Inverno 2008 • VOL. 1 NO.2

Transcript

Inverno 2008 • VOL. 1 NO.2
In ver n o 2008 • VOL. 1 NO.2
Editore, Editeur, Editor
Articoli / Articles
6594417 CANADA
CANADA INC.
INC.
6594417
EDITORIALE
ITeam
Ciak, si gira!
Il caffè fa bene al fegato!
Marco Luciani
Luciani Castiglia,
Castiglia,
Marco
Direttore responsabile,
responsabile, Redacteur
Redacteur en
en Chef,
Chef, Editor
Editor Chief
Chief
Direttore
Gian Galeazzo
Galeazzo Pollifrone,
Pollifrone,
Gian
Così detta un consolidato esclamativo da set
cinematografico, che però ha il pregio di potersi
utilizzare, in sede di commento, anche in altre
circostanze. Nella grande geopolitica internazionale,
per esempio. A cominciare dai vicini del Sud, dove
un pressoché sconosciuto senatore outsider
dell’Illinois, in una campagna elettorale
indubbiamente storica, ha sbaragliato i “poteri forti”
repubblicani (ma perché, quelli democratici sono
forse “mammole”?) ottenendo un lasciapassare
democratico a dir poco epocale. Sperando di non
essere accusato di umorismo «razzista» anch’io, sono
proprio curioso di vedere cosa succederà ora che
alla «White House» alloggia un nero, mentre le
plurievocate forze “oscure” di Bush e del suo
entourage saranno sostituiti dalla tanto sbandierata
politica “in chiaro” della gestione di colore Obama.
Auguri sinceri, Barak, ne avrai bisogno per livellare
attese e progetti così fantasmagorici che Star Trek, in
confronto, è fiction per sbarbatelli. E in Italia?
Tranquilli, il Belpaese è un teatrino troppo gustoso
per poter chiudere i battenti al primo refolo di
vento. Dopo oltre mezzo secolo di guerra civile
partitica su Fascismo e Antifascismo, altamente
deleteria, eccoci all’era catodica del diverbio sociale
Berlusconismo-Antiberlusconismo. Chi «associa» e
chi si “dissocia”. L’italiano medio sente sempre il
prurito sottotraccia della baruffetta ideologica. E’
scritta nel suo Dna storico da Repubblica dei
Condomini.
Certo, guardandosi in giro abbiamo ben poco
da invidiare. Dal solstizio d’inverno all’equinozio di
primavera ci passano ad occhio e croce novanta
giorni. Una vita o un batter d’occhi, a seconda del
punto di vista. Fate voi. In Iraq e in Afghanistan,
morte e dolore (nel nome di Dio, pensate un po’)
continuano a scrivere a sangue un futuro cui rischia
di non arrivare nessuno. La Cina persiste a
proteggere il Tibet con il suo personalissimo spirito
olimpico. Iran e Corea del Nord fanno morire di
fame la base popolare ma in compenso sfoggiano
progetti nucleari da apocalisse. In Sudan, stanno
Tony Di
Di Labbio,
Labbio, Direttore
Direttore artistica,
artistica, Directeur
Directeur artistique,
artistique, Art
Art director
director
Tony
Il Piceno tra passato
e futuro
Marketing
L’italianità,
fra lingua e cucina
Direttore amministrativo,
amministrativo, Directeur
Directeur administratif,
administratif, Administrative
Administrative Manager
Manager
Direttore
Jadranka Subic,
Subic,
Jadranka
Coordinament generale,
generale, Coordinatrice
Coordinatrice générale,
générale, General
General coordination
coordination
Coordinament
Diya Angeli,
Angeli, Relazioni
Relazioni pubbliche,
pubbliche, Relations
Relations publiques,
publiques, Public
Public relations
relations
Diya
Marcoastiglia
uciani C Ideatore del progetto .It
L
tentando di far dimenticare il Ruanda. E se il mondo
che conta perdura nella sua colpevole indifferenza,
ci riuscirà alla grande. Non vi sono ancora venuti i
brividi? Bene, allora è meglio sorvolare su Nigeria,
Congo, Georgia, Thailandia, Pakistan, e via
belligerando, dove diritti ed esseri umani sono
regolarmente presi a fucilate.
Da buon cristiano (non è un titolo di merito)
rifletto a voce alta e non trovo angosciosamente
risposta a questa insana tendenza della specie
terrestre ad evitare accuratamente di starsene in
pace. Forse Hollywood, potrebbe aver già scritto
incosciamente una traccia di soluzione con un film
di fantastronomia di qualche anno fa: «Deep Impact».
Ditemi chi di voi non ha sognato, da allora, un
bell’asteroide tosto e implacabile, capace di far zittire
in “tempo zero” e per una causa comune
sufficentemente solida come la vita stessa del
pianeta, tutti i dissapori e le diatribe politico-socialireligiose tra Stati e Governi. Due coincidenze attuali
mi fanno sperare-tremare: una recente ricerca
scientifica ha rilevato come sul globo terracqueo
cadano 220.000 tonnellate all’anno di materia
siderale, come mai prima. Troppo leggera per
preoccupare ma sintomo certo di un’accresciuta
attività meteoritica astrale. L’altra coincidenza? Nel
film, il presidente degli Stati Uniti che si batte per
salvare la Terra è un ottimo Morgan Freeman, un
nero. Che Dio ce la mandi buona. La cometa.
2
Midlife tug of war for modern
italian women: juggling career,
Family and ageing parents
Redazioni • Rédaction • Editorial staff
ITALOFONA:
ITALOFONA:
Gian Galeazzo
Galeazzo Pollifrone,
Pollifrone, responsabile
responsabile
Gian
Angie Guarino,
Guarino, Laura
Laura Salvati
Salvati (assistenti)
(assistenti)
Angie
FRANCOPHONE: Khady
Khady Beye
Beye responsable
responsable
FRANCOPHONE:
Clelia Dangué,
Dangué, Caroline
Caroline Chavir-Vadri
Chavir-Vadri (assistantes)
(assistantes)
Clelia
ANGLOPHONE: Rosa
Rosa Vetrano
Vetrano responsable
responsable
ANGLOPHONE:
Miranda Piccolino,
Piccolino, Irene
Irene Marciante
Marciante (assistants)
(assistants)
Miranda
PROMOZIONE:
PROMOZIONE:
Evelyne Fiorenza,
Fiorenza, responsabile
responsabile
Evelyne
Isabelle Huot,
Huot, Nancy
Nancy Rossi
Rossi (assistenti)
(assistenti)
Isabelle
SCIENZE &
& VITA:
VITA: Mariagabriella
Mariagabriella Ghizzoni,
Ghizzoni, responsabile
responsabile
SCIENZE
Claudia Schiavoni,
Schiavoni, Gabriella
Gabriella Gobbi
Gobbi (assistenti)
(assistenti)
Claudia
CULTURALE:
Francesca Astengo,
Astengo, responsabile
responsabile
CULTURALE:
Francesca
Antonella Marotta,
Marotta, Gianfranco
Gianfranco Pennino
Pennino (assistenti)
(assistenti)
Antonella
ARTISTICA:
Bernadette Rusgal,
Rusgal, responsabile
responsabile
ARTISTICA:
Bernadette
Joseanne Brunelle,
Brunelle, Anita
Anita Aloisio
Aloisio (assistenti)
(assistenti)
Joseanne
COMUNITARIA: Sonia
Sonia Benedetto,
Benedetto, responsabile
responsabile
COMUNITARIA:
Teresa Romano,
Romano, Flavia
Flavia Gagliarducci
Gagliarducci (assistenti)
(assistenti)
Teresa
SPORTIVA:
MaLuCa, responsabile
responsabile
SPORTIVA:
MaLuCa,
Gianni Cristiano,
Cristiano, Piero
Piero Facchin
Facchin (assistenti)
(assistenti)
Gianni
Fotografi • Photographes • Photographers
Vincenzo DʼAlto,
DʼAlto, Sebastien
Sebastien Nudo,
Nudo, Ivan
Ivan Reina
Reina
Vincenzo
____________________________________________________
____________________________________________________
Collaborazioni • Collaborateurs • Contributors
Ada Nazzari,
Nazzari, Luigi
Luigi Colleoni,
Colleoni, Vincenza
Vincenza Santini,
Santini, Salvatore
Salvatore Modica,
Modica,
Ada
Claudine Douville,
Douville, Claudia
Claudia Schiavoni,
Schiavoni, Miranda
Miranda Piccolino,
Piccolino,
Claudine
Gabriella Gobbi,
Gobbi, Mariagabriella
Mariagabriella Ghizzoni,
Ghizzoni, Flavia
Flavia Gagliarducci,
Gagliarducci,
Gabriella
Clelia Dangué,
Dangué, Laura
Laura Salvati,
Salvati, Gianfranco
Gianfranco Pennino,
Pennino,
Clelia
Irene Marciante,
Marciante, Josianne
Josianne Brunelle,
Brunelle, Angie
Angie Guarino,
Guarino,
Irene
Teresa Romano,
Romano, Giani
Giani Cristiano
Cristiano
Teresa
3
Il rischio di trombosi raddoppia
con oltre 4 ore di viaggio
6
8
10
12
14
AUSTRIA: Introdotta patente per girare
con cane!
15
La “bellezza” di essere italiani
16
Un sogno diventa realtà:
su Marte c’è acqua !
17
Spitzer “mostra”
dove nascono le stelle
29
Tra Italia e Canada
uno stile «metropolitano»?
30
Le cellule immunitarie
stimolano i neuroni
32
Clonazione: tra medicina
ed etica morale
34
Le foreste? Aiutano l’effetto serra
36
Mamma, mi è scappata
la pipì…
38
Giappone: per gli uomini,
addio alla “pipì in piedi”?
40
Montreal, vera culla del multiculturalismo
41
L'uomo giusto
è quello che ti fa ridere
43
Puis, mon mari me souffle innocemment:
“Pourquoi pas dédier cet article à Guido
Nincheri?” ...Perfetto!
45
Sempre e comunque italiani
50
Majestueux Kilimandjaro
52
Un «calcio» alla tv
54
Le conclusioni di un convegno
sulla «terapia delle malattie epatiche» in Italia
Il caffè
fa bene
al fegato!
no studio di
ricercatori
dell’Istituto Mario
Negri: nelle giuste dosi
aiuta a combattere la
cirrosi epatica e il
tumore
Attili, «non devono invogliare a
un consumo esagerato di caffè,
ma sono importanti perché
possono portare alla scoperta
delle molecole protettive che
esso contiene, probabilmente
antiossidanti come i diterpeni».
ROMA - Il caffè non fa male,
anzi fa addirittura bene. Una
tazzina di espresso protegge
infatti il fegato da malattie gravi
come la cirrosi epatica e il
tumore, soprattutto quando il
soggetto è ad alto rischio per
queste patologie perché, ad
esempio, consuma molti alcolici.
La buona notizia arriva dalla
revisione di una serie di studi
che hanno avuto, negli anni,
come protagonista la bevanda
più amata dagli italiani. Un
compendio di risultati presentato
durante l’incontro «La terapia
delle malattie epatiche» da
Alessandra Tavani, che ha
condotto lo studio con Carlo La
Vecchia, entrambi dell’Istituto di
ricerche farmacologiche Mario
Negri di Milano.
Il consumo di caffè,
sottolinea Tavani, è associato a
riduzione di rischio della cirrosi:
infatti, maggiore è il consumo
della bevanda nera, minore la
presenza della gamma-glutamil
transferasi (GGT), un indicatore
della malattia. Analoga riduzione
di rischio si riscontra nei
confronti dell’epatocarcinoma, il
U
I BENEFICI
tumore del fegato. Numerosi
studi,
aggiunge
Tavani,
mostrano che il consumo di
caffè riduce infatti il rischio di
sviluppare questo tipo di
tumore. Varie componenti del
caffè possono essere collegate
agli effetti favorevoli della
bevanda contro il tumore
epatico: sia la stessa caffeina sia
i molti agenti antiossidanti di cui
il
caffè
è
una
fonte
preziosissima.
LE DOSI
Svezia:
un francobollo
per il cappuccino
e l’espresso
Il promotore dell’incontro
Adolfo
Francesco
Attili,
Ordinario di Gastroenterologia
presso l’Università di Roma La
Sapienza ha comunque precisato
che troppi caffè possono dare
disturbi come tachicardia e
difficoltà ad addormentarsi.
Questi risultati, ha spiegato
(ANSA) - I termini espresso, cappuccino, caffé freddo e macchiato
sono comparsi, scritti in italiano, su 1 dei 4 francobolli usciti
recentemente in Svezia. Le illustrazioni sono in tema: tazzine,
macchinetta per espresso, beccuccio per fare il cappuccino e scritte
in italiano con l’aggiunta del termine spagnolo ‘cortado’ (caffé
macchiato). Spiega in una nota il servizio filatelico: «In Svezia la
cultura del caffé trae la sua origine da quella italiana: non
potevamo ignorarlo... Pur contando, onestamente, su influenze
provenienti anche da altre tradizioni».
5
audiaSchiavoni
INSIDE.. .IT
la
by C
MIDLIFE TUG OF WAR
FOR MODERN ITALIAN WOMEN:
JUGGLING CAREER,
FAMILY AND AGEING PARENTS
Nowadays, many
modern Italian women
are faced with time and
energy constraints
caring for a parent.
Working full time and
caring for an elderly
parent, in addition to
filling the roles of wife,
mother and (often)
grandmother, can be an
overwhelming burden.
