E. Fromm - Fuga dalla libertà

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E. Fromm - Fuga dalla libertà
E. Fromm - Fuga dalla libertà: una spiegazione dell’adesione delle masse ai regimi fascisti
1. Psicologia del nazismo: la base umana del nazismo
1.1 Tipologie di spiegazione del nazismo
1.2 La struttura del carattere della classe media come base umana del nazismo
1.2.1 Il carattere sociale della classe media prima della I guerra mondiale
1.2.2 Il carattere sociale della classe media __________________________
1.2.3 Le cause economiche e politiche dell’affermazione del nazismo
1.3 Le caratteristiche psicologiche dell’ideologia nazista e il carattere autoritario
1.3.1 La brama sadica di potere e le sue razionalizzazioni
1.3.2 _________________________________________________________
1.3.3 Legami primari e processo di individuazione
1. Psicologia del nazismo: la base umana del nazismo.
Nell'esaminare la psicologia del nazismo dobbiamo affrontare anzitutto una questione
preliminare: l'importanza dei fattori psicologici per la comprensione del nazismo. Nelle
discussioni scientifiche sul nazismo, e ancor più in quelle non scientifiche, si delineano
spesso due opinioni opposte: la prima è quella secondo cui la psicologia non offre alcuna
spiegazione di un fenomeno economico e politico come il fascismo; la seconda afferma
invece che il fascismo è un problema integralmente psicologico.
I sostenitori della prima opinione considerano il nazismo o come il risultato di un
dinamismo esclusivamente economico - le tendenze espansionistiche dell'imperialismo
tedesco - o come un fenomeno essenzialmente politico, la conquista dello stato da parte
di un partito politico appoggiato dagli industriali e dagli Junkers1; in breve, la vittoria
del nazismo viene considerata come il risultato di un inganno e di una coercizione
operati da una minoranza ai danni della maggioranza della popolazione.
I sostenitori della seconda opinione, invece, affermano che il nazismo può esser
spiegato solo sul piano psicologico, o piuttosto su quello della psicopatologia. Hitler
viene visto come un folle o come un nevrotico e i suoi seguaci come persone egualmente
folli e mentalmente squilibrate. Secondo questa interpretazione le vere sorgenti del
fascismo vanno ricercate nell'animo umano, non nell'economia.
A nostro avviso nessuna di queste spiegazioni - che si concentrano sui fattori politici
ed economici escludendo quelli psicologici, o viceversa - e da considerare la
spiegazione giusta. I1 nazismo è un problema psicologico, ma anche i fattori psicologici vengono influenzati dai fattori socio-economici; il nazismo è un problema
economico-politico, ma la sua presa su un popolo intero deve essere spiegata dal
punto di vista psicologico. In questo capitolo ci interessa appunto questo aspetto
psicologico del nazismo, la sua base umana. Ci sono pertanto due problemi da
chiarire: la struttura del carattere di coloro che ne furono attratti e le
caratteristiche psicologiche dell'ideologia che ha fatto di esso uno strumento tanto
efficace proprio nei confronti di quelle persone.
… La risposta al perché l’ideologia nazista abbia attratto così tanto la classe media
inferiore va individuata nel carattere sociale di questa classe. Il suo carattere sociale era
notevolmente diverso da quello della classe operaia, degli strati superiori della classe
media e della nobiltà prima della guerra del 1914. In realtà questa parte della classe
media è stata sempre caratterizzata da certi particolari tratti: l'amore per i forti, l'odio
per i deboli, la meschinità, l'ostilità, l'avarizia, sia in fatto di sentimenti che in fatto
1
Gli Junkers, costituiti dalla nobiltà latifondista, erano un gruppo sociale fortemente conservatore che
esercitava un peso preponderante nella vita dello stato e costituiva con gli industriali il blocco sociale
dominante sin dall’Ottocento.
1
di denaro, e in sostanza 1'ascetismo. La loro visione della vita era angusta, sospettavano
e odiavano lo straniero e provavano curiosità e invidia per i loro conoscenti,
razionalizzando l'invidia come indignazione morale; tutta la loro vita si fondava sul
principio della scarsità, tanto economicamente che psicologicamente.
