20 Floquet (4).

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20 Floquet (4).
Sull’e parassita anglo-normanna nei nessi muta cum liquida
Oreste Floquet
L’apparizione di una vocale intrusiva /ə/ nei dialetti nord-occidentali dell’antico francese è una regola facoltativa, circoscritta ai contesti
di muta cum liquida:
(1)
ø → ə / [+ostruente] _ [+vibrante]
Il primo problema è quello di capire a quale livello di analisi appartiene (1). È stato proposto di considerarla una regola morfologica, generata da un processo di rianalisi a partire dagli infiniti in -er1. Tuttavia l’apparizione di una e intrusiva non è limitata solo ad alcune categorie verbali (il tipo avrai > averai), visto che la ritroviamo in forme
nominali anche abbastanza antiche per le quali è difficile fare appello
a meccanismi di tipo analogico2. I dati sembrano pertanto indicare che
la disgiunzione del gruppo ostruente + vibrante non è un fenomeno
circoscrivibile solo ai futuri, anche se non si può negare che lì il fenomeno è quantitativamente più significativo. Del resto già Morin sottolineava i problemi di un’analisi strettamente morfologica di questo /ə/,
tematico nei verbi in -vr- (receivere), non tematico in vulderat, senza
un’interpretazione morfologica possibile in livere3:
1
G. ZINK, Morphologie du français médiéval, Paris, PUF, 1989, p. 184.
Vedi le forme averil, feverier, maisterie nel Comput di Philippe de Thaon. Per i riferimenti alle edizioni dei testi si rinvia alle nn. 5 e 6.
3
Y.-CH. MORIN, Morphologisation de l’épenthèse en ancien français, in «Canadian journal of Linguistics», 25 (1980), pp. 204-225, a p. 222, n. 19. In accordo con N. ANDRIEUX-E.
BAUMGARTNER, Systèmes morphologiques de l’ancien français, Bordeaux, Sobodi, 1983, p. 144,
escludiamo i casi di suppletismo come sofre+r+ai ~ sofer+r+ai, riconducibili a fenomeni di
metatesi.
2
409
410
Oreste Floquet
Dans le Roland, il est difficile de voir dans le e de vulderat une voyelle thématique. […] Il est plus vraisemblable que ce e soit dans la langue de Roland
une sorte de voyelle épenthétique, plus ou moins morphologisée. Ailleurs
dans le manuscrit, elle n’apparaît que dans les groupe [-vr-]: dans les verbes
receivre, deveir, muveir, aveir, estuveir, où elle a la position d’une voyelle thématique, mais aussi dans recuverer < recuperare, recoeverement, uverir <
ōpĕrīre, Severin, liverent < lībĕrant, livere < lībra, où elle n’a aucune interprétation morphologique possible.
Si tratta quindi di un fenomeno fonologico che non è – come a volte affermato – esclusivamente anglo-normanno, bensì interessa tutta
l’area settentrionale, includendo, dunque, anche il normanno e il piccardo4.
Il nostro studio si concentrerà sui dati ricavati dal corpus anglonormanno ANH5, ai quali si aggiungono quelli del Voyage de Charlemagne, la cui edizione permette agevolmente un controllo qualitativo
e quantitativo sulla presenza dello svarabhakti6.
Come si evince dai dati in (2), la regola non opera nei contesti in
cui l’ostruente sia velare:
(2)
/t/ + /r/ : estrai ~ esterai
/d/ + /r/ : prendrai ~ prenderai
/b/ + /r/ : marbrin ~ marberin
/p/ + /r/ : esprit ~ esperit
/v/ + /r/ : avrai ~ averai
/f/ + /r/ : offrendes ~ offerendes
Se si interrogano le concordanze dell’ANH e il dizionario di Walker7,
cercando allomorfi con /ə/ di forme lessicali contenenti /kr/ e /gr/, non
si trovano risultati. In (3), un elenco delle occorrenze (per ogni coppia
la seconda forma, contrassegnata da un asterisco, si riferisce ad un
allomorfo possibile, ma non attestato)8:
4
Vd. C.TH. GOSSEN, Grammaire de l’ancien picard, Paris, Klincksieck, 1970, p. 103.
L’Anglo-Norman Hub (http://www.anglo-norman.net/) è una base dati contenente buona
parte della produzione anglonormanna dalle origini al XV secolo. Le edizioni adottate sono
quelle presenti nella base dati. Verranno prese in considerazione solamente le forme a testo; le
varianti in apparato verranno sistematicamente ignorate.