These women are frustrated
with Quebec’s cutbacks to the
public healthcare system. More
specifically, the network of health
care services which met the
needs of the elderly, have now
been weakened. In fact, the
correlation
between
a
diminishing
efficiency
in
government services and a
growing need for assistance
amongst the elderly is very
strong. Consequently, geriatrics
must now depend on alternative
solutions for daily assistance,
such as monitoring blood
pressure,
administering
medication,
bathing,
housecleaning, grocery shopping,
and transportation.
Italian society is familyoriented, thus there is a
substantial degree of expectation
of interfamilial assistance. Rather
than seeking professional services
to handle these tasks, ageing
Italian immigrants prefer turning
to their families. It has been
proven, that they turn mainly to
their daughters for assistance.
As for the daughters, these
women feel that their parents
have the right for dignity and
independence thus, will not send
6
them to nursing homes. In fact,
some still see it as socially and
culturally inconceivable to place
relatives in a home.
However, the feeling of
responsibility results in increased
pressure for these daughters.
They experience emotional
fatigue and physical exhaustion
trying to deal with their ageing
parent, while working and
managing their own homes and
families. Furthermore, an ageing
parent becomes increasingly
dependent and their children
must see them gradually
degenerate. Consequently, family
caregivers resent the increasing
demands on their time and a
sense of guilt is common.
A solution must be found.
Perhaps these Italian women will
have to sacrifice their Italian
family-oriented values, and
depend on professional helpers
or institutions to care for their
parent. In any case, it’s not easy.
This is just another example of
how increasing demands in
society contributes to the
deterioration of cultural values
and principles.
Spazio PICCOLINO
iranda
i
di M
La mia italianità “In Progress”
L’italianità si potrebbe definire
in mille modi perchè per ogni
persona vuol dire una cosa
diversa. L’italianità non è costretta
a limiti geografici e neppure a
limiti di nazionalità o di razza. In
poche parole, è a volte un modo
di vivere, di pensare e, in senso
generale, fa riferimento al sentirsi
italiano(a) senza necessariamente
esserlo. Per me, l’italianità si
definisce nella persona che sono,
nel modo in cui la cultura italiana
mi ha scolpito, poco a poco,
attraverso i miei ventidue anni.
Anzitutto, descrivere cos’è per
me l’italianità non è sempre facile
non avendola ancor
definita
concretamente. Ogni giorno, la
riscopro tramite la gente che
frequento e le cose che imparo e
subisce
un’evoluzione
interminabile. Ora come ora,
posso ritrovarla nelle mie
tantissime “identità”. Sono nata a
Montreal da genitori di origine
italiana,
dandomontrealese,
quebecchese, canadese e italocanadese. Essendo distante
migliaia di chilometri dalla patria
dei miei genitori ed avendo
visitato l’Italia soltanto due volte,
mi sento comunque più italiana
di tutte le mie altre identità.
Perché? Beh, probabilmente
perché sono stata stregata
dall’incantesimo di una cultura
che sveglia l’anima con la sua
lingua, poesia, cucina ed arte.
Dunque, la cultura italiana è per
I
te
n
a
lc
e
u
b
a
ig
L
me una passione e non
considero minimamente l’ipotesi
che le mie radici italiane possano
sparire perché mi trovo in un
«altro paese». L’italianità, a volte,
vuol dire anche che posso
andare in Italia e non sentirmi
mai come una “straniera”!
A parte le differenze nella
definizione
dell’italianità,
ricordiamoci al contempo che
tutti la vivono diversamente. Io lo
faccio col senso primordiale di
non fare mai sparire la cultura
italiana dalla mia vita e
trasmetterla il più possibile.
L’apprendimento dell’italiano è
una delle mie priorità, e ci sono
sempre cose che non conosco e
voglio imparare. Intanto, posso
7
già esprimermi abbastanza bene
in italiano senza che un
italiano… d’Italia si accorga che
sono canadese: per me, un
orgoglio! Poi, insegno al PICAI a
bambini di sei e sette anni.
Un lavoro che mi da la
soddisfazione di vedere dei
giovanissimi
italo-canadesi
imparare la loro cultura d’origine
(anche se alcuni lo fanno
controvoglia, un giorno spero
che capiranno l’utilità di aver
“sacrificato” i cartoni animati del
sabato mattino!). Mi piace la
musica italiana, come gli 883,
Ligabue o Tiziano Ferro, leggo
libri e riviste italiani e ogni tanto
mi trovo davanti alla televisione.
Più italiana di così!
Il Piceno
tra passato
e futuro
a
di AdNAZZARI
“La richezza più
grande del Piceno è
comunque la gente che
vi abita, abituata al
lavoro e al sacrificio,
ma anche amante della
vita, delle tradizioni,
della buona tavola e
soprattutto della
propria terra, che ha
saputo conservarsi
costruendo
un’economia avanzata
in una realtà a misura
d’uomo. È da questo
rispetto per la realtà
che li circonda che
nasce l’equilibrio del
Piceno e dei suoi
abitanti che pur
proiettati nel futuro
non hanno mai
dimenticato
l’importanza delle loro
origini”
From atop my nonna’s balcony, high on Monte
Rosara, only a winding road up from Ascoli Piceno’s
centro I stand and look out at the mezmerizing
veduta which spreads itself before my eyes. On this
clear morning, I can even see the ocean, far in the
horizon. To the east and west, dark, rich luscious
mountains and hills surround me and straight ahead,
the cluster of terra cotta roofs embedded deep in a
sort of valley…I stand amazed, how can so much
beauty inhabit such a small place?
My earliest memories of this place are the soft,
sandy beaches of Porto d’Ascoli, San Benedetto,
Porto San Giorgio and Civitanova. The aquamarine
waters that slowly become a deep, dark blue, the
white crests of waves that crash upon the shores, the
sea shells I collected. I remember the merchants
selling at the famous mercato every Wednesday and
Saturday, tossing clothes and shoes in the air, “Saldi!
Guardate donne che merce!” The taste of my first
ice cream, fior di latte and cioccolatta in a small
café in Acquasanta. I can still feel it’s creamy, cool
softness on my tongue. The rich taste of my Nonna’s
olio d’oliva extra vergine sprinkled lightly across
fresh bread from il forno. The sizzling sound and
tantalizing aroma of olive ascolane frying on the
stove and then the wonderful taste as I bit into one.
My mouth begins to water at the mere thought of
them. The famous Meletti bar…I still remember the
first time I visited it, I was in awe of its beautiful
antiquity. The strolls in Piazza del Popolo or through
Fermo’s mercantino dell’antiquariato. The sweet
aroma of pizzette from l’Assagino. The illustrious
buildings rich with history and visits to the small
paesi where my paretns and nonni were born. I
remember the laughs and smiles upon arrival and the
tears and watery eyes as I waved goodbye. As all
these memories crash upon the sandy shores of my
mind, I am struck with overwhelming emotions.
These emotions, much like the places, buildings and
faces that bring them about, form an integral part of
my identity. They define who I am and are
incredibly important to me because they are my
roots. Though I was born in Canada and am
Canadian, in my heart I feel and consider myself
Italian, more specifically marchigiana because it is
this culture that has surrounded me since my
childhood and was a fundamental part of my
upbringing. The first words which escaped my
mouth from when I was a ‘freginella’ (dialetto
ascolano) as my Nonna sometimes calls me were
‘sci, sci’ (dialetto ascolano).
Though I have
perfected my Italian now, I sometimes throw in the
odd word from my ascolano dialect for fun and in
order to feel a bit closer to my roots. I have been to
Italy, more specifically to the Marche region, many
times since I was a child. And every time I go, I take
back a little piece of its culture and I feel myself to
be even more marchigiana. I am proud to be
marchigiana because it is a region so rich in culture
and beauty. It is a region where monti and mare
engage in an everlasting love affair that enthralls
every person who ventures into its borders. It is a
place where family awaits me with open arms. It is a
place I consider my second home.
From the time when I was a little bambinella, I
was taught the importance of respecting my culture,
of upholding traditions and remembering my roots
and where I come from. So much so that it runs
through my veins and has made me the person I am
today. My Italian culture is and will always be very
important to me as it is what sets me apart from
others, yet at the same time identifies me as part of
an important community. It links me to others who
have been brought up the same way as I, no matter
what region they come from in Italy. As I run my
fingers over my stack of CDs, the melodies of some
of my favorite songs come into my mind, from great
Italian singers like Vasco Rossi, Gianluca Grignani,
Ligabue, Nek, 883 and many more. And I continue to
fuel my insatiable thirst for knowledge about Italy by
reading about its history in magazines, on the
Internet and through the publications and events of
important institutions such as ALMA that has made it
its mission to keep the Italian and more specifically
the marchigiani culture alive. Being part of such
organizations and participating in events organized
by the Italian community allows me to stay close to
my roots. Regional organizations such as ALMA are
the perfect way for young people to learn a little bit
more about where they come from and to discover
the true richness, beauty and culture of their region.
As we giovani italo-canadesi look into the future
with strong ambitions and dreams, we must not lose
sight of who we are or where we come from. Life
may throw many unknown things in our way that
may cause us at times to feel lost. Yet despite this, we
can know with certainty that there is always a place
we are linked to, there is always a part of us, that no
matter where we are, we can look back to to provide
us with a sense of comfort and belonging: our roots.
)
,n
c
s
(A
p
lo
e
zd
ia
P
9
cenza a ntini
S
in
di V
DIRITTO AL CUORE
«E tu, Vincenza, da dove vieni?»
«Sono canadese anch’io,»
rispondo. «Si, ma da dove vieni?»
È questa la conversazione che si
svolge ripetutamente con
persone che incontro per la
prima volta ovunque viaggio per
il mondo, nonostante mi ritrovi in
compagnia di altri canadesi e
che, come loro, sono nata in
Canada e ho vissuto qui tutta la
mia vita. Quando poi appago la
loro curiosità spiegando che
sono di origine italiana, appare
sui loro visi quel sorriso di
simpatia che dice, «Lo sapevamo
che c’era qualche cosa di
particolare»
L’italianità,
fra lingua
e cucina
10
Non mi fraintendete. Sono fierissima di essere
italiana e non perdo occasione per mettere in
evidenza la mia italianità. Per spiegare come questa
si esprime nella mia vita quotidiana ho bisogno di
mettere in rilievo due punti di referimento che,
almeno per me, costituiscono l’essenza dell’identità
italica stessa. Cioè, la famiglia e la buona cucina. Al
mattino, il profumo di un buon caffé espresso
riempe immancabilmente la nostra casa che, l’avrete
senz’altro intuito, si trova vicino a quella dei miei
genitori. La domenica mattina poi, si va tutti a messa,
compreso mio marito e le nostre due figlie: in
seguito,si pranza dai miei. Una routine che si ripete
ogni domenica, eccetto durante l’estate quando
siamo in Italia con i genitori di mio marito.
Per catturare appieno l’essenza di questa mia
italianità, che mi sto rendendo sempre più conto
essere alquanto «tradizionale», ho pensato di
condividere con voi alcuni brani di conversazioni
avute sia con italiani che “non-italiani”.
Sulla famiglia:
«Ma come fai a vivere cosí vicino ai tuoi? Non
impazzisci? ...Tua madre ti ha cresciute le figlie? Sei
molto fortunata!... Parlate l’italiano a casa? E anche
con le le figlie? Allora, anche loro parlano
italiano?...Tre lingue! Ma sono veramente fortunate...
Tua figlia maggiore ha ventiquattro anni, e ancora
vive con voi? Non è ora che si trovi un’appartamento
per conto suo? Altrimenti, quando mai imparerà il
senso di “responsabilità”?... Almeno vi paga
l’affitto?...Davvero? Sono solo due anni che lavora ed
è già riuscita a comperarsi un appartamento al mare
in Italia? Siete fortunati ad avere una figlia cosi
brava!»...
Sulla cucina:
«Che cosa mangi oggi? Ravioli? Ma sono
comprati? Ah... li hai fatti con tua madre. Ma fate
proprio tutto in casa? Pasta? Prosciutti? Salsicce? Vino?
Sugo di pomodori? Ma sei veramenta fortunata, che
hai imparato a fare tutte queste cose.... Ed è tua
madre, quella che vive vicino a te, che ti ha
insegnato tutto? ...E le figlie? Anche loro hanno
imparato a cucinare?...Ah, ho capito, è la nonna che
gliel’ha insegnato. Sono veramente fortunate!».
Credete davvero che necessitino di commenti,
tali considerazioni?
Modestamente, mi ritengo molto fortunata di
aver potuto mantenere, almeno per un altra
generazione, i valori, le consuetudini e le tradizioni
che hanno formato la mia identità. Inoltre, spero di
esser riuscita a trasmettere almeno un granello di
questa italianità alle mie figlie, anche se
inevitabilmente trasformata. La cultura, come ogni
tesoro che si rispetti, ha bisogno di guardiani fidati
per sorvegliarlo. E di testimoni entusiasti per
regalarne intatto ai posteri tutto il suo inestimabile
valore.
11
VOLARE / Studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Il rischio di trombosi raddoppia
con oltre 4 ore di viaggio
ricerca iniziata nel 2001 in
seguito al clamore suscitato dal
caso della giovane inglese
morta
dopo
un
volo
dall’Australia. La sindrome da
classe economica, questo il
nome popolare del fenomeno,
non è una malattia ma una
condizione che favorisce il
manifestarsi di tromboembolie.
Rimanere per ore immobili,
soprattutto in posizione seduta,
rallenta molto la circolazione
del sangue negli arti inferiori e
può favorire, nel momento in
cui ci si muove, il distacco di
trombi e, come estrema
conseguenza,
un’embolia
polmonare.
