20 Floquet (4).
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20 Floquet (4).
Sull’e parassita anglo-normanna nei nessi muta cum liquida Oreste Floquet L’apparizione di una vocale intrusiva /ə/ nei dialetti nord-occidentali dell’antico francese è una regola facoltativa, circoscritta ai contesti di muta cum liquida: (1) ø → ə / [+ostruente] _ [+vibrante] Il primo problema è quello di capire a quale livello di analisi appartiene (1). È stato proposto di considerarla una regola morfologica, generata da un processo di rianalisi a partire dagli infiniti in -er1. Tuttavia l’apparizione di una e intrusiva non è limitata solo ad alcune categorie verbali (il tipo avrai > averai), visto che la ritroviamo in forme nominali anche abbastanza antiche per le quali è difficile fare appello a meccanismi di tipo analogico2. I dati sembrano pertanto indicare che la disgiunzione del gruppo ostruente + vibrante non è un fenomeno circoscrivibile solo ai futuri, anche se non si può negare che lì il fenomeno è quantitativamente più significativo. Del resto già Morin sottolineava i problemi di un’analisi strettamente morfologica di questo /ə/, tematico nei verbi in -vr- (receivere), non tematico in vulderat, senza un’interpretazione morfologica possibile in livere3: 1 G. ZINK, Morphologie du français médiéval, Paris, PUF, 1989, p. 184. Vedi le forme averil, feverier, maisterie nel Comput di Philippe de Thaon. Per i riferimenti alle edizioni dei testi si rinvia alle nn. 5 e 6. 3 Y.-CH. MORIN, Morphologisation de l’épenthèse en ancien français, in «Canadian journal of Linguistics», 25 (1980), pp. 204-225, a p. 222, n. 19. In accordo con N. ANDRIEUX-E. BAUMGARTNER, Systèmes morphologiques de l’ancien français, Bordeaux, Sobodi, 1983, p. 144, escludiamo i casi di suppletismo come sofre+r+ai ~ sofer+r+ai, riconducibili a fenomeni di metatesi. 2 409 410 Oreste Floquet Dans le Roland, il est difficile de voir dans le e de vulderat une voyelle thématique. […] Il est plus vraisemblable que ce e soit dans la langue de Roland une sorte de voyelle épenthétique, plus ou moins morphologisée. Ailleurs dans le manuscrit, elle n’apparaît que dans les groupe [-vr-]: dans les verbes receivre, deveir, muveir, aveir, estuveir, où elle a la position d’une voyelle thématique, mais aussi dans recuverer < recuperare, recoeverement, uverir < ōpĕrīre, Severin, liverent < lībĕrant, livere < lībra, où elle n’a aucune interprétation morphologique possible. Si tratta quindi di un fenomeno fonologico che non è – come a volte affermato – esclusivamente anglo-normanno, bensì interessa tutta l’area settentrionale, includendo, dunque, anche il normanno e il piccardo4. Il nostro studio si concentrerà sui dati ricavati dal corpus anglonormanno ANH5, ai quali si aggiungono quelli del Voyage de Charlemagne, la cui edizione permette agevolmente un controllo qualitativo e quantitativo sulla presenza dello svarabhakti6. Come si evince dai dati in (2), la regola non opera nei contesti in cui l’ostruente sia velare: (2) /t/ + /r/ : estrai ~ esterai /d/ + /r/ : prendrai ~ prenderai /b/ + /r/ : marbrin ~ marberin /p/ + /r/ : esprit ~ esperit /v/ + /r/ : avrai ~ averai /f/ + /r/ : offrendes ~ offerendes Se si interrogano le concordanze dell’ANH e il dizionario di Walker7, cercando allomorfi con /ə/ di forme lessicali contenenti /kr/ e /gr/, non si trovano risultati. In (3), un elenco delle occorrenze (per ogni coppia la seconda forma, contrassegnata da un asterisco, si riferisce ad un allomorfo possibile, ma non attestato)8: 4 Vd. C.TH. GOSSEN, Grammaire de l’ancien picard, Paris, Klincksieck, 1970, p. 103. L’Anglo-Norman Hub (http://www.anglo-norman.net/) è una base dati contenente buona parte della produzione anglonormanna dalle origini al XV secolo. Le edizioni adottate sono quelle presenti nella base dati. Verranno prese in considerazione solamente le forme a testo; le varianti in apparato verranno sistematicamente ignorate. 