L'affermare che il carattere sociale della classe media inferiore differiva da
quello della classe lavoratrice non implica che questa struttura di carattere non fosse
presente anche nella classe lavoratrice. Era però tipica della classe media inferiore,
mentre solo una minoranza della classe lavoratrice mostrava la stessa struttura di
carattere con altrettanta chiarezza; tuttavia, questo o quel tratto specifico - come
1'esagerato rispetto per 1'autorità, o la parsimonia - era rintracciabile, sebbene in forma
meno intensa, anche nella maggior parte dei membri della classe lavoratrice…
Se è vero che il carattere sociale della classe media inferiore era il medesimo già
da molto prima della guerra del 1914, è anche vero che gli avvenimenti
successivi alla guerra ne hanno intensificato proprio quei tratti ai quali l'ideologia
nazista si è rivolta con maggiore efficacia: il desiderio di sottomissione e la brama di
potere.
Nel periodo precedente la rivoluzione tedesca del 19182 la situazione economica degli
strati inferiori della vecchia classe media - i piccoli commercianti indipendenti e gli
artigiani - era già in declino; ma non era disperata e c'erano anzi vari fattori che
operavano nel senso di stabilizzarla.
L'autorità della monarchia era fuori discussione, appoggiandosi ad essa e
identificandosi con essa, il membro della classe media inferiore acquistava un
sentimento di sicurezza e di orgoglio narcisistico. L'autorità della religione e della moralità tradizionale aveva ancora vigorose radici. La famiglia era ancora salda e appariva
come un rifugio sicuro in un mondo ostile. L'individuo sentiva di appartenere a un
sistema sociale e culturale stabile nel quale aveva il suo posto preciso. La sua
sottomissione e la sua fedeltà alle autorità costituite erano una soluzione
soddisfacente per le sue tendenze masochistiche; tuttavia non arrivava all'estremo della
rinuncia dell'io. E conservava il senso dell'importanza della propria personalità. Ciò che
gli mancava in sicurezza ed aggressività come individuo era compensato dalla forza delle
autorità a cui si sottometteva. In breve, la sua situazione economica era ancora
abbastanza solida per dargli un sentimento di amor proprio e di relativa sicurezza e le
autorità a cui si appoggiava erano abbastanza forti per dargli quell'ulteriore sicurezza
che la sua situazione individuale non arrivava a dargli.
Il dopoguerra ha mutato considerevolmente questa situazione. In primo luogo, il declino
economico della vecchia classe media venne accelerato dall'inflazione, che ebbe il suo
culmine nel 1923 e spazzò via quasi completamente i risparmi del lavoro di molti anni.
Gli anni tra il 1924 e il 1928 portarono un miglioramento economico e nuove
speranze alla classe media inferiore; ma questi progressi furono cancellati dalla depressione
seguita al 1929. Come già nel periodo dell'inflazione, la classe media, compressa tra gli
operai e le classi superiori, era il gruppo più esposto e perciò il pi ù colpito.
Ma ad aggravare la situazione intervennero, oltre a questi fattori economici, dei fattori
psicologici. La sconfitta bellica e il crollo della monarchia furono una prima ragione di
disorientamento psicologico. La monarchia e lo stato erano stati la solida roccia su cui,
psicologicamente parlando, il piccolo borghese aveva costruito la sua esistenza; il loro
fallimento e la loro sconfitta mandarono in frantumi le basi della sua vita. Se il Kaiser
poteva esser messo pubblicamente in ridicolo, se gli ufficiali potevano essere attaccati,
se lo stato doveva mutar forma e accogliere agitatori rossi come ministri e un sellaio
come presidente, in che cosa poteva riporre la sua fede l'ometto qualunque? Si era
identificato in maniera subalterna con tutte queste istituzioni: e adesso, scomparse
queste, dove doveva andare?
Anche l'inflazione gioca un ruolo tanto economico che psicologico. Fu un colpo
mortale al principio della parsimonia e nello stesso tempo all'autorità dello stato. Se i
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L’autore si riferisce al crollo dell’Impero tedesco in seguito alla sconfitta nella prima guerra mondiale e
alla salita al potere della socialdemocrazia.
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risparmi di molti anni, per cui erano stati sacrificati tanti piccoli piaceri, potevano andar
perduti senza propria colpa, a che pro risparmiare? Se lo stato poteva violare i suoi
impegni stampati sulle banconote e sui buoni del Tesoro, di quali promesse ci si
poteva più fidare?
