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SOCIOLOGIA DELL’ORGANIZZAZIONE Cenni teorici La teoria dell’azione organizzativa si basa sul concetto d’azione, ovvero sulla connessione della condotta di un agente umano (incluse anche le decisioni che questa può comportare), ad un senso oggettivo o soggettivo. In tale teoria è fondamentale la concezione, in termini di processo, dell’azione umana e l’importanza del tempo inteso come variabile fondamentale. Le scelte richieste dall’azione organizzativa, essendo prodotti dell’intelligenza umana, non sono paragonabili a quelle che avvengono in natura. Inoltre l’azione organizzativa, essendo una forma di agire razionale, commisura sempre i mezzi ed i fini e quindi si traguarda su obiettivi raggiungibili. 2 Possiamo affermare che Weber sia il padre della teoria dell’azione organizzativa. Secondo egli l’organizzazione è: una forma dell’agire sociale un agire umano (di uno o più individui) dotato di senso intenzionato o caratterizzato da razionalità intenzionale, o orientato allo scopo in base al senso intenzionato degli attori ed alle loro conoscenze ed aspettative, o diretto all’attuazione di un ordinamento, oppure un ordine di regole nell’azione collettiva. Un contributo fu dato da Barnard che recepisce la concezione di sistema sociale espressa da Pareto e su questa sviluppa una teoria dell’azione cooperativa tendente in modo naturale al raggiungimento di un punto di equilibrio. Le azioni convergono verso tale punto ideale fino ad annullarsi. Quando lo stato di equilibrio è alterato nascono delle forze che tendono a ristabilirlo e che consentono di raggiungere un nuovo punto di equilibrio. 3 Un sistema cooperativo è per Barnard un complesso di componenti fisiche, biologiche, personali e sociali che stanno in una specifica relazione a causa della cooperazione di due o più persone per uno o più fini. Questo comprende un sottosistema consapevole di governo senza il quale non sarebbe possibile raggiungere alcun equilibrio definito organizzazione, perciò il sistema organizzativo viene definito come “sistema di attività o forze personali consapevolmente coordinate”. L’organizzazione formale che rappresenta il sistema organizzativo nasce sempre dopo che si è consolidata un’organizzazione spontanea di tipo informale. 4 La comunicazione organizzativa è il tessuto connettivo dell’organizzazione ed è il processo che determina i poli di coordinamento. Questo tipo di comunicazione è dotata d’autorità. Tale tipo di comunicazione, sempre secondo Barnard ha efficacia a condizione che: il ricevente ne comprenda il contenuto; il ricevente, al momento della decisione, la percepisca come coerente con i fini dell’organizzazione e compatibile con il suo personale interesse; il ricevente sia in grado di conformarsi ad essa. Evoluzione del lavoro di Barnard si ha con la teoria dell’azione organizzativa di Simon, che si basa sul concetto di razionalità intenzionale limitata. Essa asserisce che l’uomo amministrativo si muove secondo i principi d’intenzionalità e limitatezza, ciò è dovuto al fatto che deve prendere decisioni all’interno di uno scenario che non presenta certezze. 5 A differenza dell’homo oeconomicus che può utilizzare una razionalità oggettiva, poiché può muoversi in un ambito per lo più noto, l’uomo amministrativo si muove in un contesto dove la conoscenza delle alternative di azione è sempre incompleta, la conoscenza delle conseguenze dell’azione è sempre frammentaria, le preferenze non sono perfettamente ordinabili ed il loro variare nel tempo non è prevedibile. Per Simon la struttura è il modo con cui si coordinano e si controllano le decisioni e le azioni. Il coordinamento è visto come la tendenza a far sì che, decisioni tra loro compatibili per il raggiungimento del fine, siano adottate collegialmente. L’azione organizzativa è vista come un insieme di programmi d’azione, nei quali si concatenano i fini che si vogliono raggiungere utilizzando i mezzi disponibili. Anche questo autore pone l’accento sull’importanza della comunicazione informale rispetto a quella formale. 