6 Il viaggio di Carlomagno in Oriente, a cura di M. BONAFIN, Parma, Pratiche, 19933. 7 D. WALKER, Dictionnaire inverse de l’ancien français, Ottawa, Éditions de l’Université 5 Sull’e parassita anglo-normanna 411 (3) /gr/ /kr/ haliegre 1 *haliegere 0 segrai 1 *segerai 0 sacre 45 *sacere 0 megre 8 *megere 0 segrez 2 *segerez 0 veincre 2 *veincere 0 negre 1 *negere 0 tigre 7 *tigere 0 veincrez 1 *veincerez 0 palagre 6 *palagere 0 L’unica eccezione, ancorché tarda, limitata praticamente ai soli Portbooks e connotata diafasicamente, è la forma per indicare l’ancora o la tassa portuale, di cui segnaliamo solo i casi con vocale parassita : (4) /kr/ (grafie: <cr>, <kr>) ankerage, ankerages, ankerrage, hankerage, hankerages: 94 occorrenze Portbooks (sec. XV), una occorrenza nelle Northern Petitions (fine XIII-XV) ankeres, ankers, ancers: 7 occorrenze Portbooks, John of Gaunt’s Register (sec. XIV), Register of Daniel Rough (sec. XIV) Stabilita la lacuna riguardante le ostruenti velari, si tratta ora di inde Ottawa, 1982, pp. 189-190. 8 Dati ricavati dall’ANH. 412 Oreste Floquet terrogarsi sulla presenza della <e> da un punto di vista grafico nonché della sua reale consistenza fonica. Da un lato, possiamo dire che le forme con <e> non sono assolutamente minoritarie, per lo meno per quel che riguarda il corpus ANH che abbiamo esaminato. In (5), alcuni esempi concreti con il numero relativo di occorrenze: (5) <averai> <avrai> <averez > <avrez> <prenderai> <prendrai> <esterai> <estrai> <offerendes> <offrendes> <esperit> <esprit> 20 46 208 101 1 22 1 0 1 5 224 17 Esistono casi in cui, anzi, è la variante lunga ad essere più attestata. D’altro lato, possiamo domandarci se è lecito dedurre da quanto esposto finora che quando leggiamo una sequenza grafica contenente una <e>, questa corrisponde sempre ad un’unità del livello fonetico. Se prendiamo in considerazione le alternanze del tipo9: (6) <ferai> <frai> < frez> <ferez> 98 94 57 51 ci accorgiamo, per converso, che il fenomeno è presente anche lì dove lo schwa è pienamente lessicale. La situazione si presenta identica nel Voyage de Charlemagne. La <e> è da aggiungere ai seguenti versi: 9 frez). Chiaramente escludiamo il caso dell’aggettivo <frez>, nel senso di ‘fresco’ (pessoun Sull’e parassita anglo-normanna (7) v. 39 frez v. 42 frai v. 136 frai v. 164 frai v. 186 frunt v. 407 freie 413 v. 468 frai v. 556 frai v. 587 frai v. 724 frai v. 760 frai v. 767 freit In tutte queste occorrenze, la forma soggiacente non è /fr/ ma /fər/; da un punto di vista strettamente fonologico, dunque, la regola non dovrebbe operare10. Del resto, le alternanze del tipo <montaine~ montagne> oppure <fontaine~ fontagne>11, da accorpare con i dati già analizzati da Rothwell, ci ricordano che in anglo-normanno la distanza tra grafia e fonia è un problema reale e assai spinoso12. Non è quindi da escludere che dietro una grafia con ostruente + <e> possa celarsi una pronuncia sia con che senza /ə/: (8) [avərej] <averai> [fərej] <ferai> [avrej] [frej] [avərej] <avrai> [fərej] <frai> [avrej] [frej] Questo sembra obbligarci a valutare con estrema cautela i noti casi di anisosillabismo anglo-normanno, perché alcune irregolarità potrebbero essere solo apparenti. Prendiamo come esempio concreto il Voya10 Poiché non sembrano esserci le condizioni empiriche per una regola che semplificherebbe /fər/ in /fr/, meglio forse ricondurre il tutto ad un problema di realizzazione grafica dello schwa. 11 Vd. le analisi riguardanti le grafie della nasale palatale in O. FLOQUET, Sur la nasale palatale et les rimes approximatives en anglo-normand, in Actes du IIe Congrès Mondial de Linguistique française, New Orleans, EDP Sciences, 2010, pp. 1303-1315 (disponibile all’URL: http://www.linguistiquefrancaise.org/). 12 W. ROTHWELL, Ignorant scribe and learned editor: Patterns of textual error in editions of Anglo-French texts, 2004, URL: http://www.anglo-norman.net/articlesA/. 