Giustizia e Libertà
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Giustizia e Libertà
Anno 7 - n° 239 W W W. G I U S T I Z I A - e - L I B E RTA . C O M 18 febbraio 2008 G iustizia e L ibertà Distribuzione telematica Memento di Gaio Gracco (a pagina 2 - 3) Un sogno ... di Tarcisio Teofilatto (a pagina 3 - 4) Walter il Cavaliere.. di Eugenio Scalfari (a pagina 5 - 7) … a G. Ferrara di Maurizio Lichter (a pagina 7) … i dirigenti ... di Tito Boeri e Vincenzo Galasso (a pagina 8 - 9) Elezioni e ... di Ferdinand (a pagina 10 - 11) Rilanciamo l’etica (a pagina 12 - 13) Un programma... di AntonioDi Pietro (a pagina 13) I due leader da La Repubblica (a pagina 14 - 16) Un “motto … di Beppe Severgnini (a pagina 16) Clemente ... Masaniello (a pagina 17) Cambiamento ... di Sergio Romano (a pagina 17) Il nuovo Inno di Elisa Muschella, a.o. (a pagina 18 - 19) Almeno 1000 € di A. Sa.. (a pagina 19 - 21) D’Alema attacca da L’Unità (a pagina 26 - 28) RAI e censura di Aldo Antonelli (a pagina 22 - 24) Silvio vince … di Michele Serra (a pagina 25) Carta Canta di Marco Travaglio (a pagina 26 - 27) Stampa Estera di CaLmBig (a pagina 28 - 30) ULTIM’ORA di AA. VV. (a pagina 31 - 40) Periodico Politico Indipendente Copia gratuita La nuova proposta di Walter Veltroni di Alessandro Menchinelli Attenzione ! La nuova proposta di Walter Veltroni non tende ad annullare per niente il percorso che è stato battuto dal governoProdi nei venti mesi del suo cammino. Lo precisa bene lo stesso Veltroni, e non per una formalità di buoni rapporti, quando avanza alcune linee programmatiche che potrebbero apparire Un rovesciamento di linea. “Giù le tasse e sù i salari” sono cose che oggi si possono fare, ma solo perché si è conclusa con pieno successo la prima fase programmatica del Governo Prodi. Senza la sistemazione dei disastrosi conti pubblici lasciati dal governo Berluscono, come del resto ci era richiesto dall’Unione Europea, senza i successi della lotta all’evasione fiscale e di conseguenza senza la potenzialità di bilancio oggi riscontrabili, non sarebbe possibile prospettare quel “giù le tasse e sù i salari”. Quel “si può fare” di Walter Veltroni è concepito perciò come la pro secuzione di un “già fatto” di Romano Prodi e non come un rovesciamento di percorso. Certamente la prosecuzione di un percorso si svolge sempre su strade e scenari nuovi e non è mai sulla ripetizione di strade e scenari precedentemente conosciuti. Ed è proprio qui, di fronte a questo snodo verso la novità, che qualcuno perde il senso dell’orientamento e si lascia andare a recriminazioni e smarrimenti. Che senso ha, di fronte alle novità necessarie, la richiesta di non cambiare niente ? Che senso ha bloccarsi su un passato superato e rifiutarsi di progettare il futuro ? Che senso ha proporre con intransigenza di far ripetere il cammino a combinazioni che hanno dimostrato di non essere più in grado di camminare ? Non è meglio pensare a combinazioni nuove ? Sappiamo quali siano, a questo pun to, le riserve che vengono utilizzate contro le proposte di nuove combinazioni: non si vedono le incrostazioni dei propri comportamenti e si denunciano inesistenti ricorsi a protagonisti nuovi individuati in campi opposti. E si parla di perciò di “inciuci” e persino di tradimenti. Tutto ciò è palesemente il contrario della verità, ma basta per bloccare tutto sullo scenario del passato. Ed a questa insostenibile situazione che intende por rimedio l’iniziativa di Walter Veltroni per conto del Partito Democratico. 1) Il voler affrontare da soli le elezioni che si impongono per la crisi delle combinazioni della vecchia coalizione del centro sinistra, non vuole rappresentare una scelta di isolamento, o peggio an(Continua a pagina 2) da l’Unità, 2008.02.09 2 Giustizia e Libertà INTERNI 18 febbraio 2008 Memento di Gaio Gracco Alcuni, forse molte, * La legge Gasparri, che permette Ferrovie, Musei, ecc.). tante persone sostena Publitalia di agire senza limiti gono che il Governo nel campo della raccolta pubbli- * L'anti-europeismo, in parte per sottrarsi a multe e leggi scomoProdi "non ha fatto citaria. de, in parte per soddisfare le esiniente" in questi due * Gli attacchi alla Magistratura: genze autonomiste dei leghisti anni. Opinione forse ingiurie, calunnie, leggi fatte ap(quelli che, pur essendo ministri comune ma, ad essere posta per ostacolare il lavoro dei o parlamentari italiani, si pulirealistici, discutibile. giudici; legge Castelli di riforma rebbero il “c…” col Tricolore, E se intanto provassimo a ricordadell'ordinamento giudiziario. Il parole di Bossi; quelli che vorre cosa ha fatto il Governo Berprogetto di togliere ai giudici il rebbero tornare alla Lira, e la lusconi ? Meglio non dimenticare. potere di ordinare intercettazioni vorrebbero agganciare al $, proSecondo i malevoli le uniche cose telefoniche. posta di Maroni). buone che ha fatto sono il divieto * Leggi a sostegno di soggetti sot- * I tagli di fondi destinati agli Enti di fumo e la patente a punti. to processo (fra cui se stesso): Ma non è così. Ecco un breve rieLocali, all'Università, alla ricerca depenalizzazione del pilogo di tante altre leggi e provreato di falso in bilanvedimenti messi a punto da Silvio: cio, depenalizzazione "Malgrado l'incubo aritmetico al senato, del reato di bancarotta il governo Prodi si è comportato in manie* L'abolizione dell'imposta sulle fraudolenta, inefficacia ra sorprendentemente buona durante i su successioni dei grandi patrimoni, delle rogatorie interna- oi 20 mesi. fra cui il suo. zionali, sanatoria per il * La progressiva massificazione di rientro dei capitali L'evasione fiscale è stata drasticamente tutta l'informazione televisiva, sporchi dall'estero, ridotta, e un deficit di bilancio pari al 4,per metà di sua proprietà per memaggiori possibilità di 4% del PIL lasciatogli dal precedente gotà pubblica, di fatto asservita ai patteggiamento, accor- verno Berlusconi è stato tagliato a circa il suoi orientamenti. In sostanza ciamento dei tem pi di 2%. il controllo dell'informazione prescrizione di vari (politico sulla RAI, proprietario reati, possibilità di Il trend ascendente del debito pubblico è su Mediaset e Mondadori). spostamento dei pro- stato invertito. cessi per legittimo so- Benché la crescita sia stata fiacca, la dispetto, inappellabilità soccupazione è al livello più basso degli La nuova proposta ... (da parte dell'accusa) ultimi 15 anni, sotto l'8%. delle sentenze assolu(Continua da pagina 1) torie in 1° grado (leg- Benché Berlusconi abbia portato un bencora un favore agli avversage Pecorella). venuto grado di stabilità restando in cariri, ma la esigenza di selezioca per l'intera legislatura, quello è stato * La retroattività come nare combinazioni diverse e condizione normale l'unico risultato conseguito. funzionanti fra chi vuole nell'applicazione di Il suo governo non riuscì a realizzare alcontrapporre al centro detali leggi. cuna rilevante riforma economica e perstra, per esempio quello mise al le finanze pubbliche di deteriorar* La precarizzazione berlusconiano, con realistidel mercato del lavoro si gravemente. che soluzioni di progresso (legge 30, legge 848). La sua agenda fu dominata dai suoi inteper i problemi del paese e di tutti i cittadini. * Il tentativo di aboli- ressi personali e sfruttò il controllo del zione dell'art. 18 dello suo impero mediatico. 2) E’ chiaro che tutto ciò deStatuto dei Lavoratori Il suo comportamento erratico gli alienò ve presupporre che nessuno (che protegge i dipen- la maggior parte dei partner europei" possa pretendere la in condenti dal licenziamentaminazione delle proprie to senza giusta causa). "Financial Times", 23 gennaio 2008 convinzioni ideologiche o peggio ancora degli spazi * La legge di riforma delle pen- scientifica, alla Scuola Pubblica, sioni (06-10-2004): trasferimenritenuti di riservato domima non alle scuole private, into del TFR (ex liquidazione) ai nio. Ed è chiaro che la percentivate anzi in vari modi Fondi pensione, con il meccani(buoni scuola, esenzione pagasistenza di tali pretese costismo del silenzio/assenso. mento ICI al clero). tuirebbero un ostacolo a qualunque combinazione * I condoni sull'abusivismo edili- * L'aumento del debito pubblico, funzionante e non farebbe zio e sull'evasione fiscale. passato dai 1.340 miliardi di eualtro che favorire, quello sì, * La vendita di parte del patrimo- ro dell'ottobre 2001 ai 1.545 miliardi del gennaio 2006. L'Italia, il disegno della conservanio statale (spiaggie, caserme, con il suo debito pubblico pari al zione. palazzi, strade) e le previsioni di Alessandro Menchinelli privatizzazione di vari apparati pubblici (ENEL, Poste, RAI, 106,4 % del PIL (prodotto inter- (Continua a pagina 3) 18 febbraio 2008 INTERNI Giustizia e Libertà 3 Un sogno o … un incubo ? di Tarcisio Teofilatto Si è constatato che ormai la maggioranza di “centro sinistra” era posseduta da un dinamismo incontrollato: per cui è esplosa. Come capita in fisica, in un sistema complesso in quasi equilibrio può bastare una piccola immissione o sottrazione di energia, per farlo andare nel caos, dissolversi: come insegna il caso dei piccoli “negozi” avvenuti nella area di Benevento e le loro imprevedibili e gravi conseguenze per tutti gli italiani, alle prese con incombenti problemi planetari (che si cerca di dimenticare). C’è da tenere presente che di tali “negozi” è piena tutta la regione Campania: questi “negozi” pro- Memento (Continua da pagina 2) no lordo) e il deficit 2005 pari al 4,1 % del PIL, è costantemente sotto osservazione da parte delle istituzioni comunitarie. * una legge, confezionatagli su misura per non stargli troppo stretta, dal solerte Frattini formalmente volta a risolvere il conflitto d’interessi. In sostanza una trovata giuridica pubblicitaria da utilizzare per poter respingere le accuse, dall’Italia e dall’estero, sul plateale e incredibile conflitto tra la miriade d’interessi personali del Cavaliere d’Arcore e quelli del paese che governava. E di fatto, grazie a detta legge, il summenzionato non ha dovuto rinunciare a nulla. * L'indifferenza verso il fenomeno mafioso, che ha spinto un ministro (Pietro Lunardi, agosto 2001) ad affermare che "con la mafia dovremo conviverci". * Il progetto di depotenziamento della legge Rognoni-La Torre (che permette la confisca dei beni mafiosi). * La proposta di abolizione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. * Il progetto di costruzione di un grandioso e inutile ponte sullo Stretto di Messina, opera che assorbirebbe i fondi destinati ad un utile modernizzazione della rete ferroviaria del meridione. * La rivalutazione morale dei repubblichini di Salò e del fascismo in generale. * Il tentativo di Berlusconi di porsi al di fuori e al di sopra della legge, totalmente e per tutta la durata del mandato governativo (Lodo Schifani, giugno 2003). * L'equiparazione giuridica fra spacciatore di droga e consumatore; la droga più tollerata è naturalmente la cocaina. * L'accanimento repressivo contro tutti i migranti in quanto tali, onesti o delinquenti che siano (spesso controproducente visto che nelle fabbriche la loro presenza è importante). * La diminuzione delle limitazioni all'esportazione di armi da guerra (il che toglie la possibilità di sapere dove le armi vadano poi a finire). * Il mancato controllo degli aumenti dei prezzi all'entrata in vigore dell'euro, per favorire le categorie a lui più vicine (commercianti, speculatori, ecc.). * Il tentativo di stravolgimento della Costituzione repubblicana del 1947 per arrivare all'unificazione delle cariche di Capo del Governo e Presidente della Repubblica. (Il potere e il dominio sono ciò a cui Berlusk. nel suo delirio di onnipotenza, ha sempre mirato.) * Una riforma del sistema elettorale studiata a proprio vantaggio (dicembre 2005), per minimizzare gli effetti di una prevedibile sconfitta alle politiche del 2006. Chiedo venia se mi è sfuggito qualcosa... Gaio Gracco ducono “spazzatura” economica, di disagi, etica, che si materializza infine in termini fisici: diviene vera spazzatura destinata ineluttabilmente a sommergere le campagne e le città campane in una orgia di strilli, proclami, incongruenze, improvvisazioni, grandi ruberie, viltà: una totale montante asocialità. E nel sogno, o incubo, si è approssimato il ritorno della “destra trionfante”. Ho sognato che il Cavaliere si appresti già ad assumere il ruolo di “timoniere” e già definisca cosa fare nei prossimi 100 giorni del suo rinato “governo”… Tra poco si avrà la possibilità di stupirsi per le innovazioni e le soluzioni che verranno proposte e delle quali nessuno ha premonizione ……... Tutto si affronterà con spirito innovativo, immaginazione creativa. Si potrà partire con l’affrontare il problema della Giustizia. Giustizia troppo lenta, troppo intenta a perseguire “strategie di antipolitica”, troppo costosa: occorre metterci mano veramente: dare un indirizzo generale (ideando una opportuna “politica della Giustizia”), definire priorità del cosa fare in modo globale, tenendo conto che le “richieste” (le cause, i delitti, le irregolarità presenti e/o pendenti) sono in numero troppo superiore alle possibilità che l’apparato giudiziario è in grado di affrontare e dare rapide e giuste soluzioni. Forse la soluzione di suddividere le carriere fra Accusa e Giustizia vera e propria sarà il primo passo, ed i successivi potranno essere: • un diverso confine fra lecito ed illecito, in modo di ridurre i “delitti”; • la liberalizzazione dell’ufficio di accusa, demandandolo al privato (avvocati che assumano temporaneamente l’accusa e siano pagati a causa completata dalla parte soccombente); • budget dei costi e tempi invalicabili (come si fa in qualunque Azienda privata) in modo di velocizzare l’iter giudiziario e ridurne le spese: prove evidenti, altrimenti si usi il (Continua a pagina 4) 4 Giustizia e Libertà INTERNI 18 febbraio 2008 Un sogno o … un incubo ? criterio del diritto romano “in dubbio pro reo”; • aumenti di merito del personale giudiziario, concorsi per essere pro mossi alle posizioni superiori (per fare “carriera”), “relocation” dei giudici che non soddisfino agli indirizzi generali, non risultino promossi nei concorsi interni, abbiano produttività minori, gestiscano processi costosi, … • ricostruzione delle prigioni insufficienti e in stato deplorevole. Si formuli e si realizzi un piano infrastrutturale per il “sistema delle detenzioni”, costruendo fabbricati di qualità da realizzare in tempi brevi. Occorre rendere possibile, nel “sistema delle detenzioni”, un livello di vita civile (albergo di tre stelle), all’interno scuole, biblioteche, sale riunioni, botteghe artigianali, piccole fabbriche. Fare in modo che il “sistema di detenzione” divenga una opportunità sociale e in grado di offrire prodotti concorrenziali sul mercato complementando le attività della Industria (delle iniziative industriali esterne al circuito penitenziario). La costruzione di un innovativo “sistema di detenzione” è chiaramente fuori delle possibilità e delle risorse disponibili dell’attuale conduzione governativa, spendacciona e ostile a chi vuole innovare. Ma la iniziativa privata può surrogare l’attività pubblica, curando progettazione, costruzione, collaudo e messa in servizio del sistema di detenzione in tempi brevi, autofinanziandosi ed avendo a disposizione personale a basso costo utilizzando una parte degli attuali detenuti che immessi in cantieri scuola (retribuiti con le paghe previste per i tirocini operai) potranno coprire una parte importante delle attività, riducendo i costi e/o preparandosi a svolgere attività industriali previste all’interno del sistema detentivo per ripianare le spese sostenute dalla iniziativa privata . Tutto ciò infatti richiede grandi risorse finanziarie, capacità di ideazione e di sviluppo industriale che dovranno essere sostenuto da un piano di durata non inferiore a 12-15 anni. Chi pensi che questa proposta innovativa sia un modo per reintrodurre il lavoro forzoso è certamente in malafede. D’altronde anche la Repubblica Veneta utilizzava i galeotti per muovere la sua invincibi- le flotta; qui si tratta di rendere civile, produttivo un ambiente terribilmente declassato, Altre grandi innovazioni si potranno intravedere con il nuovo “vento della libertà” per esempio risolvendo il problema della burocrazia. Tutti sanno quanto sia complesso, gravido di funzioni, fittamente occupato da personale senza alcuna vera responsabilità l’apparato statale e le sue articolazioni regionali, provinciali, comunali: una soffocante rete di regole, pareri, competenze, autorità in conflitto,… che in effetti strangola il Paese e mortifica la libera Imprenditoria. Basta sono ricche, possono autofinanziarsi (“project financing”) e quindi vanno date loro in concessione le opere eseguite per il periodo sufficiente per far pagare i canoni agli Utenti ed essere rimborsate (con il necessario utile aziendale) in un tempo ragionevole (12-15 anni). Si avrà così meno burocrazia, più attività produttive, minori esigenze di soldi pubblici: meno tasse. Infine il problema delle Tasse: alcuni servizi (pochi e di buon livello) debbono certamente rimanere a livello pubblico, consentendo però alla Imprenditoria privata di surrogare le strutture pubbliche a prezzi concorrenziali (a titolo di esempio AielliCuffaro e le decisioni sul Prontuario Sanitario Regionale). Ma attività pubblica significa Tasse. Ora vessare chi produce deve essere proibito, perché il risultato è sia l’attività in nero sia la delocazione delle attività, con riduzione dei posti di lavoro in Italia. che in questa rete infinita ci sia (per le ragioni più diverse e talvolta innominabili) un solo “NO” e non si fa più nulla. Occorre una “grande semplificazione”, si dovrà pensare ad una riduzione drastica (meglio: una decimazione ?) delle Leggi vigenti, trasformandole in “indirizzi di attività” a cui si associno premi. Una grande novità potrà venire da trasformare il “sistema stato” in una “azienda produttiva” o meglio una “holding di aziende produttive”. D’altronde il vero indirizzo normativo è ormai dato solo a livello europeo, basta recepire le norme (semplificandole nel modo sopra indicato). Meglio potrà essere una “politica premiale”: chi guadagna di più paga di meno (in %). Questo spingerà ogni cittadino italiano a divenire “imprenditore” (le famose Partite IVA) e cercare di guadagnare di più: più entrate per il Fisco e meno peso % delle tasse. E’ così semplice eppure non ci aveva ancora pensato alcun statista”; ma il Cavaliere ci penserà creando una “politica premiale delle tasse” che annulli quelle oltre un certo livello (per esempio sopra i 500,000/€ anno), dia sovvenzioni a chi guadagni più di 1 mili one/€ anno e faccia crescere -di poco- i tassi percentuali per i redditi inferiori. Si otterranno due grandi vantaggi: le persone che hanno redditi bassi (che sono tantissime) paLa “burocrazia” va oltrepassata gheranno un po’ di più, mentre si inoltre a livello operativo, conce- creerà una tendenza a “meno dendo alle Grandi Aziende (o ad tasse se guadagni di più” che associazioni di Imprese) di realiz- potrà sia aumentare i posti di lazare quelle infrastrutture di cui il voro che la velocità di circolaziopaese ha bisogno, a cominciare dal ne monetaria: la “ricchezza”. Ponte sullo Stretto, facendo in modo che non siano più possibili Mi sono svegliato: era un so“cavilli retroattivi” che impedi- gno o un incubo ? scano alle opere di realizzarsi spe- … noi speriamo che ce la ditamente. Le Grandi Aziende sono in grado “caviamo” …. di progettare, eseguire, gestire; Tarcisio Teofilatto INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 5 Walter, il Cavaliere e l’Italia al bivio di Eugenio Scalfari (La Repubblica, 17.02.2008) Mancano 56 giorni da oggi al 13 aprile, quando gli elettori andranno a deporre il loro voto nelle urne. Nei paesi democratici quello è un momento importante: il popolo esprime la propria sovranità, sceglie chi dovrà guidarlo, gli delega la sua rappresentanza, gli affida per qualche tempo il suo destino. In tempi di ideologie dominanti e totalizzanti le elezioni non producevano grandi cambiamenti, i con fini tra le parti politiche e rano netti, i flussi elettorali tra un partito e l'altro impercettibili, ma nonostante questa stabilità di superficie la società era in perenne cambiamento. Così nei primi vent'anni della Repubblica scompar ve la società contadina e prese corpo quella industriale; nei secondi vent'anni emerse la consapevolezza dei diritti civili; nella terza fase avvennero fenomeni regressivi: prevalsero gli inte ressi di corporazione e di clientela, le forze politiche si chiusero in se stes se perdendo la capacità di rappresentanza, la corruttela pubblica diventò sistema, le istituzioni furono occupate dai partiti, l'esercizio della democrazia fu deturpato e svuo tato dei suoi contenuti, sentimenti antipolitici latenti emersero impetuosamente, specie tra le generazioni più giovani. Ora siamo arrivati al capolinea e forse sta per cominciare un'altra storia. Dico forse perché pesano ancora i gravami del recente passato di declino