere e con le SS, ma che può essere soffocata anche oggi con mezzi più moderni, come il dominio economico,
l’accentramento e il controllo mediatico, l’uso spregiudicato di
strumenti cardine della democrazia come il Parlamento e il
Governo, per imporre leggi che mettano il bavaglio alla democrazia
e alla libertà.
UN PROFESSORE E QUATTRO STUDENTI
DEL “TITO LIVIO”
Giacomo Ambrosini*
Oggi sono chiamato a ricordare, anche a nome di tutti i colleghi
professori, la figura di quattro studenti e di un insegnante del
nostro Liceo che hanno trovato tragicamente la morte in un critico momento della storia italiana. Era un momento difficile e oscuro da comprendere per quanti allora lo vivevano, un momento in
cui emergevano tutte le passioni, tutti i rancori e gli odi che sono
propri di una guerra civile.
Sono passati sessanta anni da questi fatti: i testimoni di allora
sono ormai pochi e noi, ora, siamo fortunati se possiamo ascoltarne qualcuno come il nostro Don Giovanni.
Mentre valutavo cosa dirvi in questa occasione, mi rendevo
conto della grande difficoltà di ricostruire i fatti, i sentimenti e le
passioni di allora, da parte di chi non li ha vissuti. Ho pensato allora di servirmi della documentazione che ho potuto consultare e
delle testimonianze che ho potuto ascoltare, per ricostruire un filo
che attraverso gli anni ci leghi a loro, un qualcosa che accomuni
la loro vita quotidiana, prima dei fatti luttuosi nei quali furono travolti, alla nostra esperienza quotidiana.
Anche loro si muovevano negli stessi ambienti che noi ora quotidianamente frequentiamo: camminavano lungo gli stessi corridoi, entravano nelle stesse aule, si affacciavano, sostavano o attraversavano il chiostro, ogni giorno, il mattino, si apprestavano a
svolgere la loro attività di studenti o di insegnante.
Per sottolineare questa loro invisibile presenza, nel 1965 l’allora preside Emilio Menegazzo decideva di intitolare al nome di ciascuno altrettante aule del nostro Istituto: l’ultima porta di questa
* Docente di Storia e Filosofia presso il liceo “Tito Livio”.
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Aula Magna vede al suo fianco la titolazione al prof. Mario Todesco,
la porta che dà accesso all’aula multimediale mostra la titolazione
a Guido Puchetti, altre aule del secondo piano sono titolate a
Sandro Godina, Giuseppe Smania e Giovanni Berto. I nomi del
professore e degli studenti si trovano invece accomunati nella lapide collocata al lato destro della porta che dal chiostro immette
nella portineria.
Mi sono chiesto: quali erano le loro personalità, il loro carattere, i loro ideali, quando come noi frequentavano il nostro Liceo; mi
sono chiesto: come renderli presenti e raffigurarceli nel ricordo?
Una domanda impegnativa! Risponderò solo con qualche traccia per gli studenti, con qualche notizia in più per l’insegnante.
Degli studenti il liceo conserva nell’archivio ancora i registri con
i voti da loro conseguiti nei trimestri, conserva anche le loro foto in
bianco e nero, all’interno di piccole cornici appese nell’antibiblioteca.
Dal punto di vista del profitto erano normalissimi studenti con
le valutazioni consuete, con qualche fragilità alla fine rimediata.
Frequentavano nella sez. A, Puchetti e Godina, nella sez. E, Berto
e Smania. Abbiamo esposto, ricavandoli dall’archivio, i voti di profitto per i tre trimestri dell’a.s. 1943-44.
Dopo, come tantissimi altri giovani, furono chiamati a una scelta molto difficile e, forse, prematura per la loro età. Erano tutti giovanissimi: nell’estate del ’44, avevano compiuto 19 anni Berto
Godina e Puchetti, non ancora diciassettenne Giuseppe Smania,
appena un ragazzo, lo chiamavano ancora familiarmente col diminutivo di Beppino.
Le foto ce li mostrano distesi, il volto sereno, un sorriso un po’
abbozzato in un momento stereotipo, confermato dall’indossare
camicia, giacca e cravatta; l’unico “informale” senza cravatta,
Sandro Godina che si unì alla Brigata “Italia libera” sul Grappa e
cadde combattendo durante il rastrellamento tedesco del settembre ’44.
Sono caduti tutti nell’anno terribile che va dal giugno ’44 all’aprile del ’45. Per primo cade il professor Mario Todesco tra il 28 e
29 giugno, trucidato nel buio della notte in pieno centro di Padova,
in Via Emanuele Filiberto di fronte al portico antistante il Bar
Borsa: una modesta lapide posta sopra il quarto pilastro a partire
dalla traversale Via Risorgimento ricorda il triste evento.
Per non dimenticarmi più tardi, approfitto ora per ringraziare in
primo luogo il nipote del Prof. Todesco, il dr. Tullio Todesco che,
con grande affabilità, ha messo a disposizione molto materiale da
lui conservato gelosamente; Vittorio Marangon, testimone e protagonista di quel momento storico, per le indicazioni e i suggerimenti; Mons. Nervo, che cordialmente ha accettato l’invito ad essere
GIACOMO AMBROSINI
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presente oggi per testimoniare la sua diretta conoscenza del prof.
Mario Todesco e per rievocare quei giorni tragici, vissuti da lui giovane sacerdote. Un ringraziamento anche al Preside e al personale della Scuola Media “Tasso” che ci ha messo a disposizione il
ritratto; ringrazio non da ultimi il prof. Ronconi, Giuseppe Fabris
e molti altri per la loro cordialità e il loro aiuto.
Mario Todesco era un giovane professore, adesso lo considereremmo giovanissimo; quando viene trucidato deve ancora compiere 36 anni.
Il prof. Mario Todesco, nato nel 1908 a Solagna nella Valbrenta,
a pochi chilometri da Bassano, aveva vinto un concorso per materie letterarie al Ginnasio superiore: aveva prima insegnato, a partire dal 1937, al “Marco Foscarini” di Venezia ed era giunto al
nostro Liceo dall’1 ottobre del 1942. Si trattava però per lui di un
ritorno al Liceo “Tito Livio” dove nell’a.s. 1925-26 aveva frequentato la terza classe liceale, sostenendo l’esame e nell’anno scolastico
1931-32 aveva supplito in una cattedra di italiano.
Contemporaneamente continuava gli studi sulle letterature
straniere, particolarmente slava e spagnola, lavorando come assistente volontario alla cattedra di Lingue e letterature slave presso
l’Università di Padova. All’Università di Padova, nel luglio del 1931,
si era laureato con lode in Lettere, discutendo una tesi sul poema
argentino di José Hernàndez, il “Martin Fierro”: la sua tesi sarà
pubblicata postuma.
Si potrebbe pensare da queste notizie ad un insegnante serioso
tutto scuola, studio e ricerca letteraria, invece il suo carattere era
cordiale anche se non allegro; così lo descrive il suo collega, il prof.
Lino Lazzarini: “Mario Todesco ci appare col suo vivo sorriso cordiale o con l’improvviso corruccio, con la sua urbana giovialità o nell’inquieto scontroso silenzio”: dei mutamenti dell’espressione del
viso che rivelavano forse la dialettica dei suoi pensieri. Ma anche
le sue attività mostrano una varietà di interessi che vanno ben
oltre quelli dello studio e della professione; era stato a Praga con
una borsa di studio l’anno prima di laurearsi e vi sarebbe tornato,
certamente non solo per consultare le biblioteche e gli studiosi
suoi colleghi; amava le compagnie serene e l’attività sportiva. Per
questo frequentava la “Canottieri”, amava le escursioni in montagna, le gite in bicicletta, praticare lo sci: come ci mostrano alcune
foto della piccola mostra.
Il prof. Todesco era stato anche lui un normale iscritto del PNF:
il registro presso la Segreteria del “Tito Livio” fa risalire la sua
iscrizione al 1926, quando era ancora molto giovane. Come si è
compiuto il percorso che lo ha condotto a schierarsi attivamente
22
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
contro gli occupanti tedeschi e a favore di una nuova Italia democratica?
Non certo per interesse di parte, non per adesione ad una ideologia e ai suoi stereotipi, ma per un percorso della riflessione, ma
per una quotidiana considerazione degli avvenimenti scaturisce la
sua decisione di impegnarsi e operare in prima persona per la
rinascita della patria.
Un percorso iniziato alla fine del 1938 con lo staccarsi da qualsiasi attività compromessa col regime, proseguito con l’accostarsi
alla attività cospirativa, prima a Venezia ma soprattutto a Padova.
Qui, verso la fine del 1942, aderisce al gruppo dell’avvocato Gallo
che si richiama agli ideali del movimento “Giustizia e libertà”.
La assenza di ambizione del prof. Todesco si evidenzia dopo il
25 luglio 1943, quando non emerge tra coloro che si dedicano a
ricostituire i partiti. La sua azione riprende invece con decisione
dopo l’8 settembre: organizza un gruppo di aiuto per i prigionieri
inglesi fuggiaschi, procura documenti falsi agli ebrei perseguitati.
Soprattutto contribuisce, in collaborazione con il cugino Vico
Todesco, alla formazione della brigata partigiana Italia libera
Brenta: la sua casa di Via Rialto diviene centro di raccolta di viveri, medicinali e armi da avviare verso la montagna.
Una particolare amicizia legava il prof. Todesco al cugino “Vico”.
Ludovico era sei anni più giovane di lui, laureando in medicina,
sottotenente del Corpo Guardie alla Frontiera, fedele al re.