414 Oreste Floquet ge de Charlemagne dove sono numerosi i casi di <e> ipermetra: (9) v. 55 perderez v. 57 prenderai v. 57 averei v. 75 averai v. 110 offerendes v. 161 averez v. 162 averez v. 175 averez v. 177 averez v. 180 averez v. 198 fertere v. 220 receivere v. 236 prenderat v. 236 averat v. 253 deseveret v. 315 vo<l>derent v. 364 memberet v. 389 coverirent v. 398 vesperes v. 411 enpeverez v. 430 uverat v. 498 venderai v. 514 abaterai v. 534 averai v. 561 averai v. 601 saverat v. 658 responderai v. 685 ivere v. 694 avereit v. 745 beveres v. 761 averunt v. 776 aspandere v. 835 empeverez v. 840 volderunt Nulla vieta di considerare gli alessandrini in (10) – uno ipermetro ed uno ipometro –: (10) e averez le cultel que Deus tint al manger orendreit me frai baptizer et lever V. de Ch. v. 180 V. de Ch. v. 136 come perfettamente corretti dal punto di vista metrico, relegando così l’ipometria ad un livello puramente grafico. Una tale soluzione ci permette così di fornire una spiegazione unitaria tanto del tipo averez che del tipo frez, perché possiamo per entrambi ipotizzare una allografia di <e> alternante con zero. Una volta accettata l’ipotesi dell’alternanza grafica, si tratta ora di indagare il piano fonetico-fonologico, cercando di rendere ragione dell’apparizione di questa /ə/ facoltativa. Abbiamo finora volontariamente evitato di parlare di vocale epentetica perché la spiegazione che difendiamo circoscrive il fenomeno in oggetto entro un ambito esclusivamente fonotattico, ovvero di pura interazione tra i suoni, senza far intervenire nessun costituente fonologico precostituito. Consideriamo difatti /ə/ non come un segmento autonomo che si inserisce in un contesto fonologico che lo precede, bensì uno sviluppo fonetico legato alla normale dinamica tra i suoni. Sull’e parassita anglo-normanna 415 In questo senso ci ispiriamo innanzi tutto al lavoro della Hall13, nel quale si argomenta in favore di una distinzione teorica tra vocale epentetica e vocale parassita la quale è : (1) generata da un gruppo consonantico contenente una sonorante (ad esclusione delle geminate); (2) realizzata più spesso come schwa senza valore sillabico; (3) cancellata in ragione della velocità. Questa vocale non è dunque un segmento indipendente, bensì un fenomeno del tutto superficiale da distinguersi da una vocale epentetica vera e propria per le restrizioni fonotattiche che la governano. Per converso, la vocale epentetica può disgiungere qualsiasi gruppo consonantico, di preferenza quelli fonologicamente marcati, e divenire così il nucleo di una nuova sillaba. Ma quali possono essere i fattori scatenanti? A tal proposito fondiamo la nostra interpretazione basandoci sul modello connessionista sviluppato per il francese da Laks14 e per l’italiano da Calderone e Bertinetto15, cui rimandiamo per gli aspetti più tecnici. I segmenti, quali essi siano, hanno una loro forza intrinseca, cui va però aggiunta una forza contestuale in base a quello che precede ed a quello che segue. In (11), proviamo a schematizzare la forza intrinseca a-contestuale di ogni famiglia di segmenti, partendo dalla massima sonorità delle vocali, a quella minima delle consonanti, passando per il livello intermedio dei glide: (11) 13 livello massimo [vocali] livello intermedio [glide] livello minimo [liquide] [ostruenti] N. HALL, Gestures and Segments: Vowel Intrusion as Overlap, Doctoral Dissertation, University of Massachusetts-Amherst, 2003, URL: http://roa.rutgers.edu/view.php3?id=875. 14 B. LAKS, A Connectionist Account of French Syllabification, in «Lingua», 95 (1995), pp. 56-75. 