05-04-2015 La Nuova Sardegna

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05-04-2015 La Nuova Sardegna
Bue rosso, ambasciatore del
Montiferru
Preoccupa l’invecchiamento delle aziende. Nonostante i successi in
quindici anni i soci sono dimezzati
05 aprile 2015
SENEGHE. Il Consorzio del Bue Rosso è una delle prime realtà imprenditoriali del
territorio, nate da privati che puntavano a tutelare il proprio prodotto, la carne bovina, in
questo caso, per la precisione, di razza sarda-modicana, ovvero l’antico incrocio fra i
bovini sardi e quelli importati dalla Sicilia. Celestino Illotto, 54 anni, è il presidente di un
Consorzio che, in assenza di altre possibilità, ha scelto di assegnare un marchio alle carni
provenienti dagli allevamenti allo stato brado del Montiferru. Non nasconde che le difficoltà
non manchino. Una su tutte, affrontare i costi elevati delle certificazioni che devono essere
fatte da istituti specializzati. «Oggi però – dice – il problema più serio è l’invecchiamento
delle aziende. Ormai sono rimasti solo allevatori anziani a condurre le aziende con questo
sistema. I giovani, comprensibilmente, non ne vogliono sentire di affrontare un’impresa
fatta soprattutto di fatica e difficoltà. Ma con questo sistema – denuncia – manderemo in
malora la razza sardo modicana, destinata rapidamente ad estinguersi».
Che il problema sia serio lo si intuisce dai numeri. Il Consorzio del Bue Rosso, nato nel
2000 da quaranta allevatori che si erano associati per riuscire ad affrancarsi dal vincolo
ormai troppo stretto con i grossisti di bestiame, nell’arco di quindici anni ha visto
dimezzare il numero dei soci. Ma Celestino Illotto non sembra aver alcuna intenzione di
arrendersi perché «solo così salveremo le nostre aziende», dice.
Il bue rosso è una di quelle produzioni inserite fra i presidi Slow food, così come lo è un
altro prodotto tipico dell’Alto Oristanese: su casizolu, il formaggio a pasta filata di latte
vaccino. Per su casizolu, non esiste un Consorzio o un marchio di tutela, così, sebbene si
tratti di un’eccellenza, il prodotto non ha armi per difendersi nel mondo del mercato
globalizzato.
Maria Serra è la moglie di uno dei titolari dell’azienda Santa Vittoria di Santu Lussurgiu,
che alleva al pascolo brado le vacche di razza bruna dal cui latte si producono casizolu e
altre delizie come sa trizza e la mozzarella, lavorate in un piccolo caseificio aziendale. «Il
nostro lavoro? È duro e poco pagato. I grossisti ci pagano il formaggio a otto, nove euro al
chilo, che diventano trenta sui banchi di vendita. Perché continuo con questo mestiere?
Perché è la mia vita». (m.c.)