Non solo la situazione economica della classe media inferiore cominciò a declinare più
rapidamente dopo la guerra, ma anche il suo prestigio sociale. Prima della guerra il
piccolo borghese poteva sentirsi qualcosa di meglio di un operaio. Dopo la rivoluzione il
prestigio sociale della classe operaia aumentò notevolmente e di conseguenza il prestigio
della classe media inferiore diminuì in proporzione. Non c'era più nessuno da guardare
dall'alto in basso, un privilegio che era sempre stato uno dei beni più preziosi della
vita dei piccoli negozianti e degli altri come loro…
La crescente frustrazione sociale portò a una proiezione che è diventata un fattore
importante a favore del nazionalsocialismo. Invece di rendersi conto del destino
economico e sociale della vecchia classe media, i suoi membri interpretavano coscientemente il loro destino come coincidente con quello della nazione. La sconfitta
nazionale e il trattato di Versailles divennero i simboli su cui si trasferì la frustrazione
reale che era quella sociale. Si è detto spesso che il trattamento fatto alla Germania nel
1918 dai vincitori è stato una delle ragioni principali dell'affermazione del nazismo.
Questo giudizio richiede dei chiarimenti. La maggioranza dei tedeschi riteneva che il
trattato di pace fosse ingiusto; ma mentre la classe media reagì con profonda amarezza,
gli operai se la presero molto meno col trattato di Versailles. Essi erano ostili al vecchio
regime e la perdita della guerra significava per loro la sconfitta di quel regime.
Ritenevano di aver combattuto coraggiosamente e di non avere alcuna ragione per
vergognarsi di se stessi. D'altra parte la vittoria della rivoluzione, resa possibile solo dalla
sconfitta della monarchia, aveva portato loro vantaggi economici, politici e umani. Il
risentimento contro il trattato aveva le sue radici nella classe media inferiore; il
risentimento nazionalistico era una razionalizzazione che proiettava l'inferiorità sociale
sul piano nazionale. Questa proiezione è del tutto evidente nella vicenda personale di
Hitler. Egli era il tipico rappresentante della classe media inferiore. Una nullità senza
prospettive o possibilità. Sentiva fortemente di essere un escluso. In Mein Kamp3
parla spesso di sé come dello “zero”, dello “sconosciuto”che era stato nella sua giovinezza.
Ma benché questo dipendesse fondamentalmente dalla sua posizione sociale, egli poteva
razionalizzarlo in simboli nazionali. Essendo nato fuori del Reich, si sentiva escluso
non tanto socialmente quanto nazionalmente e il grande Reich tedesco, in cui tutti i
figli avrebbero potuto riunirsi, divenne per lui il simbolo del prestigio sociale e della
sicurezza.
II sentimento di impotenza, ansietà e isolamento dalla società che dominava la vecchia
classe media, e la distruttività derivante da questa situazione, non furono le sole fonti
psicologiche del nazismo. I contadini provavano risentimento verso i creditori urbani
con cui si erano indebitati, mentre gli operai si sentivano profondamente delusi e
scoraggiati per il continuo ripiegamento politico subito dopo le prime vittorie del
1918, sotto una guida politica che aveva perduto l'iniziativa strategica. La
grandissima maggioranza della popolazione provava quel sentimento di irrilevanza
personale e di impotenza che abbiamo indicato come tipico del capitalismo
monopolistico in generale.
Queste condizioni psicologiche non sono state la causa del nazismo. Hanno assicurato
quella base umana senza la quale esso non avrebbe potuto svilupparsi, ma 1'analisi
dell'intero fenomeno dell'ascesa e della vittoria del nazismo deve occuparsi delle
condizioni strettamente economiche e politiche oltre che di quelle psicologiche.
Data l'abbondante letteratura intorno a questo aspetto, e dati gli scopi specifici del
libro, non è il caso di addentrarsi in un esame di tali questioni economiche e
politiche. Tuttavia sarà bene ricordare al lettore la parte svolta dai rappresentanti
della grande industria e dagli Junkers - quasi ridotti al fallimento - nell'instaurazione
3
Titolo dell’autobiografia di Hitler
3
del nazismo. Senza il loro appoggio Hitler non avrebbe mai vinto. E questo appoggio si
fondava sul loro modo di concepire i propri interessi economici assai più che su
fattori psicologici.
Gli esponenti di. questi gruppi privilegiati speravano che il nazismo avrebbe deviato
il risentimento emotivo, che li minacciava, verso altri obiettivi; e che contemporaneamente avrebbe aggiogato la nazione al servizio dei loro interessi economici. Nel
complesso non restarono delusi, quantunque si siano sbagliati su qualche dettaglio
marginale. Hitler e la sua burocrazia non erano strumenti manovrabili a loro piacimento dai Thyssen e dai Krupp4, i quali, infatti, dovettero spartire con essi il loro
potere e spesso dovettero anche sottomettersi. Ma il nazismo, pur dimostrandosi
economicamente deleterio a tutte le altre classi, ha favorito gli interessi dei gruppi
più potenti dell'industria tedesca.
