carovana del dialogo

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carovana del dialogo
cosa sta succedendo?
CAROVANA DEL DIALOGO
I giovani maghrebini che vivono in Europa, nella stragrande maggioranza, hanno condannato gli
attentati parigini, ma contemporaneamente hanno avuto una reazione di paura per come da quel
giorno in poi sarebbero stati visti i musulmani; il problema non sta nell’Islam, ma nell’ignoranza
e nella mancanza di un’educazione che incoraggia la libertà d’espressione; il ruolo fondamentale
dell’istruzione e l’importanza di offrire modelli positivi. Intervista a Jamila Hassoune.
Tu lavori molto con i giovani in Marocco e viaggi anche in Europa incontrando ragazzi e adulti di origine
maghrebina. Quali sono state le reazioni all’attentato fondamentalista
di Parigi?
Il mio impegno come attivista culturale,
in questi anni, mi ha visto viaggiare molto e questo mi ha dato l’occasione di incontrare persone di religione e cultura diverse dalla mia; proprio questa mia battaglia costante per diffondere cultura ed
educazione fanno sì che io non possa tollerare la violenza: credo che solo il dialogo e lo scambio di idee possano dare buoni risultati. Nel corso di un recente viaggio a Parigi, le persone di origine maghrebina con cui mi sono confrontata erano naturalmente contro ogni forma di
violenza e di assassinio, ma la prima reazione è stata la paura: “Che cosa ci capiterà adesso? La nostra immagine sarà
ancora una volta infangata? Saremo attaccati?”. Dopo una settimana queste
stesse persone, pur continuando a dirsi
contro la violenza, erano anche contro il
fare di tutta l’erba un fascio e contro l’attacco ai simboli dell’Islam.
Per quanto riguarda i giovani dei paesi
arabi che, senza alcun dubbio, provano
orrore per la violenza, come è normale
che sia, c’è però un “punto di domanda”;
molti si sono chiesti: “perché una manifestazione così imponente adesso, quando
in molti paesi arabi o africani, in Ucraina, o peggio in Nigeria, per fare qualche
esempio, ci sono così tanti morti?”.
se l’educazione non permette
ai giovani di esprimersi,
come pretendere che prendano
posizione sulla religione?
Il fatto che si siano esacerbati gli animi
dimostra che c’è una grave crisi di sfiducia tra Occidente e Oriente. Personalmente ho colto un’incomprensione totale
su tante questioni. Anche i professori che
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una città
ho incontrato in Francia e che lavorano
con i giovani hanno espresso la difficoltà
di dialogare riguardo la libertà di espressione e il rispetto dell’altro: fino a dove ci
si può spingere? Ci sono dei limiti o no?
Quello che penso e che ho detto loro è che,
passato lo choc iniziale, dobbiamo reagire
tutti e interrogarci su quello che è successo, su cosa non funziona. Mi ha colpito e
credo dobbiamo tenerne conto, che perlopiù le persone erano spaventate per le
possibili conseguenze di questi eventi.
Alcuni sostengono che il problema
stia nell’Islam, non solo nel fondamentalismo…
In generale direi che il problema sta nell’interpretazione dell’Islam, ma per affrontare questo argomento bisognerebbe
conoscere il Corano; se le persone insinuano che questa violenza ha radici nell’Islam, bisognerebbe che andassero a
guardare anche le altre religioni, a leggere l’Antico Testamento... Non sono
un’esperta dell’Islam, ma voglio citare almeno due sure del Corano che per me significano tante cose. La prima dice (nella
Sura “Gli appartamenti privati”: “Vi abbiamo organizzati in popoli e tribù affinché poteste conoscervi tra di voi...”, e la
seconda (nella Sura delle api), parlando
dei non musulmani invita a “discutere
con loro nella maniera migliore”. Vi si
possono leggere due aspetti: l’apertura e
l’accettazione dell’altro, e poi, appunto,
l’invito alla discussione e al dialogo.
Molti si aspetterebbero una presa di
posizione di condanna degli attentati da parte dei musulmani moderati,
ma questo raramente avviene.