15 B. CALDERONE-P.M. BERTINETTO, La sillaba come stabilizzatore di forze fonotattiche. Una modellizzazione, in «Quaderni del Laboratorio di Linguistica della Scuola Normale di Pisa», 6 (2006), URL: http://alphalinguistica.sns.it/QLL/QLL06/Calderone_Bertinetto.PDF. 416 Oreste Floquet Nei casi di contatto tra due consonanti, che sono poi quelli che ci interessano più da vicino, due soluzioni sono possibili una volta che i segmenti cominciano ad interagire tra di loro: (12) livello minimo livello intermedio [glide] [liquida] [ostruente] l’ostruente domina la liquida e ne aumenta la sonorità; di qui il contesto tautosillabico tipico dei nessi muta cum liquida, oppure: (13) livello intermedio livello minimo [ostruente] [ostruente] le due ostruenti si dissociano, e la prima viene resa più sonora dalla seconda; di qui il contesto eterosillabico tipico dei nessi C1 + C216. Secondo il modello che abbiamo adottato, una inserzione vocalica è possibile solo se a monte postuliamo un cambiamento di sonorità della 16 Il modello è, in realtà, più sofisticato perché per ogni segmento viene misurata la particolare forza contestuale a seconda dei segmenti che precedono e che seguono. Per i nostri fini, porre il problema in termini di mutamento della sillabazione, senza entrare nel dettaglio di una disamina fonotattica completa di /r/, ci sembra sufficiente. Sull’e parassita anglo-normanna 417 liquida o dell’ostruente, il che spiegherebbe l’emergere di un cambiamento di sillabazione da (12) a (13). Ipotizziamo pertanto che un indebolimento di una delle due consonanti abbia prodotto una scansione marcata, perché eterosillabica, di muta cum liquida: a.vrai > av.rai; a questo punto lo sviluppo dello schwa sarebbe l’indizio di una ulteriore risillabificazione: av.rai > a.ve.rai17. Ora, se fosse l’ostruente ad aver subito una modificazione della sonorità, resterebbe da spiegare come mai il fenomeno non ha colpito le velari /k/ e /g/, giacché non si vede per quale ragione ci dovrebbe essere una lacuna nella zona posteriore. Tutto invece diviene più semplice se si prova a spiegare il cambiamento di sillabazione mediante uno spostamento della sonorità della liquida. In questo caso, si può ragionevolmente ipotizzare che dalla polivibrante si sia passati ad una monovibrante successivamente fricativizzata, anticipando quello che sarà uno degli sviluppi successivi della /r/ in francese. Supponiamo dunque di avere a che fare con un processo di indebolimento consonantico che genera un campo di variazione abbastanza prevedibile: [r] > [|] > [ð]18. Un primo vantaggio di questa ipotesi è quello di evitare di spiegare il fenomeno in termini di miglioramento articolatorio, giacché è ben noto che il gruppo muta cum liquida è tra i migliori attacchi sillabici possibili, e non è così agevole giustificarne la scissione19. Se invece supponiamo una desonorizzazione, passiamo da un nesso C + liquida ad un nesso C1 + C2, con gli effetti contestuali evidenziati in (13). Un secondo vantaggio è quello di spiegare plausibilmente la lacuna delle velari /k/ e /g/. Se l’esito fosse [|] o [ð], le velari sarebbero escluse dal processo perché non condividono il 17 Sulla possibilità teorica e pratica che il latino tardo, così come alcune lingue romanze, abbiano attraversato fasi in cui il nesso muta cum liquida sia stato sillabato /C.R/ e non /CR./, vd. M. LOPORCARO, La sillabazione di muta cum liquida dal latino al romanzo, in Latin et langues romanes: études de linguistique offertes à József Herman à l'occasion de son 80ème anniversaire, publiées par S. Kiss, L. Mondin et G. Salvi, Tübingen, Niemeyer, 2005, pp. 419430. 18 Sappiamo, del resto, che /r/ era debole in anglo-normanno (vedi per esempio le rime sage : large nel bestiario di Philippe de Thaon). Sulla questione vedi M.K. POPE, From Latin to Modern French with especial consideration of Anglo-Norman, Manchester, Manchester University Press, 1952, p. 450. 19 Vedi, per esempio, il lavoro ormai classico di TH. VENNEMANN, Preference laws for syllable structure and the explanation of sound change, Berlin/New York, Mouton de Gruyter, 1988. 