e di regressione. Ma qual- che cosa di nuovo si intra vede ed è questo che sta dando il tono alla campagna elettorale appena iniziata. Cinquantasei giorni per capire da che parte sti amo andando e per decidere come ci comporteremo in quel breve ma deci sivo momento della nostra sovranità popolare. Ci sono due slogan o meglio due immagini lanciate dai due candidati principali ai nastri di partenza della gara. Quello di Berlusconi è: "Alzati Italia", e quello di Veltroni: "L'Italia è in piedi ma la politica si deve alzare". Sembrano abbastanza simili, invece sono pro- fondamente diversi. Berlusconi chiede che gli italiani si alzino fino a lui, lo raggiungano e seguano il suo sogno e il suo carisma nel mondo dei miracoli, come avven ne nel '94, nel 2001, nel 2006 quando mancò per un soffio l'obiettivo. Veltroni pensa invece immagini ci sono due diversissimi approcci. Berlusconi propone il ritorno al già visto, Veltroni vuole che tutto cambi nei programmi e nelle persone. Cambia il candidato "premier", cambiano i suoi più diretti collaboratori, cambiano i candidati al P a r l a m e n t o . Berlusconi ripresenta tutti i parlamentari uscenti, Veltroni ne lascia a terra la metà ed apre la porta alle donne, ai giovani, agli imprenditori, agli operai, a volti nuovi e sconosciuti. Il partito di Berlusconi è quello di sempre, il partito di Fini allinea i soliti Gasparri, La Russa, Alemanno, Matteoli. Il partito di Veltroni è nato dalle primarie di pochi mesi fa, dal voto di tre milioni e mezzo di persone e gli iscritti hanno già superato il milione in appena un mese dall'apertura dei "circoli", un fenomeno mai visto prima. Berlusconi ha dalla sua i sondaggi con uno scarto del 10 per cento, ma il recupero del Pd procede con una velocità notevole. Da quando ha deciso di presentarsi da solo ha guadagnato due punti. Gli ultimi sondaggi lo danno entro una forchetta tra il 33 e il 35 per cento dei consensi; l'alleanza con Di Pietro potrebbe portare quella forchetta al 37-39. che gli italiani siano più avanti dei politici e che spetti a questi di rinnovarsi, rompere il muro dietro il quale si sono rinserrati, abbandonare i privilegi che difendono la loro separatezza e raggiungano il Paese che a- Silvio Berlusconi nela soltanto a rimettersi Il bacino potenziale dei in movimento. due maggiori contendenti Dietro queste due diverse (Continua a pagina 6) 6 INTERNI Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 Il patto democratico tra operai e borghesia (Continua da pagina 5) copre il 90 per cento dei consensi. Il restante 10 per cento dovrebbe andare alla sinistra radicale ed altri raggruppamenti minori. Ma in quel 90 per cento di potenziali elettori dei due partiti principali, qua si il 12 sta ancora sulla linea di confine, è disponibile a votare sia l'uno che l'altro e non ha ancora deciso tra i due. L'esito finale sta tutto lì, in quel 12 per cento anco ra combattuto tra l'astensione o il voto per l'uno o l'altro dei contendenti. Quattro milioni, in gran parte giovani e donne, il cui voto determinerà l'esito della gara. Questo è lo stato della situazione ai blocchi di partenza. *** Fuori dal recinto di gioco infuria nel mondo una tempesta economica di notevole gravità. Calano le Borse, rallenta la produzione e la domanda, la liquidità ristagna nei depositi e in impieghi a breve durata e si restringono i prestiti e i mutui. I prezzi aumentano falcidiando i redditi reali, specie quelli dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, per conseguenza sale il livello dell'inflazione, soprattutto per quanto riguarda le materie prime e le derrate della catena alimentare. Il 2008 sarà un anno difficile per l'economia mon diale, per l'Europa e per noi. Bisognerà preservare il discreto andamento dei conti pubblici ma contemporaneamente adottare coraggiose misure di rifinanziamento della domanda e degli investimenti trovando il giusto equilibrio tra i due pedali del freno e dell'acceleratore. Giulio Tremonti è diventato strenuo sostenitore d'un governo di lar- ghe intese, chiunque sia il vincitore della competizione elettorale. Secondo lui una politica economica così difficile non può esser intrapresa se non con la condivisione delle responsabilità da parte dei due partiti maggiori. Il personaggio non è tra i più gradevoli e por ta sulle spalle un pesante carico di errori precedentemente compiuti, ma la sua visione del futuro è purtroppo realistica. Non altrettanto la terapia da lui proposta. *** C'è un altro tema che sovrasta la competizione elettorale ed è quello della laicità. È cosa saggia evitarne le asprezze e respingere le provocazioni miranti a farne uno strumento incendiario con l'intento di in ferocire il confronto. Se fosse soltanto questo, sarebbe facile disinnesca re le bombe-carta della moratoria anti-aborto e procedere oltre misurandosi con argomenti e pro blemi di ben maggior Egli è sicuro che la vit- peso. toria arriderà alla sua Purtroppo c'è dell'altro. parte; il suo appello alla condivisione del potere sconta un futuro di Le iniziative provocadifficoltà che una torie fungono da avanalleanza di gover no guardia ad una "recondiluirebbe. quista" condotta dalla ge L'ordine delle priorità e rarchia ecclesiastica "vela distribuzione dei cari- rsus" le istituzioni per chi trova tuttavia discordi condizionarne il funziona i due partiti contrapposti, mento e la legislazione sicché la gestione co- che ne ispira i compormune potrebbe risultare tamenti. paralizzante anziché incisiva. La gerarchia alterna momenti di moderazione Il tema è comunque pre- a momenti di intervento maturo, specie se pro- diretto sul delicatissimo posto da chi, volendo pro terreno della politica, det fittare d'un vantaggio e- tando alleanze tra partiti, lettorale, ha imposto il ri- c o m p o r t a m e n t i dei corso immediato alle ele- parlamentari cattolici, zioni facendo perdere sentenze inappellabili almeno quattro mesi pro- sulle questioni definite prio nel momento più "indisponibili", lusindelicato della crisi eco- ghe e minacce spesso imnomica internazionale. plicite ma in misura crescente pubblicamente eOrmai non c'è che da splicitate. aspettare i risultati del voto ma è giusto tenere Questo alternarsi di fasi sott'occhio il tema della dipende spesso dal fatto recessione. Una cosa si che a guidare sia il Sepuò dire fin d'ora: quel gretario di Stato, cardinal tema ha sempre accresciu Bertone, o il Vicario di to il ruolo che incombe al Roma, cardinal Ruini, il la politica e alla mano primo in veste di diplopubblica; così è sempre matico, il secondo di avvenuto in tutto il mon- guerriero delle armate do in fasi analoghe del ci (spirituali naturalmente) clo economico. pontificie. Benedetto Lo tengano ben presente XVI dal canto suo semi dirigenti del Partito de- bra lasciar mano libera al mocratico che non a caso l'uno e all'altro anche se hanno Franklin Delano nei documenti e nelle Roosevelt nel pantheon dichiarazioni da lui diretdegli spiriti fondatori. tamente emanati appare assai più vicino al dio de gli eserciti che a quello della misericordia. Aldo Schiavone ha efficacemente descritto su questo giornale quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi come una sorta di "ondata guelfa" che starebbe rinascendo nel nostro Paese. Stefano Rodotà ha segnalato un'offensiva clericale in atto contro i diritti civili, Francesco Merlo, Edmondo Berselli e Natalia Aspesi sono intervenuti prendendo lo spun to dal vergognoso episodio avvenuto giorni fa a Napoli, con la polizia nel le corsie ospedaliere e una donna che aveva praticato un aborto terapeutico pienamente legale, sotto interrogatorio mentre si era appena risvegliata dalla narcosi. Le ragioni per preoccuparsi di questa deriva clericale purtroppo ci sono tutte. Bisogna certamente guardarsi dal cadere nelle trappole della provocazione ma al tempo stesso non è sopportabile che la Chiesa occupi un terreno che non le è proprio e anzi le è esplicitamente vietato, nella politica, nelle istituzioni e addirittura al l'interno dei partiti. Se il cardinal Ruini ha vo glia di cimentarsi politicamente la strada è molto semplice e nessuno gliela vieterà: lasci le sue cariche ecclesiali e concorra alle elezioni con un proprio partito o dentro un partito che lo accolga. Una soluzione del genere avrebbe il pregio della chiarezza, pregio che dovrebbe essere prezioso per un cattolico e per un sacerdote. *** Attendevamo da molti giorni che finisse la telenovela Berlusconi(Continua a pagina 7) INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 7 Il patto democratico tra operai e borghesia (Continua da pagina 6) Casini, canticchiata dai due protagonisti sui versetti di "Vengo anch'io? No tu no. Ma perché? Perché no". Adesso si è conclusa: andranno alle elezioni separati. Il Cavaliere ostenta calma e disprezzo, si sente più sicuro senza l'Udc in casa. Fini se l'è mangiato in un boccone, operazione facile perché i colonnelli di An erano già tutti al suo servizio. Con Casini era più difficile per via di Ruini. L'Udc ha davanti a sé una strada in salita. Forse ha aspettato troppo, forse il buon momento sarebbe stato quello scelto da Follini quando si dimise da se- gretario e se ne andò dal partito. Un anno fa tutto era diverso e molte cose sarebbero andate in altro modo, ma con i se e i forse non si fa storia. D'ora in avanti Casini navigherà in mare aperto e sarà la prima volta nella sua vita. Può darsi che gli piaccia. Magari senza Mastella, che sarà pure credente e ruiniano come non sembra un appropriato al mento della italiana. lui, ma "asset" rinnovapolitica Eugenio Scalfari La Repubblica 17 febbraio 2008 Lettera a Giuliano Ferrara di Maurizio Lichtner (da [email protected]) Caro Giuliano Ferrara, mercoledì scorso ti ho visto, da Floris, e ho sentito quello che hai detto degli anni '70. Ti è stato chiesto: ma c'era solo il terrorismo, in quegli anni ? E tu hai risposto, in sostanza, che sì, c'era solo il terrorismo, nel senso che c'era contrapposizione ideologica, odio ideologico, e il terrorismo ne era la risultante. Non c'è male, come ricostruzione storica. Le stragi, per esempio, erano frutto di odio ideologico ? La straordinaria esperienza dei Consigli di fabbrica, della democrazia sindacale, le conquiste dei lavoratori in tema di diritti, salute, ambiente, dignità sociale, l'incontro tra esperienza operaia e «sapere alto» (come l'esperienza delle 150 ore), tutto ciò aveva a che fare con l'odio ideologico ? E quelle che si chiamavano lotte per la casa, per i servizi sociali, contro i doppi turni nelle scuole, per il tempo pieno, che cos'erano ? «Lotta» significava mobilitazione, impegno, presenza nel territorio. E poi l'impegno negli organi collegiali della scuola, per una gestione più democratica, per l'apertura della scuola al territorio, anche per il rinnovamento dei contenuti, ha costituito, nella sua prima fase, un'esperienza straordinaria di presa di coscienza, di partecipazione diretta, per moltissime persone. Di che si trattava ? Certo, c'erano forti contrapposizioni, ma la prospettiva non era né la rivoluzione né altro; c'era una prospettiva di democrazia più aperta, più partecipativa, e di una società un po' più giusta, più egualitaria, prospettiva che poi non si è realizzata. Insomma, volevi dire che tutto questo faceva parte della contrapposizione ideologica e dell'odio ideologico, cioè di quello stesso clima che ha prodotto il terrorismo ? Forse no, ma il tuo metodo è sempre quello: buttare lì quello che può funzionare sul piano della comunicazione, e giocare sulla confusione. Del resto, cosa facevi a scuola ? Eravamo al liceo «Lucrezio Caro» a Roma, nell'anno scolastico 1969/70. Tu facevi la terza liceo, io ero ai primi anni di insegnamento. Quando entrai in classe il primo giorno mi trovai di fronte 10 studenti con il distintivo di Mao. Erano del gruppo «Servire il popolo». Pensavo che da loro avrei potuto avere contestazioni, perciò concordai un programma di storia che li potesse interessare. Ma mi sbagliavo, durante l'anno questi «maoisti» si rivelarono studenti modello, mentre le difficoltà vennero da te, che eri della Fgci, se non sbaglio. Tutto per te era occasione di disturbo, ti piaceva creare confusione, paralizzare l'attività didattica. Avevi un amico del Fronte della Gioventù e vi divertivate a lanciare richiami da un capo all'altro della classe: tu gridavi qualche slogan, e lui rispondeva «eia eia alalà». Ogni occasione era buona, per te, per dichiarare «corteo interno» e far uscire gli studenti dalla aule. Non hai mai studiato, per tutto l'anno, fidando su quel «capitale culturale» trasmessoti dalla famiglia. Caro Giuliano, eri così, e anche se hai cambiato campo, idee, collocazione politica, in realtà non sei cambiato. La differenza è che allora tutto era ancora possibile. Maurizio Lichtner 8 INTERNI Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 Chi vuole cambiare la classe dirigente ? di Tito Boeri e Vincenzo Galasso (www. La Voce.info, 12.02.2008 Secondo i sondaggi ben il 58 per cento degli italiani è insoddisfatto dei rappresentanti politici. E tutti a parole in questi primi scampoli di campagna elettorale dicono di voler cambiare. Tre criteri per capire se lo faranno sul serio: sono favorevoli a un sistema maggioritario a due turni, a tenere primarie a livello locale nella selezione dei candidati e a estendere il diritto di voto ai sedicenni sia alla Camera che al Senato? Non c’è rigetto della politica in Italia. C’è rigetto di questa classe politica. I sondaggi lo dicono chiaramente: gli italiani credono che la democrazia, che comporta mediazioni e ricerca di consenso, -e dunque richiede politica- sia il migliore sistema possibile. Ma ben il 58 per cento è insoddisfatto dei propri rappresentanti politici, il 15 per cento in più di tre anni fa, secondo un recente sondaggio di Eurobarometro. Gli italiani sono, aggiungeremo giustamente, stufi di essere rappresentati da persone che non hanno potuto scegliere, e che non potranno cambiare. Probabilmente anche i cittadini statunitensi sono stufi di una classe politica che ha lasciato loro in eredità la guerra in Iraq, Guantanamo e Abu Ghraib. Non a caso, nelle pri- marie statunitensi i candidati fanno a gara nel promettere di cambiare, come nelle canzoni di David Bowie. Ma la differenza fondamentale fra gli Stati Uniti e il nostro paese è che gli elettori americani, se non sono soddisfatti, possono scegliere di punire i loro rappresentanti, di non rieleggerli. Nel nostro caso, fra due mesi andremo a votare sulla base di liste bloccate. Le scelte le avranno fatte altri: i segretari dei partiti. E così mentre i giornali americani fanno il totocandidati interrogando le persone, provando a interpretare gli umori dell’elettorato, i giornali italiani cercano di decifrare i silenzi e le dichiarazioni dei segretari di partito per carpirne i segreti: a chi verrà dato un posto in lista in un collegio sicuro? Chi rimarrà fuori ? In questi giorni continuiamo a ricevere lettere di cittadini che, disgustati, vogliono astenersi dal voto. È comprensibile. Ma non votare non serve a nulla. Bene semmai premiare chi si impegna a cambiare le regole in base alle quali si scelgono i nostri rappresentanti. Non è solo una questione di legge elettorale. Vediamo tre regole che possono davvero favorire il ricambio. Bene che ora, prima del voto, i vari schieramenti si pronuncino su queste regole. Sapremo così se inten- M o l t o dono davvero rinnovar- più attivi si. gli eletti con il maggio1. COLLEGI UNINO- r i t a r i o MINALI PER MAN- che col DARE A CASA CHI proporzionale. È stato così anche da noi. HA FATTO MALE Iniziamo dalla fine. Alla scadenza del man- 2. dato elettorale, agli elet- PRIMARIE A LItori deve essere data la VELLO LOCALE possibilità di giudicare Ma da solo il maggiori-attraverso il voto- i lo- tario non risolve il proro rappresentati politici. blema di selezionare i Deve essere possibile candidati prima di manmandare a casa chi non darli in Parlamento. Riha convinto. Oggi non è schia anzi di porre delle così. In primo luogo forti barriere all’entrata manca un legame diret- in politica, demandando to tra elettore ed eletto. la selezione dei candiSi vota una lista di par- dati nei vari collegi unitito, non un candidato. nominali alle segreterie E poi manca anche un di partito. legame geografico tra L’uso delle primarie eletto e circoscrizione. anche a livello locale Con il proporzionale a per la determinazione liste bloccate, il singolo dei candidati nei diversi politico non ha degli collegi è dunque fondaelettori in una determi- mentale per aumentare nata circoscrizione poli- il grado di competizione politica nella seletica a cui rispondere. È il partito nel suo in- zione ex-ante dei candisieme a essere giudica- dati. Consentirebbe di aprire la strada alla canto. Non esiste una selezio- didatura di politici o ne a posteriori, alla lu- amministratori che abce del loro operato, dei biano un buon record a singoli politici, ma solo livello locale. un giudizio sul partito nel suo insieme. Il siste- 3. ma maggioritario a col- DIRITTO DI VOTO legi uninominali lega, AI SEDICENNI SIA invece, il politico a una A L L A CAMERA circoscrizione geografi- CHE AL SENATO camente limitata e con- Ma anche con buone sente agli elettori di giu- regole elettorali e pridicarlo ex-post per la marie avremo cattivi sua performance politi- rappresentanti fin quanca in Parlamento. do gli italiani voteranno E di penalizzarlo in ca- i partiti prima delle perso sia stata giudicata sone. insoddisfacente. C’è una parte dell’eletPer questo la qualità torato che oggi è meno dell’operato dei politici ideologizzata, anche migliora con un sistema perché ha avuto meno (Continua a pagina 9) maggioritario. INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 9 Chi vuole cambiare la classe dirigente ? (Continua da pagina 8) tempo per schierarsi. Si tratta dei giovani. I sondaggi mostrano che sono proprio i più giovani a essere indecisi su chi votare. Nel 2006, fino a poche settimane prima del voto un giovane di età inferiore ai 24 anni su tre non sapeva per chi votare, contro, ad esempio, uno su sei nel caso degli elettori tra i 55 e i 64 anni. Non è un’incertezza dovuta al disinteressamento per la politica. Al contrario, i giovani sono il gruppo di età in cui ci sono meno “non so” in risposta a quesiti sull’operato del governo. E la partecipazione al voto tra i giovani è particolarmente alta in Italia rispetto ad altri paesi. Dando più peso politico ai giovani ci sarà dunque più attenzione nella scelta dei candidati con l’effetto non secondario di rimettere le problematiche giovanili al centro del dibattito politico italiano. tramite il maggioritario e il 25 per cento con il proporzionale), fossero stati chiamati a votare per il Senato anche i diciottenni, il loro voto avrebbe potuto cambiare l’orientamento politico in ben 17 regioni su 20: tutte, ad eccezione di Emilia Romagna, Toscana e Val d’Aosta. Da allora il numero di giovani tra il 18 ed i 24 anni è diminuito di oltre il 10% ! sedicenni. Ma come dare più peso politico ai giovani ? Se nel 2001, con il sistema misto Mattarellum (con il 75 per cento dei seggi assegnati Come mostra la tabella qui sotto, oggi per attribuire un ruolo decisivo al voto dei giovani bisogna estendere il voto ai Tito Boeri e Vincenzo Galasso www. La Voce.info, 12.02.2008 Scarto voti Senato 2001 Trentino A.A. Veneto Friuli Emilia Romagna 5.596 310.869 68.732 445.051 votanti di di 18-24 anni nel 2008 71144 305308 68717 236529 Piemonte Valle d'Aosta Liguria Lombardia Marche Toscana Umbria Lazio Campania Abruzzo Molise Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 100.845 17.612 24.944 635.618 77.462 378.483 43.014 153.574 138.119 29.760 5.252 132.471 26.798 45.265 480.318 44.103 258339 7531 85772 598784 101987 215432 57021 376563 539535 97726 25356 352150 50612 183669 444547 129787 Ecco allora un test per capire se i partiti vogliono davvero rinnovarsi. Ci dicano se i) sono favorevoli a un sistema maggioritario, ii) a tenere elezioni primarie a livello locale nella selezione dei candidati iii) a estendere il diritto di voto ai sedicenni sia alla Camera che al Senato. Votanti di 16-24 anni nel 2008 92001 391735 88055 303780 331196 9653 110417 766356 130386 275519 72032 483314 692869 124324 32126 449864 64364 232759 571227 164196 INTERNI 10 Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 Elezioni e problemi annessi di Ferdinand Sciolto il parlamento sono state ,come noto, indette le elezioni per il prossimo mese d’aprile. Ciò ha aperto tutta una serie di problemi di non semplice soluzione di cui è opportuno richiamare i più importanti. . AAA - Il mio regno per una casa Riccardo III buon’anima avrebbe dato il suo cavallo per un regno. Ma cosa sono disposti a dare Mastella e Dini per un alloggio magari anche modesto ? Questi due signori, grazie ad una legge elettorale che definire “porcata” appare un eufemismo, sono riusciti come noto a condizionare e poi far cadere il governo Prodi, a loro avviso non sufficientemente generoso nei loro riguardi. Nella ferma convinzione evidentemente di essere