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ESTUDIOS BÍBLICOS
V O L U M E N L X X I V / A Ñ O 2 0 1 6 / M AY O - A G O S T O / C U A D E R N O 2
UNIVERSIDAD SAN DÁMASO
EN COLABORACIÓN CON
ASOCIACIÓN BÍBLICA ESPAÑOLA
ES TUDIOS BÍBLICOS
Fundada en 1929.
1929-1936, primera etapa.
Desde 1941, segunda etapa.
Estudios Bíblicos es una revista cuatrimestral editada por la Universidad San Dámaso
en colaboración con la Asociación Bíblica Española. Utiliza el sistema de evaluación
Peer review o doble árbitro externo ciego. Acepta artículos en español, inglés, francés,
alemán, italiano y portugués. Las propuestas de artículos deben enviarse al director
de la revista ([email protected]) siguiendo las Instrucciones para autores
(http://www.sandamaso.es/publicaciones.php).
DIRECTOR
Ignacio C arbajosa - [email protected]
SECRETARIO EDITORIAL
Andrés María G arcía S errano - [email protected]
RECENSIONES
Luis S ánchez N avarro - [email protected]
CONSEJO DE REDACCIÓN
Por la Universidad Eclesiástica “San Dámaso” ( uesd ): Carolina A znar S ánchez (St. Louis
University); Agustín G iménez G onzález ( uesd ); Luis S ánchez N avarro ( uesd )
Por la Asociación Bíblica Española ( abe ): Carmen B ernabé U bieta (Deusto); Guadalupe
S eijas
de los
R íos -Z arzosa ( ucm ); Alberto
de
M ingo K aminouchi ( iscm )
COMITÉ ASESOR
R. Aguirre (Deusto, Bilbao); G. Aranda (†) ( unav , Pamplona); Ch. Begg ( cua , Washing­
ton); U. Berges (Rheinischen Friedrich-Wilhelms-Universität, Bonn); J. Blunda ( uca ,
Tucumán); N. Calduch-Benages ( pug , Roma); J. Corley (St Patrick’s College, Maynooth);
J. M. Díaz Rodelas ( ftv , Valencia); L.Díez Merino ( ub , Barcelona); C. Dohmen ( ur ,
Regensburg); N. Fernández Marcos ( csic , Madrid); F. García Martínez (Qumran Institute, Gröningen); J. Lourenço ( ucp , Lisboa); F. J. Matera ( cua , Washington); D. Muñoz
León ( csic , Madrid); R. Penna ( pul , Roma); M. Pérez Fernández ( ugr , Granada); F. Pérez
Herrero ( ftn , Burgos); É. Puech ( ebaf , Jerusalén); A. Puig i Tàrrech ( ftc , Barcelona);
A. Rodríguez Carmona ( ftg , Granada); J. M. Sánchez Caro ( ups , Salamanca); Th. Söding
(Ruhr-Universität, Bochum); Y. Simoens (Centre Sèvres, París); J. L. Ska ( pib , Roma);
J. Trebolle Barrera ( ucm , Madrid); A. Vargas Machuca (Comillas, Madrid); A. Wénin
( ucl , Lovaina).
ÍNDICE
ESTUDIOS
La oración de Tb 8,5-9 en el contexto del libro y a la luz de Gn 2,18____________________ 135
N A P O L E Ó N F E R R Á N D E Z Z A R AG O Z A
Nueva luz sobre la profecía de la espada. La tradición siríaca de Lc 2,34-35_____________ 159
ALFONSO SIMÓN MUÑOZ
Il corpo per il Signore, il Signore per il corpo.
Argomenti contro la fornicazione nella prima lettera ai Corinzi________________________ 183
BRUNO OGNIBENI
O relato da experiência missionária nas cartas de Paulo____________________________ 197
JO S É TO L E N T I N O M E N DO N Ç A
Textual Criticism Based upon Genesis of Readings_________________________________ 217
WIM HENDRIKS
BIBLIOGRAFÍA
N o t a b i b l i o g r á f i c a ___________________________________________________ 243
BERGES, U. R.,
Jesaja 40-48 y Jesaja 49-54 (J. Blunda: 243-250).
