estratto dal Quaderno della Regione Lombardia Febbraio 2014

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estratto dal Quaderno della Regione Lombardia Febbraio 2014
estratto dal Quaderno della Regione Lombardia
“Piattaforma di biotecnologie verdi e di tecniche gestionali per un sistema agricolo ad elevata
sostenibilità ambientale”
Febbraio 2014
”BIOCONTROLLO”
Mais ricco in antiossidanti: un’opportunità per il contenimento dell’uso di
agrofarmaci
Introduzione alla tematica
Il mais è una delle più importanti colture del mondo e quantitativamente è la principale in Italia: circa il 10%
del prodotto raccolto entra direttamente o indirettamente nella catena alimentare umana. In Italia, la coltura
è particolarmente intensa nelle regioni settentrionali (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia,
Emilia Romagna) e nei comprensori di pianura del Centro-Sud, dove maggiori sono le disponibilità idriche. In
particolare nella nostra Regione, la coltura del mais interessa una superficie di circa 235mila ettari,
occupando il 26% della superficie nazionale investita con questa coltura. Dalla fine degli anni ‘70 a fine ’90, le
produzioni sono passate da 50 a 100 quintali per ettaro, permettendo un grande sviluppo del comparto
zootecnico nella pianura padana, dove rappresenta di gran lunga la fonte primaria di calorie
nell’alimentazione animale, sotto forma di granella, pastone e silomais. Infatti l’utilizzo del mais in Italia è
ripartito all’ 82% ad uso zootecnico, 12% alle industrie amidiere, 4% al diretto uso umano e al 2 % per altri usi
industriali. A livello di Comunità Europea la maggior parte del mais “da industria” viene macinato “ad umido”
per la produzione di amido e derivati (65-70%), mentre la restante quota è lavorata “a secco” per ricavarne
prodotti vari, quali semolati, farine, fiocchi, ecc. Con la macerazione “ad umido”, la granella viene macerata e
trattata con anidride solforosa e fermenti lattici. Tutto ciò allo scopo di facilitare la successiva estrazione dei
granuli di amido. L’acqua di macerazione può essere destinata alla fermentazione oppure, dopo
concentrazione, all’industria mangimistica. La granella inumidita subisce una prima macinatura per la
separazione del germe, dalla cui lavorazione si ricava l’olio. Dalla lavorazione del mais, oltre a prodotti
alimentari, si ricavano carta, bioplastica e solventi e sempre più in futuro, il mais verrà utilizzato anche per
ottenere energia. Come ricordato in precedenza il mais, sotto forma di granella, sfarinato o insilato (derivante
dalla spiga o dalla pianta intera), rappresenta una delle materie prime più utilizzate per l’alimentazione
animale. Esso, infatti, è il principale componente della dieta per i suini avicoli e ruminanti. In presenza di
condizioni ambientali favorevoli, il mais può essere infettato, in campo e durante la fase di
immagazzinamento, da funghi con conseguente perdita di produzione e deterioramento della qualità della
granella a causa dell’accumulo di micotossine. Le micotossine sono metaboliti secondari a basso peso
molecolare caratterizzate da tossicità nei confronti dell'uomo e degli animali. Negli areali maidicoli della
pianura Padana i principali funghi tossinogeni e le corrispondenti micotossine ritrovati nel mais sono:
- Aspergillus Link e aflatossine.
I miceti afferenti al genere Aspergillus si sviluppano generalmente a carico dei residui colturali e raramente
provocano danni di rilevante entità. Le specie più diffuse su mais appartengono alla sezione Flavi del genere
Aspergillus e in particolare alle specie A. flavus Link e A. parasiticus Speare (Giorni et al., 2007). A. flavus è
stato riscontrato più frequentemente in annate caratterizzate da piovosità scarsa e temperature elevate.
Lesioni dovute a insetti, uccelli e grandine rendono la pianta più suscettibile ai marciumi da A. flavus. I sintomi
sulle spighe infette sono localizzati soprattutto nella parte apicale e sono caratterizzati dallo sviluppo di
micelio di colore verde-giallastro che diventa più scuro col passare del tempo. Le colonie fungine che si
isolano dalle aree sintomatiche della spiga in coltura pura appaiono come riportato nella Fig. 1.