A questo punto molti lettori avranno in mente una domanda: come si concilia
1'affermazione che la base psicologica del nazismo è stata la vecchia classe media
con quella che il nazismo funziona nell'interesse dell'imperialismo tedesco? La
risposta a questa domanda è in linea di principio la stessa che è stata data al quesito
sul ruolo della classe media urbana nel periodo dell'ascesa del capitalismo. Nel
dopoguerra è stata la classe media, e soprattutto la classe media inferiore, ad
esser minacciata dal capitalismo monopolistico. Essa cadde in preda all'ansietà e
perciò all'odio; presa dal panico, cominciò a provare un desiderio crescente di
sottomissione e al tempo stesso una brama sempre più forte di dominio su quelli
che erano inermi. Questi sentimenti vennero usati da un'altra classe a favore di un
regime che doveva operare nel suo interesse. Hitler si dimostrò uno strumento
tanto efficiente perchè in lui le caratteristiche del piccolo borghese risentito e pieno di
odio, con cui la classe media inferiore poteva identificarsi emotivamente e socialmente,
si accoppiavano a quelle dell'opportunista pronto a servire gli interessi degli industriali
tedeschi e degli Junkers. All'inizio si presentava come il messia della vecchia classe
media, prometteva la distruzione dei grandi magazzini, la cessazione del domino del
capitale bancario e cosi via. La storia parla chiaro: queste promesse non sono state mai
mantenute. Tuttavia questo importava poco. Il nazismo non ha mai avuto dei veri
principi politici ed economici. È essenziale rendersi conto che il principio stesso del
nazismo è il suo esasperato opportunismo. Ciò che importava era che centinaia di
migliaia di piccoli borghesi, che in condizioni normali avrebbero avuto ben scarse
possibilità di guadagnare denaro o di disporre del potere, ora, come membri della
burocrazia nazista, ottenevano una larga fetta della ricchezza e del prestigio che le
classi superiori furono costrette a spartire con loro. Ad altri, che non erano membri
della macchina nazista, furono dati i posti tolti agli ebrei e ai nemici politici; e il rimanente della popolazione, anche se non ha ottenuto più pane, ha avuto “circenses”5 . La
soddisfazione emotiva procurata da questi spettacoli sadici, e da un'ideologia che gli dava
un sentimento di superiorità rispetto al resto del genere umano, era in grado di
compensarli - almeno per qualche tempo - del fatto che le loro vite erano state
impoverite, economicamente e civilmente.
Abbiamo visto, quindi, che certi mutamenti socio-economici, e specialmente il declino
della classe media e il potere crescente del capitale monopolistico, hanno avuto un
profondo effetto psicologico. Questi effetti sono stati accresciuti e resi sistematici da
un'ideologia politica e le forze psichiche così suscitate cominciarono a operare in una
direzione opposta a quella degli interessi economici originari di questa classe. Il
nazismo ha risuscitato la classe media inferiore psicologicamente, mentre procedeva alla
distruzione della sua precedente situazione socio-economica. Ne ha mobilitato le
energie emotive, rendendola una forza importante nella lotta per realizzare i fini
economici e politici dell'imperialismo tedesco.
Nelle pagine seguenti cercheremo di dimostrare che l’ideologia di Hitler e il sistema
nazista, come la sua stessa personalità, esprimono in forma esasperata la struttura di
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5
Nomi di due gruppi famigliari tradizionalmente molto potenti in Germania
Fromm si riferisce in primo luogo alle adunanze di massa tipiche dei regimi fascisti.
4
carattere che abbiamo definito autoritaria, e che proprio per questo fatto egli ha
esercitato una potente attrattiva su quei settori della popolazione che più o meno
avevano la stessa struttura di carattere.
L'autobiografia di Hitler è un'ottima illustrazione del carattere autoritario, e poiché,
oltre a questo, è il documento più rappresentativo della letteratura nazista, l’userò come
fonte principale per analizzare la psicologia del nazismo.
L'essenza del carattere autoritario è stata descritta come la simultanea presenza di
impulsi sadici e masochistici. Per sadismo abbiamo inteso l'aspirazione ad un potere
illimitato su un'altra persona, più o meno commisto alla distruttività; per
masochismo, l'impulso a dissolversi in un potere irresistibile e a partecipare della sua
forza e della sua gloria. Entrambe le tendenze si ricollegano all'incapacità
dell'individuo isolato di reggersi da solo e al suo bisogno di un rapporto simbiotico che
vinca questa solitudine.