poi accolti a braccia aperte nella vasta e confortevole dimora sita in Arcore. Sono invece bastate poche ore per rendersi conto che -come ormai tutti gli italiani hanno capito da tempo- che delle dichiarazioni del “Cavaliere mascarato” (come lo chiama Stri scia ) è meglio non fidarsi. Avendo infatti ormai svolto il loro compito principale per cui avevano avuto un contratto part-time, (la parte di Bruto e Cassio) i due personaggi politici in questione, si accorgono ora che non se li fila nessuno o, come si dice a Roma, di loro…“nessuno se ne pò fregà de meno”. Il problema ora si fa serio per i due poveretti. Perché, se è chiaro che a sinistra nessuno li vuole, è altrettanto vero che neanche a destra (soprattutto Bossi & c.) hanno interesse a far loro spazio. E quindi rischiano di rimanere senza ombrello mentre piove e/o col fiammifero acceso in mano. Naturalmente Mastella nega l’evidenza e va dicendo che lo stanno invitando caldamente a entrale nella CdL. Ma chi ci crede? Dovranno dunque darsi molto da fare in questi 40 gg. prima delle elezioni per promettere mare e monti e farsi promettere un alloggio dignitoso.. Intanto potrebbero mettersi fuori Montecitorio con un banchetto e il cartello: «AAA - Cercasi casa in locazione, canone di legge». * * * I soliti inglesi Mi scrive un amico: (Continua a pagina 11) L’ex-Presidente Sivio Berlusconi unitamente a Maria Vittoria Brambilla, neo-presidentessa dei “Circoli della Liberta” sul palco a Milano alla manifestazione del 9 febbraio scorso. INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 11 Elezioni e problemi connessi (Continua da pagina 10) «Ma insomma che gli ha fatto Mister B. a quei comunisti del TIMES ?» ANSA) LONDRA, 8 FEB Il quotidiano conservatore britannico Times è' contrario alla possibilità di un ritorno di Silvio Berlusconi al governo. governanti dell’intero pia neta in serio imbarazzo. Oltretutto le facce cambiano (solo quella del Silvio è immutabile nel corso dei secoli) e si potrebbe assistere a qualche scenetta poco divertente. Negli USA per esempio presto alla Casa Bianca non ci sarà più l’amico, il “il caro George” (W. moscovita, Putin, dovrà farsi da parte per fine mandato, costringendo Silvio (se fosse lui a rappresentare l’Italia) a invitare il nuovo zar appena eletto nella sua villa in Sardegna. Insomma mentre in Francia, USA, Russia, Inghilterra, ecc. le facce dei governanti cambiano, da noi si prospetta il ritorno del Berlusconi sotto le spoglie di una Mentre tutti si rifiutano di raccogliere rifiuti tossici, c'è mummia dell’ouno che si distingue per la sua generosità: “Silvio dal monimo Faraone della IV dinastia. cuore grande”! C’è da immaginarAlla notizia di Mastella Beppe Grillo ha commentato: si il commento dei «Sta avvenendo una raccolta di rifiuti tossici e governanti europei lo vedrannocivi da parte di Berlusconi. Saranno riciclati per quando no arrivare: tornare poi seminuovi in quella discarica, anzi in “rieccolo !” quella grande oasi tossica e nociva che è diventa- (come Montanelli aveva soprannota il Parlamento». minato Fanfani, a No Comment! cui mr. B. può forse somigliare per Aldo Antonelli quanto riguarda la statura fisica, non certo quella cultu«“Non merita un'altra chan- Bush) al quale il Silvio rale e politica.) ce', è il titolo di un commen- aveva dimostrato devoto di Brown Maddox, la prin- zione totale assecondancipale columnist di politica dolo in ogni iniziativa, internazionale del giornale. ma una Hilary Clinton o A caccia “Due frammenti di riforma un Obama, entrambi po- Quando il signore rinadelle pensioni e del lavoro”, co teneri con chi, come scimentale andava a cac“non ci sono altri casi in cui cia, con centinaia di cani Berlusconi ha agito per il ha detto quest’ultimo, fa al seguito, ce n’era semguerre stupide … . beneficio dell'Italia, invece C’è da immaginarsi che pre uno più veloce degli che per il suo”. “Ha anche tagliato alcune Silvio, ottimo funambo- altri, capace di battere tasse peggiorando le finan- lo, dovrà in quattro e tutti quanto a velocità e quattro otto riconfigurar- resistenza e che a lungo ze”». ecc.ecc. si e presentarsi come filo andare diveniva il preferito perché tanto efficiendemocratico ! Idem per l’Eliseo dove te quanto fedele. Mr.B. ed i rapporti non c’è un presidente Se c’è qualcuno tra i nopaziente e controllato internazionali come Chirac ma un effi- stri politici che ricorda Ora questo riapre un di- cientista un po’ nevrotico molto da vicino un anibattito già divenuto anno- come Sarkozy, uso a trat- male così straordinario è so anni addietro quando il tare il genere umano con l’on Fini i cui veloci “Cavaliere mascarato” impazienza e poche cambiamenti di rotta apimperversava in Europa chiacchiere. paiono ineguagliabili. dando buffetti e pacche Vedremo se Silvio vorrà Quando dice una cosa ci sulle spalle a tutti i gover- fare ancora lo spiritoso si può giurare che di lì a nanti nella convinzione di dandogli manate sulle poco -se il Berlusca “fipiacere a tutti. spalle o facendogli le schia”- ne dirà un’altra corna durante le foto di lasciando tutti senza paIn realtà il solo timore di gruppo. role. vedersi di nuovo accanto Così quando a novembre un personaggio di tal fat- Ma la perdita maggiore dichiarò che con il Berluta nelle riunioni periodi- il Berlusconi l’avrà quan- sca era tutto finito e che che a tutti i livelli, mette i do il suo carissimo amico la CdL non esisteva più, Il gran cuore di Silvio * * * * * * se qualcuno ci ha creduto, è stato ingenuo. Non sono passati neanche 100 giorni ed ecco che non solo, appena il padrone del vapore ha schioccato le dita, lui è tornato subito ad accucciarsi ai suoi piedi ma, senza colpo ferire, ha acconsentito a sciogliere del tutto il suo partito (AN) facendolo confluire nel nuovo PdL inventato tout court da Silvio. Ma quando la caccia è im pegnativa, i fedeli amici dell’uomo non bastano mai. E allora il signore rinascimentale non bada a spese. Ogni buon cane da riporto in più è sempre utile. Quindi via con la campagna acquisti. E in questo il Cavaliere non bada a spese. Cosicché alla congrega dei fedeli storici (i Cicchitto,Schifani, Boniauti, Fede, Ferrara, Ghedini, Brambilla, Dell’Utri, Bru netta ed il capo branco Tremonti) si aggiungono i fedeli a pagamento (es. De Gregorio, Dini, Lombardo, Mussolini,ecc.) in sostanza dei ‘precari’ nel senso che la loro fedeltà al padrone è strettamente connessa a quanto viene loro versato tout court o almeno promesso: a Lombardo un seggio alla Regione e 15 deputati (o a scelta, 10 senatori), a Dini 300.000 euro, a SergioDeGregorio -forse perché di maggior ‘peso’- 700.000 euro; alla Mussolini 400.000 euro, a F. Nucara (PRI) 90.000 euro, a B. Della Vedova (Riformatori Liberali) 100.000 euro, ecc. Insomma con una bella muta così variegata, tra amici dell’uomo fedelissimi e precari, andare a caccia è un vero piacere… Ferdinand INTERNI 12 Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 Rilanciamo l’etica della politica di Antonio Di Pietro (09.02.2008) Vi devo parlare della situazione politica, altrimenti continuiamo a parlarci addosso. Anche la storia della spazzatura, con tutto il rispetto per chi ha fatto, si risolve in un solo modo: cambiando le facce, il resto sono tutte chiacchiere. Se cambi le facce e metti delle persone per bene, che non si fanno gli interessi propri, facciamo funzionare il sistema. Se invece cominci a fare la politica degli affari, la politica dello scambio di voto per incarichi e incarichetti, dove tutto passa attraverso le solite persone che si scambiano poltrone, non si va da nessuna parte. Piaccia o non piaccia bisogna dobbiamo far capire al Paese che bisogna cambiare le facce di chi ha amministrato fino ad ora. Il centrosinistra ha fallito la propria legislatura non perché il Governo è andato male, come dicono in televisione. Questo Governo ha fatto quello che ha potuto, ha fatto bene, ma aveva un Parlamento dove c’erano persone che hanno preso i voti da una parte e ogni giorno minacciavano di andare dall’altra solo per ricevere qualche cosa, ed infine si sono venduti l’anima al diavolo. Questa è la verità. L’Italia e gli italiani non possono vivere con cinquanta partiti, lo diciamo noi che siamo nati come piccolo partito e stiamo correndo come dannati per arrivare a diventare un grande partito che superi lo scoglio. Non ci fa paura, perché se dobbiamo vivere soltanto per avere la logica di ricatto può servire a qualcuno per trovarsi lo strapuntino, ma non andiamo da nessuna parte, non è questa la politica che serve al Paese. Ma voi credete che, in questa situazione, se andassi a chiedere un posto per me e qualcuno per due amici miei non me lo danno? Me lo danno domani mattina, ma è chiaro che non accetto perché abbiamo costruito una creatura con cui vogliamo diventare maggiorenni, grandi, vogliamo essere un partito di Governo. Avrete visto che intorno a Berlusconi adesso, e a Veltroni prima, sono sempre gli stessi, Mastella, Dini, De Gregorio, sono organismi geneticamente modificabili che si spostano da una parte e dall’altra a seconda dove serve. Cosi è finita. Cosa voglio dire con questo ? Voglio dire che c’è una schematizzazione della politica che fa bene alla politica. Noi che facciamo a questo punto ? Questo è il problema. Noi dell’Italia dei Valori rappresentiamo nel Paese quella volontà di mettere da parte gli schematismi e le contrapposizioni ideologiche. Mettiamo da parte i massimalismi di destra e di sinistra, quelli che devono dire no semplicemente perché non stanno con loro. Mi hanno chiesto perché me la sono presa con Bassolino se era nel mio schieramento: cosa vuol dire ? Se la spazzatura a Napoli è di sinistra è buona e se è di destra no ? E’ sempre spazzatura. Ci siamo messi come obiettivo il ricambio della classe politica e abbiamo rilanciato l’etica della politica: il partito del fare. Abbiamo indicato una serie di punti e abbiamo detto di vedere di volta in volta, ognuno nelle sue funzioni. Che cosa serve al Paese in relazione di quello che si fa ? Un sindaco sapeva che nel suo paese si doveva smaltire la spazzatura con la raccolta differenziata e lo ha fatto. Io come Ministro sapevo che dovevo fare una serie d’infrastrutture e ho fatto il più possibile, e se qualcosa non sono riuscito a farlo mi sono reso conto che le coltellate non mi arrivavano gli avversari politici, ma i miei amici. Noi dell’Italia dei Valori in questi anni abbiamo detto che uno dei fattori fondamentali per cui il meccanismo non funziona è che ci sono persone che vanno nelle istituzioni per farsi gli affari propri. La questione della legalità è una questione importante, perché quando si vede che da una parte c’è la Casta che ci mangia sopra, e dall’altra ci sono i casti e le caste che non riescono neanche a sposarsi, capite che noi avevamo e abbiamo la necessità di presentarci al nostro elettorato con il nostro simbolo. Noi ci saremo alle prossime elezioni, e il nostro obiettivo è di assicurarci il quorum che la legge elettorale c’impone. Ci può piacere o non ci può piacere questa legge elettorale, ma queste sono le regole del gioco, corri ragazzo corri, non c’è tempo di discutere. Ci dobbiamo porre un’altra domanda: cosa conviene al Paese che facciamo ? Non cosa ci conviene fare, se vogliamo servire il nostro Paese, perché ripeto che se ci vogliamo sistemare io sono già a posto. Al paese serve una squadra di Governo che sul programma la pensa allo stesso modo, che è disponibile a mettere in discussione la propria classe dirigente e che vuole governare, che fa sinergia con la propria squadra e non si fanno le scarpe tra di loro. Noi dell’Italia dei Valori vogliamo stare nelle istituzioni per essere una nicchia d’opposizione di veti e di controveti per poter sopravvivere ? No. Vogliamo stare nelle istituzioni per governare e per fare il bene del Paese. Dobbiamo avere un progetto, e non solo immaginarci di superare l’astic e l l a . Dobbiamo fare le liste, e le faremo in modo molto chiaro. Le liste dovrò farle io, ho la responsabilità di farle, e non possiamo più fare le liste di nicchia per andare a cercare due, tre o cinque mila voti. Non servono più queste, servono le liste come squadra e non come compravendita per un posto al sole. Abbiamo bisogno di professionalità all’interno del Parlamento, che sappiano cosa fare e che rappresentino un’idea. Metteremo in campo una squadra innovativa che terrà conto del territorio e terrà conto delle professionalità, locali e nazionali. Il mio impegno non è solo superare l’asticella, ma grazie all’asticella che supero metto in con(Continua a pagina 13) INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 13 Rilanciamo l’etica della politica (Continua da pagina 12) dizione chi la pensa come me sul programma di governare il Paese, perché se non lo governo io lo governa l’altro, magari Berlusconi. Non mi posso limitare a dire che non voglio Berlusconi, io devo offrire qualcosa di più e meglio rispetto a Berlusconi, e so che non posso farlo da solo, quindi devo creare una sinergia. Per questo, oggi come oggi, abbiamo messo a disposizione la nostra responsabilità per condividerla con il Partito Democratico. Il problema non è nostro, il problema è loro, che devono sapere se vogliono governare o vogliono soltanto contarsi, perché non è vero che si è persa la battaglia, in una situazione in cui avremo da una parte il Popolo delle Libertà e la Lega come espressione territoriale, e dall’altra il Partito Democratico e l’Italia dei Valori come espressione valoriale, la partita è aperta. Quando abbiamo fatto questa proposta al Partito Democratico cosa abbiamo voluto dire ? Che in realtà sul piano formale, e sul piano sostanziale, differenze di programma non ci possono essere, quelle sono le cose. Se andate a vedere, tolte le destre e le sinistre massimaliste, sono le stesse cose: sentirete che il centrosinistra dirà che vi toglieranno la spazzatura, cosi come anche il centrodestra. Il problema è di fiducia. Stabilito che il programma lo possiamo condividere, e abbiamo messo un programma d’alto livello etico delle istituzioni con la non candidatura delle persone condannate, la lotta alla Casta e una grande sburocratizzazione, crediamo che sia nostro dovere, prima ancora di pensare a noi stessi, di mettere a disposizione questo elemento valoriale all’interno della coalizione del Partito Democratico per permettere di vincere bene ma soprat- tutto di governare bene. Ci diranno se vogliono semplicemente contarsi tra di loro per sistemare una partita interna, o se vogliono insieme a noi proporre un Governo di Paese per il Paese. Antonio Di Pietro 9 Febbraio 2008 Un programma elettorale credibile di Antonio Di Pietro (http://www.antoniodipietro.com/2008/02/ un_programma_elettorale_credib.html) Noi dell'Italia dei Valori condividiamo e abbiamo già condiviso con il Partito Democratico punti importanti di programma come la riduzione del debito pubblico, come la lotta alla Casta, e quindi l’eliminazione di privilegi per avere un’indicazione ben precisa di qualità ed etica nella politica. Chiederemo al Partito Democratico di condividere con noi questo percorso di ritorno dell’etica nella politica e di condividere con noi quest’impostazione del fare, vale a dire di individuare alcuni punti fondamentali che noi abbiamo indicato in 10 punti che andremo a discutere con loro, in particolare un biglietto da visita di credibilità, quella della non candidatura di persone condannate con sentenza penale passata in giudicato, e quella della riduzione dei costi della politica. In questo senso, noi dell’Italia dei Valori parteciperemo ad un evento che si verificherà a partire dal 25 aprile, e che verrà portato avanti soprattutto dalla società civile e dalla rete, quello di un referendum per l’eliminazione dei finanziamenti pubblici ai giornali di partito e per una rivisitazione di quel che sono le leggi sull’informazione, anche per ciò che riguarda la problematica della Casta dell’informazione. Chiederemo al Partito Democratico di impegnarsi per una riduzione del sistema della tassazione che parta e prosegua attraverso quello che è già stato un impegno concreto, sia nostro che del Partito Democratico, che è quello di far pagare le tasse a tutti in modo che si possa effettivamente e obiettivamente ridurle. Crediamo che la flessibilità del lavoro possa essere un valore aggiunto, ma che non deve essere una scusa per precarietà cronica. Impegneremo molto la nostra azione politica in difesa della sicurezza, perché riteniamo che in tutto il paese ci sia un problema di sicurezza anche derivante dall’immigrazione clandestina. Vogliamo che nel programma sia ampliata la tutela dei risparmiatori e dei consumatori, proprio perché siamo convinti di proseguire su un percorso già iniziato con la Class Action, che è stato un procedimento già varato in questa legislatura. Crediamo in un’indipendenza del la magistratura, e sappiamo che ci sono già depositati in Parlamento dei disegni di legge importanti per ridurre i tempi della giustizia e ridare la credibilità al ser- vizio giustizia, depositati sia da noi dell’Italia dei Valori sia da esponenti qualificati come D’Ambrosio del Partito Democratico. Riteniamo che ci sia necessità di una frammentazione dei partiti, per cui la prossima legge elettorale dovrà prevedere sia la possibilità di un’indicazione da parte dell’elettore di quelle che sono le persone da candidare, sia di quello che è il quorum necessario per evitare che ci siano sigle e siglette di veti e contrasti. Riteniamo che debbano essere riformulati immediatamente i regolamenti parlamentari per evitare che quei partiti che non sono presenti alle elezioni poi si ripresentino all’interno della camera in modo mononucleare pensando di poter attuare la politica del ricatto, che è una delle cause principali della caduta del governo. Noi dell’Italia dei Valori ribadiremo la necessità che il conflitto d’interessi, specie con il paventato ritorno, che noi vogliamo scongiurare, di Berlusconi, sia risolto una volta per tutte e sia quindi in condizione di mettere il nostro Paese d’essere più credibile agli occhi del mondo intero. ♦ 14 Giustizia e Libertà INTERNI 18 febbraio 2008 Sondaggio Politico L’immagine dei 2 leaders da Repubblica, 15.02.2008 LE VALUTAZIONI SULL'IMMAGINE DEI DUE LEADERS QUESTA SERA IN TV, QUANTO LE E' SEMBRATO: BERLUSCONI TOT. CAMPIONE 12/02/2008 VELTRONI TOT. CAMPIONE 13/02/2008 SICURO DI SE' 79 65 SICURO DI VINCERE 91 59 CREDIBILE 55 68 CONVINCENTE 67 73 SINCERO 57 64 COMPETENTE E PREPARATO 64 67 AUTOREVOLE 65 60 IN GRADO DI GARANTIRE SVILUPPO ALL'ITALIA 64 64 CAPACE DI COMUNICARE 89 80 AFFIDABILE 55 60 VICINO ALLA GENTE 56 66 CAPACE DI GENERARE OTTIMISMO E FELICITA' NEI CITTADINI 60 57 CAPACE DI MIGLIORARE IL PRESTIGIO DELL'ITALIA ALL'ESTERO 53 56 IL GIUDIZIO COMPLESSIVO SULLA PARTECIPAZIONE SE DOVESSE ESPRIMERE CON UN VOTO DA 1 A 10 IL SUO GIUDIZIO GENERALE SULLA PARTECIPAZIONE DAREBBE COME VOTO: BERLUSCONI TOT. CAMPIONE 12/02/2008 VELTRONI TOT. CAMPIONE 13/02/2008 VOTO 1-3 16 6 VOTO 4-5 19 11 VOTO 6 11 15 VOTO 7-8 35 53 VOTO 9-10 18 14 SENZA OPINIONE 1 1 100 100 6 7 TOTALE VOTO MEDIO (Continua a pagina 15) 18 febbraio 2008 INTERNI Giustizia e Libertà 15 Il patto democratico tra operai e borghesia (Continua da pagina 14) LA RICADUTA SULLA FIDUCIA VERSO I DUE LEADERS IN OGNI CASO, DOPO LA TRASMISSIONE DI QUESTA SERA PORTA A PORTA, LA SUA FIDUCIA E': BERLUSCONI TOT. CAMPIONE 12/02/2008 VELTRONI TOT, CAMPIONE 13/02/2008 AUMENTATA 15 42 DIMINUITA 13 6 RIMASTA INVARIATA 71 51 SENZA OPINIONE 1 1 100 100 TOTALE LA RICADUTA POTENZIALE SUI PARTITI DI RIFERIMENTO IN PARTICOLARE, DOPO AVER SEGUITO PORTA A PORTA, POTREBBE DIRMI SE LEI: BERLUSCONI TOT. CAMPIONE 12/02/2008 VELTRONI TOT. CAMPIONE 13/02/2008 PRENDE PIU' IN CONSIDERAZIONE DI PRIMA IL VOTO AL SUO PARTITO (PD/PDL) 16 34 PRENDE MENO IN CONSIDERAZIONE DI PRIMA IL VOTO AL SUO PARTITO (PD/PDL) 22 17 PRENDE IN CONSIDERAZIONE COME PRIMA IL VOTO AL SUO PARTITO (PD/PDL) 54 46 SENZA OPINIONE 8 3 100 100 TOTALE SE LEI DOVESSE ACQUISTARE UN AUTO USATA, LA ACQUISTEREBBE OPPURE NON LA ACQUISTEREBBE DA: BERLUSCONI TOT. CAMPIONE 12/02/2008 VELTRONI TOT.CAMPIONE 13/02/2008 SI 46 55 NO 45 33 SENZA OPINIONE 9 12 100 100 TOTALE (Continua a pagina 16) INTERNI 16 Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 L’immagine dei 2 leaders (Continua da pagina 15) SE INVECE DOVESSE PARTIRE PER UNA VACANZA, LEI SCEGLIEREBBE O NON SCEGLIEREBBE: BERLUSCONI TOT. CAMPIONE 12/02/2008 VELTRONI TOT. CAMPIONE 13/02/2008 SI 50 46 NO 45 45 SENZA OPINIONE 5 9 100 100 TOTALE Periodo di effettuazione delle interviste: 12-13 Febbraio 2008 Modalità di somministrazione questionari: Panel Telematico Tempo Reale Campione: 1.000 cittadini residenti in Italia, disaggregati per sesso, età ed area di residenza Istituto Fornitore IPR Marketing - Dipartimento Opinione (www.iprmarketing.it) Committente: Repubblica.it Percentuale di rispondenti: 88% Direttore dell'Istituto: Antonio Noto La Repubblica 15.02.2008 Interessante e “spiritoso” sondaggio lanciato da Severgnini sulle colonne del “Corriere della Sera” Grande (troppo grande!) successo