Gli strumenti narrativi nello studio delle epistemologie professionali

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Gli strumenti narrativi nello studio delle epistemologie professionali
Per un approccio narrativo e critico-riflessivo allo studio
delle epistemologie professionali degli insegnanti.
Coordinate teoriche e metodologiche
di Maura Striano* e Claudio Melacarne**
Indice
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Le epistemologie personali e professionali come oggetto di ricerca educativa
(M.S.)
Coordinate per un approccio narrativo allo studio delle epistemologie
professionali (CM)
Proposta per uno strumento narrativo (C.M.)
Verso un orientamento costruttivista nella formazione professionale (CM)
Conclusioni (MS)
Riferimenti bibliografici
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Le epistemologie personali e professionali come oggetto di ricerca educativa (M.S.)
Negli ultimi trent’anni, nell’ambito della ricerca educativa internazionale si è affermata con sempre
maggior evidenza - nel quadro degli orientamenti di ricerca di impostazione cognitivista e postcognitivista - una significativa attenzione ai processi di costruzione ed uso della conoscenza nei
contesti formativi come in quelli professionali.
In questo contesto, è venuta progressivamente a svilupparsi una particolare linea di ricerca che
assume come fuoco di indagine le “epistemologie” personali e professionali. In letteratura la nozione di
“epistemologia” ha, nondimeno, assunto diverse connotazioni: dall’analisi comparata di una
molteplicità di contributi di ricerca emergono tutt’oggi alcune possibili coordinate interpretative
diffusamente applicabili e trasferibili. Possiamo così intendere per “epistemologia” sia il modo in cui un
soggetto individuale o collettivo costruisce, negozia, usa la conoscenza, sia anche la posizione
epistemica assunta da tale soggetto nei processi conoscitivi, nonché il modo in cui la conoscenza viene
da esso rappresentata, costruita/decostruita, negoziata, trasferita, utilizzata.
Mentre l’indagine sulle “epistemologie personali” mette a fuoco il rapporto che i diversi soggetti
intrattengono con la realtà, la collocazione epistemica che vengono ad assumere in essa (in quanto
passivi spettatori e recettori di informazioni oppure in quanto attivi costruttori del mondo fenomenico
cui danno “forma” conoscendolo ed agendo in esso…), le modalità e le strategie cognitive privilegiate,
le credenze, le rappresentazioni e le “teorie” (più o meno “ingenue” o di senso comune) circa il
conoscere, il suo valore, la sua spendibilità e viene ad interessare in modo privilegiato i processi di
insegnamento/apprendimento, quella sulle “epistemologie professionali” mette invece a fuoco il modo
i cui i professionisti costruiscono, trasferiscono ed usano conoscenza nell’ambito delle loro pratiche
nonché il ruolo e la funzione che i processi conoscitivi svolgono nel loro agire e viene ad interessare in
modo privilegiato i processi di apprendimento individuali e collettivi realizzati nei contesti di lavoro e di
vita quotidiana; in questo ambito di ricerca, particolare attenzione è dedicata a forme di conoscenza
“tacita”, “implicita”, “pratica”, che permeano in modo spesso inconsapevole le routine e le pratiche dei
professionisti in situazione nonché ai processi di apprendimento in esse implicate.
Entrambi i filoni di indagine assumono come unità di analisi i processi conoscitivi e metaconoscitivi
che si danno nell’ambito di una pluralità di contesti e si caratterizzano per l’uso di approcci qualitativi e
di metodologie orientate alla messa a fuoco della complessa fenomenologia dell’apprendere e del
conoscere personale e professionale, in cui sono in gioco da un lato il delicato passaggio da un sapere
“ingenuo” e “di senso comune” ad un sapere fondato su evidenze empiriche e conoscenze
rigorosamente formalizzate e validate, dall’altro il costante e complesso movimento dalla teoria alla
prassi, dalla conoscenza alla competenza che accompagna ogni agire professionale.
In questo contesto, di notevole interesse sono gli studi sulle epistemologie personali e professionali
che caratterizzano gli insegnanti e ciò per una duplicità di motivi. In primo luogo, il principale impegno
professionale degli insegnanti è la gestione di processi di apprendimento/insegnamento in cui enorme
importanza rivestono le credenze, le rappresentazioni, le teorie (implicite, ingenue, di senso comune)
che essi hanno circa il funzionamento della mente, l’articolazione dei processi cognitivi, lo sviluppo dei
percorsi conoscitivi, che si riflettono in modo consistente e significativo sul loro agire professionale (in
termini di progettazione curricolare, di scelte didattiche, di opzioni docimologiche, di selezione di
materiali, metodologie, strategie operative…). In secondo luogo, come in molte professioni, nell’agire
degli insegnanti ( a livello individuale e collettivo nell’ambito delle “comunità di pratiche” e delle
organizzazioni in cui tale agire si realizza) sono profondamente implicati processi di apprendimento e di
costruzione di conoscenza che determinano una costante ricostruzione/decostruzione degli assetti
epistemici, dei bagagli conoscitivi, delle procedure operative acquisite e consolidate attraverso
esperienze dirette ed indirette, traducendosi costantemente in nuove prassi, dove il conoscere si
configura come dispositivo interpretativo dei campi d’azione in cui queste ultime si inscrivono e riveste,
quindi, un’ importanza fondamentale.