418 Oreste Floquet luogo di articolazione anteriore20. Sappiamo, del resto, che la comparsa di vocali svarabhaktiche è facilitata quanto più vicina è l’articolazione e la sonorità tra l’ostruente e la liquida21. Lo stadio della nostra indagine non è tuttavia tale da fornire al momento dati più precisi in merito. Resta il fatto che la nostra proposta, tutto sommato, non fa che anticipare gli sviluppi della polivibrante proposti da Straka e che noi semplifichiamo e sintetizziamo così22 : (14) (s1) (s2) (s3) [r] > [|] >[ ð] > [z] [r] > [l] [r] > [R] > [å] Vi è tuttavia un altro aspetto della questione che viene il più delle volte ignorato, e che, al contrario, potrebbe guidarci nell’interpretazione. L’apparizione della vocale parassita avviene sporadicamente anche in contesti con consonante laterale. Nel Voyage de Charlemagne, per es., troviamo «Les tabeles sunt drecees, et sunt alet manger» (v. 832) con tabeles per tables. Altrove, troviamo nobelesce per noblesce (in Foedera) oppure sabelin per sablin (in vari testi). Anche in questi casi, possiamo rifarci all’interpretazione precedente ed ipotizzare che la lenizione della laterale post-consonantica sia alla base dello sviluppo di uno schwa intrusivo. Ma il caso che ci sembra più illuminante è quello del Comput dove troviamo sette volte capitele per chapitre e due volte capitle. Ritroviamo quest’ultima forma anche nella Vie de Saint Thomas Becket, in Foedera e nella La Vye de Seynt Fraunceys d’Assise. Due sono gli aspetti che ci sembrano meritevoli di attenzione. Oltre allo sviluppo dello schwa, notiamo l’alternanza <l> ~ <r>, la quale potrebbe essere un ulteriore indizio di un indebolimento della /r/, così 20 Non è sempre agevole distinguere la monovibrante [|] dall’occlusiva dentale [d]; vedi in merito J. LAVER, Principles of Phonetics, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, p. 224. 21 Per un’analisi fonetica del fenomeno nel francese del Québec e nello spagnolo argentino vedi L. COLANTONI-J. STEELE, Phonetically-driven epenthesis asymmetries in French and Spanish obstruent-liquid clusters, in Theoretical and Experimental Approaches to Romance Linguistics, edited by R. Gess and E.J. Rubin, Amsterdam-Philadelphia, John Benjamins Publishing Company, 2005, pp. 77-96. 22 G. STRAKA, Contribution à l’histoire de la consonne R en français, in Les sons et les mots, édité par G. Straka, Paris, Klincksieck, 1979, pp. 465-499. Sull’e parassita anglo-normanna 419 come di un suo spostamento verso un punto di articolazione anteriore. Tale fenomeno lo ritroviamo anche in vari altri testi : epistle ~ epistre, titles ~ titres, apostles ~ apostres; ma i dati non sono sufficienti per giungere a conclusioni definitive riguardo la pronuncia. Quello che invece può essere evidenziato è che il processo investe una serie limitata di parole di registro, tutto sommato, formale che hanno una vocale tra l’occlusiva e la liquida (caduta a seguito di una sincope) in latino: TABULAM, CAPITULUM, TITULUM, SABULUM. Una buona parte delle parole in /r/ sono del resto anch’esse ricollegabili a forme latine contenenti una vocalica tanto fonetica che grafica: (15) prenderai - prehendere averai - habere offerendes - offerre vesperes - vesper / vesperis marberin - marmoreus Viene fatto di pensare che ci sia una relazione tra lo sviluppo della vocale parassita e queste forme fonico-grafiche latine. Poiché l’instabilità della polivibrante è un fatto interlinguisticamente ben attestato, si tratta a questo punto di capire quale fattore abbia permesso al fenomeno di essere legittimato e stabilizzato, sia al livello fonologico, sia al livello grafico. Se il cambiamento è l’emergere di qualcosa che già esiste, il punto cruciale è cercare di capire per quale ragione una normale modificazione lineare diventa un evento discontinuo con implicazioni sistemiche23. La nostra proposta è che ad un certo punto le forme lunghe con vocale parassita sono state indebitamente ricollegate alle forme latine e di qui rianalizzate. La /ə/, in un primo tempo non fonologica, avrebbe acquisito via via uno statuto pienamente lessicale generando di fatto due allomorfi. Da una fase in cui la variazione era 23 Sulla differenza tra i livelli di cambiamento e le nozioni di