di "Un motto per l'Italia". Sono arrivati circa quattromila suggerimenti: tutti interessanti, molti esilaranti, alcuni geniali. Scelta difficilissima, a cura della redazione e di Beppe Severgnini. Ecco, in ordine alfabetico i dieci primi classificati (con l'indicazione degli autori e della voti ottenuti). I votanti sono stati oltre 66.000. Motto Autore Voti % La bella addormentata nel losco Donato Lo Scalzo 13,3% L’Italia è fatta...ma chi è il pusher ? Paolo Morganti 11,6% Poi vediamo Giovanni Chieffalo 9.1% Abbiamo un problema Peter 8.5% Potrei ma non voglio Marco Alciator 7.4% Chista Casta Costa Francesco Berardino 6.7% Usi a disobberir tacendo Gian Maria Raimondi 6,6% Mad in Italy Lupo 6,5% Aspetta e spera Emanuela Magni 5.4% Dipende Narno Pinotti 4,4% ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 17 Clemente da Ceppaloni di Masaniello Diciamo la verità, uno che si chiama Clemente e fa per mestiere il ministro della giustizia cosa poteva mai perorare se non un indulto. Lo hanno subito rimproverato neanche avesse, con questa legge favorito i potenti e non i poveracci che affollano le carceri italiane in numero spropositato, di fare un piacere a Previti, ancora lui, non se ne può più, il quale risparmierà tre anni della sua condanna a cin- que, però dovrà essere affidato ai errori e certi favoritismi non li aservizi sociali e sa Dio cosa gli vrebbe mai fatti, infatti, ha mantecapiterà, pover uomo. nuto la promessa che era stata fatta al Papa e ha favorito solo VanAncora, lo hanno accusato di si- na Marchi che non conta niente. stemare le faccende giudiziarie dei furbetti del quartierino, via, sono E i furbetti? Calmi, ci saranno i amici, cosa poteva fare un anima processi, vedrete che fra una diesensibile come Clemente da Cep- cina d’anni nessuno si ricorderà più di questo indulto firmato Clepaloni! mente da Ceppaloni, un nuovo Vogliamo mettere poi la pressione governo provvederà a varare l’amsu quest’uomo giunto al ministero nistia e alla guida del ministero più contestato della passata legi- della giustizia ci sarà Berlusconi slatura quello del leghista Castelli, ad interim! doveva dimostrare che lui certi ♦ NUOVO SCENARIO POLITICO Il cambiamento in tempi rapidi di Sergio Romano (Corriere della Sera, 10.02.2008) L’Economist scrive che i tempi della politica italiana possono essere sorprendentemente rapidi o atrocemente lenti. La prima definizione, in questi giorni, ha l’aria di essere più calzante della seconda. La «costrizione provvidenziale» (come Paolo Mieli ha definito la decisione del Partito democratico di «correre » da solo) sembra avere già prodotto un effetto altrettanto provvidenziale. Ha indotto Silvio Berlusconi a creare con Gianfranco Fini un partito unico del centrodestra. Il «Popolo delle libertà» stringerebbe un patto federale con la Lega (un partito territoriale di cui occorre riconoscere l’identità), ma assorbirebbe nelle sue liste, senza diritto di simbolo, buona parte di quell’ameba politica che si è divisa e suddivisa sino a creare un fastidioso e paralizzante pulviscolo parlamentare. Se l’espressione non fosse stata usata in un altro contesto (Charles Maurras se ne servì per definire la morte della Terza Repubblica francese nel 1940) direi che questa è una «divina sorpresa ». La classe politica è riuscita a rinviare di un anno il referendum sulla legge elettorale, ma sembra comportarsi come se il popolo ita- liano ne avesse approvato lo spirito. Persino il no dell’Udc di Casini potrebbe contribuire alla semplificazione del quadro politico. Walter Veltroni farebbe bene a non schernire con espressioni irridenti («maquillage») un evento di cui è lui stesso in parte responsabile. precludano questa prospettiva? Attenzione, tuttavia. La semplificazione del quadro politico è importante e renderebbe l’Italia più simile alle maggiori democrazie europee, dove i due primi partiti, come ha ricordato Marcello Pera sulla Stampa qualche settimana fa, rappresentano insieme una percentuale che oscilla fra il 60 e il 70% dell’elettorato. Ma è soltanto metà dell’opera. Non basta eliminare l’ameba. Occorre anche riscrivere le regole invecchiate di una Costituzione che rende il Paese ingovernabile. Se le due Camere hanno le stesse funzioni e il presidente del Consiglio non ha neppure il diritto di sbarazzarsi di un ministro indisciplinato e inefficiente, le elezioni non avranno mai un vincitore e l’Italia non avrà mai un governo. Abbiamo già constatato che le riforme fatte da una sola parte sono mediocri o non riescono a superare il passaggio del referendum confermativo. Veltroni e Berlusconi hanno ambedue interesse a far giocare il Paese con regole nuove e dovrebbero scriverle insieme. Quando andremo alle urne potremmo dunque trovarci di fronte a un ventaglio di scelte composto da cinque partiti: il Partito democratico, il Popolo delle libertà, la Lega, una «Cosa rossa» e una «Cosa bianca». Assomiglieremmo alla Germania dove la partita si gioca fra cristiano - democratici, social-democratici, la sinistra di Oskar Lafontaine, i verdi e i liberali. Ho usato il condizionale perché l’esecuzione di un progetto può svuotarlo delle sue virtù iniziali. Molto dipende dai patti che Veltroni e Berlusconi potrebbero stringere con qualche partito minore. Molto dipende soprattutto dalla fermezza con cui Berlusconi riuscirà a impedire che le reclute arruolate nel nuovo partito ne escano dopo le elezioni per costituire i loro gruppi parlamentari. Perché Sergio Romano Berlusconi e Veltroni non si im- Corriere della Sera pegnano sin d’ora a scrivere insie- 10.02.2008 me regolamenti parlamentari che 18 INTERNI Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 L'inno azzurro: «Menomale che Silvio c’è» Scritto da Andrea Vantina, è piaciuto al Cavaliere. Ma non si tratta (per ora) delle note ufficiali della campagna elettorale di Elsa Muschella (corriere della Sera, 14.02.2008) Tutta colpa di Michele Santoro. Andrea Vantini, il nuovo menestrello del Cavaliere, era seduto sul divano di casa sua a Pescantina (Verona) e guardava una puntata di Sciuscià in cui (parole sue) come al solito si sparava a zero su Berlusconi. «Ma è possibile che tutti se la prendano con lui?», ha pensato. E così, d’impulso, è arrivata l’ispirazione per scrivere A Silvio. Era il 2002 e quel promo autofinanziato non riusciva proprio a varcare il confine dello studio di registrazione. Sei anni più tardi, e siamo a sabato scorso, «Menomale che Silvio c’èèèè» è il ritornello che riecheggia al Teatro Nuovo di piazza San Babila dopo il discorso del líder máximo per l’inaugurazione della campagna del Pdl (ascolta l'audio). Martedì sera, poi, appena spente le luci del salotto di "Porta a Porta", il Cavaliere ha voluto far ascoltare la canzone ai giovani azzurri in trepida attesa davanti a Palazzo Grazioli. Parlare di un’investitura è del tutto prematuro, il partito del Popolo delle libertà non ha ancora un inno ufficiale. Però Andrea -38 anni, «cantautore da quando ne avevo 12», nessuna tessera politica in tasca- è già contento così perché sa perfettamente che «queste sono decisioni che spettano al nostro amato presidente». Intanto si è organizzato, e infatti tutti gli estimatori possono acquistare online il pacchetto A Silvio Testo e musica di Andrea Vantini Si è detto troppo E anche di più Si è usata pure la musica contro Oggi canto anch’io E dico che Menomale che Silvio c’è Non ho interessi politici E non ho neanche immobili Ho solo la musica E penso che Menomale che Silvio c’è Ci hanno provato scrittori e comici Un gioco perverso Di chi ha già perso Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Canto così Con quella forza Che ha solamente Chi non conta niente Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Viva l’Italia L’Italia che ha scelto Di crederci un po’ in questo sogno Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Viva l’Italia L’Italia che ha scelto Di crederci un po’ in questo sogno La musica suona senza colori Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Ma i riferimenti sono reali Viva l’Italia Viva l’Italia L’Italia che ha scelto Di crederci un po’ in questo L’Italia che ha scelto Di crederci un po’ in questo sogno sogno Per questo dico che Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Menomale che Silvio c’è Per questo dico che Presidente questo è per te Menomale che Silvio c’è Menomale che Silvio c’è T-shirt e cd a 15 euro più spese di spedizione. APPREZZAMENTI E CRITICHE E poi, a dire il vero, Vantini sta ancora ringraziando l'azzurro Aldo Brancher, talent scout per caso: «Ha l’ufficio vicino a casa mia, dopo che è caduto il governo Prodi gli ho portato la canzone, l’ha fatta ascoltare al grande capo e poi mi ha detto che lui aveva gradito. Gli ha persino dato il mio numero di telefono». «Oddio, allora chissà quante volte ci toccherà sentirla...»: Edoardo Sanguineti ascolta il potenziale inno del Pdl e non riesce a trattenere una risata. Nel file audio sul sito www.menomalechesilvioce.it la voce di Andrea insegue l'accordo di chitarra «Canto così/ con quella forza/ Che ha solamente/ Chi non conta niente/ Presidente questo è per te/ Menomale che Silvio c’èèèè»- e il poeta genovese è implacabile: «Orribile. Già l’inno di Forza Italia, quello scritto da Berlusconi in persona, era tremendo. Ma questo qui non lo augurerei alle orecchie del mio peggior nemico». Sanguineti pensa con sconforto ai canti partigiani e di lavoro, all'Internazionale socialista capace di «incarnare la voce di un'Idea che ha attraversato il mondo», alle filastrocche popolari che «al confronto diventano monumenti geniali all’estro del compositore», e proprio non si dà pace: «Il problema, ahimè, è che questi jingle possiedono la seduzione infantile della pubblicità e con la loro persuasione occulta agiscono nell’inconscio delle anime semplici restando inchiodati alla memoria». Forse però non tutto è perduto: «Io mi auguro che Berlusconi lo adotti come inno ufficiale, sarebbe proprio un ottimo deterrente al voto». ♦ INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 19 “Menomale che Silvio c'è", ma l'inno del Pdl è del 2002 http://politica.excite.it/news/7485/ Menomale_che_Silvio_ce_ma_linno_del_Pdl_e_del_2002 "12:50 gio 14 febbraio 2008 Nuovo partito, inno riciclato? Sembra che la Pdl di Berlusconi voglia adottare la canzone "A Silvio" del cantante veronese Andrea Vantini come inno ufficiale della campagna elettorale. La canzone, una vera e propria celebrazione di Berlusconi, recita: "Menomale che Silvio c’è", che è anche lo slogan su cui è stato costruito un sito commerciale per vendere magliette e suonerie abbinate alla canzone. Una strategia di marketing che avrebbe il suo coronamento nel caso il brano fosse scelto in modo ufficiale dallo staff del Pdl. Andrea Vantini, 38enne cantautore di Verona, spera che la sua canzone venga adottata da Berlusconi, che - secondo voci - pare abbia apprezzato il pezzo, che è risuonato a Milano, Piazza San Babila, il giorno del discorso di Berlusconi per l'inaugurazione della campagna elettorale del Pdl. E' da notare però che la canzoneinno è stata scritta nel 2002. Curioso che il l'inno del neonato Popolo delle libertà sia un pezzo scritto ben 6 anni fa. Già sul Corriere della Sera del 6 agosto 2002 Vantini raccontava il perché della sua canzone: "Una risposta culturale-artistica agli attacchi infamanti al Cavaliere". E Apicella già diceva la sua: "Bella cosa. Ma siamo sicuri che Berlusconi abbia ricevuto il cd? Magari glielo dico stasera..." http://politica.excite.it/news/ 7485/Menoma le_che_Silvio_ce_ma_linno_del_Pdl_e_del_2002 «Almeno mille euro a ogni precario» Veltroni: «Nell'ultima settimana aumentato di due punti il consenso per il Partito democratico» di A. Sa. (Corriere della Sera, 13.02.2008) «Nell'ultima settimana il Partito democratico è salito di due punti». Lo ha annunciato il leader del Pd, Walter Veltroni, nel corso della registrazione della puntata di Porta a Porta che andrà in onda questa sera. «I sondaggi veri -ha spiegato- dicono che nella settimana tra il 30 gennaio e il 6 febbraio abbiamo re cuperato due punti e non sono pochi. Il distacco tra le due coalizioni è molto piccolo. È una gara aperta anche se difficile». Nel corso della trasmissione l'ormai ex sindaco di Roma (ha dato le dimissioni proprio oggi in Campidoglio) ha anche anticipato due temi forti del proprio programma: l'istituzione di un «compenso mi nimo legale» di almeno 1.000- 1.100 euro per ogni precario; e sgravi fiscali permanenti di 2.500 euro a figlio. (Le proposte di Veltroni). E ha spiegato che almeno una parte dei dodici ministri di cui sarà composto il suo governo, in caso di vittoria, saranno annunciati già durante la campagna elettorale. le consultazioni fatte, ha trovato tutti d'accordo, «nessuno ha detto di no. Ora andiamo a vedere», la si approvi subito. L'obiettivo è fare in modo che tutti coloro che sono stati eletti in una lista non possano poi staccarsi e costituire nuovi gruppi in Parlamento. BASTA CAMBI DI CASACCA Il capo del centrosinistra aveva esordito chiamando in causa direttamente al suo antagonista sul tema delle norme che regolano l'attività di Camera e Senato: «Rivolgo un invito a Berlusconi -ha detto-: approvare ora in Parlamento, in questo Parlamento, la riforma dei regolamenti». Veltroni parte dal presupposto che questa era una riforma che, nel giro del- CAMBIO DI TONI Veltroni ha parlato anche della campagna elettorale che, almeno fino a questo punto, non ha visto i toni di scontro degli anni passati: «Il cambio dei toni» in questo inizio di campagna elettorale «lo considero il miracolo di questi mesi» ha detto, riferendosi anche alla puntata della stessa trasmissione di ieri sera, nella quale era ospite Silvio Berlusconi. «Ho apprezzato il fatto che abbia detto cose sui contenuti, sul programma -ha spiegato Veltroni- e che sia stato chiaro sul tenere fuori dalla bagarre della campagna elettorale i temi etici». Del resto, ha rivendicato, «difficilmente in questi mesi si può trovare un mio discorso in cui abbia mai nominato gli avversari. L'ho fatto scientemente, perchè sono convinto che l'italia deve uscire da questi 15 anni ed entrare in una fase nuova». LE ALLEANZE Il segretario del pd ha anche spiegato il perché di certe scelte in tema di alleanze. In particolare sulla questione dei Radicali: «La loro identità politica è assolutamente rispettabile, però noi (Continua a pagina 20) 20 INTERNI Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 «Almeno mille euro a ogni precario» (Continua da pagina 19) vogliamo lavorare per un unico partito. Per ora la risposta dei Radicali è negativa, secondo me è un grande errore». «Premesso che non vogliamo aggiungere simboli -ha aggiunto-, se i Radicali sono disponibili a stare nelle nostre liste è una scelta ottimale». Un modo, forse, per lasciare aperta la possibilità di un'intesa con i pannelliani. E sul perché il Pd abbia dato il via libera all'apparentamento con l'Italia dei valori ha spiegato: «Antonio Di Pietro ha preso l'impegno a confluire nel Partito democratico. I Radicali non possono farlo perchè sono un partito transnazionale». In ogni caso non ci saranno altri apparentamenti: «Se i socialisti e i radicali entreranno nel Pd, per poi fare con l'Idv un gruppo unico in Parlamento, bene», altrimenti, ha scandito Veltroni «non avremo altri apparentamenti, non ci saranno altri simboli». «NOI PARTITO, LORO SOLO ALLEANZA» E proprio la questione della fusione vera tra forze politiche che danno vita ad un nuovo soggetto è, per Veltroni, la discriminante tra il Pd e quanto sta avvenendo nel centrodestra: «Noi abbiamo fatto un partito dopo una lunga discussione, abbiamo fatto delle primarie con 3,5 milioni di persone a votare, questo si configura più come una alleanza elettorale. Io non ho capito se An si scioglie o no. C’è una differenza tra un’alleanza elettorale un partito nuovo. Noi siamo un partito del centrosinistra la Pdl si colloca, dopo la rottura con Casini, in un progressivo spostamento a destra". «NO AI CONDANNATI» «La nostra scelta unilaterale di correre da soli -ha poi precisato- ha di fatto realizzato parte di quella legge elettorale che non simo riusciti a riformare». Veltroni ha anche sottolineato di avere ottenuto come risultato che anche il centrodestra sta riducendo il numero di partiti della coalizione. Il segretario ha poi spiegato che nel Pd «le persone condannate in primo grado di giudizio è giusto non siano candidate. È giusto considerarli innocenti fino al terzo grado di giudizio, ma non candidarli è questione di opportunitá». Nelle liste veltroniane, è la sintesi, «ci saranno solo candidature di qualità». IL PROGRAMMA Per quanto riguarda i temi su cui sarà incentrata l'azione di un eventuale governo del Pd, e di conseguenza la campagna elettorale, Veltroni ha annunciato che «ci sarà un programma più compiuto e poi 10-15 punti, che io delineerò sabato all'assemblea costituente per imprimere un cambiamento al Paese». Non più dunque il libro da oltre 270 pagine che fu alla base dell'alleanza dell'Unione: «Sabato -ha puntualizzato Veltroniillustrerò le linee del programma che sarà analogo a quelli delle grandi stagioni del riformismo occidentale». Ma per quanto riguarda l'immediato, Veltroni ha suggerito che l'eventuale e x t r a g e t t i t o («Aspettiamo i dati della trimestrale di cassa, ma è ragionevole pensare che ci sarà») venga destinato a «salari, che sono fermi dal 2000, e produttività». SGRAVI FISCALI Qualcosa, del programma, però lo ha anticipato: «In Italia le tasse si pagano troppo e per questo io ribadisco l'impegno a pagare meno e pagare tutti con interventi di due tipi. In primo luogo un intervento a sostegno dei figli attraverso o detrazioni fiscali consistenti, del tipo di 2.500 euro per i nuovi nati, non una tantum ma fino ad una certa età da stabilire. Oppure assegni agli incapienti». In secondo luogo, Veltroni pensa a interventi «di sostegno fiscale alle imprese» per incentivare le donne che lavorano. MILLE EURO AI PRECARI E a proposito di lavoro, il segretario del Pd ha voluto inserire il precariato tra le priorità, proponendo una sorta di stipendio minimo obbligatorio: «Diremo alle imprese spiega Veltroni- che nessuno che abbia un contratto atipico o di precariato può avere uno stipendio di 1.000-1.100 euro e poi noi sosterremo quelle aziende che potranno fare un contratto di più lungo periodo attraverso incentivi fiscali». «PRODI ? OTTIMO PREMIER» Rispondendo a una domanda del direttore del Giornale, Mario Giordano, Veltroni ha poi annunciato: «Farò il mio comizio elettorale con le mie idee e le mie proposte, se c’è Prodi sarà utile perché è stato un ottimo presidente del Consiglio». In serata, al tg1, Berlusconi aveva invece detto che il compito del segretario del Pd sarà improbo in campagna elettorale proprio perché «dovrà fare dimenticare Prodi». «Non mi piace fare il furbo e voglio ricordare che Prodi, come uomo di governo ha portato l’Italia in Europa, con l’euro, quello è stato il governo più amato dagli italiani e ora ci fa togliere la procedura di infrazione aperta dall’Unione europea. Il governo Prodi -ha aggiunto- ha fatto cose fantastiche e lo distinguo dalla coalizione», che invece lo ha danneggiato. Veltroni ha però riconosciuto che fu un errore da parte del leader dell'Unione quello di non riconoscere la presidenza di almeno una delle due camere all'opposizione dopo le elezioni del 2006: «Bisognava riconoscere il fatto che il Paese era spaccato, non (Continua a pagina 21) INTERNI 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 21 «Almeno mille euro a ogni precario» (Continua da pagina 20) trollo». amplificare questa spaccatura, ma invece ricucirla». Un errore che questa volta non sarà commesso: «Io prendo l'impegno che, in caso di vittoria, una presidenza delle Camere andrà all'opposizione e a loro toccherà anche la presidenza delle Commissioni di con- NESSUN «INCIUCIO» L'apertura di un dialogo non significa però che vi siano già accordi per un governo condiviso dopo il voto. E a Maroni e Pecoraro Scanio che si definiscono garanti contro le grandi intese ha mandato a dire: «Non c'è bisogno. Siamo tutti garanti del fatto che non ci faranno le larghe intese» Veltroni ha voluto distinguere tra «un patto di consultazione» tra i leader dei due poli e gli inciuci. «Serve un patto di consultazione sui grandi temi -ha affermato il leader del Pd- Prodi e Berlusconi non si parlavano ma io penso che i capi delle due coalizioni si devono consultare. Il problema è che in Italia subito si grida all'inciucio ma io sto allo schema anglosassone: insieme per definire le regole e poi la sfida politica». A. Sa. Corriere della Sera, 13.02.2008 Le proposte di Veltroni in campo economico Questo, schematicamente, il programma economico del leader del Pd: 1) Dare un «compenso minimo legale ai precari, che non possono avere meno di 1.000-1.100 euro, a2) 3) 4) 5) traverso incentivi fiscali dello Stato alle imprese». Per attuare un incremento demografico serve un sostegno alle famiglie, per questo Veltroni pensa a «detrazioni fiscali da 2.500 euro per ogni nuovo nato» non