Ciò richiede di leggere i processi conoscitivi e metaconoscitivi implicati nell’agire professionale come
processi di vera e propria “costruzione” della realtà empirica ed esperienziale in cui tale agire prende
forma e si realizza sulla scorta di precise coordinate di orientamento, che conferiscono ad esso senso e
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significato. Per tale motivo, la dimensione epistemica risulta essere costitutiva di quella operativa, alla
quale offre una fondamentale cornice di riferimento, un imprescindibile sostegno cognitivo, un
essenziale spazio di riflessione, che consente di ritornare sui corsi di azione e sulle prassi realizzate, di
costruire conoscenza in e su di essi. Da questo punto di vista, il lavoro di ricostruzione delle
epistemologie professionali degli insegnanti riveste non soltanto un’importante funzione euristica, ma
anche una significativa valenza formativa, in quanto rende i professionisti consapevoli delle condizioni
epistemiche delle pratiche realizzate ed offre loro occasioni di riflessione in cui essi possono esercitare a
diversi livelli forme di indagine sul proprio agire, evidenziandone non solo le implicazioni teoriche e
concettuali ma anche i presupposti impliciti, le precondizioni culturali e sociali, i vincoli più o meno
occulti che le condizionano.
Coordinate per un approccio narrativo allo studio delle epistemologie professionali (CM)
Il definirsi di un approccio qualitativo e narrativo allo studio delle epistemologie personali e
professionali si inscrive in un più ampio processo di trasformazione che ha visto da una parte, l’acuirsi e
l’estendersi della crisi epistemologica nelle scienze contemporanee rispetto alla pretesa di ricercare
nell’oggettività il criterio di verità della conoscenza e il principio di demarcazione tra scienza e non
scienza, dall’altra la necessità da parte delle comunità scientifiche di doversi confrontare con i saperi, i
problemi e le teorie locali radicate e costruite soggettivamente nei contesti studiati.
Indice emblematico di questo spostamento del baricentro epistemologico nella ricerca pedagogica è
quella che da alcuni è stata definita come “svolta narrativa”. Sulla scorta di questo rinnovato interesse
da parte delle scienze umane e sociali per la dimensione narrativa del pensiero e della conoscenza, il
dibattito sulla formazione professionale si arricchisce intorno agli anni ’70 di nuovi contributi e
sollecitazioni, recupera tutta una serie di istanze filosofiche di derivazione fenomenologica,
esistenzialista ed ermeneutica affermando sempre più la necessità di abbandonare definitivamente una
tradizione ancora troppo debitrice e legata ad un modello di scienza positivista.
Comincia ad affermarsi sempre più nelle scienze sociali e nelle scienze umane l’idea che:
1) il soggetto attribuisce senso e significato alla propria esperienza e in questo atto generativo
costruisce una realtà e una fenomenologia di sé, degli altri e del mondo;
2) una condizione necessaria per promuovere e sollecitare esperienze di apprendimento sta nella
possibilità di poter oggettivare, portare alla luce, prendere coscienza dei i vincoli ed i
condizionamenti di natura soggettiva e socio-culturale entro i quali esercitiamo la nostra libertà di
pensiero e d’interpretazione;
3) l’apprendimento, soprattutto in età adulta, si realizza quando l’esperienza (da intendersi non solo
come esperienza sensibile, ma anche come esperienza del pensiero) diventa oggetto di
conoscenza e riflessione critica;
4) la mente è dotata di una particolare processualità, di competenze cognitive riconducibili ad un
pensiero narrativo;
5) la conoscenza e la competenza utilizzata dai professionisti per risolvere le situazioni
problematiche è spesso tacita, implicita nelle azioni che questi svolgono per trasformare una
situazione indeterminata in un’esperienza organizzata;
6) la competenza del professionista si cristallizza spesso in “copioni” di azione che al variare del
contesto d’esperienza perdono di efficacia interpretativa e limitano l’azione;
7) le organizzazioni (da quelle produttive all’organizzazione familiare) non sono determinate
soltanto da una struttura costituita da vincoli, norme e regole formali, ma rappresentano delle
vere e proprie culture costruite intersoggettivamente caratterizzate dall’eterogeneità e dalla
contraddizione, dall’incertezza e dalla complessità.
Il baricentro si sposta nettamente verso paradignmi costruttivisti, fenomenologici ed ermeneutici
lasciando tra parentesi il tema dell’oggettività come spazio in cui prendono forma saperi e teorie certe e
stabili, astoriche e acontestuali. La natura locale e storico-sociale della scienza e della conoscenza da
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questa prodotta, con l’intrinseca portata politica e ideologica, diventa assunto condiviso e accettato. Si
riconosce in questo senso sia la precarietà-complessità dei saperi prodotti su un determinato oggetto di
studio, dovuta alla sua genesi costruttiva e soggettiva, sia la necessità di leggere i processi di costruzione
della conoscenza come contestualmente determinati da processi storico-sociali, organizzativi o
psicolinguistici.
Lo studio e la ricerca in educazione ha cominciato ad adottare da tempo, accanto alle classiche
metodologie quantitative, una serie di strumenti riconducibili a paradigmi di ricerca qualitativi.
Nonostante il dibattito metodologico veda ancora posizioni contrastanti a favore del primo o del
secondo paradigma, per quanto riguarda lo studio delle professioni e dei modelli di formazione ad esse
connessi, sembra essere ormai maturo il passaggio da un paradigma metodologico ed epistemologico di
natura e tradizione positivista ad un orientamento di stampo costruttivista.
Questo mutamento tuttora in atto ed in continua evoluzione, oltre a produrre tutta una serie di studi
e ricerche volte ad indagare il rapporto tra narrazione e formazione, tra pensiero razionale e pensiero
riflessivo, tra dimensione “tacita” della conoscenza e sviluppo professionale, ha portato anche alla
costruzione di nuovi strumenti di indagine e tecniche di interpretazione dei dati che hanno permesso di
indagare e chiarire in modo più completo e non riduzionistico le dinamiche interne al processo di
costruzione dell’identità professionale e delle competenze ad essa riconducibili.