modificazione ed evento, vedi A. BADIOU, Logiques des mondes, Paris, Seuil, 2006, pp. 383-401. In maniera molto succinta, possiamo dire che Badiou distingue tra due tipi di trasfomazioni di un sistema (o, nella sua terminologia, di un mondo): esiste un cambiamento regolare che è intrinseco alla struttura, ma che non si manifesta in superficie, ed un cambiamento, di intensità più forte, che riesce ad emergere trasformando così di fatto la struttura. Sull’idea che la storia (delle modificazioni) sia diversa dalla Storia (degli eventi), vedi anche S. LAZARUS, Anthropologie du nom, Paris, Seuil, 1996. 420 Oreste Floquet solamente fonetica (spiegabile con l’ipotesi dell’indebolimento progressivo delle liquide) ed aleatoria, si è passati quindi ad un’altra in cui la forma lunga con schwa acquista un suo valore linguistico specifico – accanto alla forma base senza /ə/ – per la presunta somiglianza con gli etimi latini. Si tratterebbe dunque di una specie di ipercorrettismo generato da un’interferenza del codice grafico su quello fonico – detto anche effetto Buben –24 che proviamo a schematizzare in tre passaggi25: (16) 1a fase 2a fase 3a fase esito regolare sviluppo libero di un secondo allomorfo che però ancora non appare; livello non sistemico l’allomorfo lungo acquista un valore linguistico; livello sistemico avrai avrai (averai) avrai, averai <habere> La natura del lessico coinvolto già nei primi testi, lascia intravedere, infine, in quale ambito culturale il fenomeno si è potuto formalizzare: in un ambiente colto, in cui il contatto con la lingua latina doveva essere frequente. In conclusione, non ci sembra che il fenomeno possa essere spiegato semplicemente in termini fonetico-fonologici; bisogna, di contro, far intervenire altri fattori contestuali, sociali e storici che ne hanno favorito lo sviluppo e l’accettazione nella comunità, pena il rischio di 24 Sull’influenza dello scritto sul parlato e viceversa (effetto Buben e contro-effetto Buben), vedi le analisi di alcune liaisons nel francese contemporaneo in B. LAKS, La liaison et l’illusion, in «Langages», 39 (2005), pp. 101-125. 25 Per economia, abbiamo indicato tra parentesi uncinate solo la forma infinitiva. Sull’e parassita anglo-normanna 421 descrivere solo la modificazione e non il cambiamento. Dal nostro punto di vista, la tesi di Keller secondo cui lo svarabhakti è un fatto di sostrato germanico non è tanto da confutare perché il fenomeno è rintracciabile anche in aree non germanofone – anzi, il fattore di sostrato può essere a giusto titolo invocato come possibile motore dell’indebolimento delle liquide –, quanto perché ponendosi in maniera deterministica su di un piano esclusivamente articolatorio sfugge il problema linguistico della specificità della vocale parassita anglo-normanna nonché del che cosa ha fatto sì che questa fosse fonologizzata26. Si tratta, insomma, di ricostruire non solo la storia meccanica, ma anche la storia del valore linguistico del processo. Che poi è quello che fa di una fonologia filologicamente orientata, una disciplina storica differente dalla fonologia soi-disant autonoma27. 26 H.-E. KELLER, Sur la possibilité de l’existence de traits phonétiques d’origine germaniques dans certains dialectes français de France, in Actes du XIIIème Congrès international de Linguistique et Philologie Romanes, édités par M. Boudreault et F. Möhren, 2 voll., Québec, Les Presses de l’Université de Laval, 1976, II, pp. 499-514. 27 Sulla distinzione tra fonologie dei dati empirici (di orientamento filologico) e fonologie dei prototipi (di orientamento formale), nonché sulle ricadute teoriche che questa comporta, vedi B. LAKS, Pour une phonologie de corpus, in «Journal of French Language Studies», 18 (2008), pp. 3-32. Più in generale, per una moderna difesa del legame necessario tra filologia e linguistica, vedi M. MANCINI, Introduzione, in Il cambiamento linguistico, a cura di M. Mancini, Roma, Carocci, 2003, pp. i-xviii.