da dare una tantum «ma da portare fino ad una certa età, ad esempio 12 anni». Interventi sul fronte degli asili nido che «in Italia sono un servizio a domanda individuale invece deve diventare un diritto. Si devono aumentare». «Noi proporremo un intervento per le donne che lavorano, ma non perchè mogli o madri, ma perchè lavorano e sono preoccupate della loro collocazione. Proporremo un sostegno con incentivi all'occupazione femminile» Tasse: «Pagare meno, pagare tutti». ♦ D'Alema attacca il Pdl: «È una destra senza centro» da www.unità.it (14.02.08) Non sa ancora se si candiderà alla Camera o al Senato, «deciderà la commissione elettorale», ma su tutto il resto Massimo D’Alema ha le idee chiare. Il vicepremier e ministro degli Esteri passa a Porta a Porta e dice la sua sulla campagna elettorale che stiamo vivendo. Anche se definisce «impensabile» l’ipotesi di «un governo di grande coalizione», apprezza la svolta di assistere a un confronto tra «due grandi partiti e non più due coalizioni rissose», ribadisce che l’accordo elettorale con Di Pietro «prevede che l'Italia dei valori convergerà nel Partito Democratico» e fa sapere al socialista Borselli che il suo «bisogno insopprimibile del simbolo» è sintomo di «un atteggiamento chiuso e settario». Ma soprattutto fa un’analisi dura del centrodestra: «Colpisce -spiega D’Alema- che, nel momento in cui nel centrosinistra si costruisce una proposta di governo autonoma dalla sinistra, nel centrodestra ci si separi invece dal centro e si costruisca un partito di governo con la Mussolini e non con l'Udc». Insomma, «si tende più a radicalizzare che non a convergere...». che destina l'extragettito alla riduzione della pressione fiscale e, secondo me, questo deve essere prioritariamente indirizzato al sostegno dei salari bassi». Poi D’Alema torna a parlare delle emergenze del momento. E, così come aveva annunciato nel corso della videochat con i lettori de l’Unità On Line, ribadisce l’urgenza di aumentare i salari: «Quando faremo i conti della trimestrale -ha sottolineato- se risulterà che c'è un extragettito bisognerà applicare la norma della finanziaria E se dovesse realizzarsi un governo Veltroni ripartirà proprio da dove si è fermato Prodi, dalla politica sui «redditi da lavoro, in particolare i salari degli operai, delle donne e dei lavoratori precari che percepiscono retribuzioni indegne di un paese civile». Se i conti non dovessero tornare, comunque, la priorità resta. ♦ INTERNI 22 Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 La RAI e la censura “legale” di Aldo Antonelli Riceviamo e Pubblichiamo From: Aldo Antonelli Sent: Monday, February 11, 2008 12:06 PM Subject: La Rai e la censura "legale" Ho appena ricevuto questa lettera che Paolo Bernard ha messo in rete e nella quale denuncia le gravi forme di censura di cui è stato vittima. Barnard (ve lo ricordate ?) anni fa ha realizzato degli straordinari, eccezionali servizi per la trasmissione Report. Leggete e vi renderete conto di quale gioco sporco, noi tutti, siamo fatti strame. Impiastrati da programmi volgari, galvanizzati da pubblicità ossessive, clonati da operazioni-lifting che ci incollano alla politica da avanspettacolo. Ecco cosa è diventata la RAISET o, se preferite, RAIMEDIA. E dire che quest'anno, dopo tre anni di astinenza, avevo rimesso in funzione il televisore. Ritenendo la proposta di riforma Gentiloni non malvagia, ho pagato di nuovo il canone che avevo smesso di pagare...! Povero ingenuo... Per ora inoltro a voi tutti la lettera, ripromettendomi di metter su un movimento di boicottaggio su scala nazionale. In questo senso accetto consigli e suggerimenti. In bocca al lupo. Se volete potete consultare anche www.criticamente.it Aldo Antonelli La lettera di Paolo Barnard da http://www.criticamente.it/News-article-sid-3587-topic-4.html Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, ecco vi una forma di censura nell'informazione di cui non si parla mai. E' la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell'appoggio dell'indignazione pubblica, non ci si può difendere Questa censura sta di fatto paralizzando l'opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti 'fuori dal coro'. Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste 'scomode'. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d'informazione ve lo illustro citando il mio caso. Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il bre- ve racconto. Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un'inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l'11/10/2001 ("Little Pharma & Big Pharma"). Col comparaggio (reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie") e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA). L'inchiesta fu giudicata talmente essenziale (Continua a pagina 23) 18 febbraio 2008 INTERNI Giustizia e Libertà 23 La lettera di Paolo Barnard RAI in questi casi). Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l'impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un'inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me. La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere. Ma al peggio non c'è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E' un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo: "La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell'eventuale accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima".(6) Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell'incredulità. Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI, e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all'evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio... una lettera extragiudiziale dovuta, ma che **(la RAI può tecnicamente fare questo in èsarà lasciata morire nel giudizio in corso... Fivirtù di una clausola contenuta nei contratti nirà tutto in nulla." (7) che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta Non sarà così, e non è così oggi: giuridicadi manleva (5), dove è sancita la sollevazione mente parlando, quell'atto di costituzione in dell'editore da qualsiasi responsabilità legale mora è ancora valido, eccome. che gli possa venir contestata a causa di un Non solo, nostro lavoro. Milena Gabanelli non ha mai preso posizione Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo pubblicamente contro quell'atto, né si è mai firmarla pena la perdita del lavoro commis- dissociata dalla linea di difesa della RAI che è sionatoci, ma come ho già detto l'accordo con interamente contro di me, come sopra deMilena Gabanelli era moralmente ben altro, scritto, e come dimostrano gli ultimi atti del né è moralmente giusificabile l'operato della (Continua a pagina 24) (Continua da pagina 22) per il pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003. Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004 (1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte. Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno benestare. Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi. All'atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo. La linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa. (4) E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata. 24 Giustizia e Libertà INTERNI 18 febbraio 2008 La lettera di Paolo Barnard (Continua da pagina 23) processo in corso.(8) Non mi dilungo. All'epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un'inchiesta da me firmata sull'emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste 'coraggiose'. Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari. Così la mia voce d'inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo. Ecco come funziona la vera "scomparsa dei fatti", quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli 'editti bulgari', i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno. Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori. Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare. Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità. Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema. Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l'energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate. In ultimo. E' assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d'allarme, e ciò non sarà piacevole per me. Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva. Grazie di avermi letto. Paolo Barnard [email protected] Note: 1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004. 2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo. 3) Nel volume "Le inchieste di Report" (Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: "...alle nostre spalle non c'è un'azienda che ci tuteli dalle cause civili". Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell'Università di Roma La Sapienza, difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me. 4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: "Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria...". 5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI: "Lei in qualità di avente diritto... esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o giudiziaria". 6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005. 7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18 8) Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005...". (si veda nota 4) http://www.criticamente.it/News-article-sid-3587-topic-4.html 18 febbraio 2008 INTERNI Giustizia e Libertà 25 Silvio vince con il lodo menefrego di Michele Serra (L'ESPRESSO, 08.02.2008) Grasse risate a Mediaset dopo la sentenza delle autorità europee sull'occupazione abusiva delle frequenze da parte di Rete quattro. Gli avvocati di Silvio Berlusconi, in formazione tipo (sei accosciati e cinque in piedi) hanno fatto sapere che non vale neanche la pena di fare ricorso perché la sentenza è già resa nulla dal Lodo Menefrego, di imminente approvazione alle Camere dopo la prossima vittoria elettorale del centrodestra. Emilio Fede ne ha dato la notizia nel corso di una lunga diretta, storpiando in segno di sfregio il nome di tutti e quattrocento i parlamentari europei, lanciando freccette contro una cartina di Strasburgo e spiegando che comunque il suo continente di riferimento è sempre stato l'Asia. Il futuro di Retequattro e di Mediaset, a questo punto, non può che essere radioso. Aprile 2008 Per festeggiare la vittoria elettorale, Berlusconi compera l'Unesco e fa proclamare Cologno Monzese patrimonio mondiale dell'umanità, come i Sassi di Matera e il Matchu Pitchu: d'ora in poi non si potrà toccare nemmeno una vite. Il suggestivo dedalo di rotonde, svincoli, guardie giurate e antenne dove ha sede Mediaset diventa la meta preferita del turismo per depressi: dopo avere visto Cologno, anche l'aspirante suicida è così felice di tornare a casa che diventa euforico cronico. Giugno 2008 Per regolarizzare definitivamente la situazione di Retequattro, si decide che l'emittente non solo può occupare le frequenze di un'altra rete, ma ne occuperà anche gli uffici. Fede, prendendo possesso della sua nuova scrivania, si siede sopra il presidente della rete espropriata, invitandolo a non lamentarsi ad alta voce perché disturba le riunioni di redazione. I giornalisti di Retequattro vengono autorizzati a parcheggiare la loro macchina sopra le macchine dei giornalisti di altre aziende, e all'occorrenza a rincasare, la sera, nelle abitazioni dei dipendenti Rai, pretendendo di trovare la cena pronta e la moglie truccata. A Cologno viene eretta una nuova antenna alta 800 metri: è la più potente del pianeta, in grado di trasmettere fino ai limiti del sistema solare le televendite di materassi, di prestigiosi bilocali a soli 20 minuti da Milano e di prodotti per la pulizia delle auto. Fa sensazione una telefonata da Urano durante un'asta di litografie di de Chirico: il telespettatore, esasperato, fa presente che anche il mercato di Urano è saturo, da anni, di litografie di de Chirico. Settembre 2008 Retequattro occupa anche le frequenze della Bbc, che è costretta a trasmettere via cavo nella sola Londra. Fede cura personalmente i telegiornali per tutti i paesi della Ue, storpiando apposta in segno di dileggio i nomi dei principali leader politici europei, fingendo di dimenticare i nomi delle capitali e imponendo previsioni meteo sempre uguali: pioggia torrenziale su tutta Europa, sole splendente sull'Italia. Le previsioni per l'Italia vengono illustrate da piacenti pin-up seminude, quelle per il resto d'Europa da anziane pensionate con grossi porri sul naso. saggiatore e una replica serale (tutte le sere) di Milan-Liverpool con il finale ritoccato da Carlo Rossella: il gol del pareggio del Liverpool è annullato dall'arbitro. Altro grosso colpo della Rai: torna la grande satira. Ogni sera le barzellette sui cornuti, le spassose Ottobre 2010 Il presidente della Rai imitazioni del Bagaglino Agostino Saccà sigla uno e la vignetta di Giorgio storico accordo con Me- Forattini. diaset: la Rai potrà replicare tutti i programmi Febbraio 2011 Mediaset il giorno dopo, Mediaset dichiara illegitrinunciando a trasmettere timo il Parlamento euroi propri inutili palinsesti, peo: occupa abusivamencon notevole risparmio di te alcuni edifici a Stradenaro pubblico. sburgo acquistati da BerUn trattamento di favore lusconi. viene riservato a Raitre: Lo sfratto viene trasmestrasmetterà ventiquattro so in diretta da Fede che ore al giorno Milan dileggia i parlamentari an Channel, compresi tutti ziani mentre cadono dalgli allenamenti, il docu- le scale. mentario 'Carlo Ancelotti raccontato dalla moglie', le sedute dal mas- ♦ 26 INTERNI Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 Carta Canta di Marco Travaglio (La Repubblica) (Stefano Passigli, editore delle opere di Neruda in Italia, 25 gennaio 2008) deur. Sono 23 gli arresti eccellenti (4 in carcere, 19 ai domiciliari) ordinati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) tra gli esponenti campani del partito del ministro della Giustizia Clemente Mastella, a cominciare da quello della moglie, Sandra Lonardo Mastella, presidente del consiglio regionale della Campania, che si trova da oggi pomeriggio ai domiciliari nella sua casa di Ceppaloni (Benevento). E' accusata di tentata concussione nei confronti del direttore generale dell'ospedale di Caserta. I carabinieri hanno eseguito ordinanze di custodia in carcere nei confronti di Carlo Camilleri, consuocero dei Mastella, che si trova però in ospedale a Benevento da ieri sera. Anche Mastella è indagato per sette capi di imputazione, compresa la concussione" 31 gennaio 2008 (Agi, Roma, 16 gennaio 2008). Lo diceva Neruda "Io ero un capo naturale. Ero considerato un intellettuale dalle mie parti, ai congressi Dc citavo Gramsci, alle riunioni diocesane arrivavo con l'Espresso sotto braccio" (Clemente Mastella intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, "Sette", 20 dicembre 2001). "La poesia citata al Senato da Clemente Mastella e da lui attribuita a Pablo Neruda non è mai stata scritta da Neruda" Come passa il tempo "L'11 febbraio del 1994 avevamo il primo appuntamento ad Arcore per decidere le candidature. (...) Berlusconi aveva interesse ad avere alcuni che fossero parte della Dc ma non quelli che erano stati in prima linea. E in più avanzò una singolare discriminante: non voleva quelli che erano stati raggiunti da un avviso di garanzia. E' paradossale: Berlusconi oggi è incriminato -anche se io credo che sia una persona perbene- mentre allora per lui ba stava un semplice avviso per farti fuori dalle liste" "Oggi sentiremo le dichiarazioni dei rappresentanti dell'Udeur ma credo che questo partito possa entrare nel centrodestra" (Silvio Berlusconi, Agi, 23 gennaio 2008). (1 febbraio 2008) Come passa il tempo "Cambiare significa mandare a casa tutta una classe dirigente corrotta, che ha distrutto e massacrato la città di Napoli e l'area metropolitana, e significa portare al governo una classe dirigente nuova e credibile, che faccia gli interessi dei lavoratori e dei cittadini, che sappia costruire un futuro nuovo, assi(Clemente Mastella, La Stampa, 23 curare una prospettiva diversa a tanti giovani, creare città a migennaio 2004). sura di donne e di uomini: "Terremoto giudiziario nell'U- questa é la svolta che bisogna riuscire a mettere in campo. E io penso che, per la prima volta, le condizioni vi siano, anche grazie ai colpi che i giudici giustamente hanno dato a Tangentopoli, togliendo via da mezzo al campo vecchi capi disponenti, troppo compromessi con il vecchio sistema di potere (...) E però non bastano soltanto i giudici. I giudici stanno..., e lo fanno molto bene, portano avanti la loro parte..." (Antonio Bassolino nel 1993, prima di diventare sindaco di Napoli, a Televomero, http://www. youtube. com/watch?v=b3wNieM4vKg) "Dunque il primo compito è quello di portare avanti una battaglia contro la corruzione, per ripulire Napoli, per riconsegnare alla città una classe dirigente nuova in grado di riscattare l'onore e la dignità di tutti quanti noi napoletani. Poi c'è un lavoro interno, perché come io dico ai giudici: 'Andate avanti senza guardare in faccia nessuno', anche noi, al nostro interno, dobbiamo andare avanti senza guardare in faccia nessuno..." (Antonio Bassolino nel 1993, appena nominato commissario della federazione del Pds e non ancora candidato a sindaco di Napoli, http://www. youtube. com/ watch?v=XO6yIqpYmTw). (4 febbraio 2008) Non alla Camera, ma al Senato "Non cercherò scappatoie facen domi eleggere all'Europarlamen to o alla Camera per ottenere il privilegio dell'immunità" (Salvatore Cuffaro, "Libero", 20 gennaio 2008). "E chi l'ha detto che candidere(Continua a pagina 27) 18 febbraio 2008 INTERNI Giustizia e Libertà 27 Carta Canta mo Cuffaro al Senato?" (Michele Vietti, vicesegretario nazionale dell'Udc, "Annozero", 31 gennaio 2008). "Il presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, dopo le dimissioni irrevocabili annunciate ieri, è stato 'ufficialmente' invitato da Pier Ferdinando Casi ni e da tutta l'Udc a presentarsi in Senato'. A darne notizia è il segretario regionale dell'Udc in Sicilia, Saverio Romano, che ha sentito poco fa al telefono Casini. 'Il giudizio degli elettori -ha detto Romano- sarà l'occasione per avere la fiducia che Cuffaro merita e che non è mai venuta meno" (Adnkronos, 27 gennaio 2008). (5 febbraio 2008) Impegni inderogabili "Ho chiesto al tribunale di 'Annozerò presieduto dall'ex onorevole Santoro, oggi nelle vesti di novello inquisitore, che se ha deciso di riprocessermi lo faccia in mia presenza e per questo ribadisco la mia richiesta di spostare al prossimo giovedì la puntata che mi riguarda. L'unica cosa che mi dispiace è il fatto che nonostante la mia disponibilità egli abbia deciso di farlo, in contumacia, e non certo per colpa mia, ma perché quando sono stato invitato, avevo già assunto altri impegni. Torno a ribadire la richiesta di spostare di una settimana la puntata. Io gradirei essere pres ente e affronta re il contradditorio" (Salvatore Cuffaro, Il Giornale, 30 gennaio 2008). "Palermo. Il 31 gennaio per chi ha studiato dai salesiani é un giorno particolarissimo: si festeggia il fondatore San Giovanni Bosco... Totò Cuffaro dai padri salesiani ha trascorso gli anni dell'adolescenza, avendo frequentato il collegio 'Don Boscò di Palermo. E ha voluto essere presente anche quest'anno, benché nello stesso giorno il conduttore di 'Annozerò Michele Santoro avesse deciso di parlare di lui nel corso della sua trasmissione, mandando in onda il film 'La mafia é bianca'. Santoro non ha voluto spostare la puntata della sua trasmissione e neanche Cuffaro ha voluto rinunciare al suo appuntamento annuale con Don Bosco e con tutti gli ex allievi che in questa circostanza si riuniscono per trascorrere insieme una serata, rievocando i tempi che furono. (...). 'Non sono andato da Santoro - confida l'ex presidente della Regione al cronista perché oggi é una giornata particolare per me e per tutti quelli che siamo stati educati dai salesiani'. Il telefono cellulare squilla in continuazione. 'Santoro?, no non ci sono andato Non ho neanche l'intenzione di vedere la trasmissione'. Poi tutti in macchina verso Sferracavallo, in un noto ristorante della borgata marinara di Palermo, per trascorrere una serata in tranquillità, per cercare di dimenticare le pene quotidiane. Nella sala del ristorante non c'è la televisione. Una cinquantina di persone prendono posto allegramente. Sono quasi le 21, Cuffaro dissimula la sua ansia. Poi, fa qualche telefonata: 'E' cominciato, cosa dicono?'. Ma siamo ancora alle battute iniziali. Però, la presenza del senatore Vietti nello studio di Santoro, lo rassicura. Intanto cominciano ad arrivare a tavola le prime portate: sarde a beccafico, alici marinate, ostriche, cozze..." ("Cuffaro spegne la tv: 'Preferisco don Bosco'. Una serata con l'ex governatore. Rimpatriata con gli amici alla festa dei salesiani. 