Possiamo parlare in questo caso di una proliferazione di strumenti di ricerca e di formazione che,
configurandosi come particolari dispositivi euristici il cui baricentro insiste sulla dimensione generativa
delle narrazioni e del congegno riflessivo, permettono al ricercatore di ricavare informazioni utili alla
comprensione dell’evento studiato cogliendone la natura sistemica e complessa. Non vi è dubbio che
nelle scienze umane e sociali uno degli strumenti narrativi più utilizzati è stato e rimane quello
dell’intervista. Se pensiamo agli studi etnografici possiamo renderci conto di quanto le metodologie
qualitative e gli strumenti narrativi non siano però né invenzione di oggi né frutto esclusivo della
ricerca pedagogica e lasciando comunque ad altra sede questo approfondimento storico-metodologico,
possiamo vedere come gli strumenti narrativi possono risultare utili alla ricerca scientifica sulle
epistemologie professionali. L’ipotesi sostenuta è quella secondo cui attraverso strumenti narrativi sia
possibile ricostruire e riattualizzare i processi di apprendimento e di costruzione della conoscenza
implicati nell’agire dei professionisti, consentendo di identificare e promuovere gli elementi di crescita e
trasformazione che attraverso tali processi si determinano.
Apprendimento trasformativo e costruzione delle epistemologie professionale (C. M.)
In un suo testo tradotto in Italia solo dopo dodici anni dalla sua prima pubblicazione americana,
J.Mezirow delinea una teoria dell’apprendimento adulto che partendo da assunti costruttivisti, e
debitrice allo stesso tempo dal pensiero di Dewey, Chomsky, Piaget, Kohlberg, Habermas, Bateson,
vuole abbandonare definitivamente la tradizione comportamentista, all’insegna di una riaffermazione
della possibilità da parte del soggetto di mettere in moto processi di deuteroapprendimento e di
trasformazione delle prospettive di significato attraverso l’attivazione di forme di pensiero criticoriflessivo. L’autore ritiene che una delle condizioni necessarie perché si realizzi apprendimento in età
adulta, sia nei contesti di lavoro che nella vita privata e quotidiana, è quella di poter mettere in
discussione e trasformare quei codici di comprensione e d’interpretazione, acquisiti durante l’arco della
vita nei diversi contesti sociali, attraverso i quali diamo senso alla nostra esperienza e alle nostre azioni.
La teoria trasformativa proposta da Mezirow si fa promotrice di una teoria dell’apprendimento in età
adulta volta a sollecitare processi emancipativi, occasioni di critica e possibilmente liberazione dai
vincoli, condizionamenti, restrizioni psicologiche e sociali, che attraverso il processo generale di
socializzazione nelle diverse occasioni e luoghi della vita di ogni soggetto, ostacolano, frenano,
impediscono il cambiamento e la trasformazione del modo in cui diamo un senso e attribuiamo un
significato agli oggetti e alla nostra esperienza. La riflessione critica ci può portare ad uno stato di
maggiore consapevolezza restituendoci la possibilità di compiere azioni coerenti con le nostre
prospettive e l’immagine di Sé. Mezirow sostiene con forza che la possibilità di realizzare apprendimenti
trasformativi in età adulta scaturisce dalla possibilità da parte degli uomini e delle donne di sviluppare
un pensiero critico-riflessivo non solo sui contenuti di un’esperienza o sui processi di problem-solving,
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ma anche e sopratutto sui presupposti fondanti il nostro costruire la realtà. Possiamo in questa
prospettiva cambiare il modo in cui agiamo e ci comportiamo nei diversi luoghi della vita trasformando
le prospettive attraverso cui diamo un senso non solo alla nostra azione o al processo che ha prodotto
tale azione, ma anche e soprattutto ai presupposti che hanno guidato tale attribuzione di senso.
Mezirow rivisitando le tradizionali teorie sull’apprendimento sostiene che l’apprendimento
trasformativo non si realizza nel momento in cui noi attribuiamo un vecchio significato ad una nuova
esperienza, ma quando “…reinterpretiamo un’esperienza remota (o una nuova esperienza) in base ad
un nuovo set di aspettative: diamo quindi un nuovo significato e una nuova prospettiva a
quell’esperienza” 1. L’apprendimento in questo senso diventa un’occasione di costruzione di nuovi
significati attraverso una modificazioni delle prospettive, cioè delle strutture di presupposti al cui
interno l’esperienza passata assimila e trasforma la nuova esperienza.
L’autore infine individua dimensioni particolarmente significative nel processo di costruzione di
senso, cioè identifica quei tipi di prospettive di significato all’interno delle quali prende forma
l’esperienza. Ne vengono individuate principalmente tre. La prima è la prospettiva epistemica,
riconducibile a quelle immagini, teorie e rappresentazioni che ogni soggetto ha costruito sulla
conoscenza e sul processo conoscitivo. Questa prospettiva è da intendersi come quello spazio
all’interno del quale possono realizzarsi esperienze di attribuzione di senso e significato di tipo
epistemico, cioè quell’insieme di schemi di significato e di presupposti vincolanti l’attività del soggetto
nel conoscere e produrre conoscenza o nel rappresentarsi il processo conoscitivo. La seconda
prospettiva è quella psicologica caratterizzata da quegli schemi di significato vincolanti la percezione
di noi stessi all’interno di un contesto o in riferimento ad un compito. Mezirow riconduce
principalmente la genesi di questa prospettiva alle proibizioni e vincoli imposti durante l’infanzia dai
genitori. Nel nostro discorso la dimensione familiare verrà sostituita da quell’insieme di vincoli e
problemi emersi durante un’esperienza di formazione. Gli indicatori soggettivi ed i marcatori
concettuali che individuano questa prospettiva all’interno di una storia sono da ritrovarsi in tutte quelle
espressioni che indicano emozioni e sentimenti, comportamenti o atteggiamenti della sfera affettiva.
