Monografia delle discipline demoetnoantropologiche.
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Monografia delle discipline demoetnoantropologiche.
Monografia delle discipline demoetnoantropologiche. Titolo: ”L’impatto della vita liquida e l'ossessione degli affetti sulla prevenzione degli infortuni” Autore: Raffaele Salzano Docente:Dott. Gianluca Favero 1 Viximus, floruimus; non vitium nostrum, sed virtus nostra nos adflixit1. Come ci ricorda lo stesso Cicerone sono quelle che noi stessi consideriamo delle virtù e cioè la flessibilità e la adattabilità al lavoro che hanno creato gran parte dei problemi nel mondo del lavoro e dell’immigrazione determinando quella che Bauman definisce “la vita liquida,la modernità liquida2”. Quello dell’immigrazione è un fenomeno assai variegato ed eterogeneo esso si evolve,trasla ed assume contorni assai diversi sia in base ai periodi dell’anno che in base alla posizione geografica, vi è inoltre una dimensione particolare che investe l’immigrazione e cioè quella del ruolo delle donne; anch’esso è fortemente condizionato soprattutto dalle etnie di provenienza, si va dalla ormai “celeberrima” badante ucraina alla “massaggiatrice” cinese passando per la “parrucchiera” nigeriana che ti fa le treccine rasta sulla spiaggia o nel garage sotto-casa. Con l’avvento della crisi economica sia le lavoratrici italiane che quelle straniere, se pur con i vari distinguo, hanno dovuto affrontare una vera e propria emergenza sociale,una guerra tra poveri, ci basti pensare al ruolo che tradizionalmente è delle lavoratrici straniere nell’assistenza agli anziani, esistono in paesi come la Polonia delle vere e proprie scuole per “badanti”; in questo particolare momento le donne italiane stanno invadendo questo settore del mercato del lavoro ed in pochi mesi si è quasi decuplicata la loro presenza. Questo ha portato sia alla distruzione totale(già faceva acqua da tutte le parti da diversi anni) del ruolo tradizionale della donna italiana quale madre/moglie/casalinga(stereotipo per antonomasia) sia dei problemi alle lavoratrici straniere impiegate nello stesso settore(magari a nero da qualche anno)che si sono viste soppiantare per una lavoratrice italiana. Le badanti in nero che hanno perso improvvisamente il lavoro stanno affrontando un dramma personale incredibile, in quanto vedono crollare il proprio progetto migratorio come un castello di carta, e si trovano a fare delle scelte (quasi obbligate) come quella di ritornare al proprio paese d’origine con un sentimento di fallimento e di vergogna che pesa come un macigno sulle loro spalle. Quello che sfugge però è il fatto che questi lavoratori non sono solo un modo per le imprese italiane di riuscire a coprire la richiesta ed il fabbisogno di manodopera ma sono,rappresentano un valore che non può e soprattutto non deve essere ignorato. Oggi come ieri il fenomeno migratorio porta con se una miriade di problemi non ultimo quello rappresentato dalle identità culturali e la “barriera” del linguaggio oltre naturalmente alla fede 1 Vivemmo, fiorimmo, non il nostro vizio ma la nostra virtù ci affligge(Cicerone) 2 "Una società può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo." (Z. Bauman, Vita liquida, pag.VII) 2 religiosa ed ai suoi precetti. Per comprendere quindi come questi fattori influenzano negativamente la prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, dobbiamo analizzare in maniera estrinseca ed intrinseca il core, il nucleo della nostra ricerca: il lavoratore immigrato. Abbiamo sottolineato più volte come l’immigrato sia da considerare come una risorsa e non come un problema, ma non solo; egli è fondamentalmente un progetto di vita che spesso non riusciamo a cogliere, si cela infatti dietro la sua fisicità e dietro i nostri stereotipi un mondo di cui