'Stasera non voglio sentir parlare di Santoro'", "La Sicilia", 1° febbraio 2008). "Totò Cuffaro è stato linciato nella trasmissione Annozero di Michele Santoro senza aver nessuna possibilità di replicare ad un filmato colmo di affermazioni unilaterali e faziose. Bene ha fatto il Garante ad ammonire sia la Rai sia Santoro per essersi messo sotto i piedi le regole di una informazione corretta, con l'aggravante di non averlo fatto utilizzando il servizio pubblico. Anche il presidente della Commissione di Vigilanza Rai farebbe bene a chiedere spiegazioni e a richiamare all'osservanza alle regole comuni della civiltà oltre che di quelle del servizio pubblico" (Rocco Buttiglione, presidente dell'Udc, tgcom. mediaset, 1 febbraio 2008). (6 febbraio 2008) Patto fra gentiluomini "Sono d'accordo con la filosofia di Veltroni, non sacrificherò le mie idee per tenere in piedi una coalizione, non scenderò a patti con nessuno. Il Popolo della Libertà nasce per correre da solo" (Silvio Berlusconi, La Stampa, 19 dicembre 2007). "Noi siamo già pronti a stipulare un patto per andare da soli alle elezioni. Bisogna vedere se Veltroni è pronto ad accettarne le conseguenze" (Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore FI, La Stampa, 19 dicembre 2007). (7 febbraio 2008) Marco Travaglio Carta Canta La Repubblica 28 INTERNI Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 . . . dalla Stampa Estera (al 27.01.2008) di CaLmBiG Il laicismo credente, un modo di gestire il rapporto fra religione e stato Il laicismo credente distingue fra la “religione” e i “dotti religiosi”. Questo è l’aspetto più importante che lo differenzia dalle altre due correnti di pensiero antagoniste. Infatti, la corrente laica (non credente) non fa distinzione fra la religione e gli “uomini di religione”, e chiede di allontanare entrambi dalla politica e dalla gestione dello stato, chiamando questa richiesta “separazione tra religione e stato”. Sul fronte opposto, la corrente della “Hakimiya” anch’essa evita di scindere la religione da coloro che pretendono di rappresentarla, chiedendo che lo stato e la politica si assoggettino ai “religiosi” (il termine “hakimiya” letteralmente vuol dire “sovranità”, con riferimento all’assoluta sovranità di Dio; in questa accezione, esso può essere fatto coincidere con la Legge Divina; questo termine, utilizzato fra gli altri da pensatori come Mawdudi e Sayyid Qutb, occupa una posizione molto controversa all’interno del pensiero islamico moderno; a seconda dell’interpretazione che se ne dà, esso può tradursi in uno strumento di emancipazione dell’umanità, che impedisce a coloro che gestiscono l’autorità di monopolizzare il potere e l’interpretazione della legge [essendo la legge divina attingibile soltanto attraverso uno sforzo di interpretazione (ijtihad), che come tale sarà sempre soggetto ad una evoluzione e ad un miglioramento, e che pertanto contiene in sé il concetto di tolleranza e di pluralismo], oppure nel suo esatto contrario, nel momento in cui una classe ristretta si erge a depositaria ed interprete esclusiva della legge divina; è a quest’ultima tendenza, diffusa in molte correnti fondamentaliste, che si riferisce l’autore dell’articolo (N.d.T.)). Secondo tale corrente, è solo in questo modo che si può garantire che la legge islamica governi i diversi aspetti della vita, ovvero è solo così che si può ristabilire la vera religione. Ma questa è una concezione “sacerdotale” che contrasta con la filosofia dell’Islam, la quale vieta l’esistenza di un clero che pretenda di gestire un potere spirituale sulle persone, e che si erga a rappresentante esclusivo della religione e ad unica autorità che abbia il potere di interpretarla. L’Islam proibisce l’esistenza di un “clero” di questo genere, anche laddove i suoi rappresentati tentino di nascondersi dietro la definizione di “ulema” (gli “ulema”, o più correttamente ‘ulamā’, sono i dotti musulmani in scienze religiose, una definizione che può contenere numerose sfumature; la caratteristica fondamentale di queste figure religiose è però rappresentata dal fatto che essi non possono essere assimilati ad un corpo sacerdotale o ad un clero organizzato, essendo privi di qualsiasi investitura sacramentale (N.d.T.)). Il laicismo credente nasce dal cuore della cultura e della civiltà arabo-islamica. Questo è il motivo per cui esso distingue fra la religione e coloro che si ergono a suoi rappresentanti. Era naturale che il laicismo europeo portasse alla separazione della religione dallo stato, dalla politica, e dai vari aspetti della vita sociale, poiché in Europa la religione ed i religiosi sono obiettivamente una cosa sola. Il potere spirituale sacerdotale dei religiosi venne riconosciuto nel Medio Evo. Ma all’interno della nostra cultura arabo-islamica, e nell’ambito degli attuali bisogni della nostra civiltà, non è richiesto – e non è nel nostro interesse – allontanare l’Islam dalla nostra vita sociale e politica, visto che esso rappresenta una fonte di civiltà e di progresso valida in ogni tempo. Tuttavia, è nostro interesse ristabilire la vera filosofia progressista del messaggio dell’Islam, purificandolo dalle menzogne che gli sono state attribuite. Per questa ragione, il laicismo credente invita a promuovere l’Islam nella politica e nella società, escludendo però i religiosi dagli affari politici, ed impedendo che assumano un ruolo di controllo sulla vita quotidiana della gente. L’Islam reale, infatti, non ha un corpo sacerdotale. Questa è una risposta ai bisogni della nostra civiltà. Quando infatti un leader politico proviene dalla classe di coloro che pretendono di esercitare un potere spirituale sulle persone, egli agisce di testa propria e non permette di essere contraddetto. Ciò sancisce la tirannia, che rappresenta oggi all’interno del mondo arabo una delle principali cause della nostra arretratezza. Separare i religiosi – e non la religione – dallo stato impedisce che esso si trasformi in uno stato totalitario che consacra un leader ed obbliga le persone a seguirne le opinioni ed i pensieri, in base alla pretesa secondo cui tali pensieri proverrebbero dalla religione. La salvaguardia della religione è invece una questione che non ha niente a che fare con la (Continua a pagina 29) 18 febbraio 2008 STAMPA ESTERA Giustizia e Libertà 29 … dalla stampa estera (al 28.11.2007) (Continua da pagina 28) coercizione, e che dipende dalle scelte della gente. Se le persone scelgono un programma di ispirazione islamica per governare lo stato, la gestione del governo avverrà su basi di umanità, e secondo uno sforzo interpretativo (ijtihad) che non pretende di parlare a nome di Dio, che non proibisce il dissenso e l’opposizione, e che non aspira ad omologare le persone al proprio volere. Un programma politico di questo genere è anche in grado di lasciare spazio ad un programma differente qualora la maggioranza lo volesse. Dunque, l’efficacia dell’Islam nello stato e nella società è basata sulla comprensione degli interessi delle persone e della nazione, e su un approccio analitico ed oggettivo alle diverse questioni, che sappia legare le cause agli effetti. Non è basato invece sull’inerzia fondata su concetti religiosi errati, sostenuti da coloro che pretendono di possedere un’autorità spirituale in quanto rappresentanti della religione di Dio. La corrente della Hakimiya, che appoggia l’autorità dei religiosi, si prefigge di imporre la legge di Dio allo scopo di ottenerne i favori. L’efficacia di una simile strategia non fa, dunque, affidamento sul fattore umano e sul principio di causa-effetto, ma su eventi soprannaturali che dovrebbero condurci alla vittoria. Ciò significa che la rinascita scientifica e culturale non sono un obiettivo dal punto di vista di questa corrente, poiché possiamo vincere anche con tutta la nostra arretratezza, se riusciamo ad attirare su di noi l’appoggio di Dio! Naturalmente, questa idea errata è in contraddizione con la filosofia dell’Islam, così come l’idea che identifica la religione con i “dotti” religiosi. Il laicismo credente, invece, punta a creare le condizioni oggettive necessarie alla rinascita, perseguendo due priorità: smascherare i concetti errati che dominano la realtà, e spingere le persone ad impegnarsi nel processo di sviluppo e di rinascita, dando ascolto alle loro scelte, e rispondendo in maniera oggettiva alle loro necessità ed ai loro bisogni. Ovviamente, i “religiosi” considereranno questo approccio una deviazione dall’Islam – naturalmente secondo la comprensione che essi ne hanno. Ma si tratta di un comportamento ben strano, visto che essi, se da un lato impediscono alla gente di “discutere di religione” – arrogando questo diritto esclusivamente a se stessi, sulla base della loro supposta specializzazione in questo campo – dall’altro non esitano ad intervenire in tutte le questioni, compresa la politica, anche se essi non hanno alcuna specializzazione in questo campo. Il laicismo credente vieta la politica ai “religiosi”, anch’esso sulla base di un principio di specializzazione. Non è infatti ammissibile riunire il potere politico ed il potere spirituale nelle mani delle stesse persone. http://www.alghad.jo/?news=223221 Guantanamo come simbolo L’11 gennaio ha segnato il 6° anniversario della creazione del campo di detenzione di Guantanamo. Soltanto pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione statunitense dell’Afghanistan nel 2001, un grosso aereo cargo atterrò in una base militare americana nella Baia di Guantanamo a Cuba, sbarcando un gruppo di sospetti “terroristi” rattrappiti, bendati, e rivestiti di una tuta arancione, i quali apparentemente rappresentavano la feccia dell’umanità. Questo gruppo comprendeva bambini, anziani, operatori umanitari, giornalisti, e persone che erano state vendute all’esercito americano in cambio di una generosa ricompensa. Fin da allora, il dibattito intorno a questa famigerata prigione è stato guastato da un facile “riduzionismo”. Il fatto è che Guantanamo non è né un campo autorizzato per la detenzione di “brutta gente” -come spiegò il sempre schietto presidente Bush- né una semplice macchia nell’altrimenti luminoso primato americano di rispetto dei diritti umani, del diritto di guerra e dei trattati internazionali. Semmai, Guantanamo è soltanto un’appendice di una lunga lista di violazioni non dichiarate praticate dall’amministrazione Bush, che fanno sì che questo campo possa essere considerato come il simbolo di una politica diffusa, basata su un noncurante sovvertimento della legalità internazionale. La prigione è probabilmente una delle più gravi beffe ai danni della legalità internazionale, che tra l’altro fu in parte redatta da legali americani. Forse neanche le passate amministrazioni USA saranno state devote sostenitrici delle Convenzioni di Ginevra, tuttavia non hanno mai agito in spregio ai trattati internazionali in maniera così esplicita ed arrogante come l’attuale amministrazione. L’ex ministro della giustizia Alberto Gonzales, un amico personale del presidente Bush, era talmente abile da permettere ai suoi collaboratori di adornare le loro azioni gratuite di un’aura di legalità. Guantanamo fu il suo massimo capolavoro. Centinaia di prigionieri di Guantanamo sono stati successivamente rilasciati, alcuni sono stati dati in custodia ai loro rispettivi governi. Circa 275 detenuti rimangono tuttora nel campo. Su un totale di circa 1.000 internati, solo 10 hanno un’accusa a loro cari(Continua a pagina 30) 30 Giustizia e Libertà STAMPA ESTERA 18 febbraio 2008 … dalla stampa estera (al 28.11.2007) (Continua da pagina 29) co. I prigionieri di Guantanamo erano “fra i più pericolosi, feroci, e meglio addestrati assassini sulla faccia della terra”, secondo l’ex segretario alla difesa Donald Rumsfeld. Se fosse stato davvero così, perché Rumsfeld non è stato pronto a farli processare in un tribunale? Dopotutto, il suo giudizio così netto dovrebbe dimostrare che egli era in possesso di prove schiaccianti, sufficienti a qualsiasi tribunale per condannarli e gettarli in prigione. Ma, naturalmente, la questione della presenza o dell’assenza di prove era irrilevante. Nessun habeas corpus, giusto processo, o insieme di leggi nazionali od internazionali, importavano molto ad un’amministrazione che si gloriava della sua capacità di trascendere tutto questo. Naturalmente, un simile disprezzo della legalità venne giustificato con la scusa degli interessi nazionali, e con un insieme di altri logori pretesti. Il tempo, tuttavia, ha dimostrato che Guantanamo, e la sprezzante aggressività che simboleggiava, hanno probabilmente arrecato maggior danno agli interessi nazionali americani di qualsiasi altro evento della storia degli Stati Uniti. Nei primi anni, i prigionieri a Guantanamo vennero tenuti all’interno di gabbie all’aperto, con nient’altro che una stuoia ed un secchio come gabinetto. Anthony D. Romero, direttore esecutivo dell’Unione Americana per le Libertà Civili, ha scritto: “Ora sappiamo che solo una piccola percentuale delle molte centinaia di uomini e di ragazzi che sono stati detenuti a Guantanamo furono catturati su un campo di battaglia mentre combattevano contro gli americani; molti di più vennero venduti dai signori della guerra in cambio di sostanziose ricompense”. Romero cita le osservazioni fatte da un ex comandante di Guantanamo, il brigadier generale Jay Hood. Il comandante rivelò al Wall Street Journal: “A volte, semplicemente non ci consegnavano le persone giuste”. Per di più, sia l’ex segretario di stato Colin Powell che l’attuale segretario Condoleezza Rice hanno chiesto la chiusura di Guantanamo -oltre a diversi organismi internazionali e numerose associazioni di difesa dei diritti umani negli Stati Uniti ed all’estero. Ma l’amministrazione Bush tuttora insiste a mantenere in funzione Guantanamo. E’ probabile che – se del tutto i prigionieri di Guantanamo furono di qualche utilità nell’operazione Enduring Freedom e nella cosiddetta guerra globale al terrore – ogni informazione eventualmente in possesso di qualcuno di essi gli sia stata già estorta, con la violenza o con altri metodi. Inoltre, se delle prove schiaccianti contro di essi fossero davvero esistite, l’amministrazione Bush li avrebbe processati già da lungo tempo. Nessuno dei due scenari è convincente. Dalle pagine del Sydney Morning Herald, Leigh Sales fece la dubbia affermazione secondo cui “il problema è cosa fare con i prigionieri se il campo viene chiuso. Se essi vengono trasferiti nelle carceri americane, dovranno essere accusati e processati secondo le leggi americane. Le prove raccolte attraverso interrogatori coercitivi non sarebbero ammissibili nei tribunali ordinari, e così Bush rischierebbe di vedere gente come Mohamed e Hambali tornare in libertà”. Un commento di questo genere, ripreso anche da altri, suggerisce che dietro la volontà di mantenere in attività la prigione di Guantanamo vi sarebbero ragioni dettate dall’interesse nazionale. Tuttavia, Guantanamo continua ad esistere, esattamente per la stessa ragione per cui ancora infuria la guerra in Iraq, e per la stessa ragione per cui la fallimentare politica globale dell’amministrazione Bush tuttora va avanti. Chiudere Guantanamo vorrebbe dire ammettere la sconfitta, dichiarare il fallimento, qualcosa che i sostenitori dell’impero non possono permettersi – almeno non adesso. L’11 settembre fu il momento opportuno per tradurre in realtà una nuova dottrina, delineata dal “Progetto per il Nuovo Secolo Americano” (Il PNAC [Project for the New American Century], è un think-thank americano fondato nel 1997, con sede a Washington; esso fa capo al movimento neocon americano; fra i suoi fondatori figurano Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, ed altre figure di spicco dello schieramento neoconservatore (N.d.T.) ), un disperato tentativo di sostenere un impero che deve far fronte a difficili sfide. La tattica, utilizzata subito dopo gli attacchi terroristici, puntava su uno stile di politica estera e di politica militare formulato in modo da non dover rendere conto a nessuno, né al popolo americano, né alle Nazioni Unite, né alla legalità internazionale. Guantanamo è la grottesca rappresentazione di questa tattica - oltre che il suo fallimento. In effetti, Guantanamo è una macchia nella storia americana, e resterà nella storia mondiale come un simbolo di ingiustizia e di oppressione, mantenendo vivo il ricordo della disumanità, delle torture, e dell’estrema violenza associate alla cosiddetta “guerra al terrore” dell’amministrazione Bush. http://weekly.ahram.org.eg/2008/880/in5.htm CaLmBiG ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 31 Retroscena, lo strappo finale nell’ex CDL Così non lascerò a Pier potere di vita e di morte Silvio: o vinco alla mia maniera o niente, sono stufo di farmi logorare di Augusto Minzolini (La Stampa, 16.02.2008) ROMA Per comprendere l’intransigenza con cui Silvio Berlusconi si sta muovendo nel rapporto con l’Udc e, più in generale, nel capitolo delle alleanze bisogna scrutare nel suo stato d’animo. «Vedete -spiegava ieri nel cortile di palazzo Grazioli- non ho l’imperativo categorico di vincere queste elezioni. O vinco alla mia maniera, con un largo margine, e riesco a governare come voglio, facendo le cose che servono al Paese e ai cittadini. O altrimenti niente, alla mia età non voglio logorarmi in trattative estenuanti. Io non dovrei fare neppure la campagna elettorale perché gli italiani mi conoscono. Sono loro che debbono decidere se mi vogliono oppure no». Se il Cavaliere si è accostato alla trattativa con gli ex-Dc con queste idee in testa è evidente che i margini di un’intesa sono sempre stati davvero ridotti. Perché il problema del «simbolo» dell’Udc ha sempre nascosto una questione ben più complessa: nella mente del Cavaliere, infatti, magari per un eccesso di diffidenza, l’obiettivo perseguito da Pierferdinando Casini e dai suoi è sempre stato quello di avere i numeri nel prossimo Parlamento per poter esercitare una sorta di diritto di vita o di morte sul governo, semmai il centro-destra dovesse vincere le prossime elezioni. «Casini è il solito -ha spiegato Berlusconi ancora ieri sera ai suoi- Vuole avere abbastanza seggi per esercitare una sorta di golden-share sul centrodestra. I suoi piani sono prevedibili: se vinciamo le elezioni con un largo margine, lui può ricominciare il gioco delle trattative estenuanti del 2001 verso il quale io ho maturato un’avversione antropologica; se, invece, i margini sono ridotti, può tentare fughe in avanti verso il Pd per mettere in piedi altri governi con maggioranze diverse. Per quale motivo noi dovremmo dargli i voti per mettere in cantiere operazioni del genere?». Ecco perché la trattativa è sempre (Continua a pagina 32) "Il nuovo partito fondato da Berlusconi in piazza San Babila ? Comportarsi nel modo in cui sta facendo Berlusconi non ha niente a che fare con il teatrino della politica: significa essere alle comiche finali. (….) Se vuole fare il premier, deve fare i conti con me, che ho pure vent'anni di meno. Mica crederà di essere eterno (…) Lui a Palazzo Chigi non ci tornerà mai. Per farlo ha bisogno del mio voto, ma non lo avrà mai più. Mai. Si faccia appoggiare da Veltroni" (Gianfranco Fini, 18 novembre 2007) "Abbiamo vissuto l'epoca berlusconiana con un certo qual disagio (...). Le vignette che lo rappresentavano come uno scodinzolante cagnolino intorno a Bush hanno fatto il giro del mondo (...). Non si sottovaluti la portata di queste sue celebri gaffes internazionali" (Il Secolo d'Italia, organo ufficiale di An, 23 novembre 2007) "Il Cavaliere ha distrutto la Cdl, e ora dovremmo bussare alla sua porta con il cappello in mano e la cenere in testa ? Non siamo postulanti. Io tornare all'ovile ? Sono il presidente di An, non una pecora" (Gianfranco Fini, 16 dicembre 2007) 32 Giustizia e Libertà ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Così non lascerò a Pier potere di vita e di morte stata in salita e ha sempre avuto poche «chance» di riuscita. Chi si è dato più da fare per trovare un’intesa è stato il mediatore per eccellenza, Gianni Letta. Ma si è mosso sempre tra grandi difficoltà. Certo non è che il Cavaliere non abbia colto i rischi insiti nella rottura con l’Udc: Veltroni ha già cominciato a legittimare l’Udc come polo di «centro» dello scenario politico con il tentativo di assegnare al Pdl il ruolo di polo di destra («chi lancia queste accuse -è sta la risposta del leader del Pdl - si dimentica che noi in Italia rappresentiamo il Ppe»); ed ancora, con il divorzio tra Berlusconi e Casini il leader del Pd può dire che i giochi non sono ancora fatti e risucchiare parte del consenso della sinistra massimalista usando l’argomento del «voto utile» per battere Berlusconi. Ma, a quanto pare, tutti questi elementi sono apparsi al Cavaliere sicuramente meno pericolosi dell’incognita di ritrovarsi nel prossimo Parlamento con Casini in un «ruo lo decisivo». Per questo il leader del centrodestra non ha offerto al suo interlocutore nessuna «subordinata» se non l’adesione al Pdl. Nella trattativa di questi giorni Casini, invece, qualcosa l’aveva concesso: il simbolo del’Udc senza il suo nome, l’adesione ai gruppi parlamentari della Pdl dopo le elezioni; ed ancora, la promessa che l’Udc sarebbe andata sotto le insegne del