Meccanica Statistica: Teoria Avanzata Prof. C. Di Casto

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Meccanica Statistica: Teoria Avanzata Prof. C. Di Casto
Appunti di
Meccanica Statistica: Teoria Avanzata
Prof. C. Di Casto
di Odeta Limaj
scritti da Marco Angelucci
aggiornato al
18 febbraio 2007
Indice
1 Richiami di Termodinamica
1.1
1.2
3
I Principi (Lez 10/01) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
1.1.1
Postulato Zero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
1.1.2
Principio Zero della Termodinamica . . . . . . . . . . .
3
1.1.3
Primo Principio Della Termodinamica . . . . . . . . .
4
1.1.4
Secondo Principio della Termodinamica . . . . . . . . .
5
Potenziali Termodinamici e
Trasformazioni di Legendre (Lez 12/01) . . . . . . . . . . . . .
1.3
9
1.2.1
Energia Interna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.2.2
Entalpia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.2.3
Energia Libera (di Helmotz) . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.2.4
Energia Libera (di Gibbs) . . . . . . . . . . . . . . . . 11
Relazioni Di Maxwell (Lez 15/01 - 17/01) . . . . . . . . . . . . 13
1.3.1
Esempio di Equivalenza delle Relazioni di Maxwell . . 14
1.4
Condizioni di equilibrio e stabilità termodinamica . . . . . . . 16
1.5
Fluttuazioni termodinamiche (Lez 19/01) . . . . . . . . . . . . 23
1.6
Diagramma di fase di una sostanza semplice e termodinamica
delle fasi (Lez 22/01) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
1.6.1
Coesistenza di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
1.6.2
Cenni sul diagramma di fase . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.6.3
Generalizzazione della regola delle fasi . . . . . . . . . 29
1
2 Meccanica Statistica Classica e Quantistica
31
2.1
Distribuzione di Maxwell (Lez 24/01) . . . . . . . . . . . . . . 31
2.2
Equazioni di Botzmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.2.1
2.3
Generalizzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Teorema H (Lez 26/01) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.3.1
Dimostrazione Teorema H . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.4
Teorema di Liouville (Lez 29/01) . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.5
Teorema di Poincarè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.6
Caos Molecolare e Modello di Kac [2] par. 1.9 (Lez 02/02) . . . 43
2.7
Metodo della distribuzione più probabile (Lez 05/02) . . . . . . 49
2.7.1
2.8
2.9
Dimostrazione per la distribuzione di M-B . . . . . . . 49
Approccio all’ equilibrio secondo Boltzmann e Gibbs . . . . . 52
2.8.1
Problema dl Ciclo di Poincarè . . . . . . . . . . . . . . 52
2.8.2
Descrizione Gibbsiaba . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
Insiemi Statistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
2.9.1
Microcanonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
2.9.2
Canonico
2.9.3
Grancanonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3 Appendici
59
3.1
Appendice A: Calcolo del fattore di scala . . . . . . . . . . . . 59
3.2
Appendice B: Proprietà Potenziali Termodinamici . . . . . . . 61
3.3
Appendice C: Calore Latente
3.4
Appendice D: Calcolo Costanti della Distribuzione di Maxwell
2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
64
Capitolo 1
Richiami di Termodinamica
1.1
I Principi
(Lez 10/01)
La termodinamica è costituita dalle leggi che regolano il comportamento
di sistemi macroscopici. Caratterizzeremo uno stato tramite i parametri
P e V. Lo stato di un sistema all’ equilibrio dipende dai tempi di misura
che stabiliamo. Dobbiamo considerare quindi che Tmisura >> τ dove con τ
vengono indicati i tempi medi di scattering delle particelle nel sistema.
1.1.1
Postulato Zero
Se ho una coppia di sistemi A e B, si dice che A è in equilibrio con B se e
solo se esiste una funzione
fAB (P1 , V1 ; P2 , V2 ) = 0
dove A = A(P1 , V1 ) e B = B(P2 , V2 )
1.1.2
Principio Zero della Termodinamica
Se A è in equilibrio con B e B è in equilibrio con C ⇒ A è in equilibrio con
C.
(
fAB (P1 , V1 ; P2 , V2 ) = 0
⇒ fAC (P1 , V1 ; P3 , V3 ) = 0
fBC (P2 , V2 ; P3 , V3 ) = 0
3
Questo ci permetterà d introdurre la temperatura empirica come condizione
di equilibrio.
L’idea è che posso pensare di eliminare P2 dalle equazioni di fAB e fBC
in modo da ottenere:
ϑA (P1 , V1 ; V2 ) = ϑC (P3 , V3 ; V2 )
(devono essere uguali in quanto uguali a zero). Le due funzioni dipendo
ancora da V2 . Ma V2 è l’elemento di controllo fisso (se vogliamo il termometro
di confronto). Per A e pre C quindi ci devono essere due funzioni uguali
definiamo cosı̀ la funzione ϑA (ϑC ) come temperatura empirica. Abbiamo
quindi la temperatura empirica di un sistema nella forma ϑP,V
Prima di enunciare il primo principio della termodinamica ricordiamo
alcune cose:
• trasformazione isoterma: ϑ=cost.
• trasformazione adiabatica: non c’è la possibilità di trasferire calore.
• trasformazione quasistatica: in ogni istante la trasformazione è cosı̀
lenta che il sistema si trova all’equilibrio.
se la trasformazione quasistatica del sistema avviene sul piano (P,V) lungo
la linea Γ possiamo definire il lavoro meccanico fatto dal sistema:
Z
∆W = P dV
Γ
1.1.3
Primo Principio Della Termodinamica
Possiamo ora definire il rimo principio in due passi:
4
1. Se passo da 1 a 2 ⇒ esiste una funzione di stato per ogni punto di
(P,V) detta Energia Interna tale che per un processo adiabatico:
∆W = UA (P1 , V1 ) − UA (P2 , V2 ) = −UA (P1 , V1 )
Che non è altro che la legge di conservazione dell’energia, funzione di
stato che esiste per ogni punto.
2. In generale, se consideriamo la quantità di calore assorbita dal sistema
durante la trasformazione generica QA = ∆UA +P ∆V (se la trasformazione è sufficientemente piccola da considerare P=cost nell’integrazione
di W)
Per una trasformazione infinitesima quasistatica possiamo quindi scrivere:
δQ = dU + P dV
1.1.4
(1.1)
Secondo Principio della Termodinamica
Stabilisce un modo di comportamento dei sistemi macroscopici reali (il
gesso non trasforma la sua energia interna in energia potenziale per alzarsi
dal tavolo). Per spiegare il secondo principio usiamo il ciclo di Carnot.
• con un’ isoterma a temperatua empirica ϑ1 : P1 , V1 → P3 , V3
• con un’ adiabatica: P3 , V3 → P2 , V2
• con un’ isoterma a temperatua empirica ϑ2 : P2 , V2 → P4 , V4
• con un’ adiabatica: P4 , V4 → P1 , V1
5
durante ϑ1 il sistema assorbe calore, durante ϑ2 lo cede:

RV

Q1 = V31 P (V, ϑ1 )dV + E(V3 , ϑ1 ) − E(V1 , ϑ1 )



 Q = R V4 P (V, ϑ )dV + E(V , ϑ ) − E(V , ϑ )
2
2
2
4
2
2
R V1V2

0 = V2 P dV + E(V2 , ϑ2 ) − E(V3 , ϑ1 )



RV

0 = V41 P dV + E(V4 , ϑ2 ) − E(V1 , ϑ1 )
(1.2)
se raccogliamo le 4 equazioni contenute in (1.2) e chiudiamo il ciclo di Carnot
abbiamo:
I
W =
P dV = Q1 − Q2
che è una conseguenza diretta del primo principio.
Introduciamo l’efficienza di un ciclo:
e = W/Q1 = 1 −
Q2
Q1
che è maggiore quanto più piccolo è Q2 .
Il secondo principio ci dice che Q2 non può essere mai nullo, cioè non esiste
un ciclo il cui unico risultato è quello di convertire in lavoro il calore assorbito
⇒ e < 1 sempre (Formulazione di Kelvin). In un’altra formulazione, quella
di Clausius, ci dice che non esiste una trasformazione termodinamica che ha
come unico effetto quello che portare del calore da una sorgente a temperatura
T minore a una a T maggiore. Si può dimostrare che i due enunciati sono
equivalenti.
Vogliamo una terza formulazione del secondo principio basandoci sulla
definizione di Entropia. Consideriamo un ciclo di Carnot per due sistemi A
e A’. Vogliamo mostrare che se questi sistemi eseguono due cicli di Carnot
tra due temperature differenti allora l’efficienza di A e A’ è la stessa, allora
il rapporto
Q2
Q1
= f (ϑ1 , ϑ2 ) deve dipendere solo dalla temperatura e non dalla
sostanza uscita. Consideriamo due cicli di Carnot:
(
2
= f (ϑ1 , ϑ2 )
tra ϑ1 e ϑ2 ⇒ Q
Q1
tra ϑ2 e ϑ3
⇒
Q3
Q2
= f (ϑ2 , ϑ3 )
combinando i due cicli scompare Q2 (tanto ne assorbo quanto ne cedo) e
ottengo un ciclo di Carnot tra ϑ1 e ϑ3 :
Q3
= f (ϑ1 , ϑ3 ) = f (ϑ1 , ϑ2 )f (ϑ2 , ϑ3 )
Q1
6
⇒ f (ϑ1 , ϑ2 ) =
Φ(ϑ2 )
Φ(ϑ1
Introduciamo la Temperatura Assoluta T = αΦ(ϑ) con α fattore di scala delle
temperature per non dipendere dalle caratteristiche del sistema. Possiamo
derivare la scala assoluta studiando il gas perfetto.
e=
W
Q2
T2
=1−
=1−
Q1
Q1
T1
⇒
Q1 −Q2
+
=0
T1
T2
Se considero nel piano PV una trasformazione chiusa generica, ne segue
il teorema di Carnot:
Z
CA
δQ
=0
T
(1.3)
per un ciclo reversibile. Il teorema si dimostra costruendo cocli di Carnot
via via più piccoli, eliminando i contributi interni e ottenendo solo l’integrale
lungo la linea.
Introduaciamo la funzione Entropia come:
Z
S(V2 , T2 ) − S(V1 , T1 ) =
Γ
δQ
T
(1.4)
dove Γ è la curva che unisce il punto 1 al punto 2.
Abbiamo definito una funzione di stato; inoltre, attraverso il ciclo di
Carnot, abbiamo un’altra formulazione del secondo principio. La generalizzazione del teorema di Carnot al caso non reversibile ci da il Teorema di
Clausius:
I
Γ
δQ
≤0
T
7
(1.5)
(fatto su una trasformazione generica).
Stabiliamo quindi che:
Z
Γ
δQ
≤ S(V2 , T2 ) − S(V1 , T1 )
T
(1.6)
Se δQ = 0 allora la variazione di entropia è positiva: ∆S ≥ 0 ⇒ per un
sistema isolato non esiste una trasformazione che faccia decrescere l’entropia.
All’equilibrio si avrà un massimo dell’entropia (allo stato di equilibrio si ha
la massima probabilità di osservazione e quindi statisticamente parlando, il
maggiorn numero di punti nello spazio delle fasi).
8
1.2
Potenziali Termodinamici e
Trasformazioni di Legendre
(Lez 12/01)
Riepilogando, dal primo e dal secondo principio della termodinamica si aveva:
(
Z
1◦ : dU = δQ − P dV
⇒ ∆U = (δQ − P dV )
R
2◦ : ∆S ≥ Γ δQ
Γ
T
da tutto cio possiamo dedurre alcuni potenziali temodinamici (che sono
differenziali esatti):
δQ
δU
P
=
+ dV = dS
T
T
T
(1.7)
⇒ S = S(U, V )
la dipendenza di S dalle variabili U e V deriva direttamente dall’equazione
(1.7) che riassume il primo e il secondo principio. Ne segue immediatamente
che:
(
∂S ∂U V =cost
∂S ∂V U =cost
=
=
1
T
P
T
(1.8)
Nota: Nel microcanonico avevamo come condizione che il sistema doveva
essere isolato, U e V dovevano essere quindi costanti, la funzione entropia che troviamo quı̀ quindi è qualla funzione di stato che si trovava nel
microcanonico.
Andiamo ora a cercare la possibilità di descrivere il sistema con ogni
potenziale termodinamico (cioè una funzione di stato con le dimensioni di
un’energia). I potenziali termodinamici sono grandezze estensive (proporzionali al volume o al numero di particelle presenti nel sistema). I potenziali
termodinamici ci permettono di determinare del tutto le proprietà del sistema, quindi devono essere del tutto equivalenti (si deve poter passare da uno
ad un altro con trasformazioni matematiche).
9
1.2.1
Energia Interna
U(S,V): posso ottenerla invertendo le equazioni (1.8) (quindi S deve essere
continua, con derivate prime regolari).
(
∂U ∂S V =cost
∂U ∂V S=cost
=T
= −P
(1.9)
in quanto dalla (1.7) si ha:
dU = T dS − P dV
Le variabili S e T sono coniugate termodinamicamente, cosı̀ come P e V (il
prodotto ha le dimenioni di un’energia). Se derivo rispetto a una granezza
estensiva ne ottengo una intensiva e viceversa. Cerco di ottenere tutti i potenziali termodinamici tramite trasformazioni matematiche (Trasformazioni
di Legendre).
1.2.2
Entalpia
H(S,P): scelgo P come variabile indipendente. È il potenziale preferito dai
chimici perchè le reazioni in genere avvengono a presisone costante (nelle
derivate parziali è più comodo avere P costante che non V costante). Il
parametro di controllo P esterno è quello che posso regolare. Allo stesso
modo se lavoro all’ interno di un bagno termico scelgo T come variabile
indipendente (scelgo l’insieme canonico se non ho la condizione E costante,
e nel grancanonico se non richiedo N costante).
H(S, P ) = U (S, V (S, P )) + P V (S, P )
questa trasformazione è detta Trasformazione di Legendre, a seconda di come cambiano le variabili dipendenti e non, sommo o sottraggo, al
potenziale termodinamico che avevo trovato in precedenza, il prodotto delle
variabili coniugate che sto scambiando.
10







