Rapporto sull`economia della provincia di Forlì

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Rapporto sull`economia della provincia di Forlì
RAPPORTO SULL’ECONOMIA
della provincia di Forlì-Cesena
2009
a cura di:
Ufficio Statistica e Studi
CAMERA DI COMMERCIO DI FORLÌ-CESENA
Area Studi e Ricerche
UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena 2009
I livelli di cambiamento
5
L’economia provinciale nel 2009
Demografia
Lavoro
Imprenditorialità
Appendice
53
63
79
Agricoltura e pesca
Industria manifatturiera
Edilizia
Commercio interno
Commercio estero
Turismo
Trasporti
Credito
87
101
117
123
131
145
155
161
Artigianato
Cooperazione
179
189
Lo scenario economico internazionale
Lo scenario economico nazionale
L’economia regionale nel 2009
199
211
223
Le previsioni per l’economia regionale
nel 2010
243
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
II
LIVELLI DI
CAMBIAMENTO
no alla creazione dello
sviluppo. Una chiave di
lettura analoga fu utilizzata nel 2007 quando la
crescita economica fu
analizzata comparandola con quella del benessere dei cittadini. Infine,
Sant’Agostino
nel 2008 fu lanciato lo
slogan “il futuro non si
prevede. Si fa” ad indiNon c’è niente di costancare la possibilità e, al
te tranne il cambiamento.
tempo stesso, la necessità di governare i camBuddha
biamenti, di operare
scelte forti per contraRipercorrendo le parti
stare alcune dinamiche
monografiche degli ulnegative preannunciate
timi rapporti sull’ecodalle proiezioni statinomia della Camera di
stiche. Il cambiamento,
Commercio affiora un
essere in grado di ricofilo conduttore comunoscerlo e di misurarlo:
ne, un unico percorso
questo è il filo condutnarrativo – un “viaggio” tra i numeri, - che tore che ci ha accompagnato in questi anni
ha inteso accompagnare il lettore alla sco- di narrazione della nostra provincia.
perta delle trasformazioni economiche e so- Il 2009, come sappiamo, per quanto avvenuto
ciali della provincia. Nel 2002 il viaggio partì a livello globale rappresenta un anno di forte
interrogandosi sulle chiavi di lettura e sugli rottura, un periodo nel quale ogni consideindicatori statistici più appropriati per misu- razione economica o sociale fatta precedenrare i cambiamenti in atto. Era una riflessio- temente richiede necessariamente di essere
ne necessaria di fronte a cambiamenti che ripensata alla luce del nuovo contesto.Anche
i nostri tradizionali strumenti di analisi fati- il nostro viaggio tra i numeri che misurano il
cavano a cogliere compiutamente. Il viaggio cambiamento non può proseguire come se
proseguì alla ricerca di nuove chiavi inter- nulla fosse accaduto, come se la crisi interpretative e di modalità inedite per misurare i nazionale non avesse provocato interruzioni
cambiamenti; nel 2003 si focalizzò l’attenzio- e deviazioni sul nostro percorso. Parimenti,
ne sulla società della conoscenza, nel 2004 il viaggio non può proseguire come se la crisi
sulla complessità del sistema “Forlì-Cesena”. non avesse aperto nuove strade da esploraLa necessità di confrontarsi con realtà che re, nuove opportunità da cogliere.
non fossero solo quelle italiane suggerì nel
2005 di comparare le trasformazioni avve- Dunque, prima di procedere, volgeremo lo
nute nella nostra provincia con quelle del- sguardo alle nostre spalle, rivedendo quanle aree europee maggiormente avanzate. La to scritto ed interrogandoci nuovamente
continua ricerca di nuovi filtri per fotografare sui cambiamenti avvenuti per capire quanto
Forlì-Cesena spinse nel 2006 ad individuare la crisi dell’ultimo anno abbia modificato la
e a calcolare le forme di capitale – naturale, direzione del nostro cammino. Solo allora
tecnico, umano e sociale - che concorro- si potrà riprendere la strada alla ricerca di
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
“Le persone viaggiano
per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi,
delle stelle;
e passano accanto a se
stessi senza meravigliarsi”.
5
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
ciò che potrà avvenire nei prossimi anni. Un
futuro che, come affermato lo scorso anno,
dipenderà dalla nostra capacità di leggere ed
affrontare i cambiamenti.
È questo un punto fondamentale, in che misura siamo in grado di leggere i cambiamenti?
6
Da decenni la teoria economica è alla ricerca di nuovi paradigmi e sperimenta differenti
modelli nel tentativo di interpretare le dinamiche sociali ed economiche. Archiviato il
distretto industriale di tipo tradizionale, si è
affermato che la dimensione d’impresa non
basta più a spiegare la strategia, abbiamo
visto venire meno il valore esplicativo delle analisi basate sulle suddivisioni settoriali,
così come il poco più evoluto concetto di
filiera - esaurito il suo compito di spiegare
logistica e distribuzione del valore aggiunto
per un prodotto - ci appare insufficiente per
interpretare il funzionamento di un’economia territoriale. La discussione degli economisti del territorio si è quindi concentrata
su dimensioni che sono al di fuori di esso:
la globalizzazione, la competizione astratta
dalla dimensione territoriale stessa, l’internazionalizzazione come strumento di crescita o di salvaguardia dei risultati raggiunti nel
passato sul mercato interno. Ciò che l’analisi dei numeri ci riporta sono solo pezzi di
un “qualcosa” che nella sua interezza non si
riesce a cogliere, la scienza economica sembra incapace di produrre una teoria dal forte potere esplicativo in grado di raccogliere
tutti i frammenti e ricomporli in una visione
d’insieme.
Quello che i frammenti ci raccontano non
sono le cause che innescano ed alimentano
il processo di cambiamento, bensì gli effetti
che esso produce sul territorio. Ciò che a
noi appare è una perdita di coesione dell’intero sistema economico: settori che prima
parevano muoversi in maniera sincronica
ora sono legati a differenti dinamiche di sviluppo che trovano in altre parti del mondo i
loro principali moventi; il contenuto di professioni e mestieri cambia così rapidamente
da rendere necessario un ripensamento di
tutto ciò che abbiamo finora chiamato formazione; la componente immateriale di molti prodotti assorbe una quota tanto grande
del loro valore aggiunto da renderne i diritti
di proprietà intellettuale spesso tecnicamente indifendibili.
Non è solo l’economia a perdere coesione, è
anche la società ad essersi disunita e smarrita. L’impatto dell’immigrazione ed il conflitto
fra generazioni innescato da squilibri demografici ed economici che minano la stabilità
dei sistemi di welfare ne sono tracce evidenti. Una società – come ricorda il sociologo
Galimberti – fatta da una generazione di anziani sempre più anziani - e quindi dipendenti - ed una generazione di giovani economicamente non autonomi e quindi a loro volta
dipendenti. La conseguenza è che la famiglia
di oggi deve provvedere oltre a se stessa
ad altre due generazioni. L’indebolimento
economico della famiglia e della sua appartenenza a una comunità ha creato un vuoto
culturale che è stato riempito dal mercato, il
quale offre in vendita sotto forma di servizi
a pagamento - a chi se lo può permettere badanti per la cura degli anziani, baby sitter
per la cura dei figli, colf per la cura della casa.
Una commercializzazione della vita intima,
un impoverimento emotivo ed affettivo destinato, inevitabilmente, a segnare in profondità il nostro modello sociale.
Possiamo dare un nome a questo “qualcosa”
che non riusciamo a cogliere se non solamente per frammenti, chiamiamolo complessità.
Forlì-Cesena attraversata dal mondo, provincia sempre meno insieme di luoghi e sempre
più insieme di flussi, Forlì-Cesena sistema
complesso.Tutti i sistemi economici e sociali
locali sono sistemi complessi. Lo erano anche in passato, di certo i cambiamenti degli
ultimi due decenni ne hanno amplificato la
visibilità, hanno reso l’instabilità una norma,
una deviazione irreversibile da uno stato di
crescita lineare, ammesso che mai ne sia esistito uno in un’idealizzata iconografia storica.
Oggi, più che in passato, Forlì-Cesena sembra
essere entrata in una fase che si manifesta
come di instabilità strutturale permanente e
– se riconosciamo la sua complessità – essa
è destinata ad operare lontana da condizioni di equilibrio perché, come afferma Paul
Cilliers in “Complexity and Postmodernism”,
“in un sistema complesso equilibrio, simmetria e
stabilità significano crisi”.
Riconoscere la complessità dei sistemi territoriali implica dal punto di vista dell’analisi
economica e sociale – e, ovviamente delle
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politiche conseguenti - un salto culturale
non indifferente. I nostri numeri – ma prima
ancora il percorso logico con il quale affrontiamo i cambiamenti – vanno alla ricerca e
danno valore all’equilibrio, hanno come modello ideale lo stato di stabilità. Non è un
caso che da decenni oramai ci affanniamo
nel rincorrere attraverso modalità non più
efficaci condizioni economiche e sociali raggiunte in passato e progressivamente smarrite. Tentiamo faticosamente di ristabilire
quell’equilibrio tra crescita economica e coesione sociale che costituisce il vero valore
aggiunto provinciale ed emiliano-romagnolo,
senza aver compreso che è il concetto stesso di equilibrio ad essere radicalmente cambiato.
Affermare che la nostra provincia è un sistema complesso significa porre al centro
dell’attenzione la rete relazionale e riconoscere che le interazioni fra le componenti
del sistema e fra queste ed il loro ambiente esterno non possono essere comprese analizzando le singole componenti. Pur
scontrandosi quotidianamente con gli effetti della complessità, i nostri tradizionali
filtri d’osservazione faticano a riconoscerli
e a fotografarli, i numeri che ci vengono restituiti dalle analisi solo in parte riescono a
raccontarci quanto sta avvenendo. Questo
perché la rappresentazione di un sistema relazionale non è identificabile in una struttura,
è sempre meno classificabile e riproducibile
attraverso un modello fatto di equazioni lineari espressione di variabili ben definite.
Nel viaggio che si propone alla ricerca di un
modo nuovo di leggere i cambiamenti è dalla
complessità che si vorrebbe partire. In base
alla definizione data precedentemente, che
colloca il sistema relazionale quale elemento
centrale e qualificante, anche le organizzazioni, le imprese o le persone stesse possono
essere classificate come sistemi complessi.
Le analogie sono molteplici, la più rilevante
ai fini di queste riflessioni consta nel fatto
che il comportamento di un’azienda o di un
essere umano di fronte ad un cambiamento
rilevante non differisce da quello di un sistema territoriale. Si pensi ad uno stato di
1
crisi, nell’affrontarlo possono essere adottate strategie di sopravvivenza o di apertura
al cambiamento, scelte che – sia che si parli di persone, imprese o territori - saranno
sempre funzione dell’ambiente esterno, delle azioni compiute, delle conoscenze e delle
capacità di cui si dispone, dei propri valori,
dell’identità, della propria visione.
Pensare alla provincia di Forlì-Cesena come
sistema complesso e considerarla alla stessa stregua di una persona o di un’impresa
è funzionale ad una lettura più ordinata di
quanto sta avvenendo. Infatti, attraverso il
ricorso a classificazioni adottate in campo
sociale, è possibile ricondurre i cambiamenti
socio-economici all’interno di un percorso
logico comune.
Le scienze sociali offrono una vasta letteratura sull’analisi dei cambiamenti, in particolare Robert Dilts1, basandosi sul lavoro sviluppato da Gregory Bateson2, ha individuato
sei livelli logici che sistematizzano i fattori
legati al cambiamento.
Nello specifico:
1) il primo livello è connesso all’ambiente.
Esso determina le opportunità ed i limiti
con i quali il sistema si deve confrontare.
Implica il riconoscere il dove e quando i
cambiamenti sono necessari;
2) il secondo livello è quello dei comportamenti, delle azioni. Esso coinvolge il cosa
deve essere fatto, quali singole azioni servono per raggiungere gli obiettivi;
3) il terzo livello riguarda le capacità, il come
si è in grado di fare le cose;
4) il quarto livello inerisce i valori e le convinzioni. Risponde alla domanda sul perché
vengono adottate determinate strategie
ed azioni;
5) il quinto livello riguarda l’identità, il chi si è,
quale è il proprio ruolo;
6) il sesto livello è quello dello spirito o della
visione, il per chi o per cosa si agisce.
Esso legato alla visione complessiva, alla
mission.
Un esempio, spesso citato dallo stesso
Robert Dilts, può aiutare a comprendere
i sei differenti livelli logici. Durante la costruzione di una cattedrale medievale a sei
Robert Dilts è con Richard Bandler e John Grinder tra i fondatori della programmazione neurolinguistica. L’opera di Dilts ha
fornito molti contributi all’evoluzione della PNL stessa, in particolare alla formulazione dei livelli logici (o neurologici), alle svariate
tecniche per il cambiamento di convinzioni limitanti, ecc…
2
Gregory Bateson (1904 – 1980), antropologo, è stato uno dei più importanti studiosi dell’organizzazione sociale di questo secolo.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
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Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
tagliatori di pietre – con capacità differenti,
da quelle meno abili sino all’eccellenza - fu
rivolta a turno la stessa domanda: “Che cosa
stai facendo?”. “Aspetto la fine del giorno
così posso andare a casa”, rispose il primo
in tono seccato. Il secondo rispose: “colpisco una roccia”. Il terzo “utilizzo la mia abilità per dare forma ad una roccia”. Il quarto
disse “Guadagno per dare da vivere alla mia
famiglia”. Il quinto affermò “costruisco una
cattedrale”, mentre il sesto rispose con gioia
“creo un ambiente per aiutare le persone ad
elevare il proprio spirito”.
I sei tagliatori di pietre con le loro risposte
sintetizzano efficacemente i differenti livelli.
Il primo è legato all’ambiente (dove e quando), il secondo all’azione (al cosa faccio), il
terzo alle capacità (al come agisco), il quarto
ai valori (perché), il quinto alla missione e
all’identità (chi), il sesto allo spirito e alla visione (per chi, per che cosa).
pur mantenendone all’interno la distinzione
proposta da Dilts. Il primo è quello connesso all’ambiente, al contesto di riferimento.
Il secondo raggruppa il “cosa e il come”,
cioè quali azioni vengono messe in campo
per interagire con l’ambiente e quali sono le
strategie sottostanti. Il terzo ed ultimo gruppo include tutto ciò che muove le azioni ed
indirizza le strategie, i valori, l’identità e la
visione. Per meglio comprendere il significato di ciascun livello con riferimento ad un
sistema territoriale può essere utile leggerli
in un’ottica socio-economica.
Primo livello. Ambiente. Con riferimento
ad un sistema territoriale esso rappresenta
il contesto di riferimento, riflette l’esito delle azioni che possono avere origine esogena
– come, per esempio, quelle connesse alla
globalizzazione – oppure endogena, quindi
gli effetti dei comportamenti e delle azioni
conseguenti alle scelte operate dal territoCiò che ci si propone nelle prossime pagine rio. È in questo livello che misuriamo tutto
è ripercorrere la classificazione formulata ciò che è stato costruito nei livelli superiori.
da Dilts adattandola al sistema territoriale La ricchezza creata dalla provincia, il reddito
“Forlì-Cesena”. Per semplicità espositiva ac- per abitante, il volume delle esportazioni efcorperò i sei livelli logici in tre soli gruppi, fettuate sono tutti esempi di risultati (cam-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 1.1.I livelli logici legati al cambiamento
Fonte: Robert Dilts, i livelli di pensiero
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Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
biamenti) che derivano da nostre azioni (che
a loro volta discendono dalla nostra capacità decisionale e dalla nostra visione) nonché
dal contesto di riferimento, l’ambiente nel
quale siamo chiamati a muoverci (globalizzazione, crisi internazionale, …).
Secondo livello. Comportamenti, azioni
e capacità. Esso include tutte le azioni che
impattano sul primo livello, il cosa facciamo
proattivamente per cambiare l’ambiente o
quali comportamenti adottiamo in seguito a
modificazioni esterne. Tutto ciò che mettiamo in atto per aumentare la ricchezza creata, per accrescere e meglio distribuire il reddito per abitante, per essere più competitivi
sui mercati esteri sono esempi di azioni e
comportamenti che adottiamo per interagire con l’ambiente.
Come riusciamo a mettere in campo queste
azioni e con quale efficacia dipende dalle nostre capacità, dalle strategie adottate, dalle
conoscenze, dall’abilità e dal talento delle
persone.
Terzo livello. Convinzioni, valori, identità
e visione. Il terzo livello inerisce il perché,
cioè le motivazioni alla base delle azioni intraprese e come queste sono state agite (secondo livello). Possono essere motivazioni
derivanti da convinzioni, per esempio lo sviluppo del territorio è strettamente correlato alla crescita del PIL, quindi metto in atto
tutto ciò che porta ad aumentare la ricchezza creata sul territorio. Oppure possono essere legate ad una forte componente valoriale, per esempio aspetti legati all’inclusione
sociale ed alla pari dignità possono portare
a strategie che antepongono le azioni legate
a questi valori ad altre basate su convinzioni
ma senza un radicamento valoriale, quale la
crescita indiscriminata del PIL.
Convinzioni e valori discendono direttamente dalla propria identità, dalla percezione del
chi si è e di quale è il proprio ruolo. Essere
una provincia con una forte vocazione manifatturiera comporta strategie conseguenti,
così come essere (o voler essere) una provincia con una forte coesione sociale implica
l’adozione di comportamenti coerenti con i
propri elementi identitari.
Tutto quanto discende (…o dovrebbe discendere) dalla propria visione, dal “per chi”
o “per cosa” si agisce. Può essere un obiet-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 1.2.I tre livelli logici legati al cambiamento di un sistema territoriale
Fonte: adattamento Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna dei livelli di pensiero di Robert Dilts
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
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Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
tivo direttamente legato all’azione - per
esempio aumentare il valore delle esportazioni del 30% in cinque anni – o una visione
più alta nella quale la singola azione rappresenta solamente un tassello. Essere un territorio attraente – riprendendo l’accattivante
slogan del Piano Territoriale Regionale – garantire elevati livelli di crescita economica
e di coesione sociale, perseguire la realizzazione della collettività attraverso la realizzazione dei singoli, sono esempi di visioni alte.
Ripercorrendo i livelli dall’alto verso il basso possiamo affermare che per misurare il
nostro grado di avvicinamento alla visione è
necessario – sulla base della propria identità
e del proprio patrimonio valoriale – dotarsi
delle conoscenze e competenze necessarie
per dare forma e sostanza ad azioni che abbiano effettivo impatto nel contesto di riferimento.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
In questa schematizzazione di tipo gerarchico (dove il primo livello occupa la posizione
più bassa) ogni livello è fortemente connesso agli altri e la funzione di ognuno di essi
è quello di sintetizzare, di organizzare e di
dirigere le interazioni con il livello sottostante. Cambiamenti ai livelli più alti determinano variazioni su quelli più bassi, mentre
non sempre è vero il contrario. Quando tutti i livelli logici sono allineati, il sistema territoriale (la persona, l’impresa) opera nelle
condizioni ottimali per la realizzazione della
propria visione.
10
Una prima riflessione che nasce seguendo la
classificazione per livelli logici è che la capacità di governare con successo i cambiamenti – e, in definitiva, di dare forma e sostanza
alla propria visione – può essere letta come
naturale conseguenza dell’allineamento dei
livelli. Un allineamento che non può essere
statico – in equilibrio così come affermato
precedentemente - ma che si realizza attraverso un processo di perenne riconfigurazione, perché è lo stesso contesto nel quale
ci si muove ad essere in perenne riconfigurazione.
ché – a differenza di quanto probabilmente
accaduto negli anni precedenti - ad esserne
interessati sono anche i livelli logici più alti,
quelli che riguardano i valori, le convinzioni,
l’identità. Quale elemento di ulteriore instabilità va aggiunto che i cambiamenti in questi
livelli non stanno avvenendo per un cambio
di visione (quindi dall’alto e conseguenti alla
mission), ma perché le trasformazioni nei
livelli più bassi si stanno ripercuotendo su
quelli superiori, con esiti difficilmente prevedibili e controllabili.
Sono sufficienti queste prime considerazioni
per comprendere come osservare i cambiamenti applicando come filtro d’analisi la
classificazione dei livelli logici consenta di
leggere il processo di trasformazione della
provincia attraverso una differente prospettiva, aprendo lo spazio a valutazioni che difficilmente emergerebbero seguendo schemi
di analisi più tradizionali.
1. II primo livello. Ambiente
L’uomo ragionevole si adatta al mondo circostante.
Quello irragionevole insiste nel cercare di adattare il mondo a sé.
Quindi, l’intero progresso dipende dagli uomini
irragionevoli.
George Bernard Shaw
Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove
terre ma avere nuovi occhi.
Marcel Proust
1.1. Introduzione
L’ambiente è stato definito come l’insieme
dei fattori con i quali il sistema si deve confrontare, il “dove” e “quando” avvengono i
cambiamenti, il contesto nel quale hanno
luogo i comportamenti e le interazioni del
sistema complesso Forlì-Cesena. È all’interno di questo primo livello che si misura
l’efficacia e la qualità delle nostre azioni, è
nei fattori che sottostanno all’ambiente che
possiamo valutare l’allineamento di tutti i liUna seconda riflessione che discende dalla velli e, in definitiva, la realizzazione della noprima riguarda il motivo per il quale oggi stra visione.
avvertiamo lo stato di instabilità strutturale
in misura maggiore rispetto al passato. Ciò Raccontare l’ambiente attraverso i numeri è
è dovuto all’intensità con la quale sono av- operazione estremamente ardua e soggettivenuti i cambiamenti, ma soprattutto per- va, il contesto di riferimento ed i cambiamenRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Il primo aspetto lo riassumo con l’espressione “effetto Paese”, intendendo l’appartenenza al “sistema Italia” e cosa essa comporti in
termini di crescita economica.