Popolo della Libertà nelle prossime elezioni europee. Ieri, a quanto pare, Letta aveva immaginato anche un’ultima ipotesi di mediazione: l’Udc nel Pdl alla Camera e con il suo simbolo al Senato. Ma Berlusconi non si è convinto e neppure Casini. Nella telefonata di ieri pomeriggio tra i due il leader dell’Udc ha chiesto di nuovo di correre con il proprio simbolo. «E’ una questione di dignità», ha detto al suo interlocutore. Ma Berlusconi è rimasto fermo: «Guarda il sacrificio che ho chiesto a te l’hanno già fatto Forza Italia e An. Non posso cambiare posizione anche perché Fini e Bossi sono anche più rigidi di me. Se concedessi qualcosa di più a te dovremmo ridiscutere tutto». Casini che ormai non c’era più niente da fare: «Silvio -ha confidato ad un collaboratore- ha dimostrato la mia stessa fermezza». raggiungimento del quorum alla Camera. Inoltre c’è da tenere conto della disparità dei mezzi economici che come insegnano le elezioni americane hanno il loro peso: alla vigilia di questa campagna elettorale l’azionista Berlusconi, a differenza degli anni precedenti, ha ritirato 144 milioni di euro di dividendi dalle holding della Fininvest. Ora bisogna vedere se tutti questi elementi spingeranno Casini a cambiare idea all’ultimo momento. A preferire il vecchio motto «primum vivere», magari sotto altre insegne. Anche perché la situazione per gli ex-Dc può farsi davvero difficile. Ieri sera nel cortile di Palazzo Grazioli a chi gli chiedeva cosa succederà all’Udc se deciderà di correre da sola, Berlusconi non ha dato valutazioni politiche. Si è fatto il segno della croce accompagnato solo da una frase laconica: «Porteremo i fiori...». A questo punto l’epilogo della vicenda non è più affidato alla trattativa ma alla prova di forza. L’Udc, infatti, sta subendo un’emorragia di parlamentari e di quadri verso il Pdl (dagli ex-Dc di Catania a quelli del Piemonte). C’è ancora in ballo l’ipotesi di un’alleanza alle politiche di Berlusconi con il leader del Mpa Raffaele Lombardo: quest’ultimo capeggerebbe una sorta di Lega Sud e in cambio il centrodestra appoggerebbe la sua candidatura alla presidenza della Regione. «Se Lombardo si allea con noi ammette Gianfranco Miccichè- io ritiro la mia candidatura a governatore». Inoltre la scelta di correre da soli al di fuori del Pdl -secondo un mini-sondaggio arrivato ieri sulla scrivania del Cavaliere- potrebbe costare all’Udc (ma siamo solo Augusto Minzolini agli inizi di questa campagna elet- La Stampa torale) il 2% mettendo a rischio il 16.02.2008) Fini: «An sciolta in autunno» Intervista a “Libero” «con un congresso stabiliremo le tappee le regole che porterannoad un soggetto unico da www.corriere .it (16.02.2008) Alleanza nazionale non c'è più. Ma la sua fine verrà certificata tra qualche mese. «In autunno si terrà il congresso di Alleanza nazionale e lì stabiliremo le tappe e le regole che porteranno a un soggetto unico. Lo scioglimento di An passerà da quel congresso. Ovviamente la stessa cosa dovrà farla Forza Italia». Lo ha dichiarato il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini in un’intervista concessa al quotidiano «Libero». da solo alle elezioni la cosa non potrà che dispiacermi. Però il mio amico Pier non può pretendere di fare parte di una coalizione senza partecipare al progetto da cui è nata. L’alleanza con la Lega è un fatto a sé per la sua tipicità del suo essere movimento territoriale. L’Udc non è nella stessa condizione». Fini esclude di fare una semplice alleanza elettorale con Casini così come il Pd l’ha fatta con L’Italia dei Valori di Di Pietro. "Francamente non vedo la ragione dell’operazione. Veltroni ha fatto l’accordo con l’Italia dei RAPPORTO CON L'UDC Sul rapporto con l’Udc di Casini, Valori perché spera di aggancia(Continua a pagina 33) Parole che hanno fatto capire a Fini ha dichiarato che «Se andrà ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 33 LE ALLEANZE VERSO IL VOTO Casini: «senza intesa sarà scontro» Il leader dell’Udc: «Ho telefonato a Berlusconi, ma era occupato. Sono ore decisive. Cuffaro ? Sarà candidato» da www.Corriere .it (15.02.2008) La questione non è ancora chiusa. A lasciare aperto uno spiraglio è lo stesso Pier Ferdinando Casini. «Poco fa ho telefonato a Berlusconi -dichiara il leader dell'Udc a "Radio Anch'io"- un gesto che mi sembrava importante, ma non l'ho trovato, era occupato e mi richiamerà più tardi. È giusto che lo chiami io, definiremo nelle prossime ore il da farsi ma prima di fare una scelta definitiva è opportuno che ognuno si assuma la propria responsabilità». ORE DECISIVE Lo strappo definitivo con il Popolo delle Libertà, in vista delle pros sime elezioni, non è dunque ancora consumato. «Queste sono ore decisive spiega Casini a "Panorama del giorno"- entro sabato devo sciogliere la riserva sulla richiesta del mio partito di candidarmi alla presidenza del Consiglio». «Se non ci saranno le condizioni per un'intesa, non avremo altra scelta -aggiunge l'ex presidente della Camera-, faremo una battaglia politica vera, non di testimonianza, ci sarà uno scontro come quello tra Bertinotti e Veltroni». «Il problema è nelle mani di Fini: An sciolta in ... (Continua da pagina 32) re il dipietrismo, cioè quel miscuglio di antipolitica e di giustizialismo che l’ex pm rappresenta insieme a Grillo. E comunque non vedo neanche il perché dovremmo ripetere l’errore di Veltroni. Lui aveva detto che sarebbe andato da solo e invece ha stretto un accordo con Di Pietro. Lasciamo che sia il solo a contraddirsi». Fini ha anche sottolineato che il nuovo partito «Il Popolo della Libertà non nasce a San Babila, sul predellino o ai gazebo: nascerà nell’urna il 13 e il 14 aprile e che non è un partito deciso unilateralmente da Berlusconi». www.corriere .it (16.02.2008) Berlusconi -sottolinea ancora Casini-. L'intesa c'era già, non capisco cosa abbia determinato il fatto che non ci sia. La pretesa di escluderci dall'accorpamento elettorale ha determinato questa situazione». «NON RINUNCIO A ME STESSO» Il leader dell'Udc ribadisce di non essere disposto a fare passi indietro: quello che chiede è di poter correre alle elezioni con il proprio simbolo, in un'alleanza con il Pdl, al pari della Lega, e non di entrare all'interno della nuova formazione politica nella quale sono confluite Forza Italia e An. Nessuna offerta, spiega, può fargli cambiare idea: «Diventare ministro degli Esteri è una cosa piacevolissima, ma non a prezzo del silenzio politico: oggi mi si chiede di rinunciare a me stesso, tutto mi si può chiedere ma non questo». ANCHE ALL'OPPOSIZIONE E dopo il voto ? «Se l'Udc dovesse andare alle prossime elezioni da sola e il centrodestra non raggiungerà la maggioranza - risponde il leader Udc - i centristi staranno all'opposizione: pensare oggi di fare alleanze dopo il voto è una cosa che sta tra il grottesco e il ridicolo. Se il centrodestra non avrà la maggioranza si potranno creare situazioni diverse» SI' A CUFFARO Casini conferma poi l'intenzione dei centristi di candidare Salvatore Cuffaro (condannato in primo grado a cinque anni di reclusione per favoreggiamento semplice nel processo sulle talpe alla Procura di Palermo): «Penso proprio di sì, penso che sarà ricandidato. Dobbiamo tenere presente che la Costituzione prevede la presunzione d'innocenza fino a una condanna definitiva -sottolinea Casini- I partiti devono assumersi la responsabilità delle scelte, noi ce le assumiamo». E Cuffaro è stato infatti nominato commissario del partito per la provincia di Catania. Cuffaro subentra al dimissionario Filippo Drago. Un annuncio che sollecita la replica di Antonio Di Pietro: «Tra le cose importanti che abbiamo seminato insieme a Veltroni dice il leader dell'IdV- c'è già un anticipo di programma su questo tema dell'etica in politica: la non candidabilità delle persone condannate con sentenza penale passata in giudicato e, abbiamo aggiunto, anche di quelle in primo grado». NO A MASTELLA Successivamente Casini ha ribadito il no dell'Udc, se dovesse andare da solo, a un accordo con l'Udeur di Mastella: «Non mi sento pronto a sottoscrivere un patto con Clemente Mastella, visto che in questi anni abbiamo avuto sempre idee diverse. La gente non capirebbe, tre quarti del mio partito non capirebbe». A Mastella, Casini augura «le migliori fortune, so che è in trattative con Berlusconi. Spero lui le auguri a me. Io rispetto il suo partito ma le nostre scelte sono diverse». CESA Ma se Casini dice no a Mastella, il partito apre comunque ad un'alleanza, probabilmente con la «Rosa bianca» anche in caso non si trovi l'accordo con il Pdl. Lo ha detto il segretario nazionale dell'Udc, Lorenzo Cesa, intervenendo a Bari ad un incontro elettorale. «Nell'eventualità che Casini corra da leader -ha aggiunto- non saremo soli in questa avventura». www.Corriere .it 15.02.2008 ULTIM’ORA 34 Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 L'Udc corre da sola, Casini candidato Berlusconi: «Avrà un risultato modesto» Il Cavaliere tenta un ultimo appello ai centristi. Ma loro replicano: «Mai senza il nostro simbolo» di a. sa. (Corriere della Sera, 14.02.2008) ROMA Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini sono ufficialmente ex alleati. Di più: alle prossime elezioni politiche saranno entrambi in corsa per la stessa poltrona, quella di presidente del Consiglio. La direzione dell'Udc ha approvato all'unanimità un documento in cui si conferma la scelta di una corsa in solitaria e si chiede all'ex presidente della Camera di assumere l'onere della candidatura a premier per lo scudo crociato. Il leader di Forza Italia, che in mattinata aveva lanciato l'ennesimo appello-ultimatum all'unità, incassa dunque il gran rifiuto. «RISULTATO MODESTO» La decisione deve ancora essere ufficializzata, in particolare Casini dovrà sciogliere ogni riserva. Ma il consenso unanime espresso dallo stato maggiore del partito lascia pochi dubbi sul fatto che l'Udc e il Pdl affronteranno la sfida elettorale da due posizioni diverse. Uno scenario, questo, che si era fatto via via più chiaro con il passare delle ore. Al punto che in mattinata lo stesso Berlusconi, partecipando a Uno Mattina, era arrivato a pronosticare un risultato «molto modesto» per i centristi in caso di una loro corsa in solitaria. Pier Ferdinando Casini, però, lascia ancora aperto uno spiraglio: «Parlerò con Berlusconi - ha detto il leader carismatico del partito-. Prendiamoci qualche ora di riflessione in più per rendere ancor più chiara la responsabilitá di questa lacerazione. Scioglierò presto la mia riserva» Il parlare apertamente di «lacerazione» potrebbe essere già un'indicazione per capire quale sarà l'epilogo della vicenda. «DESTINATI A PERDERE» Silvio Berlusconi, in ogni caso, anche oggi è apparso determinato nel chiedere all'Udc un ingresso senza condizioni nel Pdl. Nel corso della trasmissione non ha ad la. Si tratterebbe, ha evidenziato, di una «rinuncia temporanea», di un «piccolo sacrificio», «un qualcosa che l'Udc potrebbe faanche perchè re» «questo simbolo non ha storia». Una sottolineatura, quest'ultima, che certo non ha contribuito a rasserenare gli animi e a favorire il riavvicinamento. Al punto che l'Udc sembra avere preso definitivamente le distanze dagli ex alleati. esempio rinunciato a ricordare che «Casini è stato eletto in Forza Italia nel '94». E a proposito della presa di posizione sul simbolo, aveva parlato di una questione «facilmente superabile», con la partecipazione dei centristi prima alla lista unica e poi alla creazione di un gruppo unitario in Parlamento. Ma se non c'è la volontà di seguire questo percorso, è stato di fatto il commento di Berlusconi, allora tanto peggio per Casini: «L'Udc sta decidendo in queste ore con dei rischi enormi. I cittadini si chiederanno se il voto andrà sprecato», anche perché, secondo i sondaggi, anche senza Udc, il Pdl ha «ampi margini», circa «il 1012%» di vantaggio. «Al momento -ha aggiunto Berlusconi- la situazione è questa ma bisogna vedere se l'elettore dell'Udc deciderà di dare un voto ad un partito che non ha minimamente la possibilità di vittoria». Il Cavaliere è stato quindi categorico: «L'Udc in questo modo se andrà da sola avrà un risultato più che modesto». «SIMBOLO SENZA STORIA» La decisione dei centristi di imputarsi sul simbolo (ancora in mattinata il segretario Lorenzo Cesa ha parlato della necessità di «non dividere i moderati e farli vincere ma salvaguardando la dignità di ciascuno») il leader forzista proprio non riesce a digerir- PICCOLI PARTITI E ALLEANZA PD-IDV Berlusconi non se l'è presa però solo con l'Udc, ma con i piccoli partiti in genere, che servono solo a disperdere il consenso e a frammentare le decisioni in Parlamento. Ma questa uscita non è piaciuta al front runner della sinistra arcobaleno, Fausto Bertinotti: «E' un discorso che fa male al Paese». L'esponente di Rifondazione ha anche criticato Veltroni per l'intesa stipulata con l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro: «Devono giustificare all'esterno una scelta incomprensibile dopo aver parlato di omogeneità di programma. Il Pd ha ad esempio votato l'indulto mentre l'Idv era contro. Mi sembra una contraddizione. Mi pare che sia un'alleanza che rende meno limpida la scelta ambiziosa del Pd di correre da solo». Su questo il presidente della Camera trova punti di contatto addirittura con Berlusconi: «Mi ha stupito molto la decisione di imbarcare «la cultura giustizialista di Di Pietro», allora questo significa che «la cultura giustizialista di Di Pietro è la stessa del Pd? Questo mi preoccupa molto». a.sa Il Corriere della Sera 14.02.2008 ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 35 Veltroni: «Il Pdl spostato a destra» Il segretario del Pd: «Chi ci vota, sa che attueremo un preciso programma». «Mi candido come numero due» da www.corriere .it (15.02.2008) ROMA «Ho deciso di candidarmi al nord, al centro e la sud non come capolista ma con il numero due». Lo ha annunciato Walter Veltroni in diretta al Tg1. Il leader del Pd ha spiegato che davanti a lui ci saranno, al centro e al sud, «due ragazzi di 30 anni» e al nord una «personalità di meno di 40 anni». L'annuncio del leader del Pd è giunto in serata, ma la sua giornata televisiva era cominciata presto. Veltroni, infatti, dopo essere stato mercoledì a "Porta a Porta"è stato anche ospite di «Unomattina» dai cui studi ha invitato gli elettori al voto utile. «In base a questa legge elettorale -afferma- il primo partito o coalizione che prende più voti arriva al 55% di seggi alla Camera. Quindi se si vota il Pd, si ha la garanzia e la sicurezza che il Pd attuerà il programma annunciato». L'ex sindaco di Roma guarda avanti: «Finora si è sempre fatta in Italia una politica di rigore spiega-. Ora è venuto il tempo dello sviluppo e della crescita». Con quali risorse ? «Con la lotta all'evasione fiscale e con la riduzione della spesa pubblica» risponde. ROTTO UNO SCHEMA Veltroni -nel giorno in cui viene presentato il pullman che toccherà le 110 province italiane per la campagna elettorale al via domenica da Pescara- rivendica il coraggio della scelta del Pd di rompere l'alleanza con la sinistra radicale: «Quindici giorni fa ci si preparava a fare le elezioni di sempre, noi invece abbiamo rotto uno schema. Dire che andremo da soli corrisponde al grado di coerenza e di unità programmatica con cui andremo alle elezioni». Grazie a questa scelta, ribadisce il leader del Pd, «noi abbiamo introdotto la fine di 15 anni di torture per gli italiani che votavano per alleanze che si formavano e poi dopo le elezioni iniziavano a litigare». PDL SPOSTATO A DESTRA Il segretario del Pd guarda anche al campo avversario. «Con l'uscita di Casini e l'alleanza di Berlusconi con Fini c'è uno spostamento a destra, ci sarà un centro e una destra». Secondo Veltroni la frattura tra Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini non è recuperabile perché «se dici che ti impedisco di governare, come ha detto Berlusconi di Casini, quello rappresenta un muro». Il leader del Pd parla anche di Gianfranco Fini e torna a chiedersi quali siano le intenzioni di An: «Non ho capito se An si è sciolta o no, è nato un nuovo partito o un cartello elettorale? Ci sono delle differenze evidenti di programma tra Fi e An, ma ho letto che An rimarrebbe con la sua struttura, le sue bandiere, la sua identità. Noi abbiamo fatto un partito nuovo». NO A GRANDE COALIZIONE Qualcuno ipotizza una "Grande Coalizione" tra Pd e Pdl dopo il voto. Ma Veltroni sembra escludere questa possibilità: «Scrivere insieme le regole del gioco e poi partita tra squadre diverse: questa è la mia idea della democrazia» dice. «MONTEZEMOLO È’ SAGGIO» Veltroni poi ribadisce il concetto che «per crescere bisogna unirsi, solo in Italia si pensa che imprenditori e operai siano nemici». Il leader del Pd elogia il presidente di Confindustria («Montezemolo è persona molto saggio») e ripete la sua ricetta per risolvere alcuni problemi, come la precarietà. «Nel nostro programma pensiamo ad un compenso minimo legale perché nessuno può lavorare per meno di 1000-1100 euro al mese e poi le imprese vanno incentivate a fare un apprendistato che apra poi la via all'assunzione». CONTRO LA PEDOFILIA E il resto del programma? Dopo le anticipazioni dei giorni scorsi, e in attesa di conoscere i 10-15 punti preannunciati che saranno svelati sabato, Veltroni annuncia «più forza e fermezza contro la pedofilia». «Vi sono temi su cui uno Stato deve mostrare più forza e fermezza» e uno di questi è «il tema della pedofilia» che «merita una risposta molto dura. Penso che le misure di repressione debbano essere le più dure possibile». D'ALEMA Sulla campagna elettorale interviene anche il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema: «Ce la possiamo fare, secondo me la rimonta è già cominciata: Berlusconi è in difesa nel senso che deve difendersi dalla vera grande novità del Pd e della candidatura di Veltroni». «Si può fare -continua D'Alema citando lo slogan del segretarionon sarà facile, certo, perché dall'altra parte c'è il peso di una struttura potente nei mezzi e nelle risorse. Berlusconi parte da una posizione di vantaggio conclude il ministro - ma faranno una campagna elettorale sempre in difesa». E l'eventuale accordo tra il Pd e i radicali ? «La proposta di Veltroni di convergere nella costituente di una grande forza riformista -risponde D'Alema- è chiara ma aperta». www.corriere .it 15.02.2008 ULTIM’ORA 36 Giustizia e Libertà 18 febbraio 2008 Veltroni, ecco i 12 punti del suo programma elettorale da www.repubblica .it (16.02.2008) ROMA Ecco in sintesi, le "dodici proposte innovative per cambiare l'Italia" che il candidato premier del Pd ha esposto alla platea dell'assemblea costituente del Pd. Quarto. Nono. "Fare quello che non è mai stato fatto": ridurre le tasse ai contribuenti leali ai lavoratori dipendenti e autonomi. A partire dal 2009 un punto in meno di Irpef ogni anno per tre anni Lotta alla precarietà, qualità del lavoro e sua sicurezza. I giovani precari dovranno raggiungere il minimo di 1.000 euro mensili. Primo. Quinto. Scegliere come priorità infrastrut ture e qualità ambientale. No alla protesta Nimby e sì al coinvolgimento e alla consultazione dei cittadini. Sì agli impianti per produrre energia pulita, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori e all'Alta Velocità e al completamento della Tav. Sesto. Secondo. Innovazione del Mezzogiorno. No ad una politica per il Mezzogiorno che disperda fondi in una miriade di programmi, mentre diciamo sì ad una drastica e veloce revisione dei programmi europei. Terzo. Controllo della spesa pubblica. Il governo Prodi ha risanato e migliorato i conti pubblici. Per questo il nostro slogan è spendere meglio, spendere meno. Investire sul lavoro delle donne. Noi vogliamo trasformare il capitale umano femminile in un asso per la partita dello sviluppo. Il problema della casa. Aumentare le case in affitto e "costruzione di circa 700 mila nuove case da mettere sul mercato a canoni compresi tra i 300 e i 500 euro". Settimo. Invertire il trend demografico mediante l'istituzione di una dote fiscale per il figlio. 