La brama sadica di potere trova modo di manifestarsi in molte forme in Mein Kampf.
Essa caratterizza il rapporto di Hitler con le masse tedesche, che egli disprezza e ama in
maniera tipicamente sadica, e quello con i suoi nemici politici, nei cui confronti egli
manifesta quei tratti distruttivi che sono una componente importante del suo sadismo.
Egli parla della soddisfazione che le masse provano ad esser dominate.”Quello che
vogliono è la vittoria del più forte e l'annientamento o la resa incondizionata del più
debole. Come una donna... che si sottometterà al forte piuttosto che dominare il
debole, così le masse amano il dominatore piuttosto che il supplicante e nell'intimo
li soddisfa molto di più una dottrina che non tolleri concorrenza, che non la
concessione della libertà democratica; spesso non sanno cosa farsene, e facilmente si
sentono abbandonate… ”.
Egli indica nella distruzione della volontà del pubblico, mediante la forza superiore
dell'oratore, il fattore essenziale della propaganda. Non esita nemmeno ad
ammettere che la stanchezza fisica del suo pubblico è una condizione estremamente
favorevole agli effetti della sua suggestionabilità. Affrontando la questione dell'ora
più adatta per le riunioni politiche di massa, egli dice: “Sembra che di mattina e anche
durante il giorno la volontà degli uomini si ribelli con la massima energia al tentativo di
sottoporla alla volontà altrui e all'opinione altrui. Di sera, invece, soccombono più
facilmente alla forza prepotente di una volontà più forte. Perché in realtà ogni riunione
di questo genere è una lotta tra due forze opposte. Il superiore talento oratorio di
natura apostolica dominatrice riuscirà ora più facilmente a conquistare alla nuova
volontà coloro i quali, a loro volta, abbiano subito un indebolimento della loro forza di
resistenza nel modo più naturale, che non quelli che abbiano ancora il pieno controllo
dell'energia della loro mente e della loro volontà “.
Hitler stesso è pienamente cosciente delle condizioni che producono il desiderio di
sottomissione e fornisce un'eccellente descrizione della situazione dell'individuo
partecipante a una riunione di massa.
“La riunione di massa è necessaria se non altro per la ragione che in essa l'individuo,
che nell'aderire ad un nuovo movimento si sente solo ed è facilmente colto dalla
paura di essere isolato, riceve per la prima volta le immagini di una comunità più larga,
il che ha un effetto corroborante e incoraggiante sulla maggior parte delle persone... Se
esce per la prima volta dalla sua bottega o dalla grande azienda, in cui si sente
piccolissimo, per entrare nella riunione di massa, dove ora si sente circondato da
migliaia e migliaia di individui che hanno la stessa sua convinzione... soccombe anch'egli
alla magica influenza di ciò che chiamiamo la suggestione di massa”. Goebbels6 descrive
le masse in modo analogo, gli individui per lui sono “niente di più di quel che la
pietra è per lo scultore. Capo e massa non costituiscono un problema come non lo
costituiscono pittore e colori”.
In un altro libro Goebbels dà un'accurata descrizione della dipendenza della persona
sadica dai suoi oggetti; quanto essa si senta debole e vuota se non può esercitare il
6
Era il responsabile del ministero per la propaganda e in quanto tale il principale ideatore di tutto il
sistema propagandistici nazista.
5
potere su qualcuno e quale nuova forza le dia questo potere. Così Goebbels
descrive quel che succede in lui: “Talvolta si è colti da una profonda depressione. Si può
superarla solo stando di nuovo di fronte alle masse. Il popolo é la fonte del nostro
potere “.
Un'eloquente illustrazione di quel particolare tipo di potere sugli individui, che i
nazisti chiamano comando, viene fornita dal capo del fronte del lavoro tedesco,
Ley. Trattando delle qualità che occorrono a un capo nazista e dei fini dell'educazione dei
capi, scrive: “Vogliamo sapere se questi uomini hanno la volontà di guidare, di
dominare, in una parola, di imperare. Vogliamo imperare e goderne... insegneremo a
questi uomini a cavalcare... per dargli il sentimento del dominio assoluto su un essere
vivente “… .