Secondo l’autore la prospettiva psicologica può generare stati emotivamente rilevanti ogni qual volta il
soggetto sperimenta l’esperienza dell’incapacità di uscire da schemi di significato formatisi nel passato,
mettendolo nella condizione di accettare un’incongruenza di senso o tentare di risolverla. La terza, è la
prospettiva sociolinguistica, alla cui base ritroviamo
quelle premesse sociolinguistiche,
condizionanti la nostra possibilità di interpretare l’esperienza, che trovano la propria origine nel
processo di socializzazione in cui siamo immersi fin dalla nascita. In questa prospettiva recuperiamo
anche i segni dell’interiorizzazione di tutta una serie di schemi linguistici-interpretativi socialmente e
culturalmente definiti la cui trasformazione passa dalla possibilità di tramutarli in oggetto di
conoscenza e successivamente di riflessione-critica.
E’ da sottolineare quanto la proposta di Mezirow, oltre a fornirci una teroia dell’ apprendimento che
indaga e smaschera quali processi e quali attributi connotano la trasformazione delle prospettive in età
adulta, può suggerirci anche indicazioni preziose di carattere metodologico su come studiare
l’apprendimento trasformativo all’interno delle comunità professionali e conseguentemente come
pensare a percorsi formativi capaci di promuovere cambiamento trasfomativo.
Lo studio delle epistemologie professionali degli insegnanti utilizzando il modello
dell’apprendimento trasformativo (C.M.)
Il contributo della teoria trasformativa per quanto sia circoscrivibile in prima istanza agli studi sui
processi di apprendimento in età adulta, può dare importanti sollecitazioni anche in tutti quegli ambiti
di ricerca dove l’apprendimento adulto può configurarsi come campo di esperienza in cui i soggetti
trovano occasione per mettere in moto processi di emancipazione e revisione critica del proprio essere
nel mondo (in diversi contesti e rispetto a differenti compiti e sollecitazioni) e delle proprie strategie di
azione. Già Mezirow evidenzia diversi possibili ambiti particolari nei quali recuperare le tracce di una
1
Mezirow J., Apprendimento e trasformazione, trad.it., Raffaello Cortina, Milano 2003, p.19.
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teoria trasformativa e conseguentemente nei quali poter studiare tale teoria (nelle esperienze della
marginalità, nelle esperienze religiose, nei contesti lavorativi).
La teoria dell’apprendimento trasformativo ci può dare in questo senso preziose indicazioni su come
studiare ed indagare le epistemologie professionali (figura 1), soprattutto perché sembra condivida molti
assunti e presupposti con tutta una serie di studi di stampo qualitativo sulla natura e la formazione delle
professionalità. Possiamo riconoscere elementi di incontro nella necessità di ripensare la formazione
come spazio di negoziazione e progettazione condivisa, come esercizio di riflessività e spazio di libera
espressione della complessità-problematicità dell’apprendere, nell’esigenza di dare ai professionisti
l’opportunità di attivare percorsi autonomi di destrutturazione e ristrutturazione del vissuto personale e
professionale rivalutando positivamente il ruolo delle emozioni e degli affetti nei processi di
apprendimento e trasformazione.
Figura 1
Prospettiva
sociolinguistica
Schemi di
significato
Epistemologia
professionale
Schemi di
significato
Prospettiva
psicologica
Schemi di
significato
Prospettiva
epistemica
Pensiamo inoltre alla convergenza per quanto riguarda l’orientamento costruttivista, la centralità
dell’esperienza, il riconoscimento della dimensione tacita della conoscenza, il riferimento ad
un’epistemologia della complessità.
E’ da rilevare a proposito un’attenzione comune, all’interno nel dibattito scientifico, per tutti quegli
studi che hanno messo in evidenza quanto le pratiche professionali non possano essere studiate come
prodotti di soggetti impegnati in attività di mera esecuzione tecnica di un compito, ma come il frutto
dell’agire di “professionisti riflessivi” che esplicano la propria professionalità attraverso un constante
processo di costruzione e decostruzione di significati e schemi di azione. Questo presupposto viene
condiviso e riaffermato anche dalla teoria trasformativa: il cambiamento-apprendimento si realizza nel
momento in cui il soggetto attiva processi di riflessione e attribuzione di un senso nuovo alla realtà e,
nel far questo, non solo cambia il modo in cui interpreta la realtà, ma è la realtà stessa che non sarà più
la medesima aprendo nuove occasioni di azione.
Indagare le epistemologie professionali significa nel nostro caso studiare la natura e il modo in cui in
un soggetto o in un gruppo di soggetti si sono verificati cambiamenti significativi di prospettiva nei
confronti della propria professionalità e quindi evidenziare nel processo di formazione dell’identità
professionale le diverse prospettive vincolanti il pensiero e l’azione del professionista o della comunità
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professionale. Le tre prospettive di significato descritte e definite dalla teoria trasformativa diventano le
tre diverse dimensioni costitutive dell’epistemologia professionale. L’ipotesi che andremo a sviluppare è
che sia possibile studiare il cambiamento ed i fattori di trasformazione delle epistemologie professionali
attraverso strumenti metodologici di carattere narrativo costruiti in riferimento alla teoria trasformativa.
Proposta per uno strumento narrativo (C.M.)
La scheda presentata di seguito vuole essere una griglia che può aiutarci a leggere ed interpretare
quelle che in precedenza sono state definite come epistemologie professionali. Per poter indagare come
le prospettive di significato si modificano o si rafforzano è necessario prima di tutto però fare una scelta
di metodo. Lasciando ad altra sede il compito di sviluppare approfonditamente il tema, possiamo solo
definire alcuni punti di fondo dai quali siamo partiti per costruire la scheda:
1)
2)
3)
4)
le donne e gli uomini danno senso alla propria vita, esperienza, esistenza attraverso processi di
attribuzione di significato vincolati e condizionati dalle prospettive di significato personali;
anche i professionisti, in quanto soggetti, danno un senso alla propria esperienza lavorativa o di
formazione;
le narrazioni su particolari apicalità della biografia di un individuo, per esempio narrazioni
riguardanti l’ambito professionale, possono rivelarci i mutamenti avvenuti in termini di
trasformazione di prospettive, o seguendo l’esempio, cambiamenti nell’epistemologia
professionale;
l’apprendimento trasformativo, quando si fa trasformazione delle prospettive di significato e
non solo di schemi di significato, porta ad un riorientamento di natura gestaltica dell’identità
e dell’esperienza di un soggetto, sia in ambito lavorativo che privato, concorrendo così a
formare soggetti sempre più capaci di progettare e realizzarsi autonomamente.
