Ospedaletti: a "Jazz sotto le stelle" progetti maturi e originali con

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Ospedaletti: a "Jazz sotto le stelle" progetti maturi e originali con
The Mellophonium Online
Ospedaletti: a "Jazz sotto le stelle" progetti maturi e originali con Danko, Cisi, Watson
e Cigalini
Inviato da Adriano Ghirardo
mercoledì 12 agosto 2015
OSPEDALETTI - Mentre Sanremo, sede storica del jazz dal 1956, pare aver ripreso in mano una importante tradizione
con adeguati investimenti, la rassegna “Jazz sotto le stelle” di Ospedaletti, curata da Umberto Germinale,
prosegue il suo percorso con la dodicesima edizione, tenutasi nell'Auditorium Comunale dal 6 al 9 agosto. La
caratteristica della rassegna è la scelta oculata dei musicisti che, partendo da una tematica prestabilita, offrono uno
spaccato della scena italiana ed internazionale. L'edizione 2015 era dedicata al sassofono, strumento fondamentale
nella storia della musica afro-americana, anche per il sessantesimo anniversario della scomparsa di Charlie Parker. Il
programma, però, ha saputo evitare la stanca riproposizione di stilemi parkeriani e, infatti, i musicisti impegnati nelle
quattro serate hanno proposto progetti maturi ed originali. Il sassofonista torinese Gigi Di Gregorio, artista sensibile ed
apprezzato, ha aggiunto, ai fidi Mauro Battisti al contrabbasso e Luigi Bonafede alla batteria, due ospiti del calibro di
Emanuele Cisi ed Harold Danko. Se la prima parte, svolta in quartetto, ha privilegiato le composizioni del pianista
californiano noto soprattutto per la collaborazione con l'ultimo Chet Baker, il concerto è proseguito, con l'arrivo di Cisi, su
coordinate maggiormente mainstream con un repertorio di classici. L'esecuzione di “Tidal breeze” di
Danko, ormai considerato uno standard moderno, e le “chases” tra Cisi e Di Gregorio sono le immagini che
restano di questa piacevole serata. Venerdì 7 il Max Ionata Hammond Trio ha incontrato i vocalizzi dell'istrionico Gegé
Telesforo. A differenza di altre occasioni il cantante foggiano ha limitato la sua verve dimostrando una raggiunta maturità
che lo ha visto dialogare da pari con gli ottimi Ionata ed Alberto Gurrisi all'hammond su composizioni originali ed omaggi
a grandi del sassofono quali il dimenticato George Coleman. Il notevole interplay sviluppato negli anni col batterista
Amedeo Ariano ha regalato quello swing che ha trasformato il concerto in una piccola festa del ritmo e dell'happening. Il
clou, almeno per la rilevanza storica del protagonista, era riservato alla serata di sabato con l'esibizione del grande
altosassofonista Bobby Watson. La sua lunga carriera, ricordata puntualmente nella presentazione della serata, lo ha
visto nel ruolo di direttore musicale dei Jazz Messengers di Art Blakey sino ad assurgere, tra la fine degli anni '80 ed i
primi anni '90, al ruolo di innovatore dello strumento aggiungendo alla tradizione post parkeriana un fraseggio ed una
sonorità moderne ed originali. Insieme allo storico collaboratore Curtis Lundy al contrabbasso e a Eric Kennedy alla
batteria abbiamo avuto la sorpresa di Andrea Pozza al piano, non previsto nel programma originale. Ed è stata la
piacevole novità della serata: un pianista sempre più maturo, in grado di eseguire le composizioni di Watson (dalla
classica “Appointment in Milano” incisa con un trio italiano per la Red Records ormai 30 anni fa ai brani
presenti nell'ultimo disco del sassofonista di Kansas City) alternando il ruolo di sensibile accompagnatore a quello di
brillante e trascinante solista. Watson invece, probabilmente a causa di uno stile di vita vicino a quello dei boppers, è
parso una pallida copia di quel sassofonista che ci aveva incantati nel 1991 in una tappa sanremese del suo tour. Il
problema è che l'artista che basa soprattutto sull'espressione il proprio successo, come Chet Baker ad esempio, può
ovviare a serate storte con la poesia ma Watson, conosciuto come virtuoso dello strumento, è apparso più volte insicuro
e, solo verso fine concerto, ha recuperato un suono e fraseggio convincenti. La rassegna si è chiusa con l'omaggio a
Thelonious Monk del trio “On Air” composto da Alessandro Collina, Marc Peillon e Rodolfo Cervetto con lo
special guest Mattia Cigalini al sax alto. Il trio italo-francese, ormai di casa nella cornice dell'auditorium, ama produrre
omaggi a grandi figure del jazz scegliendo, di volta in volta, il solista a cui affiancarsi. Cigalini (classe 1989) è riuscito,
come il coetaneo Cafiso, a levarsi di dosso la scomoda definizione di “enfant prodige” ottenendo il plauso
di critica e pubblico per la sua maniera originale di approcciarsi alla storia del jazz. Le sghembe e geniali composizioni di
Monk sono rivisitate con originalità ma senza stravolgimenti essendo di una bellezza moderna che non necessita di svolte
radicali dallo spartito iniziale. Monk ha raramente affidato al sax alto le sue composizioni (ricordiamo Ernie Henry
affiancato a Rollins in “Brilliant corners”) prediligendo il classico quartetto con sax tenore e ciò rappresenta
una ulteriore curiosità nel progetto “Alto Monk” presentato in anteprima in occasione del concerto.
Appuntamento all'edizione numero 13 e, conoscendo il bravo direttore artistico, non ci sarà motivo di essere superstiziosi:
sarà l'ennesima rassegna in grado di coniugare tradizione e modernità jazzistica.
(6 fotografie di Umberto Germinale a pagina 88 della Galleria immagini)
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