Figura 1. Colonie di A. flavus su MEA
Figura 2. Colonia di FGC su PDA
Le aflatossine, micotossine prodotte dai miceti della sezione Flavi, sono state isolate per la prima volta negli
anni '60 del secolo scorso a seguito del decesso nel Regno Unito di migliaia di tacchini a causa di questi
composti presenti nella farina di arachidi utilizzata per l'alimentazione dei volatili (Blount, 1961). Tra le 18
aflatossine identificate finora, in natura l'aflatossina B1 (AFB1) è stata rilevata più di frequente e in maggiore
quantità nelle derrate contaminate. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha stabilito che
AFB1 rientra nel Gruppo 1 delle sostanze cancerogene per la sua manifesta capacità di provocare cancro
epatico (IARC, 1993). L’Unione Europea (UE) ha stabilito i massimi livelli di contaminazione da aflatossine (da
5 a 10 ng/g) nel mais prima della lavorazione (CE, Regolamento No. 165/2010).
- Fusarium graminearum clade e tricoteceni
Il marciume rosso della spiga di mais (GER) è causato da specie afferenti al genere Fusarium Link in
particolare al clade F. graminearum (FGC). La specie maggiormente associata a GER nel mais italiano è F.
graminearum sensu stricto Schwabe mentre F. culmorum (W.G.Sm.) Sacc., F. sporotrichioides Sherb. e F. poae
(Peck) Wollenw. sono state isolate meno frequentemente (Logrieco et al., 2002). FGC è favorito da
temperature pari a 24-25 °C e da un elevato contenuto di umidità nella granella. GER è favorita da elevati
livelli di umidità durante l’emissione delle sete, da temperature moderate e abbondanti precipitazioni
durante la maturazione delle cariossidi. FGC infetta l’ospite principalmente attraverso le sete e meno
frequentemente attraverso lesioni dovute ad insetti (Bakan et al., 2002). I sintomi sulla spiga sono localizzati
soprattutto nella parte apicale dove si sviluppa un micelio di colore rosa-rosso. I ceppi di FGC che si isolano da
spighe recanti sintomi di marciume rosso allevati in coltura pura appaiono come riportato nella Fig.2.
Le micotossine collegate alla GER sono principalmente i tricoteceni di tipo A e B. I tricoteceni A includono la
tossina T-2 e HT-2, i tricoteceni B sono rappresentati principalmente dal deossinivalenolo (DON) e le sue
forme acetilate 3-AcDON e 15-AcDON. I tricoteceni sono associati a sintomi di intossicazione negli animali che
vanno da disturbi gastrointestinali all’anoressia (Pestkal e Smolinski, 2005). E’ probabile che i tricoteceni
causino i medesimi sintomi sugli umani ma la loro cancerogenicità è tuttora discussa. I livelli massimi di
contaminazione ammessi in UE nel mais e negli altri cereali vanno da 200 a 1750 ng/g per i tricoteceni B (CE,
Regolamento No. 1126/2007) e da 15 a 100 ng/g per i tricoteceni A (CE, Raccomandazione No. 165/2013).
- Gibberella fujikuroi clade e fumonisine
In Italia settentrionale il marciume rosa della spiga (FER), associato alla presenza di FUM, è causato
prevalentemente da specie afferenti al clade G. fujikuroi (GFC) del genere Fusarium. All’interno di GFC il
principale agente eziologico di FER è F. verticillioides (Sacc.) Nirenberg, mentre secondari appaiono F.
proliferatum (Matsush.) Nirenberg ex Gerlach & Nirenberg e da F. subglutinans (Wollenw. & Reinking)
P.E.Nelson, Toussoun & Marasas (Logrieco et al., 2002). F. verticillioides può inoltre colonizzare tutta la pianta
di mais senza dar luogo ad alterazioni apparenti. Le condizioni favorevoli a FER sono temperature pari a 27 °C
(Rossi et al., 2009) e periodi siccitosi durante le fasi di riempimento delle cariossidi seguiti da periodi piovosi
poco prima della raccolta (Munkvold, 2003). FER si presenta su cariossidi distribuite in ordine sparso oppure
in gruppi di cariossidi spesso ricoperte da micelio bianco-rosato (Fig. 3A). F. verticillioides sverna sui residui di
mais della stagione precedente presenti nel suolo e produce un’elevata quantità di spore, sia micro sia
macroconidi, facilmente dispersi dal vento e principali responsabili dell’infezione (Fig. 3B e 3C).