∂H ∂S P =cost
∂H ∂S P =cost
∂H ∂P S=cost
=T
=
∂U ∂S V =cost
+
∂U ∂V ∂V S=cost ∂S P =cost
+P
∂V ∂S P =cost
=T
(1.10)
=V
(si è invertito il modo rispetto alla funzione (1.9)). Le trasformazioni di
Legendre conservano le variabili coniugate.
1.2.3
Energia Libera (di Helmotz)
F (T, U ) = U (S(T, V ), V ) − T S(T, V )
(
1.2.4
∂F ∂T V =cost
∂F ∂V T =cost
= −S
= −P
(1.11)
Energia Libera (di Gibbs)
Voglio passare da due variabili estensive a due variabili intensive. G(P, T ) =
U − TS + PV
(
∂G ∂T P =cost
∂G ∂P T =cost
= −S
=V
(1.12)
In tutto questo abbiamo considerato implicitamente come costante il numero
di particele. Se N non è una costante si deve introdurre anche la dipendenza
da N ( e µ potenziale chimico):
(
∂U ∂N S,V =cost
∂F ∂N T,V =cost
=µ
=µ
(1.13)
facendo una trasormazione di Legendre di può passare dalla variabile N a µ e
viceversa (µ: energia meccanica che serve a far variare il numero di particelle
a T e V costanti se tratto l’energia libera, a P e T costanti se tratto il
11
potenziale di Gibbs). Se si fa la traformazione di Legendre del potenziale F
e si studia f (T,U,µ):







∂f ∂T V,µ=cost
∂f ∂V T,µ=cost
∂f ∂µ T,V =cost
12
= −S
= −P
= −N
(1.14)
1.3
Relazioni Di Maxwell
(Lez 15/01 - 17/01)
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, derivando i potenziali termodinamici possiamo trovare delle relazioni che legano i potenziali stessi alle
grandezze termodinamiche in gioco. Come abbiamo già visto quando abbiamo fatto il calcolo del fattore di scala (nel paragrafo 3.1 a pag 59), le derivate
miste dei potenziali termodinamici, rispetto alle variabili naturali, devono essere uguali. Facendo le derivate miste dei vari potenziali termodinamici ed
uguagliandole si ottengono le Relazioni di Maxwell.
Per U
(
Per H
∂U ∂S V =cost
∂U ∂V S=cost
(
Per F
(
∂T ∂P ⇒
=−
∂V S
∂S V
= −P
=T
∂H ∂S P =cost
∂H ∂P S=cost
∂F ∂T V =cost
∂F ∂V T =cost
∂V ∂T =
⇒
∂P S
∂S P
=T
=V
∂S ∂P ⇒
=
∂V T
∂T V
= −P
= −S
(1.15)
(1.16)
(1.17)
per G
(
∂G ∂T P =cost
∂G ∂P T =cost
= −S
=V
∂V ∂S ⇒
=−
∂T P
∂P T
(1.18)
∂P ∂N ⇒
=
∂V T,µ
∂µ V,T
(1.19)
Per f







∂f ∂T V,µ=cost
∂f ∂V T,µ=cost
∂f ∂µ T,V =cost
= −S
= −P
= −N
Queste equazioni sono importanti perchè ci permettono di passare da una
variabile all’altra purchè si mantenga la costanza delle variabili in gioco. Dato che tutti potenziali termodinamici si ottengono uno dall’altro tramite le
trasformazioni di Legendre, allo stesso modo possiamo pensare che le Relazioni di Maxwell non siano indipendenti e che quindi, si possa passare da
13
una relazione ad un’altra attraverso opportune trasformazioni (inoltre devono avere la stessa proprietà che hanno i potenziali, cioè quella di essere
equivalenti in quanto descrivono lo stesso sistema).
1.3.1
Esempio di Equivalenza delle Relazioni di Maxwell
Per verificare le affermazioni appena fatte facciamo un esempio: prendiamo
una generica funzione
dx dx dx =
dy +
dz
dy z
dz y
e cerchiamo di ricavare
dy ,
dz x
per fare ciò pongo dx = 0, dovendo calcolarela
derivata per x costante, e ottengo:
dx dx dy =−
dy z dz x
dz y
(1.20)
proviamo a sostituire quindi al posto delle variabili x,y e z le variabili T,V e
S rispettivamente, quindi dalla (1.20)
dT dV dT =−
dV S dS T
dS V
sostituiamo ora a
dT dV S
(1.21)
l’espessione data dalla relazione (1.15) e quindi rica-
viamo:
dP dV dT =
dS V dS T
dS V
da cui si ottiene, attraverso semplici passaggi matematici:
dP dS =
dT V
dV T
che è proprio l’espressione che ritroviamo in (1.17).
14
(1.22)
Utilità delle Relazioni di Maxwell
A cosa servono le relazioni di Maxwell? Consideriamo U(S,V), se voglio
passare a F = U − T S, date che S è la variabile indipendente, devo conoscere
T; dalle relazioni di Maxwell questo non è necessario; posso riscrivere
dU F =U−
S
dS V
e quindi ricavo F senza conosce T ma solo attraverso U. Questo procedimento si pu’‘o applicare anche agli altri potenziali termodinamici. Se avessi U 0 (T, V ) = U (S(T, V ), V ) non posso applicare il procedimenti appena
descritto, perchè ho un termine in più dovuto al contributo della deriva
implicita.
15
1.4
Condizioni di equilibrio e stabilità termodinamica
I potenziali termodinamici possono essere utili per poter studiare le condizioni di equilibrio di un sistema. Ciò che garantisce la condizione di equilibrio
che stiamo studiando sono delle condizioni sui potenziali termodinamici.
Nel caso più semplice abbiamo un sistema isolato, e la condizione di
equilibrio si traduce nell’avere un massimo per l’entropia
Z
δQ
S(V2 , T2 ) − S(V1 , T1 ) ≥
Γ T
possiamo trovare altre condizioni facendo degli esempi
Esempio 1 Consideriamo un sistema di volume costante V, a contatto con
un bagno termico a temperatura T. In questo caso, di sistema non isolato,
l’equilibrio termodinamico non si ha per il massimo di S am per il minimo di
F. Vediamo come:
∆F = ∆U − T ∆S − S∆T
considerando i due principi della termodinamica:
(
R
R
1◦ : ∆U = Γ (δQ − P dV )V = Γ δQ
R
R
= 1 δQ
2◦ : ∆S ≥ Γ δQ
T T
T Γ
da cui si ricava ∆F ≤ 0 (a T e V costanti, nel bagno termico).
Esempio 2 Consideriamo adesso invece un sistema con T e P costanti, con
queste grandezze abbiamo come condizione all’equilibrio il minimo di G.
∆G = ∆U − T ∆S − S∆T + P ∆V + V ∆P
e come abbiamo visto prima dai due principi si ricava la condizione ∆G ≤ 0.
Quindi il potenziale migliore da scegliere per un’analisi è quello che ha il
minimo all’equilibrio termodinamico.
16
Cerchiamo ora di studiare quali sono i potenziali termodinamici che mi
stabiliscono se una parte di un sistema sia all’equilibrio termodinamiche col
resto del sistema o meno, Generalizzando quanto detto prima per il sistema
nel complesso.
Considerazione 1 Consideriamo due sistemi a temperatura T1 e T2 con
T 1 > T 2; supponiamo che siano separati da una membrana che ne impedisce
il flusso di calore. Se tolgo il vincolo i due sistemi raggiungeranno l’equilibrio
termodinamico (stessa temperatura).
Supponiamo che le variazioni in gioco siano piccole si ha: ∆S1 = − TQ1 e
∆S2 =
Q
T2
(essendo Q il calore assorbito) da cui si ricava:
1
1
∆S = ∆S1 + ∆S2 = Q
−
T2 T1
se è vero il principio di Clausius allora si ha Q > 0, 1/T1 > 1/T2 ⇒ ∆S > 0
Considerazione 2 Consideriamo adesso un sistema composto da un gas,
da due volumi V2 e V1 concentrici e separati da una membrana che constringe
il gas a stare inizialmente nel volume V1 . Quando togliamo la membrana il
sistema si espande. Supponendo di avere un gas perfetto, questo si espande
da V1 a V2 . Per cui avendo dU = T dS − P dV si ricava:
P
∂S Nk
=
=
∂V U
T
V
da cui si ottiene
V2
)>0
V1
Nel dire questo abbiamo fatto molte assunzioni implicite; il gas diventa
∆S = N kln(
omogeneo in V2 abbandonando la sua densità ρ senza fluttuazioni.Questa è
l’esperienza reale: se consideriamo le fluttuazioni il gas potrebbe anche contrarsi in V1 spontaneamente (il secondo principio ci dice che questo evento
potrebbe richiedere tempi maggiori della vita dell’universo). Se questo tipo di fluttuazioni non esistono in natura, esistono comunque delle piccole
fluttuazioni che determinano disomogeneità nella materia.
17
Il salto brusco dell’entropia avviene quando elimino la membrana, cioè
quado fornisco al sistema tantissimi stati addizzionali e configurazioni possibili. Non è quindi la probabilità del singolo stato a determinare la variazione
dell’entropia (che di per se è un infinitesimo) ma l’insieme di tutte le configurazioni possibili. Dalla termodinamica, per sua definizione, sono escluse
fluttuazioni. Possiamo considerare uno stato con dlle fluttuazioni come uno
stato di equilibrio con dei vincoli addizionali.
Dopo tali considerazioni passiamo a studiare il caso generale in cui ci sia
un sistema A’, abbastanza macroscopico da poter definire le grandezze termodinamiche, e una parte di tale sistema chiamata A, cosı̀ da poter studiare
le condizioni di stabilità riguardati solo una parte di un sistema. Bisogna
considerare, inolte, A’ come se fosse un bagno termico in cui è immerso A,
per cui il calore (Q) trasferito da A’ ad A è un infinitesimo per A’ e la
temperatura e la pressione del bagno termico sono costanti (pari a T0 e P0 ).
In un sistema isolato, in condizioni di equilibrio termodinamico, la variazione di entropia deve essere nulla. Il sistema A0 (che è la somma dei
due stistemi, A0 = A0 + A) è isolato, quindi all’equilibrio dovrebbe essere
∆S0 = 0; possiamo scrivere inoltre ∆S0 = ∆S 0 + ∆S ≥ 0. Se consideriamo che il bagno termico, metre cede calore al sistema A, non varia ne di
temperatura ne di volume possiamo scrivere ∆S 0 = − TQ0 e quindi possiamo
riscrivere il tutto come:
∆S0 = ∆S − −
1
Q
=
[∆ST0 − ∆U − P0 ∆V ] ≥ 0
T0
T0
dove abbiamo applicato il primo principio per sostituire Q in relazione al
sistema A.
Definiamo ora un potenziale A che contiene termini che si riferiscono sia
al sistema A che ad A’ (da non confondersi quindi con G, Energia libera
di Gibbs) come A = U − ST0 + VP0 ; questo ci permette di riscrivere la
condizione di equilibrio come − TA0 ≥ 0 quindi si ha una condizione di minimo,
all’equilibrio, per A. Scrivendo la variazione del nuovo potenziale troviamo
delle condizioni per la pressione e la temperatura, del sistema A, nel caso in
18
cui tutto il sistema sia in equilibrio:
∆A = ·U − T0 ·S + P0 ·V =
∂U
∆S
∂S
+
∂U
∆V
∂V
(1.23)
− T0 ∆S + P0 ∆V =
(T − T0 )∆S − (P − P0 )∆V
da questa equazione si ricava che all’equilibrio si deve avere P = P0 e T = T0 .
Per ricavare le condizioni di equilibrio appena trovate abbiamo studiato il
potenziale A attraverso la variazione prima di U, e abbiamo trovato l’equazione (1.23), studia ora lo stesso sistema ma attraverso la varizione seconda
dell’energia interna:
∆U =
∂U
∂S V
∆S +
∂U
∂V S
∆V +
1
2
∂T
∂S V
∆S 2 + 2
∂T
∂V
∆S∆V −
S
∂P
∂V
∆V 2
S
(1.24)
per cui si ha:
1
∂T
∂T
∂P
2
2
∆A =
∆S + 2
∆S∆V −
∆V
2
∂S V
∂V S
∂V S
la condizione di stabilità ci dice che ∆A ≥ 0. Si può notare come quella tra
parentesi quadre sia una forma quadratica nelle variabili S e V; dobbiamo
quindi imporre le condizioni che ce ne garantiscono la positività:







∂T
∂S V
∂P
∂V S
∂T 2
∂V S
>0
(1.25)
<0
<−
∂P
∂V
∂T
∂S V
S
Cerchiamo di comprendere meglio le condizioni che abbiamo trovato e
studiarle dal punto di vista fisico:
dalla prima condizione si ricava
CV = T
∂T
∂S
19
>0
V
dalla seconda, definendo la compressibilità isoentropica KS si ha
1 ∂V
KS = −
>0
V ∂P S
la condizione su CV ci dice che se forniamo calore ad un sistema esso deve
aumentare la sua temperatura, mentre quella su KS ci dice che se comprimo
un sistema allora la pressione deve necessariamente aumentare.
Da queste due codizioni possiamo predire quale deve essere l’andamento
di F in funzione della temperatura. Sappiamo che:
∂F
= −S < 0
∂T V
2 ∂S
∂ F
CV = T
= −T
>0
∂T V
∂T 2
(1.26)
quindi, date queste due condizioni, la curva che descrive F deve essere decrescente e con la concavità rivolta verso il basso. Se facendo dei calcoli si trova
un andamento convesso vuol dire che sono sbagliati i calcoli!
Cerchiamo di capire il senso fisico della terza condizione di stabilità; la
terza condizione espressa nella (1.25) può essere riscritta come:
∂T
∂V
2
+
S
∂P
∂V
S
∂T
∂S
<0
V
che può essere visto come il determinante di una matrice due per due:
<0
∂T
∂S V
∂P
∂S V
∂T
∂V S
∂P
∂V S
∂T
dove abbiamo usato le relazioni di Maxell per riscrivere − ∂V
coS
me ∂P
; quello che abbiamo trovato non è altro che lo Jacobiano della
∂S V
trasformazione per passare da dalle variabili T,P a S,V.
∂T ∂T
∂S V
∂(T,P )
∂(T,P )/∂(T,V )
∂V S =
= ∂(S,V )/∂(T,V ) < 0
∂(S,V )
∂P
∂P
∂S V
∂V
S
20
che possiamo riscrivere come rapporto di due determinanti
=
=0 T
=
∂S
∂S
∂T V
∂V T
∂V
∂V
=
0
=
1
∂T
∂V
∂P
⇒
<0
∂V T
∂T
=
∂T
∂P
∂T V
1
∂T
∂V
∂P
∂V
∂P
∂V
∂S
∂T V
T
(> 0)
<0
se definiamo la compressibilità isoterma KT come:
1 ∂V
KS = −
>0
V ∂P T
∂F
Sappiamo che per F vale la relazione ∂V
= −P (< 0)
T
⇒
∂2F
∂V 2
=−
T
∂P
∂V
(1.27)
>0
T
da cui possiamo ricavare l’andamento di F rispetto a V.
In definitiva, dalle condizioni di stabilità abbiamo ottenuto delle condizioni sul comportamento dei potenziali termodinamici e anche sui calori specifici
sia a volume che a pressione costante (CP > CV > 0 sempre, vedi pag 22).
Se vogliamo studiare le fluttuazioni del sistema, esse dovranno avere
∆A ≤ 0. A pag 17 abbiamo visto un esempio in cui la variazione di entropia
era positiva una volta che al sistema venivano date altre configurazioni in
cui potersi disporre; possiamo studiare il caso in cui ci sia una contrazione
spontanea del volume che faccia passare il sistema nella porzione di spazio
minore: per studiare questo processo devo imporre che ∆S sia minore di
zero. Vedremo nel prossimo paragrafo come sia possibile che il sistema si
contragga, considerando le fluttuazioni, anche se la probabilità che questo
avvenga è esponenzialmente decrescente con il numero di particelle.
21
Dimostrazione CV > CP
Consideriamo S(T,V) e S 0 (T, P ) = S(T, V (T, P )) allora
0
CP
∂S
∂S
∂S
∂V
CV
∂P
∂V
=
=
+
=
+
T
∂T P
∂T V
∂V T ∂T P
T
∂T V ∂T P
∂P usando la relazione (1.20) possiamo riscrivere ∂P
= − ∂V
e
∂T V
∂T P ∂V T
quindi sostituendo abbiamo:
CP
CV
=
−
T
T
∂V
∂T
2 P
da cui
CP = CV + R
22
∂P
∂V
T
1.5
Fluttuazioni termodinamiche
(Lez 19/01)
A partire dalla relazione trovata per il sistema A + A0 , ∆S0 = − ∆A
≥ 0,
T0
cerchiamo di introdurre le fluttuazioni attraverso l’introduzione di vincoli
aggiuntivi nell’ equilibrio termodinamico. Come si fa a calcolare le fluttuazioni? Bisogna ricordare che calcolare le fluttuazioni è come calcolare lo
squarto quadratico medio delle variazioni, quindi è necessario conoscere la
distribuzione di probabilità di tali grandezze, utilizziamo quindi la relazione di Boltzmann, tenendo conto della definizione di entropia come stato di
massimo disordine. Posso considerare che valga:
S = K ln(P )
dove P è il numero di configurazioni possibili.
P sarà la distribuzione di probabilità cercata. La relazione di Boltzmann
ci dice che pr un gas la probabilità di espandersi da V1 a V2 (V2 > V1 ) è
23
23
proporzionale a e10 mentre il vontrario (da V2 a V1 )è proporzionale a e−10 .
Dalla varizione seconda di ∆A si era ottenuto l’equazione (1.24). Per
calcolare lo scarto quadratico medio dobbiamo fare
R
(∆S)2 f (∆S, ∆V )d(∆S)d(∆V )
2
R
< (∆S) >=
f (∆S, ∆V )d(∆S)d(∆V )
Se riuscissi a fattorizzare la funzione di distribuzione avrei due distribuzioni gaussiano in ∆S e ∆V , ma cè il termine misto che non lo permette.
Questo termine dice che S e V non sono indipendenti e questo contributo è il
cosidetto termine ‘di correlazione’. Dalle relazioni di Maxwell posso vedere
che se prendo due grandezze, una intensiva e l’altra estensiva, il contributo
di correlazione scompare e posso fattorizzare la distribuzione di probabilità.
Posso riscrivere la relazione (1.24) come:
1
∂T
∂T
∆U =
∆S +
∆V ∆S
2
∂S V
∂V S
∂T
∂P
∆S −
∆V ∆V
+
∂S V
∂V S
23
che possiamo riscrivere come:
1
{∆T ∆S − ∆P ∆V }
2
∆U =
posso quindi scegliere una coppai qualunque di variabili indipendenti.
Prendo una variabile intensiva T e una estensiva V. Ottengo quindi:
1
∂S
∂S
∆U =
∆T +
∆V ∆T
2
∂T V
∂V T
∂P
∂P
−
∆T −
∆V ∆V
∂T V
∂V T
dove ho fatto la variazione di S e P rispetto a V e T.
I termini misti che compaiono si semplificano perchè uguali e di segno
opposto (dalle relazioni di Maxwell). Se avessi usato S e P invece di T e
V sarebbe successa la stessa cosa. ∆A diventa, quindi, la somma di due
variazioni quadratiche:
1
∆A =
2
CV
1
(∆T )2 +
(∆V )2
T
KT V
(1.28)
dove abbiamo riscritto parte dell’equazione attraverso le relazioni (1.26)
e (1.27).
Dato che questi termini quadratici hanno coefficienti positivi, quando
vanno a esponente ci dicono che: tanto più una fluttuazione è grande, tanto
meno è probabile. Se i coefficienti fossero stati negativi in .. (allora non
eravamo in condizioni di stabilità termodinamica) avrei avuto situazioni tanto
più probabili quanto più grandi erano le fluttuazioni (il che è un altro modo
per descrivere l’instabilità del sistema).
Se si prendono S e P:
1
∆A =
2
T
(∆S)2 + KS V (∆P )2
CP
se si calcola lo scarto quadratico medio per ∆V :
RR
(∆V )2 f1 (∆V )d(∆V )f2 (∆T )d(∆T )
2
R
R
< (∆V ) >=
f1 (∆V )d(∆V )f2 (∆T )d(∆T )
24
(1.29)
i termini uguali sono semplificabili in quanto fattorizzabili
R ∞ ax2 2
R ax2
e x dx
e xdx
2
= 0R ∞ ax2
=
< ∆x >= R ax2
e dx
e
dx
0
R∞ 2
1 0 ey y 2 dy
R∞
a 0 ey2 dy
e quindi si ha < ∆x2 >=
1
.
2a
Data una qualsiasi variabile con distribuzione gaussiana lo scarto quadratico medio è questo. Se applicchiamo questo ragionamento a < (∆V )2 >
ottengo:


< (∆V )2 >= KB KT T V ≈ V



 < (∆T )2 >= K T 2 /C ≈ 1/V
B
V
2

< (∆S) >= KB CV ≈ V




< (∆P )2 >= KB T /KS V ≈ 1/V
Nota: Per le fluttuazioni delle grandezze intensive si ha un andamento come
1
V
, per le fluttuazioni delle grandezze estensive si ha un andamento come V.
Per un sistema termodinamico il rapporto tra la radice dello scarto qua-
dratico medio di una grandezza e il suo valor medio va a zero per V e N che
vanno all’infinito, che rappresenta una forma di teorema del limite centrale.
Quindi nel limite termodinamico (cioè V e N → ∞)le fluttuazioni di una
grandezza sono trascurabili rispetto alla grandezza stessa.
25
1.6
Diagramma di fase di una sostanza semplice e termodinamica delle fasi (Lez 22/01)
A partire dalle fluttuazioni di volume abbiamo le fluttuazioni di densità:
ρ=
∆V
∆ρ
N
⇒
=−
V
V
ρ
ρ2
ρ2
⇒< (∆ρ)2 >= 2 < (∆V )2 >= 2 KT KT
V
V
p
< (∆ρ)2 >
1
1
≈ √ ≈ √ →0
ρ
V
N
se N/V =cost.
Cosa succede se mi avvicino ad un punto critico del sistema? Riportiamo
il diagramma di fase:
Nel punto critico (p.c.) si perde la distinzione tra liquido e gas. Questo
se utilizziamo P e T nel grafico (grandezze estensive).
Se invece uso P e V, una intensiva e una estensiva, ottengo:
1. la pressione decresce nella fase liquida
2. zona di discontinuità (transizione di fase)
3. la pressione decresce nella fase gassosa
Il p.c. è caratterizzato dal fatto che:
2 ∂P
∂ P
T = TC ) = 0 =
T = TC )
∂V (
∂V 2 (
Il punto critico è un punto in cui le fluttuazioni stanno andando a ∞ e il
sistema sta diventando instabile
1.6.1
Coesistenza di fase
Quali sono le condizioni che caratterizzano le coesistenze di due o più fasi? Quando ci si trova lungo la curva di coesistenza, ho due soluzioni della
grandezza intensiva per l’ equazione di stato
v = v(P, T )
26
(1.30)
Considero il volume globale medio come:
v=
Vl + Vg
Nl v l + Ng v g
V
=
=
= αvl + (1 − α)vg
N
N
N
dove Nl /N è la frazione di particelle nella fase liquida e (1 − α) = Ng /N è
la parte di particelle nella fase gassosa. Cerchiamo ora quali sono le condizioni
che garantiscono la coesistenza di due fasi:
G(P, T )
= µ = αµ1 (T, P ) + (1 − α)µ2 (T, P )
N
(1.31)
Per avere la condizione di equilibrio lavoro con G e derivo rispetto ad α
(minimizzando il potenziale termodinamico) e ottengo µ1 = µ2 .
Se vogliamo ricavare queste condizioni in generale supponiamo di prendere
un sistema isolato, quindi possiamo imporre delle condizioni sulla variazione
di alcune grandezze:
δS = 0 δN = 0 δU = 0 δV = 0