6 Thompson pubblica la sua “Azione organizzativa” nel 1967 e fa riferimento alla teoria di Simon. Il suo scopo è sviluppare lo studio dell’organizzazione come processo di azioni orientato dalla razionalità intenzionale e limitata che affronta l’incertezza. Ogni Organizzazione definisce, nella costruzione stessa del processo organizzativo, il proprio campo d’azione, che riguarda l’approvvigionamento delle risorse, l’oggetto prodotto, la clientela servita ed i servizi resi. In tal modo l’Organizzazione stabilisce i punti di contatto con l’ambiente, vale a dire con i processi d’azione esterni che sono per questa già rilevanti o che potrebbero esserlo per il futuro. L’ambiente viene considerato come il risultato di processi di scelta e quindi soggetto a continue ridefinizioni nel tempo. La scelta del campo d’azione consente di determinare vincoli e contingenze, ossia ostacoli stabili o ad alta variabilità che si frappongono fra l’Organizzazione ed il raggiungimento degli obiettivi. 7 L’organizzazione ha una componente strumentale rappresentata dalla tecnologia la quale costituisce il complesso delle conoscenze tecniche, sistemi di credenze necessari a raggiungere gli obiettivi. Il livello di perfezione della tecnologia può essere maggiore o minore secondo la sua adeguatezza a raggiungere lo scopo. La struttura diviene una componente attiva della razionalità organizzativa per fronteggiare e ridurre l’incertezza; Thompson individua tre tipi in funzione delle forme di coordinamento: 1) per standardizzazione, si istruiscono delle regole che vincolano i comportamenti delle unità organizzative; 2) per programma, sono regole che prevedono situazioni di variabilità per le componenti che sono a monte del processo ed il conseguente adattamento per quelle che sono a valle; 3) per mutuo adattamento, sono meccanismi naturali che consentono alle componenti di convivere spontaneamente. 8 L’Organizzazione deve essere giudicata e valutata per la sua capacità di adeguarsi ai diversi gradi d’incertezza che si trova ad affrontare, relazionandosi con l’ambiente. Secondo l’autore, l’azione organizzativa può essere concepita come l’incontro di tre distinte linee d’azione: a) l’azione istituzionale attraverso cui si stabiliscono i rapporti di potere legittimati dal sistema politico istituzionale; b) l’azione tecnica finalizza al conseguimento degli obiettivi; c) l’azione strutturale costituita dall’insieme delle norme che ordinano gli elementi nel processo strutturale e le interdipendenze di quest’ultimo con l’ambiente esterno. 9 L’idea di organizzazione: la tradizione innovativa Strategie di studio: Gouldmer fu il primo a distinguere due fondamentali modelli alla base dei sistemi organizzativi: 1. Sistema chiuso (Utile quando è necessario prevedere in modo deterministico gli stati futuri del sistema o quando sono prevedibili in anticipo le conseguenze di forze esterne al sistema); 2. Sistema aperto (Presuppone che il sistema possieda un numero di variabili troppo numeroso per poterle controllare e la conoscenza di tali variabili sia incerta. Tale sistema fa affidamento alla capacità intrinseca del sistema di stabilizzarsi in modo spontaneo ai disturbi dell’ambiente esterno – omeostasi). Le logiche dei due approcci appaiono incompatibili tra loro, ma non è possibile negare l’esistenza di entrambi i fenomeni nelle realtà organizzative. 10 Tradizione innovativa La nuova idea di organizzazione si basa sul fenomeno che affronta e risolve problemi. L’accento ricade sui processi organizzativi atti alla scelta di corsi d’azione in un contesto ambientale incerto, tramite processi di ricerca, apprendimento e decisione secondo il criterio di razionalità limitata. (Ciò presuppone la sostituzione del criterio di massimizzazione dell'efficienza con quello di adempimento soddisfacente.) Questa nuova idea riconosce che il sistema organizzativo è interdipendente con l’ambiente esterno (sistema aperto) e nel contempo affronta i problemi con criteri di prestazione e decisione preordinata (sistema chiuso). Le organizzazione saranno concepite come sistemi aperti, quindi indeterminati, che fronteggiano l’incertezza. Allo stesso tempo saranno considerate soggette al criterio della razionalità e perciò richiedenti determinatezza e certezza. 