La proposta è quella di provare a riconoscere nelle narrazioni prodotte da un soggetto sulla
propria esperienza professionale un’epistemologia nascosta, elementi di un’identità professionale,
cioè un insieme di prospettive all’interno delle quali prende forma l’esperienza del soggetto
narratore. La scheda è divisa in tre parti riconducibili alle tre prospettive di significato indicate da
Mezirow e cerca di mettere in evidenza, partendo dall’analisi del testo, le possibili trasformazioni di
prospettive verificatesi nell’esperienza narrata.
Prospettive epistemiche
Prospettive psicologiche
Prospettive sociolingistiche
Indizi
Parole, frasi, locuzioni che rinviano
al modo in cui un soggetto si
rappresenta il conoscere, lo
costruisce, lo utilizza.
Indizi
Parole, frasi, locuzioni che
rinviano al
aspetti affettivi,
motivazionali, attribuzionali ed al
modo in cui il soggetto
rappresenta se stesso.
Indizi
Parole, frasi, locuzioni che rinviano
al modo in cui un soggetto utilizza
un
repertorio
semantico
in
riferimento alla sua collocazione
sociosulturale.
Frequenza
Numero di parole, frasi, locuzioni
ricorrenti con maggior frequenza
Frequenza
Numero di parole, frasi, locuzioni
ricorrenti con maggior frequenza
Frequenza
Numero di parole, frasi, locuzioni
ricorrenti con maggior frequenza
Fattori di trasformazione
Parole, frasi, locuzioni
che
evidenziano un apprendimento
trasformativo di prospettive
Fattori di trasformazione
Parole, frasi, locuzioni che
evidenziano un apprendimento
trasformativo di prospettive
Fattori di trasformazione
Parole,
frasi,
locuzioni
che
evidenziano
un
apprendimento
trasformativo di prospettive
Osservazioni
Osservazioni
Osservazioni
* Griglia di analisi elaborata in riferimento a J.Mezirow, 1990;1991.
Configurandosi come strumento narrativo di supporto all’interpretazione dei dati è necessario
ricordare e specificare fin da subito che, chi disegna ed implementa uno strumento qualitativo e
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narrativo è sempre consapevole di muoversi all’interno di un paradigma indiziario sul campo della
plausibilità e non dell’oggettività. Possiamo parlare di plausibilità in quanto il manifestarsi di una
trasformazione di prospettiva di significato in una narrazione si lega alla possibilità di ritrovare nel testo
“indizi”, “tracce narrative” di un passaggio e di una migrazione semantica da una vecchia prospettiva ad
una nuova senza per questo ricercarne i motivi attraverso spiegazioni causali o correlazioni statistiche.
Gli indizi in questo caso sono indizi narrativi, parole, frasi e locuzioni che possiamo leggere come
manifestazione di una tensione semantica verso una delle tre prospettive. Il termine “conoscenza” può
rimandare per esempio alla prima dimensione, quella epistemica, mentre parole come “paura”, “ansia”,
“felicità” possono essere ricondotte alla dimensione psicologica. L’analisi dei vari indizi rappresenta in
questo caso un primo tentativo di riconoscere o svelare nel testo gli elementi che per il ricercatore
sembrano essere particolarmente significativi per comprendere il tipo di trasformazione che stiamo
rilevando. E’ evidente che le prospettive non necessariamente cambiano simultaneamente e ed è invece
molto probabile riscontrare trasformazioni più o meno marcate solo in alcune delle tre aree; rileveremo
a volte trasformazioni radicali delle prospettive epistemiche senza poter ricavare informazioni per le
altre due.
Gli indizi sono dunque la prima punteggiatura della nostra interpretazione. Successivamente la scheda
prevede la possibilità di registrare la frequenza con cui si manifestano gli indizi rilevati all’interno della
narrazione ed è in questo caso possibile e auspicabile l’utilizzo di software dedicato all’analisi
computerizzata dei testi, così da velocizzare le operazioni di ricerca e calcolo. La frequenza di un
termine è un elemento che può indicarci l’intensità della trasformazione restituendoci da una parte la
possbilità di “ancorare” la nostra analisi anche a dati quantitativi, dall’altra l’occasione di poter
formulare un’interpretazione sulla significatività della trasformazione.
La terza area cerca invece di raccogliere nel testo i fattori di trasformazione, quelle locuzioni, parole e
frasi che possono essere considerati segni marcatori di un’avvenuta trasformazione. Solo
successivamente l’analisi e la raccolta degli indizi possiamo provare a delineare il rapporto tra le
prospettive passate e quelle presenti rilevando il legame tra il modo in cui il soggetto interpretava
l’esperienza narrata prima della trasformazione di prospettiva e il modo in cui l’ha ristrutturata. Le
osservazioni finali dovrebbero fornire importanti elementi di contesto che consentano di inscrivere il
processo trasformativo all’interno di una trama di significati funzionale a conferire ad esso senso e
permettano di rileggere la narrazione analizzata in riferimento alle tre prospettive, individuando il “filo
rosso” che collega prospettive di significato passate con quelle attuali.
