Storia della - Gruppo Carige

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Storia della - Gruppo Carige
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Gabriella Airaldi
Storia della
Liguria
Dal 643
al 1492
Volume II
MARIETTI 1820
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Arte e Cultura
Dal regno longobardo
a Cristoforo Colombo
di Gabriella Airaldi
Con il volume dedicato al Medioevo - “Dal 643 al 1492” - prosegue
l’iniziativa editoriale “Storia della Liguria” avviata nel 2008
dalla Fondazione Carige e destinata specificatamente al mondo
della scuola.
La collana curata da Gabriella Airaldi, docente di Storia medievale all’Università di Genova ed edita da Marietti 1820,
si propone di analizzare i profondi mutamenti storici e territoriali dell’area ligure all’origine della formazione e dello
sviluppo della identità culturale regionale.
Il nuovo volume, che fa seguito al primo uscito sull’antichità -“Dalle origini al 643 d.C.”-, analizza il periodo che intercorre tra il 643, quando anche la Liguria marittima entra a far parte del regno longobardo, e la scoperta delle Americhe da parte del genovese Cristoforo Colombo nel 1492.
È la conquista di Rotari, nel VII secolo, a segnare infatti la
vera battuta d’inizio del Medioevo di una zona, quella ligure, che da quel momento in poi comincia a manifestare un’intensa vitalità e che trova ulteriori ragioni di crescita quando l’Impero carolingio la lega all’area franco-tedesca.
Ma altrettanto importanti per i destini liguri sono i contatti con
la nuova presenza islamica nel Mediterraneo che porta con
sè un’imponente rete di relazioni economiche e culturali.
L’identità della comunità ligure nasce e matura su un’importante serie di contaminazioni e da un crescente e variamente modulato rapporto con il resto dell’Europa, con
altri paesi del Mediterraneo, con l’Oriente e con l’altra sponda dell’Atlantico. In particolare, a partire dal Mille i Liguri
diventano protagonisti di una singolare espansione che li
vede ugualmente presenti dalla Cina fino alle isole atlantiche. Non a caso, nel 1492, sarà proprio uno di loro a proporre per primo una nuova definizione di Occidente.
Il volume è corredato da un DVD con percorsi a tema, un
A fronte
La copertina del volume.
apparato iconografico, interviste a specialisti e studiosi. Si
tratta di un sussidio che riunisce insieme e fa interagire i
temi e gli oggetti di indagine affrontati nella pubblicazione.
Anche quest’anno il progetto coinvolge in maniera capillare
il mondo scolastico, grazie a una tiratura di 13mila copie che
ha consentito di farne partecipi 1600 istituti scolastici di Liguria e Basso Piemonte. In particolare, a ricevere gratuitamente il secondo volume sono state oltre 8mila classi, fra elementari, medie e superiori. Copie della pubblicazione sono
inoltre riservate all’Università e a istituzioni culturali.
Il piano dell’opera prevede per la fine del 2010 la realizzazione del volume dedicato all’età moderna (1492-1797),
mentre nel 2011 concluderà la collana il quarto volume sull’età contemporanea (1797-2007).
Ecco un ampio stralcio dell’ultimo capitolo.
Tra Genova, Savona e Roma
È questa dunque l’età dei papi liguri - due savonesi e un
genovese - e del legame profondo che essi ebbero tra loro e con il famoso arcivescovo-doge, poi cardinale, Paolo
Fregoso e altri amici, tra cui alcuni Fieschi e alcuni Doria.
Con l’Arcivescovo-doge l’amicizia è profonda ed è una delle tante testimonianze che dimostrano che la conclamata
ostilità genovese-savonese spesso non esiste.
Certo, nelle fasi acute dell’assestamento politico di quell’età,
è facile che Savona diventi rifugio per i membri di qualche
importante famiglia genovese, centro di interessanti incontri
politici o base organizzativa di operazioni marittimo-militari.
Però a condurre il gioco, e infine a prevalere, sono sempre i
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legami maturati sugli interessi delle grandi famiglie, il vero governo-ombra - ma neppur tanto celato - di Genova e di Savona; dove i cardinali - a volte più di uno per famiglia come
nel caso dei della Rovere - svolgono un ruolo importante nel
triangolo Roma-Genova-Savona e nei rapporti con le altre potenze milanesi, franco-angioine, ispano-aragonesi.