11 La Razionalità Razionalità tecnica È l’insieme di credenze umane che applicate producono esiti desiderati. L’azione strumentale di un’organizzazione si fonda sull’insieme di risultati attesi e le credenze riguardanti i rapporti di causa-effetto. La razionalità tecnica può essere valutata secondo due approcci: • Strumentale: la tecnicità con cui determinate soluzioni producono o meno risultati desiderati. • Economico: l’investimento necessario per ottenere tali risultati. Esistono tre varietà di tecnologia più diffuse nella società moderna: 1. Tecnologia di Concatenamento: Caratterizza le catene di montaggio e implica interdipendenza seriale tra le varie parti, si applica alla produzione di prodotti standard in modo ripetitivo e 12a passo costante; 2. Tecnologia di Mediazione: Caratterizzata dall’operare in modo standardizzato ed estensivo, ossia relativamente ad una molteplicità di utenti (poste, assicurazioni, telefonia …). La standardizzazione serve per rendere efficace la tecnologia di mediazione e per mantenere compatibili tutti i servizi diversificati che tale organizzazione offre; 3. Tecnologia Intensiva: Caratterizzata da una pluralità di tecniche atte a produrre un cambiamento specifico su un oggetto, dove la selezione, la combinazione e la sequenza delle operazioni sono determinate da feed-back provenienti dall’oggetto stesso. La razionalità tecnica raggiunge la perfezione quando diventa un sistema a logica chiusa. In generale per ottenere la migliore efficienza le organizzazioni cercano di chiudere ermeticamente i loro nuclei tecnologici alle influenze ambientali. 13 Razionalità organizzativa La razionalità tecnica non è in grado di risolvere da sola tutti i problemi, perciò entra in gioco una razionalità organizzativa atta a colmare tali problemi, inglobando il nucleo tecnico e offrendogli sia i servizi che la tecnologia necessita e che non sa procurarsi da sola, sia la protezione nei confronti dell’ambiente esterno. La razionalità organizzativa è composta da: Attività Input; Attività Tecnica; Attività Output. La razionalità organizzativa funziona secondo una logica a sistema aperto, ed è sottoposta ad interdipendenze con l’ambiente: • Vincoli: costanti nel tempo. • Contingenze: varianti nel tempo 14 Campi d’azione Ogni organizzazione può essere definita tramite il proprio campo d’azione: • Gamma dei Prodotti • Popolazione Servita • Servizi Resi Il campo d’azione è l’impronta digitale di un sistema che però non copre mai l’insieme di tecnologie che un sistema applica per ottenere i propri scopi. Quindi una volta definito il campo d’azione, vengono a loro volta definite ciò che sono le interdipendenze con l’ambiente esterno. Le dipendenze possono essere: • Concatenate o Disperse (es. pochi o molti fornitori) • Interconnesse o Indipendenti (es. la scuola privata riceve finanziamenti e studenti dallo stesso segmento di input) 15 Gerarchia Quando l’interdipendenza non può essere confinata dentro un gruppo, è opportuno creare collegamento tra i gruppi in gioco formando un gruppo di secondo livello. Talvolta l'interdipendenza è troppo estesa e il tentativo di collegare tutti gli elementi tra loro produrrebbe una saturazione dei flussi di comunicazione. È opportuno quindi identificare gli elementi maggiormente interdipendenti tra loro e unirli in un gruppo inferiore, e raggruppare i restati elementi in un gruppo superiore all’altro per scopi relativi anche al coordinamento. Sottolineiamo che la gerarchia è intesa come l'identificazione di gruppi più inclusivi che affrontano aspetti coordinativi che vanno al di là della portata di ogni sua singola componente. 16 Qualora la complessità aziendale sia maggiore e la semplice gerarchia risulta insufficiente, è necessario adottare strategie speciali. È possibile introdurre regole trasversali tra gruppi differenti, ossia una standardizzazione trasversale all’interno dell’organizzazione. Nascono a tale scopo posizioni da staff con responsabilità di coordinamento tra i gruppi coinvolti. Anche in questo caso molto dipende dal grado di interdipendenza. Il semplice staff è utile in casi di interdipendenza per accumulazione. Nel caso di interdipendenza sequenziale non settorializzata è opportuna l’applicazione di comitati di coordinamento. Mentre per le interdipendenze reciproche non settorializzate viene utile la creazione di gruppi di progetto. 