Il desiderio del potere sulle masse è ciò che spinge il membro dell'elite, composta dai
capi nazisti. Come dimostrano le citazioni, questo desiderio di potere viene rivelato
talvolta con una franchezza quasi sorprendente. Talvolta viene manifestato in forme
meno offensive. Talvolta la necessità di adulare le masse, e quindi di nascondere il
cinico disprezzo nutrito nei loro confronti, porta a trucchi come il seguente: Hitler,
parlando dell'istinto di autoconservazione, che per lui, come vedremo più avanti, si
identifica più o meno con l'impulso al potere, afferma che nell'ariano esso ha
raggiunto la forma più nobile, “perchè questi di buon grado subordina il suo io alla
vita della collettività e, se il momento lo richiedesse, è disposto anche a sacrificarlo”.
Se i capi sono quelli cui spetta principalmente di godere il potere, le masse non vengono
affatto private della soddisfazione sadica. Le minoranze razziali e politiche della
Germania, e in seguito di altre nazioni, che vengono definite deboli o decadenti,
sono gli oggetti di sadismo che vengono gettati in pasto alle masse. Mentre Hitler e la
sua burocrazia godono del potere che esercitano sulle masse tedesche, queste masse a
loro volta imparano il gusto del potere su altre nazioni e la passione per il dominio
del mondo… .
Di solito Hitler cerca di razionalizzare e giustificare la sua brama di potere. Le
principali giustificazioni sono le seguenti: il suo dominio sugli altri popoli è per il loro
bene e per il bene della civiltà mondiale; il desiderio del potere è radicato nelle eterne
leggi della natura ed egli riconosce e osserva solo queste leggi; egli stesso agisce agli
ordini di un potere superiore: Dio, il Destino, la Storia, la Natura; i suoi sforzi per
dominare sono soltanto una difesa dai tentativi altrui di dominate lui e il popolo
tedesco. Egli vuole solo la pace e la liberta.
Un esempio del primo tipo di razionalizzazione è il seguente brano, sempre di Mein
Kampf “Se nel suo sviluppo storico il popolo tedesco avesse avuto questa unità di
gruppo che hanno altri popoli, allora il Reich tedesco sarebbe oggi probabilmente il
padrone del mondo”. Il dominio tedesco sul mondo potrebbe portare, sostiene Hitler,
ad una “pace, sorretta non dai ramoscelli d'ulivo dei beccamorti femminei professionisti
del pacifismo piagnisteo, ma fondata sulla spada vittoriosa di un popolo di signori che
mette il mondo al servizio di una civiltà più alta”.
Negli ultimi anni le sue assicurazioni che il suo obiettivo non è solo il bene della
Germania, ma che le sue azioni sono al servizio degli interessi migliori della civiltà
in generale, sono diventate familiari ad ogni lettore di giornale.
La seconda razionalizzazione, secondo la quale il desiderio di potere è radicato nelle
leggi della natura, è più di una semplice razionalizzazione: essa scaturisce anche dal
desiderio di sottomissione ad un potere esterno, come è stato reso manifesto
particolarmente dalla grossolana volgarizzazione del darwinismo formulata da Hitler.
Nell'istinto di conservazione della specie Hitler vede la “prima causa della formazione
delle collettività umane”. Questo istinto di autoconservazione porta alla lotta del forte
per il dominio sul debole, ed alla fine, economicamente, alla sopravvivenza dei più
adatti. L'identificazione dell'istinto di autoconservazione con il potere sugli altri
trova un'espressione particolarmente impressionante nell'affermazione di Hitler secondo cui “la prima civiltà del genere umano certamente era fondata meno sull'animale
domestico che sull'uso degli individui inferiori”. Egli proietta il proprio sadismo
6
sulla natura, che è “la crudele regina di ogni saggezza” e la cui legge di
conservazione è “legata alla ferrea legge della necessità e del diritto alla vittoria del
migliore e del più forte di questo mondo”… .