 v = αv1 + (1 − α)v2
u = αu1 + (1 − α)u2


 s = αs + (1 − α)s
1
2
(1.32)
⇒ δv = αδv1 + (1 − α)δv2 + (v1 − v2 )δα = 0
⇒ δu = αδu1 + (1 − α)δu2 + (u1 − u2 )δα = 0
⇒ δs = αδs1 + (1 − α)δs2 + (s1 − s2 )δα = 0
Ricordiamo che: Ti δSi = dui + Pi δvi , usando il primo principio della
termodinamica si ha:
δs = 0 = α
δu1 + P1 δv1
δu2 + P2 δv2
+ (1 − α)
+ (s1 − s2 )δα = 0
T1
T2
Dato che le variazioni devono essere arbitrarire, per avere una condizione
generale, devo scrivere δv2 in funzione di δv1 (o il contrario) in modo da avere
il tutto riferito al sistema 1 (o 2):
δs = α
δu1 + P1 δv1 (u2 − u1 )δα − αδv1 + P2 (v2 − v1 ) − αδv1 P2 − (s1 − s2 )δalpha
+
=0
T1
T2
dove ho esplicitato e sostituito (1 − α)δv2 e (1 − α)δu2 a partire dal sistema
(1.32). Adesso prendiamo le varizioni relative alle stesse grandezze:
δs = α(
1
1
P1 P2
u1 + P2 v 1
u2 + P2 v 2
− )δu1 + α( − )δv1 + δα[(s1 −
− s2
)]
T1 T2
T1
T2
T2
T2
27
questo termine si deve annullare per qualiasi varizzione di δα,δu e δv1 , allora
ottengo le condizioni di equilibrio generale per due fasi dello stesso sistema:
Come si costruisce il diagramma di fase? Il potenziale chimico rappresenta l’energia di Gibbs per particella. All’ equilibrio tale energia deve essere
minima. Nello spazio delle fasi avrò delle superfici che si intersecano in delle
linee (in cui posso mettere, a parità di energia libera di Gbbs, le due fasi).
Nelle zone di coesistenza le due energie libere sono uguali, in altre zone la
curva è più alta per il sistema più instabile. I diagrammi di fase sono le proiezioni di queste curve. Gli angoli tra le curve di coesistenza devono essere
tali per cui il prolungamento della curva di coesistenza tra due fasi deve finire
nella zona si stabilità della terza.
La curva di coesistenza tra due fasi non può finire nella zona di stabilità
di nessuna delle due perchè l’ energia libera di una delle due dovrebbe essere
allo stesso tempo uguale e maggiore dell’ altra. Dovrebbe quindi finire, per
prolungamento, nella zona di stabilità del liquido per la curva rossa, in cui
l’energia libera del solido e del gaso sono maggiori di quella del liquido (per
cui è minima perchè la fase è stabile).
1.6.2
Cenni sul diagramma di fase
g = G(P, T )/N
g1 = g2
∂g
∂P T
∂2g
∂P 2
∂2g
∂T 2
=
T
∂g
∂T P
=v
∂v
∂P T
<0
= −s < 0
=−
P
28
∂s
∂T P
<0
Anche per l’ energia libera di Gibbs le condizioni di stabilità si manifestano come condizione sulla concavità della curva. Cominciamo a studiare il
diagramma di fase nel caso T costante.
• gas/liquido: le due g devono coincidere nel punto di coesistenza (gl =
ggas ), allora sulla curva di coesistenza prima deve essere gl > ggas , poi
gl = gs , poi gl < gs . La g varia con v allora
∂gl
∂P
= vl e quindi deve
essere vg > vl durante la transizione.
• liquido/solido: deve succedere che sia vl > vs . Questo, però, non è
sempre vero, come nel caso dell’ acqua. Quindi ci sarà la pendenza che
deve cambiare; ottengo quindi vs > vl . Quindi la pendenza cambia a
seconda che sia vl maggiore o minore di vs
Mentre la pendenza delle altre curve di coesistenza non può cabiare.
Qual’è l’equazione che regola la pendenza delle curve di coesistenza?
g1 = g2
⇒
∂g1
∂T P
dT +
∂g1
∂P T
dP =
∂g2
∂T P
dT +
∂g2
∂P T
dP
⇒ (s2 − s1 )dT = (v2 − v1 )dP
⇒
dP
dT
= (s2 − s1 )/(v2 − v1 ) =
l
1
T (v2 −v1 )
deve l è il calore che si ha nel passagio da liquido a gas o viceversa.
Se stiamo trattando la curva di coesistenza tra liquido e gas allora (v2 −
v1 ) > 0 sempre quindi
solido e liquido
1.6.3
dP
dT
dP
dT
> 0 sempre. Metre per la curva di coesistenza tra
dipende dal segno di (v2 − v1 ).
Generalizzazione della regola delle fasi
Finora abbiamo studiato le condizionisu una singola specie. Le tre curve
distintamente si intersecano nel ‘Punto Triplo’ in cui tutti i potenziali chimici
29
sono uguali.
Consideriamo il caso in si abbiano r specie chimiche e q fasi. Dovremmo
imporre un numero di equazioni pari a: r(q − 1). Nel caso precedente era
1(3 − 1) = 2 equazioni.
Quante incognite abbiamo?
• P e T devono essere uguali per tutte le specie in tutte le fasi.
• ci sono tante incognite qunte sono le densità indipendenti: (r − 1)q + 2
incognite.
Quindi l’incontro averrà lungo una curva con un numero di variabili pari
a:
(r − 1)q + 2 − r(q − 1) = r + 2 − q
infatti per r = 1 e q = 3 (caso 3 fasi e 1 specie) il punto di intersezione ha
grado zero (punto triplo).
Le curve di coesisitenza possono esistere anche tra due fasi solide (tipo
grafite e diamante). Il diamante è, però, una fase instabile quindi non entriamo in contradizione con la termodinamica se assorviamo che coesistono
tranquillamente grafite e diamante nelle stesse condizioni.
30
Capitolo 2
Meccanica Statistica Classica e
Quantistica
2.1
Distribuzione di Maxwell
(Lez 24/01)
L’ evoluzione della meccanica statistica ha avuto inizio con il tentativo di
studiare le distribuzioni di probabilità per un sistema all’ equilibrio. Si tentava di scrivere leggi macroscopiche a partire dagli elementi costitutivi del
sistema. Nacque cosı̀ la Teoria Cinetica dei Gas.
Come ricavare l’equazione di stato dei gas perfetti a partire da un gas di
punti materiali?
Supponiamo che il gas sia un cubo di lato l. Scriviamo la pressione:
P =
q
st
dove q è la qunatità di moto s la superficie e t il tempo. Se le pareti sono
perfettamente riflettenti (cioè nel caso di urto elastico) allora so calcolare
q. Considero che tutte le particelle si muovano in fasci che vanno ad urtare
perpendicolarmente la superficie. La frazione di particelle che colpisce una
parete nel tempo δt è:
1 cδt
N
6 l
dove c δt rappresenta lo spazio percorso dalle particelle, quindi possiamo
31
riscrivere la pressione come
P =
1 cδt 2mc
2 1
1
N 2 =
(N mc2 )
6 l
l δt
3 2
V
da cui si ricava la legge di Boyle:
2
P V = ET OT
3
Siamo partiti da un gas di particelle non interagenti ed abbiamo ottenuto
tramite le leggi del moto un risultato macroscopico. L’ipotesi di partenza
però è assurda: abbiamo ipotizzato che tutte le particelle abbiamo la stessa
velocità.
Maxwell riesce a compiere un grande passo avanti introducendo una distribuzione delle velocità.
Maxwell assume che le componenti delle velocità, vx ,vy ,vz , sono indipendenti ed identiche. Inoltre che la distribuzione di probabilità di tali velocità
dovesse avere la proprietà f (α) = f (−α).
Ripetiamo il discorso fatto precedentemente:
vi δt
N
l
in questo caso è la
frazione di particelle che urtano la superficie e quindi
Z
Z ∞
2N +∞ 1 2
2N mvi2
vi δt 2mvi
N 2 dvi =
mv f (vi )dvi =
P =
l
l δt
V −∞ 2 i
V
2
0
Dato che il sistema è omogeneo e isotropo, posso sostituire vi2 componente
con vx2 + vy2 + vz2 sommando queste tre e dividento il tutto per 3:
2 N mv 2
P =
3 V
2
e ritroviamo nuovamente la legge di Boyle.
Maxwell fece anche un’altra ipotesi sulle funzioni di distribuzione:
f (vx )f (vy )f (vz )dvx dvy dvz = Φ(vx2 + vy2 + vz2 )dvx dvy dvz
cioè il prodotto delle distribuzioni sulle singole velocà diventi la distribuzione
della somma delle velocità, da questo si ricava che le distribuzioni devono
essere in forma esponenziale.
2
f (vi ) = Ae−Bvi ⇒ Φ = A3 e−Bv
32
2
2.2
Equazioni di Botzmann
Boltzmann è andato avanti nella teoria ed ha studiato come si evolve la generica distribuzione di probabilità nel tempo a causa degli urti tra particelle.
Mostreremo inoltre come all’equilibrio, dopo un tempo sufficentemente lungo,
la generica funzione f(v,t) tenda alla distribuzione di Maxwell.
Considerizmo un gas, in cui gli urti tra particelle siano elastici. Il gas è
fatto da sfere dure non penetrabili di massa m e diametro a.
Facciamo delle ipotesi
• 1a ipotesi: ci sono solamente urti binari. Se il gas è sufficientemente
diluito questa ipotesi è facilmente soddisfatta.
• 2a ipotesi: è detta ipotesi di ‘ caos molecolare’ e richiede che:
f (2) (v1 , v2 , t) = f (v1 , t)f (v2 , t)
dove la prima è la probabilità che v1 sia in dv1 e v2 in dv2 contemporaneamente, metre la seconda che la particella 1 sia nell’intorno di dv1
e la 2 nell’inrno di dv2 .
Con queste ipotesi richiediamo che le particelle siano indipendenti. Vedremo
che usando le equazioni della meccanica, reversibili nel tempo, introdurremo
l’irreversibilità, per cui la funzione di probabilità tende a quella di Maxwell
all’equilibrio. L’ipotesi numero due comporta quest’irreversibilità, perchè è
un ipotesi di natura probabilistica che non ha a che fare con la meccanica.
f (v, t)d3 v La varizione di tale greandezza è data dal guadagno netto (guadagno meno perdita) dovuto agli urti. Per gli urti alcune particelle entrano
in d3 v e altre ne escono:
∂f
= nin − nout
∂t
mettiamoci nel sistema di riferimento della particella 1; g sia il vettore di
velocità relativa g = v2 − v1
La particella 2 entra in collisione con la particella 1 qunado il suo centro
si trova nella sfera d’azione.
33
g 0 = v20 − v10
π−θ
2
I due angoli valgono entrambi α perchè l’urto è elastico.
α=
b = a sin(α) = a sin(
π−θ
) = a cos(θ/2)
2
Dobbiamo calcolare il cosiddetto cilindro di impatto, per vedere quante
particelle urtano la 1 nell’unità di tempo.
Visto in prospettiva la porzione di spazio che ci interessa ha questa forma
e il volume di pazio che ci interessa si può scrivere:
b dϕdb g δt
che possiamo riscrivere come
b dϕ
db
dθ g δt =
dθ
a
θ
sin( ) dϕ dθ g δt =
2
2
θ a
θ
= a cos( ) sin( ) dϕ dθ g δt =
2 2
2
a2
a2 1
sin(θ) dϕ dθ g δt = dΩ g δt
=
2 2
4
= b dϕ
dove
a2
4
è la sezione d’urto per sfere dure; dal risultato ottenuto possiamo
riscrivere il numero di particelle uscenti dal volume d3 v1 :
a2
nout d v1 =
4
3
Z
dΩ |(v2 − v1 )| f (2) (v2 , v1 , t)d3 v2 d3 v1
(2.1)
per ottenere nin devo scambiare solo v1 e v2 con v10 e v20 in modo che nel
calcolo precedente considere le particelle che entrano in d3 v e non quelle che
escono:
a2
nin d v1 =
4
3
Z
dΩ |(v20 − v10 )| f (2) (v20 , v10 , t)d3 v20 d3 v10
34
(2.2)
Quello che si è trovato mostra come
∂f
∂t
dipenda da f (2) , usando la seconda
ipotesi formulata precedentemente possiamo ovviare a questa difficoltà. Per
rimediare alla diversità delle variabili uso le caratteristiche degli urti elastici:
1. v1 + v2 = v10 + v20 (conservazione impulso)
2. v12 + v22 = v102 + v202 (conservazione energia)
la prima condizione può essere riscritta facendo i quadrati dei due termini,
sviluppandoli e semplificando i termini uguali che compaiono anche nella
seconda si ottiene cosı̀:
v12 + v22 + 2v1 v2 cos(θ) = v102 + v202 + 2v10 v20 cos(θ0 )
da cui si ricava che:
g = |v1 − v2 | = |v10 − v20 | = g 0
la trasformazione che porta il sistema da v1 v2 a v10 v20 è detta ortogonale, per
cui:
d3 v1 d3 v2 = d3 v10 d3 v20
a2
nout d v1 =
4
Z
a2
nin d v1 =
4
Z
3
3
dΩ |(v2 − v1 )| f (v2 , t)f (v1 , t)d3 v2 d3 v1
dΩ |(v2 − v1 )| f (v20 , t)f (v10 , t)d3 v2 d3 v1
usando una notazione per cui f (vi , t) = fi , f (vi0 , t) = fi0 si può scrivere l’
’Equazione di Boltzmann‘ :
∂f
a2
= nin − nout =
∂t
4
2.2.1
Z
dΩ g(f10 f20 − f1 f2 )d3 v2 d3 v1
(2.3)
Generalizzazioni
Una generalizzazione dell’equazione appena ricavata si può ottenre considerando la funzione f dipendente anche da r, cosı̀ facendo, per un incremento di
35
F
t si deve screvere r +vδt e v + m
δt, si ottiene cosı̀ che il rapporto incrementale
nel tempo assume la forma:
∂f
F
+ v ∇r f + ∇v f
∂t
m
che va sostituita al posto di
∂f
.
∂t
Un’altra generalizzazione è non considerare sfere dure ma elementi qualsiasi. In questo caso la sezione d’urto non è più a2 /4 ma σ(g, θ) sezione d’urto
differenziale.
36
2.3
Teorema H
(Lez 26/01)
Nel precedente paragrafo abbiamo ottenuto l’equazione di Boltzmann:
Z
∂f
a2
= nin − nout =
dΩ g (f10 f20 − f1 f2 )d3 v2 d3 v1
∂t
4
si ha una condizione di equilibrio se
∂f
∂t
= 0 quindi si ricava la condizione
sufficiente:
f10 f20 = f1 f2
Definiamo la funzione H in questa forma:
Z
H(t) = d3 v f (v, t) ln f (v, t)
(2.4)
(2.5)
Se f soddisfa l’equatione di Boltmann (2.3), ne segue che
∂H
≤0
∂t
Si vede immediatamente che se ci si mette nella condizione di equilirio si
ha:
Z
∂H
∂f
= d3 v
(1 + ln f (v, t)) = 0
(2.6)
∂t
∂t
anche questa condizione risulta necessaria per avere l’equilibrio. Se si
dimostra che la (2.6) implica la (2.4) allora si dimostra che la (2.4) oltre che
sufficiente è anche necessaria.
2.3.1
Dimostrazione Teorema H
Z
∂f1
∂H
= d3 v1
(1 + ln f1 (v, t)) =
∂t
∂t
Z
Z
3
3
d v1 d v2 I(g, θ) dΩ g (f10 f20 − f1 f2 )(1 + ln f1 (v, t))
dove ho sostituito la (2.3) in (2.6) tenendo presente la sezione d’urto
differenziale del sistema.
37
• La I e la g dipendono solo dal modulo |v1 − v2 | quindi se scambio v1
con v2 non succede nulla, cambio solo il termine logaritmico. Quindi,
sostituento, sommando i termini della nuova uguaglianza ottenuta e
dividendo per due si ha:
Z
Z
∂H
1
3
3
=
d v1 d v2 I(g, θ) dΩ g (f10 f20 − f1 f2 )(2 + ln(f1 f2 ))
∂t
2
• Lo scattering da v1 v2 a v10 v20 implica la stessa trasformazione ortogonale
che abbiamo incontrato nella trattazione dell’equazione di Boltzmann
quindi, ricordando le condizioni su g e sui differenziali delle velocità, si
ottiene che:
∂H
1
=
∂t
2
Z
3
Z
3
d v1 d v2 I(g, θ)
dΩ g (f1 f2 − f10 f20 )(2 + ln(f10 f20 ))
Sommo l’ultima uguaglianza trovata alla precedente espressione e divido
per due:
1
∂H
=
∂t
4
Z
3
3
Z
d v1 d v2 I(g, θ)
dΩ g (f1 f2 − f10 f20 )(ln(f10 f20 ) − ln(f1 f2 ))
vediamo come quest’espressione non è mai positiva:
• se f1 f2 > f10 f20 allora (f1 f2 − f10 f20 ) > 0 e ln(f10 f20 ) − ln(f1 f2 ) < 0
• se f1 f2 < f10 f20 allora (f1 f2 − f10 f20 ) < 0 e ln(f10 f20 ) − ln(f1 f2 ) > 0
quindi il prodotto dei due termini è sempre negativo e si annulla se:
f10 f20 = f1 f2
Si è costruito una funzione, H, che ha una freccia nel tempo quindi si è
perso di reversibilità. Che cosa comporta la condizione appena trovata?
Sia f0 la funzione all’equilibrio:
f0 (v1 )f0 (v2 ) = f0 (v10 )f0 (v20 )
⇒ ln(f0 (v1 )) + ln(f0 (v2 )) = ln(f0 (v10 )) + ln(f0 (v20 ))
38
quest’ultima condizione pu’‘o essere vista come una legge di conservazione
prima e dopo l’urto. Bisogna quindi poter esprimere il ln(f0 (v)) in funzione
delle sole grandezze conservate, cioè energia ed impulso.
ln(f0 (v)) = ln(A) − B(v − v0 )2
⇒ f0 (v) = Ae−B(v−v0 )
2
che è la distribuzione delle velocità di Maxwell. A B e v0 sono costanti da
determinare attraverso la normalizzazione e tenendo presente le regole di
conservazione di energia ed impulso. Per questo si rimanda alle appendici
3.4.
39
2.4
Teorema di Liouville
(Lez 29/01)
sec:TeoremaDiLiouville
Andiamo a discutere i paradossi a cui ci porta l’equazione di Boltzmann:
• a partire da equazioni reversibili nel tempo, si è introdotta una linea
temporale
• il teorema H viola il Teorema di Poincarè, in base al quale un sistema
meccanico limitato, dopo un tempo t < ∞ , tornerà infinitamente
vicino al punto da cui è partito.
Se studiamo lo spazio delle fasi Γ a 6N dimensioni l’evoluzione della
configurazione macroscopica del sistema è regolata dalle equazioni del moto:
Per ognuna di queste equazioni la soluzione, per il teorema di esistenza
ed unicità, è una traiettoria nello spazio delle fasi che non interseca in alcun
momento tutte le altre. Dimostriamo in quest’ambito il Teorema di poincarè
a partire dal Teorema di Liouville
Teorema di Liouville
Nello spazio delle fasi Γ introduciamo l’elemento di volume infinitesimo
dΓ = d3N p d3N q, in modo tale che, introdotta ρ densità di stati, sia
ρ(q, p, t) d3N p d3N q
il numero di punti rappresentativi dello stato del sistema al tempo t.
Ognuno di questi punti si evolve con un vettore velocità ~v a 6N componenti: 3N pari a q˙i e 3N pari a ṗi .
Un punto rappresentatito del sistema dovrà muoversi nello spazio delle
fasi su una superficie ad energia costante (ricordiamo che il sistema meccanico
considerato è isolato). Dato, tuttavia, che esiste sempre un’incertezza di
misura su ogni grandezza fisica,cosı̀ come sull’energia, si avrà:
E ≤ H(pi , qi ) ≤ E + ∆E
40
Il teorema di Liouville concretizza il fatto che nell’ evoluzione del sistema
non si possono nè creare nè distruggere punti rappresentativi. Dovrà perciò
esistere un’equazione di continuità analoga a quella conosciuta per i fluidi.
∂ρ ~
+ ∇(ρ~v ) = 0
∂t
(2.7)
~ è il gradiente nello spazio a 6N dimensioni e si scrive come:
∇
~ =
∇
∂
∂
∂
∂
,...,
,
,...,
∂p1
∂p3N ∂q1
∂q3N
Di conseguenza si ha:
~ v ) = ∇ρ~
~ v + ρ div(~v ) =
− ∂ρ
∂t = ∇(ρ~
Pi=1 ∂ρ
3N
∂pi ṗi
+
∂ρ
∂qi q˙i
+ρ
Pi=1 ∂ p˙i
3N
∂pi
+
∂ q˙i
∂qi
e visto che il termine dentro la seconda sommatoria è nullo, si ottiene la
derivata totale di ρ rispetto al tempo:
dρ
=0
(2.8)
dt
Il sistema che abbiamo considerato si evolverà in una parte di spazio di
spessore ∆E; consideriamo un elemento di volume sufficienetemente piccolo
in Γ, chiamiamolo V. V sarà talmente piccolo che al suo interno si può considerare ρ costante. Sia ∆N il numero di punti rappresetativi in V. Studiamo
la variazione di tali punti nel tempo:
Z
Z
d∆N
d
= ρ
dV + ρ f racddt
dV = 0
dt
dt
Γ
Gamma
in quanto i punti rappresentativi non possono essere ne creati ne distrutti,
quindi anche il volume deve mantenersi costante; definiamo quindi una misura invariante durante l’evoluzione V (t = 0) = V (t), scrivo l’elemento di
41
volume come:
Z
Z
du dσ =
A
du dσ
A(t)
dove dσ è l’ elemento disuperficie e du è la normale alla superficie a H
costante; quindi si ottiene
~
∇H
d~s = ∆E
∆E
⇒ du = ~ ∇H
Z
Z
Z
⇒
du dσ =
du dσ = ∆E
A
A(t)
A(t)
dσ
~ ∇H osservando che ∆E è costante posso definire una misra invariente nel tempo:
Z
dσ
µ(A) = ν(A(t)) =
~ A(t) ∇H
Una dimostrazione più rigorosa a partire da questa definizione di misura
si pu’‘o trovare nell’ appendice del Thompson.
2.5
Teorema di Poincarè
Andiamo ad usare i risultati ottenuti per dimostrare il teorema di Poincarè.
Supponiamo che A sia un insieme di punti ad H costante e B è l’insieme
dei punti che lasciano A nell’evoluzione. Dimostriamo per assurdo.
Supponiamo che sia µ(B) una misura finita. Costruiamo una sequenza
per gli evoluti di B:
B, B1 , B2 , . . . , BK
tutti distati t. Se si aspetta un tempo t sufficientemete grande in modo che
tutti i punti di A lascino l’insieme allora:
µ(B ∩ B1 ) = 0
(2.9)
inq uanto inizialmente B ⊂ A. In base all’ univocità delle’ equazione del
moto, le traiettorie dei punti rappresentativi non possono intersecarsi. Dalla
(2.9) segue che per tutti gli evoluti di B vale questa proprietà.
42
µ(Bn ∩ Bn+k ) = 0 perchè se Bn e Bn+k hanno un punto in comune lo
avrebbero anche Bn−1 e Bn+k−1 e, retrocedendo, anche B e B1 e quindi i
punti tornerebbero in A.
Dato il teorema di Liouville:
µ(B) = µ(B1 ) = µ(B2 ) = . . . = µ(Bn )
tutti gli evoluti di B si evolvono sulla suferfice ad H costante. Ma abbiamo
supposto µ(B) finito. Tutti i punti di B, quindi, vanno a ricoprire la superficie
a E costante perchè B ha misura finita. La somma delle misure sta andando
a ∞. L’unico modo per uscire da questa contraddizione è avere µ(B) = 0.
Questo significa che per ogni punto che esce da A, prima o poi deve rientrarci
(cioè non deve appartenere a B).
Il teorema di Poincarè ci dice che il sistema è semiperiodico.
N OT A : Il sistema meccanico era finito quindi la superficie in Γ deve essere
finita, cosı̀ come il suo volume. Ecco perchè entro in contraddizione.
Il teorema di Poincarè entra in contraddizione con il teorema H di Boltzmann, apparentemente. In quanto per osservare il fenomeno descritto
da Poincarè bisogna aspettare tempi che sono dello stesso ordine di quelli
osservati per ottenere la contrazione spontanea di un gas.
2.6
Caos Molecolare e Modello di Kac
[2] par.
1.9 (Lez 02/02)
Tramite questo semplice modello, possiamo vedere come un’ipotesi simile
a quella di caos molecolare possa portare all’irreversibilitá temporale che
avevamo incontrato nel Teorema H a partire dalle equazioni di Boltzmann.
Il modello di Kac é costituito da un cerchio su cui si riportano n punti
equispaziati, m dei quali sono crociati. Distribuite sul cerchio, tra un punto
e l’altro, vi sono delle palline (una per intervallo), alcune bianche ed altre
nere. Indicheremo con:
• Nw : numero di palline bianche (White)
43
• Nb : numero di palline nere (Black)
Perció potremo scrivere che vale:
n = Nw (t) + Nb (t)
Le leggi del moto che regolano l’evoluzione di questo semplice sistema sono
tali per cui se una pallina attraversa un punto non crociato, resta invariata;se invece attraversa un punto crociato, cambia colore. Una tale dinamica
non serve ad altro se non a simulare gli urti tra le particelle visti nel caso
dell’equazione di Blotzmann.
Indiachiamo con:
• nw : numero di palline bianche con un punto crociato davanti
• nb : numero di palline nere con un punto crociato davanti
La legge di conservazione del numero di particelle prima e dopo l’urto ci
dice che vale:
m = nw (t) + nb (t)
Quindi si avrá per le equazioni del moto:
Nw (t + 1) = Nw (t) + nb (t) − nw (t)
Nb (t + 1) = Nb (t) + nw (t) − nb (t)
Date queste equzioni, istante per istante posso conoscere la configurazione
esatta del sistema (note le posizioni dei punti crociati.
Notiamo che il sistema é periodico (dopo n giri torn tutto come all’istante
iniziale) e invariante per inversione temporale: questa é proprio la situazione
che si aveva all’inizio della trattazione dell’equazione di Boltzamnn.
Supponiamo di non interessarci alla configurazione particolare istante per
istante, ma al compprtamento medio del sistema. Per poterlo fare devo
introdurre una distribuzione di probabilitá e studiare il valore medio Nb −Nw .
Ci riproponiamo di dimostrare, con quest’analisi, che, sotto ipotesi simili a
44
quelle di caos molecolare e dopo un tempo arbitrariamente lungo, il sistema
raggiunge l’equilibrio perdendo la sua periodicitá e diventando irreversibile
dal punto di vista temporale. Per farlo seguiremo due strade:
1. Studiamo il problema dal punto di vista macroscopico introducendo
un’ipotesi simile a quella di caos molecolare e facendo un procedimento
simile a quello di limite termodinamico; osserveremo che dopo un tempo
t < T , dove T é il periodo, si raggiunge l’equilibrio e si ha Nw ≈ Nb .
2. Definiamo esplicitamente le variabili microscopiche e calcoliamo i valori
aspettati di Nb ed Nw .
Caso (1) Per fattorizzare la distribuzione di probabilità in due contributi
scorrelati, facciamo un’ipotesi simile a quella di caos molecolare: la probabilità che una pallina abbia un certo colore, non dipende dal fatto che abbia
un punto segnato o meno davanti. In quest’ipotesi si potrà scrivere:
m
n
m
nb (t) = Nb (t)
n
Supponiamo, inoltre, che il campo forzante in cui si trovano le palline non
nw (t) = Nw (t)
sia eccessivamente forte al punto da riuscire a far cambiare colore a più della
metà delle palline. Se non facessimo questa richiesta, semplicemente si impiegherebbe più tempo per raggiungere l’equilibrio (nell’ambito della trattazione
di Boltzmann quest’ ipotesi equivale a chiedere che il gas sia sufficientemente
rarefatto perchè il numero di urti non sia elevato). Ipotizzeremo quindi che
sia m/n < 1/2 e otteniamo:
Nb (t) − Nw (t) = Nb (t − 1) − Nw (t − 1) + 2nw (t − 1) − 2nb (t − 1) =
[Nb (t − 1) − Nw (t − 1)](1 − 2µ)
45
dove si è posto µ =
m
.
n
In quest’equazione si ha la differenza tra il numero
di palline nere e quelle bianche all’istante t in funzione di quelle all’istante
t − 1. Se procediamo a ritroso fino all’istante iniziale otteniamo:
Nb (t) − Nw = [Nb (0) − Nw (0)](1 − 2µ)t
Dato che µ < 1/2 al limite t → ∞ questa differenza tende a zero. Come
si voleva dimostrare, si raggiunge l’equilibrio; inoltre questo avverrò tanto
più velocemente quanto più µ ≈ 1/2.
Dato che il sistema è periodico di periodo n, mandare t → ∞ equivale
a fare n → ∞, cioè una sorta di limite termodinamico, quindi ottenere un
sistema macroscopico.
Caso (2) Andiamo a ricavare le relazioni per t che tende a infinito di
Na (t) = Nb (t), studiamo il processo dal punto di vista microscopico (facendo
dei processi di media). Introduciamo l’ analogo delle variabili microscopiche
per il modello di Kac.
n
j = +1 → se il punto non è segnato − 1 → se il punto è segnato