17 La variabile umana L’azione del singolo è un fenomeno multidimensionale molto complesso al quale attualmente non è possibile applicare una teoria a fini pratici. Ci si basa quindi su un orientamento che ci permetta di dare una direzione interpretativa generale. L’azione umana è definibile dall’interazione tra: • L’individuo che ha aspirazioni, standard, conoscenze e credenze sulle relazioni causa-effetto; • La situazione che presenta sempre opportunità e vincoli. L’individuo agirà all’interno di tale interazione al fine di perseguire uno scopo e lo farà sfruttando al meglio le opportunità, valutando i vincoli in base alla propria conoscenza e alle proprie credenze. 18 Uniformità Delle numerose modalità di comportamento, all’individuo è noto solamente un numero ristretto di queste in quanto i parametri di valutazione sono determinati dalla cultura che ha per definizione forti tendenze omologanti. Le spinte omologanti delle società di transizione verso la modernizzazione fan vedere come da un lato ci sia una tendenza all’organizzazione complessa e dall’altro una tendenza a mantenere i vincoli ereditari. Questo è un fattore di rallentamento, ma i valori sociali condivisi sono un’ottima base per un processo di mutamento a fini organizzativi. Nelle società predisposte all’organizzazione complessa l’effetto omologante è quasi inosservabile. È presente sempre un certo grado di assorbimento delle nuove tecnologie che dipende dal tipo di società la quale assume un ruolo importante nello studio e nell’analisi dei processi organizzativi. 19 Funzioni canalizzanti I sistemi sociali sono sempre strutturati, tale strutturazione si basa sul concetto di disoccupazione. Un individuo basa le scelte sulla sua futura carriera a partire da una posizione di base e un processo di selezione e socializzazione che gli apre un ventaglio di possibili scelte per il futuro. Tali scelte sono prototipi di carriera che definiscono a loro volta punti di diramazione per lo sviluppo in altri ambiti occupazionali. Nel sistema sociale, l’individuo acquista di norma la consapevolezza e la preparazione per una gamma limitata di occupazioni. Questo modello non è perfetto e inevitabile, ma se una società vuole mantenersi vitale deve perseguire questa selezione della scelta occupazionale. 20 Contrattazione La decisione dell’individuo di partecipare ad un’organizzazione e la decisione dell’organizzazione di accettarlo, si basa su una contrattazione. La contrattazione pone limiti sia all’organizzazione sia all’individuo, ma lascia sempre un margine di manovra, tramite la quale l’organizzazione può rispondere alla mutevolezza della tecnologia e del task environment, rendendo l’individuo plasmabile alle esigenze dell’organizzazione. Ciò vale però anche per l’individuo che si trova in una situazione in cui può perseguire opportunità di carriera. Perseguire tali opportunità equivale anche ad andare incontro alle richieste che vengono rivolte dall’intero sistema sociale. La logica di contrattazione ricade sulla logica di potere inteso come dipendenza tra l’individuo e l’organizzazione. 21 L’individuo assume potere grazie a tre tipi di dimensione: Opportunità di Apprendimento, posizioni ottime sono quelle di coordinamento e manageriale che possono apprendere da tutte le altre posizioni organizzative; Opportunità di Visibilità, quando gli individui non interagiscono esclusivamente con risorse non-umane; Tipi di Valutazione, sulle prestazioni i formulate da membri significativi dell’organizzazione. 22 Strategie di Negoziazione È possibile definire il margine di azione individuale: o Azione nelle mansioni routinizzate (praticamente nullo). Le mansioni sono viste come poco qualificanti in quanto non richiedono competenze specifiche e possono essere sviluppate da competenze comuni a tutti gli esseri umani. La natura deterministica del lavoro comporta basse possibilità di apprendimento. Per tali motivi gli individui impegnati in queste posizioni sono visti come elementi interscambiabili. Possibilità di carriera quindi totalmente insufficiente. o Azione nelle mansioni ai confini contingenti. Dipende dal livello di contingenza. Più è omogeneo e più si ricade nella situazione sopracitata. Più è eterogeneo più aumenta la possibilità di manovra individuale dal momento che l’individuo può farsi valere come attore discrezionale e sfruttare le contingenze a proprio vantaggio, dimostrando capacità e acquisendo potere contrattuale. L’azione discrezionale di tali individui deve far fronte all’azione che la stessa organizzazione attua al fine di limitare l’acquisizione di potere. Non sempre ciò è fattibile e in assenza di alternative l’organizzazione dovrà accettare tale dipendenza. 