R e c e n s i o n e s __________________________________________________________ 250
La Biblia. Libro del Pueblo de Dios (N. Calduch-Benages: 250-252). S Á N C H E Z C A R O , J . M . –
C A L V O G Ó M E Z , J . A . , La Casa de Santiago en Jerusalén (F. E. Barrado Broncano; 252-255).
N E P I , A . , Dal fondale alla ribalta (J. A. Garijo Serrano: 255-260). G A S P A R R O , L . , La Parola, il
gesto e il segno (F. Ramis Darder: 260-262). S Á N C H E Z A L C O L E A , D . , Aguas que destruyen, aguas
que salvan (A. Rodríguez Carmona: 262-266). D E S T R O , A . – P E S C E , M . , Il racconto e la scrittura
(C. Broccardo: 266-268). A R E N S , E . , ¿Hasta que la muerte los separe?; R U I Z F R E I T E S , G . , El hombre no separe lo que Dios ha unido (L. Sánchez Navarro: 269-271). R E I S E R , M . , Kritische Geschichte der Jesusforschung (K. Stock: 271-276). G A R C Í A F E R N Á N D E Z , M . , Mateo (G. Scaglioni:
276-278). V A Ň U Š , M . , La presenza di Dio tra gli uomini (L. Díez Merino: 279-282). Y O H A N N A , S . S . ,
The Gospel of Mark in the Syriac Harklean Version (I. Carbajosa: 283-286). E S P O S I T O , T. , Jesus’
Meals with Pharisees and their Liturgical Roots (P. Cabello Morales: 286-289). R O S S I , L . , Pietro
e Paolo testimoni del Crocifisso-Risorto (S. Mele: 289-294). B U S C E M I , A . M . , Lettera ai Colossesi
(F. Belli: 294-296).
L i b r o s r e c i b i d o s ______________________________________________________ 297
266
Bibliografía
autor en sentido de que subyace en el oyente la idea de bautismo en Cristo no está
nada clara.
A n t o n i o R o d r í g u e z C a r m o n a – C r u z d e l S u r, 6 , 5 º B – E - 1 8 0 1 4 G r a n a d a
Destro, Adriana – Pesce, Mauro, Il racconto e la scrittura. Introduzione alla lettura
dei vangeli (Carocci, Roma 2014). 174 pp. € 23,00
Il presente volume «cerca di comprendere come si siano formati i vangeli e quale
sia l’attendibilità delle informazioni su cui si basavano» (11). Consapevoli del mare
magnum che è questo settore della ricerca biblica, Adriana Destro e Mauro Pesce danno
il loro contributo guardando la questione con il filtro degli «studi socio-antropologici
dello spazio, la geografia umanistica e in genere una riflessione sul ruolo dei luoghi»
(12-13). Si tratta dunque di uno studio di tipo storico; usando categorie approssimative
ma ben conosciute, potremmo dire che sta a cavallo tra la storia della redazione e la
storia delle forme. Il genere letterario non è quello del saggio per specialisti, quanto
piuttosto della proposta per un pubblico più vasto. Questo è, a mio avviso, il pregio e
allo stesso tempo il limite maggiore del volume: la sua semplicità. È un pregio perché
il ragionamento è lineare; i presupposti affermati e le tesi dimostrate vengono più
volte ripetuti, a scanso di equivoci. Allo stesso tempo, la “dimostrazione” è essenziale
e spesso rimanda a lavori precedenti dei due autori; un po’ troppo spesso, rischiando
di chiedere troppo di sovente la fiducia al lettore, a meno che non si voglia leggere
perlomeno il volume sulla morte di Gesù.
