L`idea di guarigione e recupero nella storia della psichiatria
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L`idea di guarigione e recupero nella storia della psichiatria
Guarigione, miglioramento, recovery nelle gravi malattie mentali: cosa può fare il mondo del lavoro Paolo F. Peloso U.O.C. Salute Mentale Distretto 9 e SPCR Ospedale Micone DSMD dell’ASL 3 “Genovese” Genova, Sala riunioni Confindustria 6 novembre 2013 “I pregiudizi e la negligenza hanno stabilito come principio, almeno nella maggior parte degli ospizi, l'assoluta incurabilità di tutti gli alienati e per produrla sono stati usati mezzi infallibili, quali una rigida reclusione, atti di brutalità e di violenza, e l’uso delle catene. Si è d'accordo che in un numero molto limitato di ospizi diretti con ordine, si può anche guarire da questa malattia, ed anzi se ne dà prova con ripetute esperienze”. “Un lavoro costante spezza la morbosa concatenazione delle idee, rinsalda le facoltà intellettive con l'esercizio, mantiene l'ordine in qualunque gruppo di alienati, rendendo perfino inutile una serie di regole minuziose e spesso vane a garantire il rispetto del regolamento interno”. Pinel, 1809 5. Emil Kraepelin (1856-1921) Fattori che influenzano la guarigione: - capacità di resistenza personale - grado della malattia -fattori casuali -“Soprattutto si deve cercare di scegliere per l'infermo una adatta "occupazione", la quale, benchè stimolante, non deve essere faticosa; ciò è la cosa più adatta per distrarre il pensiero dell'infermo dal suo stato intimo e per far risvegliare l'interesse per il mondo esterno, per l'abituale attività”. “Il problema del lavoro, delle attività verso cui stimolare i malati apatici, indifferenti, abulici, è fondamentale. Ma mentre nell’ospedale il lavoro ha il solo significato di un riempitivo, nella nuova situazione esso deve assumere un valore terapeutico, come occasione di incontri, rapporti interpersonali spontanei e come stimolo all’attuazione di una spontaneità creativa distrutta (….). E nell’esigere la retribuzione quale logica contropartita di ciò che il lavoro dà alla comunità, il malato riesce a farsi riconoscere nel proprio valore di scambio”. Basaglia, 1967 “Il recovery è un processo profondamente personale e unico che comporta il cambiamento dei propri atteggiamenti, valori, sentimenti, obiettivi, abilità e/o ruoli. E’ un modo di condurre una vita soddisfacente, speranzosa e fattiva con o senza le limitazioni causate dalla malattia. Il recovery implica lo sviluppo di un nuovo significato e di un nuovo scopo all’interno della propria esistenza man mano che si superano gli effetti catastrofici di una malattia mentale” (Anthony, 1993). Lavoro, schizofrenia, guarigione: i risultati di una metaanalisi (Warner, 1985) 1. La schizofrenia è sempre guarita, in una percentuale prossima al 25%; migliorata in una percentuale prossima al 50%. 2. Storicamente, il tasso di guarigione delle psicosi segue, dall’inizio dall’800 ad oggi, il ciclo economico:a maggiori possibilità di inclusione lavorativa (compresa l’economia in espansione degli USA di due secoli fa, e la piena occupazione prevista nell’economia di Stato dei Paesi socialisti) corrisponde un tasso più alto di dimissione dagli ospedali; ai periodi di crisi un decorso apparentemente peggiore 3. Attualmente, il tasso di guarigione più alto si riscontra nei PVS. Ciò può essere messo in relazione con la diversa organizzazione della famiglia, e con la maggiore accessibilità di un mercato del lavoro a più basso tasso di tecnologia. p.e.: un follow-up di una media di 4 anni su una coorte 201 pazienti schizofrenici indiani in area rurale ha riscontrato che oltre il 77% lavoravano (37.3% agricoltura; 28.9% lavori domestici; 13.9% lavori saltuari; 3.5% lavoro protetto; 3.5% altro). I pazienti con disabilità grave e moderata erano scesi dal 68.2% al 40.8% e la disabilità correlata al lavoro si era dimezzata. Nonostante perciò il perdurare di una certa disabilità, oltre i 2/3 dei pazienti svolgono un lavoro soddisfacente. Suresh e coll., SPPE, 2012) Tipologia di approccio all’inserimento