23 o Azione nelle tecnologie intensive. Gli attori di questo settore sono spesso sottoposti ad addestramento specializzato o formazione specifica; sono sottoposti ad una valutazione da membri dello stesso livello o di quello superiore, ma sempre appartenenti allo stesso gruppo occupazionale. Queste occupazioni richiedono l’esercizio della discrezionalità, e permettono il poter acquisire conoscenze e ottenere visibilità, ma l’avanzamento di carriera è limitato. o Azione nella tecnologia manageriale Nell’ambito manageriale contano di più le capacità che l’individuo ha di rispondere ai valori che l’organizzazione ritiene importanti. La contrattualità nasce dal prestigio personale e dalle abilità manageriali che sono da un lato scarsamente reperibili e dall’altro necessarie alla soluzione di problemi organizzativi. Le mansioni sono positivamente valutate in base a visibilità e apprendimento secondo una logica di carriera ascensionale con livelli di discrezionalità sempre maggiori. 24 La discrezionalità e il suo esercizio L’esercizio di discrezionalità è distribuita in modo differenziato dentro il sistema, imponendo differenti rapporti contrattuali. La discrezionalità non è posseduta a priori dalle capacità del singolo in quanto viene formata sia dall’istruzione sia dell’esperienza. I motivi che portano l’individuo ad una mansione discrezionale sono la volontà di occupare tali posizioni e la volontà di esercitare la discrezionalità. Però l’atto discrezionale richiede abilità che non tutti possiedono. La base di giudizio per la corretta valutazione della discrezionalità, è la relazione percepita tra aspetti negativi e aspetti positivi. Quanto più l’individuo ritiene insufficiente la sua conoscenza della relazione causa- effetto di fronte ad un’incertezza, maggiore sarà la sua volontà di eluderla. Più l’individuo ritiene le conseguenze di un giudizio erroneo, più cercherà di evitare la discrezionalità. Questo comportamento permette di capire come l’organizzazione possa limitare l’uso della discrezionalità, imponendo test di valutazione inappropriati, come basi per decidere ricompense e sanzioni. 25 Conseguenze della discrezionalità Si definisce discrezionalità deviata quella in cui l’individuo: • Esercita discrezionalità nonostante la sua mansione non lo permetta. • Utilizza metodi non ufficialmente accettati. Le organizzazioni cercano di difendersi dalla discrezionalità deviata per mezzo di metodi di vigilanza. La quantità di discrezionalità deviata è variabile tra organizzazione e organizzazione, ma è sempre presente in tutti i casi. Il suo apice si riscontra in organizzazioni altamente standardizzate in cui l’individuo non possiede discrezionalità. Tale situazione comporta metodi di vigilanza molto stretti che a loro volta implicano la nascita di rapporti di sospetto e diffidenza da ambo le parti. In generale è possibile affrontare tale problema su un piano di valutazione in base al quale si definisce se una data scelta favorisce più l’organizzazione o l’individuo. In sostanza l’atto discrezionale si basa su una possibilità di manovra all’interno di una sfera di azione in cui l’individuo cercherà il risultato più favorevole percepito al momento della scelta e quando possibile cercherà di eludere la discrezionalità personale. Tutto ciò in base alle proprie credenze sulle relazioni causa-effetto, le sue aspirazioni e le norme (es. morali). 26 Rapporti di potere Le posizioni altamente discrezionali sono quelle che possiedono un controllo di struttura, di valutazione, delle risorse, dell’organizzazione etc. In tali posizioni si trovano individui: • Con elevate aspirazioni. • Non riluttanti ad esercitare discrezionalità. • Con elevate capacità politiche. Per tali motivazioni nei settori di appartenenza entrano in gioco forti contrasti di potere - dipendenza. Gli individui con tali mansioni tendono a mantenere potere pari o superiore alla loro dipendenza da altri. È anche vero che tali individui tentano di prendere potere manovrando oltre lo stretto ambito ufficiale. Un modo per cui tali movimenti si verificano è tramite il concetto di coalizione. 