Il secondo aspetto riguarda la trasformazione demografica, in particolare il fenomeno
migratorio che - per l’intensità e la velocità
con la quale si è manifestato - ha interessato
le province dell’Emilia-Romagna in misura
superiore alle altre aree europee.
Per la misurazione dell’efficacia dei comportamenti non ci si è soffermati sull’analisi
dell’esito di specifiche linee d’azione – quali
innovazione o internazionalizzazione, i cui
risultati verranno ripresi nei livelli superiori
– ma su indicatori di valenza generale, numeri che abbracciano più aspetti facilmente
riconducibili alla visione complessiva. Il primo di questi indicatori è quello convenzionalmente più utilizzato, il prodotto interno
lordo, espressione della ricchezza creata
dalle economie locali. Tuttavia, come ormai
si ripete da più parti, il PIL non è tutto, la sua
misurazione rispecchia solo parzialmente il
livello di sviluppo raggiunto da un sistema
territoriale. Per questa ragione nelle pagine
successive si propongono alcuni indicatori
multidimensionali sintesi di più aspetti sociali ed economici. Nello specifico, partendo
da una base dati di circa 1.500 indicatori si è
calcolata la dotazione di capitale territoriale
di ciascuna provincia italiana.
Procediamo con ordine, partendo dall’osservazione degli effetti della globalizzazione
e dall’appartenenza al sistema Italia. Senza
questo passaggio difficilmente si potranno
comprendere quelli successivi.
1.2. L’effetto Paese
Quanto sta avvenendo in Italia è ben illustrato dai numeri. Il 2009 sarà ricordato come
un anno terribile per l’economia mondiale. Secondo le stime dei principali istituti
di ricerca internazionali, il prodotto interno lordo mondiale ha segnato una flessione attorno allo 0,8%, delineando così uno
scenario recessivo senza precedenti dal dopoguerra ad oggi. Le origini della crisi sono
note, il corto circuito del sistema finanziario
statunitense si è rapidamente diffuso in tutte le economie mondiali, con ripercussioni
particolarmente forti nei Paesi dell’Unione
Europea.
In Italia la flessione del PIL nel corso del
2009 si è attestata al 4,9% e la ripresa sarà
particolarmente lenta, nel 2010 e nel 2011
la crescita è prevista attorno all’1%1. Parlare
di ripresa quando ad una flessione di quasi
cinque punti percentuali fa seguito una variazione solo di poco superiore allo zero
potrebbe sembrare fuori luogo, eppure da
più parti ci vengono proposte immagini rassicuranti che illustrano la nostra capacità di
reggere meglio degli altri e di ripartire più
forte dei principali competitor quando il
contesto internazionale lo consentirà.
Peccato siano immagini artefatte che ci forniscono solo una visione parziale, ve ne sono
altre, meno mostrate, che ci raccontano una
realtà ben differente. È come se quelle artefatte ci presentassero solo un fotogramma,
quello dell’Italia che nel 2009 ha sì registrato una diminuzione consistente del prodotto interno lordo, però in linea rispetto ad
altri Paesi. Le fotografie tenute nascoste ci
svelano l’intera sequenza, quella di un Paese
che da anni ha smesso di crescere. Secondo
i dati OCSE, se si considera - in termini reali
- la ricchezza creata dall’Italia nel 2009 e la si
analizza in serie storica ci si accorge che per
trovare un valore più basso rispetto a quello
attuale occorre risalire al 2000, un salto indietro di ben nove anni.
Analizzato singolarmente questo dato può
apparire non particolarmente esplicativo, risulta di maggior impatto se lo si confronta
con quella degli altri Paesi. Tra le 182 nazioni
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
ti avvenuti potrebbero essere rappresentati
da un elenco pressoché infinito di statistiche, l’efficacia delle azioni potrebbe essere
misurata ricorrendo ad indicatori differenti,
talvolta in contrasto tra loro. Di fronte ad
una così ampia gamma di opzioni, si è scelto
di narrare la trasformazione sociale ed economica della provincia concentrandoci su
due soli aspetti, quelli che – a nostro avviso
– stanno incidendo maggiormente nelle traiettorie di sviluppo provinciali e, in prospettiva futura, rivestiranno un ruolo sempre più
rilevante.
1
Le stime del Fondo Monetario Internazionale diffuse a gennaio 2010 indicano per l’Italia una crescita dell’1% nel 2010 e dell’1,3%
nel 2011. Nello stesso periodo la Francia crescerà rispettivamente dell’1,4% e dell’1,7%, la Germania dell’1,5% e dell’1,9%.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
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Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.3.1 Prodotto interno lordo dell’Italia in termini reali. Anni 1980-2008 e previsioni 2009-2014
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati OCSE
12
considerate dalle statistiche OCSE nessuna
di esse presenta un salto temporale all’indietro della stessa entità di quello italiano.
Le Isole Fiji, penultime in questa graduatoria,
evidenziano un ritorno al 2003, Paesi come
il Giappone o la Germania che nel 2009 diminuiscono in misura ancora più consistente
rispetto all’Italia compiono un salto temporale all’indietro rispettivamente di cinque e
quattro anni. Non nove.
Lo stesso dato lo possiamo leggere in termini di variazione percentuale. Sempre con riferimento alle 182 nazioni, dal 2001 al 2009
solo lo Zimbabwe ha registrato una dinamica
del prodotto interno lordo ancor più negativa rispetto a quella italiana. Ciò a significare
che il problema dell’Italia non va ricercato
(non solamente) nella crisi del 2009 ma ha
radici ben più profonde, aggrovigliate ad un
decennio di mancata crescita.
Dunque siamo cresciuti meno di tutti.
Riusciremo a ripartire più in fretta degli
altri? Sembrerebbe di no, a guardare le fotografie restituite dai numeri. È vero, come
ci raccontano le immagini del singolo fotogramma, che nel 2010 la crescita italiana sarà
di intensità analoga a quella di larga parte
delle economie avanzate. Tuttavia, è altrettanto vero che mentre per gli altri Paesi si
prevede un ritmo di crescita più sostenuto
negli anni a venire, per l’Italia la ripresa avrà
un andamento lento. Così lento che entro
il 2014 – ultimo anno di previsione OCSE
– l’Italia non avrà ancora raggiunto il valore
massimo che era stato toccato nel 2007.
Ancora una volta il confronto con gli altri
Paesi è impietoso. Dei 182 Paesi, 173 di essi
entro il 2014 torneranno a superare il valo-
re massimo di PIL reale raggiunto nel 2007 o
nel 2008. Francia e Stati Uniti raggiungeranno questo traguardo già nel 2011, Giappone
e Regno Unito nel 2012, Germania e Spagna
nel 2014. Sono nove i Paesi per i quali
l’orizzonte temporale dei cinque anni non
è sufficiente, tra questi le repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania), l’Irlanda
e, appunto, l’Italia. Non solo siamo cresciuti meno di tutti negli anni passati, anche in
quelli a venire siamo destinati ad inseguire.
Inseguire a grande distanza.
Certo, a queste immagini si possono muovere alcune critiche. Una prima obiezione,
con riferimento a quanto avverrà nei prossimi anni, riguarda la forte erraticità mostrata
dai modelli di previsione. Vero è che, al di là
dell’accuratezza delle stime, se non interverranno fatti straordinari, difficilmente l’Italia
potrà deviare dal trend di bassa crescita delineato dalle previsioni. Né le misure messe
in campo per contrastare la crisi sembrano avere la forza per dare nuovo impulso
allo sviluppo. Al contrario, il confronto con
quanto predisposto dagli altri Paesi lascia
presagire che il differenziale di crescita sarà
destinato ad ampliarsi.
L’Italia, anche a causa dell’enorme debito
pubblico, nel corso del 2009 ha destinato
alle misure anticrisi risorse pari allo 0,55%
del Pil, la media europea si aggira attorno
all’1,2% e per molti Paesi membri supera il
2%, Germania e Spagna hanno destinato il
3%, gli Stati Uniti il 5%, la Cina addirittura il
19%.
Una seconda critica ai numeri presentati riRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.3.2 Variazione del PIL nel periodo 2000-2008 e previsioni 2009-2014
guarda l’aver focalizzato l’attenzione sul solo
PIL che è sempre meno esplicativo delle dinamiche di sviluppo di una società. Si tratta
di un’osservazione corretta.Tuttavia, se si allarga lo sguardo ad altri indicatori, economici e non, le “cattive notizie” sembrano prevalere sulle “buone notizie”, non emergono
elementi in grado - se non di ribaltare - di
rendere meno fosco lo scenario dipinto dal
PIL.
Si cita spesso il basso livello di disoccupazione (ancorché in crescita, in novembre
ha raggiunto l’8,3%) come fattore di forza
rispetto ad altre realtà europee, ma non si
ricorda che ciò è principalmente dovuto ad
un tasso di occupazione e di attività che è
di circa dieci punti percentuali inferiore alla
media europea. Semplificando, non è che in
Italia sia più facile trovare lavoro, semplicemente è maggiore la quota di persone che
per differenti ragioni – non ultima lo scoraggiamento - ha rinunciato a cercare occupazione (e, quindi, a non figurare tra i disoccupati).
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Si potrebbe proseguire a lungo nel raccontare il ritardo accumulato dall’Italia rispetto
agli altri Paesi e di come questo divario si
stia ampliando ogni giorno di più. Le immagini offerte dai pochi numeri esposti sono
sufficienti per comprendere come l’Italia
più degli altri Paesi dovrebbe essere attenta ai cambiamenti che stanno avvenendo nel
mondo ed affrontarli con spirito proattivo
e non di semplice sopravvivenza. Invece, a
livello nazionale, sembrano mancare risposte in tutti i livelli di cambiamento, non si
intravedono azioni forti volte ad invertire
il trend negativo, le capacità che pur sono
presenti non trovano adeguata valorizzazione, convinzioni e valori appaiono sempre più
sfumati così come l’identità, non sembra esserci una visione di ampio respiro.
Il ritardo dell’Italia si ripercuote pesantemente sulle dinamiche provinciali e regionali. Se confrontiamo l’Emilia-Romagna con
le altre regioni dell’Unione Europea ci accorgiamo che continuiamo ad essere una
delle aree più ricche d’Europa, ma, al tempo
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati OCSE
13
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.3.3 Tasso di attività, di occupazione e di disoccupazione.
Unione Europea, Germania, Spagna, Francia, Italia e Regno Unito a confronto. Anni 2007 e 2009
Tasso di attività
Tasso di occupazione
Tasso di disoccupazione
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati Eurostat
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
stesso, siamo tra quelle che negli ultimi anni
sono cresciute meno.
14
Cesena non può avere una dinamica che si
differenzi sensibilmente da quella regionale e
nazionale. Le previsioni formulate nel mese
Dal 2001 al 2006, ultimo anno disponibile, di novembre da Prometeia e Centro studi
tra le 271 regioni europee per tasso di cre- di Unioncamere Emilia-Romagna indicano
scita del prodotto interno lordo per abitan- per la provincia una diminuzione del PIL nel
te agli ultimi posti della graduatoria si collo- 2009 più contenuta (-4,2%) ed una modecano tutte le regioni italiane e le dinamiche sta crescita nel 2010 (+0,5%) che si raffordegli anni più recenti non lasciano ipotizzare zerà nel 2011 (+1,2%). Alla luce di quanto
un’inversione di tale andamento. Ciò sta a riscontrato a livello nazionale con stime più
testimoniare la forte rilevanza dell’effetto recenti, con ogni probabilità tali previsioni
Paese sulle performance territoriali. In ter- verranno leggermente corrette al rialzo.
mini più brutali potremmo dire che ce la
giochiamo con la Lombardia per essere l’ec- Come ricordato precedentemente le variacellenza in Italia, ma quando la palla esce dal zioni percentuali – anche quando sono calnostro cortile delimitato dai confini nazio- colate correttamente con raffronti temponali rischiamo seriamente di venire travolti rali coerenti - solo parzialmente riescono a
dalle altre regioni europee. Occorre sotto- restituire con efficacia quanto sta avvenendo;
lineare che il deludente risultato del PIL per ad esse è utile affiancare l’informazione deabitante è l’effetto di due differenti dinami- sumibile dai valori assoluti. Nel 2009 il valoche: la prima è legata alla bassa crescita della re aggiunto di Forlì-Cesena misurato a valori
ricchezza prodotta nelle regioni italiane, la correnti è stato pari a circa 10,4 miliardi di
seconda riguarda il forte aumento della po- euro, oltre duecento milioni in meno rispetpolazione, in particolare in Emilia-Romagna. to all’anno precedente. Se si considerano i
Dunque, da un lato la ricchezza che cresce valori costanti, quindi deflazionando i valori
meno, dall’altro il numero dei cittadini con i e rendendoli confrontabili temporalmenquali dividere quanto prodotto che aumenta te, il valore aggiunto provinciale nel 2009
considerevolmente.
tornerà ai livelli raggiunti nel 2005, un salto
indietro di quattro anni, non di nove come
In questo contesto, appare evidente che Forlì- registrato a livello nazionale. Per raggiungere
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.4 Pil per abitante dell’Emilia-Romagna a confronto con le altre regioni europee.
PIL per abitante. Valori 2006
in standard di potere d’acquisto
Variazione del PIL per abitante
in standard di potere d’acquisto. Anni 2001-2006
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati Eurostat
Fonte: Prometeia - Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna (novembre 2009)
e superare il valore massimo raggiunto nel
2007 occorreranno diversi anni di crescita
apprezzabile.
Forlì-Cesena meglio della media nazionale e
regionale, ma – per quanto affermato - con
un andamento che solo di poco si discosta da quello delle altre province italiane.
L’appartenenza al “sistema Italia” ne condiziona fortemente le traiettorie di sviluppo,
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
contribuendo a modificare in profondità il
tessuto economico e sociale. Ogni giorno si
moltiplicano le evidenze di quanto l’ambiente di riferimento stia mutando, cambiamenti
che avvengono con una velocità mai sperimentata in passato, non solo sull’onda della
globalizzazione economica, ma anche sulla
spinta della trasformazione demografica in
atto.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 1.5 Valore aggiunto di Forlì-Cesena. Variazioni 1996- 2009 e previsioni 2010- 2011.
15
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.6. Valore aggiunto di Forlì-Cesena. Valori assoluti 1996- 2009 e previsioni 2010- 2011.
(milioni di euro, valori concatenati, anno di riferimento 2000)
Fonte: Prometeia - Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna (novembre 2009)
1.3 La trasformazione demografica.
È sufficiente un numero, 23mila. Esso corrisponde al saldo migratorio netto registrato
a Forlì-Cesena negli ultimi cinque anni. In
altri termini, negli ultimi cinque anni in provincia sono arrivati dalle altre aree italiane
e dall’estero, al netto di quelli che da ForlìCesena si sono trasferiti altrove, 22.755 nuovi abitanti2. È come se in soli cinque anni fosse nato un nuovo comune dalle dimensioni
solo di poco inferiori a quelle di Cesenatico,
una dinamica che per dimensioni e per velocità con la quale è avvenuta risulta essere notevolmente superiore a quella di larga
parte delle altre realtà italiane ed europee.
Oggi a Forlì-Cesena quasi un residente ogni
dieci proviene da altri Paesi, oltre un quinto
dei nuovi nati è straniero. Numeri destinati
ad aumentare ancora nei prossimi anni, nel
2030 un residente ogni cinque sarà straniero, oltre un quarto degli abitanti con meno
di 50 anni sarà di nazionalità non italiana.
Quello migratorio non è il solo aspetto
demografico che sta caratterizzando ForlìCesena. Ogni 100 abitanti della provincia
oltre un quinto ha più di 65 anni, quasi sette ogni cento hanno almeno ottant’anni. Gli
abitanti di Forlì-Cesena sono mediamente
più vecchi rispetto al resto d’Europa, il tasso di vecchiaia, che misura la percentuale di
anziani rispetto ai bambini, è destinato nel
lungo periodo ad aumentare in misura considerevole.
Forlì-Cesena analogamente alle altre provin-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 1.7a. Alcuni indicatori demografici a confronto. Forlì-Cesena. Anno 2009 e previsioni 2030.
Indice di vecchiaia.
Pop>64anni su pop.<15 anni *100
Percentuale di persone con almeno 80 anni
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati ISTAT
2
16
Dati di fonte ISTAT riferiti al periodo 2004-2008. Si rinvia al sito http://demo.istat.it
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
ce dell’Emilia-Romagna risulta essere tra le
aree più vecchie d’Europa e tra quelle maggiormente investite dal flusso migratorio
in entrata, in particolare dalle aree del sud
Italia e dai Paesi neo ed extra comunitari.
Sono sufficienti i pochi numeri presentati in
questo capitolo per comprendere quanto i
cambiamenti demografici possano incidere
sul valore della ricchezza pro capite e – ancor prima - sulle dinamiche sociali e sulla
struttura economica. Un flusso migratorio
così consistente, avvenuto in tempi brevissimi e fatto di persone che nella maggioranza dei casi presenta redditi bassi, comporta
inevitabilmente squilibri sociali ed economici sul territorio. Se a ciò si aggiunge il progressivo invecchiamento della popolazione
appare evidente come la tenuta del sistema
di welfare e della coesione sociale sia forte-
mente a rischio.
I primi segnali di questi squilibri li possiamo
leggere nei numeri. Se negli ultimi cinque
anni la crescita economica della provincia di
Forlì-Cesena ha viaggiato ad una velocità di
cento chilometri orari, quella del benessere
dei cittadini - calcolata utilizzando esclusivamente variabili di reddito e non di qualità
della vita - si è fermata a trentatre chilometri orari, quindi ad un ritmo di marcia di tre
volte inferiore3.
Perché vi sia sviluppo sul territorio occorre che sia la crescita economica che il benessere presentino una dinamica positiva,
affinché questo sviluppo sia sostenibile nel
tempo e non produca tensioni sociali è necessario che le velocità di marcia delle due
Tavola 1.7b. Alcuni indicatori demografici a confronto. Forlì-Cesena. Anno 2009 e previsioni 2030.
Percentuale di stranieri sul totale popolazione
Stranieri con meno di 50 anni su pop.con meno di 50anni
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati ISTAT
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 1.8 Variazione della crescita economica e del benessere a confronto.
Variazione degli indicatori e percentuale di variazione del benessere
rispetto alla variazione della crescita economica.
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati ISTAT
3
Il confronto tra crescita economica e benessere dei cittadini è stato oggetto della parte monografica contenuta nel rapporto
economico del 2007. Si rimanda a quel rapporto per approfondimenti e metodologia utilizzata.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
17
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
componenti siano le più vicine possibile. Per
decenni la provincia di Forlì-Cesena ha visto soddisfatte entrambe le condizioni, negli
anni più recenti le velocità di marcia hanno
iniziato a differire, nel prossimo futuro il rischio è che da una marcia rallentata si passi
ad una brusca frenata.
Si basa su un sistema di ponderazione che
attribuisce pesi differenti alle voci che compongono il PIL, di segno positivo per quegli
aspetti che aumentano il benessere, negativo
per quelli che lo diminuiscono (mancanza di
sicurezza, inquinamento,…).
La trasformazione demografica e gli effetti
che essa produce sulla società rende manifesta l’inadeguatezza del PIL quale unico indicatore del grado di sviluppo raggiunto da un
territorio. Servono indicatori che sappiano
andare oltre, che ci consentano di misurare
i cambiamenti con un’apertura maggiore di
quella espressa dalla sola valutazione della
ricchezza creata. È questo il tema del prossimo capitolo.
Nel 1989 Herman Daly e John Cobb hanno
proposto l’Index of Sustainable Economic
Welfare (ISEW). L’ISEW, oltre al valore complessivo dei beni e dei servizi finali prodotti
in un paese, computa anche i costi sociali ed
i danni ambientali a medio e lungo termine.