L'ultima razionalizzazione del suo sadismo, la giustificazione di esso come difesa dagli
attacchi altrui, ritorna spesso negli scritti di Hitler. Tanto lui che il popolo tedesco
sono sempre gli innocenti e i nemici sono dei bruti sadici. Gran parte di questa
propaganda è fatta di menzogne deliberate, coscienti. In parte, però, ha la stessa
sincerità emotiva che hanno le accuse paranoiche. Queste accuse hanno sempre la
funzione di parare la possibilità che si smascheri il proprio sadismo o la propria
distruttività. Seguono la formula: sei tu che hai intenzioni sadiche; perciò io sono
innocente. …
Finora abbiamo parlato dell'aspetto sadico dell'ideologia di Hitler. Tuttavia, come
abbiamo visto nell'esame del carattere autoritario, c'è, oltre a un aspetto sadico, un
aspetto masochistico. C'è l'aspirazione a sottomettersi a un potere dalla forza
irresistibile, ad annullare l'io, oltre al desiderio di esercitare il potere sugli esseri
inermi. Questo aspetto masochistico dell'ideologia e della prassi naziste è evidente
soprattutto nelle masse. A queste viene continuamente ripetuto: l'individuo è una
nullità e non conta. L'individuo deve accettare questa insignificanza personale,
dissolversi in un potere più alto e quindi sentirsi fiero di partecipare alla forza e alla
gloria di questo potere più alto. Hitler esprime chiaramente quest'idea nella sua
definizione dell'idealismo: “Solo 1'idealismo conduce gli uomini a riconoscere
volontariamente il privilegio della forza e della potenza, facendoli diventare in tal modo
un granello di polvere di quell’ordine che dà forma all’intero universo”. …
Tutto questo predicare il sacrificio di sè ha uno scopo ovvio. Le masse debbono
rassegnarsi e sottomettersi, se la brama di potere del capo, dell'elite deve realizzarsi.
Ma questo desiderio masochistico è riscontrabile anche nello stesso Hitler. Il potere
superiore, a cui egli si sottomette, è Dio, il Destino, la Necessità, la Storia, la Natura.
In realtà tutti questi termini hanno pressappoco lo stesso significato per lui: quello di
simboli di un potere dalla forza irresistibile. La sua autobiografia comincia con
l'osservazione che è stata “una gran fortuna che il Fato abbia designato a luogo della mia
nascita Braunau sull'Inn”. Prosegue poi a dire che il popolo tedesco deve esser riunito
tutto in un solo stato, perchè solo allora, quando questo stato si fosse dimostrato
troppo piccolo per tutti loro, la necessità gli darebbe “il diritto morale di annettersi
terre e territori”.
La sconfitta nella guerra 1914-18 è per lui “una meritata punizione da parte del giudizio
eterno”. Le nazioni che si mescolano con altre razze peccano “contro la volontà
dell'eterna Provvidenza”, o, come dice in un altro caso, “contro la volontà del Creatore
Eterno”. La missione della Germania è ordinata dal Creatore dell'universo. Il Cielo è
superiore agli individui, perchè fortunatamente si può ingannare questi ultimi, ma
“il cielo non può esser comperato”.
Il potere che colpisce Hitler probabilmente più di Dio, la Provvidenza e il Destino,
è la Natura. Contro la tendenza storica degli ultimi quattrocento anni a sostituire al
dominio sugli uomini il dominio sulla natura, Hitler insiste che si può e si de ve
imperare sugli uomini, ma che non si può imperare sulla natura. Ho già citato il
suo detto che la storia dell'umanità probabilmente non è cominciata con
l'addomesticamento degli animali, ma con il dominio sugli esseri inferiori. Perciò egli
ridicolizza 1'idea che l'uomo possa conquistare la natura, e si fa beffe di quelli che
credono di poter conquistare la natura non avendo altra arma a loro disposizione che
un'idea. Afferma, invece, che l'uomo “non domina la natura, ma che, sorretto dalla
conoscenza di alcune leggi e segreti della natura, si è elevato alla posizione di
padrone di quegli altri esseri viventi ai quali manca questa conoscenza”. Troviamo ancora
una volta la stessa idea: la Natura è il grande potere a cui dobbiamo sottometterci, ma
gli esseri viventi sono quelli che dobbiamo dominare.
Ho cercato di dimostrare 1'esistenza, negli scritti di Hitler, delle due tendenze che
abbiamo già indicato come fondamentali nel carattere autoritario: la brama di potere
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sugli uomini e il desiderio di sottomissione a un potere esterno irresistibilmente forte.