27 Il comportamento di coalizione è incentivato quando il potere dell’individuo è minore della dipendenza; altra caratteristica dell’individuo è rendere noto i successi e trascurare i fallimenti. Il comportamento tipico dell’individuo discrezionale: • Tenta di selezionare sempre i compiti più facili per il proprio tornaconto. • Accumula risorse per ottenere potere nei confronti delle contingenze. • Manipola i dati e le proprie quotazioni nel contesto del criterio di valutazione. Durante le fasi discrezionali, nel caso le alternative di scelta abbiano conseguenze equivalenti per l’organizzazione, l’individuo selezionerà l’alternativa che favorisce la propria sfera d’azione; più difficile è prevedere il comportamento nei casi in cui non sussiste equivalenza di scelte. L’organizzazione in tali situazioni impone regole e standard alle quali l’individuo dovrà attenersi. 28 Obiettivi organizzativi La nozione di obiettivo ha una prospettiva futura. È possibile vedere l’obiettivo organizzativo come un possibile campo d’azione futuro, voluto dalla coalizione dominante che comprende sia membri interni sia esterni dell’organizzazione. Gli obiettivi organizzativi sono stabiliti dagli individui che hanno un controllo collettivo sufficiente delle risorse per impiegarle in certe direzioni e distoglierle da altre. Quante più sono le fonti di incertezza e di contingenza, più numerose saranno le basi per il potere e più grande il numero di posizioni politiche presenti. Il decentramento diluisce la struttura di potere creando un numero maggiore di posizioni di potere, limitando la dipendenza generale dell’organizzazione. Tali coalizioni dipendono dagli obiettivi dell'organizzazione e le credenze che tali coalizioni siano più o meno utili al raggiungimento di tali scopi. I mutamenti nelle dipendenze organizzative minacciano alcune coalizioni e ne rendono possibili delle nuove. Di conseguenza le modificazioni strutturali e quelle delle interdipendenze, di disegno organizzativo, sono fattori altamente critici per il mutamento delle coalizioni. 29 Controllo dell’organizzazione Il potere nell’organizzazione è detenuto da una coalizione. È possibile che il potere sia anche posseduto da singole persone (potere concentrato), ma sono casi limitati ad organizzazioni semplici. L’impossibilità dell’individuo a detenere il potere totale è dovuto a: • Complessità della tecnologia e se la tecnologia eccede le conoscenze dell’individuo; • Le risorse eccedono le capacità di acquisizione da parte del singolo; • Le contingenze sono troppo numerose. In tali casi la creazione di una coalizione è inevitabile. 30 Processi decisionali L’acquisizione di potere e di controllo da parte della coalizione dominante è basata sulla manipolazione delle premesse decisionali. Le decisioni si basano su due misure: • Conoscenze delle relazioni di causa-effetto; • Preferenze sui risultati. Entrambe le dimensioni possono essere certe o incerte creando così quattro ambiti decisionali ognuno dei quali richiede strategie differenti: • Strategia di calcolo, quando la certezza è totale; • Strategia di giudizio, quando vi è certezza sulle preferenze, incertezza sulle relazioni causa-effetto; • Strategia di compromesso, quando vi è incertezza sulle preferenze e certezza sulle relazioni causa-effetto; • Strategia di intuito, quando vi è incertezza totale. 31 Se la coalizione dominante riesce a imporre una preferenza sui risultato specificando anche le relazioni causa-effetto, il suo potere sarà totale sull’intera organizzazione. L’abilità nell’ottenere tali premesse però incontra spesso vincoli, infatti, nella realtà, una situazione di controllo onnipotente è molto difficile da ottenere. Vincoli sulle premesse causa causa--effetto • Conoscenza generale incompleta. • Controllo imperfetto dell’oggetto di riferimento • Competizione con altri elementi. Questi vincoli indicano che la perfetta conoscenza delle relazioni causaeffetto è difficile da ottenere. Conseguenza: si finisce in un ambito di strategia di giudizio e più sono numerose le aree su cui l’organizzazione ricorre a tale giudizio, più ampia sarà la coalizione dominante. Ciò comporta che meno perfetto è il nucleo tecnico, più esso sarà rappresentato nella coalizione. In altre parole quando la strategia di calcolo non è sufficiente e si passa ad una di giudizio, la coalizione dominante si allarga per far fronte all’incertezza. 