Insieme, Mario Todesco e il cugino Vico commisero l’imprudenza di incontrarsi con un sedicente comandante partigiano del
Consiglio, che era invece una spia. I due cugini vennero arrestati
e incarcerati il 29 novembre 1943. La loro scarcerazione avvenne
il 9 marzo 1944, anche per il benevolo comportamento del giudice
germanico Augusto Kaiser, “comandante della piazza”, esempio di
come bene e male non si possano assegnare esclusivamente a una
parte o all’altra. Riporto le parole dette da questo degno ufficiale a
chi si era interessato della sorte del professore, parole che testimoniano, dalla parte avversaria, i nobili ideali che animavano
Mario Todesco:
“Io posso ben comprendere il sentimento patriottico che spinge
questi giovani ad operare contro di noi. Faccio però una differenza
tra persone che agiscono per un alto ideale e altri elementi che
lavorano per scopi ben diversi. Io, come uomo, comprendo giovani
come Mario Todesco e altri come lui e mi sento spesso assai triste
di trovarmi in una situazione in cui i miei sentimenti di uomo sono
profondamente in contrasto”.
Vico, dopo la scarcerazione si rifugiò in montagna; il professore
invece rimase e proseguì nei suoi impegni scolastici e familiari, ma
commise forse un’altra ingenuità, di quelle ingenuità che così
GIACOMO AMBROSINI
23
spesso gli studenti riconoscono nei loro insegnanti: comunicò alla
classe che sarebbe partito per la montagna. Il giorno 27 giugno
1944, vigilia del giorno fissato per raggiungere il cugino Vico in
montagna, venne arrestato da coloro che mal avevano tollerato la
sua liberazione da parte del maggiore Kaiser e che erano indispettiti dal comportamento altero da lui mantenuto in carcere e durante gli interrogatori. All’alba del 29 giugno i primi passanti trovarono abbandonato sulla via il corpo, riconosciuto solo più tardi all’obitorio, del prof. Mario Todesco.
Anche il cugino Vico sarebbe caduto combattendo il 21 settembre successivo, durante il rastrellamento tedesco sul Grappa.
Si è ricordato prima quella lapide, a fianco dell’ingresso alla
portineria, accanto alla quale ci capita quotidianamente di passare e sulla quale gettiamo qualche volta distrattamente lo sguardo.
Chi tenta di leggerla individua il nome del maestro e degli alunni, ma poi, forse è colpito dal tono retorico e dalla difficoltà immediata della traduzione. Da sempre mi è rimasta impressa la espressione “candidas animas”: sotto l’enfasi espressiva si esprime però
la natura che ha accomunato nel loro destino alunni e professore.
I primi per quella spontaneità e slancio che è proprio della loro età,
il secondo per i valori ideali che l’hanno ispirato e per la consuetudine con i giovani. Lo stesso esemplare concetto di semplicità e
trasparenza è ribadito per il professore anche nella modesta lapide posta presso il Bar Borsa in Via Emanuele Filiberto.
Il nostro Liceo deve ricordare con fierezza e con orgoglio il prof.
Mario Todesco per il suo impegno di insegnante e per la coerenza
delle sue scelte anche nei momenti cruciali, deve ricordare con
ammirazione i suoi studenti per la generosità con la quale affrontarono il repentino passaggio dalla tranquilla situazione di studenti alla grave responsabilità di uomini: sugli ideali e sulle scelte
di quanti come loro dedicarono la loro azione e misero in gioco la
loro vita si fonda ancora la nostra repubblica.
Come potremo degnamente onorarli?
Certo sentendo l’orgoglio e la fierezza di appartenere al loro
stesso Istituto, ma ancora di più confermando i loro ideali con il
nostro impegno quotidiano: perché abbiamo compreso che anche
per loro il momento del grande eroismo arrivò a conclusione di un
lungo periodo di lavoro quotidiano.
Abbiamo ricordato quanto difficili e calamitosi fossero questi
momenti, come all’improvviso si presentasse la necessità di scegliere e di agire: la scelta era ardua, il giudizio non sempre sicuro;
mi sembra doveroso rivolgere la nostra pietà ed il ricordo anche a
quanti, con la stessa buona fede, disinteresse e tensione ideale,
fecero scelte diverse. Come già affermava il prof. Lazzarini nella
commemorazione del 1965: “non fu la furia fratricida che mosse
24
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
quelli dei nostri alunni che impetuosamente credettero di vedere
l’immagine della Patria nelle insegne dell’esercito repubblicano, e
iniziarono quel cammino forse con l’amarezza di chi presente la
sconfitta e avverte intorno la solitudine”.
Vi ringrazio!
II
NEL NOME DI MARIO TODESCO
24 maggio 2004: le celebrazioni ufficiali
In questa seconda sezione il lettore troverà documentata la
seconda iniziativa promossa per Mario Todesco e gli studenti caduti, in occasione del sessantesimo anno dalla morte.
Nella giornata di sabato 24 maggio 2004 sono state celebrate in
onore di Mario Todesco due cerimonie: la prima ha avuto luogo presso la Scuola Media “Torquato Tasso”, che in quella data ha ufficialmente assunto l’intitolazione a Mario Todesco, già in essere sino al
1992-93, quando fu soppressa a causa dell’accorpamento della
scuola “Todesco” con la “Tasso”. La solenne cerimonia si è tenuta
alla presenza di numerose personalità: l'allora Assessore alla
Cultura del Comune di Padova, prof. Giuliano Pisani, il prof.
Giuliano Lenci, l' on. Emilio Pegoraro, il geom. Antonio Ferrarese, la
signora Amelia Burlon Siliotti, il Preside della “Tasso” prof. Antonio
Morossi, e con l'attiva partecipazione della comunità scolastica della
“Tasso”.
Il secondo momento ufficiale si è avuto nella stessa mattinata del
24 maggio: la celebrazione si è spostata al Liceo “Tito Livio”, dove
una corona di alloro è stata solennemente deposta ai piedi della
lapide commemorativa dei Caduti, che è murata nel Chiostro del
Liceo, presenti la Preside del Liceo, prof. Daria Zangirolami, numerosi ospiti, tra cui familiari e amici dei caduti, e una folla di docenti
e studenti del Liceo.
Di ciascun momento ufficiale offriamo una breve cronaca fotografica; riportiamo inoltre il discorso pronunciato dalla Preside Zangirolami e il contributo del prof. Pisani, al cui fervido e tenace interessamento si deve in buona parte l’ideazione e il compimento dell’iniziativa; nel suo scritto Pisani ripercorre le varie fasi della vicenda
ufficiale e ne sottolinea il significato di servizio reso alla memoria,
nonché di esemplare insegnamento per i giovani, nel venerato nome
di Mario Todesco. Chiude la sezione la poesia che la signora Burlon
Siliotti ha dedicato alla memoria di Mario Todesco.
28
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
24 maggio 2004: la “Tasso” è intitolata a Mario Todesco
24 maggio 2004: un momento della cerimonia alla scuola “Todesco”
L’INCONTRO ALLA SCUOLA MEDIA GIÀ “TORQUATO TASSO”, ORA “MARIO TODESCO”
24 maggio 2004: coro e strumenti della scuola “Todesco”
24 maggio 2004: un momento musicale della festa alla “Todesco”
29
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
24 maggio 2004: docenti e studenti della scuola “Todesco”
UNA RIFLESSIONE SULLA GIORNATA
PER MARIO TODESCO
Daria Zangirolami*
Da qualche ora la Scuola Media Statale che si trova in via
Leopardi è tornata ad essere intitolata a Mario Todesco.
È un fatto che saluto con piacere perché Mario Todesco è una
nobile figura che appartiene alla storia del nostro paese e alla storia del Liceo “Tito Livio” e merita di essere ricordato assieme ai
quattro studenti Sandro Godina, Guido Puchetti, Gianni Berto e
Beppino Smania che in quegli anni sono stati accomunati da una
sorte simile.
Nel 1944 Mario Todesco era un giovane professore di lettere che
insegnava al Liceo “Tito Livio”, Sandro Godina frequentava la terza
liceo in sezione A, Guido Puchetti la prima liceo in sezione A,
Gianni Berto la terza liceo in sezione E, e Beppino Smania la
seconda liceo in sezione E.
Immagino che la loro vita per molti aspetti fosse simile alla
nostra: il professore preparava le lezioni, spiegava, insegnava, si
preoccupava dei suoi alunni, approfondiva e coltivava i suoi studi,
gli studenti venivano a scuola con libri e quaderni, studiavano,
eseguivano i compiti, imparavano le lezioni, parlavano con i compagni della scuola e dei loro svaghi e così si preparavano, come
tutti gli studenti di ogni epoca, ad affacciarsi alla via adulta.
I luoghi gli stessi: queste aule, questi corridoi, il chiostro, ma i
tempi erano altri. Erano i tempi della guerra, ma soprattutto i
tempi in cui il regime fascista costringeva alla mancanza di libertà, di democrazia e di giustizia l’intera popolazione. E anche nella
scuola si avvertiva malessere spirituale e regnava l’assenza di
libertà che toglieva senso e significato alla stessa arte dell’inse-
* Preside del Liceo “Tito Livio”.
32
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
gnamento: temi imposti, propaganda al posto della verità e della
criticità, soffocamento di qualsiasi voce discorde, discriminazione
verso coloro che venivano considerati diversi.