6
Il viaggio di Carlomagno in Oriente, a cura di M. BONAFIN, Parma, Pratiche, 19933.
7
D. WALKER, Dictionnaire inverse de l’ancien français, Ottawa, Éditions de l’Université
5
Sull’e parassita anglo-normanna
411
(3)
/gr/
/kr/
haliegre 1
*haliegere 0
segrai 1
*segerai 0
sacre 45
*sacere 0
megre 8
*megere 0
segrez 2
*segerez 0
veincre 2
*veincere 0
negre 1
*negere 0
tigre 7
*tigere 0
veincrez 1
*veincerez 0
palagre 6
*palagere 0
L’unica eccezione, ancorché tarda, limitata praticamente ai soli
Portbooks e connotata diafasicamente, è la forma per indicare l’ancora
o la tassa portuale, di cui segnaliamo solo i casi con vocale parassita :
(4)
/kr/ (grafie: <cr>, <kr>)
ankerage, ankerages, ankerrage,
hankerage, hankerages: 94 occorrenze
Portbooks (sec. XV), una occorrenza nelle Northern Petitions (fine XIII-XV)
ankeres, ankers, ancers: 7 occorrenze
Portbooks, John of Gaunt’s Register (sec. XIV), Register of Daniel Rough (sec. XIV)
Stabilita la lacuna riguardante le ostruenti velari, si tratta ora di inde Ottawa, 1982, pp. 189-190.
8
Dati ricavati dall’ANH.
412
Oreste Floquet
terrogarsi sulla presenza della <e> da un punto di vista grafico nonché
della sua reale consistenza fonica. Da un lato, possiamo dire che le
forme con <e> non sono assolutamente minoritarie, per lo meno per
quel che riguarda il corpus ANH che abbiamo esaminato. In (5), alcuni
esempi concreti con il numero relativo di occorrenze:
(5)
<averai>
<avrai>
<averez >
<avrez>
<prenderai>
<prendrai>
<esterai>
<estrai>
<offerendes>
<offrendes>
<esperit>
<esprit>
20
46
208
101
1
22
1
0
1
5
224
17
Esistono casi in cui, anzi, è la variante lunga ad essere più attestata.
D’altro lato, possiamo domandarci se è lecito dedurre da quanto esposto finora che quando leggiamo una sequenza grafica contenente una
<e>, questa corrisponde sempre ad un’unità del livello fonetico. Se
prendiamo in considerazione le alternanze del tipo9:
(6)
<ferai>
<frai>
< frez>
<ferez>
98
94
57
51
ci accorgiamo, per converso, che il fenomeno è presente anche lì dove
lo schwa è pienamente lessicale. La situazione si presenta identica nel
Voyage de Charlemagne. La <e> è da aggiungere ai seguenti versi:
9
frez).
Chiaramente escludiamo il caso dell’aggettivo <frez>, nel senso di ‘fresco’ (pessoun
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(7)
v. 39 frez
v. 42 frai
v. 136 frai
v. 164 frai
v. 186 frunt
v. 407 freie
413
v. 468 frai
v. 556 frai
v. 587 frai
v. 724 frai
v. 760 frai
v. 767 freit
In tutte queste occorrenze, la forma soggiacente non è /fr/ ma /fər/;
da un punto di vista strettamente fonologico, dunque, la regola non
dovrebbe operare10. Del resto, le alternanze del tipo <montaine~ montagne> oppure <fontaine~ fontagne>11, da accorpare con i dati già analizzati da Rothwell, ci ricordano che in anglo-normanno la distanza
tra grafia e fonia è un problema reale e assai spinoso12. Non è quindi
da escludere che dietro una grafia con ostruente + <e> possa celarsi
una pronuncia sia con che senza /ə/:
(8)
[avərej]
<averai>
[fərej]
<ferai>
[avrej]
[frej]
[avərej]
<avrai>
[fərej]
<frai>
[avrej]
[frej]
Questo sembra obbligarci a valutare con estrema cautela i noti casi
di anisosillabismo anglo-normanno, perché alcune irregolarità potrebbero essere solo apparenti. Prendiamo come esempio concreto il Voya10
Poiché non sembrano esserci le condizioni empiriche per una regola che semplificherebbe /fər/ in /fr/, meglio forse ricondurre il tutto ad un problema di realizzazione grafica dello
schwa.