lavorativo: - Collocamento e supporto individuale (IPS) -Preformazione al lavoro, lavoro protetto “Programmi di impiego lavorativo supportato dovrebbero essere messi a disposizione di tutte quelle persone con schizofrenia che desiderano rientrare al lavoro o conseguire un nuovo impiego. Tuttavia, non dovrebbero essere le sole attività legate al lavoro messe a disposizione quando i soggetti sono inabili al lavoro e non hanno successo nei loro tentativi di trovare un impiego”. Line guida del National Intitute for Clinical Excellence, 2010 A tre anni di follow-up i programmi riabilitativi sono un aspetto essenziale nel trattamento delle persone affette da malattie mentali croniche. Il livello d’integrazione nel mondo del lavoro è molto variabile, mentre i livelli di soddisfazione del paziente sono analogamente buoni. Il lavoro competitivo rappresenta un obiettivo realistico solo per pazienti con alto grado di motivazione e precondizioni favorevoli (Reker e coll., 2000). Si possono dunque distinguere diverse tipologie di bisogni dei pazienti psichiatrici nei confronti del lavoro: - Per alcuni l'inserimento produttivo nel mondo del lavoro è possibile, avendo superato i maggiori problemi connessi con lo stato patologico o comunque riuscendo a convivere in modo compatibile con la malattia - Per altri il lavoro può rappresentare un valido supporto al processo riabilitativo; il lavoro diviene mezzo per aiutare la persona a sviluppare e utilizzare le proprie capacità, ad acquisire sicurezza e stima di sé, e a entrare in relazione con gli altri - Per una terza fascia, la patologia non consentirebbe un inserimento produttivo vero e proprio, ma al massimo una permanenza in un contesto di lavoro, senza vincoli stretti, con obiettivi di mantenimento di una condizione positiva di vita”. Di Lernia, 2008 313 pazienti testati del New Hampshire dopo una fase di acuzie schizofrenica: al momento dell’arruolamento il 10% di loro aveva un lavoro competitivo, mentre dopo 1 e 2 anni erano oltre il 20%. Tra coloro che non avevano un lavoro competitivo, il 61% era interessato ad averlo. Predittori favorevoli: precedenti esperienze di lavoro, livello d’istruzione del paziente e della madre, minori disturbi cognitivi e funzionamento sociale generale. Muesler e coll., Schizophrenia Bulletin, 2001 “I pazienti che lavorano riferiscono maggiore stabilità finanziaria, miglioramento di vita sociale, autostima e integrazione sociale, attenuazione dei sintomi, minori vissuti di noia e di isolamento, ma maggiore livello di stress”. Koletsi e coll., 2009 A cosa può servire il lavoro al malato di una grave malattia mentale? - Funzione di esercizio di alcune capacità cognitive a rischio -Funzione di ancoraggio al mondo esterno, a oggetti concreti -Funzione di ancoraggio a spazi e tempi precisi -Funzione di ancoraggio a un gruppo (spesso) -Qualità della vita, autostima, vissuto di “recovery” -Responsabilizzazione e assunzione di ruolo -Rafforzamento del senso di identità, maggiore contrattualità in famiglia e società -Produzione di reddito e quindi motivazione - Efficacia su alcune dimensioni specifiche della malattia che se presenti tendono a isolare il soggetto dalla sua comunità (p.e. ritiro autistico, alterazioni della temporalità ecc.) Lavoro e guarigione: - Il lavoro in riabilitazione psichiatrica: strumento ed esito. - Quando è utile iniziare l’inserimento? - Esiste una correlazione tra quadro psicopatologico, livelli di disabilità e capacità di lavoro? -Quali sono i criteri di priorità nell’offerta dell’inserimento lavorativo? -La presa in considerazione della posizione del soggetto rispetto al lavoro e l’offerta di opportunità deve rappresentare l’eccezione o la regola nella presa in carico delle malattie mentali gravi? Programmi di impiego supportato con una stretta integrazione tra servizi psichiatrici e riabilitativi si sono dimostrati più efficaci. Cook e coll., AJP, 2005 Riabilitazione psicosociale e avvicinamento al lavoro: il risultato dell’incrocio tra quattro gruppi di variabili Persona Politiche sociali Sistema sanitario Mondo del lavoro