L’idea alla base di questo indice è che lo sviluppo di un Paese non si basa più soltanto
sulla sola crescita economica, ma anche su
fattori sociali ed ambientali che definiscono
la soglia dello Sviluppo Sostenibile.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
1.4. Andare oltre il PIL. Il capitale territoriale
Un altro indicatore è il SubjectiveWell-Being”
(SWB), vale a dire la percezione che le persone hanno della propria vita e del grado di
La sensazione che il PIL sia un indicatore soddisfazione che provano per essa. Diversi
sempre meno esplicativo del livello di svilup- studi hanno evidenziato che non sempre vi
po di un territorio trova ogni giorno nuovi è correlazione tra l’andamento dell’indice
adepti, non solo tra economisti “fuori dagli e quello del reddito pro-capite (paradosso
schemi”, anche le Istituzioni si stanno muo- della felicità o paradosso di Easterlin), a divendo alla ricerca di indicatori alternativi. mostrazione che il solo reddito non può esRecentemente le Nazioni unite e la Banca sere assunto come indicatore di benessere.
mondiale hanno realizzato delle ricerche
aventi come obiettivo quello di andare oltre Esistono poi altri indicatori più astratti, legati
il PIL. Il governo francese ha dato manda- ad aspetti difficilmente quantificabili.Tra queto ad un gruppo di esperti – tra cui i due sti possiamo ricordare l’indice della Felicità
premi Nobel per l’economia, l’americano interna lorda (FIL), una misura che ha origiJoseph Stiglitz e l’indiano Amartya Sen - di ne in Buthan e punta a valutare l’impegno
individuare nuovi indicatori per misurare lo dei cittadini per la costruzione di un’econosviluppo. Dal loro lavoro è nata una misura- mia coerente con la cultura tradizionale del
zione del BIL, benessere interno lordo, che Paese, basata sui valori spirituali del buddhitra i tanti fattori considerati pone l’accento smo. In realtà il FIL non è una vera misura,
sulla distribuzione dei redditi, sulle attività si basa su una serie di valutazioni soggettive
non legate direttamente al mercato e sulla sui valori morali. Il Dalai Lama è tra i suoi
sostenibilità ambientale.
principali sostenitori:
La letteratura sugli indicatori alternativi al
PIL comincia ad essere ampia. Senza nessuna
pretesa di esaustività, può essere utile soffermarsi, seppur molto sinteticamente, su
alcuni degli indici che sembrano raccogliere
maggiori consensi4.
Uno degli indicatori più utilizzati è l’”indicatore di progresso reale” (Genuine Progress
Indicator - GPI) che ha come finalità la misurazione dell’aumento della qualità della vita.
4
18
“Come buddhista, sono convinto che il fine della
nostra vita sia quello di superare la sofferenza
e di raggiungere la felicità. Per felicità però non
intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali. Penso
ad una felicità duratura che si raggiunge da una
completa trasformazione della mente e che
può essere ottenuta coltivando la compassione,
la pazienza e la saggezza. Allo stesso tempo, a
livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di
Per un approfondimento sugli indicatori alternativi al PIL si può consultare il sito http://wapedia.mobi/it/PIL
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
lustrati i principali risultati dell’elaborazione,
accompagnati da un’esposizione poco più
che didascalica dei dati in quanto l’obiettivo
di questo capitolo è fornire un contributo
alla definizione dell’ambiente e non un’anaQuesta breve rassegna di indicatori volti lisi approfondita delle componenti dello
a misurare lo sviluppo da una prospettiva sviluppo. Coerentemente con l’obiettivo fisnuova per evidenziare quanto il dibattito sato, prima ancora del calcolo del capitale
sull’andare oltre il prodotto interno lordo territoriale, può essere opportuno utilizzare
sia vivace ma, al tempo stesso, come non si l’ampia base dati a disposizione per quantisia ancora raggiunta una metodologia sod- ficare lo sviluppo economico delle province
disfacente per dare vita ad un nuovo indica- italiane secondo modalità differenti.
tore che sia ampiamente condiviso. Le perplessità riguardano soprattutto la capacità di 1.4.1 Sviluppo economico
misurare variabili strettamente connesse ad
aspetti qualitativi della vita, cioè riuscire a Generalmente si è soliti associare lo svimisurare componenti valoriali che non pos- luppo raggiunto da un territorio al livello
sono essere ricondotti al mercato ed ai qua- di prodotto interno lordo o al reddito per
li non si può attribuire un prezzo.
abitante. In questa analisi è stata ampliata la
base degli indicatori utili alla sua misurazioNonostante questa premessa suggerisca il ne, mantenendo comunque una forte concontrario, nel tentativo di meglio definire notazione economica. Sono state considel’ambiente, proveremo a misurare lo svilup- rate tutte le variabili concernenti gli aspetti
po di un territorio in maniera differente, ben produttivi (PIL per abitante, valore aggiunto
consapevole dei limiti di questa operazione. pro capite, …), quelle relative alla ricchezza
Lo faremo riprendendo ed aggiornando lo della popolazione (reddito, patrimonio, restudio contenuto nel rapporto sull’econo- tribuzioni, consumi, beni di lusso …) nonché
mia di Forlì-Cesena del 2006. In quell’occa- la sua distribuzione. Le principali informaziosione misurammo il capitale territoriale di ni afferenti a tutti questi indicatori possono
Forlì-Cesena, intendendolo come risultato essere sintetizzate - mediante tecniche stadell’interazione di cinque forme di capitale tistiche – da un unico indicatore.
differenti:
- capitale naturale;
Forlì-Cesena appartiene al gruppo delle pro- capitale tecnico;
vince italiane con un livello maggiore di svi- capitale umano;
luppo economico. La ricchezza sembra se- capitale sociale.
guire la direttrice della via Emilia e, fuori da
Nella definizione del capitale territoriale - essa, tocca grandi province, Torino e Roma,
come sostengono alcuni sociologi, tra cui e Bolzano. Come era facile attendersi, è netCarlo Trigilia - si aggiunge anche il capitale ta la spaccatura dell’Italia in tre parti, quella
simbolico formato dall’insieme dei modelli di maggiormente ricca e sviluppata che comidentità individualmente e socialmente signi- prende l’Italia settentrionale e si estende
ficativi: identificazione e creazione del senso fino ad includere alcune province toscane e
di appartenenza.
delle Marche; l’Italia centrale e la Sardegna
Come nel 2006, per la quantificazione delle che presentano livelli di sviluppo (eccezion
differenti dotazioni di capitale delle province fatta per Roma) non particolarmente elevati;
italiane si è partiti da un dataset di indicatori l’Italia meridionale che evidenzia un forte dimolto vasto, circa 1.500, e attraverso tecni- vario di sviluppo rispetto al resto del Paese.
che di analisi statistica multivariata è stato
calcolato un indicatore sintetico multidi- Le ragioni di queste forti divaricazioni territomensionale per ciascuna forma di capitale5. I riali sono, in larga parte, note e possono essere
dati utilizzati si riferiscono prevalentemente rintracciate all’interno delle differenti forme di
agli anni 2008 e 2009. Di seguito verranno il- capitale, a partire da quello naturale.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
un sistema economico che ci aiuti a perseguire
la vera felicità. Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non
ostacolare il raggiungimento della felicità”.
3
Per un approfondimento della metodologia utilizzata si rimanda al rapporto economico di Forlì-Cesena del 2006. N.B: a causa di
una base dati non perfettamente omogenea e per alcune differenti attribuzioni degli indicatori il risultato di questa elaborazione non
è direttamente confrontabile con quella del 2006.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
19
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.9. Calcolo di un indicatore sintetico dello sviluppo economico.
(all’interno di ciascun gruppo le province sono ordinate per il valore dell’indice)
SVILUPPO ECONOMICO
GRUPPO 1
MILANO; AOSTA; BOLOGNA; BOLZANO; MODENA; FORLÌCESENA; FIRENZE; PARMA; ROMA; RAVENNA; TRIESTE;
RIMINI; REGGIO NELL’EMILIA
GRUPPO 2
MANTOVA; BRESCIA; TRENTO; PIACENZA; SIENA; VERONA;
BIELLA; CUNEO; VENEZIA; BERGAMO; UDINE; PADOVA;
SONDRIO; BELLUNO; VARESE; TORINO; LECCO; VICENZA;
ALESSANDRIA; VERCELLI; CREMONA; GENOVA; PORDENONE; PRATO; SAVONA; GORIZIA; NOVARA; PISTOIA
GRUPPO 3
FERRARA; TREVISO; PAVIA; COMO; ANCONA; IMPERIA; PISA;
AREZZO; LUCCA; LIVORNO; LODI; LA SPEZIA; ASTI; PESARO
E URBINO; GROSSETO; ROVIGO; PERUGIA; VERBANO-CUSIO-OSSOLA; MACERATA; ASCOLI PICENO
GRUPPO 4
TERNI; SASSARI; MASSA-CARRARA; VITERBO; LATINA;
FROSINONE; RIETI; CHIETI; TERAMO; L’AQUILA; CAGLIARI;
PESCARA; NUORO; ISERNIA; RAGUSA; CAMPOBASSO
GRUPPO 5
BARI; CATANZARO; POTENZA; ORISTANO; MESSINA; MATERA; CATANIA; TARANTO; PALERMO; SALERNO; LECCE;
SIRACUSA; REGGIO DI CALABRIA; AVELLINO; BRINDISI;
COSENZA; NAPOLI; TRAPANI; FOGGIA; VIBO VALENTIA;
BENEVENTO; CALTANISSETTA; CASERTA; AGRIGENTO;
CROTONE; ENNA
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
Tavola 1.10. Calcolo di un indicatore sintetico del capitale naturale.
(all’interno di ciascun gruppo le province sono ordinate per il valore dell’indice)
CAPITALE NATURALE
GRUPPO 1
REGGIO NELL’EMILIA; TREVISO; PORDENONE; MANTOVA;
PARMA; PESARO E URBINO; VERONA; VICENZA; RIMINI;
BRESCIA; MODENA; TRENTO; NOVARA; SIENA
GRUPPO 2
MILANO; LODI; PIACENZA; PERUGIA; MACERATA;
BOLOGNA; PRATO; FORLÌ-CESENA; BERGAMO; BOLZANO;
ANCONA; PAVIA; RAVENNA; CREMONA; AREZZO; VARESE
GRUPPO 3
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
PISA; ROMA; COMO; FIRENZE; PISTOIA; IMPERIA; BELLUNO;
TERAMO; AOSTA; L’AQUILA; PADOVA; GORIZIA;
ALESSANDRIA; LECCO; GROSSETO; TERNI; VENEZIA; ASTI
GRUPPO 4
ASCOLI PICENO; TORINO; CASERTA; CUNEO; SAVONA;
ROVIGO; VERBANO-CUSIO-OSSOLA; UDINE; VITERBO;
MASSA-CARRARA; LA SPEZIA; LIVORNO; CROTONE;
FERRARA; PESCARA; ISERNIA; CHIETI; LATINA; VERCELLI;
RIETI; LUCCA; BIELLA; FOGGIA; AVELLINO; TRIESTE;
AGRIGENTO; CAGLIARI; SALERNO; RAGUSA; CAMPOBASSO;
GENOVA
GRUPPO 5
NAPOLI; SONDRIO; CALTANISSETTA; PALERMO; REGGIO DI
CALABRIA; SASSARI; VIBO VALENTIA; BENEVENTO; NUORO;
CATANIA; LECCE; TRAPANI; TARANTO; CATANZARO;
MATERA; BRINDISI; SIRACUSA; ORISTANO; ENNA; BARI;
COSENZA; MESSINA; FROSINONE; POTENZA
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
20
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
1.4.2. Capitale naturale
occidentale dell’Emilia-Romagna quella del
Veneto e l’area orientale della Lombardia.
In questo studio il concetto di capitale na- Forlì-Cesena appartiene al secondo gruppo,
turale è da intendersi in senso più ampio ri- con una dotazione di capitale naturale anaspetto a quello che si assume convenzional- loga a quella di Bologna e Ravenna.
mente, soprattutto quando si parla di ecologia o di sviluppo sostenibile. Per le finalità 1.4.3. Capitale tecnico
dell’analisi, si è scelto di includere sotto la
definizione di capitale naturale i dati relativi Sotto la voce capitale tecnico si è inteso
al territorio, all’ambiente, ma anche al patri- comprendere tutte le risorse materiali non
monio culturale-artistico e alla popolazione. considerate all’interno del capitale naturale.
Gli indicatori del capitale tecnico non si liLa rielaborazione degli indicatori con mag- mitano alla quantificazione della dotazione
gior potere esplicativo identificativi del ca- strutturale esistente, ma ne misurano anche
pitale naturale individua una componente i risultati ottenuti. Quindi, per esempio, acprincipale fortemente correlata con i fattori canto ai dati relativi al numero delle impreche descrivono la popolazione (in partico- se ed alla loro composizione strutturale, si
lare i tassi di variazione e la composizione trovano informazioni sulle modalità organizper età) e, in misura minore, con variabili zative (gruppi d’impresa), sulle performance
che misurano aspetti ambientali, quali il ri- (produttività e indicatori di bilancio, …), sul
corso a fonti di energia rinnovabili, l’emis- posizionamento rispetto ad alcuni fattori
sione di CO2, la raccolta differenziata dei strategici (innovazione, internazionalizzaziorifiuti. Nonostante una maggior presenza ne, turismo, infrastrutture, …).
di popolazione anziana le province setten- Otto province mostrano una dotazione di
trionali presentano un valore più elevato di capitale tecnico sensibilmente superiore:
capitale naturale, in particolare esso risulta come per lo sviluppo economico la direziomaggiore nei territori compresi tra la parte ne sembra quella della via Emilia con l’agTavola 1.11. Calcolo di un indicatore sintetico del capitale tecnico.
(all’interno di ciascun gruppo le province sono ordinate per il valore dell’indice)
CAPITALE TECNICO
GRUPPO 1
MILANO; TORINO; BOLOGNA; ROMA; MODENA; REGGIO
NELL’EMILIA; VICENZA; PARMA; BERGAMO
GRUPPO 2
BELLUNO; BRESCIA; TREVISO; NOVARA; PORDENONE;
RIMINI; PADOVA; VARESE; VERONA; GENOVA; SIENA;
ANCONA; FIRENZE; TRIESTE; LECCO; RAVENNA; CUNEO;
MANTOVA; UDINE; PIACENZA; LODI; ALESSANDRIA; COMO;
FORLÌ-CESENA; VENEZIA; VERCELLI; PISA; CHIETI; GORIZIA
GRUPPO 4
ROVIGO; MASSA-CARRARA; GROSSETO; IMPERIA; POTENZA;
AVELLINO; CASERTA; CAGLIARI; BARI; PESCARA; CATANIA;
ISERNIA; SALERNO; PALERMO; VITERBO; TARANTO; SASSARI;
BRINDISI; MESSINA; FOGGIA; MATERA; VIBO VALENTIA;
CALTANISSETTA; CROTONE; ENNA; LECCE
GRUPPO 5
BENEVENTO; CATANZARO; TRAPANI; COSENZA;
CAMPOBASSO; REGGIO DI CALABRIA; NUORO; RAGUSA;
AGRIGENTO; ORISTANO
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
GRUPPO 3
FERRARA; LUCCA; AOSTA; ASTI; PRATO; TRENTO;
CREMONA; PESARO E URBINO; BIELLA; AREZZO; BOLZANO;
SIRACUSA; L’AQUILA; PAVIA; LATINA; RIETI; LA SPEZIA;
LIVORNO; VERBANO-CUSIO-OSSOLA; NAPOLI; SAVONA;
ASCOLI PICENO; SONDRIO; TERNI; PERUGIA; FROSINONE;
TERAMO; MACERATA; PISTOIA
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
21
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
giunta di alcune grandi città. Forlì-Cesena
appartiene al secondo gruppo, analogamente
alle altre province romagnole. È interessante osservare come solo l’Emilia-Romagna si
presenti pressoché compatta con valori elevati, mentre nelle altre regioni più avanzate
- Piemonte, Lombardia, Veneto e Lazio – la
dotazione di capitale tecnico si concentri
nella provincia più importante. Un risultato
attribuibile al modello di sviluppo policentrico seguito dalla nostra regione che ha portato a sviluppare eccellenze in ogni provincia.
1.4.4. Capitale umano
Generalmente, quando ci si riferisce al capitale umano si intende lo stock di conoscenze
e qualifiche tecniche insite nell’occupazione
e derivanti dagli investimenti in istruzione e
formazione.
In questo studio, come fatto per le altre forme di capitale, il significato viene ampliato per
includere altri fenomeni ed indicatori. Oltre
ai dati relativi alla formazione e all’istruzione
vengono incluse statistiche inerenti la parte-
cipazione complessiva al mercato del lavoro
ed altri tassi specifici di occupazione e disoccupazione.
Ancora una volta è l’Emilia-Romagna a presentare i valori più elevati, tutte le province
della regione si concentrano nei primi due
gruppi. Il risultato è attribuibile alla elevata
partecipazione al lavoro, anche femminile, e
ad una disoccupazione che (fino al 2008) si
colloca su livelli pressoché frizionali. Anche
i numeri relativi all’istruzione ed alla formazione posizionano l’Emilia-Romagna al vertice nazionale, mentre nelle ultime posizioni si
collocano le province siciliane.
Il capitale umano, inteso come l’insieme delle
conoscenze, delle capacità e delle competenze di cui dispone una determinata comunità,
gioca un ruolo fondamentale nell’agevolare
la creazione del benessere sociale ed economico. Allo stesso modo, il capitale sociale,
che deriva dall’intreccio di relazioni sociali,
economiche e culturali proprie di un dato
territorio, risulta essenziale per il funzionamento dei sistemi sociali, anche complessi e
organizzati.
Tavola 1.12. Calcolo di un indicatore sintetico del capitale umano.
(all’interno di ciascun gruppo le province sono ordinate per il valore dell’indice)
CAPITALE UMANO
GRUPPO 1
BOLOGNA; TRIESTE; PARMA; MILANO; MODENA; REGGIO
NELL’EMILIA; FIRENZE; PISA; SIENA; PORDENONE; RAVENNA
GRUPPO 2
ANCONA; UDINE; PADOVA; TRENTO; TREVISO; BOLZANO;
VICENZA; RIMINI; PESARO E URBINO; VENEZIA; VERONA;
PIACENZA; BELLUNO; VARESE; LECCO; FORLÌ-CESENA;
GORIZIA; FERRARA; MANTOVA
GRUPPO 3
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
LODI; ROMA; BERGAMO; COMO; AOSTA; PRATO; GENOVA;
PERUGIA; NOVARA; CUNEO; BRESCIA; CREMONA;
MACERATA; PAVIA; TORINO; AREZZO; PESCARA;
ALESSANDRIA; ROVIGO; LUCCA; GROSSETO; PISTOIA;
LIVORNO; TERNI; ASCOLI PICENO; BIELLA; VERCELLI;
VERBANO-CUSIO-OSSOLA; SAVONA; CHIETI; L’AQUILA;
ASTI; SONDRIO; LA SPEZIA; TERAMO; MASSA-CARRARA
GRUPPO 4
IMPERIA; ISERNIA; RIETI; CAMPOBASSO; VITERBO; LATINA;
FROSINONE; SASSARI; CAGLIARI; BARI; ORISTANO;
BENEVENTO; POTENZA; RAGUSA; NUORO; MATERA;
SALERNO; TARANTO; AVELLINO; MESSINA; COSENZA;
LECCE; CATANZARO
GRUPPO 5
REGGIO DI CALABRIA; BRINDISI; NAPOLI; CATANIA;
FOGGIA; PALERMO; TRAPANI; VIBO VALENTIA; CASERTA;
CALTANISSETTA; SIRACUSA; ENNA; CROTONE; AGRIGENTO
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
22
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.14 Calcolo di un indicatore sintetico del capitale sociale.
(all’interno di ciascun gruppo le province sono ordinate per il valore dell’indice)
CAPITALE SOCIALE
GRUPPO 1
BOLZANO; RAVENNA; BOLOGNA; AOSTA; PARMA;
TRENTO; TRIESTE; FORLÌ-CESENA; PIACENZA
GRUPPO 2
FERRARA; REGGIO NELL’EMILIA; MODENA; SAVONA; RIMINI;
LIVORNO; VERCELLI; FIRENZE; LUCCA; CREMONA; SIENA;
GROSSETO; BRESCIA; GENOVA; GORIZIA; PAVIA; MILANO;
CUNEO
GRUPPO 3
ANCONA; LA SPEZIA; BELLUNO; ALESSANDRIA; IMPERIA;
MASSA-CARRARA; MANTOVA; PISA; BERGAMO; TORINO;
VERBANO-CUSIO-OSSOLA; BIELLA; ASTI; VERONA; LODI;
NOVARA; PESARO E URBINO; TERNI; LECCO; SONDRIO;
COMO; PISTOIA; PERUGIA; UDINE; AREZZO; VARESE;
VICENZA; MACERATA; PADOVA; PORDENONE; PRATO;
TREVISO; VENEZIA; ASCOLI PICENO; ROMA
GRUPPO 4
ROVIGO; VITERBO; CAMPOBASSO; CAGLIARI; ISERNIA;
L’AQUILA; SASSARI; NUORO; ORISTANO; RIETI; PESCARA;
TERAMO; POTENZA; CHIETI; LATINA; FROSINONE; MATERA;
MESSINA; RAGUSA; CATANZARO; ENNA; CATANIA;
SIRACUSA; BENEVENTO; LECCE; BRINDISI
GRUPPO 5
TRAPANI; BARI; AVELLINO; COSENZA; SALERNO; PALERMO;
REGGIO DI CALABRIA; FOGGIA; CALTANISSETTA;
TARANTO; AGRIGENTO; VIBO VALENTIA; CASERTA;
NAPOLI; CROTONE
1.4.5 Capitale sociale
Il capitale sociale come fattore di sviluppo
nasce da considerazioni di natura sociologica e ha trovato rapida diffusione prima nelle
scienze politiche e più recentemente nella
letteratura economica, affiancandosi al capitale tecnico e al capitale umano.