11
Vd. le analisi riguardanti le grafie della nasale palatale in O. FLOQUET, Sur la nasale palatale et les rimes approximatives en anglo-normand, in Actes du IIe Congrès Mondial de Linguistique française, New Orleans, EDP Sciences, 2010, pp. 1303-1315 (disponibile all’URL:
http://www.linguistiquefrancaise.org/).
12
W. ROTHWELL, Ignorant scribe and learned editor: Patterns of textual error in editions
of Anglo-French texts, 2004, URL: http://www.anglo-norman.net/articlesA/.
414
Oreste Floquet
ge de Charlemagne dove sono numerosi i casi di <e> ipermetra:
(9)
v. 55 perderez
v. 57 prenderai
v. 57 averei
v. 75 averai
v. 110 offerendes
v. 161 averez
v. 162 averez
v. 175 averez
v. 177 averez
v. 180 averez
v. 198 fertere
v. 220 receivere
v. 236 prenderat
v. 236 averat
v. 253 deseveret
v. 315 vo<l>derent
v. 364 memberet
v. 389 coverirent
v. 398 vesperes
v. 411 enpeverez
v. 430 uverat
v. 498 venderai
v. 514 abaterai
v. 534 averai
v. 561 averai
v. 601 saverat
v. 658 responderai
v. 685 ivere
v. 694 avereit
v. 745 beveres
v. 761 averunt
v. 776 aspandere
v. 835 empeverez
v. 840 volderunt
Nulla vieta di considerare gli alessandrini in (10) – uno ipermetro ed
uno ipometro –:
(10)
e averez le cultel que Deus tint al manger
orendreit me frai baptizer et lever
V. de Ch. v. 180
V. de Ch. v. 136
come perfettamente corretti dal punto di vista metrico, relegando così
l’ipometria ad un livello puramente grafico. Una tale soluzione ci permette così di fornire una spiegazione unitaria tanto del tipo averez che
del tipo frez, perché possiamo per entrambi ipotizzare una allografia di
<e> alternante con zero.
Una volta accettata l’ipotesi dell’alternanza grafica, si tratta ora di
indagare il piano fonetico-fonologico, cercando di rendere ragione
dell’apparizione di questa /ə/ facoltativa.
Abbiamo finora volontariamente evitato di parlare di vocale epentetica perché la spiegazione che difendiamo circoscrive il fenomeno in
oggetto entro un ambito esclusivamente fonotattico, ovvero di pura interazione tra i suoni, senza far intervenire nessun costituente fonologico precostituito. Consideriamo difatti /ə/ non come un segmento
autonomo che si inserisce in un contesto fonologico che lo precede,
bensì uno sviluppo fonetico legato alla normale dinamica tra i suoni.
Sull’e parassita anglo-normanna
415
In questo senso ci ispiriamo innanzi tutto al lavoro della Hall13, nel
quale si argomenta in favore di una distinzione teorica tra vocale epentetica e vocale parassita la quale è : (1) generata da un gruppo consonantico contenente una sonorante (ad esclusione delle geminate); (2)
realizzata più spesso come schwa senza valore sillabico; (3) cancellata
in ragione della velocità. Questa vocale non è dunque un segmento indipendente, bensì un fenomeno del tutto superficiale da distinguersi da
una vocale epentetica vera e propria per le restrizioni fonotattiche che
la governano. Per converso, la vocale epentetica può disgiungere qualsiasi gruppo consonantico, di preferenza quelli fonologicamente marcati, e divenire così il nucleo di una nuova sillaba. Ma quali possono
essere i fattori scatenanti? A tal proposito fondiamo la nostra interpretazione basandoci sul modello connessionista sviluppato per il francese da Laks14 e per l’italiano da Calderone e Bertinetto15, cui rimandiamo per gli aspetti più tecnici. I segmenti, quali essi siano, hanno una
loro forza intrinseca, cui va però aggiunta una forza contestuale in base a quello che precede ed a quello che segue. In (11), proviamo a
schematizzare la forza intrinseca a-contestuale di ogni famiglia di segmenti, partendo dalla massima sonorità delle vocali, a quella minima
delle consonanti, passando per il livello intermedio dei glide:
(11)
13
livello massimo
[vocali]
livello intermedio
[glide]
livello minimo
[liquide]
[ostruenti]
N. HALL, Gestures and Segments: Vowel Intrusion as Overlap, Doctoral Dissertation,
University of Massachusetts-Amherst, 2003, URL: http://roa.rutgers.edu/view.php3?id=875.
14
B. LAKS, A Connectionist Account of French Syllabification, in «Lingua», 95 (1995),
pp. 56-75.