Quali che siano gli interessi del momento, in bilico tra Milano, Napoli e la Francia, e i comportamenti di taglio nepotistico, che si riflettono su una situazione peninsulare straziata anche dalle istanze patrimoniali di questi papi con troppi familiari e troppi figli, non si può ignorare che i pontefici liguri guardino con occhio benevolo a coloro che ruotano nella loro orbita, concedendo cariche e privilegi dappertutto. La lista è lunga e nota. Meno nota alle biografie pontificie è invece la parte di interessi che, direttamente o indirettamente, genera benefici collegati all’economia dell’espansione, e che ora perlopiù fa perno sulla centralità della Penisola Iberica, il vero crogiolo progettuale dell’epoca.
L’asse Roma-Genova-Savona si rafforza nell’età di papa Sisto IV, un pontefice attento alla composizione del Sacro Collegio, alle scelte matrimoniali di parenti e amici, ma anche
allo sfruttamento delle miniere di allume e di ferro e a quell’area iberica che ogni giorno di più si sta rivelando la plaque tournante del futuro.
Letta in questa prospettiva, la contrapposizione Genova-Savona davvero non esiste. Se l’asse principale dei traffici è
centrato sul grande porto genovese, Savona è il naturale
porto succedaneo di Genova, quello dove pure si dà spazio alla vivace produzione artigianale locale, di cui l’imprenditoria legata all’arte della lana e del cuoio sono voci trainanti. Le rade di Savona e Vado, intercambiabili e utili al
pescaggio anche di navi di alto tonnellaggio e pari per importanza a quelle di Napoli, Maiorca e Chio, favoriscono la
simbiosi operativa, concertata dai gruppi familiari che governano le due città, spesso imparentati tra loro e ugualmente attenti al profitto. In questa dimensione Savona rappresenta per molti Genovesi - e non solo per occasionali
transfughi politici di alto ceto - una piazza interessante. I
lanaioli savonesi, tra i quali approdano, ad esempio, Domenico Colombo e la sua famiglia, sono più forti di quanto non si pensi.
Ma la Savona del Quattrocento non è solo il maggior polo
artigianale di tutto il Ponente ligure. È noto il movimento
navale ed economico tra l’Inghilterra, la Spagna, Savona e
Chio, al quale si lega anche l’intensa fioritura dell’area costiera tra Genova e Savona, fervida di cantieri, importanti
centri formativi di abilità marinare.
Diventato papa con il nome di Sisto IV, il generale dei francescani Francesco della Rovere, oltre a dedicarsi ai suoi
studi teologici e a discettare sull’Immacolata Concezione,
a volere la Biblioteca Vaticana e la Cappella Sistina (con
una edizione particolare anche a Savona), a fondare il più
antico Monte di Pietà a Savona e a concedere a santa Caterina Fieschi Adorno la riunificazione degli ospedali geno-
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vesi sotto il suo controllo, si fa anche promotore dell’Inquisizione, che, ristrutturando negli anni Ottanta la società spagnola e giocando sull’eliminazione della finanza ebraica, incoraggia certamente l’affermazione economica dei “conversi” e dei mercanti-banchieri “italiani” dell’epoca.
Sisto IV è anche il papa sotto il quale Castigliani e Portoghesi si accordano nel trattato di Alcaçovas del 1487, che
prelude a quello assai più noto di Tordesillas (1494), in cui
si definisce la raya che spartisce le zone di espansione mondiale. È lui che lancia la cruzada, l’imponente raccolta di
fondi per le operazioni militari finalizzate alla conquista di
Granada, che va ad aggiungersi a quella che già esiste in
funzione antiturca. Con lui il gruppo dei Centurione comincia a esercitarne la depositeria per Castiglia e León, mentre i loro parenti Pinelli ne hanno la procura, e, per l’area
aragonese e siciliana, opera invece Luís de Santángel. Come è noto, sono tutti nomi che contano nell’organizzazione del primo viaggio di Colombo.