non siamo pienamente consapevoli. Quando arrivano da noi dopo un viaggio di stenti attraverso il deserto(lavoratori provenienti dai paesi sub sahariani) portano con se un mondo di conoscenze,aspettative(sia personali che della loro famiglia), sentono il “peso” dei loro congiunti che sono rimasti indietro, sentono di dover dimostrare non solo a se stessi ma alla società di essere utili,forti, quasi indistruttibili. Naturalmente l’impatto con la realtà è totalmente diversa, vengono calati immediatamente in una non vita fatta solo di tre parole: Produrre,Produrre,Produrre. Lo sfruttamento continuo da parte dei kapò(caporali) ed imprenditori senza scrupoli porta queste persone all’annientamento personale ed alla falsa consapevolezza che bisogna continuare per non deludere le aspettative ed i sogni della propria famiglia lontana, questo fardello enorme è la cosiddetta ossessione degli affetti. Questa esistenza che isola ancora di più il lavoratore e la precarietà del lavoro “nero”,clandestino senza alcuna tutela o con tutele parziali(Il classico ti assumo 4 ore ma ne lavori 10-12) portano alla distruzione del progetto migratorio dei lavoratori ed alla loro alienazione anche nel contesto lavorativo, per cui pur essendo sul posto di lavoro la loro attenzione e di conseguenza la percezione del rischio sono in quel momento offuscate, questo pone il lavoratore in una situazione di pericolo costante e molto spesso purtroppo è causa di incidenti mortali sul lavoro. Un altro problema a cui abbiamo accennato prima è quello della percezione del rischio,che varia enormemente a seconda dell’età e soprattutto dell’etnia di provenienza dei soggetti, se pensiamo infatti ai grattacieli di NYC non può passare inosservato che per la loro costruzione vengono impiegati a tutt’oggi soprattutto nativi americani di etnia Mohawk in quanto abili carpentieri ma soprattutto perché hanno una percezione del rischio relativa al lavoro in quota molto bassa e non soffrono minimamente di acrofobia3. Un altro esempio è quello di alcune tribù dell’arcipelago di Vanuatu nell'Oceano Pacifico del Sud, che da almeno 1500 anni compiono un rituale iniziatico chiamato N'gol nel quale i giovani della tribù all’età di soli dieci anni eseguono un bungee jumping4 legati con una semplice liana alla 3 L’acrofobia(dal greco àkros =elevato e fòbos =paura ) 4 Il bungee jumping (o bungy jumping; in italiano anche salto con elastico) è un'attività sportiva che consiste nel 3 caviglia da torri che possono arrivare a 35 metri di altezza. Naturalmente si tratta di casi estremi che però evidenziano come il retaggio culturale,famigliare e sociale influenzano le proprie percezioni e le modalità di approccio alle problematiche legate alla sicurezza nei luoghi di lavoro, infatti sarebbe quanto mai complicato insegnare a tali lavoratori l’importanza dell’uso dei D.P.I.5(cinture di sicurezza) per l’esecuzione di lavori in quota. Finora nell'affrontare queste problematiche vi sono stati due approcci diversi uno di tipo prettamente formale/legale, del tipo:”La legge dice che devi indossare i DPI...etc” ed un altro caratterizzato dalla soluzione parziale del problema, affrontandolo come se dipendesse esclusivamente dal grado di alfabetizzazione del lavoratore. Ammesso che in linea teorica entrambi gli approcci potrebbero sembrare giusti, specialmente al neofita, va detto che le esperienze reali dei servizi di prevenzione delle varie Asl, nonché le statistiche generali sugli infortuni,specialmente quelli mortali non mostrano una flessione significativa sul territorio nazionale, nemmeno in quelle zone dove gli stessi servizi hanno aumentato le ispezioni o dove sono stati fatti corsi di formazione ad hoc. La soluzione del problema degli infortuni in modo particolare quelli che riguardano lavoratori clandestini