15
B. CALDERONE-P.M. BERTINETTO, La sillaba come stabilizzatore di forze fonotattiche.
Una modellizzazione, in «Quaderni del Laboratorio di Linguistica della Scuola Normale di
Pisa», 6 (2006), URL: http://alphalinguistica.sns.it/QLL/QLL06/Calderone_Bertinetto.PDF.
416
Oreste Floquet
Nei casi di contatto tra due consonanti, che sono poi quelli che ci
interessano più da vicino, due soluzioni sono possibili una volta che i
segmenti cominciano ad interagire tra di loro:
(12)
livello minimo
livello intermedio
[glide]
[liquida]
[ostruente]
l’ostruente domina la liquida e ne aumenta la sonorità; di qui il contesto tautosillabico tipico dei nessi muta cum liquida, oppure:
(13)
livello intermedio
livello minimo
[ostruente]
[ostruente]
le due ostruenti si dissociano, e la prima viene resa più sonora dalla
seconda; di qui il contesto eterosillabico tipico dei nessi C1 + C216.
Secondo il modello che abbiamo adottato, una inserzione vocalica è
possibile solo se a monte postuliamo un cambiamento di sonorità della
16
Il modello è, in realtà, più sofisticato perché per ogni segmento viene misurata la particolare forza contestuale a seconda dei segmenti che precedono e che seguono. Per i nostri fini,
porre il problema in termini di mutamento della sillabazione, senza entrare nel dettaglio di una
disamina fonotattica completa di /r/, ci sembra sufficiente.
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417
liquida o dell’ostruente, il che spiegherebbe l’emergere di un cambiamento di sillabazione da (12) a (13). Ipotizziamo pertanto che un indebolimento di una delle due consonanti abbia prodotto una scansione
marcata, perché eterosillabica, di muta cum liquida: a.vrai > av.rai; a
questo punto lo sviluppo dello schwa sarebbe l’indizio di una ulteriore
risillabificazione: av.rai > a.ve.rai17.
Ora, se fosse l’ostruente ad aver subito una modificazione della sonorità, resterebbe da spiegare come mai il fenomeno non ha colpito le
velari /k/ e /g/, giacché non si vede per quale ragione ci dovrebbe essere una lacuna nella zona posteriore. Tutto invece diviene più semplice se si prova a spiegare il cambiamento di sillabazione mediante
uno spostamento della sonorità della liquida. In questo caso, si può
ragionevolmente ipotizzare che dalla polivibrante si sia passati ad una
monovibrante successivamente fricativizzata, anticipando quello che
sarà uno degli sviluppi successivi della /r/ in francese. Supponiamo
dunque di avere a che fare con un processo di indebolimento consonantico che genera un campo di variazione abbastanza prevedibile:
[r] > [|] > [ð]18. Un primo vantaggio di questa ipotesi è quello di
evitare di spiegare il fenomeno in termini di miglioramento articolatorio, giacché è ben noto che il gruppo muta cum liquida è tra i
migliori attacchi sillabici possibili, e non è così agevole giustificarne
la scissione19. Se invece supponiamo una desonorizzazione, passiamo
da un nesso C + liquida ad un nesso C1 + C2, con gli effetti contestuali evidenziati in (13). Un secondo vantaggio è quello di spiegare
plausibilmente la lacuna delle velari /k/ e /g/. Se l’esito fosse [|] o [ð],
le velari sarebbero escluse dal processo perché non condividono il
17
Sulla possibilità teorica e pratica che il latino tardo, così come alcune lingue romanze,
abbiano attraversato fasi in cui il nesso muta cum liquida sia stato sillabato /C.R/ e non /CR./,
vd. M. LOPORCARO, La sillabazione di muta cum liquida dal latino al romanzo, in Latin et
langues romanes: études de linguistique offertes à József Herman à l'occasion de son 80ème
anniversaire, publiées par S. Kiss, L. Mondin et G. Salvi, Tübingen, Niemeyer, 2005, pp. 419430.
18
Sappiamo, del resto, che /r/ era debole in anglo-normanno (vedi per esempio le rime sage : large nel bestiario di Philippe de Thaon). Sulla questione vedi M.K. POPE, From Latin to
Modern French with especial consideration of Anglo-Norman, Manchester, Manchester University Press, 1952, p. 450.
19
Vedi, per esempio, il lavoro ormai classico di TH. VENNEMANN, Preference laws for syllable structure and the explanation of sound change, Berlin/New York, Mouton de Gruyter,
1988.