A
B
C
Figura 3. Colonia di F. verticillioides su PDA (A); Macroconidi di F. verticillioides (B); Microconidi e strutture
conidiofore di F. verticillioides (C).
Numerose specie di insetti fitofagi tra i quali la piralide del mais (Ostrinia nubilalis Hübner, ECB) possono
disperdere i conidi di F. verticillioides (Dowd, 2003). Il fungo può inoltre contaminare il seme e svilupparsi fino
a raggiungere la cariosside. L'importanza delle singole vie d'ingresso dei conidi di F. verticillioides nella spiga
varia da regione a regione ma, insieme alle lesioni da insetti, l’infezione attraverso le sete ha un ruolo molto
importante nel ciclo infettivo contrariamente alla trasmissione sistemica del fungo all’interno della pianta
(Munkvold, 2009).
Le fumonisine (FUM) comprendono almeno 28 composti che, a differenza di altre micotossine, non hanno
struttura ciclica e sono solubili in acqua. Solo le FUM B, in particolare le FUM B 1 e B2 , sono state rinvenute
nelle derrate. Le FUM provocano leucoencefalomalacia nei cavalli e nei conigli ed edema polmonare e
idrotorace nei suini. In aggiunta è stato supposto un collegamento tra l’assunzione continuativa di FUM e il
cancro esofageo nell’uomo (Richard, 2007).
Lo IARC ha classificato le FUM nel gruppo 2B, cui appartengono sostanze probabilmente cancerogene (IARC,
2002). I livelli massimi consentiti per le FUM nella granella di mais e nei prodotti derivati nell’UE sono
compresi tra 4000 e 200 ng/g (CE, Regolamento No.1126/2007).
La presenza di F. verticillioides (Venturini et al., 2011) e il ripetuto accumulo di FUM su mais coltivato in
pianura Padana (Torelli et al., 2012) compromettono la possibilità di ottenere granella di elevata qualità e
salubrità. Alla data odierna non è ancora stata individuata un’efficace strategia di riduzione della
contaminazione da FUM in mais. Alcune pratiche agronomiche come l’anticipo della semina, corrette
irrigazioni e fertilizzazioni abbinate alla riduzione dei danni causati da insetti possono contribuire a limitare
l’incidenza dei marciumi della spiga e l’accumulo di FUM (Maiorano et al., 2009). Su mais non è attualmente
registrato alcun fungicida attivo nei confronti di Fusarium spp., anche se sperimentalmente interventi
fungicidi all'emissione delle sete o a maturazione latteo-cerosa della spiga, in combinazione con trattamenti
antipiralide, hanno garantito una riduzione della FER e della contaminazione da FUM (Folcher et al., 2009;
Mazzoni et al., 2011). Lo sviluppo di cultivar di mais meno suscettibili ai funghi tossinogeni potrebbe
contribuire a ridurre la contaminazione da micotossine come riportato recentemente per genotipi in grado di
accumulare grandi quantità di pigmenti flavonoidi che possiedono capacità antiossidante.
Gli antiossidanti contenuti nelle specie vegetali destinate alla dieta umana si dividono in composti nutrienti
(come vitamina C e carotenoidi) e non nutrienti (flavonoidi e composti fenolici in genere). Essi sono in grado
di prevenire il danno cellulare causato dalle specie attive dell’ossigeno e dai radicali liberi che si formano
durante il metabolismo aerobico o per effetto di fattori di stress esogeni, grazie alla loro prerogativa di
ossidarsi facilmente e diventare così bersaglio preferenziale di tali specie attive dell’ossigeno.
In particolare, i flavonoidi sono composti che determinano alcuni fra gli svariati pigmenti del mondo vegetale.
Sono molecole idrosolubili, che si ritrovano in forma glicosilata all’interno del vacuolo; sulla base della loro
struttura chimica, esse vengono raggruppate in diverse classi, di cui le più importanti sono flavanoni,
flavonoli, isoflavonoidi e antociani. Questi composti presentano una struttura di base, costituita da un anello
a 15 atomi di carbonio, derivante da una reazione di condensazione che coinvolge fenilalanina e acetato.