non è di semplice risoluzione, la via di una maggiore alfabetizzazione e comunicazione è comunque da preferire in quanto permette una crescita globale dell'individuo con una sua maggiore e migliore integrazione con il tessuto economico-sociale in cui vive. Detto ciò dobbiamo tenere presente che per fare una formazione efficace sui rischi nei luoghi di lavoro vanno considerati tutti quei fattori, specialmente sulle diversità etniche e quindi sulla diversa percezione dei rischi dei lavoratori sulla base del loro provenienza. Non possiamo assimilare un lavoratore algerino ad uno tunisino, oppure un iraniano ad un afghano sull’ assunto che siccome i loro paesi confinano essi sono giocoforza uguali. Lavorando con queste persone spesso tendiamo ad interpretare erroneamente alcuni loro comportamenti, ad esempio, quando lavoravo come operaio di una lavanderia industriale avevo 4 colleghi egiziani e 2 colleghi algerini, i quali andavano a lavorare puntualmente anche la domenica, questo comportamento veniva interpretato da tutti come servilismo verso il datore di lavoro; allora un giorno mi sono avvicinato ad uno di loro e gli ho chiesto semplicemente come mai non se ne stavano a casa come gli altri, e lui mi ha semplicemente detto che per loro il giorno di “festa” era il lanciarsi da un luogo elevato (per esempio un ponte) dopo essere stati imbracati con una corda elastica. Un'estremità della corda è fissata al corpo della persona che si lancia (in genere alle caviglie) e l'altra al punto da cui avviene il lancio. 5 Si intende per Dispositivi di Protezione Individuale, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo (art. 74, comma 1 del DLgs n° 81/08) 4 venerdì6poiché essendo mussulmani si riunivano tutti alla moschea per la tradizionale preghiera dell'una di pomeriggio; a quel punto mi sono sentito molto “superficiale” per non esserci arrivato da solo. La cronaca ci offre spunti di riflessione su questi argomenti quotidianamente, tra i vari articoli in circolazione sulle testate giornalistiche online, ne ho selezionati cinque, che insieme agli argomenti trattati in aula mi hanno fatto da sfondo per la stesura di questa monografia. In particolare ho trovato molto aderente alla realtà e molto condivisibili le parole espresse dal vice presidente dell’Associazione industriale bresciana Alberto Volpi nella sua intervista apparsa sulla edizione online del quotidiano “Il Giorno”, già il titolo dell’articolo risulta particolarmente efficace: «Un incidente in ditta è un buco nero per sempre», questo ci fa capire come una parte della realtà produttiva italiana sta cambiando anche se lentamente ed a proposito della sua esperienza Volpi ci dice ancora:Un intervento sugli immigrati è già stato fatto in passato, partendo semplicemente dalla lingua. «Abbiamo fatto formazione e aggiornamento ma soprattutto, individuando i passaggi critici, le principali difficoltà, abbiamo redatto un fascicolo a carattere generale che ogni impresa coinvolta ha adattato alle sue lavorazioni, evidenziando i pericoli anche con pannelli esplicativi al proprio interno scritti nelle lingue presenti. Ora non ci basta, vogliamo capire anche i legami fra comportamenti e religione, cultura e tradizioni. L’esempio più evidente è dato dal Ramadan: in quel mese le energie e la concentrazione calano verticalmente, lo abbiamo appurato. Occorre agire di conseguenza. Io, nel reparto di macelleria a Crema, in quei giorni potenzio la manodopera dell’8%. Serve certo alla mia produttività ma anche alla salvaguardia di quegli operai ‘sottotono’». Un’ altro fenomeno preoccupante ed in continua espansione, è quello del racket e dello sfruttamento del lavoro nero, che ha assunto negli ultimi anni una deriva etnico - razziale che era a noi sconosciuta o comunque molto sottovalutata, un fenomeno