Più nel dettaglio, il lavoro si articola in due parti. La prima parte presenta il
modello generale di riferimento: dobbiamo uscire dall’idea di una trasmissione lineare
di detti e fatti di Gesù, per cui in pochi anni si passa dalla storia agli scritti canonici
come unici testimoni della storia stessa. Già Luca affermava, nel prologo al suo vangelo,
che «molti» avevano scritto prima di lui; la stessa Dei Verbum, per citare un documento
ufficiale della chiesa cattolica (firmato il 18 novembre del 1965!), diceva che «gli autori
sacri scrissero i quattro vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce
o già per iscritto, redigendo una sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla
situazione delle chiese» (DV 19). In questo filone di pensiero, ormai “classico”, Destro
e Pesce si collocano con due caratteristiche peculiari (che condividono con non pochi
autori recenti, molti dei quali citati nella bella bibliografia finale). La prima caratteristica
è che propongono di leggere i vangeli tra gli altri scritti delle origini cristiane, senza
dare loro un risalto maggiore per il fatto di essere entrati nel canone. Riconoscono
nei primi secoli «flussi di trasmissione» delle parole e delle azioni di Gesù, nei quali –
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tra l’altro – l’oralità e la scrittura si intrecciano e si influenzano a vicenda. La seconda
caratteristica è che sottolineano molto la complessità della situazione, la scarsità delle
fonti e pertanto l’incertezza dei risultati: «è perciò ovvio – ma va comunque sottolineato – che la memoria delle vicende di Gesù, che troviamo nei vangeli, è dominata
da incertezze che dipendono da complesse linee di diffusione e dagli interventi degli
autori (selezioni, omissioni, aggiunte, accenti e interpretazioni dei materiali)» (51; corsivo degli a.); «l’elaborazione dei primi testi dei seguaci di Gesù (…) è stata – come
abbiamo visto – ampia, laboriosa e tutt’altro che lineare» (54); «un discorso costruttivo
sulla memoria deve partire dal fatto che essa è un’operazione che mette insieme
giustificazione, interpretazione, aggiustamento, invenzione, completamento, ma anche
omissioni, interruzioni e riprese, con ampia manipolazione di dati e significati» (57).
Certamente Destro-Pesce vogliono contrastare un eccessivo ottimismo, che si poteva
capire ai tempi della Dei Verbum ma un po’ meno oggi; rischiano però di peccare per
l’eccesso opposto quando affermano che «i ricordi che si avevano prima della morte
[di Gesù] sono ormai irrimediabilmente diversi da quelli che si hanno dopo la morte»
(68-69); è l’avverbio «irrimediabilmente» che mi preoccupa, perché se così fosse non
avrebbe senso una ricerca sul cosiddetto Gesù storico.
La seconda parte dello studio di Destro-Pesce si sofferma sul ruolo giocato
dalla geografia nella trasmissione dei racconti. Il punto di partenza sono le diversità
che troviamo tra vangelo e vangelo a proposito dei luoghi in cui si è recato Gesù;
come spiegarle? «Il nostro argomento si basa sull’ipotesi che i luoghi di cui si parla
nei vangeli fossero già presenti nei racconti pre-evangelici e che furono menzionati
e conservati nei racconti perché i narratori provenivano da quei luoghi ed erano interessati a valorizzarli» (104-105; corsivo degli a.). Dunque: gli evangelisti hanno trovato
nelle loro fonti i riferimenti geografici; li hanno solo adattati, selezionandoli oppure
modificandoli in base alle loro necessità narrative. Detto questo, il passaggio successivo è chiedersi «perché la trasmissione delle notizie su Gesù precedenti al vangelo
di Marco», per esempio, «avesse mantenuto memoria di certi luoghi invece di altri (la
maggioranza) che erano stati dimenticati. Perché proprio questi luoghi venivano ricordati? La nostra ipotesi è che nei luoghi ricordati, in cui si erano precocemente formati
gruppi di Gesù, si fossero accumulate molte minute notizie di eventi e fatti compiuti»
(111; corsivo degli a.). Ecco come immaginano il panorama: già durante la vita di Gesù
si sono andati formando gruppi di discepoli non itineranti, che dopo la sua morte
ne hanno mantenuta viva la memoria indipendentemente uno dall’altro. Ad un certo
punto si è giunti ad una conoscenza reciproca, che ha portato al confronto e anzi allo
scontro; di tale polemica rimangono tracce nascoste “sotto” i racconti attuali (come i
resti di antiche civiltà ora nascosti sotto le nuove costruzioni): il nostro ruolo è quello
dell’archeologo che va oltre la superficie. La domanda, che gli autori si pongono a più
riprese, è come capire se i riferimenti ai luoghi (o la loro omissione) sia dovuta alle
fonti oppure alla redazione finale del testo; consapevoli che non esista una risposta
facile e sicura, fanno la loro proposta di interpretazione. È un’interpretazione possibile?