Le antocianine rappresentano una classe di metaboliti secondari che vengono sintetizzati esclusivamente
nelle piante conferendo il colore rosso ai tessuti dove vengono accumulate oltre ad esplicare diversi altre
funzioni fisiologiche (Taylor and Grotewold 2005). Diversi studi indicano che queste molecole possiedono
attività antiossidante e che, se assunte nella dieta, possono esplicare importanti effetti salutari su diverse
patologie umane e animali, quali cancro e patologie cardiache (Hagiwara et al. 2001; Tsuda et al., 2003; Lila
2004; Guerra et al. 2005; Taylor and Grotewold 2005; Kay 2006; Lala et al., 2006). In particolare, è stato
osservato che topi nutriti con varietà di mais a seme colorato risultano maggiormente protetti contro obesità
e iperglicemia in regime di dieta ipercalorica ad elevato contenuto di grassi (Tsuda et al. 2003) o contro
l’insorgenza di cancro indotto da agenti cancerogeni (Hagiwara et al. 2001). E’ stato inoltre messo in
evidenza come le antocianine esercitino un effetto antimicrobico con una significativa riduzione della sintesi
di aflatossine in vitro (Norton, 1999). Anche se la pianta di mais è in grado di accumulare antocianine in
diverse varietà locali, attualmente gli ibridi presenti sul mercato e utilizzati in tutto il mondo accumulano
quantità trascurabili di antocianine nella pianta e nella granella. Nel mais i diversi geni coinvolti nella via
biosintetica che porta all’accumulo di pigmenti di tipo flavonoide, vengono attivati da due classi di geni
regolatori: le famiglie di geni C1/Pl1 e R1/B1. La produzione di pigmenti in un qualsiasi tessuto della pianta
richiede, generalmente, l’interazione di un membro di ciascuna famiglia (Chandler et al., 1989; Pilu et al.,
2003; Petroni et al., 2000). Data la grande variabilità genetica esistente in questa specie, diversi alleli dei geni
regolatori della via biosintetica delle antocianine sono stati caratterizzati e sono noti conferire una forte
pigmentazione in vari tessuti della pianta: B1 (booster), Pl1 (purple plant), R1 (red color), e P1 (pericarp color)
(Chandler et al., 1989; Cone et al., 1993; Grotewold et al., 1994; Pilu et al., 2003). In particolare, gli alleli B1 e
Pl1 quando presenti nello stesso genotipo, inducono un grande accumulo di antocianine in vari tessuti della
pianta (radici, stocco, foglie, antere, tutolo, pericarpo e parzialmente nelle foglie) conferendo un colore rosso
intenso, R1 conferisce l’accumulo di pigmenti antociani nell’aleurone e P1 conferisce l’accumulo di flobafeni
nella granella (Fig. 4.)
Figura 4. Differente pigmentazione presente nei semi di mais. Semi incolori del genotipo r1 b1pl1 (A) e
colorati portanti R1 (B), P1 (C) e B1 Pl1 (D).
Tutti questi alleli sono dominanti e quindi in grado di agire anche in singola dose, prestandosi bene a livello
genetico per la costituzione di sementi ibride. Attualmente, nessun ibrido utilizzato nel mercato mondiale
accumula pigmento nella granella; solo alcune varietà colorate vengono utilizzate localmente in Centro e Sud
America, principalmente per l’alimentazione umana.
L’utilizzo di ibridi in grado di accumulare antiossidanti in maniera naturale potrebbe apportare un grande
beneficio in tutta la filiera agroalimentare sia per quanto riguarda la presenza di questi importanti
fitonutrienti che per la sicurezza alimentare in particolare per quanto riguarda FUM, come recentemente
pubblicato dal nostro gruppo di ricerca (Pilu et al. 2011).
Obiettivi
Gli obiettivi di questa attività di ricerca sono stati quelli di costituire e studiare genotipi di mais ricchi in
flavonoidi capaci di limitare l’accumulo di micotossine (in particolare fumonisine) in mais al fine di migliorare
la sicurezza alimentare limitando l’utilizzo di agrofarmaci. La prima parte dell’attività ha riguardato
1. la costituzione dei genotipi in grado di accumulare alti livelli di flavonoidi/antociani
2. la scelta del genotipo migliore mediante analisi chimiche e molecolari
3. la produzione di un ibrido pigmentato e del suo rispettivo controllo incolore da utilizzare nelle varie prove
in pieno campo e nelle diverse annate.