Di fatto c’è un lungo periodo romano in cui tutto - vescovadi e cariche civili - cade sotto il controllo dei Liguri. D’altra parte si sa che l’elezione di un pontefice è un fatto politico, oggetto di contrattazioni serrate condotte sulla base
di una notevole circolazione di capitali, di cui i Genovesi
dispongono con grande facilità (solo i Fiorentini possono
intervenire un po’: infatti, non a caso, ci saranno in quel
momento anche dei papi Medici). Sisto apre le porte del
Sacro Collegio - e non solo - ai nipoti: Giuliano (poi papa
Giulio II), cardinale di San Pietro in Vincoli, vescovo di Bologna, di Avignone e altre diocesi francesi; Bartolomeo, vescovo di Ferrara e patriarca di Antiochia; Pietro Riario, arcivescovo di Firenze e vescovo di Spalato, Siviglia, Valencia e Senigallia; Raffaello Sansoni, cardinale di San Giorgio in Velabro e arcivescovo di Pisa; Gerolamo Basso, cardinale di San Crisogono e arcivescovo di Genova; Ottaviano Basso, vescovo di Viterbo; Francesco Basso, priore di
Pisa. Fa cardinale il genovese Giovanni Battista Cibo, vescovo di Savona e poi di Molfetta, e il genovese Paolo Fregoso. Naturalmente vanno sempre aggiunti i cardinali amici, compresi i Fieschi, sempre presenti nel Sacro Collegio.
Ai laici pensa diversamente, conferendo loro anche titoli vicariali in temporalibus: Gerolamo Riario sposa Caterina Sforza e ha la signoria di Imola e Forlì; Leonardo, nominato prefetto di Roma, sposa Maria d’Aragona e diviene duca di Sora, stato e titoli ereditati alla sua morte da Giovanni della
Rovere; Giovanni della Rovere, signore di Senigallia e di Mondavio - che sposa Giovanna di Montefeltro, sorella di Federico - e comandante della Lega italica costituita nel 1454
e che viene fatto duca. Quando, nel 1503, Giuliano della
Rovere diventa papa subito assegna un ruolo rilevante all’unico erede rimasto Francesco Maria, figlio di Giovanni e
di Giovanna da Montefeltro, che fa adottare dall’ultimo feltresco, Guidubaldo, sicché Francesco Maria gli succede nel
ducato di Urbino, che ha dal papa tali prerogative e tali autonomie giuridiche che, dopo la fine della signoria rovere-
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sca, ne nascerà la Legazione di Pesaro-Urbino, destinata
a restare fino all’Unità d’Italia.
Nel 1478 il prezioso allume di Tolfa, che dal 1462 sostituisce le ormai perdute miniere di Focea, passa dalla gestione fiorentina a quella genovese; diventa cioè monopolio del
grande e potente gruppo dei Centurione, presenti in area
iberica, nelle isole atlantiche e in altre parti del contesto europeo e viene scaricato in quantità massiccia nel porto savonese, dove si apprestano le navi per il papa. Né si può
ignorare l’intervento fondamentale di Sisto IV e dei suoi parenti a sostegno della congiura dei Pazzi di quello stesso
anno, questione che, come appare evidente, va ben oltre
le mere risse locali.
Comunque, se il nipote prediletto di Sisto IV è Pietro Riario, quello di personalità più forte è certamente Giuliano,
che non a caso sarebbe diventato papa. Il pontefice savonese è a quel tempo favorevole a Milano, a sua volta abbastanza incline a privilegiare Savona su Genova. Ciò contribuisce a irritare una parte dell’élite genovese come dimostra, nel 1476, la congiura di Girolamo Gentile, con il
quale è invece in ottimi rapporti proprio Giuliano della Rovere, che lo incontra ad Avignone, dove il Gentile fugge subito dopo il fallimento della cospirazione antimilanese. Dopo l’assassinio del duca di Milano (1476), però, tanto a lui
quanto al suo grande amico il cardinale Gianbattista Cibo
una parte dei Genovesi chiede che il papa «pigli il dominio de quella città vel saltem la protectione de quella libertà». In effetti Sisto ha scomunicato Obietto Fieschi, fratello del “patriarca” Gianluigi, perché il protonotario apostolico si era allontanato da Roma con altri Genovesi per andare a Genova e partecipare alla congiura. É nota a tutti,
tra l’altro, la grande amicizia esistente tra Giuliano, Obietto Fieschi, Paolo Fregoso e Gianbattista Cibo. Nel 1478 Giuliano della Rovere è a Genova, dove ha un incontro con l’ambasciatore milanese su Obietto Fieschi prigioniero a Milano. In quel momento sembra ancora desiderare solo che
il principale nemico dell’Adorno, ossia il suo fedele amico
Paolo Fregoso, se ne stia tranquillo a Roma a guardia dell’amico Fieschi in modo che non trami contro Milano. (...)