ATTENZIONE AI VIAGGI
BREVI - Lo studio dell’Oms
mette in guardia non solo chi fa
viaggi molto lunghi, ma anche
chi prende l’aereo più volte nel
giro di poche settimane. Questo
perché in realtà l’aumento del
rischio non si esaurisce con la
fine del viaggio, ma permane
per quattro settimane, e il
ripetersi delle stesse condizioni
di immobilità non può che
peggiorare la situazione. Da
Ginevra arriva quindi il
suggerimento di diffondere
un’informazione capillare ai
viaggiatori, presso gli aeroporti
o le stazioni dei pullman.
I CONSIGLI PER PREVENIRE A conforto di coloro che si
accingono a partire, arrivano
dall’Organizzazione anche una
serie di consigli e ragguagli
pratici, sebbene questa prima
parte della ricerca fosse mirata
solo a valutare l’incidenza del
rischio e non a divulgare linee
guida per la prevenzione. I
fattori più importanti si possono
valutare in partenza: l’obesità, il
fumo, la presenza di casi in
famiglia, ma anche il fatto di
essere molto alti o molto bassi
(sopra 1,90 o sotto 1,60 metri),
l’uso di contraccettivi orali,
sono come in ogni malattia
cardiovascolare elementi di
predisposizione. Inoltre, a
maggior cautela, ci sono alcuni
esercizi che si possono eseguire
anche
da
seduti,
che
favoriscono
una
sana
circolazione nelle gambe. Oltre
ad alzarsi ogni ora se possibile,
è utile muovere i piedi in su e
in giù usando l’articolazione
della caviglia, in modo da
esercitare
i
muscoli
del
polpaccio. Infine, attenzione
all’abbigliamento:
scegliere
vestiti, in particolare pantaloni,
larghi e comodi.
AUSTRIA
AUSTRIA
Introdotta patente per girare
con cane!
a cosiddetta “sindrome
da classe economica”
non è frequente ma
non va sottovalutata. E con
qualche accorgimento si
può prevenire
GINEVRA (Svizzera) - Attenzione alle lunghe
trasferte in aereo ma anche in auto o pullman:
quando si viaggia per più di quattro ore in
condizioni di immobilità il rischio di andare
incontro a un tromboembolo raddoppia. Malgrado
ciò non si tratta di un allarme, poiché le
probabilità di incorrere in questi problemi
circolatori restano basse, intorno a 1 caso su 6mila.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso
noti i risultati del suo progetto WRIGHT, una
L
12
VIENNA - Una ‘patente’ per condurre i
cani: per rendere meno conflittuale la
convivenza tra uomo e cane in città.
Vienna ha recentemente introdotto un
esame, per ora facoltativo, per i padroni e
i loro amici a quattro zampe. «Si tratta di
migliorare il comportamento sociale dei
cani e così di tener conto anche dei timori
nella popolazione per la sicurezza», ha
detto l’organizzatrice del progetto,
l’assessore all’ambiente della citta’ di
Vienna. Non c’è che dire, un duro colpo
al vecchio slogan «guida da cani»...(ANSA)
13
Un sogn o diven ta r ealtà:
su Mar te c’è acqua !
briellaGobbi
COSE DA “PAZZI”
a
di G
La “bellezza” di essere italiani
appartenga solo alla generazione dei nostri nonni.
Attraversando l’oceano, però, due o cento identità
si definiscono dentro di noi. Si scopre di essere
cittadini del mondo o meglio pellegrini nel
mondo; di condividere con il resto dell’umanità il
cammino di vita fatto di gioie, di sfide, di dolori,
di conquiste, di desideri. Di commuoversi
leggendo una poesia del portoghese Pessoa o
ascoltando la musica del russo Stravinsky. Ci si
accorge poi di poter vivere in ogni angolo del
mondo perché il mondo è la nostra grande casa.
Perché la pace del cuore viene da dentro e non da
fuori.
Accanto però ad un’identità così “global” e
cosmopolita, un cammino completamente
antitetico si delinea in noi: la ricerca spasmodica
di un’identità culturale, regionale e nazionale. È
come se questa società, che ci tira ineluttabilmente
verso la globalizzazione e l’appiattimento delle
culture, nello stesso tempo ci spingesse a ricercare
le nostre radici profonde. Senza le quali non
riusciremmo ad avere un’individualità. E allora si
comincia a cercare ciò che di più caro è dentro di
noi: la storia della nostra famiglia, della nostra
città, la ricchezza della nostra lingua, gli studi dei
classici latini, del Rinascimento italiano, il genio di
scienziati come Dulbecco, Rita Levi Montalcini o
Rubbia.
Il valore del pensiero classico, della logica,
della morale, del diritto, del sapere che sono alla
base della conquista della libertà dei popoli. Ed in
questa ricerca ci sorprendiamo nel vedere quanti
nostri compatrioti abbiano contribuito nel loro
percorso di vita ad arricchire il patrimonio
artistico-culturale dell’intera umanità.
Aveva ragione l’anziano missionario…. I nostri
occhi, i pensieri, sono nati nel bello. E se fosse
proprio la ricerca della bellezza intesa come
ricerca di una società migliore nella politica,
nell’arte, nell’economia, nella cultura, nella
scienza, nella medicina ed in ogni altra forma
d’espressione umana, interiore od esteriore, quello
che ci fa sentire così italiani?
tL
za
n
ie
c
s
o
i
b
u
R
rlo
a
C
“Vorrei essere italiano anch’io. Perché voi
italiani nascete con il concetto di bello. Sin dal
primo sguardo, dopo il primo vagito, siete immersi
nella bellezza del paesaggio, dell’architettura,
dell’arte e della cultura”. Così, appena arrivata in
città, mi disse un anziano missionario
quebecchese ritornato a Montreal dopo aver
passato più di 30 anni della sua vita in giro per il
mondo al servizio dei più diseredati. In un primo
momento non capii l’importanza ed il significato
di quelle parole che risuonarono alle mie orecchie
quasi prive di senso. Oggi, dopo sei anni esatti, mi
reinterrogo sul significato di essere italiana e sul
cammino fatto in questi anni alla ricerca di questo
senso.
L’emigrazione non è un viaggio in nave o in
aereo. È un cammino interiore, complesso,
tortuoso, arricchente ed affascinante. Rimanendo
in Italia si ha una percezione vaga ed astratta di
italianità e si pensa che il concetto di patria
di Mariagabriella Ghizzoni
La NASA e l’Agen zia Spaziale Eur opea (ESA)
con tin uan o l’esplor azion e su Mar te alla r icer ca
di acqua n ell’atm o sfer a, n el suo lo e n el
sottosuolo n on ch é di tr acce di vita or gan ica
1
14
3
6
2
L’obiettivo è quello di
ottenere
risposte
certe
sull’effettiva presenza di questa
sostanza vitale agli organismi
viventi ma anche di tracce sulla
sua esistenza passata, nel
tentativo
di
ricostruire
5
l’evoluzione del pianeta dal
momento in cui, secondo gli
astronomi, grandi masse d’acqua
lo avrebbero ricoperto.
Le prime immagini delle
osservazioni ravvicinate del
pianeta “rosso” trasmesse dalle
sonde Mar in er , alla fine degli
anni 60, e dalle sonde Vikin g,
dieci anni più tardi, erano state
accolte con grande stupore ma
con tanta delusione; appariva un
mondo tutt’altro che ospitale:
4
deserti aridi spesso sottoposti a
violente tempeste di sabbia, di
color rosso per la forte presenza
di composti di ferro (foto 1,2,3),
vulcani spenti, pianure di lava,
crateri, canyon profondi.(foto
4,5,6,7).
Dal
punto
di
vista
geologico, le informazioni
attuali, permettono alcune
considerazioni preliminari.
L’emisfero settentrionale,
con grandi pianure e altopiani, è
costituito da una crosta di
riformazione dominata da ampie
distese, più o meno levigate, di
materiali vulcanici effusivi
riversatisi
in
tempi
geologicamente recenti dagli
strati subcrostali.
L’attività interna del pianeta
è poi resa evidente dalla
presenza di altopiani di natura
vulcanica (vedi le dorsali di
Elysium e di Tharsis) sui quali si
elevano imponenti vulcani (il
monte Olympus misura 570 Km
di diametro di base e 26 Km di
8
9
quota) (foto 8).
Tali formazioni si sono
mantenute e accresciute in loco
per tempi prolungati, forse fino a
100 milioni di anni fa, prima che
la loro alimentazione venisse
interrotta dai movimenti tettonici.
L’emisfero settentrionale presenta
anche una calotta ghiacciata (foto
9, ripresa da Hubble) e lascia
intravedere quelli che potrebbero
essere stati i fondali di antichi
oceani.
L’emisfero meridionale con
antichi altopiani e grossi crateri
formati da bacini di impatto di
meteore (Hellas ha un diametro
di 2000 Km), appare di origine
più antica, in quanto le tracce del
bombardamento
meteoritico
sopravvivono in un ricco
assortimento.
Si osserva inoltre una vasta
calotta ghiacciata (foto 10,ripresa
da Hubble, foto 11).
La differente storia geologica fra
i due emisferi è messa in
evidenza da un sistema di
profonde faglie di lunga
estensione che li divide per un
certo tratto.(es. la valle Marineris
che si estende per oltre 5000 km
con larghezze fino a 120 km e
profondità
fino
a
6000
metri).(foto 12, 13, 14).
Si ritiene che Marte,
formatosi alla stessa epoca della
Terra, come questa possegga un
nucleo centrale circondato da un
mantello e da una crosta
superficiale di spessore medio di
40-50 km; tale valore è circa il
doppio di quello della crosta
terrestre.
Questo elevato
spessore e la mancanza di
un’adeguata base fluida di
sostegno (il mantello) avrebbero
impedito la costituzione delle
placche continentali galleggianti
simili a quelle terrestri e
11
13
conseguentemente la mancanza
di rilievi montuosi (catene
montane simili alle Alpi o alle
Montagne rocciose) di origine
tettonica.
Sepolto sotto il mantello, il
nucleo di Marte, povero di ferro
e di nichel, non raggiungerebbe
i 2500 km di diametro: troppo
minuscolo per possedere un
10
18
12
17
14
superficie nette tracce di
calanchi e canali (channels)
dovuti (forse) in passato al fluire
di grandi masse d’acqua,
provenienti
anche
dal
sottosuolo,
di
depositi
sedimentari che fanno pensare a
fondali lacustri o marini con una
serie di terrazze parallele alla
presunta linea costiera tipiche
dell’acqua che si ritira.(foto 15,
16, 17, 18, 19, 20)
campo magnetico significativo. Si rilevano invece
localmente proprietà magnetiche “a macchia di
leopardo”, soprattutto nell’emisfero sud, che
dipendono dalla consistenza delle polveri e delle
rocce ferrose.
I risultati delle sonde inviate alla fine degli
anni 90 hanno rinnovato la spinta e l’entusiasmo
per la ricerca sulla storia del pianeta rosso...
La sonda Mar s Path fin der , con l’esplorazione
del suo robottino Sojourner del suolo marziano, ci
ha inviato immagini particolareggiate ed
un’interessante campionatura dei minerali raccolti.
Le prime straordinarie immagini inviate dalla sonda
Mar s Global Sur veyor , in orbita intorno ad esso,
hanno permesso una rappresentazione globale ad
alta definizione del panorama marziano allargando
visuali in parte già note ed evidenziando in
18
15
16
20
19
20
IL pianeta è avvolto da una
fine atmosfera con nuvole rosate
costituita per il 95% da anidride
carbonica
e
non
offre
protezione
alle
radiazioni
ultraviolette, al vento solare e ai
raggi cosmici. Il continuo
bombardamento di radiazioni e
di particelle cariche di energia,
potrebbe aver prodotto nel
tempo
l’impoverimento
dell’atmosfera
del
pianeta
anche a causa dell’assenza di un
campo magnetico globale. Le
stagioni climatiche influiscono
notevolmente nella dinamica
delle masse aeriformi: la ciclica
evaporazione del ghiaccio al
polo sud, per la grande
esposizione solare durante
l’estate, provoca variazioni di
pressioni con conseguenti forti
venti di tipo ciclonico che
creano, favoriti dalla rarefazione
dell’aria,
tempeste
di
sabbia.(foto 21 su Marte e foto
22 simile sulla Terra)
21
Proprio questo fattore è la causa
di temperature molto basse ai
poli in inverno (-128 gradi), in
quanto non si genera un
significativo effetto serra, e delle
notevoli escursioni termiche tra
il giorno e la notte.
21
22
23
La sonda Odissey ha
confermato i risultati sulla
morfologia del terreno e sulla
dinamica
atmosferica
nelle
diverse stagioni. Nei suoi
rilevamenti ha ricostruito la
mappatura dei componenti e dei
minerali in superficie e nel
sottosuolo: non solo rocce
vulcaniche ma anche rocce
sedimentarie in cui si trova una
grande quantità di ematite.(foto
23 a raggi infrarossi)
Il 31 ottobre 2001, la sonda
ha inviato la prima immagine di
Marte a raggi infrarossi di una
vasta
area
ghiacciata
dell’emisfero sud composta da
anidride carbonica ma anche da
acqua solida.(foto 24)
Le informazioni acquisite e i
nuovi risultati dell’indagine
scientifica vengono studiati ed
elaborati per interpretare i
fenomeni e per confermare i
presupposti teorici.
I recenti mezzi di osservazione,
di rilevamento e di analisi sono
25
24
dotati di una strumentazione
tecnologica
sempre
più
sofisticata nelle stazioni orbitanti
e nei rover in esplorazione della
superficie.