Non è nostro intento ricercare attraverso la scheda spiegazioni causali su come sia accaduto un certo
evento narrato o pretendere di cogliere una struttura oggettiva di fondo. Possiamo solo auspicare che,
se la scheda venisse utilizzata non solo come strumento euristico ma anche come strumento di
formazione, le osservazioni finali possano rappresentare per colui che ha narrato l’esperienza
un’occasione di ulteriore riflessione critica ed un momento acceleratore e generatore di ulteriori
trasformazioni. Il primo prodotto di questo strumento è una “narrazione su di una narrazione”, quindi
un’”interpretazione costruita sull’ interpretazione” che sotto forma di testo scritto è stata prodotta da
un professionista attraverso la riflessione sulla propria esperienza. Muovendosi all’interno di una teoria
dell’apprendimento trasformativo è implicito il convincimento e la speranza che l’intervento di
formazione e di ricerca si configuri, quindi, più come uno spazio di possibilità e di sperimentazione
esistenziale o professionale che come area normalizzante e valutativa di un percorso o di un agire
professionale.
Rintracciare le prospettive di significato (C.M.)
Per comprendere meglio l’utilizzo che si può fare della scheda presentata possiamo riportare di
seguito un esempio. La narrazione che abbiamo analizzato riguarda un’esperienza svolta da uno
studente al primo anno di un corso SSIS al quale è stato chiesto di raccontare in forma scritta
un’esperienza problematica vissuta durante la fase di tirocinio. Lo “stimolo narrativo” è stato in questo
caso quanto più aperto e libero possibile per permettere al soggetto di esprimersi indipendentemente
dal compito. L’unico vincolo implicito nella richiesta è stato quello di narrare un’esperienza di tirocinio
caratterizzata da forte problematicità e connotata da una significativa valenza apprenditiva.
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Della scheda viene riportata soltanto la parte relativa alle osservazioni in quanto è in quest’area che
ricostruiamo narrativamente la genesi della trasformazione ed è questa sicuramente l’analisi di maggiore
interesse sia per un utilizzo in ambito di ricerca sia per una restituzione formativa.
Per motivi di spazio abbiamo scelto di evidenziare direttamente nel testo gli indizi ed i fattori di
trasformazione con colori afferenti le rispettive prospettive di significato così da poter individuare
intuitivamente qual è la prospettiva che viene a modificarsi maggiormente, rinviando ad un secondo
momento la trascrizione nella scheda delle locuzioni, frasi, parole individuate come particolarmente
significative. La frequenza in questo caso non è stata rilevata perché questa dimensione risulta essere
particolarmente utile soprattutto nell’analisi di lunghe narrazioni, in cui i dati raccolti possono avere un
peso rilevante ed una significatività maggiore e in cui l’ancoraggio della nostra interpretazione a valori
quantitativi può aiutarci a comprendere meglio nella sua sistematicità il testo. Data la brevità della storia
presa come esempio e la facilità di ricavarne un quadro generale di senso ed uno sguardo d’insieme in
riferimento alle tre prospettive , il calcolo della frequenza dei termini non risultava ai fini del nostro
discorso elemento significativo.
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Storia professionale 1: “Una valutazione difficile?”
Tra le esperienze di tirocinio che mi hanno permesso di maturare una riflessione costruttiva , voglio ricordare la prima correzione di compiti e restituzione di un
giudizio agli studenti. Si trattava di una classe quinta di un liceo socio-psico-pedagogico, il mio tutor mi ha proposto di leggere e poi restituire agli studenti,
accompagnandoli ad una valutazione, dei temi riguardanti tematiche di carattere pedagogico.
La difficoltà maggiore che ho incontrato non è stata tanto di carattere contenutistico anche perché non si trattava di lavori in cui gli studenti dovevano limitarsi a
riferire delle conoscenze acquisite, quanto nell’avvalorare le mie restituzioni con delle riflessioni competenti soprattutto a livello operativo.
Agli studenti era infatti richiesto di mettere in relazione le conoscenze acquisite con le proprie esperienze personali e con le proprie convinzioni ed idee.
Ho avuto a volte sensazioni di non essere sufficientemente esaustivo nell’esprimere il giudizio, forse per paura di non essere sufficientemente obiettivo.
Forse perché sono rimasto a lungo ancorato ad un’idea della valutazione come semplice relazione oggettiva su ciò che lo studente ha appreso ed è capace di
riferire in modo corretto, in questo caso invece la valutazione riguardava soprattutto le esperienze la capacità critica, di rielaborazione e di collegamento con la
propria esperienza. E’ necessario forse acquisire noi stessi un “senso critico” nel nostro modo di dare la valutazione, legati a schemi troppo rigidi e quantitativi.
Prospettive epistemiche
Prospettive
psicologiche
Prospettive
sociolinguistiche
Osservazioni
La conoscenza si costruisce attraverso la riflessione sull’esperienza che viene ad essere “maturata” ed ha una funzione
“costruttiva”.
Il professionista (che sta svolgendo un compito analogo a quello svolto dagli studenti, n.d.r.) si trova in difficoltà nella
valutazione dei resoconti di esperienza, in quanto l’operazione richiede di esprimere un giudizio “competente” a livello
operativo sulle esperienze di lavoro pedagogico degli studenti. E’ come in un gioco di specchi. Gli studenti devono “mettere
in relazione” le conoscenze acquisite con le proprie conoscenze personali e con le proprie convinzioni, così come è stato
richiesto di fare al professionista che si trova a dover riflettere sulla propria esperienza e formulare un giudizio su di essa.
Un giudizio competente deve essere esaustivo ed obiettivo, ma è difficile farlo su oggetti complessi. L’esperienza ha messo
in discussione l’idea di valutazione che il professionista si era creato, valutazione come “relazione oggettiva” su ciò che lo
studente ha appreso ed è “capace di riferire in modo corretto” e di conseguenza anche un’idea di apprendimento e di
costruzione della conoscenza come processo di acquisizione e restituzione. Questa viene sostituita da un’ idea di
competenza come “capacità critica, di rielaborazione e di collegamento con la propria esperienza”. Ciò rimanda il
professionista ad una riflessione sull’identità professionale che viene ora arricchita e complessificata da un ulteriore
elemento: la capacità di esercitare un senso critico sull’azione valutativa al fine di affrancarsi da schemi troppo rigidi e
quantitativi.