Le idee di Hitler si identificano più o meno con l'ideologia del partito nazista. Le idee
espresse nel suo libro sono quelle esposte negli innumerevoli discorsi con i quali ha
conquistato al suo partito un seguito di massa. Questa ideologia deriva dalla sua
personalità, la quale, col suo sentimento di inferiorità, l'odio per la vita, 1'ascetismo, e
1'invidia verso coloro che godono di vivere, è una matrice di tendenze
sadomasochistiche; si indirizzava a persone che, avendo una struttura di carattere
analoga, si sentivano attratte ed eccitate da questo insegnamento e sono diventate
ardenti seguaci dell'uomo che esprimeva ciò che provavano. Ma non è stata solo
1'ideologia nazista a soddisfare la classe media inferiore; la politica ha realizzato in
pratica ciò chel'ideologia prometteva. E’stata creata una gerarchia in cui ognuno ha,
sopra di sé, qualcuno a cui sottomettersi e ha, sotto di sé, qualcuno verso cui sentirsi
potente; colui che sta in cima, il capo, ha il Destino, la Storia, la Natura sopra di sé
come potere in cui sommergersi. Perciò1'ideologia e la prassi naziste soddisfano i
desideri che scaturiscono dalla struttura di carattere di una parte della popolazione e
danno un indirizzo e un orientamento a quelli che, pur non provando piacere a
dominare e a sottomettersi, si erano rassegnati e avevano rinunciato alla fede nella vita, nelle proprie decisioni, in tutto.
Da queste considerazioni è possibile trarre una prognosi circa la stabilità del nazismo
nel futuro? Non mi sento qualificato a formulare delle previsioni. Tuttavia ci sono
alcuni aspetti - come quelli che derivano dalle premesse psicologiche che abbiamo
esaminato - che mi sembrano meritevoli d'attenzione. Tenuto conto delle condizioni
psicologiche il nazismo soddisfa le esigenze emotive della popolazione? E questa
funzione psicologica è un fattore che favorisce la sua stabilità?
Da tutto quello che abbiamo detto finora appare evidente che la risposta da dare a
questa domanda è negativa. La realtà dell'individuazione umana, della distruzione
di tutti i legami primari, è irreversibile. I1 processo di distruzione del mondo
medioevale ha richiesto quattrocento anni e sta completandosi nella nostra epoca. A
meno che il sistema industriale non venga completamente distrutto, e si torni al
livello preindustriale, l'uomo resterà un individuo ormai completamente emerso dal
mondo circostante. Abbiamo visto che l'uomo non può sopportare questa libertà
negativa; che cerca di fuggire verso una nuova schiavitù, che dovrebbe essere un
sostituto dei vincoli primari7 ai quali ha rinunciato. Ma questi nuovi vincoli non
costituiscono una vera unione con il mondo. Egli paga la nuova sicurezza con la
rinuncia all'integrità del suo io. La dicotomia di fatto esistente tra lui e queste
autorità non scompare. Esse soffocano e storpiano la sua vita, anche se al livello
della coscienza egli può sottomettersi volontariamente. Nello stesso tempo vive in
un mondo in cui non è diventato semplicemente un atomo, perché esso gli fornisce
anche ogni possibilità di diventare un individuo. Il sistema industriale moderno
ha virtualmente la capacità non solo di produrre i mezzi per una vita economicamente
sicura per tutti, ma anche di creare la base materiale per la piena espressione delle
possibilità intellettuali, sensuali ed emotive dell'uomo e al tempo stesso di ridurre
notevolmente le ore da dedicare al lavoro.
La funzione di un'ideologia e di una prassi autoritarie può esser paragonata alla funzione
dei sintomi nevrotici. Tali sintomi sorgono da condizioni psicologiche intollerabili e nello
stesso tempo offrono una soluzione che rende possibile la vita. Tuttavia non si
tratta di una soluzione che porti alla felicità, o consenta lo sviluppo della personalità.
Essi lasciano immutate le condizioni che rendono necessaria la soluzione nevrotica. Il
dinamismo della natura umana è un fattore importante, che tende a cercare soluzioni più
soddisfacenti, solo che ci sia la possibilità di raggiungerle. La solitudine e l'impotenza
dell'individuo, la sua aspirazione a realizzare le possibilità che si sono sviluppate in lui, la
realtà obiettiva della crescente capacità produttiva dell'industria moderna sono fattori
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Per la definizione di definisce i “legami primari”vedi nota n 1 di E. Fromm - Fuga dalla libertà:
individuo e processo sociale nella società di massa.
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dinamici che costituiscono la base di una crescente ricerca di liberta e di felicità. La fuga
nella simbiosi può alleviare per un po' la sofferenza, ma non la elimina. La storia
dell'umanità è la storia dello sviluppo dell'individuazione, ma è anche la storia dello
sviluppo della libertà. L'aspirazione alla liberta non è una forza metafisica e non si p u ò
spiegarla con la legge naturale; è il risultato necessario del processo di individuazione e
dello sviluppo della civiltà. I sistemi autoritari non possono eliminare le condizioni
fondamentali che creano l'aspirazione alla liberta; né possono estirpare l'aspirazione
alla liberta che scaturisce da queste condizioni.
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