di sfruttamento parallelo a quello che ben conosciamo dei lavoranti stagionali in agricoltura(raccolta dei pomodori a Villa Literno nel campano o a Rosarno). Questo “nuovo” dramma del mondo del lavoro riguarda soprattutto lo sfruttamento da parte di cittadini cinesi sui propri connazionali, talvolta con la connivenza di altri imprenditori italiani senza scrupoli, che pur di incrementare i propri profitti non esitano a ricorrere a queste “tipologie” di lavoratori. Nell’articolo dell’edizione online de”Il Resto del Carlino” si legge:”I cinesi erano costretti a vivere e lavorare in strutture o abitazioni trasformate in laboratori improvvisati con tanto di mense e stanze da letto, dove decine di operai erano costretti a operare anche di notte e con turni massacranti. Molti erano completamente in nero, anche se in possesso di regolari permessi di soggiorno in Italia.Tutto questo accadeva con la complicità di imprenditori italiani che affittavano 6 Disse ancora il Profeta Muhammad (s) in un altro hadith: “il padrone dei giorni e’ il venerdì, ed esso e’ il più importante presso Dio, ed ha più valore del giorno della rottura del digiuno e il giorno del sacrificio. 5 loro i locali e gli spazi, e di almeno due industrie marchigiane che commissionavano agli stessi cinesi il lavoro per proseguire l’attività. Quello che sorprende maggiormente in questo caso è la presenza tra i lavoratori di persone munite di regolare permesso di soggiorno, che nonostante ciò si facevano “strozzare” dai loro aguzzini come se quella fosse per loro la normalità, come se quelle condizioni di lavoro inumane fossero per loro la mera quotidianità. Per meglio comprendere tale fenomeno è necessario andare a vedere quali sono oggi le tutele sindacali, le norme di igiene e sicurezza e l’organizzazione del lavoro nella Cina del “miracolo economico”; allora guardando attentamente ci si rende conto, che per un operaio cinese che non ha mai lavorato in un azienda italiana, quelle condizioni di lavoro sono lo standard a cui è abituato, rassegnato. Pertanto in questi casi occorre un approccio con mano pesante, anzi pesantissima sugli imprenditori che instaurano nel nostro paese le stesse tipologie di fabbriche lager7che esistono in Cina; ed una informazione/comunicazione più incisiva verso tutti quei lavoratori regolari ma anche irregolari che arrivano nel nostro paese dal “celeste impero” percorrendo a ritroso “la via della seta”, la stessa che percorse Marco Polo 748 anni fa. La prevenzione degli infortuni(in senso stretto) in questi casi particolari passa in secondo piano, in quanto occorre prima di tutto ristabilire,ribadire e restaurare i diritti inviolabili dell’uomo, occorre far capire, comprendere a quei lavoratori che quello che a loro è stato mostrato come normalità non può e non deve essere accettato in uno di diritto come il nostro. Vi è in questi frangenti il bisogno che le istituzioni si avvalgano nel loro intervento di professionisti esterni, figure come mediatori culturali e psicologi esperti al fine di eliminare di sradicare questa “nuova” piaga del mondo del lavoro italiano. L’ultimo aspetto che voglio approfondire in questa mio excursus sull’ impatto della vita liquida e della ossessione degli affetti sulla prevenzione degli infortuni riguarda la dimensione dell’infortunio vero e proprio ed in particolare come esso viene visto e vissuto dall’immigrato e dai suoi affetti. In un video molto “crudo” ci è stato mostrato un immigrato con regolare permesso di soggiorno che ha subito un infortunio sul luogo di lavoro, che ha avuto esiti permanenti(l’uomo è diventato paraplegico).In questo video l’operaio racconta con disarmante naturalezza(quasi come una favola) quello che è successo, senza peraltro dare la colpa a nessuno ed accettando l’infortunio come se 7 Per confezionare