Il professionista si sposta da una posizione epistemica “oggettivista” , analitica, quantitativa, focalizzata sui prodotti
dell’apprendimento, ad una posizione epistemica sintetica, qualitativa, focalizzata sui processi di costruzione della
conoscenza emergenti dall’esperienza reale. La conoscenza si costruisce, infatti, stabilendo legami significativi tra i saperi,
le pratiche, le idee e le convinzioni personali degli studenti, così come avviene per i professionisti che riflettono sul loro
agire. Si ridefinisce anche una rappresentazione riduttiva della funzione valutativa nella professionalità docente. Alla
professionalità educativa è richiesta una competenza di lavoro critico, di riflessione ed auto-riflessione.
Nb: il termine esperienza ricorre 4 volte in un testo di 16 righe. Il termine restituzione (in diverse accezioni) ricorre 3 volte.
Osservazioni
Da un’iniziale situazione in
cui il soggetto è osservatore,
non protagonista, questi
viene chiamato in campo a
rivestire un ruolo attivo. La
situazione genera sensazioni
di inadeguatezza e di disagio
ma produce una crisi
costruttiva, che induce il
professionista in una prima
battuta a ripiegare -sulla
scorta
del
proprio
disorientamento- su un’area
di confine tra il noviziato e
l’apprendistato. Ciò induce il
soggetto a ripensare il
proprio ruolo, la propria
funzione,
le
proprie
competenze e a dare un
diverso
significato
alle
proprie pratiche.
Osservazioni
Nella restituzione dell’esperienza si
usa inizialmente un registro
colloquiale, informale, che chiama
in causa un soggetto-persona più
che
un
professionista.
Successivamente si inizia ad usare
un registro tecnico/formale che
inscrive l’episodio all’interno di una
routine condivisa nell’ambito di una
comunità di pratiche. Nell’analisi
dell’operato personale si ritorna ad
un registro colloquiale in quanto il
soggetto ha dei dubbi in merito alla
propria professionalità, alle proprie
competenze
in
termini
di
valutazione.
Nella considerazione finale si
ritorna
ad
un
registro
tecnico/formale sulla scorta . di un
processo di sintesi che ha condotto
alla formulazione di una nuova
conoscenza delle funzioni della
professionalità docente.
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Verso un orientamento costruttivista nella formazione professionale (CM)
Uno dei problemi centrali in qualsiasi intervento di formazione è sicuramente lo studio e
l’organizzazione delle condizioni più favorevoli affinché si realizzino cambiamenti o apprendimenti
significativi nei soggetti destinatari dell’intervento in questione. Per ciò che concerne lo sviluppo delle
competenze professionali e del potenziale umano nell’ambito di specifici contesti organizzativi, è
riscontrabile- negli ultimi anni- un sostanziale cambiamento di prospettiva per quanto riguarda sia lo
studio di come i professionisti costruiscono la propria competenza professionale e la propria
“expertise”, sia la riflessione sulla portata sociale, in termini di libertà, democrazia ed emancipazione dei
soggetti, di un approccio alla formazione professionale di stampo narrativo e critico-riflessivo.
In quest’ ultimo caso sono emblematici gli studi in cui si è rilevata sovente l’inefficacia di molti
modelli di formazione “tradizionali” che, proponendo anche in ambito professionale una didattica
centrata sulla trasmissione di saperi e conoscenze, delegavano al professionista il compito di applicare
tali conoscenze ai problemi incontrati poi successivamente nella pratica professionale quotidiana.
Ne è derivata la ricerca di modelli formativi capaci di valorizzare nei diversi contesti formativi una
didattica di stampo costruttivista, un’attenzione ai processi di riflessione critica e di trasformazione delle
precedenti strutture di conoscenza attraverso l’autoriconoscimento da parte dei soggetti in formazione
dell’insufficienza di tali strutture nel dare risposte di senso a impreviste e nuove sollecitazioni
ambientali. Il soggetto in formazione – ed a maggior ragione il professionista – si connota come
soggetto “epistemico” che dal punto di vista individuale costruisce attivamente una realtà e un mondo
soggettivamente significante. La conoscenza, ed in questo caso la conoscenza-competenza
professionale, si costruisce e si modifica - all’interno di un paradigma costruttivista – attraverso la
riflessione critica e la ristrutturazione delle premesse vincolanti i processi di pensiero e le strategie di
azione.
Cambia conseguentemente il ruolo attribuito all’ esperienza, non più da intendersi come luogo dove i
professionisti applicano delle teorie aprioristicamente costruite, ma come occasione euristica ed oggetto
di riflessione critica nonché di confronto-scontro con eventi imprevisti e dissonanti, carichi di
problematicità e di emozionalità, generatori essi stessi di conoscenza e nuove teorie costruite in
situazione. Diventa sempre più centrale il ruolo giocato dall’esperienza come occasione di
trasformazione qualora gli interventi formativi riescano ad attivare processi endogeni di interrogazione
e validazione dell’esperienza. Questo vale a maggior ragione per i professionisti della formazione i quali
si trovano a dover operare e produrre cambiamenti-apprendimenti in un campo instabile e complesso
come quello educativo, irriducibile - alla luce di un orientamento costruttivista e di un’epistemologia
della complessità – a modelli definitivi che possono regolare e indirizzare aprioristicamente la vasta
gamma di azioni e le strutture di conoscenza degli stessi professionisti.
Fare appello alla capacità di rivedere e riconoscere sotto una nuova luce il proprio ruolo, le proprie
competenze, la valenza conoscitiva delle teorie costruite in situazione attraverso l’attribuzione di un
nuovo significato all’accaduto e all’esperienza, diventa per i professionisti una necessità che si traduce in
una maggiore qualità della stessa azione educativa la quale diventa “azione riflessiva”. Ignorare le
potenzialità di una “razionalità riflessiva” ostacolerebbe in questo senso il cambiamento consapevole e
intenzionalmente orientato proprio delle azioni educative nonché la possibilità di mettere in moto
processi di apprendimento trasformativo e di cambiamento organizzativo.