Gli studi sul tema della dimensione sociale più noti sono di Bourdieu, Coleman e
Putnam. Secondo Bourdieu “il capitale sociale è la somma delle risorse, materiali o
meno, che ciascun individuo o gruppo sociale
ottiene grazie alla partecipazione a una rete
di relazioni interpersonali basate su principi
di reciprocità e mutuo riconoscimento”.
Per Coleman “il capitale sociale risiede nella
struttura delle relazioni tra gli agenti. Non
può essere rinvenuto né negli agenti stessi, né nei mezzi fisici di produzione”. Negli
studi realizzati da Putnam il capitale sociale
acquisisce un’accezione come risorsa collettiva e riconducibile alle “caratteristiche
della vita sociale – reti, norme, fiducia – che
mettono in grado i partecipanti di agire più
efficacemente nel perseguimento di obiettivi condivisi.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
In questo studio per la misurazione di capitale sociale si è partiti da un dataset di oltre
cinquanta indicatori, riguardanti la cultura, la
sicurezza, la cooperazione, il non profit, la
rete delle relazioni, l’associazionismo, il volontariato, il numero di donatori di sangue,
la percentuale di votanti alle elezioni ed altro ancora. Attraverso l’analisi esplorativa è
stato possibile isolare due gruppi di variabili, quelle relative al sistema relazionale alle
reti sociali e quella inerente la partecipazione civica e, successivamente, un indicatore
sintetico della dotazione di capitale sociale.
Ai primi posti della graduatoria troviamo
alcune province emiliano-romagnole, quelle del Trentino-Alto Adige, Aosta e Trieste.
Anche Forlì-Cesena rientra in questo primo
gruppo di territori con maggior dotazione
di capitale sociale. Chiudono la graduatoria
le province della Calabria, della Campania e
delle Sicilia.
1.4.6 Il capitale territoriale
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
La separazione delle forme di capitale fin
qui seguita è stata utile per mettere a fuoco
specifiche tematiche e rappresentarle attra-
23
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.15 Calcolo di un indicatore sintetico del capitale territoriale.
(all’interno di ciascun gruppo le province sono ordinate per il valore dell’indice)
CAPITALE TERRITORIALE
GRUPPO 1
MILANO; BOLOGNA; MODENA; REGGIO NELL’EMILIA;
PARMA
GRUPPO 2
TORINO; RAVENNA; TRIESTE; RIMINI; ROMA; BOLZANO;
VICENZA; FIRENZE; SIENA; PIACENZA; FORLÌ-CESENA;
BERGAMO; BRESCIA; TRENTO; PORDENONE; BELLUNO;
AOSTA; VERONA; TREVISO; ANCONA; MANTOVA; NOVARA;
PADOVA; VARESE
GRUPPO 3
PISA; UDINE; LECCO; GORIZIA; CUNEO; GENOVA; FERRARA;
LODI; PESARO E URBINO; VENEZIA; ALESSANDRIA; COMO;
CREMONA; VERCELLI; PRATO; PAVIA; LUCCA; AREZZO;
LIVORNO; BIELLA; SAVONA; PERUGIA; ASTI; MACERATA;
PISTOIA; GROSSETO; LA SPEZIA; VERBANO-CUSIO-OSSOLA;
TERNI; SONDRIO; ASCOLI PICENO; ROVIGO
GRUPPO 4
CHIETI; L’AQUILA; IMPERIA; MASSA-CARRARA; TERAMO;
PESCARA; RIETI; LATINA; ISERNIA; VITERBO; FROSINONE;
CAGLIARI; SASSARI; CAMPOBASSO; POTENZA; NUORO;
BARI; MATERA; ORISTANO; AVELLINO; SIRACUSA; RAGUSA;
SALERNO; MESSINA; BENEVENTO; NAPOLI; CATANIA;
TARANTO; CATANZARO; LECCE
GRUPPO 5
BRINDISI; PALERMO; COSENZA; CASERTA; FOGGIA; REGGIO
DI CALABRIA; TRAPANI; CALTANISSETTA; ENNA; VIBO
VALENTIA; CROTONE; AGRIGENTO
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
24
verso indicatori sintetici, tuttavia è evidente come questa divisione non possa essere
netta, in quanto le interrelazioni tra le forme
di capitale sono strettissime e difficilmente
scindibili. Per esempio, la dimensione lavoro,
che contribuisce alla formazione della componente del capitale umano, è fortemente
correlata alla struttura produttiva ed alla sua
capacità di evolvere verso forme innovative,
così come l’innovazione è alimentata – e al
tempo stesso alimenta – dalla formazione e
dalla diffusione della conoscenza. Si procede
quindi a calcolare un indicatore unico, sintesi della dotazione di capitale territoriale,
attraverso la rielaborazione delle variabili
più esplicative e senza distinzione di appartenenza alle tipologie di capitale.
Ai primi posti si trovano le province di
Milano, Bologna, Modena, Reggio Emilia e
Parma. Forlì-Cesena appartiene al secondo
gruppo, al sedicesimo posto nella graduatoria nazionale. La graduatoria della dotazione
di capitale territoriale presenta evidenti analogie con quella dello sviluppo economico.
La correlazione tra le due variabili è altissima, da una maggior dotazione di capitale
territoriale discende un livello superiore di
sviluppo e, al tempo stesso, maggior sviluppo determina un accrescimento del capitale
territoriale.
Il legame tra queste componenti lo possiamo misurare ed esprimere graficamente. La
tavola 1.16 riporta il posizionamento di ciascuna provincia rispetto all’indicatore di sviluppo economico e a quello di dotazione di
capitale territoriale. L’incrocio degli assi rappresenta la media nazionale, quindi le province rappresentate dalle bolle che si trovano
nel primo quadrante (in alto a destra) sono
quelle che presentano valori di sviluppo e di
capitale territoriale superiori alla media italiana, quelle nel terzo quadrante (in basso a
sinistra) evidenziano valori inferiori. La retta
che taglia diagonalmente il grafico è la retta di regressione: se il rapporto tra sviluppo
e dotazione di capitale territoriale fosse lo
stesso per tutte le province, tutte le bolle si
disporrebbero lungo tale retta. Dal grafico si
evince che la correlazione tra le due variabili
è altissima, quasi tutte le bolle sono prossime alla linea di regressione. Tuttavia, alcune
province presentano una distanza dalla linea
più marcata e, tra queste, Forlì-Cesena che
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 1.16 Dotazione di capitale territoriale e sviluppo economico a confronto.
L’incrocio degli assi rappresenta la media nazionale.
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
In altri termini, è come se la dotazione di
capitale territoriale non fosse sufficiente a
spiegare il livello di sviluppo raggiunto. Una
possibile spiegazione la possiamo trovare
nel capitale simbolico citato precedentemente: vi è una quinta forma di capitale, trasversale e animatrice di tutte le altre, che
sfugge ad ogni tentativo di misurazione e
che già oggi svolge un ruolo determinante
nello spiegare le differenze di sviluppo territoriali. La condivisione di obiettivi e valori, l’identità di territorio sono alcune delle
componenti relazionali che confluiscono nel
capitale simbolico e fungono da forza propulsiva e moltiplicatrice delle altre forme di
capitale. Fino ad oggi Forlì-Cesena è cresciuta più di quanto il suo tessuto economico,
umano e sociale lasciasse ipotizzare perché
meglio che altrove la capacità di essere sistema ha avuto un effetto di moltiplicatore
delle risorse. Nelle province emiliane ciò era
vero in passato, oggi, in particolare a Reggio
Emilia, la forza del capitale simbolico sembra
affievolirsi. Un indebolimento che con i nostri filtri statistici non riusciamo a misurare
direttamente, ma possiamo già scorgerne gli
effetti indiretti nell’ambiente, nel primo livello di cambiamento.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
1.5. Dove e quando
Il racconto dei numeri è eloquente. ForlìCesena, analogamente alle altre aree
dell’Emilia-Romagna, era e resta una provincia capace di produrre ricchezza e, cosa
ancora più importante, di distribuirla ai suoi
cittadini. Tuttavia, negli ultimi anni altre province, soprattutto europee, hanno saputo
ottenere tassi di miglioramento più apprezzabili, un risultato che può essere ascrivibile
principalmente a due cause.
Innanzi tutto la minor crescita ha interessato tutte le aree italiane. Ciò è particolarmente evidente se il confronto con il resto
d’Europa lo conduciamo considerando le
variazioni comprensive del differente potere d’acquisto reale, quindi inglobando l’effetto distorsivo che l’introduzione dell’euro
ha avuto nel nostro Paese in misura largamente superiore rispetto alle altre regioni
dell’Unione. Ma non è solo l’introduzione
dell’euro, vi sono altri, numerosi, aspetti di
competenza nazionale (e non regionale o
provinciale) che ci penalizzano nei confronti
degli altri territori europei, tanto da poter
parlare di un “effetto Paese” che costituisce
una pesante zavorra che grava sulle province
e sulle regioni italiane.
La seconda causa è legata ad una trasformazione demografica. L’Emilia-Romagna è regione sempre più anziana e multietnica, cambia-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
si colloca al di sotto della retta di regressione ad indicare una dotazione di capitale
territoriale inferiore allo sviluppo.
25
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
menti che stanno modificando radicalmente
l’ambiente. Ciò è particolarmente vero per
le province emiliane, ma anche in Romagna,
come dimostrano i dati, il fenomeno sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti. I
numeri illustrano una trasformazione che sta
evolvendo con una velocità mai sperimentata in passato, toccando aspetti fondamentali
quali la struttura economica e la coesione
sociale. È forse questo il vero elemento di
novità di questi anni, i cambiamenti non si
traducono semplicemente in adattamenti –
più o meno complessi – ad un modello di
sviluppo conosciuto, ma ineriscono i livelli
più alti, quelli dei valori, dell’identità e della
visione, mettendo in discussione il modello
stesso.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Effetto Paese e trasformazione demografica raccontano molto dei cambiamenti che
stanno interessando l’ambiente, ma non
tutto. Appare troppo semplicistico e autoassolutivo attribuire tutto ciò che non piace
a cause sulle quali non si ha possibilità di
decidere. Da quanto visto in questo primo
livello di cambiamento si sarebbe portati a
concludere che lo spazio d’azione del sistema provinciale e regionale – e, dunque, la
nostra capacità di incidere sulle traiettorie
di sviluppo - non è illimitato, anzi.
26
prese e persone verso i flussi abbassando
l’incertezza dello spazio aperto.
Lo stesso territorio deve essere reinterpretato e identificato secondo nuove logiche,
da luogo delle appartenenze date a oggetto di relazioni contrattuali e contingenti in
cui abitanti e imprese costruiscono consapevolmente il loro ambiente. Logiche che
raramente coincidono con quelle amministrative, ma rispondono ad un’effettiva comunanza tra aziende e cittadini basata sulla
condivisione di obiettivi e valori. Se nella
globalizzazione si compete non più tanto
per singole imprese e persone quanto per
sistemi territoriali, oggi la vecchia dimensione localista del territorio delimitato dai
confini amministrativi o del distretto non è
più sufficiente. Secondo Bonomi, per reggere
l’urto della competizione globale, diventano
fondamentali le piattaforme produttive, ovvero sistemi territoriali in cui lo sviluppo locale acquisisce una dimensione più pesante.
Piattaforma produttiva intesa come sistema
economico che pur connettendosi alla rete
dei flussi globali mantiene nel contempo una
dimensione locale che investe un’area territoriale di raggio relativamente ampio, nella
quale convergono diverse soggettività.
Nella parte introduttiva abbiamo ricordato che il futuro non si prevede, si fa.
Proviamo a leggere gli stessi cambiamenti da Un’affermazione che nasce dalla convinzione
una differente prospettiva. Uno degli effetti che i numeri che racconteranno la provindella globalizzazione è quello di aver reso cia dei prossimi anni dovranno essere quelli
manifesta la ri-territorializzazione come che pianifichiamo oggi conformemente alla
passaggio obbligato per perseguire lo svilup- nostra visione, quelli che modelleremo nel
po. Come afferma il sociologo Aldo Bonomi, tempo se saremo in grado di operare delle
“nell’antropologia della globalizzazione sostan- scelte.
ziata da spazi aperti per produrre per com- Può sembrare un’affermazione contradditpetere, da una società dell’incertezza ove ogni toria e priva di contatto con la realtà se ci
cosa sembra in rapido mutamento e allo stato si ferma ad una prima lettura, quella che
liquido e gassoso, tutto sembra fare condensa vede pressoché nulla la nostra possibilità di
nell’unico spazio che sembra solido e certo: il incidere sull’ambiente. Assume forma e soterritorio. Questo diviene uno spazio di posizio- stanza se accettiamo la sfida di accogliere i
ne - e a volte anche uno spazio di rappresen- flussi (che comunque arrivano) nella nostra
tazione - nella dinamica ipermoderna caratte- provincia ed allo stesso tempo di accomparizzata dal conflitto tra flussi che sorvolano e gnare – con modalità nuove - verso lo spaatterrano e mutano i luoghi in cui si vive”.
zio aperto gli operatori sociali ed economici
Allora, il territorio – così inteso, come am- locali.
biente di incontro tra luogo e flussi - divie- Cosa e come farlo attiene al secondo livello
ne il luogo dove mettere in campo azioni in del cambiamento.
grado di portare a valore al proprio interno i cambiamenti dettati dai flussi esterni,
così come costituisce il luogo dove adottare
comportamenti volti ad accompagnare imRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
2. Il secondo livello. Comportamenti, diagnosi e ricette sono le stesse di allora, si
azioni, capacità
individuano le stesse criticità e le medesime
leve competitive sulle quali agire. Eppure neQuando vedi un affare di successo,
gli ultimi quindici-venti anni sulla spinta della
qualcuno una volta ha preso una decisione co- globalizzazione l’economia mondiale ha visraggiosa.
suto un vero e proprio stravolgimento e con
Peter Drucker essa anche quella delle province dell’EmiliaRomagna è stata attraversata – e lo è tuttoLa tendenza generale del mondo è quella di ra – da profondi cambiamenti.
fare della mediocrità la potenza dominante.
È come se di fronte alla trasformazione ecoJohn Stuart Mill nomica e sociale il nostro agire non fosse
stato in grado di intercettare la direzione dei
2.1. Introduzione.
cambiamenti, proponendo strategie ed azioni non rispondenti al mutare dell’ambiente.
“L’anno si sta concludendo all’insegna della Quanto meno questo è ciò che appare ad
recessione in gran parte dei Paesi europei. una prima lettura, è l’immagine che ci viene
Nelle principali economie occidentali vi è restituita se fotografiamo le province della
una generale incertezza sui tempi e sulla ve- regione con i tradizionali filtri. Per esempio,
locità della ripresa.
prendendo come chiave di lettura l’impre(…) emergono i punti di debolezza sui quali sa vent’anni fa – di fronte alle difficoltà leagire: la difficoltà di affrontare mercati sem- gate alla recessione dei primi anni novanta
pre più ampi, la difficoltà ad accedere al ca- - lamentavamo l’eccessiva frammentazione
pitale di rischio, la crisi di managerialità nel della struttura imprenditoriale in realtà di
ricambio generazionale e nell’approccio a piccole e piccolissime dimensioni, denuncianuovi mercati.
vamo i limiti della gestione familiare d’azien(…) esistono punti di forza sui quali fare da, individuavamo come fattori di criticità lo
leva: la spinta imprenditoriale, una diffusa scarso numero di imprese capaci di innovacultura di produzione artigianale, alcuni in- re ed essere presenti sui mercati esteri. Se
sediamenti industriali di rilievo, un sistema confrontiamo la fotografia dell‘impresa dei
universitario diffuso e di qualità.
primi anni novanta con quella di oggi ci ac(…) la ripresa economica premierà i com- corgiamo che poco o nulla è cambiato, troportamenti strategici delle aziende volti alla vare le differenze è esercizio da settimana
crescita dimensionale e alla presenza siste- enigmistica.
matica sui mercati esteri. Diversamente forti Giungiamo a conclusioni che possono esseproblemi di ristrutturazione riguarderanno re anche diametralmente opposte se sposettori quali il tessile-abbigliamento.
stiamo l’analisi dalla singola impresa al siste(…) le recenti vicende conducono ad ipotiz- ma relazionale a cui appartiene. Seguendo
zare un ripensamento della costituzione in questa nuova chiave di lettura è nell’evoluchiave fortemente regionalista. È inevitabile zione dell’organizzazione a rete – gruppi, diuna crescita delle competenze affidate alla stretti, filiere, cluster, solo per citare alcune
regione …”
delle espressioni che la rete ha adottato nel
tempo – che possiamo leggere non solo i
Difficile non condividere questa analisi che tentativi di adattarsi ai cambiamenti imposti
restituisce una nitida fotografia dell’attuale dall’ambiente, ma anche quelli proattivi, volti
scenario economico regionale ed interna- ad avere un ruolo di leadership nel processo
zionale, i punti di forza e di criticità ricordati di trasformazione.
sono quelli su cui concordano tutti gli economisti.
Di certo, indipendentemente dalla chiave di
L’aspetto bizzarro di questa nota è che è lettura adottata, in Emilia-Romagna – e in
tratta dal rapporto Unioncamere Emilia- maniera ancor più marcata nel resto d’ItaRomagna sull’economia regionale del 1993. lia – il processo di cambiamento si è avviaOvviamente la bizzarria non sta nel ritro- to con ritardo rispetto alle altre economie
varsi a commentare dopo 17 anni una fase avanzate. Negli anni settanta e ottanta le
congiunturale negativa – rientra nella cicli- condizioni del mercato erano tali per cui ciò
cità dell’economia - quanto nel fatto che che veniva prodotto trovava rapida risposta
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
27
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
nella domanda, interna ed estera. Alle imprese per assicurarsi elevati livelli di competitività non erano richiesti cambiamenti radicali
ma semplici aggiustamenti, quasi sempre individuabili nel sistema relazionale.
Per quasi tutti gli anni novanta l’economia
italiana ha risposto alle difficoltà congiunturali introducendo un effetto “tossico” nelle
dinamiche del mercato, la svalutazione della
lira. Il deprezzamento della nostra valuta ha
rappresentato una sorta di doping capace di
renderci temporaneamente concorrenziali
sui mercati esteri, ma ci ha distratto dal perseguire con decisione quelle trasformazioni
strutturali necessarie per raggiungere una
dimensione competitiva durevole nel tempo. I cambiamenti nello scenario internazionale degli anni duemila e l’ingresso nell’euro
hanno reso nuovamente manifesti i limiti del
sistema imprenditoriale italiano, la crisi avviatasi nella seconda metà del 2008 ne ha
amplificato le criticità.
L’andamento della produzione dell’industria
manifatturiera riassume efficacemente quanto avvenuto negli ultimi vent’anni nell’economia regionale. Gli anni ottanta furono caratterizzati da una lunga fase espansiva del ciclo
economico. La fine dell’energia a basso prezzo (nel 1979 si registrò il secondo shock pe-
trolifero dopo quello del 1974), l’alto costo
del denaro, la necessità di abbattere il costo
del lavoro per unità di prodotto, l’esigenza di
accrescere la produttività sono solo alcuni
degli elementi che spinsero ad una delle più
massicce fasi di ristrutturazione del dopoguerra. La ripresa vera e propria prese avvio
a partire dal 1984 e negli anni seguenti l’economia crebbe a ritmo costante. Nel 1990 il
rallentamento dell’economia, già prefigurato
fin dalla primavera del 1989, subì un ulteriore sollecitazione a seguito della crisi del
Golfo Persico. Le aspettative fino ad allora
improntate all’ottimismo si raffreddarono
bruscamente, alimentando un clima di sfiducia ed incertezza motivato da timori di un
nuovo shock petrolifero con conseguente
ripresa inflattiva.
I primi anni novanta hanno inizio in un quadro congiunturale attraversato da molte
ombre. Uno scenario a tinte fosche acuito
dalle tensioni valutarie e dal rincaro del costo del denaro conseguente ai ripetuti aumenti del tasso di sconto decisi dalla Banca
d’Italia allo scopo di difendere il cambio della lira. Le piccole e medie imprese industriali
furono tra le più colpite, con ripercussioni
negative sull’attività produttiva e sull’occupazione. Il 1994 segnò l’inizio della ripresa
Tavola 2.1 Indagine congiunturale dell’industria manifatturiera. Emilia-Romagna.
Anni 1989-2009. Totale e classi dimensionali
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Industria manifatturiera. Variazione della produzione.
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna, indagine congiunturale industria manifatturiera
28
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
da metà del 2008. Un andamento deludente
dettato dal mutato contesto internazionale,
ma anche da una struttura produttiva che
per alcuni aspetti non ha saputo adeguarsi
– o non ne ha avuto la forza - alla competizione globale.
Il vero elemento di novità di questa fase recessiva è il coinvolgimento dell’intero comparto manifatturiero, senza distinzione di
attività economica né di dimensione d’impresa. Non è solo l’industria a dover fare i
conti con trasformazioni strutturali e difficoltà congiunturali. Il settore del commercio
al dettaglio, che negli anni più recenti è sempre apparso in crescita grazie al traino della
grande distribuzione, dal 2008 ha iniziato a
mostrare segnali di flessione. Il settore delle
costruzioni da in po’ di tempo sembra essersi avvitato in una spirale negativa la cui
evoluzione è tutta da decifrare. L’agricoltura
vive anni di scarsa redditività delle produzioni. Il turismo stenta nel mantenere le quote
di mercato conquistate, in particolare quelle
straniere. Il terziario sembra crescere maggiormente nella sua componente tradizionale – cura della persona, attività di pulizia
– piuttosto che nei servizi più avanzati.