Gli spettrometri a raggi
gamma e a neutroni rilevano e
misurano la presenza e la
concentrazione di idrogeno
(elemento costituente l’acqua
insieme all’ossigeno) nel suolo e
nel
sottosuolo.
Inoltre
dall’analisi dell’emissione dei
raggi gamma, per esposizione
del suolo ai raggi cosmici, si
ottiene uno spettro che permette
di individuarne gli elementi
componenti, la concentrazione
e la distribuzione.
L’insieme dei dati, elaborati
insieme alla strumentazione di
Mars Global Surveyor, (estate
2003) ha fornito la mappa della
distribuzione dell’acqua, sotto
forma di ghiaccio, concentrata
nelle regioni polari, sui versanti
dei vulcani, sul fondo dei
canyon e in vaste aree vicino
all’equatore (es. Valle Marineris).
Analizzando
migliaia
di
immagini,
misurazioni
ed
elaborazioni si rafforza l’ipotesi
che
i
fenomeni
erosivi,
alluvionali
e
di
depositi
23
stratiformi siano stati prodotti in
passato dall’azione meccanica di
grandi masse d’acqua. (foto 25)
Il 3 febbraio 2004 Mars
Odissey ha trovato tracce di
molto idrogeno anche sotto la
superficie del pianeta.
Anche dalla sonda europea
Mar s Ex pr ess dell’ESA, dopo la
delusione per la perdita del
rover Beagle 2 in fase di
atterraggio su Marte, arrivano le
prime conferme di vapore
d’acqua nell’atmosfera tramite
lo spettrometro Pfs (interamente
italiano,
analizzando la luce
riflessa
dalla
superficie
attraverso l’atmosfera determina
la composizione chimica in
funzione della quota),
di
consistenti valori di acqua
ghiacciata al polo sud con lo
spettrometro
Omega-Vnir
utilizzato per la mappatura
mineralogica della superficie
dall’analisi riflessa nel visibile e
nell’infrarosso. ( fabbricato in
Francia con la collaborazione di
ricercatori dell’Istituto nazionale
d’astrofisica di Roma )
Con le telecamere si
ottengono
riprese
tridimensionali
ad
alta
risoluzione, con gli spettrometri
a raggi infrarossi si sta cercando
il ghiaccio in superficie, mentre
con il radar Marsis (a segnali a
bassa frequenza) da aprile si
cercherà l’acqua nel sottosuolo.
Gli strumenti Aspera e Spicam
permetteranno di analizzare la
composizione
chimica
dell’atmosfera e di vedere
quanto gas si perde a causa
dell’erosione del vento solare.
La NASA da gennaio sta
esplorando il suolo con Spir it e
Oppor tun ity che sono atterrati
in due punti opposti del pianeta.
Il primo in località Gusev Crater
( antico bacino di un lago)(foto
26), il secondo in località di
Meridiani Planum ricca
di
ematite grigia (foto 27).
I due rover, come due veri
geologi all’opera, setacciano
palmo a palmo il terreno sul
quale si muovono, analizzano al
microscopio campioni di roccia
nel loro interno, per vedere la
struttura,
indagano
sulla
composizione con esami fisici,
chimici e per via spettrografica,
inviano e ricevono immagini,
dati e elaborazioni via radio con
le sonde orbitanti.
Uno staff al completo all’opera
in questo megalaboratorio
dislocato in più punti di Marte
per svelarne i suoi segreti.
Le immagini trasmesse sono di
qualità eccellente fornite da
sofisticate fotocamere digitali ed
ottenute dalla composizione,
come in un puzzle, di tanti
piccolissimi particolari.
È di questi giorni la conferma
che Spirit, nel cratere di Gusev,
ha scoperto, all’interno di alcuni
campioni
di
rocce,
microscopiche crepe contenenti
residui cristallini chiari, tracce di
acqua molto salata.
Grandi
rivelazioni ci arrivano in più da
Opportunity come verifica di
ipotesi credibili che aspettavano
28
26
solo conferme.
I campioni esaminati hanno una
struttura segnata da abbondanti
e
finissime
stratificazioni
ondulate (sedimenti marini che
sono stati sottoposti a delle
correnti) composti da granuli di
diverso spessore con la presenza
diffusa ovunque di sferule di
grande coesione, come la sabbia
del
mare,
dovute
ad
24
aggregazioni in presenza di
acqua (foto 28).
Nei piccoli vuoti la presenza
di sali minerali di elementi, tra
cui Bromo e Cloro, depositatisi
sul fondo marino (foto 29,30,31)
la cui composizione rivela
l’origine
di
formazione
nell’acqua o la permanenza in
essa, dopo la formazione, per
lungo tempo.
Ciò ha permesso al capo
scientifico della missione della
NASA, Steven Squyres, di
dichiarare : “Meridiani Planum
un tempo ospitava un oceano”.
Quelli
attuali
non
sono
certamente gli scenari del
pianeta immaginato da Lowel
alla fine dell’800 abitato da
civiltà extraterrestri (i marziani),
ma senza dubbio le conoscenze
attuali
sono
ancora
estremamente interessanti e
motivano ragionevolmente la
continuazione della ricerca
scientifica.
La
presenza
dell’acqua, anche allo stato
solido
apre spiragli di
eccezionale portata per il futuro.
I giacimenti già esistenti, in
opportune condizioni fisiche,
potrebbero trasformarsi dallo
stato solido a quello liquido.
Inoltre la possibile scoperta di
resti di microrganismi, cioè di
forme primordiali di vita del
lontano passato, costituirebbe
Gli scienziati hanno scoperto che Carina è la loro «culla»
una sensazionale conferma dell’esistenza di qualche forma
biologica che potrebbe essere ripristinata.
Per ricreare le condizioni climatiche del passato di Marte, si
potrebbe intervenire favorendo l’evaporazione dell’anidride
carbonica presente nel suolo in modo che la concentrazione
dell’atmosfera, ora troppo povera, aumenti sino ad ottenere
un’adeguata copertura del pianeta con conseguente innalzamento
della temperatura per effetto serra.
Ma la sfida potrebbe andare oltre perché su Marte, nonostante
le condizioni ostili di oggi, non si può a priori escludere di riuscire
a creare un ambiente idoneo per l’adattamento alla vita dell’uomo.
Spitzer “mostra”
dove nascono
le stelle
L’avventura continua......
30
- Ove non diversamente specificato, le foto sono di origine NASA e NASA-JPL
31
I
l super telescopio
a infrarossi della
Nasa ha ripreso la
formazione degli
astri all’interno di
una nebulosa lontana
10 mila anni luce
La n ebulosa Car in a: secon do gli scien ziati della Nasa è la «culla» delle
stelle ch e n ascon o (Reuters)
È stato tutto merito degli
occhi a infrarossi della Nasa. Lo
sguardo indagatore del super
telescopio spaziale Spitzer, infatti,
è riuscito a «catturare» la nascita di
alcune stelle. Di centomila astri, a
voler essere precisi: abbracciate
da una nuvola gassosa e tutti
intorno a una stella madre
lontana diecimila anni luce dalla
Terra. Gli scienziati della Nasa
hanno potuto così scoprire che la
nebulosa Carina è un’incubatrice.
Una vera e propria «culla»:
raccoglie le radiazioni e i venti
emanati da un grappolo di stelle
enormi che hanno squarciato le
nuvole di gas e polvere della
nebolusa comprimendole per
In Molise il libro piu’ grande del mondo: pesa 78 kg !
CAMPOBASSO - Pesa quasi 78 kg, è alto più’ di un metro e
occorrono quattro persone per sollevarlo: è il libro più grande del
mondo. Il volume, scritto al contrario e in geroglifico, è stato
realizzato da Michele Santelia, autore di Campobasso che candida
la sua opera al guinness dei primati. Si tratta del “libro dei morti
degli antichi Egizi”, insieme di papiri egiziani, raccolta di iscrizioni
magiche, riti, inni, credenze che servivano al defunto per
presentarsi al cospetto di Osiride... (ANSA)
formare nuove stelle.
Un evento assolutamente
eccezionale: per la prima volta
nella storia della Nasa, Spitzer è
riuscito ad attraversare l’ammasso
nebuloso e a scoprire la
formazione di nuove stelle. E la
sua telecamera ha ripreso tutto:
sono dei piccoli ammassi di
pulviscolo che prendono vita da
Eta Carinae, una delle più grandi
stelle nebulose conosciute, nata a
sua volta dall’enorme nebulosa
Carina. Ed è proprio lei, la grande
madre: Eta Carinae è grande 100
volte più del Sole ed è la seconda
stella più luminosa che esista. Gli
esperti della Nasa credono che
presto «morirà» in un’esplosione di
supernova.
via liarducci
Gag
TENDENZE...
a
di Fl
Tra Italia e Canada
uno stile «metropolitano»?
O
ggigiorno, credete
che siano gli stilisti
a creare la moda, o è la
gente che segue la
stessa? In realtà, si può
affermare che ognuno
di noi crea la sua
propria moda…
Io, essendo una giovane stilista
italo-canadese, ho notato come
non tutti seguono l’“ultima
moda”. Molti ne restano tagliati
fuori, mentre altri “lanciano” la
lora personale…
Nell’articolo
parlerò
dell’italianità di Montréal sulla
moda italiana. Fino a che punto
noi «montrealesi» ci lasciamo
influenzare dalla moda italiana
che si distingue per classe e
stile? Due anni fa mi trovavo in
Italia e notai che gli italiani
prendono molta cura di se stessi;
questo perché vivono in un altro
modo rispetto a noi. Un giorno,
di passaggio a Formia (una
località balneare vicino Roma)
saltava all’occhio come molte
persone
fossero
vestite
“fashion”.
Un esempio: sono rimasta
sbalordita nell’osservare una
donna sui 50 anni che, da come
era vestita, sembrava una
signorina di 20: in quel modo, la
signora mostrava la propria
bellezza
attraverso
l’abbigliamento, ben truccata,
con
grandi
occhiali,
un
completo di scarpe “in tinta” con
la borsa. Quel giorno lì ero con
una mia amica, con una
semplice t-shirt addosso, e circa
15 gradi di temperatura. Tutti ci
fissavano perché per noi era
caldo, mentre molti giravano già
in girocollo o con una
maglione… Forse si capiva che
noi eravamo americane…
In Italia, uomini o donne,
curano molto il proprio “look”
28
durante il giorno o anche solo
quando vanno a far spesa.
Perchè gli orari di lavoro sono
diversi dai nostri e, quindi,
hanno più tempo durante il
giorno per l’aspetto estetico
personale. L’aspetto da noi conta
meno, perché non fa parte del
nostro quotidiano seguire le
ultime tendenze sulla moda. In
Italia i materiali sono più leggeri,
colorati e scollati. Ad esempio il
lino si usa molto di più rispetto
a Montréal, perchè il clima lo
consente. In effetti, l’unico
momento in cui possiamo
vestirci così è d’estate, perchè
d’inverno non è davvero
possibile.
In Italia ho notato che sono
tutti molto simili nell’indossare
capi o accessori; tutti portano
nuovi occhiali e tutti sono
sempre all’ultima moda. La
bellezza di noi montrealesi sta
nel fatto che siamo multietnici.
La
nostra
identità
è
rappresentata attraverso vestiti,
cultura
e abbigliamento di
differente provenienza. Ma è
anche vero che qui siamo meno
pratici in termini di
moda.
Perchè? Uno dei motivi sta nel
fatto che la mattina ci alziamo
presto per andare a lavoro, e
vogliamo essere vestiti più a
nostro agio per il comfort. Molte
persone non sono pronte a
comprare abiti di marche
famose, allora si preferisce
vestire più semplice, casual.
D’inverno qui in Canada ci
si veste più per scaldarsi che
non per seguire la moda.
A differenza dell’Italia dove,
durante il pomeriggio, hanno 3
ore di riposo dal lavoro, qui
invece
abbiamo
soltanto
mezz’ora o un’ora di “lunch
time”. Anche questo è un
ostacolo in più per noi, perchè
in Italia hanno il tempo di
ritornare a casa per riposare, ma
qui in Canada dobbiamo
affrontare la giornata intera. Un
fatto che dipende anche dal tipo
di lavoro che si svolge o se si
vive in un piccolo centro o in
una metropoli. Diciamolo: in
Italia la moda è bella, perchè
quando
mi
capitava
di
passeggiare per le strade mi
sentivo come ad una sfilata: una
vera principessa.
Bello, anche, vedere tutta
quella gente ben vestita, che
punta
senza
dubbi
sull’abbigliamento e anche sugli
accessori. Sono rimasta stupita,
perché non mi sarei mai
aspettata di vedere persone
quasi “fanatiche” del proprio
corpo.
Qui in Nordamerica siamo
più rilassati e sportivi, meno
classici, ma andiamo più forte
sugli accessori. E la generazione
attuale tiene molto di più alla
moda e si prende piu’ cura nel
29
modo di vestire di quanto
accadesse prima. In strada non g
raro vedere giovani vestiti come
gli artisti; questo perché la
musica ha una grande influenza,
e la moda di oggi è
particolarmente sexy. I giovani
vogliono essere “fashionable” e
svelano il loro corpo con la
nuova moda.
Mi ricordo anni fa quando
certi amici andavano in Italia e
ritornavano a Montrèal mi
raccontavano
poi
dei
cambiamenti
di
moda,
abbigliamento o accessori, e mi
dicevano: ”In Italia non si usa
più, è fuori moda”. Quando
sapevo che era una cosa “fuori
moda”, non la indossavo più!.