un paio di Timberland, vendute in Europa a 150 euro, nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni guadagna 45 centesimi di euro. Lavora 16 ore al giorno, dorme in fabbrica, non ha ferie né assicurazione malattia, rischia l'intossicazione e vive sotto l'oppressione di padroni-aguzzini. Per fabbricare un paio di scarpe da jogging Puma una cinese riceve 90 centesimi di euro: il prezzo in Europa è 178 euro per il modello con il logo della Ferrari. Nella fabbrica-lager che produce per la Puma i ritmi di lavoro sono così intensi che i lavoratori hanno le mani penosamente deformate dallo sforzo continuo(tratto dall’articolo di Federico Rampini su “La RepubblicaEconomia.it”). 6 fosse qualcosa di inevitabile. In quella testimonianza l’operaio ci racconta dell’esperienza della solitudine,della quasi morte, della lentezza dei soccorsi(lo davano per spacciato nonostante egli fosse ancora cosciente) del pensiero per la moglie ed i figli etc. Egli ci parla del suo progetto di vita come se questo fosse finito completamente il giorno dell’infortunio, di come non abbia più amor proprio ma viva solo in funzione del figlio, di come nonostante l’accaduto abbia dovuto “scontrarsi” con gli altri condomini per poter installare un ascensore all’interno del palazzo in cui vive(abita al 4°piano); di come in seguito all’incidente sua moglie soffre di lombalgie acute(deve sollevare continuamente il marito). Sono testimonianze come questa che ci fanno capire l’impatto enorme e profondo degli infortuni sul lavoro, con quanta drammaticità sconvolgono sia la vita del lavoratore che le sue aspettative, perché no i suoi sogni e quale sia la disperazione ed il coinvolgimento dei suoi familiari; per non parlare poi dei costi socio - assistenziali che questi incidenti hanno sul Servizio Sanitario Nazionale. Alla luce di tutto ciò, per poter adottare un modello di prevenzione efficace nel panorama lavorativo italiano bisogna “armonizzare” sia la percezione dei rischi dei lavoratori stranieri ed italiani sia continuare ed ampliare l’opera di alfabetizzazione intrapresa, coinvolgendo anche i produttori delle macchine utensili impiegate nei vari settori affinché vi appongano le istruzioni di sicurezza in diverse lingue, ed inoltre producano dei manuali di utilizzo di facile comprensione. Dobbiamo quindi riunire varie figure professionali per costruire un percorso di prevenzione e protezione, sistematico, nuovo ed innovativo con al centro l’uomo(Antropos) da cui siamo partiti in cerca di soluzioni e risposte. Il nostro nuovo percorso non deve però diventare troppo omocentrico in quanto l’uomo non è una entità a se stante ma deve essere integrato multidimensionalmente: socialmente,economicamente,affettivamente attraverso le sue tre componenti fondamentali, Comprendere, Percepire,Rappresentare. 7 COMPRENDEREECONOMIA PERCEPIRESOCIETA’ RAPPRESENTAREAFFETTI Monografia e modello ideale a cura di: Raffaele Salzano TdP II°anno. 8 Bibliografia & Sitografia: Ugualmente diversi: culture, religioni, diritti a cura di Roberto De Vita,Fabio Berti,Lorenzo Nasi (Ed. FrancoAngeli) Non - persone: l'esclusione dei migranti in una società globale Di Alessandro Dal Lago(GianGiacomo Feltrinelli editore) Le morti bianche secondo internet Di luigi Poderico Gli immigrati, il lavoro, la casa: tra segregazione e mobilitazione Di Francesca Coin(Ed. FrancoAngeli) Esclusione e integrazione: uno studio su due comunità di immigrati Di Fabio Berti(Ed. FrancoAngeli) http://lanazione.ilsole24ore.com/ http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/index.shtml http://ilgiorno.ilsole24ore.com/ http://www.direonline.it/portal/page/categoryItem?contentId=194866 http://www.sitosophia.org/2007/10/vita-liquida-di-zygmunt-bauman/ http://pierpaololauriola.wordpress.com/2009/04/02/la-vita-liquida/ 9