Sempre nel rapporto Unioncamere del 1993
citato inizialmente si affermava: “… i problemi strutturali sono tali perché esistono sia nei
momenti di recessione che in quelli di crescita,
salvo che nei momenti di crescita si avrebbe la
forza di affrontarli ma non se ne ha la volontà;
nei momenti di recessione si ha invece la volontà di affrontarli ma non se ne ha la forza”.
Esattamente ciò che è avvenuto in passato e
che sta accadendo ancora oggi.
Negli ultimi mesi da più parti ci hanno ricordato l’etimologia della parola crisi. Ha origine
dal greco krino, che significa separare, decidere. Ha quindi una valenza non negativa, indica la possibilità di scegliere. Analogamente
in cinese la parola crisi è composta da due
ideogrammi, uno rappresenta il pericolo, l’altro l’opportunità. La nostra capacità di reagire positivamente ai cambiamenti portati
dalla crisi dipende da come ed in quali tempi
si riesce a vedere oltre il pericolo e a cogliere le opportunità che questa crisi porta con
sé. Può essere utile riprendere l’analogia con
le persone ricordata nella nota introduttiva.
Una persona di fronte ad una seria difficoltà
o ad uno stato di crisi può reagire in maniera
differente, rimanere completamente paraliz-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
economica, trainata dal forte incremento
delle esportazioni favorito dalla svalutazione della lira avvenuta nel settembre 1992. La
sensibile ripresa economica degli anni successivi fu ancora in larga misura ascrivibile
al commercio con l’estero. Come ricordato, il deprezzamento della lira introdusse un
fattore distorsivo sostanziale rispetto alla
concorrenza, generando forme di disparità
sul mercato a favore di determinate realtà
industriali. Di questo ne trassero vantaggio
soprattutto le imprese di media e grande dimensione che, per struttura e per capacità
organizzative, seppero meglio cogliere l’opportunità offerta dai mercati esteri.
La forte crescita del 1995 risentì, inoltre, di
un ulteriore fattore “straordinario” legato
all’introduzione della legge “Tremonti”, dispositivo atto ad incentivare il processo di
investimento attraverso la detassazione degli utili reinvestiti. Questo provvedimento
legislativo, inserito in un contesto congiunturale già positivo, determinò una concentrazione degli investimenti - in particolare
quelli di sostituzione - nel 1995, senza originare però, come si auspicava, strategie di
investimento di medio-lungo periodo orientate alla crescita strutturale e alla creazione
di nuova occupazione.
Paradossalmente, la metà degli anni novanta
rappresenta il periodo di maggiore sviluppo
ma, al tempo stesso, la data nella quale collocare i prodromi della minor competitività.
La crescita strettamente legata alle esportazioni ha, infatti, contribuito ad offuscare
l’entità e la direzione dei cambiamenti che
interessavano la struttura industriale.
Nella seconda metà degli anni novanta il rafforzamento della lira sui mercati internazionali ha di fatto azzerato i vantaggi di prezzo della produzione italiana e, in parallelo,
si è assistito al cambiamento dei fattori che
determinavano la competitività delle aree.
Nello specifico sono mutati i rapporti costi/
benefici connessi alla localizzazione stessa.
Essere situati in un determinato distretto
industriale, così come la sola appartenenza
ad uno specifico settore, non costituivano
più fattori di successo se considerati a sé
stanti.
Il 2000 è l’ultimo anno nel quale l’industria
manifatturiera emiliano-romagnola ha segnato una crescita apprezzabile. Da allora è
seguita una fase di sostanziale stagnazione,
sino alla brusca discesa avviatasi nella secon-
29
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
30
zato ed incapace di agire, oppure mettere in
campo azioni volte ad affrontare i pericoli
che di volta in volta si presentano guidato
dall’istinto alla sopravvivenza ed in attesa di
tempi migliori, o ancora operare delle scelte
forti e spesso rischiose che consentano di
superare definitivamente la difficoltà.
Un sistema territoriale complesso di fronte
ad uno stato di crisi può avere le medesime
reazioni di una persona: non fare nulla, cercare di sopravvivere, reagire proattivamente. Se negli anni passati alle fasi recessive si
poteva reagire con atteggiamento attendista
o, al più, con piccoli aggiustamenti, oggi, alla
luce di quanto raccontato nel primo livello
di cambiamento, non sembra essere così. Di
certo la crisi internazionale ha richiesto interventi straordinari per fare fronte all’aprirsi di situazioni d’emergenza. Azioni e risorse
economiche nel corso del 2009 sono state
indirizzate – così come doveva essere fatto
- agli ammortizzatori sociali ed al sostegno
dell’accesso al credito, interventi che si configurano come di breve periodo rispondenti
ad una logica di sopravvivenza, pensati con
l’obiettivo di contenere il più possibile i danni provocati dalla recessione mondiale.
Anche in questi primi mesi del 2010 la priorità sembra essere la gestione dell’emergenza, evitare la chiusura di numerose imprese,
garantire l’occupazione, sostenere le persone e le famiglie che, con il perdurare della
crisi, stanno pericolosamente scivolando oltre la soglia della povertà.
È del tutto evidente che assicurarsi la sopravvivenza non può che essere il primo
obiettivo. Tuttavia, questa sorta di navigazione a vista può rivelarsi inutile (se non dannosa) se non supportata da una strategia di
più ampio respiro, che sappia vedere oltre
alla gestione dell’emergenza.
In altri termini è richiesta una visione e, solo
successivamente, capacità e forza per mettere in campo azioni conseguenti alla visione
stessa. Il tema della visione attiene al terzo
livello e verrà affrontato nel prossimo capitolo, però già ora è possibile avanzare una
prima considerazione che nasce dalla semplice osservazione dell’ambiente. Come già
più volte raccontato è in atto una profonda
trasformazione che nasce sulla spinta della
globalizzazione, dalla necessità di riorganizzarsi per affrontare le nuove sfide competitive, ma anche perché un modello basato
solamente sulla crescita quantitativa come
sperimentato in passato non è più sostenibile. Ne discende che non è più immaginabile
avere un sistema che per svilupparsi necessita perennemente di un’addizione di fattori
produttivi - più imprese, più occupati, più risorse ambientali – ma occorre pensare ad un
sistema basato sulla sostituzione dei fattori
produttivi, imprese più forti e più avanzate,
occupazione più formata, un più attento uso
del territorio. È necessario andare, come si
ripete da tempo e da più parti, verso la via
alta dello sviluppo, puntare sull’innovazione,
sulla qualità e, soprattutto, sulle persone.
Indipendentemente dalla visione, un sistema
territoriale per riuscire a vedere le opportunità e non solo i pericoli, per reagire proattivamente all’ambiente, per essere luogo dove
realmente i flussi sono valori e non minacce
non può che incamminarsi con decisione
verso la via alta dello sviluppo. È un cammino che nelle province dell’Emilia-Romagna si
è avviato da tempo. Si tratta di capire a che
punto siamo del percorso, se – di fronte alle
continue mutazioni dell’ambiente – le azioni
intraprese sono sufficienti ed adeguate, oppure se occorre rivedere le strategie e perseguirle con nuove modalità.
Per aiutarci nell’analisi di questo secondo livello di cambiamento, il “cosa” ed il “come”,
può essere utile prendere in esame tre ambiti di intervento: il capitale umano, il commercio con l’estero e l’innovazione. È doveroso sottolineare che questi tre ambiti raccontano, ovviamente, solo una minima parte
di tutto ciò che è stato fatto sul territorio,
così come è opportuno premettere che non
vi è alcuna intenzione di esprimere giudizi
sulla qualità e sulla efficacia delle scelte effettuate. Le prossime pagine vogliono solamente fornire spunti di riflessione sull’interazione tra ambiente e comportamenti, su
come tale rapporto si sia profondamente
modificato nel tempo e come sia destinato
a trasformarsi altrettanto radicalmente nei
prossimi anni.
2.2. Il capitale umano. Creare nuovi e
migliori posti di lavoro
Se si desidera fotografare l’impatto della
crisi internazionale sull’occupazione il primo dato da raccontare non può che essere
quello della cassa integrazione guadagni. Nel
corso del 2009 il numero delle ore autorizRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
zate a Forlì-Cesena è andato crescendo con
ritmo quasi esponenziale rispetto al passato, di circa sei milioni di ore autorizzate nel
corso dell’anno, contro le circa 670mila del
2008. Ciò che preoccupa maggiormente è la
costante ricomposizione della cassa integrazione, quella ordinaria di matrice anticongiunturale viene progressivamente sostituita
da quella straordinaria che, il più delle volte,
annuncia la chiusura dell’impresa.
stimano per il 2009 una riduzione delle unità di lavoro nella provincia di Forlì-Cesena
prossima al 3%; particolarmente colpiti il
comparto agricolo (-11,4%) e quello manifatturiero (-5,4%). Anche per il 2010 sembra
prospettarsi una flessione occupazionale,
solo nel 2011 si registrerà una timida inversione di tendenza. Il tasso di disoccupazione
nel 2010 e nel 2011 secondo le stime si attesterà attorno al 6%, un punto percentuale in
più rispetto al valore registrato nel 2008.
I dati a disposizione non consentono an- Questi numeri, essendo previsionali, sono
cora una valutazione corretta di quanti po- soggetti a costanti revisioni ed esprimono
sti di lavoro siano andati perduti in questa una tendenza di fondo, difficile però stimare
fase recessiva. Le previsioni realizzate da quale sarà l’impatto reale di una crisi che, ad
Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia oggi, sembra ancora lontana dalla sua conTavola 2.2. Andamento della Cassa integrazione guadagni nella provincia di Forlì-Cesena.
Valori mensili, periodo 2005- 2009
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati INPS
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 2.3. Previsione di variazione delle unità di lavoro nella provincia di Forlì-Cesena.
Anni 2009, 2010 e 2011
Fonte: Prometeia - Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna (novembre 2009)
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
31
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
clusione. Al di là dei numeri che avremo nei
prossimi anni, con ogni probabilità occorrerà
prepararsi ad un’emergenza lavoro che non
potrà essere affrontata ancora a lungo attraverso l’ampio ricorso agli ammortizzatori
sociali. Certo, i dati occupazionali di ForlìCesena così come quelli dell’Emilia-Romagna sono ancora tra i migliori d’Europa e
ben superiori alla media nazionale, tuttavia
ciò non deve essere motivo di consolazione
ed esimerci dal cercare soluzioni.
Un primo punto riguarda i canali utilizzati
per trovare le figure desiderate. In un terzo dei casi l’assunzione avviene per conoscenza diretta, in un altro 28% dei casi attraverso i curricula ricevuti in azienda, un
altro 14% su segnalazione di conoscenti.
Complessivamente tre assunti ogni quattro
provengono da una rete locale basata sulla
conoscenza diretta o filtrata da conoscenti,
ai centri per l’impiego piuttosto che alle società di lavoro interinale resta un ruolo asSe in questi mesi si parla di problema lavoro solutamente marginale. È facile supporre che
- inteso come livelli occupazionali - da anni in molti casi il nuovo assunto non sarà la misi discute del problema mercato del lavoro glior scelta possibile, ma quella più semplice
– inteso come qualità del posto di lavoro, un da compiere. Non sorprende che un quarto
aspetto quest’ultimo che presenta criticità delle imprese consideri le figure cercate di
non congiunturali bensì strutturali Alcune difficile reperimento e la metà di esse deinformazioni sul mercato del lavoro sono nunci la mancanza di candidati con adeguata
desumibili dall’indagine Excelsior, una ricerca qualificazione. Non trovando quanto desideche il sistema delle Camere di Commercio rato, la soluzione, nella maggioranza dei casi,
in collaborazione con il Ministero del Lavoro è quella di assumere una figura meno qualirealizza ogni anno su un campione molto ficata da formare in azienda. Mediamente il
ampio di imprese con l’obiettivo di rilevare tempo di ricerca supera i 120 giorni, quindi
il numero di assunzioni che le aziende pre- oltre quattro mesi.
vedono di effettuare e, soprattutto, i profili
professionali richiesti1. Più che sui numeri Un secondo punto riguarda la tipologia
relativi alle assunzioni previste è interes- contrattuale. Meno del 18% delle nuove assante cercare di capire come si muovono le sunzioni avviene con un contratto a tempo
imprese della provincia di Forlì-Cesena nella indeterminato, una percentuale nettamente
loro ricerca di personale e quali sono le fi- inferiore a quella riscontrata in passato e
gure cercate.
più bassa anche rispetto al valore regiona-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 2.4. Canali utilizzati per il reperimento delle figure da assumere. Forlì-Cesena.
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2009
1
Si rimanda al sito www.fc.camcom.it per i dati Excelsior relativi alla provincia ed al sito www.starnet.unioncamere.it per quelli
nazionali
32
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 2.5. Contratti a tempo indeterminato e collaboratori a progetto.
Contratti a tempo indeterminato sul totale assunzioni
Collaboratori a progetto rispetto al totale assunzioni
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo
Excelsior, 2009
Tavola 2.6 Assunzioni per titolo di studio. Anni 2005-2009. Forlì-Cesena
Anno 2005
Anno 2009
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2009
Un terzo punto riguarda il titolo di studio
richiesto. I dati Excelsior relativi all’EmiliaRomagna segnalano che progressivamente,
seppur lentamente, la percentuale di occupati con titolo di studio universitario è in
aumento, così come cresce la quota di lavoratori diplomati. Forlì-Cesena presenta una
dinamica meno virtuosa, dal 2005 al 2009
cresce la richiesta di diplomati ma, nel contempo, si riduce quella di laureati. In regione
ogni cento assunzioni 11 riguardano laureati,
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
a Forlì-Cesena solo 6. Per un terzo delle figure professionali cercate dalle imprese non
è richiesta nessuna formazione specifica, la
scuola dell’obbligo è più che sufficiente.
L’elevata richiesta di persone con il solo titolo
della scuola dell’obbligo è in controtendenza rispetto sia alle politiche di innalzamento
dell’obbligo sia formativo che scolastico, sia
alle aspettative dei giovani e delle loro famiglie. La diffusione di occupazioni flessibili
a bassa qualificazione e l’emergere di forti
differenziazioni salariali e reddituali non solo
contribuiscono alla vulnerabilità materiale
di una quota crescente di ceto medio, ma
rischiano anche di ostacolare lo sviluppo
di un’economia realmente competitiva: entrambi i fenomeni deprimono l’investimen-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
le e nazionale. Il fabbisogno di manodopera
viene colmato con il ricorso al lavoro precario e ai collaboratori a progetto. Nel 2006
veniva attivata una collaborazione a progetto mediamente ogni cinque assunzioni, nel
2009 una ogni tre assunzioni.
33
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 2.7 Imprese che, internamente o esternamente, hanno effettuato corsi di formazione per il personale
e dipendenti che hanno partecipato a corsi di formazione. Forlì-Cesena.
Imprese che hanno effettuato corsi di formazione
Dipendenti che hanno partecipato a corsi di formazione
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
to nelle risorse umane e nelle competenze,
ostacolano la partecipazione dei lavoratori
all’impresa, abbassano il livello delle aspettative individuali di crescita e quello collettivo
dei consumi.
Indipendentemente dal titolo di studio, per
circa i tre quarti dei nuovi assunti è prevista
ulteriore formazione. Nella maggioranza dei
casi la formazione avverrà facendo ricorso
all’affiancamento, per un quinto dei lavoratori attraverso attività corsuale interna ed
esterna alle imprese stesse. Nel corso del
2008 poco meno del 30% delle imprese ha
effettuato corsi di formazione ai quali hanno
partecipato circa un quarto dei dipendenti.
Maggior attenzione ai percorsi formativi si
ritrova nelle imprese più grandi dove quasi un terzo degli addetti partecipa a corsi,
un’attività che nelle piccole aziende coinvolge un dipendente ogni sei.
Da questa breve rassegna di dati sembra
emergere un mercato del lavoro di profilo
modesto, nel quale per accedervi la conoscenza prevale sul merito, dove passare dalla
precarietà – soprattutto per i più giovani –
al lavoro stabile è sempre più difficile, dove
l’elevata formazione scolastica, le competenze, l’abilità ed i talenti faticano a trovare
collocazione. La sensazione non migliora se
guardiamo alle venti figure professionali più
richieste dalle imprese. Fatto cento il tota-
Tavola 2.8 Le 20 figure professionali più richieste a Forlì-Cesena
Figura professionale
Quota
Figura professionale
Quota
1 Personale non qualificato dell’agricoltura
8,4%
11 Cuochi in alberghi e ristoranti
1,8%
2 Macellai, pesciaioli ed assimilati
6,9%
12 Personale di segreteria
1,7%
3 Commessi e assimilati
6,1%
13 Baristi e assimilati
1,7%
4 Camerieri ed assimilati
6,1%
14 Professioni qualificate nei servizi sanitari
1,7%
5 Add. non qualif. a serv. di pulizia in imprese..
5,0%
15 Addetti a macchine confezionatrici di prod. ind.
1,5%
6 Contabili ed assimilati
4,6%
16 Addetti alla vendita all’ingrosso
1,3%
7 Conduttori di mezzi pesanti e camion
3,4%
17 Elettricisti nelle costruzioni civili
1,3%
8 Parrucchieri, estetisti ed assimilati
3,3%
18 Personale add. alla pulizia in esercizi albergh.ed extralb.
1,2%
9 Personale add. alla gestione degli stock
3,1%
19 Personale non qualificato delle attività industriali
1,2%
10 Registi, direttori artistici, attori, sceneggiatori
2,7%
20 Tecnici della vendita e della distribuzione
1,1%
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2009
34
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
le delle persone che verranno assunte otto
di queste saranno addetti non qualificati
dell’agricoltura, seguono macellai, commessi,
camerieri, addetti ai servizi di pulizia. Ciò a
cui assistiamo è una consistente domanda
inevasa di posizioni a bassa qualificazione di
difficile reperimento, mansioni che si cerca
di coprire attraverso il ricorso a lavoratori
stranieri.
campo interventi che, in periodi meno critici, potrebbero trovare minor condivisione e
maggiori resistenze.
Se volessimo riassumere con una battuta
quanto visto potremmo affermare che trovare (o mantenere) un posto di lavoro potrebbe essere l’imperativo dei prossimi mesi,
trovare un posto di lavoro qualitativamente
all’altezza sarà quello dei prossimi anni. Se
nel cammino verso la via alta dello sviluppo
uno degli obiettivi strategici è fare della conoscenza un differenziale competitivo, questo significa avviare un graduale processo di
sostituzione di lavori impersonali svolti da
lavoratori intercambiabili con lavori che si
fondano sull’intelligenza delle donne e degli uomini, sulle loro differenze ed unicità. Il
differenziale competitivo va ricercato nella
formazione e nella capacità delle persone,
nella loro creatività, nel loro talento.
In altri termini potremmo dire che garantire il lavoro è la sopravvivenza, come fronteggiamo il pericolo nel breve periodo.
Intraprendere con decisione i cambiamenti
necessari per riformare il mercato del lavoro e della formazione costituisce la sfida,
l’opportunità da cogliere per mettere in
La variazione del commercio verso l’estero
rappresenta, insieme alla cassa integrazione guadagni, la variabile sulla quale l’effetto
della crisi risulta maggiormente evidente.
Nei primi undici mesi del 2009 il calo delle
esportazioni rispetto allo stesso periodo del
2008 ha sfiorato il trenta per cento (28,4%),
un andamento che si ritrova con dimensioni più o meno analoghe nelle altre province
dell’Emilia-Romagna.
Se per l’occupazione è possibile trovare soluzioni temporanee (ammortizzatori sociali
in primis) per arginare le difficoltà di natura
congiunturale, per il commercio verso l’estero le leve sulle quali agire come sistema territoriale per contrastare nel breve periodo
gli effetti della crisi sono pressoché nulle, se
non augurarsi una pronta ripresa della domanda internazionale.
Ciò non significa restare immobili. In realtà
questa fase del ciclo economico può rappresentare l’occasione (l’opportunità) per interrogarsi su alcuni aspetti legati alle esportazioni. Il primo - più di carattere generale
Alcune riflessioni su commercio estero ed
innovazione possono contribuire a sviluppare ulteriormente il ragionamento.
2.3. Esportare qualità
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 2.9. Andamento mensile delle esportazioni di Forlì-Cesena.
Variazione rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Anni 2006 -novembre 2009
Fonte: Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati ISTAT
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
35
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 2.10 Variazione delle quantità esportate, del valore delle esportazioni e del valore medio unitario.
Anni 2001-2008
Fonte: elaborazione Area Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su database Archer Road e dati Istat
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
ed al quale non tenterò di dare risposta in
questo capitolo - riguarda la sostenibilità
di un modello sempre più orientato verso
la domanda estera o, più correttamente, la
sostenibilità di un modello nel quale la domanda interna continua ad essere particolarmente flebile. Il secondo aspetto, più specifico, è relativo alla possibilità di continuare
a fare del commercio con l’estero una leva
competitiva importante. Per tentare di dare
risposta a questa seconda domanda occorre
accantonare i dati del 2009 falsati dalla crisi
internazionale e ripercorrere gli anni precedenti.
36
lore medio unitario delle esportazioni, cioè
il valore per unità di quantità di export.