Fino a qualche tempo fa la
moda a Montreal era in ritardo di
almeno 2 anni, ma sono già 3 o
4 anni che “guarda” a quella
italiana perchè vuole sempre
guardare al futuro senza sentirsi
fuori moda: “essere vestiti
strani”. Perchè è vero di sicuro
che siamo fanatici sul nostro
aspetto ed il “look”. Un’altra
volta, sempre 2 anni fa, ho fatto
il giro di tutti i negozi, ma
proprio tutti… E la moda era la
stessa di quella che troviamo qui
da noi.
Oggi posso dire che non
siamo più in ritardo sui vestiti,
ma siamo ancora “indietro” in
fatto di scarpe. In definitiva, dal
mio punto di vista, la donna
italo-canadese
è
più
conservatrice
della
donna
italiana.
MEDICINA
Le cellule
immunitarie
stimolano i
neuroni
RECENTE SCOPERTA
che attaccano, cioè, componenti specifiche del
sistema nervoso, danneggiandolo. Una malattia
tipica di questo tipo è la sclerosi multipla, in cui
le cellule di difesa attaccano la guaina mielinica
che riveste le fibre nervose. Eppure, gli esperti
sapevano che talvolta le cellule autoimmuni
specifiche del cervello sono presenti senza dare
problemi; un arcano difficile da interpretare.
U
n gruppo di ricercatori
israeliani ha dimostrato
che i linfociti “T”
garantiscono il processo di
rinnovamento dei circuiti nervosi
Il nostro sistema immunitario riveste un ruolo
molto importante nel mantenere la funzionalità
del cervello: alcuni ricercatori del Weizmann
Institute of Science di Rehovot, in Israele, hanno
dimostrato che cellule immunitarie specifiche, che
hanno cioè una funzione di difesa, sono cruciali
per mantenerlo giovane poiché stimolano la
rigenerazione dei neuroni. Secondo tale fonte,
queste cellule, speciali linfociti “T”, garantiscono il
processo di rinnovamento dei circuiti nervosi e di
ricambio cellulare con formazione di nuovi
neuroni (neurogenesi) in certe aree del cervello.
La scoperta, che sovverte quanto ritenuto finora e
cioè che il cervello sia una sorta di santuario
protetto in cui il sistema immunitario ha un ruolo
marginale per evitare che faccia danni, è avvenuta
grazie a studi su topi diretti dal Dr. Michal
Schwartz ed è ritenuta molto importante in quanto
apre nuove prospettive contro la perdita delle
funzioni cognitive e la neurodegenerazione tipica
della terza età.
FORMAZIONE DI NUOVI NEURONI Ebbene, gli scienziati israeliani hanno scoperto
che queste cellule autoimmuni hanno in realtà
anche un ruolo positivo per il cervello, perché lo
stimolano a rigenerarsi, con la formazione di
nuovi neuroni. In alcune aree cerebrali, come
l’ippocampo, la rigenerazione e il ricambio dei
neuroni nonché la formazione di nuove reti
neurali con creazione di nuove sinapsi sono
condizioni alla base di apprendimento e memoria.
I ricercatori hanno dimostrato che queste cellule
autoimmuni cervello-specifiche in quantità
controllata hanno dunque l’abilità di contrastare la
neurodegenerazione tipica di malattie come il
morbo di Alzheimer e di Parkinson, il glaucoma,
la sclerosi laterale amiotrofica. Inoltre, hanno
dimostrato che tali cellule partecipano al processo
di neurogenesi: infatti, topolini immunodepressi
sono deficitari di questo processo e hanno
problemi di apprendimento e memoria, ma
iniettando loro cellule T il processo di
neurogenesi si ripristina.
CELLULE IMMUNITARIE - È noto che con
l’invecchiamento diminuisce la funzionalità del
sistema immunitario, ha osservato Schwartz, e
questo potrebbe far venir meno il ruolo
rigenerante delle cellule T specifiche sul sistema
nervoso e, quindi, portare al suo invecchiamento.
Le cellule immunitarie, hanno spiegato i
ricercatori, in genere non vanno «d’accordo» con il
sistema nervoso, che è protetto dalla barriera
ematoencefalica dall’ingresso sia di sostanze
tossiche e patogeni sia dalla presenza impropria
di troppe cellule immunitarie. Tanto è vero che
spesso cellule di difesa nel cervello possono
provocare malattie. Si tratta di cellule autoimmuni
31
leliae angué
D
OSSERVAZIONI
di C l
Clonazione:
tra medicina
ed etica morale
Q
ualsiasi persona, vivendo la nostra
epoca, è cosciente dei cambiamenti che
avvengono nei diversi campi della vita,
soprattutto nel mondo scientifico. Oggi la
medicina e la biotecnologia permettono di
realizzare interventi che nessuno avrebbe
potuto immaginare cinquant’anni fa. Un
rene può essere trapiantato.
La clonazione di un animale
non ha più segreti per l’uomo.
Scoperte
e
rimedi
che
rappresentano un vero passo avanti
per l’umanità ma che tuttavia
creano dei problemi senza
precedenti a livello giuridico e
morale. E mi spiego sui perché.
Un
primo
problema,
fondamentale,
riguarda
la
riproduzione umana. Quante
coppie ricorrono all’inseminazione
artificiale poiché non possono
avere un bambino? Un esempio
ben conosciuto è quello inglese
nella provincia del Kent. Un uomo
chiese ad una donna di essere ?la
madre portatrice? per sua moglie
in quanto quest’ultima non poteva
avere figli. Ma una volta firmato il
contratto e fecondata la donna, la
stessa decise inaspettatamente di
tenere il bambino. Il padre si
affrettò a dichiarare il bambino suo
ma la donna affermò con vigore la
stessa cosa: ci volle l’intervento del
tribunale per risolvere l’intricata
vicenda.
Un altro dilemma etico che
solleva la medicina è la questione
dei limiti. Fino a dove la scienza ci
porterà? Prendiamo l’esempio
delle persone che sono mantenute
in vita grazie all’aiuto delle
macchine: ciò, affida una
responsabilità ed un potere
enormi alla persona che le
controlla. Come decidere se
qualcun altro, il cui cuore non
batte da solo, ha diritto di restare
in vita oppure no? Il risultato di
questo “potere” ci da forse una
nuova definizione della morte o
della sua «gestione» morale ancor
prima che fisica.
Il fatto, ad esempio, che i
biotecnici possano produrre delle
nuove forme di vita in laboratorio
è un altro di quei problemi dalle
conseguenze etiche estremamente
serie. Creare un batterio che
potrebbe sconvolgere il naturale
equilibrio delle cose non è in
qualche parte una sfida ad un
campo riservato per secoli al
concetto di intervento divino?
Inoltre, non è pericoloso aver a
che fare con una nuova forma di
vita di cui non si conoscono fino
in fondo i termini di reazione e
adattamento alla realtà? Non esiste
un minimo rischio che essa diventi
in qualche modo “incontrollabile”?
Quante sono davvero le persone,
soprattutto gli addetti ai lavori, che
temono
responsabilmente
l’accadere di queste cose?
Oggi gli scienziati sono capaci
di duplicare organismi viventi,
cellula dopo cellula, attraverso un
processo chiamato clonazione.
Alcuni anni fa il mondo rimase
incredulo davanti al successo della
duplicazione in fotocopia genetica
di una pecora diventata poi adulta:
Dolly. Oggi si continua a parlare di
clonare gli umani. Non posso far
altro che chiedermi preoccupata
se sia una cosa da considerare
veramente utile per la scienza e
l’umanità oppure da evitare in tutti
i modi possibili.
Per concludere, sarà scontato
ma dobbiamo riconoscere che il
progresso della scienza non ha
soltanto dei lati positivi. La
possibilità di creare o di
prolungare la vita oltre i limiti
attuali rimette in questione la
concezione più profonda della
stessa. Per queste ovvie ragioni è
importante chiedersi se la scienza
può davvero giustificare tutto.
Purtroppo non ho la
risposta, ma non per questo posso
esimermi dall’invitarvi a riflettere
sul
soggetto.
Potremmo
cominciare, magari, a “clonare”
insieme qualche buona idea per il
nostro incerto futuro.
PROVOCAZIONE DALLA SCIENZA
Le foreste?
Aiutano
l’effetto
serra
I risultati clamorosi di una ricerca
pubblicata su Nature. Le piante in
crescita assorbono anidride carbonica
ma emettono metano
potrebbe pensare, da processi di decomposizione
organica. Inoltre è stata individuata una
correlazione analoga a quella del processo di
fotosintesi clorofilliana: cioè maggiori sono la
temperatura e la radiazione solare, maggiore è
l’emissione di metano, tanto che queste
raddoppiano quando la temperatura dell’aria
aumenta di 10°C.
L
e foreste come salutari
polmoni della Terra, in grado
di rimuovere anidride carbonica
dall’atmosfera e scongiurare il
riscaldamento globale? Macchè,
tutto sbagliato, tutto da rifare.
Secondo un clamoroso studio
pubblicato sulla rivista scientifica
Nature le foreste assorbono
senz’altro anidride carbonica, ma
rilasciano metano, che è un gas
serra con un potenziale riscaldante
molto alto.
Con clusion e par adossale, in un mondo che
si riscalda le foreste sarebbero da ridurre,
piuttosto che da estendere. Secondo i ricercatori
europei, considerata l’attuale copertura vegetale
sul pianeta, il contributo delle piante al metano
atmosferico raggiungerebbe addirittura il 30%. Se
si tiene conto che il metano ha un potere
riscaldante 21 volte superiore a quello
dell’anidride carbonica, si dovrebbe concludere
che l’assorbimento di questo gas serra operato
dalle piante attraverso la fotosintesi clorofilliana
diventa ben poca cosa rispetto alla contestuale
emissione di metano. Attraverso quali specifici
processi le piante producano metano rimane
tuttavia un mistero che gli stessi autori della
scoperta non sono in grado chiarire.
Come era prevedibile, non appena resa nota,
la scoperta ha suscitato una valanga di polemiche.
I favorevoli sostengono che ora si spiega perché,
negli ultimi anni, gli osservatori climatici di tutto il
mondo rilevano una riduzione del metano
atmosferico.
Essa
sarebbe
dovuta
alla
deforestazione che, avendo ridotto la copertura
vegetale di circa il 12% tra il 1990 ed il 2000,
avrebbe portato ad una riduzione delle emissioni
di metano. Gli scettici, invece, obiettano che gli
esperimenti dei ricercatori europei, essendo
effettuati in laboratorio o in serra, su piante che
hanno cicli vegetativi piuttosto rapidi e vita media
breve, non possono essere generalizzati a tutto il
mondo vegetale nelle sue condizioni naturali .
Se la scoperta fosse in qualche modo
confermata, inutile dire che sarebbe l’inizio di un
vero e proprio caos scientifico e... amministrativo.
L’in cr edibile scoper ta, ch e h a lasciato di
stucco i botan ici di tutto il mon do, è stata fatta
da ricercatori europei del Max Planck Institut di
Heidelberg (Germania), del Dipartimento
dell’Agricoltura di Belfast (Gran Bretagna) e
dell’Università di Utrecht (Olanda), i quali hanno
condotto una serie di esperimenti sia in
laboratorio sia in campi coltivati nelle serre,
utilizzando traccianti radioattivi e analisi chimicofisiche per rilevare le emissioni naturali delle
piante. In questo modo sarebbero arrivati alla
certezza che il metano emesso proviene dagli
stessi processi vitali delle piante e non, come si
35
La dose MODICA
atore
v
l
a
S
di
Q
uante volte vi siete trovati
di fronte a una tale
situazione, cioè che il vostro
bambino, svegliandosi, viene a
vedervi e con candore confessa
che si è fatto la pipì addosso
durante la notte?
Questo disturbo viene definito con il termine «
enuresi », ossia l’emissione involontaria e
incosciente d’urina, che avviene di solito durante il
sonno, in bambini oltre i cinque anni di età, in
assenza di lesioni dell’apparato urinario. In Canada
si contano oltre 200.000 bambini al di là dei cinque
anni di età, che fanno ancora la pipì a letto.
Crescendo, meno bambini bagnano il letto: dal 15
al 20% dei bambini fanno pipì a letto a 5 anni, dal
7 al 10% lo fanno a 7 anni e solo l’1% lo fa ancora
in età adolescenziale, cioè 15 anni e più. Altro dato
statistico, l’enuresi colpisce più i maschi che le
donne (in rapporto: 3-1). Esistono tre forme diverse
di en ur esi in fan tile : A) Forma primaria: il
bambino, oltre i 4-5 anni, bagna il letto senza aver
mai acquisito il controllo delle minzioni notturne
(85% dei casi). B) Forma secondaria: il piccolo, in
un primo tempo raggiunge il controllo della
vescica, lo mantiene per almeno 5-6 mesi, ma
riprende in seguito a bagnare il letto (13% dei casi).
C) Forma automatica: il disturbo si presenta sia di
notte che di giorno.
Diverse le cause possibili dell’enuresi:
1 . Ritardo nello sviluppo del controllo della
funzione vescicale;
2. Sonno pesante;
3. Maggiore produzione d’urina durante la notte,
eccedendo così la capacità della vescica ;
4. Ridotta secrezione notturna di ADH o ormone
antidiuretico;
5. Ereditarietà ;
36
6. Cause fisiche (infezioni delle vie urinarie,
diabete, malformazioni di organi dell’apparato
urinario);
7. Influenze emozionali (ricerca di attenzioni da
parte del bambino, ansia legata a particolari
momenti di stress e tensione emotiva). La prima
cosa da fare in tali situazioni è di consultare un
pediatra per escludere ogni possibilità dovuta a
cause fisiche. È poi responsabilità del medico
riconoscere l’enuresi come un problema serio
che necessita di trattamento. Non si deve
accettare il fatto che il tempo risolverà prima o
poi il problema, con il medico si dovrà
discutere di un tipo d’intervento piuttosto che
un altro o per una combinazione degli stessi.