1. La coltivazione del mais è stata condotta nell’azienda agricola ″Angelo Menozzi″ dell’Università degli Studi
di Milano, a Landriano (PV) in un appezzamento di circa 1.6 ettari. L’attività di breeding è stata effettuata nei
mesi di giugno e luglio utilizzando degli isolatori (sacchetti di carta) che hanno permesso di controllare gli
incroci tra i vari genotipi od imporre l’autofecondazione (Fig.5).
Figura 5. Attività di breeding e produzione di granella sementi per gli altri partners del progetto.
Gli incroci effettuati (iniziati anni fa nell’ambito di altri progetti internazionali) hanno permesso tramite
procedure di selezione con note di “pedigree” di costituire nuove linee isogeniche da studiare in quanto tali e
da utilizzare come parentali per la costituzione di ibridi (Fig.6.). Durante la costituzione delle linee, la
selezione è stata effettuata per il contenuto di antocianine/flavonoidi, germinabilità, vigore della pianta e
peso granella per spiga. L’attività di breeding è stata coadiuvata anche dall’utilizzo di marcatori molecolari
strettamente associati ai geni regolatori utilizzati in questo lavoro. Ad esempio per quanto riguarda la
costituzione della linea B1B1 Pl1Pl1 (BPl) sono stati utilizzati i marcatori microsatelliti, nc009 associato a Pl e
umc 1776 associato a B al fine di seguire le segregazioni e l’effettiva fissazione in omozigosi nella linea BPl
ottenuta (Fig.7).
Figura 6. Schema semplificato delle procedure con note di “pedigree” utilizzato per la costituzione di nuove
linee e di alcuni ibridi prodotti.
Figura 7. Utilizzo dei marcatori molecolari (microsatelliti) per coadiuvare il lavoro di breeding. In figura è
riportato la costituzione della linea BPl coadiuvata dai marcatori molecolari SSR nc009 (associato a Pl) e
umc1776 (associato a B).
2. La scelta del genotipo migliore da portare avanti per le successive prove in pieno campo è stata basata sul
profilo di accumulo delle antocianine e dei flavonoidi effettuata inizialmente con l’analisi TLC (Thin Layer
Chromatography) e successivamente approfondita mediante l’utilizzo dell’HPLC (High Performance Liquid
Chromatography) come riportato in Figura 8. Le antocianine sono state quantificate spettrofotometricamente
mostrando che i genotipi in grado di accumulare i più alti livelli di pigmenti (principalmente cianidina e in
alcuni casi pelargonidina) sono stati i genotipi portanti BPl e il mais di origine tropicale “morado” coltivato
tuttora in Centro America (Fig. 9).
E’ stata anche valutata la capacità antiossidante espressa come TEAC (Trolox equivalent antioxidant capacity)
che ha messo in evidenza una relazione tra il contenuto di antocianine e la capacità antiossidante dei genotipi
oggetto di questo studio (Fig. 10). Lo studio effettuato ha contribuito a gettare le basi per ulteriori utilizzi di
questi materiali genetici come fonte di geni in grado di conferire alti livelli di antiossidanti ad esempio nel
campo della mangimistica e nella diretta alimentazione umana (e.g. mais da polenta, scoppio e dolce).
3. Comunque tra i vari genotipi studiati il materiale che è stato selezionato ed utilizzato nella seconda parte
del progetto è stata la linea portante l’allele P1 (Pericarp color1) che conferisce colorazione rossa della spiga
per l’accumulo, principalmente nel pericarpo, dei flobafeni che sono polimeri dei flavan-4-ols.
Figura 8. A sinistra è mostrata l’analisi TLC effettuata sugli estratti alcolici ottenuti dalla farina dei semi dei
genotipi costituiti mostrati in alto a destra (a sinistra sono stati caricati gli standards). In basso, a sinistra,
si puo’ osservare la stessa lastra cromatografica esposta agli UV. In basso a destra è mostrato il profilo
HPLC dei pigmenti accumulati dal genotipo BPl.
Figura 9. Quantificazione delle antocianine presenti nella farina ottenuta dai vari genotipi.
Figura 10. Analisi della capacità antiossidante espressa come TEAC (Trolox equivalent antioxidant capacity).
In particolare è stato scelto un allele di tipo P1-rr (in grado di colorare sia il pericarpo che il tutolo) perché dati
preliminari ottenuti precedentemente dal nostro gruppo di ricerca suggerivano un possibile effetto sul
contenuto di fumonisine nella granella (Pilu et al. 2011). Al fine di studiare l’effetto della presenza di questo
allele sulle infezioni fungine della spiga di mais sono stati costituiti due ibridi a tre vie differenti solo per la
presenza dell’allele P1 (Fig. 11).