Dal 2001 al 2008 il valore medio unitario
dell’Italia è aumentato del 15%, quello del
Piemonte dell’1%, il Veneto ha registrato un
incremento del 9%, la Lombardia un calo del
6%. L’Emilia-Romagna con un aumento del
valore medio unitario del 34% è la regione
che meglio delle altre ha saputo accrescere il valore medio dei beni esportati. In altri termini, le imprese emiliano-romagnole
commercializzano sui mercati esteri prodotti che valgono di più, di maggior qualità o che
incorporano maggiore tecnologia.
Purtroppo il dato sulla quantità delle esporRecentemente Unioncamere Emilia-Romagna tazioni provinciali non è disponibile, quindi
ha realizzato uno studio alla ricerca delle ra- non è possibile replicare la stessa analisi per
gioni del perché l’Emilia-Romagna sia riuscita Forlì-Cesena. Tuttavia, nello stesso periodo
ad ottenere risultati apprezzabili nel com- 2001-2008 il commercio verso l’estero della
mercio con l’estero dal 2001 al 2008. Per provincia è aumentato del 46,5%, un valore
fare questo sono state messe a confronto le analogo a quello regionale. Se per l’Emiliaquantità esportate con i relativi valori.
Romagna larga parte della crescita del valore medio unitario è dovuto ad uno spostaNegli anni esaminati tutte le regioni italiane mento verso produzioni a tecnologia alta o
hanno aumentato la loro capacità esporta- medio alta – che costituiscono oltre la metà
tiva, sia misurandola in termini quantitativi del portafoglio export regionale – per Forlìche di valore. Emergono però notevoli dif- Cesena parte della crescita potrebbe essere
ferenze territoriali. Mentre la Lombardia ascrivibile ad un innalzamento della qualità
ha accresciuto il valore complessivo delle delle produzioni.
esportazioni perché ha commercializzato
all’estero maggiori quantità di prodotti, le Qualità ed innovazione hanno consentito
altre regioni sono cresciute perché hanno alle esportazioni regionali e di Forlì-Cesena
esportato beni che valgono di più. Questo di rimanere competitive. Se si considerano le
differente comportamento può essere sin- quote di mercato detenute a livello mondiatetizzato attraverso un singolo numero, il va- le, nell’ultimo quinquennio la minor cresciRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 2.11 Esportazioni per contenuto tecnologico. Anno 2008 e variazioni 2004-2008 (totale = 0).
Emilia-Romagna e Forlì-Cesena a confronto.
Esportazioni per contenuto tecnologico
Variazione 2004-2008. Media = 0
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su database Archer Road e dati Istat
rilevante detenuta da Forlì-Cesena riguarda
l’Eritrea, ogni centomila euro di esportazioni
verso l’Eriterea 587 provengono dalla provincia romagnola. Seguono Albania, Benin,
Camerun e Libia.
Eritrea, Benin ed Emirati Arabi sono i mercati verso i quali la provincia negli ultimi
sette anni ha guadagnato maggiori quote di mercato, Guinea, Libia e Danimarca
quelli dove la flessione è stata superiore.
Complessivamente sui 196 Paesi considerati
Forlì-Cesena ha conquistato nuove quote di
mercato in 101 di essi. Un risultato ascrivibile, come ricordato, al “cosa si esporta”. Il
processo di trasformazione che sta gradualmente innalzando il livello qualitativo delle
merci provinciali e regionali non riguarda
solamente quelle a maggior contenuto tecOgni centomila euro commercializzati a li- nologico, ma si estende a larga parte delle
vello mondiale nel 2008, 28 vengono da produzioni caratterizzanti il “made in EmiliaForlì-Cesena, quota in lieve diminuzione Romagna”.
(-4,6%) rispetto al 2001. Considerando le
quote di mercato rispetto ai primi dieci Le ragioni dei buoni risultati conseguiti sui
partner commerciali, le imprese della pro- mercati internazionali vanno ricercati anche
vincia esportano verso la Germania 50 euro nel “chi esporta”. In alcuni casi la crescita
ogni centomila euro di export mondiale ver- delle quote di mercato sembra ascrivibile
so il Paese tedesco, 61 verso la Francia, 44 all’abilità di poche imprese di intercettare
verso il Regno Unito. Rispetto al 2001 Forlì- prima delle altre le dinamiche del settore. In
Cesena – sempre con riferimento ai primi altri casi gli ottimi risultati conseguiti derivadieci Paesi - ha guadagnato quote di mercato no da un’evoluzione dell’intera filiera di apverso la Russia, gli Emirati Arabi e la Svizzera. partenenza. Un’evoluzione che quasi sempre
Se si allarga l’analisi a tutti i Paesi (sono 196 nasce dalla capacità delle imprese driver di
quelli considerati) la quota di mercato più trainare l’intera filiera, proponendosi come
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
ta del commercio estero dell’Italia rispetto
alla variazione della domanda globale è stata consistente. Nel 2001 ogni 100mila euro
commercializzati a livello mondiale 3.770
euro erano attribuibili a produzioni italiane,
valore sceso a 3.288 euro nel 2008. La flessione ha riguardato tutte le regioni italiane,
seppure con intensità differenti.Tra le grandi
regioni esportatrici l’Emilia-Romagna è quella che ha maggiormente contenuto la riduzione, passando dai 433 euro ogni 100mila
euro commercializzati nel mondo nel 2001
ai 426 euro del 2008. In termini percentuali la quota emiliano-romagnola si è ridotta
dell’1,5%, un valore modesto se confrontato
con il -13,7% della Lombardia ed il -20,2%
del Veneto.
37
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tavola 2.12 Esportazioni. Quote di mercato 2008 e 2001.
Primi 10 Paesi partner commerciali di Forlì-Cesena per valore dell’export e per quota di mercato detenuta
Valore dell’export
2001
2008
Quota di mercato
2001
2008
1 Germany
0,063%
0,050%
1 Eritrea
0,052%
0,587%
2 France
0,078%
0,061%
2 Albania
0,365%
0,415%
3 United Kingdom
0,038%
0,044%
3 Benin
0,149%
0,244%
4 Russian Federation
0,069%
0,087%
4 Cameroon
0,176%
0,199%
5 United States
0,012%
0,011%
5 Libyan Arab Jamahiriya
0,360%
0,163%
6 Spain
0,066%
0,056%
6 Greece
0,184%
0,163%
7 United Arab Emirates
0,020%
0,111%
7 Cyprus
0,100%
0,136%
8 Netherlands
0,053%
0,025%
8 Azerbaijan
0,185%
0,132%
9 Greece
0,184%
0,163%
9 Moldova
0,061%
0,128%
10 Switzerland
0,054%
0,066%
10 Tunisia
0,106%
0,123%
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati Archer Road, ISTAT e WTO
Tavola 2.13 Esportazioni. Quote di mercato 2008 e 2001.
Primi 10 Paesi partner commerciali di Forlì-Cesena per crescita della quota di mercato detenuta
e per decremento della quota di mercato detenuta
Crescita della quota
2001
2008
Decremento della quota
2001
1
Eritrea
0,052%
0,587%
1
Guinea-Bissau
0,439%
2
Benin
0,149%
0,244%
2
Libyan Arab Jamahiriya
0,360%
3
United Arab Emirates
0,020%
0,111%
3
Denmark
0,134%
4
Seychelles
0,002%
0,082%
4
Latvia
0,108%
5
Moldova
0,061%
0,128%
5
Maldives
0,084%
6
Albania
0,365%
0,415%
6
Sierra Leone
0,080%
7
Gabon
0,019%
0,064%
7
Romania
0,134%
8
Niger
0,003%
0,048%
8
Ethiopia
0,095%
9
Cyprus
0,100%
0,136%
9
Azerbaijan
0,185%
10 Cape Verde
0,033%
0,067%
10 Syrian Arab Republic
0,085%
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati Archer Road, ISTAT e WTO
2008
0,059%
0,163%
0,040%
0,031%
0,012%
0,009%
0,064%
0,025%
0,132%
0,032%
Tavola 2.14 Imprese esportatrici manifatturiere e percentuale di fatturato realizzato all’estero. Forlì-Cesena.
Percentuale di fatturato realizzato all’estero
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Imprese manifatturiere 1-500 addetti esportatrici
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna su dati dell’Osservatorio congiunturale industria manifatturiera
38
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
è prima in assoluto per numero di brevetti
depositati, così come risulta essere la regione con il numero più elevati di laureati in
discipline scientifiche e tecnologiche ogni
mille giovani abitanti. I dati aggregati fotografano una posizione lusinghiera per la nostra
regione, quantomeno in ambito nazionale.
Tuttavia è lecito domandarsi quanto questa
eccellenza sia ascrivibile a poche imprese e
quanto invece sia un risultato ad ampia diffusione.
Partendo da questa considerazione in questo capitolo si è scelto di non analizzare i
dati tradizionali legati all’innovazione (brevetti, spesa in ricerca, addetti alla ricerca e
allo sviluppo, …) ma di concentrarsi su altri
aspetti che caratterizzano il rapporto tra
innovazione e piccola impresa. Con questo obiettivo nel mese di novembre 2009
Unioncamere Emilia-Romagna ha realizzato
una ricerca su un campione di circa duemila
piccole e medie imprese (oltre il 90% delle
imprese intervistate ha meno di 50 addetti)
per indagare i percorsi di innovazione seguiti per introdurre elementi di innovazione al
proprio interno3. I dati che vengono esposti
in questo capitolo si riferiscono alle circa
300 imprese intervistate nella provincia di
Forlì-Cesena.
Le strade percorse si presentano estremamente diversificate, così come differente è
il modo di intendere l’innovazione. Negli
ultimi tre anni la metà delle imprese intervistate non ha introdotto nessun elemento
di innovazione, le aziende restanti si sono
concentrate soprattutto nel migliorare l’esistente, un’innovazione che, semplificando,
potremmo definire di tipo incrementale.
Meno di un’impresa ogni dieci ha effettuato
interventi innovativi radicali che segnano un
2.4. Innovare per competere
cambiamento netto rispetto al passato, sia
per quanto concerne il prodotto finale sia
La Germania destina all’attività di ricerca e nel processo per la sua realizzazione.
sviluppo il 2,6% del proprio prodotto inter- Considerando solo le imprese che hanno
no lordo, la Francia il 2,1%, l’Italia l’1,2%2. Un dichiarato di aver innovato negli ultimi tre
numero è sufficiente per fotografare la si- anni, l’investimento per il principale progettuazione: se si investe in ricerca meno della to innovativo effettuato risulta essere modemetà rispetto ai principali concorrenti diffi- sto, in un quinto dei casi inferiore ai 10mila
cilmente questa potrà essere una leva com- euro, per metà delle aziende non supera i
petitiva di successo.
50mila euro. In quasi due terzi delle imprese
L’Emilia-Romagna è seconda tra le regioni intervistate l’innovazione è innovativa solo
italiane per numero di imprese innovatrici, per l’azienda stessa, non per il settore o per
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
trait d’union tra dimensione locale e la dimensione globale.
L’analisi del “chi esporta” offre lo spunto
per una serie di riflessioni. La prima è legata all’esiguo numero di imprese esportatrici,
negli ultimi cinque anni le società della provincia che hanno commercializzato almeno
una volta all’estero sono poco più di 1.600.
Tuttavia solo per una piccola quota di esse le
esportazioni rappresentano un’attività continuativa e non semplicemente un fatto episodico. Nel comparto manifatturiero le imprese che esportano sono meno di un quarto, a
significare che tre aziende dell’industria ogni
quattro commercializzano solo sul mercato
nazionale. Se si vuole individuare un tasto
dolente nel commercio con l’estero provinciale e regionale questo sembra risiedere
nel “chi esporta”. L’organizzazione a filiera ha
determinato che l’attività di internazionalizzazione fosse delegata alle poche imprese
driver, cioè le aziende con le quali le piccole
imprese del territorio collaboravano come
subfornitrici. Oggi la struttura a rete sembra
indebolirsi ed il traino delle imprese leader
diviene via via meno forte. Per molte imprese essere rimasti ai margini del commercio
con l’estero può rivelarsi un fattore penalizzante. E non ci si può inventare esportatori
da un giorno all’altro, la presenza sui mercati esteri richiede organizzazione, capacità e conoscenze che non possono essere
improvvisate. Ma prima ancora è necessaria
la “cultura dell’internazionalizzazione”, cioè
quel salto culturale che consente di vedere
oltre la concorrenza delle economie emergenti e cogliere le opportunità che il mercato globale offre. Un salto culturale analogo è
richiesto quando si parla di innovazione.
2
Fonte Eurostat, anno 2008
Per maggiori approfondimenti si rimanda al sito www.rer.camcom.it e all’osservatorio sui fabbisogni tecnologici delle imprese
dell’Emilia-Romagna
3
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
39
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
l’intero mercato.
Questi primi numeri sembrano raccontare
una scarsa attenzione delle piccole e medie
imprese della provincia all’innovazione, metà
di esse non ha fatto nulla, per le altre si è
tradotto nella maggioranza dei casi nella sostituzione di macchinari obsoleti o piccole
migliorie. Vi è comunque un 10% delle imprese che innova radicalmente, che investe
oltre 500mila euro per un singolo progetto,
che ritiene il proprio investimento innovativo per l’intero mercato. All’interno di questo ristretto gruppo di aziende innovatrici
non si trovano solo alcune imprese più grandi, ma anche aziende con volumi di fatturato
modesti che puntano forte sull’innovazione
per il loro progetto di crescita.
Tavola 2.15 Principali obiettivi dell’innovazione (percentuale di imprese che li ha dichiarati rilevanti)
e investimenti in innovazione sul fatturato
(percentuale di imprese che ha effettuato investimenti significativi o cospicui). Forlì-Cesena.
Tipo di innovazione introdotto nell’impresa
Classe di investimenti relativamente alla Portata dell’innovazione. Nuova, per
principale innovazione
l’azienda, per il settore o per il mercato
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna, osservatorio sui fabbisogni tecnologici
Tavola 2.16 Principali obiettivi dell’innovazione (percentuale di imprese che li ha dichiarati rilevanti)
e investimenti in innovazione sul fatturato
(percentuale di imprese che ha effettuato investimenti significativi o cospicui). Forlì-Cesena.
Investimenti in innovazione sul fatturato
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Obiettivi dell’innovazione
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna, osservatorio sui fabbisogni tecnologici
40
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Gli obiettivi che si pongono le imprese nel
loro percorso di avvicinamento all’innovazione riguarda soprattutto la riduzione dei
costi e l’aumento della produttività. Minor
attenzione è rivolta all’ingresso in nuovi
mercati o l’allargamento della gamma dei
prodotti, così come risulta di minor interesse il miglioramento dei servizi ai clienti. Gli
aspetti legati alla salvaguardia dell’ambiente
non rientrano tra le motivazioni che spingono gli imprenditori all’innovazione.
Le scelte di investimento riflettono fedelmente gli obiettivi, le imprese investono in
macchinari e prodotti introducendo innovazioni sviluppate all’interno dell’azienda. Solo
per macchinari complessi o per il software
si ricorre a fornitori esterni. L’assunzione e
la formazione di personale dedicato riguardano un numero ridotto di imprese.
Gli strumenti utilizzati per reperire informazioni relative all’innovazione sono quelli
riconducibili alla rete locale, costituita dalle
fonti interne, dai fornitori e dai clienti. Un
ruolo rilevante è riconosciuto alle associazioni di categoria e alla partecipazione a fiere e mostre. Canali informativi più specifici
quali consulenti esterni, Università, Camera
di Commercio rientrano solo in misura marginale tra le scelte delle imprese. Le ragioni
sono molteplici, possono riguardare la tipologia di investimenti che si concentra in piccoli interventi di innovazione incrementale
Tavola 2.17. Strumenti per reperire informazioni relative all’innovazione.
Percentuale di imprese che hanno dichiarato di utilizzare spesso o sempre tali strumenti. Forlì-Cesena.
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna, osservatorio sui fabbisogni tecnologici
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 2.18. Aspetti che hanno favorito l’introduzione di innovazione.
Percentuale di imprese che hanno dichiarato che tali voci le hanno favorite molto o abbastanza. Forlì-Cesena.
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna, osservatorio sui fabbisogni tecnologici
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
41
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
che non necessitano di supporto esterno,
oppure possono essere ricondotte ad una
scarsa conoscenza di quanto il sistema pubblico territoriale può mettere a disposizione
in tema di innovazione.
precedentemente in merito ai canali utilizzati per reperire il personale. Il secondo
riguarda la percezione di un rischio troppo
elevato, il terzo è relativo alle difficoltà del
mercato (scarsa conoscenza ma anche forte
concorrenza di altre imprese), il quarto seÈ stato chiesto alle imprese di indicare gli gnala la difficoltà ad accedere a finanziamenaspetti che hanno favorito il loro processo ti. L’innovazione – quando non si tratta di
innovativo. Dalle risposte è possibile deli- una semplice sostituzione di macchinari obneare un percorso che diventa via via più soleti - è un’attività che viene percepita ad
articolato al crescere del livello di innova- alto rischio in quanto richiede investimenti il
zione. Per le imprese per le quali l’innova- ritorno dei quali non è di facile quantificaziozione significa semplicemente migliorare ne. La rischiosità di innovare veniva percepil’esistente il percorso prevede investimenti ta elevata già in anni in cui il contesto interquasi esclusivamente in macchinari e colla- nazionale era meno sfavorevole e l’accesso
borazioni in ambito locale con fornitori e al credito era agevole. A maggior ragione lo
clienti. Le imprese con un livello marginale di è oggi, all’interno di una fase recessiva e di
innovazione radicale estendono la loro rete stretta creditizia.
relazionale anche, e soprattutto, a clienti e
fornitori non locali e segnalano nella parte- I risultati di questa indagine sull’innovazione
cipazione a fiere e convegni un aspetto utile fotografano con efficacia a che punto siamo
alla diffusione dell’innovazione. Le imprese nel cammino verso la via alta dello sviluppo.
maggiormente innovative, oltre alla rete Vi sono alcune imprese di medie e grandi
esterna, sviluppano anche una rete interna dimensioni che stanno procedendo a forte
attraverso le conoscenze apportate dal per- velocità, competono su scala internazionale
sonale e all’attività di ricerca e sviluppo. Si e spesso guidano il processo di innovazione
conferma la scarsa rilevanza attribuita dalle e cambiamento del mercato.Vi sono piccole
imprese alle Istituzioni e ai centri di ricerca aziende che la via alta dello sviluppo l’hanno
quali referenti che possono favorire l’inno- imboccata – o la stanno imboccando – forti
vazione.
di scelte importanti fatte seguendo una visione strategica ben definita. Vi sono impreQuattro sono gli ostacoli principali al pro- se – la grande maggioranza – che percorcesso di innovazione che le piccole imprese rono strade che si snodano ai margini della
segnalano. Il primo è la difficoltà di reperire via alta. Infine, altre ancora hanno smesso di
personale qualificato, una risposta che non avanzare e attendono di vedere cosa sbusorprende se si correla con quanto visto cherà dalla prossima curva.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Tavola 2.19 Aspetti che hanno ostacolato l’introduzione di innovazione.
Percentuale di imprese che hanno dichiarato come ostacoli abbastanza o molto rilevanti tali aspetti. Forlì-Cesena.
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna, osservatorio sui fabbisogni tecnologici
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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
un elevato e diffuso benessere sul territorio.