418
Oreste Floquet
luogo di articolazione anteriore20. Sappiamo, del resto, che la
comparsa di vocali svarabhaktiche è facilitata quanto più vicina è
l’articolazione e la sonorità tra l’ostruente e la liquida21. Lo stadio
della nostra indagine non è tuttavia tale da fornire al momento dati più
precisi in merito. Resta il fatto che la nostra proposta, tutto sommato,
non fa che anticipare gli sviluppi della polivibrante proposti da Straka
e che noi semplifichiamo e sintetizziamo così22 :
(14)
(s1)
(s2)
(s3)
[r] > [|] >[ ð] > [z]
[r] > [l]
[r] > [R] > [å]
Vi è tuttavia un altro aspetto della questione che viene il più delle
volte ignorato, e che, al contrario, potrebbe guidarci nell’interpretazione. L’apparizione della vocale parassita avviene sporadicamente anche
in contesti con consonante laterale. Nel Voyage de Charlemagne, per
es., troviamo «Les tabeles sunt drecees, et sunt alet manger» (v. 832)
con tabeles per tables. Altrove, troviamo nobelesce per noblesce (in
Foedera) oppure sabelin per sablin (in vari testi). Anche in questi casi,
possiamo rifarci all’interpretazione precedente ed ipotizzare che la lenizione della laterale post-consonantica sia alla base dello sviluppo di
uno schwa intrusivo. Ma il caso che ci sembra più illuminante è quello
del Comput dove troviamo sette volte capitele per chapitre e due volte
capitle. Ritroviamo quest’ultima forma anche nella Vie de Saint Thomas Becket, in Foedera e nella La Vye de Seynt Fraunceys d’Assise.
Due sono gli aspetti che ci sembrano meritevoli di attenzione. Oltre allo sviluppo dello schwa, notiamo l’alternanza <l> ~ <r>, la quale potrebbe essere un ulteriore indizio di un indebolimento della /r/, così
20
Non è sempre agevole distinguere la monovibrante [|] dall’occlusiva dentale [d]; vedi
in merito J. LAVER, Principles of Phonetics, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, p.
224.
21
Per un’analisi fonetica del fenomeno nel francese del Québec e nello spagnolo argentino vedi L. COLANTONI-J. STEELE, Phonetically-driven epenthesis asymmetries in French and
Spanish obstruent-liquid clusters, in Theoretical and Experimental Approaches to Romance
Linguistics, edited by R. Gess and E.J. Rubin, Amsterdam-Philadelphia, John Benjamins Publishing Company, 2005, pp. 77-96.
22
G. STRAKA, Contribution à l’histoire de la consonne R en français, in Les sons et les
mots, édité par G. Straka, Paris, Klincksieck, 1979, pp. 465-499.
Sull’e parassita anglo-normanna
419
come di un suo spostamento verso un punto di articolazione anteriore.
Tale fenomeno lo ritroviamo anche in vari altri testi : epistle ~ epistre,
titles ~ titres, apostles ~ apostres; ma i dati non sono sufficienti per
giungere a conclusioni definitive riguardo la pronuncia. Quello che
invece può essere evidenziato è che il processo investe una serie limitata di parole di registro, tutto sommato, formale che hanno una vocale
tra l’occlusiva e la liquida (caduta a seguito di una sincope) in latino:
TABULAM, CAPITULUM, TITULUM, SABULUM. Una buona parte delle parole in /r/ sono del resto anch’esse ricollegabili a forme latine contenenti una vocalica tanto fonetica che grafica:
(15)
prenderai - prehendere
averai - habere
offerendes - offerre
vesperes - vesper / vesperis
marberin - marmoreus
Viene fatto di pensare che ci sia una relazione tra lo sviluppo della
vocale parassita e queste forme fonico-grafiche latine. Poiché l’instabilità della polivibrante è un fatto interlinguisticamente ben attestato,
si tratta a questo punto di capire quale fattore abbia permesso al fenomeno di essere legittimato e stabilizzato, sia al livello fonologico,
sia al livello grafico. Se il cambiamento è l’emergere di qualcosa che
già esiste, il punto cruciale è cercare di capire per quale ragione una
normale modificazione lineare diventa un evento discontinuo con implicazioni sistemiche23. La nostra proposta è che ad un certo punto le
forme lunghe con vocale parassita sono state indebitamente ricollegate
alle forme latine e di qui rianalizzate. La /ə/, in un primo tempo non
fonologica, avrebbe acquisito via via uno statuto pienamente lessicale
generando di fatto due allomorfi. Da una fase in cui la variazione era
23
Sulla differenza tra i livelli di cambiamento e le nozioni di modificazione ed evento,
vedi A. BADIOU, Logiques des mondes, Paris, Seuil, 2006, pp. 383-401. In maniera molto succinta, possiamo dire che Badiou distingue tra due tipi di trasfomazioni di un sistema (o, nella
sua terminologia, di un mondo): esiste un cambiamento regolare che è intrinseco alla struttura,
ma che non si manifesta in superficie, ed un cambiamento, di intensità più forte, che riesce ad
emergere trasformando così di fatto la struttura. Sull’idea che la storia (delle modificazioni)
sia diversa dalla Storia (degli eventi), vedi anche S. LAZARUS, Anthropologie du nom, Paris,
Seuil, 1996.