+1 → se tra Pj−1 e Pj la pallina è nera a t
ηj (t) =
−1 → se tra P
j−1 e Pj la pallina è bianca a t
Scriviamo l’ equazione del moto:
ηj (t) = j−1 ηj−1 (t − 1)
quest’ equazione del moto è iteratica quindi si arriva a scrivere:
j−1 j−3 j−3 . . . j−t ηj−t (0) = ηj (t)
quindi, noto il colore della palina all’ istante zero e date le posizione dei punti
segnati conosco ηj (t).
46
Quest’ equatione è esatta, punto per punto, non è globale come quella
scritta per il caso precedente.
E se si volesse conoscere il comportamento medio globale? Attraverso le
nuove variabili possiamo ricavare le vecchie Nb (t) e Na (t).
Nw (t) =
Nb (t) =
Pn
1
ν=1 [1 − ην (t)]
2
P
n
1
ν=1 [1 + ην (t)]
2
)
Nb (t) − Nw (t) =
n
X
etaν (t)
ν=1
Sostituiamo le equazioni del moto e abbiamo:
Nb (t) − Nw (t) =
n
X
etaν (t) =
ν=1
n
X
ν−1 ν−2 . . . ν−t ην−t (0)
(2.10)
ν=1
Finora non abbiamo fattonessuna approssimazione. Andiamo a studiare
il comportamento in media, introducendo cosı̀ argomenti probabilistici
hNb (t) − Nw (t)i =
n
X
hν−1 ν−2 . . . ν−t i ην−t (0)
(2.11)
ν=1
L’ idea è di considerare tutte le posizioni dei punti equiprobabili. Quindi
il prodotto di t valori si nella (2.11) sarà indipendente dal punto di partenza.
hNb (t) − Nw (t)i = h1 2 . . . t i [Nb (0) − Nw (0)]
(2.12)
dove abbiamo usato la relazione (2.10) applicata a hNb (0) − Nw (0)i.
La distribuzione di probabilità che si ottiene è una distribuzione binomiale.
(
µ=
m
:
n
probabilità che il punro sia segnato
1 − µ: probabilità che il punto non sia segnato
La probabilità che ci siano s punti segnati su t è:
P (s, t) = µs (1 − µ)t−s
47
t!
s!(t − s)!
(2.13)
Se abbiamo s punti segnati, il prodotto delle in (2.12) vale:
h1 2 . . . t i =
s=0
X
(−1)s P (s, t) =
t
s=0
X
t
µs (1 − µ)t−s
t!
= (1 − 2µ)t
s!(t − s)!
Che è la somma del coefficiente binomiale. Quindi possiamo riscrivere:
hNb (t) − Nw (t)i = (1 − 2µ)t [Nb (0) − Nw (0)]
(2.14)
che tende a zero per t che tende ad infinito perchè µ < 1/2.
Per ottenere questo risultato abbiamo supposto due cose:
1. i punti segnati sono equivalenti
2. ci si trova nel limite termodinamico
raggiungere l’ equilibrio non significa che spariscono le fluttuazioni, ma
solo che al crescere di misure fatte, diminuiscono.
Se consideriamo un gas preparato a caso, il sistema, compatibilimante
con le condizioni richieste, tende alla distribuzione di Maxwell-Boltzmann.
Studiamo un sistma caratterizzato dalle variabili P = (q1 . . . q3N ; p1 . . . p3N )
nello spazion Γ di dimensione 6N. Il punto P si evolve secondo le equazioni di
Hamilton. Cerchiamo di concretizzare quest’idea: il sistema macroscopico è
caratterizzato on da un singolo stato, ma da più sistemi equivalenti che vanno
ad occupare diversi punti rappresentativi in Γ. Cerchiamo di capire che cosa
significa avere la distribuzione di Maxwell-Boltzmann invece che un’ altra.
Vogliamo ricavare, inoltre, la distribuzione di Maxwell-Boltzmann dicendo
che la configurazione di equilibrio è quella che occupa il maggior volume nell
spazio delle fasi, e quindi quella più probabile.
48
2.7
Metodo della distribuzione più probabile
(Lez 05/02)
Dato un sistema all’ equilibrio si ha che, se si sceglie una qualsiasi configurazione possibile, la distribuzione di Maxwell-Boltzmann corrisponde a quella
più probabile. Una configurazione del sistema è data da un punto nello spazio
delle fasi che si evolve sulla superficie ad energia costante.
Date le variabili q e p, posso ricavare una funzione f di distribuzione da
tali variabili, ma non il viceversa, nioltre all’equilibrio posso scegliere una
funzione generica e calcolarne il volume in Γ e quello che dovrei poter notare
è che la di distribuzione di Maxwell-Boltzmann è qulla con volume maggiore.
Per calcolare il volume di una data distribuzione in Γ si cerca di fare una
sorta di opera di ‘smussamento’, si divide cioè il sistema (a sei dimensioni)
in k celle, ogni cella divolume gi impostando le leggidi conservazioni ottengo:
X
ni = N
X
i n i = E
dove ni sono le particelle presenti in una cella e i è l’energia associata alla
particella i-esima. Quello che sis ta facendo è associare a tutte le particelle
una posizione e una quantità di moto (quelle della cella)
p2i
2m
ni
fi =
gi
Quelloc he si ottiene da questo procedimento è che si può conoscere la
i =
funzione di distribuzione semplicemente attraverso le ni , solo che si perde la
conoscenza dettagliata delle pi e qi per poter calcolare il volume in Γ.
2.7.1
Dimostrazione per la distribuzione di M-B
Scriviamo l’elemento di volume in Γ
n
Ω{ni } ∼
= g1n1 g2n2 g3n3 . . . gk k
49
N!
n1 ! . . . nk !
(2.15)
Bisogna ora massimizzare questo volume per N e E fissate. Introduciamo
i moltiplicatori di Lagrange
ln Ω{ni } = ln N ! −
X
ln ni ! +
X
ni ln gi
usando la formula di Stirling per approssimare il logaritmo di n, si ottiene:
X
X
≈ N ln N − N −
(ni ln ni − ni ) +
ni ln gi
calcoliamo la variazione e sommiamo i termini con i moltiplicatori di Lagrange:
δ(Ω{ni }) − δ(α
P
δ(N ln N − N −
ni + β
P
i ni ) = 0
P
P
P
P
(ni ln ni − ni ) + ni ln gi ) − δ(α ni + β i ni ) = 0
P
[− ln ni + ln gi − α − βi ]δni = 0
ni = gi exp(−α − βi )
(2.16)
cioè qello che si ottiene è proprio la distribuzione di Maxwell-Boltzmann,
ottenuta supponendo che la distribuzione sia quella a cui compete il massimo
volume in Γ.
Questa è l’interpretazione probabilistica del secondo principio della termodinamica.
Dimostriamo che questa variazione corrisponde proprio ad un massimo,
si ha che la variaizone seconda è:
X 1
−
(δni )2 < 0
ni
che ci dice che è un masismo.
Domostriamo inoltre che questo massimo è fortemente piccato; calcoliamo
media e scarto quadratico medio della funzione di distribuzione:
P
X
∂
{n } ni Ω{ni }
hni i = P i
= gi
ln
Ω{ni }
∂gi
{ni } Ω{ni }
{ni }
50
in quanto il volume è proporzionale a gi
⇒ hni i =
X
∂
ln
Ω{ni }
∂ni
{ni }
per calcolare lo scarto quadratico medio, si può far vedere come, se derivo
il logaritmo di una funzione di probabilità esponenziale, rispetto ad uno dei
suoi esponenti, ottengo il valor medio di tale variabile, mentre se la derivo
due volte, ottnego lo scarti quadratico medio
i2
n
Ω{n
}
i
2
{ni } i
∂
2
⇒
hni i = P
− hP
i2 = ni − hni i
Ω{n
}
∂gi
i
{ni }
{ni } Ω{ni }
2
{ni } ni Ω{ni }
P
hP
Date due variabili coniugate ad esponente nella distribuzione di probabilità, in generale vale:
• derivata 1a rispetto ad una: valor medio dell’altra.
• derivata 2a rispetto ad una: scarto quadratico medio dell’altra.
Per verificare che la funzione di distribuzione sia veramente molto piccata,suppongo che abbia già questa proprietà e vado a vedere se ottengo
un risultato ragionevo o meno. Se suppongo che sia piccata, allora faccio
coincidere il massimo con la media ed ho:
2
ni − hni i2 = ni
quindi ottengo che le fluttuazioni sono
1
ni /N √
N
che nel limitetermodinamico per N → ∞ si ha che la distribuzione di
⇒
q
(hn2i i /N ) − (hni i2 /N ) ≈
p
Maxwell-Boltzmann è molto piccata nel massimo.
51
2.8
Approccio all’ equilibrio secondo Boltzmann e Gibbs
2.8.1
Problema dl Ciclo di Poincarè
Supponiamo di prendere due sistemi, 1 e 2:
1. Per questo sistema sappiamo, dal teorema H, che nell’ ipotesi di caos
molecolare a t = 0 ⇒ a t = 0+ dH/dt ≤ 0
2. Per questo secondo sistema invece, si consideri un gas a t=0 tutte
le velocità invertite rispetto al primo. La distribuzione dipende dal
modulo delle velocitàe quindi anche per questo vale l’ ipotesi di gas
molecolare: ⇒ a t = 0+ dH/dt ≤ 0
Il futuro del sistema 2 si trova nel passato del sistema 1. Se rappresentiamo H in funzione del tempo osserviamo che in zero H non ha la derivata
continua, ma è una cuspide:
dH = 0+ ≤ 0
dt t
dH = 0− ≥ 0
dt t
La discontinuità di H è data dalla casualità degli urti. Quindi quello che
si ottinene è che l’ipotesi di caos molecolare non è valida per tutti gli istanti
e il sistema deve entrare e uscire dalla configurazione di caos molecolare.
Quello che si ha, quindi, è una situazione fluttuante intorno alla condizione
di equilibrio attraverso stati che si trovano nei vertici di cuspidi.
A questo livello il teorema di Poincarè non ha problemi, infatti H, dopo
un certo t, può riassumere valori che aveva assunto.
Se parto da una posizione di non equilibrio che succede? Questo è ancora
un problema aperto.
52
Se si parte fuori dall’ equilibrio si ah un volume piccolo in Γ. Evolvendo,
si raggiunge l’equilibrio, ma il vlume nello spazio delle fasi si devo conservare
(per il teorema di Liouville). La risposta a questo problema ancora aperto
sta nel fatto che nel metodo della distribuzione più probabile sto usando
k celle con k << 6N enon più i parametri dettagliati dello spazio Γ. Sto
dando un’ interpretazione per cui un punto si evolve in Γ non lungo una
linea ma lungo un tubo. I punti quindi vanno ad occupare in modo uniforme
il volume che compete all’ equilibrio. Tanto più è dettagliata l’ informazione
che richiediamo, tanto prima si raggiunge l’ omogeneità.
2.8.2
Descrizione Gibbsiaba
Nella descrizione Gibbsiana si assume che il sistema possa essere descritto da
un numero di variabili << 6N :
gi = fi (q1 . . . qn , p1 . . . pn )
Inoltre si assume che allo stato d’ equilibrio compete il volume maggiore
nello spazio Γ. La velocità con cui si raggiunge l’ equilibrio dipende dalle
variabili macroscopivhe scelte. Il tempo che il sistema spende in uno stato
d’ equilibrio è molto pi’‘u grande di quello speso al di fuori. Quindi, invece
che descrivere l’ evoluzione temporale del sistema, consideriamo un sistema
omogeneo nello spazio Γ. I due teoremi ergotici che riassumono tutto ciò
sono:
Teoremi Ergotici
1. Per un sistema meccanico limitato e per ogni funzione y = f (p, q)
integrabile su H = cost, la media temporale
Z
1 τ
y = lim
f (Pt )dt
τ →∞ τ o
esiste sempre ed è indipendente dal punto di partenza sulla traiettoria.
(Pt : punto di partenza)
53
2. Se il sistema è metricamente transito (cioè la superficie H = cost non
può essere divisa in due parti in cui l’evoluzione avviene tutta in una
o nell’ altra) allora la media temporale è quasi sempre uguale (a meno
di un insieme a misura nulla) a:
Z
hyi =
f (p) σ(H)dσ
H=E
σ(H): distribuzione omogenea dei punti sulla superficie.
54
2.9
Insiemi Statistici
Per gli argomenti trattati in questa sezione, si possono anche vedere gli
appunti del corso di Meccanica Statistica del professor Falcioni.
2.9.1
Microcanonico
Cominciamo a considerare un sistema isolato. Si hanno 6N variabili {qi , pi }.
L’ evoluzione di un punto rappresentativo avviene con una v = {qi , pi }.
Consideriamo inoltre:
E < H({qi , pi }) ≤ E + ∆E
la distribuzione di punti rappresentativi è tale che:
ρ(qi , pi ) d3N q d3N p = numero di punti in Γ
Questa densità si evolve in modo che dρ/dt = 0, se inoltre supponiamo che
ρ non dipenda esplicitamente dal tempo (cioè ∂ρ/∂t = 0) allora otteniamo
che non dipende dal punto rappresentativo, ed è quindi costante, Possiamo
quindi scrivere:

1 E < H({qi , pi }) ≤ E + ∆E
ρ({qi , pi }) =
0 altrove
Attraverso l’ analisi dell’ insieme statistico si trovano le prprietà termodinamiche del sistema. Nel microcanonico E = cost, cioè il sistema è isolato.
Il potenziale termodinamico da cercare è S(E,V).
Consideriamo il volume dello spazio delle fasi:
Z
Γ(E) =
1 d3N q d3N p
E<H({qi ,pi })≤E+∆E
se prendo S(E, V ) = k ln(Γ(E)) cerco di dimostrare che questa funzione
abbia tutte le proprietà richieste dall’ entropia. La funzione di partizione del
55
microcanonico è Γ(E). Nel Huang [3] ci sono altre definizioni anologhe del
volume:
Z
d3N q d3N p
Σ(E) =
<H({qi ,pi })<E
il legame tra Γ e Σ è:
Γ(E) = Σ(E + ∆E) − Σ(E) → Γ(E) = ω(E) ∆E
dove si assume ω(E) =
∂Σ(E)
∂E
e ∆E << E.
Quindi, nel limite termodinamico, l’ entropia può essere definita in modo
equivalente come:
S(E, V ) = k ln(Γ(E)) = k ln(Σ(E)) = k ln(ω(E))
Infatti Σ è proporzionale a E alla N ed essendo ∆E molto minore di E
sviluppando si vede che Σ e Γ differiscono per un ln(N ) << N e quindi sono
praticamente uguali.
Inoltre anche ln(Σ) e ln(ω) differiscono per ln(∆E)
Proprietà dell’ Entropia
Bisogna verificare ora, che la funzione introdotta abbia le stesse proprietà
dell’ entropia
Additività
La funzione S(E,V) deve essere additiva.
Prendiamo un sistema diviso in due parti, in cui si possono trascurare le
energie di interazione tra le due parti del sistema e la superficie che li divide
(nei solidi è come trascurare l’energia di superficie rispetto a quelladi Bulk).
L’Hamiltoniana sarà separabile,
Htot ({pi }, {qi }) = H1 ({p1 }, {q1 }) + H2 ({p2 }, {q2 })
e per l’entropia possiamo scrivere:
S1 (E1 , V1 ) = k ln(Γ1 (E1 ))
56
S1 (E2 , V2 ) = k ln(Γ2 (E2 ))
e inoltre dobbiamo imporre che l’energia totale sia la somme delle energia a
meno di ∆E, cioè E < E1 + E2 < E + 2∆E.
Per il sistema globale si deve avere Γ1 (E1 ) Γ2 (E2 ), ma l’ unica condizione
sull’ energia è che si deve avere E1 + E2 = E e questo si può realizzare con
combinazioni diverse:
E1
E2
0 < . . . < ∆E
E < . . . < E + ∆E
∆ < . . . < 2∆E
E − ∆ < ... < E
2∆ < . . . < 3∆E
E − 2∆ < . . . < E − ∆E
...
...
e si ottengono E/∆E combinazioni.
Quindi il volume totale dello spazio delle dasi relativo ad E sarà dato da:
Γ(E) =
i=1
X
Γ1 (Ei )Γ2 (E − Ei )
n
S(E, V ) = k ln(Γ(E) =
i=1
X
Γ1 (Ei )Γ2 (E − Ei ))
n
Tra tutti i termini possibili, si possono considerare quelli in cui E1,2 =
E1,2 , energie che massimizzano i relativi volumi nello spazio delle fasi. Possiamo cosı̀ scrivere che:
Γ1 (E1 )Γ2 (E2 ) < Γ(E) <
E
Γ1 (E1 )Γ2 (E2 )
∆E
se ne faccio il logaritmo e moltiplico l’ espressione per k ottengo l’entropia:
k ln(Γ1 (E1 )Γ2 (E2 )) < S(E, V ) < k ln(
E
) + k ln(Γ1 (E1 )Γ2 (E2 ))
∆E
il primo e l’ultimo termine sono proporzionali ad N = N1 + N2 mentre
E
k ln( ∆E
) ∝ ln(N ), nel limite termodinamico trascuro il logaritmo di N ri-
spetto ad N e ottengo la proprietà additiva dell’ entropia:
S(E, V ) = k ln(Γ1 (E1 )Γ2 (E2 )) = S1 (E1 , V ) + S2 (E, V )
57
Significato di E
Dato che queste energia massimizzano i rispettivi Γ
allora deve valere:
(
δ[Γ1 + Γ2 ] = 0
δE1 + δE2 = 0
∂
∂
=
ln(Γ1 (E1 ))
ln(Γ2 (E2 ))
∂E1
∂E2
E1 =E 1
E2 =E 2
dato che ho fatto la variazione del logaritmo ed ho tenuto conto che δE1 =
−δE2 .
Se la S(E, V ) è l’ entropia, io so che
∂S
∂E
= T1 . Quindi tra tutte le possibili
E1 e E2 i sistemi si ripartiscono in modo da avere la stessa temperatura.
Quindi sostanzialmente due punti di un sistema sono all’ equilibrio se
hanno la stessa T e inoltre avranno l’ energia tale per cui le T siano uguali.
Quindi, a meno di fluttuazioni, nel limite termodinamico si ha:
Γ(E) eΓ1 (E 1 )Γ2 (E 2 )
(il peso massimo è estremamente piccato per E 1 E 2 )
Non decrescenza di S
Fluttuazioni del Microcanonico
2.9.2
Canonico
Fluttuazioni del Canonico
2.9.3
Grancanonico
Fluttuazioni del Grancanonico
58
Capitolo 3
Appendici
3.1
Appendice A: Calcolo del fattore di scala
Per un gas perfetto valgono:
• la legge di Boyle: P V = Φ(T )
• la legge di Gay-Lussac: E = Ψ(T )
dal primo principio abbiamo:
δQ = pdV + dE
e inoltre
δQ
P dV
dE
=
+
T
T
T
che è un differenziale esatto, derivando rispetto a V ed E si ha:
(
∂S = PT
∂V E=cost
∂S = 1
dS =
∂E V =cost
T
inoltre le derivate incrociate devono essere uguali quindi:
∂
Φ(T )
∂
1 ∂Ψ(T )
=
=0
∂T
TV
∂V T ∂T
Φ(T )
∂
⇒
=0
∂T
TV
59
Φ(T )
= cost
T
P V = CT → P V = RT per una mole. Ho scelto cosı̀ il fattore di scala α.
⇒
60
3.2
Appendice B: Proprietà Potenziali Termodinamici
Dato che i potenziali termodinamici sono grandezze estensive e si possono
derivare semplici proprietà:

V

)
U (S, V, N ) = N u( NS , N



 H(S, P, N ) = N h( S , P )
N N
T V

F (T, V, N ) = N f ( N , N )




P T
, N)
G(P, T, N ) = N g( N
dato che µ =
∂G ∂N T,P =cost
allora g(P, T ) = µ e quindi G(P, T, N ) = N µ.
∂F e
questo risultato si può ricavare anche in un’altro modo:µ = ∂N
T,V =cost
∂G µ=
inoltre
∂N T,P =cost
G(P, T, N ) = F (T, V (P, T, N ), N ) + P V (P, T, N )
∂G ∂F ∂F ∂V ∂V ⇒µ=
=
+
+P
∂N T,P =cost
∂N T,V =cost ∂V T,N =cost ∂N T,P =cost
∂N T,P =cost
quindi scrivo: f(T, U, µ) = U − T S − µN = U − T S − G = F − G = −P V
La trasformazione di Legendre dell’energia liber di Gibbs (potenziale termodinamico canonico) ci da il Gran Potenziale (potenziale termodinamico del grancanonico).
Inoltre possiamo ricavare altre proprietà dei potenziali termodinamici che
ci portano a scrivere le seguenti equazioni:
U (λS, λV, λN ) = λU (S, V, N )
⇒ λ1 U (λS, λV, λN ) = U (S, V, N )
)
⇒ − λ12 U (λS, λV, λN ) + λ1 ( dU (λS,λV,λN
)=0
dλ
da cui si ottiene l’Equazione di Eulero:
S
∂U
∂U
∂U
+V
+N
=U
∂S
∂V
∂N
che si può anche riscrivere anche come:
T S − P V + µN = U
61
(3.1)
L’equazione di Eulero mi dice che, per U, se passo da tutte variabili estensive
a varibiali intensive ottengo zero.
62
3.3
Appendice C: Calore Latente
Nello studiare a pendenza delle curve di coesisistena abbiamo dato per scontato che l sia positivo in quanche passaggio. Questo deriva da un altro
andamento che non abbiamo ancora analizzato:
Cosa succede al variare di T a P costante?
Partendo dal punto 1 il potenziale chimico, g, deve essere più basso per
la fase liquida che per quella gassosa; oltrepassata la curva di coesistenza si
dece invertire la relazione.
Tutti e due i potenziali chimici sono decrescenti, ma g2 deve decrescere
più velocemente di g1 .
63
3.4
Appendice D: Calcolo Costanti della Distribuzione di Maxwell
1. La costante A posso determinarla attraverso la normalizzazione della
funzione di distribuzione:
Z
Z
Z
Z
N
2
3
3
3
= d v f (v, t) = A d3 v e−B(v−v0 )
N = d r d v f (v, t) ⇒
V
questo integrale posso riscriverlo come prodotto di tre integrali gaussiani lungo le tre direzioni x,y,z. Cosı̀ facendo ottengo:
N
π
= ( )3/2 A
V
B
2. Per vedere cosa sia v0 provo a fare il valor medio della velocità:
R 2
2
d v v A e−B(v−v0 )
hvi = R 2
d v A e−B(v−v0 )2
e facendo un cambiamento di variabili v 0 = v − v0 possiamo riscrivere:
R 2 0 0
0 2
d v (v + v0 ) A e−B(v )
R
hvi =
= v0
d2 v 0 A e−B(v0 )2
si trova quindi che il valor medio di v è proprio v0 , che rappresenta la
velocità media del sistema. In genere se il sistema non è in moto v0 = 0
3. L’ultima condizione che si deve avere è che sia
R 2 1 2 −B(v)2
d v 2 mv e
R
E=
=
d2 v e−B(v)2
R
2
dx x4 e−B(x)
1
3 m
= mR
2 =
2
−B(x)
2
4 B
dx x e
e dall’equipartizione dell’energia (o dall’equazione di stato) si riscrive
3
m
E = KT ⇒ B =
2
2KT
quindi possiamo riscrivere la ‘ Distribuzione di Maxwell ’ con tutte le
costanti:
mv 2
N m 3/2
f0 (v) =
exp −
V 2πKT
2KT
64
(3.2)
Bibliografia
[1] A. B. Pippard, Classical Thermodynamics - Cambridge University
Press (1964). Cap 5-7-8.
[2] C. J. Thompson, Mathematical Statistical Mechanics - Princeton
University Press (1972). Cap 1-2-3-4 , Appendici A-B.
[3] K. Huang, Statistical Mechanics - Wiley e Sons, N.Y. London 1963.
Cap 4 (par 3,4,5,6), 7 (1,2,3), 8 (1,2).
65