Figura 11. Produzione della semente ibrida a tre vie differente solo per la presenza di P1. Negli schemi
d’incrocio p1 e P1 indicano rispettivamente delle linee omozigoti.
Per quanto riguarda la seconda parte di attività volta allo studio dell’ibrido pigmentato selezionato e del suo
controllo incolore sono stati allestiti nel 2011-2012, 4 campi sperimentali, situati nei comuni di Albairate (MI),
Arcene (BG), Olmo (LO), Landriano (PV, 2011) e Rodigo (MN, 2012) al fine di analizzare la contaminazione da
Fusarium spp. e Aspergillus spp. nei due genotipi. Inoltre i campi sono stati suddivisi in parcelle in
presenza/assenza del trattamento antipiralide per stabilire la relazione tra l’attacco di questo insetto e le
infezioni fungine.
Le analisi effettuate hanno riguardato:
1. contaminazione da Fusarium spp. delle sete;
2. diffusione dei marciumi fungini e delle infestazioni da ECB su spiga
3. infezioni fungine latenti nelle cariossidi asintomatiche;
4. accumulo micotossine.
Nel 2013 l’effetto del genotipo (ibrido pigmentato vs ibrido incolore) è stato valutato presso l'azienda
sperimentale del DiSAA a Landriano (PV), utilizzando come strategia antipiralide una rete di polietilene che
ricopriva la spiga e inoculando sperimentalmente F. verticillioides nel canale delle sete.
Risultati ottenuti
1. Contaminazione da Fusarium spp. delle sete nel mais colorato e incolore.
Nelle due annate prese in considerazione solo funghi tossinogeni afferenti al genere Fusarium sono stati
isolati dalle sete. I più contaminati sono stati i frammenti derivanti dalle sete esposte, mentre i frammenti
dalle sete coperte dalle brattee sono risultati sporadicamente infetti da ceppi afferenti a GFC. FGC è stato più
frequentemente isolato nel 2011, GFC nel 2012. Più del 50% dei ceppi afferenti a GFC appartengono alla
specie F. verticillioides. Le popolazioni di Fusarium isolate dai due ibridi mostrano analoga composizione (Fig
12).
F
Figura 12. Contaminazione delle sete da Fusarium spp.
2. Danni da piralide e marciumi fungini su spighe di mais incolore e colorato, trattato e non trattato.
L'infestazione da ECB ha interessato il 58% delle spighe valutate nel 2011 e l’82% delle spighe nel 2012. I
marciumi, in ambedue le annate rappresentati quasi interamente da FER, erano diffusi sul 30% dei campioni
nel 2011 e sul 38% nel 2012. Sui 2 genotipi non sono state rilevate differenze significative nella % di spighe
danneggiate da ECB e dai marciumi, mentre il trattamento antipiralide ha ridotto solo la diffusione
dell’infestazione che è passata dal 66% nel mais trattato al 75% nel non trattato. Abbinando presenza di
flavonoidi e trattamento antipiralide, la % di diffusione di ECB (DP%) diminuisce significativamente: le parcelle
di mais colorate trattate hanno avuto infestazioni da ECB più contenute rispetto a quelle non trattate di
ambedue i genotipi (Fig 13A). Soltanto nel 2011 si è osservata una differenza tra la parcella colorata trattata e
non trattata. Nei 2 anni la FER è stata determinata essenzialmente da F. verticillioides e F. proliferatum. Solo
nel 2012 le parcelle del genotipo colorato sono risultate significativamente meno infette rispetto alla parcella
incolore non trattata (Fig. 13B).