Non dimenticatevi che l’enuresi può incidere
sullo sviluppo psicologico del vostro bambino,
causandogli vergogna, colpevolezza, bassa
stima di sé, tutte sensazioni che si rifletteranno
nel tempo in problemi di comportamento,
come la chiusura in se stessi o l’aggressività.
In ter ven to far macologico
Un farmaco comunemente utilizzato nel
trattamento dell’enuresi è la Desmopressine
(DDAVP), la cui azione principale consiste nella
riduzione della produzione di urine, attraverso la
ritenzione dei fluidi e la concentrazione delle urine
a livello dei tubi distali. La desmopressine agisce
rapidamente e si sceglie quando si vogliono notti
asciutte immediatamente, quando non si ha il
tempo d’insegnare il condizionamento per « allarme
» (un altro trattamento), quando si vuole un risultato
a breve scadenza ( esempio: vacanze), oppure per
migliorare la stima in se stesso del bambino. La
maggioranza dei bambini ottiene un controllo
urinario da 3 a 6 mesi dopo l’utilizzo continuo, però
gli studi divergono quanto ai risultati ed in certuni
fra di essi si osserva un’alta percentuale di recidiva
dell’enuresi una volta sospesa la desmopressina.
Intervento comportamentale: richiede molto
più tempo ma permette il mantenimento a lungo
Mamma,
mi è scappata
la pipì…
termine del comportamento acquisito. L’obiettivo è
di agire concretamente sul comportamento del
bambino, utilizzando un sistema di incentivi che lo
diriga verso l’acquisizione del comportamento
desiderato e l’eliminazione di quello indesiderato. A
ciò si accompagna un continuo monitoraggio dello
stato psicologico del bambino e dei suoi aspetti
emotivi (ansie, paure, sentimenti di vergogna).
Diversi metodi sono stati provati per tentare di
controllare l’enuresi notturna, ma nessuno ha avuto
successo da solo. Svegliare il bambino durante la
notte non fa che privarlo del sonno; limitarlo nella
quantità di liquidi aiuta pochissimo; le ricompense e
i tabelloni d’incoraggiamento significano che il
bambino ha già un certo controllo dell’enuresi; gli
esercizi che insegnano a trattenersi non correggono
il problema di troppa produzione d’urina in rapporto
alla capacità della vescica e la consultazione d’uno
psichiatra lascia supporre che ci sia una ragione
psicologica dietro il problema. Anche se nessuno di
questi metodi funziona da solo, essi possono essere
utilizzati in combinazione con altri.
Un altro metodo è quello degli apparecchi che
danno l’allarme, suonando alla prima goccia di pipì
nel pigiama, più utili di quanto non sembri,
sollecitano il risveglio e allenano il riflesso, ma non
sono ben accettati dal bambino. Infine, non
dimenticate che il vostro bambino bagna il letto
involontariamente e che anzi ne prova abitualmente
vergogna.
Incoraggiatelo e ditegli che siete sicuri che un
giorno saprà sormontare il problema da solo.
Un consiglio: evitate di dargli troppo da bere
prima d’andare a letto e domandategli d’andare al
bagno appena prima di coricarsi. Svegliatelo durante
la notte affinché possa andare a far pipì.
Congratulatevi con lui se non ha bagnato il letto e
non punitelo mai in caso contrario.
Ricordatevi anche che il vostro appoggio e
quello della famiglia sono fondamentali per la
riuscita del trattamento.
Informazioni: (514) 252-7000.
37
Articoli SALVATI
ura
a
da L
Montreal, vera culla del multiculturalismo
Giappone: per gli uomini,
addio alla “pipì in piedi”?
La pipì gli uomini la fanno
da milioni di anni in piedi, ma
dall’invenzione della tazza in
poi questa postura ha richiesto
almeno una capacità: mir ar e
giusto.
In Giappon e sembra che
gli
uomini
non
siano
particolarmente dotati di senso
della direzione e che quindi
stiano sempre di più adottando
la
p o sizio n e
fem m in ile
quando si chiudono nella
stanza più appartata della casa.
La tendenza è emersa in
seguito a uno studio effettuato
dalla Matsush ita Electr ic
Wor ks, produttrice di wc, che
ha rivelato come quasi la metà
del
cam p io n e
m asch ile
in ter v istato (il 4 9 %) h a
am m esso di utilizzar e il
w ater in m odo com odo a
causa delle lamentele delle
proprie mogli sulla quantità di
liquido destinato al pavimento.
I signori che abbassano la
tavoletta sono risultati essere
più del tr iplo di quelli ch e lo
stesso
studio
av ev a
in dividuato otto an n i pr ima,
mentre nel 2004 erano il 30%.
38
alla terra che noi, famiglie d’immigranti, abbiamo
lasciata, ma che vivrà sempre nel nostro cuore e
nella nostra anima.
Il multiculturalismo montrealese è anche dovuto
al fatto che ci troviamo nella provincia del Quebec,
la sola dove si pratica un reale bilinguismo. Qui si
devono capire e parlare inglese e francese per
comunicare efficacemente.Godiamo così di tre
lingue: le due nazionali del Canada, oltre alla nostra
materna. Quando si è arrivati parlando solo l’italiano,
per esempio, la barriera linguistica sembrava
insormontabile. Però, una volta che i nuovi venuti si
sono liberati da paure e insicurezze, hanno imparato
ad apprezzare i vari benefici legati alla
comprensione delle tre lingue. Conoscenze
linguistiche poi trasmesse ai figli per acquisire gli
stessi vantaggi. Il plurilinguismo ci assicura un
avvenire di maggior successo nel paese che ha
accolto i nostri genitori e ci permette di apprezzare
meglio il nostro patrimonio. Attualmente, essere
immigranti o discendenti d’immigranti è un onore,
un privilegio, non una vergogna da nascondere.
Venire da altrove significa aver avuto il coraggio di
lasciare la famiglia per un futuro imprevedibile. Noi,
figli d’immigranti, parliamo, leggiamo e scriviamo in
tre lingue: le porte del mondo si aprono al nostro
passaggio.
Montreal è una città dove l’individualità è
riconosciuta e rispettata. Qui come in pochi altri
posti le idee e le competenze di una persona
misurano il suo successo. Questa metropoli accoglie
calorosamente moltissime famiglie straniere,
permettendo loro un domani più sereno. Una città
che ci riunisce tutti dietro l’appellativo di
“montrealesi”.
Sta a noi, come ringraziamento, far scoprire la
sconosciuta bellezza della nostra terra natia a questa
realtà sociale ed i suoi abitanti.
M
USI CHE CAMBIANO
Dall’analisi, condotta in una
fascia di età fra i 30 e i 50 anni,
è an ch e emer so come i più
disposti a cambiar e abitudin i
sian o i più giovan i.
Il water in Giappone è del
resto un argomento di una certa
serietà, dal momento che sono
diffusi
articoli
come
la
tav o letta
r iscaldata,
o
dispositivi come il bidet
incorporato nella tazza. Le
to ilettes p ubblich e
sono
invece dotate di suoni di
sciacquone prodotti ad arte per
coprire imbarazzanti rumori.
ontreal è una metropoli
riconosciuta ed
ammirata mondialmente per la
ricchezza e la diversità della
sua cultura
Qui, si trovano individui di ogni parte del
mondo, ciascuno con le proprie tradizioni: il luogo
ideale d’incontro di queste diverse culture. In pratica,
si può esplorare il mondo per mezzo di un semplice
giro tra le sue strade. La metropoli accoglie nuovi
immigranti quasi quotidianamente, gente che
mantiene legami ed affetti profondi con la
madrepatria ma che dimostra anche un autentico
rispetto per la terra che li ha accolti, ossia il Quebec.
Montreal offre a tutti un posto sicuro dove stabilirsi
e far crescere una famiglia. Un’apertura sul mondo
che ha fatto della nostra città un posto privilegiato
dove si può cominciare una nuova vita senza
perdere le proprie radici.
I miei genitori, come tanti altri, arrivarono a
Montreal per approfittare di questa “terra
d’opportunità”. Il Canada e gli Stati-Uniti, infatti,
sono forse i due soli paesi al mondo dove un
individuo di umili origini, comunque dotato
d’intelligenza e ambizione, può diventare un uomo
di successo. Inoltre, il Canada possiede un chiaro
vantaggio sull’America: qui l’individualità e non la
conformità è di rigore. Quando si vive in America, si
è americani, punto e basta. D’altronde, quando si
abita in un posto come Montreal, si manifesta
l’amore per il luogo di nascità; si è canadesi, ma
anche italiani o greci o magari africani. Il
multiculturalismo di questa città è dovuto a tale
sentimento di fierezza delle nostre origini. Quartieri
come la “Piccola Italia” o “Chinatown” sono omaggi
39
CONFERMA DA RICERCHE USA
Calamaio & PENNINO
franco
n
a
i
G
di
L'uomo giusto
è quello che ti fa ridere
Leader sh ip’s Elusive Natur e
U
na risata aiuta a
riconoscere il partner: la
spiegazione scientifica del
perché le signore preferiscono
gli uomini simpatici
experience and body of knowledge.
Although there is much we can say about
leadership, we must ultimately accept that it
probably will be never fully understood, as it still
escapes a thorough definition, one capable of
encompassing its innumerable and complex facets,
together with the leader’s unique personality and
leadership style, and with the make up of his group
of followers.
Leadership’s elusive nature -as I have come to
understand it through my own personal experience
- will provide the backdrop for this journey of
reflection and discovery. I shall look at a number of
aspects and characteristics related to leaders and
leadership, particularly those which seem relevant
enough to be singled out among the many that
surfaced when brainstorming for this column. For
instance, I will dwell and explore a leader’s ability to
“make things happen”, his willingness to include his
subordinates in his projects, his taking a stand when
faced with difficult choices, his ability to always be
an agent of change, or his humanness in his dealings
with others.
Our society is fascinated with leaders. They are
usually the terminal of great public adulation, and
never fail to attract total attention wherever they go
or whatever they undertake. They are truly the
ultimate headline-news makers and a source of true
inspiration to many.
Throughout the past centuries, scholars have
tried to understand leadership and the power it
exerts on human beings. In fact, leadership has been
a fundamental component of human organizations
ever since the dawn of man, manifesting itself
spontaneously there where significant change and a
general improvement of the human condition were
sought or needed. We know that it is usually
synonymous with influencing positively followers’
behavior, attitudes, and performance for the
attainment of excellence through pre-established
goals. We can also state that it usually springs from
fine minds, from individuals who -through their
special and unique qualities- bring into the
complexity of human interaction that original spark
which is capable of inspiring and of contributing
decisively to the advancement of both human
40
L'amore sarà anche cieco - come si dice - ma è
sensibilissimo alle risate, soprattutto nel caso del
gentil sesso. Il fatto che le persone divertenti siano
più attraenti di quelle serie e musone è un'ovvietà,
ma non si tratta solo di un'altra immagine
stereotipata del romanticismo: a dare ragione alle
donne e alla loro ben nota preferenza per gli uomini
simpatici, spassosi, sorridenti e carichi di positività ci
sono ora i risultati di due ricerche condotte negli
Usa tra gli studenti dei college.
SIMPATIA IRRESISTIBILE - La prima indagine ha
preso in esame 200 giovani - sia maschi che
femmine - a cui è stato chiesto di esaminare le foto
di colleghi del sesso opposto, sulle quali i soggetti
ritratti avevano precedentemente annotato frasi più
o meno divertenti. A questo punto i partecipanti
all'esperimento hanno dovuto indicare quale tra i
protagonisti dell'insolita rassegna fotografica
avrebbero preferito come partner. La maggior parte
delle ragazze ha dato la preferenza agli studenti
considerati più simpatici in base alle parole annotate
sulla foto, mentre la scelta dei ragazzi è stata
influenzata dalle frasi che indicavano sì simpatia, ma
anche buon senso e arguzia. Il secondo studio ha
ulteriormente confermato questa predisposizione
delle donne nei confronti del maschio sorridente,
ma ha dimostrato anche che dal canto loro gli
uomini apprezzano moltissimo le donne che ridono
alle loro battute e che considerano irresistibile il loro
sense of humour.
RIDERE PER SOPRAVVIVERE - Secondo lo
psicologo Geoffrey Miller, della University of New
Mexico, l'attrazione del gentil sesso nei confronti di
uomini simpatici troverebbe una spiegazione nel
processo di selezione che assicura la continuità della
specie. Il senso dell'umorismo è infatti indice di
creatività e intelligenza, ovvero di qualità
“geneticamente parlando”.
41
ene ciante
by Ir Mar
Thoughts...
Italian -Can adian s: YES We Ar e !
“After three generations of
being in Quebec, ItaloCanadians still see themselves
as Italian”, stated my French
Canadian colleague after a
casual conversation at work.
His comment hit me like a ton
of brinks, since I realized that
he knew my secret and the
secret of many other ItalianCanadians. Most Italians arrived
in Canada after World War II,
which is now over half a
century ago, and yet three
generations
later
their
grandchildren
identify
themselves
as
Italians.
However, with that said, we
should not forget that upon
arriving most Italians have
integrated within the new
world. Unfamiliar to the
language and the Canadian
ways, many have courageously
journeyed within the new land
and spent long hours working
for a better life. Some never
went back to their home
country,
and
yet
their
grandchildren live the Italian
pride.