420
Oreste Floquet
solamente fonetica (spiegabile con l’ipotesi dell’indebolimento
progressivo delle liquide) ed aleatoria, si è passati quindi ad un’altra in
cui la forma lunga con schwa acquista un suo valore linguistico specifico – accanto alla forma base senza /ə/ – per la presunta somiglianza
con gli etimi latini. Si tratterebbe dunque di una specie di ipercorrettismo generato da un’interferenza del codice grafico su quello
fonico – detto anche effetto Buben –24 che proviamo a schematizzare
in tre passaggi25:
(16)
1a fase
2a fase
3a fase
esito regolare
sviluppo libero di un
secondo allomorfo che
però ancora non appare; livello non sistemico
l’allomorfo lungo
acquista un valore
linguistico; livello
sistemico
avrai
avrai
(averai)
avrai, averai
<habere>
La natura del lessico coinvolto già nei primi testi, lascia intravedere, infine, in quale ambito culturale il fenomeno si è potuto formalizzare: in un ambiente colto, in cui il contatto con la lingua latina
doveva essere frequente.
In conclusione, non ci sembra che il fenomeno possa essere spiegato semplicemente in termini fonetico-fonologici; bisogna, di contro,
far intervenire altri fattori contestuali, sociali e storici che ne hanno favorito lo sviluppo e l’accettazione nella comunità, pena il rischio di
24
Sull’influenza dello scritto sul parlato e viceversa (effetto Buben e contro-effetto Buben), vedi le analisi di alcune liaisons nel francese contemporaneo in B. LAKS, La liaison et
l’illusion, in «Langages», 39 (2005), pp. 101-125.
25
Per economia, abbiamo indicato tra parentesi uncinate solo la forma infinitiva.
Sull’e parassita anglo-normanna
421
descrivere solo la modificazione e non il cambiamento. Dal nostro
punto di vista, la tesi di Keller secondo cui lo svarabhakti è un fatto di
sostrato germanico non è tanto da confutare perché il fenomeno è rintracciabile anche in aree non germanofone – anzi, il fattore di sostrato
può essere a giusto titolo invocato come possibile motore dell’indebolimento delle liquide –, quanto perché ponendosi in maniera deterministica su di un piano esclusivamente articolatorio sfugge il problema
linguistico della specificità della vocale parassita anglo-normanna
nonché del che cosa ha fatto sì che questa fosse fonologizzata26. Si
tratta, insomma, di ricostruire non solo la storia meccanica, ma anche
la storia del valore linguistico del processo. Che poi è quello che fa di
una fonologia filologicamente orientata, una disciplina storica differente dalla fonologia soi-disant autonoma27.
26
H.-E. KELLER, Sur la possibilité de l’existence de traits phonétiques d’origine germaniques dans certains dialectes français de France, in Actes du XIIIème Congrès international
de Linguistique et Philologie Romanes, édités par M. Boudreault et F. Möhren, 2 voll., Québec, Les Presses de l’Université de Laval, 1976, II, pp. 499-514.
27
Sulla distinzione tra fonologie dei dati empirici (di orientamento filologico) e fonologie
dei prototipi (di orientamento formale), nonché sulle ricadute teoriche che questa comporta,
vedi B. LAKS, Pour une phonologie de corpus, in «Journal of French Language Studies», 18
(2008), pp. 3-32. Più in generale, per una moderna difesa del legame necessario tra filologia e
linguistica, vedi M. MANCINI, Introduzione, in Il cambiamento linguistico, a cura di M. Mancini, Roma, Carocci, 2003, pp. i-xviii.