Oggi, alla luce di quanto visto, questo paradigTra i tanti numeri citati per raccontare il ca- ma va ribaltato. Si è competitivi come persopitale umano, le esportazioni e l’innovazione ne e come imprese se si è inseriti all’interno
è possibile individuare alcuni elementi comu- di un sistema territoriale competitivo. Non è
ni. Il più importante riguarda la prospettiva un gioco di parole ma è un cambiamento di
dalla quale si guardano i dati. Quando si pas- paradigma che introduce differenze sostansa dal dato aggregato a quello elementare le ziali, a partire dalla logica con la quale penconsiderazioni alle quali si giunge possono sare le politiche per lo sviluppo (industriali
differire in maniera sostanziale. Forlì-Cesena, e sociali, tenere distinti questi due mondi è
vista come sistema territoriale – e, dunque, sempre più privo di senso).
nella sua dimensione aggregata - si presenta,
tutto sommato, ben avviata verso la via alta Riprendiamo il tema dell’innovazione, l’amdello sviluppo. All’interno dei dati si ritrova- bito dove la logica di sistema è probabilmenno le tracce del cambiamento, si possono te in fase più avanzata. Molto si sta facendo
individuare azioni proattive che fuoriescono a livello provinciale e regionale per creare
dalla semplice logica della sopravvivenza. Se conoscenza, per diffondere e condividere
scomponiamo il sistema territoriale nei suoi quella che nasce in altri parti del mondo. I
elementi costitutivi, persone ed imprese, ci tecnopoli, le reti che collegano i principali
accorgiamo che solo una parte di essi sta centri di ricerca pubblici – in primis l’uniavanzando, la maggioranza sta pericolosa- versità – e quelli privati sono espressione di
mente rallentando e scivolando fuori dalla un deciso intervento di sistema per favorire
carreggiata.
l’accesso all’innovazione, per far entrare le
Lavoro, esportazioni ed innovazione esempli- imprese nei flussi globali della conoscenza.
ficano una tendenza che trova conferma nei A questo notevole sforzo per potenziare la
numeri di altre azioni di matrice economica capacità dei centri di ricerca non sembra afo sociale, dati che sembrano dirci che voler fiancarsi un adeguato potenziamento interno
percorrere la via alta dello sviluppo è fuori delle imprese. Affinché vi sia trasferimento
dalla nostra portata, almeno per larga parte tecnologico è fondamentale che un’azienda
delle nostre imprese. Non è una affermazio- possegga struttura e competenze in grado
ne che ci coglie di sorpresa, la struttura non di interagire con i produttori di conoscenavanzata di molte aziende non è elemento di za. La presenza di personale con specifiche
novità. Ciò che è nuovo è che la trasforma- competenze nella ricerca ed innovazione è
zione dell’ambiente – processo che nella cri- un passaggio obbligato per relazionarsi corsi ha trovato ulteriore accelerazione – non rettamente con i centri di ricerca, per deconsente di perpetuare a lungo navigazioni a finire le proprie necessità e valutare l’adevista e logiche di sopravvivenza. O si trova la guatezza di quanto proposto. Ma saper diapropria collocazione - la propria identità, il logare con gli enti esterni non è sufficiente
proprio ruolo – sul mercato globale, oppure se non si dispone anche delle competenze
si è fuori. Quante e quali imprese sono in gestionali in grado di definire gli obiettivi da
grado di farlo singolarmente?
raggiungere e le azioni per perseguirli. Senza
un adeguato potenziamento organizzativo
Facciamo un passo indietro. Nel commenta- e gestionale delle imprese non può esserci
re il primo livello di cambiamento si è affer- trasferimento tecnologico ed i risultati delmato che il territorio - inteso come luogo la ricerca pubblica non possono creare né
capace di attrarre e portare a valore i flussi valore né ricadute positive sulle aziende del
e di accompagnare i suoi abitanti (persone territorio. I risultati dell’indagine sull’innovaed imprese) nello spazio aperto – costitu- zione illustrati nel capitolo precedente sono
isce l’ambiente ideale dove porsi obiettivi eloquenti, difficile pensare che siano molte
che sappiano andare oltre alla sola sopravvi- le imprese con struttura e capacità adeguate
venza e rispondano ad una visione più alta. per avviare con successo il processo di coPer anni abbiamo sostenuto che imprese creazione del valore attraverso la collaboracompetitive fanno il territorio competitivo. zione con enti esterni.
Lo abbiamo sostenuto perché in passato era Dunque, se si vuole portare l’impresa nella
vero, la competitività delle imprese garantiva via alta dello sviluppo è necessario accomRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
2.5 Cosa e come
43
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
pagnarla nella logica di sistema territoriale,
innanzitutto pensando a nuove modalità
per consentire alle imprese di accedere alle
competenze mancanti. Si può pensare a dei
manager temporanei dell’innovazione (così
come stanno nascendo figure analoghe per
l’internazionalizzazione), cioè competenze
esterne alle quali l’azienda può accedere
solo per il tempo necessario; alla promozione di società per il brokeraggio tecnologico che operino in una logica di co-gestione
dei progetti con l’impresa; alla formazione
di figure professionali finalizzata all’assunzione nell’impresa. Le possibili soluzioni sono
numerose, non è l’obiettivo di questo studio individuare quelle più efficaci. L’esempio
dell’innovazione è funzionale ad evidenziare
come ostacoli che la singola impresa non
può affrontare singolarmente possano trovare soluzione in una logica di sistema territoriale.
3. Il terzo livello. Convinzioni, valori,
identità e visione
Sognatore è un uomo con i piedi fortemente
appoggiati sulle nuvole
Ennio Flaiano
Ovunque tu vada, vacci col cuore.
Confucio
3.1. Introduzione
Nei capitoli precedenti più volte si è fatto
riferimento al forte legame tra imprese, cittadini e territorio che caratterizza la provincia di Forlì-Cesena, una sistema di relazioni
che - come ricordato nelle note introduttive
- non possiamo rappresentare attraverso un
modello, ma che può essere sintetizzato nei
suoi tratti principali. Il racconto del terzo
livello di cambiamento, al quale attengono
Insistere sull’importanza del legame tra i valori, l’identità e la visione, non può che
territorio ed impresa può sembrare pleo- cominciare da qui, dal ripercorrere, a grannastico in una provincia ed in una regione di linee, alcune delle tappe evolutive di tale
che su questo elemento hanno costruito un rapporto.
“modello di sviluppo” studiato in ogni parte
del mondo. Su questo aspetto tornerò nel Negli anni sessanta il territorio costituiva
prossimo capitolo, qui preme sottolineare un “contenitore” nel cui ambito si realizzava
come questo rapporto in passato basato su una forte concentrazione di fasi produttive,
un equilibrio di reciproca convenienza deb- in grado di attivare forti economie esterba trovare nuovi equilibri e, probabilmente, ne riducendo considerevolmente i costi di
nuovi elementi distintivi che rendano il ter- transazione delle imprese. Attorno ad una
ritorio un valore aggiunto sul quale investi- o più grandi imprese sorgevano numerose
re e le imprese un elemento identitario del piccole e piccolissime aziende, si diffondevaterritorio stesso.
no attività artigianali e commerciali, i piccoli
Conoscenza tecnologica, talenti, la via alta proprietari terrieri ed i braccianti agricodello sviluppo possono risultare fattori in- li abbandonavano le campagne per avviare
sufficienti per lo sviluppo delle aziende e nuove imprese o per lavorare in fabbrica. La
del territorio se non vi è compresenza di specializzazione per fasi produttive rendeva
un insieme di istituzioni formali ed informa- possibile scomporre e flessibilizzare i proli che consentano a persone ed imprese di cessi produttivi e creava delle forti econoperseguire i propri obiettivi individuali inte- mie di agglomerazione.
ragendo e contribuendo collettivamente al Degli effetti di queste prime reti d’impresa
benessere generale.
locali ne beneficiano anche i cittadini. La crescita delle imprese genera ricchezza tra la
Ma questo attiene già alla visione, all’identità, popolazione, il benessere diffuso ed un goal terzo livello di cambiamento.
verno del territorio agito responsabilmente
sostengono lo sviluppo di un’altra rete, quella sociale. A sua volta la rete sociale alimenta
quella economica e favorisce lo scambio di
conoscenza, del “saper fare”.
La vicinanza di processo e di prodotto fu
l’elemento cardine dello sviluppo di Forlì-
44
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
L’ampliarsi del divario tra entrate ed uscite
della Pubblica amministrazione, l’incapacità
di fronteggiare la nuova domanda sociale
che si andava traducendo in domanda e servizi al di fuori della famiglia, la progressiva
riduzione del carico di “responsabilità sociale” sostenuto dalle imprese private per accrescere i livelli di competitività, furono tra
le principali cause della fine del welfare state
conosciuto sino ad allora.
Negli anni novanta la globalizzazione introdusse elementi nuovi nello scenario competitivo. L’emergere di una nuova concorrenza
nelle produzioni a basso contenuto tecnologico, l’affermarsi delle tecnologie e l’ampliamento del
c o m m e rcio a nuovi
mercati richiesero un
salto di qualità nell’organizzazione e nelle
strategie di
internazionalizzazione. Un salto
che, come
ricordato
p re c e d e n temente,
solo poche
imprese
fecero, mentre le altre trassero vantaggio
dalla svalutazione della lira che le rese temporaneamente competitive. In questi anni
si assiste alle prime delocalizzazioni, ad una
selezione dei sub-fornitori con la creazione
di legami privilegiati tra le aziende capofila e
i migliori tra di essi, all’emergere di gruppi
aziendali distrettuali, in molti casi estesi sino
a coinvolgere consociate all’estero.
Alla crisi del welfare state è corrisposto un
cambiamento nelle funzioni del terzo settore. Un numero crescente di organizzazioni è
passato dalle funzioni di tutela, promozione
e sperimentazione alla produzione diretta,
in forma stabile e organizzata, di servizi alla
persona e alla comunità. Questo passaggio
è stato stimolato sia dall’aumento della domanda di servizi e dalla sua crescente differenziazione, sia dalla scelta di molte pubbliche amministrazioni di delegare la produ-
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Cesena e, più in generale, dei sistemi locali negli anni sessanta e settanta. La seconda
metà degli anni settanta e gli anni ottanta ebbero come elemento aggregante la condivisione di strategie orientate al consumatore.
Erano anni in cui le grandi imprese dovevano
contrastare la forte crescita del costo del
lavoro e affrontare difficoltà legate ai canali
distributivi. Contestualmente la crescita del
reddito determinava la crisi della produzione standardizzata di massa e la crescita della
domanda di beni personalizzati, favorendo
così lo sviluppo della piccola impresa che,
per flessibilità, meglio si adattava alla nuova
domanda. È di questi anni l’affermazione di
quella che è stata definita la “Terza Italia”, una
realtà costituita dalla
rete distrettuale delle
piccole
e
piccolissime
imprese del
nord-est e
del centro
Italia.
Gli anni ottanta furono
anche
attraversati
da profondi
cambiamenti nel modello sociale. La crisi
degli anni settanta provocò le prime crepe
nel modello di sviluppo basato su una crescita diffusa dei livelli di reddito. In quegli
anni divenne evidente l’inadeguatezza dei
modelli di welfare europeo conosciuti sino
ad allora, nei quali il benessere era garantito
dall’azione congiunta dello Stato e del mercato, con ruoli ben definiti. Lo spazio lasciato
all’autonomia della società civile e alle sue
organizzazioni solidaristiche era, in quel modello, marginale. L’attenzione sul settore non
profit era rivolta soprattutto al fenomeno
del “volontariato” e alle sue funzioni di tutela, di promozione dei diritti di cittadinanza
e di sperimentazione di nuovi servizi o di
nuove modalità per dar risposta a bisogni
che la Pubblica amministrazione non riusciva soddisfare. Era del tutto irrilevante il suo
contributo sia alla distribuzione del reddito
sia alla produzione di servizi di utilità sociale.
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Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
zione di servizi sociali ad organizzazioni di
terzo settore. Si è così cominciato a superare l’idea secondo cui le organizzazioni non
profit siano realtà residuali dovute all’inefficienza di Stato e privati, ma soggetti privilegiati per produrre servizi non standardizzati
in stretta connessione con le istanze ideali
della società civile.
46
Nei primi anni del duemila i sistemi locali,
dopo aver seguito percorsi di riaggiustamento strutturale tramite l’espulsione delle
imprese rimaste al margine del mercato, si
sono dovuti confrontare – senza più la possibilità di ricorrere a vantaggi concorrenziali
come la svalutazione della lira - con il mercato globale, rendendo manifesta l’inadeguatezza delle reti corte locali e la necessità di
agganciare le reti lunghe della conoscenza.
L’economia civile acquisisce un ruolo sempre più rilevante, non solo in ambito sociale,
ma anche in quello economico. La partecipazione della collettività ad iniziative non
profit risulta fondamentale per il mantenimento di quella rete sociale necessaria per
alimentare quella economica (e viceversa).
Accanto ad organizzazioni che avevano
mantenuto un ruolo di tutela di particolari
gruppi di cittadini, si diffondono organizzazioni con esclusiva, o largamente prevalente, finalità produttiva. Le organizzazioni non
profit operano prevalentemente in servizi
di pubblica utilità alla persona caratterizzati
da un elevato costo per unità erogata e un
prezzo di mercato inesistente, servizi che
non possono essere erogati da imprese che
puntano a massimizzare il profitto, ma necessariamente da organizzazioni che hanno
come obiettivo un agire imprenditoriale socialmente finalizzato. Tale assunto è stato la
premessa della nascita del cosiddetto “welfare mix”, un sistema in cui entità di diverse
nature (pubblici, privati, organizzazioni non
profit) diventano erogatori di servizi di pubblica utilità alla persona.
3.2. I due fili rossi
La brevissima navigazione nella storia del
sistema territoriale di Forlì-Cesena illustra
come nel perpetuo processo di metamorfosi strutturale ed organizzativa alla ricerca
della competitività vi siano due punti fermi,
due fili rossi che ricorrono costantemente.
Il primo filo rosso è che il successo del
territorio nel corso dei decenni è sempre
correlato alla emersione di imprese leader
capaci di orientare sotto il profilo direzionale e strategico l’agire di un gran numero di
imprese di minori dimensioni. Le imprese leader ed un sistema di piccole imprese collegate in rete hanno consentito di ovviare alle
limitazioni imposte dalla dimensione, hanno
dato la possibilità – seppur indirettamente attraverso il legame con le imprese più
strutturate – a larga parte delle aziende di
essere presenti sui mercati esteri e di essere in prima linea sulla frontiera dell’innovazione. Possiamo leggerlo come una sorta di
capitalismo territoriale all’interno del quale
alcune imprese assumono una funzione di
leadership, facendosi interpreti della proiezione internazionale e dei processi innovativi delle piccole aziende locali.
Il secondo filo rosso riguarda un’altra tipologia di rete, quella sociale. Ripercorrendo
l’esperienza dei sistemi locali emerge che si
è avuta crescita economica, coesione sociale
e qualità della vita elevata dove si è riuscito
a creare consenso, dove gli obiettivi e i valori sono stati condivisi. In questi territori si
è realizzato un circolo virtuoso tra imprese
e cittadini, la competitività delle prime assicurava il benessere sul territorio, l’elevata
qualità della vita degli abitanti garantiva le
condizioni più favorevoli per la creazione e
la condivisione della conoscenza che, a sua
volta, alimentava la crescita economica. Un
circolo virtuoso completato da una buona
amministrazione del territorio ed un sistema di welfare efficiente.
Questo è stato il cammino del nostro mo- Il vero valore aggiunto del “modello socio
dello economico e sociale sino ad oggi. Una economico” di Forlì-Cesena è da ricercarsi
lettura delle dinamiche sottostanti al per- nella diffusione della rete di relazioni formacorso seguito in questi decenni può aiutare li ed informali tra le imprese, le loro forme
a comprendere quali strade si possono apri- associative e gli enti locali, ma anche all’apre davanti a noi nel prossimo futuro.
porto di “esternalità positive” generate dai
comportamenti altruistici tra persone, organizzazioni e collettività.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Per quanto visto gli interrogativi aperti sono
tanti. Il primo riguarda il modello di sviluppo. I due fili rossi sono ancora validi? È possibile assistere ad una nuova metamorfosi
del sistema territoriale mantenendo come
punti cardinali le imprese leader – traino di
una moltitudine di imprese ad esse collegate – e la qualità del sistema relazionale? La
domanda può essere posta diversamente
focalizzando l’analisi sul pilastro fondante
del modello. La condivisione di obiettivi e
di valori esiste ancora? Vi sono ancora quegli elementi che ci consentono di parlare di
un’identità territoriale?
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Un’ulteriore riflessione può aiutare nella
comprensione di quanto sta avvenendo. Un
elemento caratteristico del rinnovamento
che il sistema territoriale ha vissuto in questi anni riguarda le trasformazioni nel capitalismo e nella composizione sociale. Sono
cambiati i fattori che determinano la concorrenzialità dei territori e conseguentemente sono emerse nuove figure detentrici
dei beni competitivi. Accanto al capitalismo
tradizionale – il management delle medie e
grandi imprese manifatturiere e delle banche - si fa strada un’altra forma di capitalismo composto dai “possessori” delle reti
- fisiche e virtuali – dalle multiutility, dalle
società della logistica e del terziario avanzato. Ad un “capitalismo manifatturiero” si
affianca, come afferma Bonomi, un “capitalismo delle reti”. Parallelamente si moltiplicano i possessori di partita IVA, i lavoratori
atipici e altre figure lavorative che faticano a
trovare voce e rappresentanza.
Interrogarsi sulla tenuta dei fili rossi significa domandarsi quanto sia ancora saldo il
rapporto tra capitalismo e territorio. Come
ricordato i risultati positivi di Forlì-Cesena
sin qui conseguiti sono derivati da un rapporto di reciproca convenienza tra le imprese leader e le molte società che con esse
interagiscono. Per le piccole imprese l’essere in relazione con le medie e grandi società
costituisce il tramite per connettersi con le
reti lunghe. Per le società leader il forte legame territoriale e la cooperazione con le
imprese del sistema territoriale hanno rappresentato un importante fattore strategico.
Il radicamento delle filiere locali fino ad oggi
sperimentato deriva dunque non da particolari obblighi sociali delle forme capitalistiche verso il territorio, ma dalla presenza – in
questo territorio più che altrove – di altre
risorse complementari, quelle legate alla capacità di generare un differenziale competitivo in termini di conoscenze originali ed
esclusive.
Se ne conclude che il legame tra capitalismo
e territorio – o, se si preferisce, tra i due
fili rossi - è tanto più stringente quanto è
maggiore la capacità di far evolvere la componente su cui il territorio può agire direttamente, il capitale della conoscenza.
Ma qual è la componente che genera il differenziale competitivo, cosa sostanzia il patrimonio che rende differente Forlì-Cesena?
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Caliamo questi due aspetti nel contesto
socio-economico attuale. Come raccontato
analizzando il secondo livello di cambiamento, la difficile fase congiunturale sta interessando la quasi totalità delle imprese, anche
quelle leader. La flessione delle aziende che
fanno da traino all’intero sistema determina
in prima battuta un calo complessivo della
competitività di tutte le imprese ad esse collegate. Le imprese leader stanno operando
una selezione ancora più rigida dei subfornitori (nonché una revisione delle condizioni
economiche), alcune di esse stanno spostando la produzione fuori dai confini locali, altre stanno aprendo ad aziende subfornitrici
localizzate all’estero. Quello che si sta verificando è un allentamento della rete che unisce le imprese del territorio. Ciò è avvenuto,
seppure in misura meno marcata, anche in
passato, ma nella provincia di Forlì-Cesena si
è sempre riusciti, attraverso trasformazioni
delle imprese driver prima e della filiera poi,
a rinsaldare le maglie della rete. Oggi tutto
questo sembra più difficile, forse impossibile
se tentiamo di riparare la rete con modalità
vecchie.
Non è solo la rete tra imprese ad indebolirsi, la loro minor competitività associata alla
trasformazione demografica sta riducendo
la capacità di assicurare benessere diffuso
sul territorio. Come raccontano i numeri,
negli ultimi anni Forlì-Cesena ha proseguito nel creare ricchezza, ma distribuendola in
maniera meno omogenea rispetto al passato.
Anche la rete sociale appare sempre meno
capace di unire, l’economia segue strade
sempre più lontane dalle istanze sociali, vi è
uno smarrimento generale dovuto ad un’assenza di valori, ad un sistema di rappresentanza che fatica a rappresentare.
47
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
La risposta non è semplice, da quanto visto
nel primo livello di cambiamento giocano un
ruolo fondamentale la dotazione di capitale
territoriale ed il capitale simbolico espressione dell’identità e del senso di appartenenza.
Ciò che differenzia Forlì-Cesena dagli altri
sistemi locali è attribuibile ad un patrimonio proprio del territorio che non sappiamo
scomporre con precisione chirurgica nelle
sue parti elementari. Un patrimonio la cui
proprietà è diffusa, composita, identificabile
con il territorio stesso.
L’antropologo Gregory Bateson si domanda: “Quali sono le parti del territorio che sono
riportate sulla mappa? Ora se il territorio fosse
uniforme, nulla verrebbe riportato sulla mappa
se non i suoi confini, che sono i punti ove la sua
uniformità cessa di contro ad una più vasta matrice. Ciò che si trasferisce sulla mappa, di fatto,
è la differenza, si tratti di una differenza di quota, o di vegetazione, o di struttura demografica,
o di superficie. Le differenze sono le cose che
sono riportate sulla mappa”.
La riflessione di Bateson può essere sintetizzata con la suggestione “il ponte tra mappa e
territorio è la differenza”, dove la differenza
è intesa come ciò che esce dagli schemi, si
comporta con modalità eteroschedastiche,
porta in-formazione, novità, evoluzione creativa. Quindi come ciò che non è pianificabile, identificabile, definibile a priori.
Secondo il noto costituzionalista Zagrebelsky
ci sono parole indefinibili che possono essere mostrate solo nella loro assenza, come
libertà e giustizia. Ciò vale nell’ambito della
poesia (l’indicibile di Rilke), della logica matematica (l’indecidibile di Godel), dell’economia (benessere e sviluppo). Allora la leggibilità di un discorso sulla differenza dipende
dal potere evocativo dei valori mostrati, dalla capacità di attrarre significato per parti di
un organismo sociale dinamico.
Questo è ciò che ci viene raccontato dall’osservazione del primo livello se tentiamo di
ricercare elementi identitari, valori e visione
nei cambiamenti avvenuti nell’ambiente. A
risposte non dissimili si perviene seguendo
un differente percorso di analisi che parte
dall’osservazione del secondo livello di cambiamento.
1
48
3.3. Ridare un senso
Secondo l’economista Zamagni le crisi possono essere classificate in due differenti
tipologie, dialettica ed entropica. La crisi
dialettica nasce da uno scontro che prende
corpo in determinate società e che contiene,
al proprio interno le forze per uscirne. La rivoluzione americana, la rivoluzione francese,
la rivoluzione di ottobre in Russia nel 1917
sono esempi di crisi dialettica. Entropica, invece, è la crisi che tende a far collassare il
sistema per implosione, senza modificarlo.