2500 euro al primo figlio e aiuti per gli asili nido. Ottavo. L'università. Cento nuovi campus universitari e scolastici entro il 2010. Decimo. La sicurezza. Maggiori fondi per le forze dell'ordine e certezza della pena come uno dei cardini dell'azione di governo del centrosinistra. Undicesimo. Giustizia e legalità. Da troppi anni c'è uno scontro nel Paese. Nell'ordinamento verrà inserito il principio della non candidabilità in Parlamento dei cittadini condannati per reati gravissimi connessi alla mafia, camorra e criminalità organizzata o per corruzione o concussione. Dodicesimo. L'innovazione. Portare la banda larga in tutta l'Italia, garantire a tutti una tv di qualità, superare il duopolio tv e correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche. La Repubblica 16 febbraio 2008 Terremoto nel centrodestra, l'Udc va da solo da L’Unità (16 febbraio 2008) Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha sciolto la riserva sulle prossime elezioni politiche: si candida alla presidenza del Consiglio dei ministri e l'Udc correrà da sola con il simbolo del suo partito. L'annuncio è stato fatto nella sala gremita dell'hotel Russot di Mestre, alla presenza di militanti del partito tra bandiere e applausi. «Come stabilito dalla direzione del partito correrò con il nostro simbolo e le nostre bandiere -ha spiegato Casini- ho deciso di candidarmi alla presidenza del Consiglio dei ministri e sciolgo, positivamente la riserva. Vi sono debitore di una risposta -ha proseguito il leader dell'Udc- e sono lieto di fare questo annuncio nel cuore del Veneto bianco che grande parte ha avuto nella storia e nella tradizione del nostro partito». Tra gli applausi della sala affollata di giornalisti, telecamere e simpatizzanti, Casini ha proseguito: «Indirizzo a tutte le italiane e gli italiani che mi hanno conosciuto come presidente della Camera un saluto e un ringraziamento sincero. Dialogherò con il linguaggio della responsabilità e chiedo la partecipazione per una difficile impresa». Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, risponde a Silvio Berlusconi, leader del neonato Pdl, mettendo la parola fine alla "telenovela" che ha visto nei giorni scorsi il tira e molla tra Udc e la nuova formazione di centrodestra per la corsa elettorale del 13 aprile. Casini dal palco dell'hotel Russot di Mestre (Venezia) lancia un affondo all'ex compagno di coalizione: «Dopo 14 anni di collaborazione -ha scandito Casini- a Berlusconi voglio dire una cosa molto semplice: in Italia non tutti sono in vendita». (Continua a pagina 37) ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Giustizia e Libertà 37 Terremoto nel centrodestra, l'Udc va da solo Pier Ferdinando Casini, che correrà da solo con l'Udc per la presidenza del Consiglio, ha poi sottolineato che la campagna elettorale sarà un dialogo costante con la gente. «Parleremo al cuore della nostra gente -ha proseguito Casini nel suo appassionato intervento- quella del Family day, di dar voce alle famiglie delle vittime del terrorismo piuttosto che ai carnefici di ieri, questa gente merita una politica migliore che affermi i valori del merito e della concorrenza, di restaurare il processo dell'autorità e del dovere. Con le bandiere si sciolgono per chi ha qualcosa da far dimenticare o di cui vergognarsi o per chi ha convinzioni fondate solo sull'opportunismo. Le nostre le possiamo dispiegare al vento per costruire un'Italia migliore». Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, inizia da Mestre la sua corsa in solitaria. Dall'hotel Russot, l'ex presidente della Camera rilancia la posizione di autonomia del suo partito, criticando anche la nuova formazione di centrodestra che nasce dalla fusione tra Forza Italia e An. «Una nuova formazione populista e demagoga -ha scandito dal palco Casini, in una sala affollatissima di giornalisti e simpatizzanti- un'arca di Noè che può comprare i marchi ma non gli uomini e le idee». L’Unità 16.02.2008 Casini da solo, irrompe il Centro di Mario Bracconi (La Repubblica, 16.02.2008) Il dado è tratto. Si è fatto precedere, come scuola Dc insegna, da annunci tattici e infinite attese dorotee. Ma alla fine la decisione è arrivata. Casini e Berlusconi si separano. Il centrodestra come lo conosceva mo è finito. I Poli della politica italiana diventano quattro. L'Udc si piazza al centro. E scatena un piccolo terremoto che cambia l'intero scenario. Le previsioni sul 13 aprile. Le parole della campagna elettorale. Le strategie per il dopo voto. La vittoria di Berlusconi, che quasi tutti fino a pochi giorni fa davano ora per scontata, ora è in forte dubbio. Innanzitutto per una questione di numeri. L'Udc non varrà il potenziale 40 per cento del Pdl, ma valeva quei punti che davano al Cavaliere la quasi certezza di prevalere anche al Senato. Ora, quella certezza è svanita. Anzi, grazie alla legge "porcata" di Calderoli, con l'uscita centrista diventa realistica l'ipotesi di diver- se maggioranze tra Montecitorio e Palazzo Madama. Ma non è solo questione di numeri. Il capo del Pdl, già costretto a inseguire il dinamismo comunicativo di Veltroni e il suo sparigliamento sulle alleanze, deve fare i conti con un mutamento oggettivo del quadro. Con Casini che si posiziona da solo al centro, il Pdl si sposta inevitabilmente un pezzettino più a destra. Una destra i cui confini estremi sono piantonati dall'agguerrito (e arrabbiato) duo Storace-Santanché. Al Cavaliere, insomma, si restringono più che i numeri lo spazio politico, e di certo, a questo punto, assisteremo ad un escalation della campagna per il "voto utile". Campagna che, volontariamente o no, aiuterà anche il capo del Pd. quadro generale, dovrà faticare di più per proseguire quella "marcia alla conquista del centro" iniziata al Lingotto di Torino. Destra, sinistra, centro. La scelta degli scudocrociati riposizionerà nel circuito mediatico le tradizionali parole della politica. E sarà più complicato, per i contendenti, forgiarle a propri uso e consumo. C'è poi il dopo voto. Più perdono quota le ipotesi di una maggioranza né schiacciante né chiara, più salgono le quotazioni della Grande coalizione per le riforme. Presto per parlarne, si vedrà la sera del 14 aprile. Ma di certo un Casini autonomo dai due poli avrà il suo bravo spazio da coprire. Indipendentemente da quanti parlamentari riuscirà a portare a casa con queste elezioni. Mario Bracconi Ma il problema riguarda anche La Repubblica Veltroni. Che grazie alla solitudine centrista vede la partita elettora 16.02.2008) le riaprirsi anche sul piano numerico; ma che adesso, valutando il 38 Giustizia e Libertà ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 Costituente del PD: il discorso di Romano Prodi L’Italia che vogliamo si può fare da [email protected] Care democratiche e cari democratici “la pazienza, ecco un rimprovero che sovente ci rivolgono nel nostro lavoro politico, come se la pazienza significasse mancanza di volontà... come se la pazienza non fosse la virtù più necessaria al metodo democratico”. Questa frase non è mia. È di Alcide De Gasperi, del 20 novembre 1948. Sessant'anni fa. Essa mi sembra ancora adatta per oggi, anche se la frenesia della campagna elettorale non si concilia facilmente con il concetto di pazienza. Credo invece che questo sia l'approccio giusto con il quale aprire questa nostra importante assemblea. Un approccio che dovremo conservare quando, dopo le elezioni, potremo tornare alla guida del Paese. Una pazienza che abbiamo esercitato nel perseguire il nostro obiettivo fin dal 1995. Una pazienza messa alla prova in due esperienze di governo. Essa fa parte, intrinsecamente, del progetto e dell'idea che ci hanno unito, che ci hanno portato fin qui. Il progetto di una grande forza di centrosinistra. Una forza che fa appello alla maggioranza del nostro Paese. Una forza che affronta con serietà, con uno spirito nuovo e con idee nuove i problemi dell'Italia: il Partito Democratico. Il contributo di innovazione del Partito democratico nella politica italiana è enorme: dalle primarie fino alla costruzione dal basso di un vero partito, abbiamo introdotto una ventata di freschezza e di novità che in Italia non si era mai vista. Oggi sono qui di fianco a Walter e a tutti voi per rispondere alle domande che la difficile realtà internazionale e la crisi del nostro sistema politico ci pongono. Abbiamo lavorato in questi anni per mettere insieme culture politiche che affondano le loro radici in una storia diversa ma che fanno riferimento ad un terreno comune: quello del riformismo. Il nostro è un riformismo che affonda le proprie radici nella pace e nell'Europa. Un'Europa unita che non si esaurisce certo nel rispetto dei parametri di Maastricht. Essere europei significa infatti lavorare per una democrazia matura, una democrazia dell'alternanza. Una democrazia in cui autorità non significa autoritarismo, ma capacità e potere di prendere le necessarie decisioni. Una democrazia in cui le nuove generazioni si possano riconoscere nelle maestà della legge come nell'esempio dei genitori, degli insegnanti e dei politici che ci rappresentano. Una democrazia che trova la propria forza soprattuttonell'interpretare il nuovo e nel costruire il futuro. Questa democrazia e questo riformismo ci orientano e ci guidano anche nelle scelte economiche, che oggi debbono fare fronte alle sfide della globalizzazione e di una nuova concorrenza. Queste sono sfide che si vincono solo col cambiamento che, nella società italiana significa rompere le incrostazioni e i privilegi che da tempo ne hanno impedito progresso, sviluppo ed equità. Il nostro riformismo si fonda perciò sulla ricerca del nuovo e sulla promozione del cambiamento, per riprendere con vigore la via della crescita economica e sociale del Paese. Noi tutti abbiamo il dovere di non voltarci indietro di fronte alle nuove sfide nazionali e internazionali. Un dovere che chiama in gioco la politica, le istituzioni, le comunità locali e i singoli cittadini. Il nostro riformismo deve essere quindi proiettato verso il futuro, ma non può non fondarsi sulle grandi virtù della libertà, della tolleranza, del dialogo e del confronto, virtù che rappresentano i punti più alti della nostra storia e della nostra memoria. E queste virtù debbono guidare tutti i comportamenti individuali e collettivi della nostra società a partire dal delicato rapporto fra cattolici e laici. Chi, come me, si è formato nel clima del Concilio Vaticano II, dava per superata, per quasi risolta la questione della laicità. Vedo invece riemergere il conflitto sulla laicità con forza, quasi con violenza. È importante interrogarsi sul perché, senza schematismi o strumentalizzazioni. E soprattutto è necessario rivisitare in profondità il rapporto tra una costruzione statale ormai secolarizzata e l'emergere di nuovi fenomeni religiosi. Non ci sono solo gli integralismi, vi sono anche nuove autentiche domande e inedite sfide etiche che meritano nuove risposte. In Italia troppo spesso crediamo di essere di fronte a un problema non componibile. Ad uno scontro inevitabile. Noi non siamo all'inizio della storia: ancora di recente il tema è stato affrontato positivamente, anche a livello europeo. Il Trattato di Lisbona ha riconfermato integralmente il precedente articolo 52 del Trattato Costituzionale europeo: uno dei testi più avanzati in tema di dialogo aperto, trasparente e regolare tra le comunità religiose, gli Stati e l'Unione. In esso l'Europa riconosce per la prima volta l'identità e il contributo specifico delle chiese e delle comunità religiose. Ho lavorato molto, insieme a Giuliano Amato, per(Continua a pagina 39) 18 febbraio 2008 ULTIM’ORA Giustizia e Libertà 39 L’Italia che vogliamo si può fare (Continua da pagina 38) ché quell'articolo fosse scritto e approvato. L'ho voluto perché eo e sono convinto della necessità di riconoscere uno spazio pubblico alla dimensione religiosa. Perché ero e sono convinto che la laicità sia un luogo di comunicazione positivo tra diverse tradizioni spirituali e la Nazione. Perché ero e sono convinto che il rapporto tra lo Stato e le comunità religiose debba essere improntato al dialogo e non a una neutralità negativa o alla reciproca indifferenza. Questa è la mia laicità. Allora mi chiedo perché, da più parti, in questi anni si è generato e si continua ad alimentare un clima di scontro tra laici e cattolici, evocando fantasmi del passato, quando la nostra strada, il nostro futuro è quello di essere necessariamente e positivamente assieme. Non ho risposta. So solo che ormai da alcuni anni si procede nella direzione sbagliata. Assisto infatti, con tanta preoccupazione, al moltiplicarsi di atteggiamenti negativi, che occupano entrambi gli schieramenti politici. Da una parte si fa strada la strategia dell'elogio e dell'ossequio acritico e formale alle autorità religiose. Dall'altra vedo la volontà di non affrontare i problemi che dividono la nostra società, solo per non pagarne il costo politico. Né l'una né l'altra scelta consentono una convivenza matura tra laici e cattolici. Anzi, sia l'una che l'altra contengono di fatto la volontà di rendere irrilevante il contributo di una ispirazione religiosa, del quale contributo anche lo sviluppo della laicità ha bisogno. Unità, laicità, modernità. Da questi concetti siamo partiti per disegnare l'Italia che vogliamo. Oggi, questo disegno è ancora abbozzato, troppo lontano dal quadro originale che avevamo in mente. Ci troviamo ancora a combattere con uno scarso dinamismo della nostra società. Una società dove, colpevolmente, manca ancora una seria cultura che premi le capacità, dove il corporativismo è sempre presente, dove pochi vogliono rischiare. Non dimentichiamo però che le nostre potenzialità sono enormi: noi rappresentiamo una delle principali forze dell'occidente. Non ci aspetta un ineluttabile destino di declino, come molti hanno sciaguratamente scritto. I nostri prodotti sono presenti su tutti i mercati del mondo , anzi, in questo ultimo anno, questa presenza è aumentata in maniera significativa. Noi dobbiamo saper mettere a punto le nostre potenzialità. E lo possiamo fare grazie alle straordinarie risorse che l'Italia ci offre: eccellenze in campo produttivo, tecnologico, artistico, ambientale, culturale. E soprattutto risorse umane, donne, uomini, giovani a cui dobbiamo solo fornire gli strumenti per costruire un'Italia migliore e più moderna. Già due volte gli italiani hanno scelto di affidarsi a noi per affrontare e vincere queste sfide. Abbiamo vinto le elezioni nel 1996 e, di nuovo, dieci anni dopo, abbiamo vinto nel 2006. In entrambe le occasioni non abbiamo sconfitto solo lo schieramento e il candidato che si opponeva a noi. Abbiamo sconfitto un modo inaccettabile di intendere la politica, di intendere il rapporto tra governanti e cittadini, tra democrazia e informazione. Abbiamo combattuto e sconfitto una politica di isolamento in Europa, una linea di politica estera che era ed è lontana dal nostro concetto di pace. Per questo motivo siamo tornati a casa dall'IRAQ. Per due volte abbiamo vinto. Ma questo non è bastato a risolvere i nostri problemi. Oggi, però, sono più sereno di qualche anno fa. Lo sono perché, oltre alla forza del progetto, abbiamo l'energia checi viene dall'aver costruito un soggetto politico. Il Partito Democratico. E se oggi siamo qui tutti uniti molto dobbiamo al contributo e alla generosità di Piero Fassino e Francesco Rutelli. Noi, del Partito Democratico, siamo una forza che ha l'ambizione e le carte in regola per governare bene questo Paese. La responsabilità di governare noi democratici (ed io in particolare) l'abbiamo assunta tutta, fino in fondo, fino alla fine. Credo però che l'importanza della funzione di governo e la grandezza della responsabilità che esso comporta sia oggi presente più nella società, tra i cittadini, che nel comportamento di una parte della classe politica. Noi abbiamo perciò il dovere di raccogliere questa domanda di governo e questa consapevolezza della nostra società. Bisogna tornare al significato vero della parola "politica"; che significa "agire per cambiare le cose". È un'idea che Walter ed io abbiamo portato avanti fin dai tempi del pullman e che è proseguita fino alle primarie: quelle del 2005 e quelle del 2007. E voi tutti, qui, ne siete testimoni. Proprio per questa convinzione credo che il Partito Democratico sia l'evoluzione dello spirito originario dell'Ulivo. Se traccio un bilancio di questi ultimi due anni di governo, vedo benissimo le difficoltà e le contraddizioni di fronte alle quali ci siamo trovati, gli interessi costituiti che si sono opposti alla nostra azione. Gli interessi di quelle imprese e di quelle categorie che vogliono operare al riparo della concorrenza, di quella finanza che pretende di farsi guida e sostituirsi all'economia reale. Gli interessi di chi pensa che il cambiamento e i sacrifici siano utili, solo se ad affrontarli sono gli altri. E abbiamo anche dovuto affrontare la difficoltà di rompere la barriera tra chi è dentro i sistemi di tutela e chi ne è fuori. Abbiamo combattuto contro una cultura che legittima e incoraggia l'evasione fiscale. (Continua a pagina 40) 40 Giustizia e Libertà ULTIM’ORA 18 febbraio 2008 L’Italia che vogliamo si può fare (Continua da pagina 39) Abbiamo infine combattuto quegli interessi clientelari e mafiosi che imprigionano e negano il futuro del nostro Mezzogiorno. Tutti questi interessi traggono forza dalla debolezza del sistema politico. E' la nostra debolezza che li fa diventare "poteri forti". In questi anni, attaccando il governo di centrosinistra è stata attaccata soprattutto l'idea di cambiamento. Un cambiamento che, dobbiamo ammetterlo, non siamo tati in grado di esprimere compiutamente, per le difficoltà e gli ostacoli che tutti conosciamo. A causa, in primo luogo, dell'orribile legge elettorale imposta dal centrodestra alla vigilia delle elezioni del 2006 per colpire l'Unione e impedirci di vincere con ampia maggioranza. Mi sento quindi di rivendicare con forza l'azione del nostro governo. Ci siamo sempre mossi in coerenza con il nostro progetto. Abbiamo portato avanti una precisa linea politica. Insieme al necessario e indispensabile risanamento abbiamo fatto crescere il Paese. Sul piano internazionale, dal Libano al Kossovo, all'Afghanistan, abbiamo assunto tutte le responsabilità che competono a un grande paese come l'Italia. Ai nostri soldati che per questo hanno dato la vita rivolgo un omaggio commosso. Con la crescita, abbiamo iniziato a ridurre le disuguaglianze e le disparità che nei precedenti cinque anni si erano accentuate in modo intollerabile. E' motivo di profondo orgoglio essere riusciti, nel momento stesso in cui risanavamo i conti dello Stato, a redistribuire un punto percentuale di Pil (15 miliardi di Euro) alle fasce più deboli della società. Una redistribuzione resa possibile da quei successi nella lotta all'evasione fiscale e nella diminuzione della spesa pubblica, che ci vengono oggi finalmente riconosciuti da tutti, a partire dall'Unione Europea. Quando parlo di redistribuzione, mi riferisco all'aumento delle pensioni basse, all'assegno per i più poveri e, ancora, agli interventi sulla casa, con gli sgravi per l'Ici e per gli affitti. E certo si inseriscono nel solco di questa missione di sostegno alla crescita, gli sgravi alle imprese per ridurne i costi e aumentarne la capacità di innovare e di creare occupazione.E l'aumento della nostra dotazione di infrastrutture, alimentate da risorse reali e non inventate. E, ancora, l'intervento serio sui costi della politica con il taglio di spese e privilegi. E la vera lotta alla precarietà, portata avanti favorendo una flessibilità positiva, con vantaggi per chi assume lavoratori con contratti a tempo indeterminato. E, infine, i provvedimenti per la sicurezza sul lavoro e per l'emersione del lavoro nero (190.000 lavoratori edili emersi dalla schiavitù del lavoro nero). Non spetta certo a me dare dei voti su quanto abbiamo fatto. Tuttavia in serena coscienza posso dire che nelle condizione date,siamo stati bravi. Forse, molto bravi. Certo siamo rimasti sotto il livello delle aspettative che il Paese aveva verso di noi. Questo perché il nostro progetto era un progetto di legislatura e il nostro percorso è stato interrotto ad un terzo del cammino. Con queste nuove elezioni siamo chiamati a riprenderlo con vigore e a rilanciarlo in forme nuove. Da parte mia ho già annunciato che non mi ricandiderò al Parlamento. Lo faccio perché ritengo di avere compiutamente svolto il compito che mi ero proposto. Lo faccio perché anche voi in piena libertà possiate svolgere il vostro compito. Lo faccio perché la buona politica esige il rinnovamento. Il rinnovamento delle persone e delle generazioni. Ma nel nostro Partito Democratico io ci sarò ancora. Sarò ancora con voi, sarò ancora insieme a voi. Care democratiche, Cari democratici, Abbiamo pagato in questi anni la frammentazione e l'immaturità diquella che Arturo Parisi chiama "democrazia governante". Ma la lezione di questi ultimi anni è che, per riformare il sistema politico, non ci si può affidare alla sola ingegneria istituzionale. La soluzione può venire soltanto dalla politica. E' per questo che, vissuta l'esperienza di questa legislatura, abbiamoscelto di costruire un soggetto forte e unito: il Partito Democratico. Un Partito Democratico per superare le divisioni che hanno lacerato l'Italia. Un Partito Democratico per unire e guidare i riformisti italiani. Un Partito Democratico che è il compimento del progetto che Walter ed io lanciammo con l'Ulivo. Per tutto questo, insieme a tutti voi, anch'io oggi vi dico che L'Italia che vogliamo (caro Walter) si può fare. Romano Prodi Costituente PD Roma, 16.02.2008 Giustizia e Libertà Periodico Politico Indipendente Autorizzazione Tribunale di Roma n° 540/2002 del 18.09.2002 Proprietà: L. Barbato Redazione: Via Monte di Casa, 65 -00138- Roma E-Mail: [email protected] Fax: (+39) 06.6227.6293 Direttore Responsabile: Luigi Barbato Vice Direttore: Paolo Di Roberto Redattore Capo: Fernando Esposito