Mario Todesco, Sandro Godina, Guido Puchetti, Gianni Berto e
Beppino Smania non hanno accettato e hanno reagito aderendo
alla lotta partigiana. Per questo sono stati trucidati dai nazifascisti. Il professore e i quattro studenti sono caduti nella zona di
Padova in luoghi e momenti differenti ma per la stessa nobile
causa.
Si tratta di episodi tragici, ma molto nobili della storia di questo nostro paese; appartengono alla storia della Resistenza e anche
a quella del Liceo “Tito Livio”. Un capitolo grande della storia
d’Italia si incontra e coincide con un capitolo della storia del nostro
Liceo, a testimonianza che alla Resistenza hanno partecipato persone normali che, insieme, hanno lottato contro le ingiustizie,
hanno vinto il fascismo e ci hanno consegnato un paese migliore.
Questi fatti e questo momento storico costituiscono, assieme al
Risorgimento, le radici della nostra democrazia, nata proprio dalla
capacità e dalla volontà di molti uomini e donne di opporsi alle dittature e alle oppressioni che esse comportano per costruire un
paese unito e una società in cui troveranno spazio le libertà di una
convivenza civile.
Mario Todesco, Sandro Godina, Guido Puchetti, Gianni Berto e
Beppino Smania rappresentano esempi di coraggio che meritano
grande rispetto. Essi hanno saputo rispondere alla loro sensibilità
e al loro senso di giustizia, agendo disinteressatamente senza pensare al tornaconto immediato.
I documenti e le testimonianze di chi lo ha conosciuto ci descrivono Mario Todesco come una persona mite, poco incline alle reazioni istintive e repentine, che evidentemente ha operato la sua
scelta in modo consapevole e meditato. È stata una scelta contro
le ingiustizie e le sofferenze maturata individualmente e che,
assieme a quelle analoghe di molte altre nobili persone, ha influito sulla storia.
Ora, a 60 anni di distanza, a noi può sembrare semplice e logico schierarsi a favore dei valori democratici che ci sembrano scontati e normali. In quei tempi però scegliere non deve essere stato
facile sia per le conseguenze in termini di rischi e prezzi da pagare, sia per la difficoltà di capire le cose e di avere la forza di opporsi a chi stava dall’altra parte pur condividendo la stessa città, la
stessa scuola, lo stesso luogo di lavoro.
Talvolta, anche in riferimento alla complessità di quei tempi, ai
difficili rapporti tra concittadini che avevano condiviso aspetti normali della vita, si sente dire che non tutto il male stava da una
DARIA ZANGIROLAMI
33
parte e non tutto il bene dall’altra, che tutti hanno avuto le loro vittime, che da ogni parte ci sono stati degli eccessi.
Quello che conta è di avere la consapevolezza e la memoria storica del fatto che la lotta contro la dittatura e per la libertà stava
da una parte sola e se il fascismo è stato sconfitto e siamo più liberi lo dobbiamo a loro.
Il prof. Mario Todesco e i giovani studenti Sandro Godina,
Guido Puchetti, Gianni Berto e Beppino Smania sono morti giovani, tragicamente, eroicamente per una giusta causa. Ciò che conta
veramente è che il loro sacrificio è stato per la causa giusta, quella di chi, come loro, scelse la nobile lotta per valori fondamentali e
alti, che ha unito persone provenienti da storie e pensieri differenti perché, di fronte alla necessità di combattere la tirannide, certe
divisioni tra laici e cattolici, tra comunisti, socialisti e liberali, non
esistono più.
Mario Todesco, Sandro Godina, Guido Puchetti, Gianni Berto e
Beppino Smania sono morti uccisi ma non ci appaiono sconfitti, la
loro storia è ormai lontana nel tempo, ma è ancora fortemente
attuale il significato della loro morte, e se il fascismo è stato sconfitto e se siamo liberi lo dobbiamo a loro.
A noi il compito di alimentare e vivere consapevolmente tutti gli
aspetti e i momenti della vita civile senza dimenicare il bene inestimabile che tutti questi valori rappresentano e quanto siano
costati a coloro che li hanno conquistati.
Le brevi vite di Mario Todesco, Sandro Godina, Guido Puchetti,
Gianni Berto e Beppino Smania offrono a tutti noi, e in particolare ai giovani, un esempio di coraggio per aver saputo scegliere di
stare dalla parte giusta anche a rischio di pagare prezzi altissimi
fino a quello della vita stessa. Essi rappresentano un monito affinché si abbia cura dei valori democratici del confronto civile e del
rispetto, si mantenga vivo il sentimento di condanna verso ogni
forma di sopraffazione, si nutra la capacità di saper inorridire di
fronte ai crimini contro l’umanitò, ad ogni forma di discriminazione e di violazione dei diritti fondamentali dell’uomo e di mancanza
di rispetto per l’altro qualsiasi esso sia.
MARIO TODESCO E GLI STUDENTI
MARTIRI DELLA RESISTENZA AL “TITO LIVIO”
Giuliano Pisani*
Il prof. Mario Todesco, docente di lettere al “Tito Livio”, è stato
una limpida e luminosa figura di antifascista. Militante del Partito
d’Azione, fu tradito da un delatore e arrestato il 29 novembre 1943
con il cugino Vico. Incarcerato prima nella Caserma Mussolini e
poi, l’11 dicembre, ai Paolotti,1 fu scarcerato quattro mesi dopo, il
13 marzo 1944, ma nuovamente arrestato dalle Brigate Nere il 27
giugno. Il suo cadavere fu ritrovato in via Emanuele Filiberto,
all’altezza del bar Borsa, all’alba del 29 giugno 1944. Aveva 35
anni. Una piccola lapide in alto sulla facciata – e quasi invisibile –
ricorda quell’infame delitto.
Nella stessa tragica notte tra il 28 e il 29 giugno fu barbaramente assassinato anche il rag. Alfio Marangoni, il cui cadavere fu
ritrovato all’alba in piazza Cavour. A questi martiri si devono
aggiungere anche i due assassinati al Ponte di Cagnola di Cartura
la notte precedente. Pare che in tasca a uno di questi, Gino
Luisari, fosse trovata una lettera compromettente, che riportava
anche il nome di Todesco.
“Col terrore di questa e delle altre tre vittime di quei giorni”,2
* Docente di Latino e Greco del Liceo “Tito Livio”.
1 Così rievoca quei terribili giorni l’amico Antonio Frasson, incarcerato ai Paolotti il
18 novembre 1943: “Gli sgherri tedeschi erano feroci contro Mario, intuivano che
egli era uno degli elementi più attivi e quindi volevano estorcergli, con tutti i mezzi,
quelle confessioni che avrebbero provocato altri arresti e nuove persecuzioni. Ma
egli sopportò tutto: minacce, umiliazioni, percosse e non parlò. Ritornava dall’interrogatorio pallido, stanco, con i lividi delle battiture, ma dal suo sguardo fiero trapelava l’intima soddisfazione del segreto contributo che egli dava alla nostra causa”
(in Mario Todesco, testimonianze e ricordi a cura di Lino Lazzarini, Zanocco, Padova
1946, p. 76).
2 Questi assassinii furono “l’improvviso e impreveduto inizio di un periodo di vio-
36
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
scrisse vent’anni dopo il prof. Lino Lazzarini, che era stato collega
di Todesco al “Tito Livio”: “i mandanti e i loro sicari si illusero di
fermare il movimento di Resistenza che si rafforzava, mentre nessuno di loro, bisogna ricordare, qui era stato colpito nella vita,
quando improvvisamente era caduto il Regime, né successivamente. Fu dalla loro parte il primo tragico segno che annunciava, a
Padova, una lotta civile. Fu chiaro in quel momento come l’ordine
e la legge si fossero quasi dissolti: nessun potere di polizia o giudiziario intervenne, nessuna voce poté levarsi a deplorare; con fatica fu ottenuto di celebrare il funerale, fingendo di ignorare il delitto e chi l’aveva compiuto.3 Ma bisogna anche ricordare che mani
lenze che accompagnò l’assunzione di un nuovo Commissario federale, violenze che
andarono accrescendosi fino alle legali iniquità promosse dal Capo della Provincia
con le impiccagioni e le fucilazioni, e alle barbare e perfezionate torture di Palazzo
Giusti. Era anche la prima dichiarazione di guerra civile, di pochi contro pochi; che
da questo momento la lotta fosse diventata mortale lo avvertirono alcuni capi del
Comitato, quando riuscirono a sapere, con doloroso stupore, dopo il furtivo riconoscimento fatto da uno di essi, chi fosse la vittima. Sotto la protezione tedesca
s’era ricostituito lo squadrismo con gli elementi più disperati e più attratti dalla violenza e dall’istinto sanguinario: Erano le cosiddette “Brigate nere” o “della Muti”,
nome che divenne sinistro emblema di questo illegale ed unico potere, dopo quello
sovrano dei tedeschi. Asserragliate in caserme o nelle sedi del partito, divenute sinistri e nello stesso tempo grotteschi fortini di una violenza da servi, queste squadre,
nella vita cittadina, rappresentavano la vera, unica forza: di fronte ad esse il mondo
legale s’era come disciolto, e assisteva o impotente, come la magistratura, o acquiescente, come la questura; di fronte si andava irrobustendo l’altro mondo, quello
della cospirazione, più lentamente in mezzo al duplice nemico. Quei cadaveri
abbandonati sulla via erano la improvvisa testimonianza di questa dissoluzione di
ogni giustizia e di ogni legalità: che ognuno poteva essere in balìa dell’arbitrio, della
violenza, dell’odio: che erano svaniti quegli elementi essenziali della convivenza civile, dei quali, come degli elementi della vita fisica, si avverte l’insostituibile valore
quando vengono a mancare (in Mario Todesco, testimonianze e ricordi…, op. cit.,
pp. 19-21).