Non si dovrebbe generalizzare, ma penso
di poter rispondere così. Se si conosce bene la storia, si può vedere che la protesta
è un’acquisizione recente, che dipende da
molti fattori: se manca la libertà di
espressione anche nelle piccole cose della
vita quotidiana, se l’educazione tradizionale non permette ai giovani di esprimersi liberamente, come potete pretendere
che prendano posizione sulla religione?
Comunque la maggioranza delle persone
che sono nelle condizioni di esprimersi
condanna il radicalismo; non dimentichiamo che se un cittadino europeo di origine araba o di altra provenienza osa criticare il governo o le istituzioni, può subire proprio per questo delle ritorsioni.
Quanto conta l’ignoranza nella radicalizzazione della situazione?
L’ignoranza è la cosa più tragica che possa diffondersi nelle nazioni.
Come ho già detto, considero la cultura e
l’educazione una condizione indispensabile per la costruzione di uno spirito di
cittadinanza responsabile; l’educazione è
la colonna portante di tutto: bisogna investire nelle scuole, incoraggiare la lettura. Questo vale anche per i paesi europei:
dobbiamo tutti interrogarci su che cosa si
Fausto Fabbri
Jamila Hassoune, fondatrice del Club du
Livre et de Lecture, e con Fatema Mernissi
della Carovana Civica, ha condotto varie
ricerche sui giovani e internet e sui
cambiamenti del costume. Vive a
Marrakech, dove fa la libraia, e da dove
ogni anno parte con la sua carovana dei
libri.
offre ai nostri giovani perché possano integrarsi.
È la cultura che ci permette di crescere e
diventare tolleranti: noi accettiamo l’altro
perché siamo curiosi di capirlo. L’esperienza della Carovana mi conferma in
ogni occasione il valore dell’apertura delle menti e di una conoscenza accessibile a
tutti. La cultura non può essere qualcosa
di riservato alle élite, dev’essere parte integrante della nostra vita quotidiana.
Personalmente mi auguro che i nostri
paesi diano alla cultura il giusto peso, affinché i nostri giovani siano fieri della loro storia e del loro patrimonio, maturino
un sentimento di orgoglio di sé; un antidoto importante contro la china della disperazione e del non-dialogo. Al fondo
della violenza c’è l’assenza di dialogo. La
cultura ci dà la possibilità di instaurare
uno scambio reale con l’altro da noi; e se
l’altro non suscita paura, potrà arricchir-
ci con le sue idee e le sue opinioni.
Che cosa si può fare nei paesi musulmani e in Europa per contrastare
questa situazione?
Bisogna investire massicciamente nell’educazione per lottare contro l’ignoranza: rivedere i programmi e i metodi di insegnamento nelle scuole dove sono presenti studenti immigrati.
è la cultura che ci permette
di crescere e diventare tolleranti:
noi accettiamo l’altro perché
siamo curiosi di capirlo
Nei miei viaggi in vari paesi europei ho
incontrato, per esempio, molti giovani
marocchini nati in Europa che erano
completamente all’oscuro di quello che
stava accadendo nel loro paese d’origine.
Il mio suggerimento è stato quello di cercare di avere sempre più scambi con i
protagonisti della loro cultura. Ogni qual-
volta si presenta l’occasione questi ragazzi esprimono orgoglio e interesse nell’incontro e nella conoscenza diretta di quello che viene prodotto di bello e di nuovo
nel loro paese di origine.
Un’altra considerazione importante riguarda il tipo di informazione data dai
media: questi dovrebbero far conoscere
modelli positivi, per esempio le esperienze di persone che, partendo dal nulla, ce
l’hanno fatta. Bisognerebbe pensare a dei
progetti di scambio a lungo termine e monitorarli. Sarebbe bello fare delle vere e
proprie “carovane del dialogo” per incontrare e riconoscere l’altro. Penso che oggi
sia il momento di fermarci e guardare in
profondità a come stanno le cose. Si tratta in qualche modo di ripartire da zero: se
vogliamo porre fine alla violenza e al disprezzo dobbiamo investire nel dialogo.
(a cura di Barbara Bertoncin.
traduzione di Joan Haim)
una città
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