Nel 1484 - subentra al soglio pontificio il suo amico di gioventù, il genovese Gianbattista Cibo, la fortuna di Giuliano della Rovere cresce e con la sua anche quella di Paolo Fregoso. Su Giuliano, infatti corre la voce che «a li effecti de tute cose lui è papa». Anche i rapporti tra Genova e Savona non subiscono mutamenti. Gianbattista Cibo
è stato vescovo di Savona, e, come si è detto, è stato fatto cardinale da Sisto IV. Il nuovo pontefice, noto per la famosa bolla Summi desiderantes sulla stregoneria e per la
sua forte azione antiereticale e a sostegno dell’Inquisizione, nonché per i suoi molti figli, discende da una grande
e aristocratica famiglia mercantile di rango internazionale. Grazie a lui, il suo parente Francesco Pinelli, imparentato con i Centurioni, jurado e fiel ejecutor regio di Siviglia, finanziere attento alla conquista delle Canarie con al-
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tri Genovesi come il de Riberol e, poi, insieme con il Santángel, al primo e forse anche al secondo viaggio di Colombo, accresce ulteriormente il suo potere. Innocenzo VIII
ha, inoltre, come “depositario generale della camera apostolica” il genovese Gerardo Usodimare, marito della figlia
Teodorina. La loro figlia, Peretta Usodimare, dopo un primo matrimonio con un del Carretto, cui i Cibo sono legatissimi, avrebbe sposato Andrea Doria. È naturale ricordare che, intorno alla metà del secolo, Antoniotto Usodimare aveva risalito il corso del Gambia alla ricerca dell’oro proprio per i Centurione. I Centurione, che sono tra i finanziatori del terzo viaggio insieme con gli Italiano (Interiano),
nello stesso anno fanno un altissimo prestito al Gran Capitano Gonzalo de Cordoba, agevolando così le sue operazioni per porre la penisola sotto il dominio spagnolo. L’unione familiare e di interessi tra Andrea Doria e Adamo Centurione - tra un guerriero proprietario di navi e il più grande banchiere del suo tempo - convaliderà le grandi fortune accumulate nel “Secolo dei Genovesi”.
Tanto i Fieschi quanto i Doria sono vicini al nuovo papa.
Ettore Fieschi, conte di Lavagna e conte palatino, avvocato concistoriale e ambasciatore della Repubblica di Genova, nella sua “Orazione di obbedienza”, pronunciata di fronte al nuovo pontefice il 27 aprile 1485, sottolinea l’antica,
tenace alleanza di Genova con la Santa Sede, che si snoda dalla presa di Gerusalemme nel 1099 fino alla battaglia
di Otranto del 1480. Nelle sue parole si staglia il profilo di
una città da sempre rifugio sicuro di papi in fuga, come Innocenzo IV - uno dei due che appartengono alla sua famiglia e che porta lo stesso nome del nuovo papa. L’oratore
infatti appartiene a una famiglia che, oltre a due papi, annovera ben settantadue cardinali, oltre a un enorme numero di prelati sparsi per tutto il mondo. A capo della guardia pontificia c’è invece Nicolò Doria e accanto a lui, fin dal
1484, c’è il diciottenne Andrea, che viene da Oneglia e che
starà a Roma fino al 1492, anno in cui si metterà al servizio del duca di Urbino. Andrea, che ha una sua truppa composta da 25 archibugieri, combatterà con i della Rovere per
Roccaguglielma, possedimento del fratello di Giuliano Giovanni, prefetto di Roma. È il nuovo papa, alleato di Genova, Savona e Napoli contro Milano e Firenze nella guerra
detta “di Pietrasanta” (1484-1485), che stabilisce di assegnare Pietrasanta a Firenze e di riconsegnare Sarzana al
Banco di San Giorgio. Al tempo della guerra dei Baroni però Innocenzo VIII si scontra con Ferdinando di Napoli. Da
parte sua Giuliano della Rovere se ne va come legato a Genova, dove c’è l’altro suo amico Paolo Fregoso, che ora è
arcivescovo-doge. Lì raccoglie soldi per preparare una flotta a supporto dei ribelli e per sollecitare l’angioino duca di
Lorena a muovere verso Napoli. Il papa invece finisce per
legarsi a Firenze e, nel 1488, combina il matrimonio del figlio Franceschetto, che investe della contea dell’Anguillara, con Maddalena, figlia di Lorenzo de’ Medici e sorella
del Futuro papa Leone X. (...)
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