3 Ancora il Lazzarini: “Tutti sapevano dove fossero e quali fossero gli uccisori, ma
nessuna cosiddetta autorità osò né toccarli né semplicemente denunziarli; e neppure una voce pubblicamente si alzava a riconoscere quei morti, a ridare il nome a
quei cadaveri; chi avrebbe dovuto perseguire gli assassini dimostrò l’acquiescenza
e l’impotenza archiviando “la pratica”; silenziosa rimase la stampa, oppure, ciò che
riesce perfino incredibile e che dimostra quale fosse l’asservimento e l’abiezione
morale, irrise allo sdegno della città. L’unica parola che si alzò in nome dei buoni
fu diffusa in tutta la città da un foglietto clandestino del Comitato di Liberazione,
steso con doloroso sdegno dal Capo del Comitato” cioè dal prof. Egidio Meneghetti
(in Mario Todesco, testimonianze e ricordi…, op. cit., p. 21). Ecco il testo:
Sappiano tutti i cittadini di Padova che nella notte tra il
28 e il 29 giugno gli assassini del Bonservizi hanno trucidato, inerme e indifeso, il
Prof. MARIO TODESCO
del Liceo TITO LIVIO
GIULIANO PISANI
37
pietose, prima di ogni altra, avevano intrecciato il segno della Fede
nelle mani del Caduto; che un foglietto clandestino diffuse immediatamente per tutta la città la notizia dell’assassinio e il pianto
per lo scomparso; che al funerale, con Egidio Meneghetti e i capi
della Resistenza incuranti del pericolo, si strinsero amici e colleghi di ogni fede; che un’onda di sdegno colpì gli assassini impuniti e la fraterna solidarietà si strinse intorno alla solitudine dei
Genitori.4 Sono tristi ricordi, che però bisogna proporre alla
nostra coscienza, sia pure brevemente, senza dimenticare anche
il bene provocato dal male. Mario Todesco non era giunto alla
cospirazione mosso da ideologie o per passione politica o per
inquietudine di temperamento: aveva con i più partecipato alla
vita italiana, avvertendo tuttavia progressivamente la rovina
nostra, soprattutto la innaturale alleanza col regime hitleriano.
Allora non volle chiudersi in sé o fare l’eroe del doppio gioco, ma
sentì il bisogno di una partecipazione decisa e attiva alla lotta,
specialmente dopo l’armistizio, quando la cospirazione politica
diventò cospirazione armata. Egli curò il collegamento con le
prime formazioni partigiane del Grappa, la diffusione della stam-
Perché?
Era onesto e operoso, maestro di studio e di rettitudine: per questo i vermi che brulicano nel putridume
della bestialità disonesta e viziosa, lo hanno ucciso.
Non conosceva violenza; praticava ed insegnava una
disciplina di vita serenamente cristiana: per questo gli
anticristiani, che dell’odio hanno fatto un mostruoso
dovere, lo hanno ucciso.
Di sangue, di costumi, di pensiero, Italiano e
Veneto, sapeva che solo nella giustizia e nella libertà
può essere la grandezza della Patria, che solo nella
difesa e nell’indipendenza dai nordici incombenti, può
essere la salute della gente veneta: per questo gli
schiavi dei Tedeschi lo hanno ucciso.
Non si pianga lui, non si parli, non si imprechi, ma
alla Madre di Lui, alla Terra Veneta, all’Italia, si giuri
inesorabile Giustizia.
Sappiano tutti i cittadini di Padova che nella notte tra il
28 e il 29 giugno gli assassini del Bonservizi hanno trucidato, inerme e indifeso, il
Prof. MARIO TODESCO
del Liceo TITO LIVIO
4 Mario Todesco, figlio di Venanzio e di Elvira, che di nascita portava anche lei il
cognome Todesco, era figlio unico.
38
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
pa clandestina, l’aiuto ai prigionieri fuggiaschi e agli ebrei che
sfuggivano ai campi di sterminio”.5
Al nome del professor Todesco fu intitolata nel 1961 la scuola
media che il Comune di Padova inaugurava in via Leopardi, all’angolo della via intitolata allo stesso Todesco. Era allora Assessore
alla Pubblica Istruzione il prof. Federico Viscidi, illustre docente di
Lettere latine e greche al Tito Livio. Il padre Venanzio, che sarebbe
morto l’anno successivo, donò alla scuola il ritratto a olio del figlio
e tutta la sua biblioteca.
Ma nel 1993, proprio nell’anno in cui si avviavano le celebrazioni per il 50° Anniversario della Resistenza, la scuola media
Mario Todesco perse inopinatamente la titolarità in seguito all’accorpamento con un’altra scuola media cittadina, la Torquato
Tasso. Chi scrive ricopriva in quel momento il ruolo di Presidente
del Consiglio d’Istituto della scuola, ma i suoi appelli restarono
inascoltati.
Dieci anni dopo, nel 2003, ricevetti dal Sindaco di Padova l’incarico di presiedere, in qualità di Assessore alla Cultura del
Comune, il Comitato per le Celebrazioni del 60° Anniversario della
Resistenza e della Guerra di Liberazione. Subito posi all’attenzione
del Comitato la reintitolazione della Scuola Media Torquato Tasso
a Mario Todesco. Grazie alla sensibilità del Preside Antonio
Morossi, lunedì 6 ottobre 2003 alle ore 16.30, il collegio dei docenti della scuola media Torquato Tasso incontrava in seduta pubblica una delegazione composta da me, dal prof. Giuliano Lenci,
Vicepresidente del Consiglio Comunale di Padova, dall’on. Emilio
Pegoraro, Presidente provinciale dell’ANPI, e dal geom. Antonio
Ferrarese, Presidente provinciale dell’ANEI (Associazione Nazionale
Ex Internati). Illustrammo agli insegnanti la proposta di ridare alla
scuola il nome di Mario Todesco. I docenti la accolsero e il
Consiglio d’Istituto deliberò in tal senso il 6 ottobre 2003. Si avviò
così l’iter burocratico, che dopo una delibera di giunta comunale
(la n. 22 del 20 gennaio 2004, “Reintitolazione della scuola media
statale di Padova T. Tasso a nome di Mario Todesco”) approdò alla
ratifica definitiva da parte del Ministero dell’Istruzione.
Nella chiara mattina di sabato 24 maggio 2004, con una cerimonia solenne, alla presenza delle autorità cittadine, di alcuni parenti
del prof. Todesco, del preside, dei professori, degli studenti e di moltissimi cittadini, l’istituto tornò all’originaria intestazione.
La Banda Civica, unitamente al coro degli alunni dell’Istituto,
accompagnò musicalmente la cerimonia.
5 In Il liceo Ginnasio “Tito Livio” di Padova A ricordo dei suoi caduti nel Ventennale
della Resistenza, Padova 29 maggio 1965, Tipografia Antoniana, Padova 1966, p. 12.
GIULIANO PISANI
39
Subito dopo, a mezzogiorno, al “Tito Livio” si tenne la solenne
commemorazione del prof. Todesco e dei quattro giovani studenti
del Tito Livio, Guido Puchetti, Sandro Godina, Giovanni Berto e
Giuseppe Smania, che diedero la vita per la libertà.6 Dopo gli interventi miei, della dirigente scolastica prof.ssa Daria Zangirolami e
del prof. Giuliano Lenci, la signora Amelia Burlon Siliotti lesse una
poesia da lei dedicata al professore, che aveva conosciuto personalmente.7
La cerimonia si concluse con la deposizione di una corona d’alloro accanto alla lapide con cui il “Tito Livio”, dal 28 aprile 1946,
ricorda i suoi martiri con l’iscrizione latina dettata dal prof. Angelo
Wolff, docente di Lettere latine e greche.8
La nostra società, i nostri ragazzi, hanno bisogno di esempi, di
modelli positivi a cui riferirsi. Mario Todesco magister e i suoi quattro alumni lo sono, perché, nel momento decisivo della scelta, non
esitarono a battersi per il bene e la libertà di tutti. Valgono ancora
le nobili parole pronunciate dal non dimenticato preside del Tito
Livio, Emilio Menegazzo, il 20 maggio 1965: “Mi auguro” diceva
Guido Puchetti aveva frequentato la I liceo A nel 1943-44. Poco più che diciottenne, cadde nelle campagne di Piacenza d’Adige il 6 settembre 1944, con l’amico
Benedetto De Besi e altri compagni che appartenevano a una brigata di giovanissimi.
Sandro Godina, alunno della III A fino al maggio del 1944, si era da poco iscritto a
medicina e chirurgia; partigiano combattente della brigata “Italia libera”, cadde a
Cason di Meda, sul monte Grappa, il 23 settembre 1944.
Giovanni Berto, alunno della III E fino a maggio 1944, partigiano combattente della
brigata “Lubian”, venne assassinato a Villanova di Camposampiero nella notte del
7 aprile 1945 da elementi della Brigata nera di Campodarsego. Aveva 19 anni.
Giuseppe Smania, allievo della II liceo E, fu trucidato il 28 aprile 1945, poco più
che diciassettenne, nei pressi di Peraga di Vigonza, mentre con l’amico Giovanni
Vicentini, anch’egli assassinato, tornava da Treviso, dove aveva annunciato la notizia della capitolazione tedesca e l’ordine di insorgere.