Sì. È probabile? I dati che abbiamo a disposizione sulla formazione dei vangeli sono
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veramente pochi; anche Destro-Pesce in alcune occasioni usano con abbondanza il
condizionale: «Luca forse poteva avere anche un intento polemico…» (117; corsivo
mio); qualche anno fa, a tale proposito, John S. Kloppenborg si esprimeva in modo
quasi scoraggiante: «the data upon which we base our conjectures and hypotheses are,
after all, rather paltry, with many gaps» (Synoptic Problem [Tübingen 2014] 1). Detto
questo, non metto in dubbio che i dati raccolti da Destro-Pesce possano supportare
la loro ipotesi; ma potrebbero anche essere interpretati in altro modo e la mia fatica è
quella di capire con quali criteri si faccia la scelta. Per esempio, la differenza sul luogo
dell’apparizione del risorto in Luca non potrebbe essere motivata solo dal suo intento
di legare vangelo e Atti, senza alcun movente di tipo geografico relativo alle fonti da
cui ha attinto o al loro eventuale contrasto con le fonti di Matteo e Marco? Inoltre, gli
a. insistono sulle discontinuità tra i racconti evangelici e questo li porta a vedere sotto
traccia contrasti a livello di gruppi di discepoli; ma quante sono le discontinuità in
rapporto ai tratti in comune?
A p. 18 una tabella riassuntiva presenta tre livelli a cui un testo può comunicare: livello superficiale, risultato di una intenzione esplicita che comunica attraverso la
struttura letteraria (narrativa o retorica); livello intermedio implicito, in cui agiscono
riferimenti a strutture sociali e culturali, individuali e collettive; livello profondo implicito, in cui entrano in gioco assunti culturali memorizzati e/o riflessi. Mentre leggevo
il volume di Destro-Pesce, mi chiedevo quali fossero i “condizionamenti” a livello
intermedio e profondo presenti nel loro lavoro, che cosa cioè li ha spinti a completare gli spazi lasciati bianchi dalle fonti in un certo modo anziché in un altro. Penso
che ci sia l’intenzione di uscire da un paradigma sentito come troppo stretto, come
accennavo all’inizio della presente recensione; da questo punto di vista, il loro lavoro,
con tutto il suo carico di provocazione destabilizzante, va letto e considerato non in
modo superficiale. Ci sono ricostruzioni troppo semplicistiche da cui bisogna uscire,
ormai anche nei manuali. Dall’altra parte, mi lascia un po’ perplesso il riferimento
alla morte come evento “determinante” la memoria; almeno a livello della struttura
letteraria, darei più spazio alla risurrezione.
Un post scriptum, che non so se rivolgere agli autori o all’editore. Il titolo è
un po’ fuorviante; se non fosse che avevo sentito la presentazione della ricerca prima
ancora che fosse pubblicata, durante un convegno del CISSR a Bertinoro, avrei quasi
pensato ad una “conversione” di Adriana Destro e Mauro Pesce all’analisi narrativa!
Si parla di racconto e di lettura… Ci sta molto bene Il racconto e la scrittura: attira
l’attenzione del lettore e dice l’importanza di entrambi i mezzi comunicativi, il raccontare oralmente e lo scrivere; però poi sarebbe meglio completare con qualcosa tipo
Un’ipotesi sulla formazione dei vangeli.
Carlo Broccardo – Via del Seminario, 29 – I-35122 Padova