Ironically, these children
cannot speak Italian with their
grandparents; however, their
passion for Italy is vibrant and
is celebrated during Italian
festivities. Why is it so difficult
to detach from a country that is
an ocean away and has become
FATTI AD ARTE
eannerunelle
B
os
par J
Me voici qui médite sur le lar ge éven tail des possibilités con cer n an t le sujet de cet ar ticle.
Apr ès tout, il y a un e abon dan ce d’ex cellen tes ex position s à Mon tr éal en ce momen t. Puisque
la r evue « It » célèbr e la vitalité in ter cultur elle du Québec, il me semble pr imor dial que
l’ar tiste qui in spir er a ces quelques par agr aph es, aur a con tr ibué à for ger la cultur e d’ici, ou
tout au moin s laissé son empr ein te de façon mémor able.
Puis, mon mar i me souffle in n ocemmen t:
“Pour quoi pas dédier cet ar ticle à Guido Nin ch er i?”
...Per fetto!
G
foreign to many ItalianCanadians? Perhaps the best
way to describe it would be
that these children are the fruits
from strong Italian roots. Thus,
it is painful to let go of what
made you, who you are today.
The Italian values and traditions
are not yet forgotten, despite
our true Canadian existence.
The sweet taste of Nonna’s
cooking still lingers in my
mouth, their stories from the
old land still echoes, and as I
look in the mirror I can
visualize their presence. It is
thanks to our grandparents’
sacrifices that Italian-Canadians
42
have moved from rags to riches.
They have given their children
and children’s children the
opportunity to live what the
world has to offer.
Our obsession with Italian
cars, fashion, and music will
not be replaced. It was the
youth among the ItalianCanadians that cheered the
loudest during the 2006 FIFA
World Cup, and the youth are
among the first to defend and
represent their mother land.
Our love for Canada is great, as
thankful as we are, but either in
Italy or abroad we’ll always be
I Fratelli D’Italia!
uido Nincheri,
cet illustre
personnage artiste,
architecte,
entrepreneur, si peu
connu malgré
l’importance de sa
contribution artistique
qui s’étend à travers
neuf provinces
canadiennes et sept
états américains et
dont la présence
créatrice a enrichi la
vie (et continue à le
faire) de nombreuses
communautés
italophones,
francophones et
anglophones au
Canada
et aux États-Unis
Nincheri, est né à Prato, en
Toscane, Italie, en 1885, second
fils d’un courtier en textile. Un
talent artistique se dévoile tôt
chez Nincheri, et à l’âge de 16
ans, il s’inscrit à l’Académie des
beaux-arts de Florence, où il
étudie le design et l’architecture.
En 1914, Nincheri et sa jeune
épouse Giulia s’embarquent vers
l’Argentine mais la guerre
interrompt le voyage des
nouveaux mariés.
Ils restent quelques mois à
Boston puis se dirigent vers
Montréal. Peu après son arrivée,
Nincheri fait la rencontre de
Henri Perdriau, vitrailliste et
décorateur d’églises au Québec.
Fasciné,
Nincheri
fait
l’apprentissage de la technique
de vitrail et rapidement, l’artiste
toscan se fait une réputation de
décorateur au sein du clergé.
L’héritage européen de
Nincheri influence et façonne
son cheminement artistique. On
distingue
une préoccupation
sociale dans les sujets qu’il
dépeint au début de sa carrière.
Puis se manifestent dans ses
compositions, les techniques
des préraphaélites anglais ainsi
44
que celles des peintres italiens du XVè siècle, ou
les éléments décoratifs de l’Art Nouveau, selon les
thèmes commandés par ses clients.
En 1925, il
installe son atelier
dans un local
qu’il loue à ses
mécènes,
les
frères Dufresne,
é m i n e n t s
h o m m e s
d’affaires
de
M o n t r é a l .
Nincheri devient
le
directeur
artistique de ce
qu’on
pourrait
aujourd’hui
comparer à une
PME, comme me
l’a mentionné en
souriant monsieur Paul Labonne, directeur du
Château Dufresne.
Nincheri orchestre trois
équipes d’artistes et artisans: deux à Montréal, la
première qui se dévoue à la peinture (fresques et
huile), la deuxième à la production de vitraux et la
troisième, en Italie, chargée de sculpter dans le
marbre le mobilier liturgique dessiné par Nincheri.
On peut compter parmi ses employés plusieurs
artistes montréalais, notamment Umberto Bruni,
Giuseppe Fiori et Claude Vermette.
Nincheri, fidèle au réalisme pictural de la
Renaissance, suivant le parcours de Michelange et
Raphaël, créé un univers visuel très peu exploré au
Québec à cette époque. Son talent de narrateur,
la complexité de ses compositions et la sensibilité
de sa touche picturale produisent une oeuvre qui
est à la fois raffinée et dynamique, qui charme
l’observateur par son interprétation évocatrice des
personnages mythologiques et bibliques, ou par sa
parfaite maîtrise de la perspective et des contrastes
de couleurs.
Cet homme aux multiples talents a été le
récipiendaire de plusieurs médailles en Toscane.
En 1933, le pape Pie XI lui confère le titre de
Commandeur de l’ordre de St-Sylvestre pour sa
contribution artistique dans les église canadiennes.
En 1972, il est fait Chevalier de la République
italienne, et en 1992, à titre posthume, la ville de
Montréal le reconnaÎt comme un des Bâtisseurs de
la Cité, lors des
célébrations du
3
5
0
è
anniversaire de
la ville.
Guido
Nincheri
a
grandement
contribué
à
notre histoire
et la culture de
n o t r e
patrimoine et
son
oeuvre
monumentale
ne peut que
s u s c i t e r
l’admiration et
le respect, par sa qualité, sa sensibilité et sa
recherche.
Pour les intéressés, l’Atelier d’histoire
d’Hochelaga-Maisonneuve a créé un dépliant qui
vous guidera vers les diverses institutions
montréalaises où l’on peut découvrir la virtuosité
de Guido Nincheri. Je vous conseille entre autres
de visiter les églises St-Léon de Westmount et de
Notre-Dame de la Défense, ainsi que le Château
Dufresne.
Joséane Brunelle tient remercier
monsieur Paul Labonne,
directeur du Château Dufresne.
45
ngieGuarino
I PUNTINI SUGLI “IT”
n
di A
L’italianità, il mio «amore malsano»
Armani, Benigni, Chianti: tre
nomi, tre esempi diversi, magari
“bizzarramente” accomunati, ma
scelti giusto per citarne alcuni, e
che riflettono la spettacolare
espansione del made in Italy nel
mondo. Infatti, negli ultimi anni,
l’italiano e l’immagine dell’Italia
hanno riscosso un grande
successo. Alcune stime ritengono
che, nel globo, siano circa 200
milioni le persone che
parlano, studiano o
ig
n
rtB
e
b
o
R
vorrebbero imparare
l’italiano. Forse perché,
risalendo ai loro alberi
genealogici,
sono
italiani di terza o di
quarta generazione e
stanno riscoprendo la
loro appartenenza al
Belpaese
o
semplicemente perché,
pur non essendo italiani, vogliono
vivere e conoscere una cultura
riconosciuta mondialmente per
fascino e raffinatezza.
Vi chiederete come io viva la
mia italianità? Onestamente, mai
prima d’ora mi ero posta la
domanda. Infatti, pur essendo
nata e cresciuta in Canada, le mie
radici hanno preso il sopravvento
su di me ed hanno fatto in modo
che mi sentissi totalmente italiana.
Già da bambina, d’altronde,
avevo sviluppato una vivida
passione per la nostra lingua e
cultura. Crescendo, il mio
interesse e amore (perché di ciò si
46
Libro di Antonella Marotta
Edizioni Bastogi 2006
Q
uesto saggio analizza il
rapporto Eduardo-Pirandello
attraverso un’analisi intertestuale
e psicanalitica, secondo la teoria
del critico e teorico americano
Harold Bloom, il quale propone in
un suo testo intitolato “The
Anxiety Of Influence” un rapporto
conflittuale padre-figlio di tipo
freudiano
L
tila
s
o
iG
n
a
rm
A
g
o
tratta!) non ha
smesso
di
crescere. Ho
letteralmente
d i v o r a t o
romanzi, fumetti e riviste di ogni
tipo, senza parlare delle ore
passate a guardare film e fiction,
sempre in italiano. È stata una
passione insolita la mia, un
«amore malsano» (!), come
direbbero certi psicologi , che non
lascia molto spazio ad altri
interessi e alla conoscenza di altre
culture. Eppure, nel mio caso,
non è stato così.
Al contrario, la conoscenza della
mia lingua materna si è rivelata
una
preziosa
alleata
per
l’apprendimento di altre lingue e
il vasto panorama letterario,
musicale e artistico offertomi dalla
uigi
sione
Recen l Prof. L olleoni
C
de
LETTERATURA ITALIANA
cultura italiana mi ha resa più
ricettiva alle varie tradizioni
artistiche delle altre. Tra l’altro, il
mosaico etnico esistente in
Canada ha impedito che mi
concentrassi unicamente sulle mie
origini e mi ha permesso di
confrontare la mia cultura, e di
condividerla con altri gruppi
etnici.
La mia italianità l’ho quindi
vissuta
quotidianamente,
attraverso la pratica della lingua,
l’interesse per i vari aspetti della
vita sociale e culturale di casa
nostra e tutte quelle tradizioni che
mi sono state trasmesse dai miei
genitori, che non hanno mai
dimenticato ne rinnegato le loro
origini.
Assicurando il futuro, in qualche
modo, delle mie.
A
Montréal
incontriamo
moltissimi
italocanadesi, ma Antonella Marotta appartiene
alla
categoria,
assai
più
rara,
di
“napoletanocanadesi”.
Parecchi visitatori della città partenopea
ricavano vivamente l’impressione che lì la gente
usi una tale carica espressiva, da sembrare tutti
«attori» e che la città si presenti come un grande
palcoscenico dove ogni atto è posto per
sorprenderti.
Fedele quindi allo spirito delle sue origini, la
Marotta ha investigato sul più grande dei
rappresentanti del teatro napoletano del XX
secolo: Eduardo De Filippo.
Nella suo libro «Pirandello nel teatro di
Eduardo» , si scopre il legame di Eduardo con
un’altro grande drammaturgo siciliano, mirabile
maestro della letteratura italiana del ‘900: Luigi
Pirandello. Se Edorado Scarpetta fu il suo vero
padre che lo introdusse alla scena, Pirandello è
stato l’autentico progenitore del De Filippo
nell’ispirazione e nell’attuazione delle sue
commedie più famose. La tesi, scorrevole e
intrigante, è dimostrata grazie a notizie
biografiche e ad un’attenta analisi delle
commedie dei grandi artisti che ne furono
protagonisti.
Indubbiamente, questo scritto ci permette di
scoprire molti dettagli inediti e importanti
dell’opera di Eduardo. Una chicca in più nel
ricco e sorprendente microcosmo letterario degli
autori italiani all’estero.
An ton ella Mar otta è nata a Santa Maria
Capua Vetere, in provincia di Caserta, ma
vive in Canada. Nel 2003 ha conseguito un
Master in studi letterari all’Università McGill
di Montreal dove oggi insegna. Da questo
numero, inizia la sua collaborazione con .It
47
resa omano
R
COMUNITÀLIA
di Te
Sempr e e comun que italiani
P
roprio nei giorni del Campionato Europeo
di calcio, in cui il sentimento nazionale
riaffiora anche nelle persone meno scioviniste, e
fra l’altro, non proprio appassionate di calcio,
come la sottoscritta, mi sono ritrovata a
riflettere sul concetto di italianità.
Prima del mio trasferimento
in Canada, avvenuto da poco più
di due anni, parlare di italianità,
per me, significava scherzare con
leggerezza su vizi e virtù di noi
abitanti dello stivale, con la
consapevolezza, però, che in
ogni scherzo c’è un fondo di
verità e che, sebbene non si
possa
generalizzare,
molti
stereotipi che ci riguardano non
sono poi così lontani dalla realtà.
Al mio arrivo in Canada lo
“scherzo” si è improvvisamente
trasformato nel tentativo di
smentire puntualmente i luoghi
comuni sugli italiani che
circolano al di fuori dei confini
del Bel Paese. è cambiato
l’approccio all’argomento perché
essere in un paese straniero ci
mette automaticamente sulla
difensiva e qualsiasi commento,
più o meno ridanciano, sulla
nostra cultura ci offende. La
sostanza, però, resta la stessa: nel
bene e nel male siamo italiani.