Figura 13. (A) Diffusione danni da ECB (DP%) e (B) diffusione marciumi (DM%)
3. Infezioni fungine latenti e contaminazione da micotossine nella granella
Ceppi afferenti ad Aspergillus sez. Flavi, potenziali produttori di aflatossine, sporadici nel 2011, sono stati
isolati nel 2012 in tutti i campi e con elevata frequenza a Rodigo (MN) e Olmo (LO). Ciononostante la
contaminazione da aflatossine non ha mai raggiunto livelli preoccupanti. Le infezioni latenti dovute a GFC
sono risultate preponderanti. La % di contaminazione delle cariossidi rilevata nel 2011 nei siti sperimentali
(31%) è stata inferiore a quella riscontrata nel 2012 (41%). In generale né i flavonoidi né il trattamento hanno
ridotto significativamente le infezioni latenti da GFC. Solo nel 2012 le cariossidi del genotipo pigmentato
erano meno contaminate da GFC rispetto a quelle di mais incolore non trattato (Fig. 14 A). La maggioranza
dei ceppi isolati da granella asintomatica afferivano alle specie F. verticillioides e F. proliferatum, note
produttrici di fumonisine. Le fumonisine, frequenti e in concentrazioni variabili, hanno raggiunto livelli
mediamente più elevati nel 2012. Né il genotipo né il trattamento hanno influenzato in generale il livello di
FUM (Fig. 14 B). Al contrario sono state osservate differenze significative tra le località sia nel 2011 sia nel
2012. Dai dati raccolti è emerso che l’interazione genotipoXtrattamentoXlocalitàXannata induce una
diminuzione significativa della diffusione della piralide e della contaminazione da fumonisine. In particolare, il
fattore genotipo interagisce con la località nel ridurre la diffusione della piralide e dell’infezione asintomatica
da GFC e con l’annata nel determinare una contrazione di FER e infezione latente.
Figura 14. (A)Infezioni latenti da GFC (GFC%) e (B) Concentrazioni FUM nella granella (mg/kg)
4. Effetto dei soli flavonoidi sull’interazione F. verticillioides-mais
Per eliminare l’effetto localitàXannata sull’interazione F. verticillioides-mais incolore e colorato, sono state
effettuate inoculazioni sperimentali su entrambi i genotipi a Landriano (PV), proteggendo le spighe prescelte
con reti anti insetto al fine di ridurre l’infestazione da ECB. La presenza di flavonoidi nel pericarpo ha ridotto
la diffusione e la gravità di FER rispetto a quanto osservato sulle spighe prive di tali composti (Figura 15).
Figura 15. Diffusione e gravità FER nelle parcelle inoculate con F. verticillioides
Ricadute operative
I flavonoidi nel pericarpo del mais sono potenzialmente in grado di ridurre diffusione e gravità di FER nella
spiga. L’efficacia dei flavonoidi nel proteggere la granella di mais può variare significativamente in funzione
dell’annata, della località e dell’incidenza dell’infestazione da piralide. In annate caratterizzate da andamenti
meteorologici non particolarmente favorevoli a piralide e GFC, l’effetto dei flavonoidi, abbinato alle buone
pratiche colturali, è sufficiente a garantire un accettabile stato sanitario della granella, che al contrario in
presenza di elevate presenze dell’insetto e condizioni siccitose in concomitanza dell’emissione delle sete,
deve essere adeguatamente protetta nei confronti del fitofago.
Conclusioni
Oltre alle pratiche agronomiche (Maiorano et al. 2009) e ai trattamenti insetticidi nei confronti di O. nubilalis
(Mazzoni et al., 2011), la resistenza nei confronti dei funghi tossinogeni agenti di marciumi, dovuta a
flavonoidi o a cere presenti negli strati più superficiali della cariosside, può contribuire a migliorare qualità e
quantità della produzione maidicola lombarda. Dalle prove effettuate è emerso che:
- la comunità fungina associata alla spiga di mais è dominata dal genere Fusarium ed in particolare da GFC,
mentre Aspergillus sez. Flavi è una componente minoritaria;
- la maggior parte degli individui afferenti a GFC ha spiccate potenzialità tossinogene il che, insieme con la
diffusione, rende probabile l’accumulo di fumonisine nel mais lombardo;
- GFC è in grado di infettare la cariosside attraverso le sete specialmente in presenza di condizioni
meteorologiche favorevoli (vedi 2012)
- i flavonoidi sono in grado di limitare diffusione e gravità di FER in assenza di altri fattori predisponenti quali
lesioni da insetti;
- nella definizione di strategie di protezione integrata, l’utilizzo di mais ricchi di flavonoidi può contribuire,
insieme con altre misure agronomiche e fitoiatriche, al miglioramento quali-quantitativo della produzione
maidicola.
Ringraziamenti
Si ringrazia Agricola 2000 per l’allestimento e conduzione dei campi sperimentali.
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