7 Il testo della poesia, intitolata “28 giugno 1944”, è riportato più avanti.
8 La lapide è la prima a sinistra appena entrati nel chiostro. Ecco il testo:
6
LIVIANI GYMNASII DECUS PERENNE
MARIUS TODESCO
MAGISTER
ALEXANDER GODINA
GUIDO PUCHETTI
JOSEPH SMANIA
JOHANNES ANTONIUS BERTO
ALUMNI
PECTORA LIBERTATI DEVOTA REPETENDAE
PER MOTUM POPULI TOTA ITALIA FLAGRANTEM
PARS BELLI LABORES PERPESSI
PARS VINCULA ET NEFANDAS PER SICARIOS CAEDES
AUSI CONTEMNERE
VULNERIBUS CONFOSSI CANDIDAS EMISERE ANIMAS
IN SEMPITERNUM TEMPUS VICTURI
MCMXLIV- MCMXLV
40
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
riferendosi ai docenti e ai giovani del Tito Livio caduti nella prima
e nella seconda guerra mondiale “che questa assidua ed eloquente testimonianza incoraggi anche noi professori ad inserire il
nostro insegnamento nel solco di questa storia e a portarlo più
avanti ancora, affinché la libertà politica riconquistata non sia in
realtà solo un possesso di chi è già libero dal bisogno e dall’ignoranza, e affinché non nasca, o rinasca, per nostra colpevole inerzia, la tentazione di conquistare una apparente o falsa o effimera
giustizia spegnendo nelle persone e nella società l’inestimabile
dono divino della libertà, senza la quale nessuno è veramente se
stesso. Ma io confido che l’impazienza e la generosità dei giovani
troveranno la forza di resistere agli allettamenti di vecchie o nuove
avventure totalitarie nella essenza stessa di questa scuola umanistica e nell’esempio di questi nostri maestri e alunni, che per la
fedeltà ai loro ideali offrirono umanamente e cristianamente, non
il sangue e la vita altrui, ma le loro candidae animae”.9
Nella stessa occasione Lino Lazzarini si rivolgeva agli studenti
con un invito che mantiene intatta la sua forza e la sua suggestione: “E poiché noi ci siamo formati in una scuola classica, attenti
al valore della parola, strumento e immagine dell’animo, non puro
suono o segno indifferente, ma mezzo per giungere alle cose col
pensiero e via per ricuperare il passato e arricchire l’umanità
nostra, per questo – cari studenti del nostro Liceo – varcando come
fate tanto frequentemente questa soglia, leggete i nomi dei nostri
Caduti e le nobili parole latine. Esse parlano di candore e di fermezza, di invitta vita dell’anima opposta alla violenza: sono di intonazione virgiliana e dal poeta antico ripetono il carattere eroico e
pietoso insieme. Ascoltate questa voce profonda che parla di sacrificio e di valore: questa lezione eroica e umana maturi quanto in
voi c’è di meglio e un ricordo, un vostro moto di riconoscenza siano
come un fiore lasciato cadere dall’animo vostro. Essi, tanto più alti
di noi, saranno così per un attimo accanto a voi”.10
9
In Il liceo Ginnasio “Tito Livio” di Padova A ricordo dei suoi caduti, op. cit., p. 6.
10
Ibidem, pp. 16-17.
28 GIUGNO 1944
e l’acqua inondava
i nostri occhi
e il remo raccoglieva
perle di luce
e l’argine incorniciava
la nostra regata,
il sole era quieto
sulle biciclette.
fu l’ultima scia felice
sul tuo volto,
poi andammo all’albero
di ciliegie
e parlammo dell’estate
e di colori.
ti raccolsi un canestro
rosso di agilità adolescente.
gustammo il tramonto,
ma la notte ti squarciò
le vene, i tuoi urli
sbranavano il silenzio.
ricordo i capelli incollati
di sangue sulla fronte.
il fiume mi parla ancora
la tua voce, Mario, sempre.
Amelia Burlon Siliotti
42
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
24 maggio 2004: la cerimonia nel Chiostro del “Tito Livio”
24 maggio 2004, un momento della cerimonia
L’INCONTRO AL LICEO “TITO LIVIO”
43
24 maggio 2004: La preside Zangirolami e il prof. Pisani sostano accanto
alla corona deposta ai piedi della lapide commemorativa nel Chiostro
III
IMMAGINI DI UN EROE
2004-05: Mostra fotografica dedicata a Mario Todesco
Nell’ambito delle iniziative promosse per onorare la memoria di
Mario Todesco, nel chiostro del “Tito Livio”si è tenuta tra il 2004 e il
2005 una mostra fotografica, in cui si presentava una rassegna di
documenti e testimonianze relative alla famiglia, agli studi, agli interessi culturali e scientifici, e inoltre ai viaggi e ai momenti di svago
del professore. La mostra comprendeva anche la serie dei testi commemorativi e delle lapidi celebrative dedicati al professore dalle
scuole a cui egli fu specialmente legato, il Liceo Classico “Foscarini”
di Venezia e il “Tito Livio”. Di tale mostra, realizzata con la sollecita
collaborazione della scuola media “Todesco” e di alcuni docenti del
“Tito Livio”, si presenta qui una selezione significativa.
48
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
“Mario Todesco 1946” – opera di Giuseppe Mincato (Schio 1882-Padova 1954).
Il quadro fu donato da Venanzio Todesco, padre di Mario, alla scuola
“Mario Todesco”
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
I genitori di Mario Todesco, Venanzio ed Elvira
Il paese natale di Mario Todesco, Solagna, in una vecchia cartolina
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50
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Il cugino Vico (Ludovico), comandante La cugina Ester Todesco, sorella di
della Brigata partigiana “Italia libera”, Vico, staffetta partigiana, deportamorto il 21 settembre 1944 sul Grappa ta e dispersa
Vacanze in montagna
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
L'amore per lo sci
Momenti di svago
Mario Todesco in bicicletta
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Locandina di Mario e Maria, pièce teatrale messa in scena a Praga nel 1930
con Mario Todesco tra gli interpreti
Altra locandina di Mario e Maria
Ricordo di un viaggio in Cecoslovacchia:
Burgen und Schlösser des Waagtales
L'Europa orientale, rivista con articoli pubblicati da Mario Todesco
Un'altra pagina di Burgen und
Schlösser
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Il quaderno degli appunti di glottologia di Mario Todesco
Un articolo di Mario Todesco: Vincenzo Crescini e l'opera sua
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Gli appunti di glottologia
Il Martin Fierro di Jose Hernandez,
copia appartenuta a Mario Todesco
La tesi di laurea di Mario Todesco, conclusa nel 1931
e pubblicata postuma
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
55
La discorso commemorativo per M. Todesco di Egidio Meneghetti, 1947
Il volumetto di Lino Lazzarini, collega Il volume di Vittorio Marangon, Val
di Todesco al “Tito Livio”, 1946
Brenta Valle Partigiana, dedicato al
sacrificio dei cugini Todesco
56
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Il volumetto commemorativo stampato a cura del “Tito Livio” nel 1965
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
57
Il volume di Giuseppe Fabris,
Ultimi fuochi sul Grappa,
testimonianza resa ai caduti
della Resistenza veneta
Lapide commemorativa dedicata ai suoi Caduti dal Liceo
Classico “M. Foscarini” di
Venezia nel 1949
58
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Ritratto di Mario Todesco nel volume di Lino Lazzarini
IV
GUARDANDO AL DOMANI
Momenti e iniziative nel 2005-06
Nel corso dell’anno 2005-06 la commossa rievocazione dei caduti per la Resistenza ha conosciuto altri momenti significativi, a testimonianza di un impegno a ricordare, nostro e della comunità tutta,
che non vuole esaurirsi nelle occasioni ufficiali, ma piuttosto trovare
una collocazione e un respiro per quanto possibile permanenti. Ci
sembra quindi doveroso registrare qui la presentazione di due volumi curati da Camillo Bianchi e Enrico Lorini,* dedicati l’uno al prof.
Bruno Castiglioni, laureato all’Università di Padova e morto a Pavia
il 27 aprile 1945, a guerra ormai conclusa, per le ferite riportate il
giorno prima in una sparatoria tra tedeschi e partigiani che
Castiglioni aveva cercato di indurre al cessate il fuoco; l’altro dedicato a Beppino Smania, studente del Tito Livio, e a Giovanni
Vicentini, laureando a Padova, giovani partigiani catturati dai tedeschi e uccisi insieme a colpi di mitra nel tentativo di sfuggire all’esecuzione il 28 aprile 1945, a Busa di Vigonza. La presentazione è
avvenuta al Teatro Antonianum, il 16 dicembre 2005, alla presenza
di un pubblico folto e partecipe.
Altro momento di grande significato è stata la presentazione di
una mozione al Consiglio del Comune di Padova, nella seduta del 26
settembre 2005: con tale mozione, presentata dal Consigliere prof.
Giuliano Pisani, e alla presenza di una nutrita delegrazione del “Tito
Livio”, guidata dalla Preside prof. Zangirolami, il Comune di Padova
chiedeva un “Riconoscimento ufficiale al Liceo Ginnasio Tito Livio di
Padova da parte del Presidente della Repubblica per il contributo di
sangue dato da professori e studenti nella lotta di liberazione nazionale 1943-1945”. Riportiamo integralmente il testo della seduta
consiliare, conclusasi con l'approvazione all'unanimità della mozione, e di seguito riportiamo il testo della mozione.