32 Vincoli sulle premesse di preferenza relative ai risultati Le preferenze sono quasi sempre basate sulla razionalità strumentale, ossia sui possibili risultati che l’organizzazione può ottenere, ma esse sono vincolate da: • Quando il nucleo tecnologico si impiega su essere umani è necessario un compromesso (ex. l’istruzione deve trovare un compromesso con il livello di motivazione degli studenti). • Difficoltà nel reperire risorse di input. Il compromesso è ancor più necessario quando l’elemento del task environment ha il potere di garantire o negare le risorse di input. 33 Spesso le organizzazioni complesse hanno una conoscenza incompleta di tutte le variabili che caratterizzano le relazioni causa-effetto. L’oggetto su cui si lavora è dinamico e l’organizzazione non può controllare tutte le variabili. Non si deve trascurare la competizione fra l’organizzazione e gli altri: le relazioni causa-effetto sono incerte. Le coalizioni dominanti cambiano nel tempo a seconda delle competenze attribuite (es. le carceri con finalità inizialmente di custodia a cui si aggiungono fini riabilitativi). A volte si deve giungere a dei compromessi fra i risultati che si devono perseguire (caso delle carceri). Nelle organizzazioni spesso influiscono anche elementi esterni con potere di veto sulle preferenze di risultato (es. garantire o negare finanziamento) 34 La dinamica del controllo organizzativo: la coalizione non è un elemento fisso, ma dinamico poiché è basato su un elevato rapporto di interdipendenza contrattuale all’interno della coalizione. Ogni possibile decisione o contingenza può quindi variare questi tipi di rapporti con la generazione di conflitti. Il potenziale del conflitto aumenta non appena forze esterne richiedono un compromesso interno riguardo alle preferenze di risultato. Il conflitto è maggiore laddove ci sono più varietà di processi incorporati. 35 Gestione della coalizione Gli individui sono rappresentati dal potere di coloro per i quali parlano. Devono riflettere con precisione e onestà le preferenze e le opinioni dei loro colleghi. Se il potere è troppo diffuso è più difficile assumere decisioni nel circolo interno. Quando l’organizzazione è troppo ampia e diversificata, la presenza di una coalizione dominante sarà sempre più superflua a fini decisionali. Quando il potere è diffusamente distribuito, emerge naturale la necessità di un circolo interno o direzione di coalizione composta da rappresentanti di fazioni o categoria (es. università). Se tale circolo non fosse operativo il rischio più probabile sarebbe la paralisi dell’intera organizzazione. Nel potere diffusamente distribuito emerge un circolo imperfetto per dirigere il lavoro di coalizione. 36 Processo Amministrativo La natura della coalizione comprende anche la nozione di co-allineamento, al fine di rendere allineata la tecnologia del nucleo tecnico al task environment. Tale allineamento avviene in modo dinamico per ogni area dell’organizzazione, secondo ritmi e modalità intrinseci ad ogni area. La singola organizzazione deve difatti operare nell’ambito istituzionale così come lo trova, rinunciando a pensare di poter realizzare mutamenti significativi negli schemi sociali (es. apparato legislativo e giuridico). Il processo di adattamento viene governato dall’amministrazione che ha il compito di identificare i mutamenti e applicarli in modo dinamico e coerente all’organizzazione. È di importanza vitale individuare le variabili strategiche in modo da modificarle per ottenere un coallineamento corretto. 37 La gerarchia amministrativa risulta di duplice esistenza. Da un lato dipende dai livelli istituzionali riguardo alle condizioni per approssimarsi alla razionalità tecnica, dall’altro c’è una forte dipendenza dal nucleo tecnico che impone limiti alla capacità di flessibilità desiderata. Il duplice scopo dell’amministrazione si concretezza nel voler ottenere nel breve termine soluzioni razionali e nel lungo termine soluzioni flessibili per poter in questo modo anticipare le incertezze future. L’amministrazione opera su tutto il livello gerarchico aziendale, ma in modo diverso a seconda dello strato: • Livello Istituzionale: soluzioni a lungo termine e flessibili. • Livello Tecnico: soluzioni a breve termine e razionali. • Livello Manageriale: funziona da interprete e da ponte tra i due estremi. 38 Silvia Sarzanini Rossana Macagno 39