Lo studio dei processi di costruzione di conoscenza in un’ottica costruttivista porta inevitabilmente a
rileggere la formazione dei professionisti come occasione di ridefinizione delle pratiche professionali in
virtù di un cambiamento delle “mappe” attraverso le quali viene interpretata la fenomenologia
educativa. Si passa definitivamente da un modello centrato sulla trasmissione delle conoscenze ad un
prospettiva che tenta di costruirne di nuove, validate e riconosciute dai soggetti in formazione e dagli
stessi formatori-ricercatori. La formazione diventa inoltre luogo di mediazione ed incontro tra teorie
scientifiche e “teorie della vita quotidiana”, tra forme diverse di linguaggio e d’interpretazione.
Si pone in essere quindi la necessità di far riferimento a teorie dell’apprendimento che evidenzino e
marchino non solo gli elementi di cambiamento concettuale ma anche più profondi e significativi
elementi e fattori di cambiamento personale. Abbracciare un orientamento costruttivista e lavorare nei
contesti formativi sulla dimensione della conoscenza professionale e sui processi di pensiero
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implementa potenzialmente cambiamenti difficilmente circoscrivibili all’ambito professionale, che pur
configurandosi come il focus formativo privilegiato, apre nuove possibili strade di revisione critica del
Sé e della propria esperienza personale, della propria vita e della propria affettività. Qualora la
formazione professionale riesca a creare le condizioni perché si verifichino destrutturazioni e
ristrutturazioni delle prospettive e degli schemi attraverso i quali costruiamo e diamo un senso alla
nostra esperienza, la dimensione della professionalità può configurarsi come occasione e “pretesto” per
innescare più profonde e significative trasformazioni personali in tutte le dimensioni dell’ adultità.
Conclusioni (MS)
Come illustrato precedentemente, risulta evidente come nell’ambito dello studio delle
epistemologie professionali, ed in particolare delle epistemologie che connotano l’agire e le pratiche
dei professionisti della formazione, l’uso di un dispositivo di ricerca narrativo evidenzia il modo in
cui tali pratiche siano necessariamente situate in un contesto storico e sociale che conferisce ad esse
struttura e significato; ogni praxis viene a determinarsi, infatti, come “pratica sociale” implicando,
insieme, dimensioni “tacite” e implicite ma anche esplicite e consapevoli che danno ad essa uno
specifico e peculiare significato in rapporto ai contesti in cui si inscrive. Per questo motivo, la
lettura che la narrazione offre dell’agire personale e professionale è di tipo idiografico, giacché non
è orientata ad una classificazione dei tipi di azione o alla identificazione dei motivi che li orientano
secondo un criterio di regolarità o di generalizzabilità né cerca di definire modelli generali
esplicativi delle stesse, ma permette di conferire un significato a specifiche azioni compiute da
particolari attori in determinati contesti. I dispositivi narrativi nell’ambito della ricerca sull’agire
professionale -focalizzandosi sulla fenomenologia dell’agire piuttosto che sull’azione intesa come
singola unità di analisi decontestualizzata e sezionata nelle sue diverse componenti o possibili
declinazioni - funzionano, pertanto, come dispositivi di descrizione/interpretazione/ comprensione
piuttosto che di osservazione/ analisi/esplicazione, rivelandosi particolarmente efficaci
nell’individuazione di elementi di contesto e di implicazioni personali, storiche, culturali e sociali.
In questo senso, essi si rivelano particolarmente spendibili in ambiti di ricerca in cui l’agire
professionale viene indagato in riferimento alle forme di apprendimento e di conoscenza –socioculturalmente mediate- che lo sostengono e lo orientano.
Come abbiamo visto, di estremo interesse è a questo proposito l’uso di un dispositivo
narrativo nello studio delle epistemologie professionali degli insegnanti che consenta di evidenziare
i fattori di trasformazione (sul piano epistemologico, socio-linguistico, psicologico) caratterizzanti
l’apprendimento adulto in situazione, così come delineato nel modello di Mezirow.
Tale dispositivo si rivela di particolare utilità in quanto rende possibile il tracciamento dei processi
di crescita che si realizzano sul piano personale e professionale con una particolare focalizzazione
sulla ridefinizione delle “prospettive di significato” che costituiscono le principali coordinate di
accesso al mondo ed alla conoscenza in e su di esso. Attraverso l’analisi comparata delle modifiche
che si determinano a livello di “prospettive di significato” si viene a dar conto di come i
professionisti mutano in modo significativo e sostanziale il loro rapporto con la realtà, con se stessi,
con gli altri e di come le loro “epistemologie” (intese come condizioni di elaborazione,uso,
trasferibilità della conoscenza e del sapere nell’ambito dell’agire individuale e collettivo) siano
sottoposte ad un continuo e costante processo di revisione e ristrutturazione, il quale incide in modo
determinante sul modo di intendere e di interpretare la propria identità professionale alla luce delle
coordinate che orientano e sostengono le pratiche realizzate nell’ambito di specifiche comunità e di
peculiari configurazioni organizzative. Si tratta di una pista euristica di estremo interesse che, come
precedentemente osservato, viene ad assumere anche significative implicazioni formative in quanto
offre ai professionisti in situazione strumenti di revisione critica del proprio agire e del proprio
conoscere attraverso cui avviare interessanti percorsi di sviluppo personale e professionale con
l’esercizio di sistematici processi di riflessione in e sull’azione.
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*Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale, Dipartimento di Scienze dell’Educazione e
dei Processi Culturali e Formativi, Università di Firenze.
**Dottorando di Ricerca in Qualità della Formazione, Dipartimento di Scienze dell’Educazione e
dei Processi Culturali e Formativi, Università di Firenze.
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