Infine, ci piace collocare in questa sezione conclusiva un lavoro
svolto da alcuni ragazzi della classe liceale I D del “Tito Livio”, che
nel dicembre 2005 hanno incontrato la signora Maria Luisa Bonomi,
sorella di Guido Puchetti, uno degli studenti del “Tito Livio” che come
* Un professore in un campo di grano l’ultimo giorno di guerra, a cura di Camillo
Bianchi e Enrico Lorini, Padova, Il Prato editrice, 2005; Due studenti e una motocicletta l’ultimo giorno di guerra, a cura di Camillo Bianchi e Enrico Lorini, Padova, Il
Prato editrice, 2005
62
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Beppino Smania, Sandro Godina e Giovanni Berto perse la vita per
il suo coraggioso ideale di libertà e democrazia. Da questo incontro
i ragazzi hanno tratto un testo rievocativo e insieme di riflessione,
rivolto idealmente a tutti i loro coetanei.
Comune
di
Padova
Consiglio Comunale
PROCESSO VERBALE DELLA SEDUTA DEL 26 SETTEMBRE 2005
Seduta n. 21
L’anno duemilacinque, il giorno ventisei del mese di settembre,
alle ore 19.15, convocato su determinazione della Presidente, con
avviso spedito nei modi e nei termini di legge, il Consiglio
Comunale si è riunito presso la sede di Palazzo Moroni, nella sala
delle adunanze aperta al pubblico.
[omissis]
Vice Presidente Cavazzana
Allora, colleghi, come avrete notato il pubblico che assiste a
questa seduta consiliare è particolarmente numeroso, si tratta di
una rappresentanza di docenti e studenti del Liceo Ginnasio Tito
Livio accompagnati dalla preside, professoressa Zangirolami, che
saluto a nome del Consiglio. La scuola è presente per partecipare
alla illustrazione della mozione del collega Pisani che propone un
“Riconoscimento ufficiale al Liceo Ginnasio Tito Livio di Padova da
parte del Presidente della Repubblica per il contributo di sangue
dato da professori e studenti nella lotta di liberazione nazionale
1943-1945”.
Dopo aver sentito i Capigruppo non ho difficoltà ad accettare la
modifica del calendario dei lavori stilato originariamente in
Conferenza dei Capigruppo anche perché altrimenti verrebbe
tardi, molto tardi, i nostri ragazzi li vogliamo domani brillanti e
attenti come al solito in classe, per cui do la parola al Consigliere
Pisani per l’illustrazione della mozione. Prego.
Processo verbale della discussione relativa alla
Deliberazione n. 92
64
OGGETTO:
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
Mozione per proporre un riconoscimento ufficiale al
Liceo Ginnasio “Tito Livio” di Padova da parte del
Presidente della Repubblica per il contributo di sangue dato da professori e studenti nella lotta di liberazione nazionale (1943-1945).
Il Vice Presidente pone in discussione l’argomento iscritto al n.
140 dell’o.d.g. dando parola al Consigliere Pisani.
Consigliere Pisani
La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio non in modo formale ma sostanziale anche i Capigruppo per aver voluto inserire
all’ordine del giorno del primo Consiglio Comunale utile questa
mozione e, in secondo luogo, per aver disposto l’anticipazione della
discussione.
Consentitemi anzitutto, cari colleghi, di rivolgermi ai ragazzi qui
presenti e di dire loro, in rapporto al fervido dibattito che hanno
ascoltato nell’ultima ora e mezza, che questo è il sale della democrazia: c’è una maggioranza, c’è una minoranza, insieme dialetticamente discutono, si scontrano, a volte si usano anche espressioni colorite, ma non dobbiamo dimenticare che questa democrazia è stata faticosamente conquistata in anni in cui non c’era questa libertà, in cui non c’era questo Consiglio Comunale, in cui non
si potevano esprimere la propria libera opinione e il proprio libero
convincimento.
Questo mi pare il legame più diretto con la mozione che ho la
grande responsabilità di illustrare questa sera. Avverto tutto il
peso di questa responsabilità, perché sento che in questo momento non sono io a parlare, ma che attraverso la mia voce stanno parlando i professori e gli studenti del Liceo Tito Livio, e non solo quelli di oggi, ma anche quelli di ieri.
Il Tito Livio è presente nella nostra città da quasi duecento
anni, dall’anno scolastico 1818-1819, ed è quindi una delle più
antiche istituzioni della città. Era uno dei quattro “regi imperial
licei dell’impero asburgico”, e anche l’imperatore Francesco
Giuseppe venne a metà dell’Ottocento a visitarlo. Questo Liceo ha
alle spalle una lunga storia, e molte importanti personalità hanno
studiato o insegnato al Tito Livio. Ma ci sono anche aspetti meno
noti della sua storia, e forse tra i meno noti, oggi, c’è il contributo
di sangue che docenti e studenti seppero dare, per la libertà di noi
tutti, durante il periodo più tragico della storia italiana recente, e
cioè negli anni dal 1943, in particolare dopo l’occupazione tedesca
VERBALE DELLA SEDUTA CONSILIARE DEL 26 SETTEMBRE 2005
65
seguita all’armistizio dell’8 settembre, fino al 28 aprile 1945, giorno della liberazione di Padova.
Questa mozione chiede al Consiglio Comunale di esprimersi,
perché venga portata all’attenzione del Presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nell’anno del 60° anniversario
della guerra di liberazione, la testimonianza di quelle persone, giovani e giovanissimi, che diedero la loro vita per liberare l’Italia
dalla tirannide. Tra loro ci furono il professor Mario Todesco e
quattro studenti, Guido Puchetti, Sandro Gòdina, Giovanni Berto
e Giuseppe Smania.
Una parola sul professor Mario Todesco. Anche il padre,
Venanzio, era professore del Tito Livio, e lo era da quasi vent’anni,
quando i fascisti arrestarono suo figlio, professore al Tito Livio
anche lui, accusandolo di essere un membro attivo di quella
Resistenza che si andava organizzando in città. Per quattro mesi
Mario fu detenuto in carcere, fu sottoposto a umiliazioni, percosse, torture, ma non disse mai nulla, tant’è che l’autorità militare
tedesca dovette scarcerarlo non essendo riuscita a provare nessuna responsabilità sua diretta. Immaginiamo cosa voglia dire togliere da una classe un professore e portarlo in un carcere!
Alla fine di quell’anno scolastico, il 27 giugno 1944, Mario
Todesco fu sequestrato e due giorni dopo, all’alba del 29 giugno, fu
trovato morto in Via Emanuele Filiberto. Era talmente sfigurato
che il padre, accorso nel timore che potesse essere suo figlio, non
lo riconobbe nemmeno! A identificare il cadavere fu un uomo molto
importante nella storia della nostra città di quegli anni, Egidio
Meneghetti.
Il padre, Venanzio, fu rimosso dall’insegnamento e ritornò al
Tito Livio solo dopo la conclusione della guerra. C’è una sua commovente testimonianza in una lettera mandata al preside: “Quanta
tristezza” scrive “accompagna il mio distacco da codesto istituto
dove giovane ottenni la licenza liceale e dove in età matura spesi la
modesta ma volonterosa opera mia per vent’anni, dove vissi in
affettuosi rapporti con tanti colleghi, dove speravo di rivivere nella
persona del mio figliolo perduto”. Dopo la conclusione della guerra, Venanzio Todesco fu per due legislature Consigliere Comunale
e ricoprì anche l’incarico di Assessore all’Istruzione del Comune di
Padova.
Nel 1961 un altro Assessore all’Istruzione del Comune di
Padova, il professor Federico Viscidi, noto docente di lettere latine
e greche al Tito Livio, inaugurava una scuola media intitolata a
Mario Todesco, alla quale la famiglia diede non solo i ricordi personali del professore, ma anche la sua biblioteca e il suo ritratto.
La memoria però bisogna tenerla sempre viva, sempre accesa:
in un anno particolare, il 1993, proprio mentre si celebrava il 50°
66
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
anniversario dell’inizio della Resistenza, la scuola media perse
questa intitolazione in seguito all’accorpamento con la scuola
media Torquato Tasso. Saggiamente il collegio docenti della Tasso
ha richiesto nell’ottobre del 2003 che la scuola riprendesse il
nome di Mario Todesco. La memoria, dicevamo, deve essere continuamente alimentata, vissuta.
I ragazzi del Tito Livio hanno potuto vedere l’anno scorso una
mostra documentaria allestita al Liceo sul professor Todesco e
questi quattro loro compagni.
Al Tito Livio c’è una magnifica iscrizione latina che ne ricorda il
sacrificio, dettata nel 1946 da un altro professore famoso del Tito
Livio, Angelo Wolf. Mario Todesco, Guido Puchetti, Sandro Godina,
Giovanni Berto, Giuseppe Smania hanno ripreso a vivere nel ricordo e nella consapevolezza di professori e alunni.
La loro è una “storia esemplare”, quella storia che parla attraverso gli esempi, quella storia che vale più dei grandi precetti.
Giuseppe Smania era il più giovane, aveva da poco compiuto 17
anni: pensate che questo ragazzo giovanissimo - ancora la sua
famiglia è presente in città - morì il 28 aprile del 1945, lo stesso
giorno in cui Padova fu liberata dai tedeschi, lo stesso giorno in cui
Mussolini veniva fucilato a Dongo. Due giorni dopo Hitler si suicidava a Berlino; il 27, il 28 e il 29 nell’alta padovana si compirono
quelle stragi terrificanti che portarono 136 civili innocenti, presi
come ostaggi, ad essere brutalmente assassinati. C’è dunque una
storia grande che riguarda grandi personaggi e c’è una storia
minore, ma che ci coinvolge tutti più direttamente, che ci emoziona di più.