Ma
cosa
vuol
dire
compiutamente? Quali sono gli
elementi che contraddistinguono
la nostra cultura e che, al di là del
possesso della cittadinanza, ci
rendono “italiani”? Una domanda
da un milione di dollari e un
milione di risposte possibili. Una
nutrita schiera di filosofi e
antropologi hanno dibattutto e
scritto volumi sul concetto di
“cultura”, mettendone in risalto
l’aspetto
mutevole
e
di
interscambio tra le stesse. Nella
definizione di quella che,
nell’epoca multimediale, è ormai
diventata
l’enciclopedia
universale, ossia wikipedia, la
cultura è ‹‹il variegato insieme dei
costumi, delle credenze, degli
atteggiamenti, dei valori, degli
ideali e delle abitudini delle
diverse popolazioni o società del
mondo››. Concetti che, pur
dimostrando
una
certa
consistenza, sono, tuttavia, come
si accennava sopra, destinati a
mutare nel contatto con altri
ambienti geografici e altre
culture. Ed è qui che entra in
gioco la mia esperienza di
48
“italiana dell’Italia”, ossia una
new entry nel vasto numero di
italiani che hanno deciso di
scegliere, per ragioni diverse, il
Canada come loro paese
d’adozione. Tale “identità” mi ha
portato ad essere un pesce fuor
d’acqua, almeno all’inizio, anche
in seno alla comunità italiana di
Montreal perché molte tradizioni,
valori, costumi degli italiani
all’estero nel Bel Paese si stanno
perdendo. In Italia, infatti, hanno
seguito un corso d’evoluzione
indipendente, com’è naturale che
sia, da quello avviato in Canada,
dove l’attaccamento al paese di
provenienza ha spinto ad un
rafforzamento del sentimento
d’italianità che, però, allo stesso
tempo, ha subito un lento innesto
con la cultura ospitante, risultato
di un melting pot di diversi
gruppi sociali. Di conseguenza,
arrivando a Montreal mi sono
sentita un «pesce fuor d’acqua» o
forse dovrei dire, coniando una
nuova metafora non molto
poetica ma che renda l’idea,
come un «pesce che è passato da
un acquario ad un altro» e che ha
avuto modo di conoscere nuove
specie di consimili ma anche
molti esemplari della sua stessa
specie. Sì perché, nonostante i
naturali adattamenti all’ambiente
circostante, ciascuna cultura
mantiene una certa consistenza
che è, poi, ciò che rende gli
italiani tali, con i loro pregi e
difetti, in qualunque parte del
mondo si trovino. Italiani che
magari, non saranno precisi e
organizzati come altri, che sono
maestri nell’arte dell’arrangiarsi,
che si portano addosso la fama di
un paese con ancora troppe
incongruenze ma che sono
amanti del bello, nella moda e
49
nelle arti, della buona cucina e
soprattutto hanno un forte senso
della famiglia, dell’amicizia e
dell’ospitalità.
udineouville
D
LA VIE EST UN SPORT POUR TOUS…
la
par C
Majestueux Kiliman djar o
Souvenir
inoubliable sur
le toit d’Afrique…
Peut-être avez-vous suivi ces
jours-ci
l’ascension
du
Kilimandjaro par une équipe de
grimpeurs regroupant entre autres
le chef d’antenne de TVA Pierre
Bruneau, ascension réalisée dans
le but d’amasser des fonds pour la
Fondation Centre de cancérologie
Charles-Bruneau. Le sommet a été
atteint hier par 27 des 33 membres
de l’expédition qui ont pu
constater à leur tour que se
promener en altitude n’a rien
d’une ballade…
Évidemment, pour tous ceux
qui ont déjà réalisé ou tenté cette
ascension, c’est une foule de
souvenirs qui reviennent à la
mémoire. Puisqu’on pouvait suivre
l’expédition dans le Journal de
Montréal, sous la plume de Martin
Smith qui en faisait lui-même
partie, j’ai eu à répondre quelques
fois à cette question ces jours-ci : «
C
e
in
d
u
la
e
n
ʼu
d
é
rm
a
«
r»
e
m
a
c
j.
n
ia
K
lm
s
p
ru
g
e
td
o
h
P
.
g
m
rtp
s
v
o
D
e
in
d
u
la
C
Est-ce si difficile que ça? ».
La réponse est simple. Oui. Et
pourtant chaque expédition est
différente.
Les
conditions
climatiques varient de l’une à
l’autre, les routes empruntées ne
sont pas les mêmes, les affinités
dans les groupes sont différentes
mais un facteur reste commun
pour tous, c’est la montagne qui
mène.
Notre sommet à nous, les
membres
de
l’expédition
chapeautée par la Fondation du
club de hockey Canadien pour
l’enfance, a été réussi en février
2005, le 15 exactement. Déjà trois
ans et pourtant il me semble que
c’était hier. La route que nous
avons alors empruntée, la Western
Breach. a été fermée depuis, jugée
trop dangereuse après que trois
américains y eurent péri en janvier
50
2006 suite à un éboulement.
Pourtant nous étions passées là,
un an auparavant, lors d’une
journée de Saint-Valentin qui
restera à jamais gravée dans nos
mémoires. La montée était difficile,
l’escarpement important, l’effort
très ardu.
Lorsque
nous
avions
débouché dans le cratère au sortir
de la partie la plus technique de
notre ascension, le spectacle était
impressionnant. Un mélange de
beauté et d’austérité incroyable,
un paysage figé dans les glaces au
cœur duquel nous avons passé là
l’une des nuits les plus marquantes
de notre existence.
Le groupe de la Fondation
Charles-Bruneau devait aussi y
passer la nuit, atteignant le cratère
par une autre voie. Ils ont dû y
renoncer, les vents soufflant sur la
montagne étant trop important
pour y permettre un accès
sécuritaire. Ce fut certainement la
bonne décision parce que je me
souviens des vents qui soufflaient
cette nuit-là, des vents qui avaient
obligé nos guides et porteurs à
attacher les tentes ensemble de
peur qu’elles ne s’envolent. J’étais
sortie quelques instants au milieu
de la nuit, effet du Diamox oblige,
et je revois encore ces ombres
tranchantes projetées par une lune
d’acier, ce vent qui criait à mes
oreilles et qui me bousculait sans
ménagements, ces falaises de
glace qui semblaient terrifiantes
dans la pénombre nocturne. Je
sentais que la montagne me
tolérait à peine et que je devais lui
vouer le plus grand des respects.
Je comprends certes l’émotion
qu’ont ressentie les grimpeurs
lorsqu’ils ont atteint le panneau
mythique qui soulignait qu’ils
étaient sur le toit de l’Afrique. Mais
cette émotion-là ils la revivront
avec plus d’intensité encore au
cours des prochains jours parce
qu’à ce moment-là elle était un
peu écrasée par l’effort.
Les cinq membres de
l’expédition qui n’ont pu rallier le
sommet ont certainement vécu
une grande déception, mais il ne
faudrait surtout pas que cette
déception se double d’un
sentiment d’échec. Il n’y a pas
d’échec en montagne, il n’y a que
des tentatives qui n’aboutissent pas
toujours. C’est au contraire une
grande victoire que d’avoir la
sagesse de reconnaître ses limites,
que de passer par-dessus l’orgueil
51
légitime que donne la conquête
d’un sommet. Vouloir poursuivre à
tout prix c’est non seulement
mettre sa sécurité en danger, mais
aussi celle des autres. L’humilité est
certainement la plus grande leçon
qu’une montagne peut donner à
l’homme…
Chapeau bas à tous ces
grimpeurs, chapeau bas à tous
ceux qui se lancent dans la grande
aventure d’une ascension. Le
Kilimandjaro a la fausse réputation
d’être une montagne « facile »…il
n’y a rien de facile quand on passe
les 5,000 mètres d’altitude. Je suis
certaine que le groupe de
M.Bruneau aura trouvé force et
inspiration dans la cause qu’ils
supportent. Pour tous ces jeunes
qui portent leur Kilimandjaro en
eux…
anniristiano
C
Spor Tr en d
ia
di G
Quale futur o per lo spor t più popolar e al mon do?
Un «calcio» alla tv
Negli ultimi anni il
calcio in Italia, come del
resto nei paesi europei
più evoluti, ha vissuto
appieno
la
sua
trasformazione
attraverso i palinsesti
delle pay-tv. Un aspetto
che,
al
debutto,
sembrava
essersi
introdotto
come
secondario: in effetti, in
50 anni di storia la
televisione ed il calcio
avevano vissuto in
ottima simbiosi; anzi, il
tubo catodico aveva
contribuito in maniera
determinante a far diventare il calcio uno sport
popolare, tuttavia senza eccessi ed esasperazioni.
Nessuno poteva davvero immaginare che poi
sarebbe stata proprio la televisione a gestire i
calendari e le sorti stesse dei campionati. In pratica,
il posticipo di una partita della Serie A è diventato
una consuetudine irrinunciabile, così come per la B
l’anticipo al venerdì sera. Nel giro di un solo paio di
stagioni il campionato di calcio ha visto perdere la
sua caratteristica più naturale. Il «sacro»
appuntamento domenicale del pomeriggio, allo
stadio, che tutti i tifosi dedicavano alla propria
squadra del cuore, spariva mestamente. E si
inaugurava quello che fu tristemente ribattezzato il
“campionato-spezzatino”: fra posticipi, anticipi, gare
in notturna e pomeridiane, diventava via via più
difficile raccapezzarsi su quando una giornata di
campionato avesse inizio o la stessa prendesse
fine... Un trapasso irreversibile? Fatto sta che Serie A
e B sono sconquassate dalla nuova politica
televisiva. Il calcio diventa sempre più un business
da schermo finanziato soprattutto dai soldi della
pay-tv, accrescendo gli
interessi economici e
politici di presidenti e
manager,
che
in
precedenza
avevano
rinsaldato le loro alleanze
all’interno dell’industria
del pallone. A margine
del complesso sistema di
interessi del football
figurano i diritti dei tifosi
ormai depredati delle
maggiori attrazioni dello
sport più amato e seguito
del mondo. I sapienti
dirigenti
del
calcio
mondiale sono riusciti in
un’impresa non da poco
(negativa): snaturarlo dei suoi aspetti migliori,
credendo di poter sostituire le impareggiabili
emozioni dei gradoni popolari e pregni di storia
degli stadi, con le comode ma asettiche poltroncine
della tv in salotto. Il calcio moderno si è impoverito
tecnicamente e tatticamente, ma soprattutto sotto il
profilo etico e romantico. È approdato in Borsa,
imponendo il fattore economico a quello agonistico.
Uno spietato sistema speculativo che ha fatto vittime
eccellenti, portando al fallimento squadre che
hanno scritto la storia del calcio italiano come la
Fiorentina, il Torino e il Napoli.
Intanto, in tutti gli stadi d’Italia, mentre la paytv (e, recentemente, il web) continua ad
imperversare e stritolare tradizioni e costumi
calcistici secolari, la maggioranza positiva degli
ultras, spesso chiamati in causa solo quando
accusati (a torto o a ragione) o additati per violenze
o quant’altro di negativo, stanno combattendo
tenacemente questa politica del calcio moderno.
Almeno potranno dire di non essere stati complici
della scomparsa del gioco piu bello del mondo.
52
GUINNESS WORLD RECORDS
Rowing - Distance in 24 Hours
(men)
WHO:
Matthias Auer /
Christian Klandt /
Olaf Behrend
WHAT: 263 km (163.42 miles)
WHERE: DRUM Rowing Club,
Berlin, Germany
WHEN: August 2-3, 2003
The greatest distance rowed in
24 hours (upstream and
downstream) is 263 km (163.42
miles) by Matthias Auer, Christian
Klandt and Olaf Behrend (all
Germany) at DRUM Rowing
Club, Berlin, Germany on August
2-3, 2003.
Swimming Relay, Most
Participants, One Length
Each, 24 Hrs
Jacques Fox (Luxembourg),
starting in Malaysia in February
2004 and ending in Hawaii, USA
in November 2004.
Longest Punch-Bag Marathon
WHO:
Ron Sarchian
WHAT: 36 hr 3 min
WHERE: Encino, California,
USA
WHEN: June 15 - 17, 2004
The record for punch-bag
marathon is 36 hr 3 min and was
set by Ron Sarchian (USA) at
Premier Fitness, Encino,
California, USA, from June 15 17, 2004.
Ball Contr ol, Football Duration
Most Basketballs Spun
Simultaneously
WHO:
WHAT:
WHERE:
WHEN:
Michael Kettman
28
London, UK
May 25, 1999
WHO:
WHO:
Projecte Home
Balears
WHAT: 3,168
WHERE: Palma de Mallorca,
Spain
WHEN: June 1-2, 2007
Martinho Eduardo
Orige
WHAT: 19 hr 30 min
WHERE: Padre Ezio Julli Gym,
Araranguá, Brazil
WHEN: August 2-3, 2003
The longest marathon playing
tennis was 30 hr 30 min 30 sec
and was achieved by Christian
Albrecht Barschel and Hauke
Daene (both Germany), at Molln
Tennis Club, Molln, Germany, on
11-12 July 2008.
The pair raised over EUR 5,000
for a German brain tumour care
organisation.
The pair completed 39 sets and
were in their 40th set when the
marathon ended.
The score was 21 sets to 18 in
favour of Hauke Daene.
The most participants to swim
one length each in a 24 hour
relay is 3,168 and was set by
Projecte Home Balears (Spain) at
the Municipal Sports Complex in
Palma de Mallorca, Spain on
June 1-2, 2007.
Martinho Eduardo Orige (Brazil)
juggled a regulation soccer ball
for 19 hr 30 min non-stop with
feet, legs and head without the
ball ever touching the ground at
Padre Ezio Julli Gym in
Araranguá, Brazil on August 2-3
2003.
Most Ir onman Races
Completed In One Year
Longest Tennis Marathon,
Singles
WHO:
Jacques Fox
WHAT: 14
WHERE: From Malaysia to
Hawaii
WHEN: November 27, 2005
WHO:
The most Ironman races
completed in a year is 14 by
Albrecht Barschel and
Hauke Daene (both
Germany)
WHAT: 30 hr 30 min 30 sec
WHERE: Molln Tennis Club,
Molln, Germany
WHEN: 11-12 July 2008
53
The most basketballs spun
simultaneously is 28 by Michael
Kettman of St. Augustine,
Florida, USA, on May 25, 1999
on Guinness World Records,
London, UK.
Most Runners in a Horse Race
WHO:
Bayanwula
WHAT: 228
WHERE: Xiwuzhumuqinqi,
Inner Mongolia
Autonomous Region,
China
WHEN: July 25, 2005
The record for most runners in a
horse race is 228 set in
Bayanwula, Xiwuzhumuqinqi,
Inner Mongolia Autonomous
Region, China on 25 July 2005.
© Copyright Guinness World
Records 2008