Gli studenti che sono venuti in Consiglio Comunale questa sera
hanno già compiuto un percorso di riappropriazione di questa
memoria, e anche attraverso quello che hanno ascoltato fin qui
hanno capito - come dicevo all’inizio - che questo è il sale della
democrazia, quella democrazia che si alimenta di confronto, talora
di scontro dialettico appassionato, ma che è al tempo stesso nutrita di rispetto e di amicizia. Anche Temistocle e Aristide erano in
Consiglio aspri rivali, ma dopo le sedute e gli scontri, come racconta Plutarco, andavano all’osteria a bere assieme: così noi tutti
siamo qui accomunati da una sola, precisa volontà, quella di fare
il bene della nostra città. Vi ringrazio.
Vice Presidente Cavazzana
Grazie, Consigliere Pisani. Prima di dare la parola ai colleghi
che si sono già prenotati vorrei dare pubblica lettura di una lettera che questa mattina la preside del Tito Livio mi ha inviato, sono
VERBALE DELLA SEDUTA CONSILIARE DEL 26 SETTEMBRE 2005
67
poche righe e ve le leggo: “Desidero compiacermi ed esprimere l’apprezzamento mio personale e di tutto il Liceo Tito Livio per l’importante iniziativa predisposta dal professor Pisani per ottenere,
per il Liceo Tito Livio di Padova, un riconoscimento ufficiale per il
contributo di sangue dato dai professori e studenti nella lotta di
liberazione.
Il ricordo di Mario Todesco, Guido Puchetti, Sandro Godina,
Giovanni Berto e Giuseppe Smania attraverso un riconoscimento
al loro liceo è un giusto gesto di gratitudine verso queste nobili
figure che hanno saputo reagire alla mancanza di libertà e all’oppressione del regime fascista, e il cui sacrificio ha contribuito alla
sconfitta della dittatura. Essi rappresentano per i giovani d’oggi un
esempio e un monito all’impegno e alla coerenza civile, mi auguro
perciò che il Consiglio Comunale accolga la proposta e si pervenga
presto all’obiettivo fissato. Sicura di poter contare sulla sensibilità
sua e di tutto il Consiglio Comunale porgo distinti saluti.
Professoressa Daria Zangirolami”.
[omissis]
Vice Presidente Cavazzana
Bene, chiusa la discussione. Dichiarazioni di voto? Nessuna.
Passiamo alla votazione. Potete votare, colleghi.
Votazione
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: favorevoli 34, tutti all’unanimità.
La mozione è approvata.
MOZIONE PER PROPORRE UN RICONOSCIMENTO UFFICIALE AL
LICEO GINNASIO “TITO LIVIO” DI PADOVA DA PARTE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER IL CONTRIBUTO DI SANGUE
DATO DA PROFESSORI E STUDENTI NELLA LOTTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE (1943-1945)
Dall’anno scolastico 1818/19 il Liceo Ginnasio Tito Livio occupa
l’edificio e il chiostro dell’ex convento di Santo Stefano. Grande
parte della storia della nostra città è da allora legata a questo prestigioso istituto, dove hanno insegnato molti illustri docenti e dove
hanno studiato giovani che si sono poi distinti nei diversi campi
della vita associata.
Meno noto è forse il contributo che questa scuola seppe dare alla
lotta di liberazione nei terribili anni della Repubblica di Salò.
Un giovane professore e quattro giovanissimi studenti offrirono la
vita per la nostra libertà.
Il prof. Mario Todesco, militante del Partito d’Azione, curava il collegamento con le prime formazioni partigiane del Grappa, la diffusione della stampa clandestina, l’aiuto ai prigionieri fuggiaschi e
agli ebrei che sfuggivano ai campi di sterminio. Tradito da un delatore e arrestato il 29 novembre 1943, restò in carcere fino al 13
marzo 1944, resistendo alle minacce, alle umiliazioni, alle percosse, senza mai cedere. Così rievoca quei terribili giorni l’amico
Antonio Frasson, incarcerato anche lui ai Paolotti: “Ritornava dall’interrogatorio pallido, stanco, con i lividi delle battiture, ma dal
suo sguardo fiero trapelava l’intima soddisfazione del segreto contributo che egli dava alla nostra causa”. Nuovamente arrestato
dalle Brigate Nere il 27 giugno, il suo cadavere fu ritrovato in via
Emanuele Filiberto, all’altezza del bar Borsa, all’alba del 29 giugno
1944. Aveva 35 anni. Una piccola lapide in alto sulla facciata –
ahimé quasi invisibile - ricorda quell’infame delitto.
Al nome del professor Mario Todesco la nostra città ha dedicato
una via e nel 1961 una scuola media, all’angolo tra via Leopardi e
via Todesco. Persa inopinatamente nel 1993 la titolarità in seguito
70
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
all’accorpamento con un’altra scuola media cittadina, la Torquato
Tasso, la scuola è stata finalmente reintitolata a Mario Todesco
con delibera di giunta comunale (la n. 22 del 20 gennaio 2004).
I quattro alunni del Tito Livio persero la vita tra il settembre del 44
e l’aprile del 45. Ecco i loro nomi:
• Guido Puchetti, alunno della I liceo A nel 1943-44, caduto nelle
campagne di Piacenza d’Adige il 6 settembre 1944, con l’amico
Benedetto De Besi e altri compagni che appartenevano a una brigata di giovanissimi. Aveva da poco compiuto diciotto anni.
• Sandro Godina, alunno della III liceo A fino al maggio del 1944,
neo iscritto all’Università di Padova, Facoltà di medicina e chirurgia; membro della brigata “Italia libera”, cadde in combattimento a
Cason di Meda, sul monte Grappa, il 23 settembre 1944.
• Giovanni Berto, alunno della III E fino a maggio 1944, partigiano
combattente della brigata “Lubian”, venne proditoriamente assassinato a Villanova di Camposampiero nella notte del 7 aprile 1945
da elementi della brigata nera di Campodarsego. Aveva 19 anni.
• Giuseppe Smania, allievo della II liceo E, fu trucidato il 28 aprile 1945, poco più che diciassettenne, nei pressi di Peraga di
Vigonza, mentre con l’amico Giovanni Vicentini, anch’egli assassinato, tornava da Treviso, dove aveva annunciato la notizia della
capitolazione tedesca a Padova e l’ordine di insorgere.
La nostra società, i nostri giovani, hanno bisogno di esempi, di
modelli positivi a cui riferirsi. Mario Todesco e i suoi quattro alunni, Guido Puchetti, Sandro Godina, Giovanni Berto e Giuseppe
Smania lo sono, perché, nel momento decisivo della scelta, non
esitarono a battersi per il bene e la libertà. “Mi auguro” diceva il
preside del Tito Livio, Emilio Menegazzo, il 20 maggio 1965, riferendosi ai docenti e ai giovani del Tito Livio caduti nella prima e
nella seconda guerra mondiale “che questa assidua ed eloquente
testimonianza incoraggi anche noi professori ad inserire il nostro
insegnamento nel solco di questa storia e a portarlo più avanti
ancora, affinché la libertà politica riconquistata non sia in realtà
solo un possesso di chi è già libero dal bisogno e dall’ignoranza, e
affinché non nasca, o rinasca, per nostra colpevole inerzia, la tentazione di conquistare una apparente o falsa o effimera giustizia
spegnendo nelle persone e nella società l’inestimabile dono divino
della libertà, senza la quale nessuno è veramente se stesso. Ma io
confido che l’impazienza e la generosità dei giovani troveranno la
TESTO DELLA MOZIONE
71
forza di resistere agli allettamenti di vecchie o nuove avventure
totalitarie nella essenza stessa di questa scuola umanistica e nell’esempio di questi nostri maestri e alunni, che per la fedeltà ai loro
ideali offrirono umanamente e cristianamente, non il sangue e la
vita altrui, ma le loro candidae animae”.
Tutto ciò premesso
il Consiglio Comunale di Padova
ritenendo che nel 60° anniversario della Liberazione la memoria di
queste vite esemplari meriti di essere onorata anche con un riconoscimento ufficiale da parte del Capo dello Stato al Liceo
Ginnasio “Tito Livio”,
chiede
al Signor Sindaco di Padova di attivarsi presso le sedi opportune
per segnalare all’attenzione del Capo dello Stato il contributo di
sangue dato da professori e alunni del Liceo Ginnasio “Tito Livio”
alla Resistenza e alla lotta di liberazione nazionale e avanzare formale proposta di concessione di un riconoscimento ufficiale alla
scuola.
Giuliano Pisani
GUIDO PUCHETTI: LA MORTE DI UNO
PER L’IDEALE DI TANTI
Classe I D 2005-06*
Dopo aver parlato di Mario Todesco, ci è
parso giusto presentare un’altra figura di
rilievo nella storia dell’antifascismo in
Italia: Guido Puchetti.
A questo proposito noi studenti del
Liceo Classico “Tito Livio” di Padova abbiamo avuto un incontro con la signora Maria
Luisa Bonomi, sorella minore di Guido,
martire dell’antifascismo che morì per i
propri ideali: questo giovane ragazzo, che
Guido Puchetti
fu studente del nostro stesso Liceo, entrò
ben presto a far parte della storia politica del nostro paese durante il Secondo Conflitto mondiale; il suo stesso padre, che era rimasto invalido partecipando alla Prima Guerra Mondiale, dopo l’8 settembre 1943, data dell’armistizio, essendo al comando della
Divisione di Prato della Valle in qualità di Generale, fu reso prigioniero dai tedeschi.
In quel periodo l’oppressione nazista coinvolse Guido in modo
diretto: tutti gli uomini in età militare infatti avevano l’obbligo di
seguire un addestramento in Germania. Anche questo contribuì
alla partecipazione spontanea da parte di molti giovani al movimento antifascista, che si opponeva al regime con la formazione di
piccoli gruppi di resistenza; a Padova un’importante centro di
ritrovo per questi ragazzi, che avevano deciso di prendere parte
* Edoardo Baccolo, Pierpaolo Biondetti, Marta Borsetto, Marta Fagiuoli, Giulia
Romano, Mattia Ruol, Edoardo Tribuzio, Nicola Vascellari, studenti della classe
liceale I D del “Tito Livio”.
74
MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
alla lotta politica del loro paese, si
trovava allora all’Antonianum.
Sempre in quel periodo, e precisamente nel ’44, Guido venne colpito
un’altra volta in prima persona dal
conflitto mondiale: una bomba distrusse la sua abitazione e l’intera
famiglia Puchetti trovò rifugio nella
campagna di Selvazzano.
Questo fatto però non impedì al
giovane Guido, che voleva porre
fine all’oppressione fascista, di
continuare ugualmente a lottare
per i suoi ideali, che condivideva
con molti altri suoi coetanei. Guido
si trovava infatti a Rovolon, località situata sui Colli Euganei, con
Il luogo dell'eccidio avvenuto
il 6 settembre 1944 nel territorio alcuni compagni ad organizzare la
resistenza, quando i carabinieri,
di Piacenza d'Adige, località
Grompa, ora monumento
giunti alla dimora dei Puchetti a
alle vittime
Selvazzano, non lo trovarono e a
quel punto, intuite le intenzioni dei
ragazzi, minacciarono la famiglia dicendo che se non avessero trovato Guido in casa il giorno seguente ci sarebbero state gravi conseguenze per tutti.
Per questo la signora Bonomi Puchetti, che ricordiamo essere
stata la nostra fonte diretta per queste notizie, dovette, nonostante la giovane età, raggiungere Guido durante la notte percorrendo
in bicicletta un lungo e difficoltoso tragitto attraverso le campagne
padovane, per avvertirlo del pericolo. Guido potè così farsi trovare
a casa nel momento in cui i carabinieri si presentarono la mattina
seguente; il ragazzo però, incurante dei rischi che correva, ritornò
la notte stessa dai suoi compagni sui Colli.
Successivamente Guido si trasferì a Piacenza d’Adige, dove
trovò rifugio presso la casa della famiglia Cattelan; ma non fu
certo il trasferimento ad impedirgli di perseguire i suoi progetti,
continuando a partecipare al movimento antifascista, affiancato
da due carabinieri di Genova, dall’amico Benedetto De Besi, e dai
ragazzi più grandi della famiglia ospitante.
Le aspirazioni e i progetti del gruppo vennero però freddamente e improvvisamente distrutti quando una postina, accortasi dell’inusuale movimento, li segnalò consegnandoli ai nemici.
Questi ragazzi ancora giovanissimi, con una vita agiata davanti ed un futuro sicuro, trovarono così la morte per mano di una
banda di fascisti i quali, dopo averli gettati in una fossa comune,
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scapparono. Ebbero tuttavia
una degna sepoltura grazie
all’intervento di alcune persone, fra cui Padre Carlo Messori,
Rettore dell’Antonianum: le
salme furono recuperate nottetempo, e vennero seppellite
nell’Abbazia di Praglia con il
benestare dell’Abate di allora;
tutt’oggi infatti i corpi di Guido
Puchetti e Benedetto De Besi si
trovano sepolti in quel luogo.
Dopo aver presentato la vita e
le vicende di Guido Puchetti,
vorremmo sottolineare un fatto
che ci ha estremamente colpiti:
infatti la signora Bonomi, sorella di Guido, parlando anche a
nome della madre ormai
scomparsa, ci disse che, nonoLa tomba di Guido Puchetti e di
Benedetto De Besi nella cappella
mortuaria dei Padri Benedettini a
Praglia
stante il terribile dolore causato alla
famiglia dalla perdita di un fratello e
di un figlio, esse non portarono mai
rancore nei confronti della postina
delatrice o di quel gruppo di assassini (che peraltro subirono successivamente un processo), ma che, anzi,
esse perdonarono immediatamente
gli autori del delitto. La spiegazione
di questo fatto è che la famiglia
Puchetti (e Guido stesso), oltre ad
aderire attivamente alla lotta contro
il fascismo, era estremamente devota
ai principi della fede cristiana; e fu
grazie a questi che la famiglia riuscì
a perdonare senza portare rancore.
Noi studenti, raccontando la
vicenda di questo eroe dell’antifasci-
La notizia della medaglia d'argento a Guido Puchetti apparsa nel bollettino parrocchiale
del Torresino, n. 6 del giugnoluglio 1951
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MARIO TODESCO E GLI ALLIEVI CADUTI PER LA RESISTENZA
smo, vogliamo in questo modo unirci all’intenzione della Preside
della nostra scuola, e ricordare queste vicende che, nonostante
oggi sembrino a molti giovani così lontane, hanno colpito direttamente il paese di cui tutti facciamo parte, e la sua popolazione.
Certamente la storia di Guido dovrebbe rappresentare per tutti noi
un esempio e uno spunto per molte riflessioni.
Ammirevole è il fatto che dei ragazzi così giovani abbiano dato
la vita per veder realizzato l’ideale in cui credevano tanto fermamente, e abbiano cercato, nel loro piccolo, di cambiare il mondo in
cui vivevano, ritenendolo sbagliato, e ritenendo soprattutto che si
potesse fare qualcosa di concreto per migliorarlo.
Quanti di noi al giorno d’oggi sarebbero pronti a dare la vita per
un’ideale? A sacrificarsi e a mettere in gioco il proprio futuro? Un
futuro magari già “sicuro” e alle porte? Pensandoci attentamente ci
siamo accorti di non poter veramente rispondere a questa difficile
domanda: al giorno d’oggi infatti nel nostro paese (se fortunatamente o meno dipende dai punti di vista), non ci sono cause, ideali e motivazioni così forti e sentite come quelle che regnavano nei
difficili anni che si susseguirono durante e dopo la guerra, da
indurci a rischiare la vita per un’idea. In quegli anni si combatteva infatti per diritti che noi oggi diamo per scontati (anche se alcune volte non sono poi così scontati): la libertà di parola e di pensiero, la libertà cioè di poter fare e dire, rispettando comunque gli
altri, ciò che vogliamo, senza doverci preoccupare delle conseguenze che potrebbero derivarne.
Da un lato, certamente, personaggi come Guido Puchetti, e
insieme a lui molti altri, vanno ammirati per il loro coraggio, e da
loro dovremmo prendere spunto per continuare questa ”lotta
non guerreggiata” per un mondo più giusto; dall’altro lato forse noi
ragazzi d’oggi dovremmo cercare di avvicinarci un po’ di più, di
interessarci a quelle che sono state le vicende del nostro paese,
approfittando del fatto che, per nostra fortuna, molte delle persone che hanno vissuto direttamente quegli anni terribili sono ancora tra noi, pronte a raccontarci mille storie avvincenti come quella
che abbiamo appena riportato, e a trasmetterci alcuni di quei valori che forse la nostra generazione da un po’ troppo scontati, senza
ricordare che ora possiamo goderne solo grazie a tanti uomini che
nel loro piccolo hanno dato una mano a rendere il nostro un paese
più giusto per tutti.
Noi ragazzi forse non ci rendiamo pienamente conto del fatto
che senza persone come Guido Puchetti, persone che hanno dato
la vita con azioni che a noi sembrano un film lontano, ora potremmo ancora vivere in quella situazione; loro hanno rischiato, e molti
hanno combattuto questa battaglia in un’età in cui noi ci preoccupiamo solo dei nostri piccoli problemi quotidiani senza saper
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guardare oltre; loro ci hanno dato la possibilità di vivere come
viviamo adesso e non sappiamo quanti ora, in età da liceo, rischierebbero la propria vita per le età future. Perché chi, come Guido,
si è lanciato in aiuto degli altri senza remore sapeva che avrebbe
potuto morire, ma che avrebbe anche potuto migliorare il futuro.
Quindi queste persone, questi ragazzi, nelle loro menti non sapevano se il loro sacrificio sarebbe effettivamente servito a qualcosa, ma hanno tentato ugualmente; forse sono cambiate le convenzioni, il modo di pensare o il modo di relazionarsi alla società,
ma loro in passato hanno dimostrato che non avevano paura.
Forse noi oggi ne abbiamo troppa, o probabilmente a volte la usiamo come scusa. Non ci sentiamo toccati in prima persona dalla
politica odierna, ci sembra una realtà che appartiene al “mondo
degli adulti”, ci sembra che per noi il tempo non passi, e che
comunque quando giungerà il momento saremo in grado di
immergerci nella vita vera.
In conclusione, dopo aver ascoltato e analizzato la vita di questo eroe, ci sorgono spontanee alcune domande: siamo sicuri che
non sia ora di iniziare a pensare al presente e a quello che sarà il
nostro futuro? Vogliamo davvero restare indifferenti al mondo che
ci ruota attorno lasciando che siano gli altri a decidere per noi?
Forse no…
Finito di stampare
nel mese di Aprile 2006
presso
DAIGOPRESS - Limena (PD)