Questo tipo di crisi si sviluppa quando la
società perde il senso – cioè, letteralmente,
la direzione – del proprio incedere. Anche
di tale tipo di crisi la storia ci offre esempi notevoli: la caduta dell’impero romano; la
transizione dal feudalesimo alla modernità;
il crollo del muro di Berlino e dell’impero
sovietico.
Diverse le strategie di uscita dai due tipi di
crisi. Come sottolinea Zamagni non si esce
da una crisi entropica con aggiustamenti di
natura tecnica o con provvedimenti solo
legislativi e regolamentari – pure necessari
– ma è fondamentale affrontare di petto e
risolvere la questione del senso.
La crisi attuale ha natura entropica e la perdita di senso è ben visibile in molte sue contraddizioni, dalla separazione della sfera economica da quella sociale, dal lavoro separato
dalla creazione della ricchezza, dal mercato
separato dalla democrazia. Più in generale,
lo sfilacciamento dei fili rossi è conseguenza
di una perdita di senso, di uno smarrimento
collettivo ed individuale.
Considerazioni analoghe si ritrovano negli
scritti del sociologo Mauro Magatti. Magatti
ha definito gli anni che stiamo vivendo come
quelli del “capitalismo tecno-nichilista”1, caratterizzati dalla convinzione che nell’agire economico la tecnica possa ampliare all’infinito
la libertà di azione individuale. Negli ultimi
due decenni la crescita economica ha avuto
come unico obiettivo un aumento indiscriminato delle opportunità individuali, nell’ipotesi che tale aumento costituisse un bene in
sé, da perseguire comunque. Il profitto da
mezzo e misura dell’efficienza economica si
è imposto come fine in sé stesso, l’economia ha perso di vista qualunque dimensione
Mauro Magatti, “Libertà immaginaria - Le illusioni del capitalismo tecno-nichilista”
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Perdita di senso intesa come direzione
smarrita, ma anche come perdita di significato dell’agire, dell’essere. Se ripensiamo al differenziale competitivo raccontato
dall’ambiente, al patrimonio distintivo proprio del territorio composto da tasselli non
individuabili singolarmente, ci accorgiamo
che in tutti questi anni c’è stato un collante ben definito che ha tenuto uniti i due fili
rossi, il capitalismo con il territorio. Questo
elemento aggregante va ricercato nell’avere
una direzione condivisa, nell’avere identità e
ruolo. In definitiva nell’avere un senso, individualmente e collettivamente.
È questo che oggi si è perso e nell’analisi del
secondo livello di cambiamento sono diversi
gli aspetti che ce lo raccontano. La crescente
difficoltà nel coniugare la competitività delle imprese con un innalzamento qualitativo
dell’occupazione ne è esempio evidente ed
i numeri del mercato del lavoro ne portano
chiare testimonianze: il moltiplicarsi dell’occupazione precaria, i giovani che faticano ad
inserirsi nel mondo lavorativo, gli stipendi
che per molte categorie non consentono il
mantenimento di una qualità della vita accettabile. L’estrema precarizzazione dei giovani
determina, a cascata, altre ricadute negative,
dalla loro prolungata permanenza nelle faRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
miglie d’origine al posponimento della procreazione.
La perdita di senso nell’economia oggi appare in tutta la sua evidenza all’interno della
crisi finanziaria, ma si può cogliere altrettanto chiaramente nella continua rincorsa delle
imprese alla massimizzazione dei profitti a
breve termine, all’indiscriminato aumento
della capacità produttiva con l’obiettivo di
espellere dal mercato le imprese concorrenti, all’esasperato sfruttamento delle risorse ambientali. L’elenco che certifica la
deriva individualista, la scomparsa dell’etica
nell’economia e le tensioni con la società
potrebbe proseguire a lungo.
Le contraddizioni derivanti dalla perdita di
senso le possiamo leggere anche nell’assistenza socio-sanitaria. Il divario esistente tra
la domanda di servizi e l’offerta pubblica viene colmato da un crescente ricorso a servizi
privati sempre più diversificati, in particolare
dal moltiplicarsi delle badanti Come sostiene il sociologo Ranci, al crescente bisogno
assistenziale e alla crisi di sovraccarico delle
famiglie sta dunque rispondendo la crescita di un nuovo settore produttivo che, da
un lato contribuisce ad offrire un’opportunità di inserimento sociale e lavorativo nella maggioranza dei casi a donne immigrate,
dall’altro crea un mercato del lavoro segregato e in buona parte irregolare, che offre
scarsa tutela sia ai lavoratori della cura che
ai cittadini in stato di maggiore fragilità.
Più in generale i problemi di gestione della prima infanzia e quelli dell’invecchiamento stanno ridisegnando a fondo le modalità
attraverso le quali le famiglie organizzano
il loro funzionamento quotidiano. La cura,
come ricorda Heidegger, non è più il prendersi cura di qualcuno, ma nei casi più fortunati, nel semplice pro-curare qualcosa a
qualcuno. Di certo il passaggio al mercato
privato porta alla luce nuove criticità: di solvibilità per le famiglie con reddito scarso, di
fiducia e di tutela quando la cura viene affidata alle logiche spesso opportunistiche e
difficilmente controllabili del mercato.
Nel tentativo di risolvere le tensioni tra
coesione sociale e sviluppo generalmente
vengono seguite due strade. La prima pone
l’impresa e l’economia al centro della visione. Secondo questo approccio l’aumento
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
sociale e di “senso”, cioè qualunque valutazione - di ordine sociale, politico o morale
- che non fosse tecnica. La giustizia sociale è
diventata un effetto secondario dell’azione
economica, il posto di qualunque significato
collettivo è stato preso dal potenziamento
del desiderio individuale.
La crisi sta portando alla luce tutti i limiti del
“capitalismo tecno-nichilista” e l’interrogativo al quale si dovrà tentare di dare risposta
riguarda la capacità di reintrodurre, seppure
in forma del tutto nuova, una dimensione
“sociale” e di “senso”. Come afferma Magatti
“… si tratta in ultima istanza di costruire una
strada che eviti le due derive opposte a cui siamo esposti: da un lato quella individualistica, che
pensa il sé come un atomo indipendente e senza
legami, in preda solo al suo desiderio, e dall’altro
quella collettivistica, che tende continuamente a
riproporsi nella forma di fondamentalismi più o
meno mascherati: religiosi, etnici, territoriali. La
strada, invece, è quella di riconoscere la centralità delle due dimensioni negate dal capitalismo
tecno-nichilista, quella relazionale e quella del
senso”.
49
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
delle diseguaglianze e delle esclusioni sono
un passaggio ineludibile, un costo collettivo
che si ridurrà nel tempo conseguentemente
alla ripresa economica. Dunque è sufficiente
attendere e rilanciare la crescita economica,
il resto si sistemerà.
L’altra strada ribalta la prospettiva, al centro si pongono i bisogni dei cittadini e le linee d’azione sono volte al potenziamento
dei servizi socio-sanitari, a forme di tutela
dell’economia locale, al controllo dei flussi
migratori, al recupero dell’identità locale.
Queste due strade hanno il difetto di scindere nettamente gli obiettivi economici da
quelli sociali, una dicotomia che possiamo interpretare anche come contrapposizione tra
individualismo e statalismo centralistico,
tra mercato
e democrazia. Come
ricorda
Zamagni “si
ha individualismo quando
ogni membro
della società
vuol essere
il tutto, si ha
centralismo
quando
a
voler essere
il tutto è un
singolo componente. Nell’un caso si esalta a
tal punto la diversità da far morire l’unità del
consorzio umano; nell’altro caso, per affermare
l’uniformità si sacrifica la diversità”.
Nessuna delle due strade appare soddisfacente, per scongiurare il duplice pericolo
dell’individualismo e dello statalismo centralistico è necessario ricongiungere mercato e democrazia. È la stessa strada indicata nella enciclica Caritas in Veritate di
papa Benedetto XVI, che individua come via
d’uscita la ricomposizione di ciò che è stato
artatamente separato, si può vivere l’esperienza della socialità umana all’interno di
una normale vita economica e non già al di
fuori di essa.
La visione da perseguire è dunque una maggior armonizzazione tra coesione sociale e
50
sviluppo economico, con un sistema territoriale capace di offrire le condizioni di equità
e di stabilità sociale ed economica necessarie per poter sviluppare progetti di carriera
e di vita familiare, in grado di attrarre e valorizzare le migliori risorse umane offrendo
loro una qualità di vita pari alle opportunità
professionali esistenti, capace di evitare la
segregazione e l’esclusione sociale.
È una visione che per realizzarsi ha bisogno
di essere governata, innanzitutto passando
da una visione del welfare come costo ad
una visione del welfare come risorsa. Come
suggerisce Ranci, si tratta di assumere come
obiettivo delle politiche di coesione sociale
non solo la socializzazione dei rischi individuali, ma anche la rimozione degli
ostacoli allo
sviluppo
economico
del territorio. Quanto
raccontato
nell’analisi
del secondo
livello
di cambiamento relativamente
alla co-creazione del
valore tra
pubblico e
privato va già in questa direzione. Dal punto
di vista concettuale, il sostegno al superamento degli ostacoli non va visto come un
costo, ma come investimento sociale – volto alla riduzione degli ostacoli allo sviluppo
- ad elevato rendimento futuro, i cui costi
e benefici vanno proiettati sul medio-lungo
periodo, in quanto produrrà effetti positivi
nella futura configurazione degli equilibri sociali e intergenerazionali del territorio.
Le politiche di coesione sociale devono avere come obiettivo l’identificazione e la realizzazione di un dividendo sociale, cioè di
un insieme di vantaggi dei quali beneficiano
tutti gli attori del territorio. Esempi di obiettivi degli investimenti sociali possono essere,
oltre a quelli rivolti a soddisfare i bisogni dei
cittadini, la crescita dell’occupazione giovanile e femminile, il sostegno alla qualificazione professionale delle nuove generazioni e
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Come detto si tratta di una visione che necessita di una governance. Anch’essa deve
superare la dicotomia economia-sociale
attraverso nuove forme di progettazione e
gestione delle politiche, deve essere rappresentanza delle istanze del territorio, deve essere la giusta mediazione tra interessi individuali e collettivi, tra mercato e democrazia.
ze riconducibili all’intelligenza emotiva.
Nel terzo livello di cambiamento l’ego ha
come valori la sicurezza, il controllo, il beneficio personale. Si focalizza sul proprio
ruolo sociale, cosa siamo o cosa dovremmo
essere, ed è orientato alla propria realizzazione. L’anima trova motivazioni interne nel
servire, nel contribuire, interpreta il proprio
ruolo come apporto alla collettività, si pone
l’obiettivo di creare attraverso sé stessa per
gli altri.
Partendo da questa distinzione Dilts afferma
che la possibilità di portare a termine il cambiamento con successo è tanto più elevata
quanto più sono allineati la visione (quale
contributo per gli altri), la missione (cosa ci
rende unici, quali capacità distintive abbiamo
per raggiungere la visione), l’ambizione (quali obiettivi interni al sistema ci poniamo) e
ruolo (che tipo di sistema dobbiamo essere
per raggiungere i nostri obiettivi). Un allineamento che presuppone la compresenza
di ego ed anima ed un loro corretto equilibrio.
L’allineamento di ego ed anima è condizione
necessaria ma non sufficiente per portare a
termine positivamente il cambiamento. Deve
essere ben definita la catena causa-effetto –
le strategie ed azioni - necessaria per il cambiamento stesso:
1. avere risultati chiari da raggiungere;
3.4. Perché, chi, per chi, per che cosa.
2. avere un percorso strutturato in fasi da
seguire;
Dal terzo livello di cambiamento, abitato dai 3. individuare le azioni necessarie per ciavalori, dall’identità e dalla visione, discendoscuna fase;
no i livelli sottostanti, le strategie e le azioni 4. una mappa delle capacità e qualità necescon le quali interagiamo con l’ambiente.
sarie per attuare le azioni;
Secondo Robert Dilts l’identità può essere 5. avere le persone con le capacità necessavista come unione di due aspetti complerie.
mentari, l’ego e l’anima. L’ego è orientato
alla sopravvivenza, al riconoscimento perso- Inoltre, occorre una forte motivazione che
nale, all’ambizione. L’anima è orientata alla deriva:
visione, al contributo verso la società. La dif- 6. dalla desiderabilità dei risultati da ragferenza tra questi due aspetti si manifesta in
giungere;
ogni livello di cambiamento.
7. dalla convinzione che sia possibile ragNel primo livello l’ego tende a vedere i pegiungerli;
ricoli ed i limiti, ha una visione di breve ter- 8. dal giudizio sull’appropriatezza (etica, difmine. L’anima si focalizza sulle opportunità
ficoltà pratiche, …) delle azioni;
come espressione di crescita.
9. dalla fiducia sul fatto che il sistema sia in
Nel secondo livello l’ego tende ad essere
grado di raggiungere gli obiettivi indicati;
più reattivo, agisce in funzione delle strate- 10.dal senso di responsabilità e dalla capacigie utilizzando le proprie capacità cognitive.
tà di essere squadra per raggiungere gli
L’anima è proattiva, ha capacità e conoscenobiettivi.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
della popolazione immigrata, il sostegno a
percorsi di transizione alla vita adulta dei
giovani che consentano loro di superare gli
ostacoli connessi alla precarizzazione e alla
rigidità del mercato abitativo, il sostegno a
politiche volte ad attrarre talenti ed offrire
loro il radicamento sul territorio.
Allo stesso tempo le politiche di coesione
sociale devono rispondere ad una visione
più ampia, quella di una crescita maggiore ed
equilibrata.
Nella visione ci si può spingere oltre e porsi
tra gli obiettivi – sempre secondo la logica
dell’investimento sociale – quello della piena
e buona occupazione. Essa consentirebbe di
assicurare la tutela dei posti di lavoro esistenti – anche con modalità inedite di contratti di solidarietà e sostegno al reddito - il
progressivo passaggio dal lavoro precario a
forme contrattuali stabili, un ruolo attivo del
Pubblico nella creazione di posti di lavoro in
comparti dove vi sono istanze sociali insoddisfatte.
51
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
La distinzione tra ego ed anima ricalca quella tra individualismo e collettività vista precedentemente, la loro unione costituisce il
patrimonio territoriale che non riusciamo a
definire e misurare, è il senso, è l’identità del
territorio.
Oggi il disallineamento di ego ed anima è evidente. Anche la catena causa-effetto sembra
essere spezzata in più parti, a partire dalla
testa, dal non avere risultati chiari da raggiungere. Così anche la catena motivazionale
sembra fragile in molti dei suoi anelli. Tutto
sembra essere disallineato e ciò che ci viene
restituito dai dati del primo livello ne è una
conferma.
Nelle note introduttive sono state presentate queste pagine come il punto di arrivo
di un lungo viaggio tra i numeri, la sintesi
– attraverso una chiave di lettura originale
- di quanto emerso in tanti anni di analisi
del territorio. Come spesso capita, la fine di
un percorso è l’inizio di un altro viaggio. La
speranza è che questo studio possa aprire
nuovi orizzonti a chi sa guardare oltre il pericolo e cogliere le opportunità.
Robert Kennedy ha affermato: “Alcuni uomini
vedono le cose come sono e si chiedono: Perché?
Io sogno le cose come non sono mai state e dico:
Perché no?”.
I LIVELLI DI CAMBIAMENTO
Allora proviamo a ricostruire la catena, ad
allineare i livelli, a ridare un senso, a riallacciare i fili rossi. Partiamo riconciliando ego
ed anima, individualismo e collettività. E da
lì costruiamo, seguendo una visione che rispecchi la nostra identità ed i nostri valori,
che sia sufficientemente alta da motivarci ed
allo stesso tempo realizzabile con le capaci-
tà che abbiamo o che possiamo avere.
(Ri)costruiamo un nuovo equilibrio dinamico così come richiede la complessità, portiamo la nostra realtà territoriale “attraversata
dal mondo” ed inserita nei flussi globali ad
essere luogo dove si sperimenta un nuovo
modello di coesione sociale e crescita economica.
52
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
D
D
EMOGRAFIA
In base agli ultimi dati
disponibili, relativi al
30/11/20091, la popolazione della provincia di
Forlì-Cesena ammonta
a 392.199 abitanti. Di
questi, 205.394 risiedono nel comprensorio
di Cesena e 186.805
in quello di Forlì. Per
quanto riguarda le zone
altimetriche, 316.984
abitanti risiedono in
pianura, 61.151 in collina e 14.064 in montagna. Gli abitanti del
Comune di Forlì sono
117.618 e quelli di Cesena 96.211.
Nel periodo gennaionovembre 2009, l’incremento della popolazione provinciale
è stato del 10,8‰. Il
comprensorio di Cesena continua a crescere più di quello di Forlì: rispettivamen-
te +11,6‰ e +9,9‰.
Per quanto riguarda
le zone altimetriche,
si è avuta una crescita
dell’11,7‰ in pianura,
dell’8,1‰ in collina, e
dello 0,6‰ in montagna.
Per un’analisi più completa e dettagliata della
struttura e della dinamica demografica
provinciale si esaminano di seguito i dati
relativi all’ultimo anno
intero disponibile.
Al 31/12/2008 nella
provincia di Forlì-Cesena risulta una popolazione di 388.020 abitanti. Il saldo naturale
nell’anno (differenza
nati e morti) è pari a
–392; è aumentata la sua passività rispetto
al 2007 (-285). Di converso, il saldo mi-
MOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE
Provincia di Forlì-Cesena - da gennaio a novembre 2009
CESENA
Popolazione
residente
all’inizio
del periodo
nati
nel
periodo
morti
nel
periodo
iscritti
nel
periodo
cancellati
nel
periodo
Popolazione
residente
alla fine
del periodo
variazione
‰
95.525
772
919
2.517
1.684
96.211
+7,2‰
116.208
985
1.122
3.641
2.094
117.618
+12,1‰
388.020
3.396
3.713
13.502
9.006
392.199
+10,8‰
COMPRENSORIO DI FORLI’
184.978
1.555
1.895
6.219
4.052
186.805
+9,9‰
COMPRENSORIO DI CESENA
203.042
1.841
1.818
7.283
4.954
205.394
+11,6‰
MONTAGNA
14.055
119
187
339
262
14.064
+0,6‰
COLLINA
60.660
496
667
2.348
1.686
61.151
+8,1‰
PIANURA
313.305
2.781
2.859
10.815
7.058
316.984
+11,7‰
FORLI’
PROVINCIA DI FORLÌ - CESENA
Fonte: Comuni della Provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
D E M O G R A F I A
COMUNI
e aggregazioni
territoriali
1
La fonte dei dati è Demografia online database alimentato dalle comunicazioni che i Comuni forniscono mensilmente all’Istat col
modello D7B, che sono da ritenersi definitive. Tuttavia, la parte relativa alle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche è suscettibile di
correzioni in sede di controllo delle quadrature, allorché viene resa disponibile la serie relativa all’intero anno 2009.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
53
D E M O G R A F I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
gratorio2 (numero degli iscritti all’anagrafe
meno numero dei cancellati al netto delle
variazioni d’ufficio) ha registrato nel 2008
una crescita contenuta, portandosi a +5.370
(era pari a +5.316 nel 2007), avvicinandosi
al valore massimo che è stato toccato nel
2003 (+5.434). Il saldo demografico totale
risulta pertanto in attivo di 4.978 unità, a
fronte delle 5.031 del 2007; rispetto all’anno
precedente si è dunque registrato un leggero calo, mentre nel 2007 si era verificata la
crescita maggiore fra quelle registrate negli
ultimi venti anni. La popolazione provinciale
continua comunque a crescere per effetto
dei nuovi arrivi da fuori provincia.
L’immigrazione dall’estero nel 2008 rappresenta, con 4.625 unità, il 48,3% dell’immigrazione da fuori provincia, dopo che nel
2007 ne aveva costituito la maggioranza assoluta, toccando la quota del 52,5%. L’emigrazione verso Paesi esteri, con 557 unità, è
invece in aumento: dall’11,3% al 14,4% del
totale dei trasferimenti fuori provincia.
Per quanto riguarda il movimento demografico interno ai confini nazionali, composto
da 4.945 immigrati e 3.303 emigrati, la quota più rilevante d’immigrazione è costituita
dagli arrivi e trasferimenti da e per le altre
province dell’Emilia-Romagna (1.840 immigrati, pari al 37,2% del totale; 1.676 emigrati,
pari al 50,7% del totale). Le altre principali
regioni per entità degli arrivi nella nostra
provincia sono: la Campania (576 immigrati), la Puglia (443), la Lombardia (334) e la
Sicilia (291). L’ordine di graduatoria per destinazione degli emigrati vede, invece, dopo
l’Emilia-Romagna, la Puglia (214), la Lombardia (206), la Campania (204) e la Sicilia
(157).
Per quanto riguarda il valore netto dei nuovi
arrivi dalle varie regioni (cioè il saldo fra immigrati ed emigrati), quello più significativo
riguarda la Campania (+372), seguita dalla
Puglia (+229), dall’Emilia-Romagna (+164) e
dalla Sicilia (+134).
Gli immigrati dall’estero ammontano
in totale a 4.625, mentre gli emigrati sono
557.
Fra i principali Paesi di provenienza in termini di flusso, la Romania, con 1.189 immigrati,
supera nettamente gli altri Paesi e costituisce il 25,7% del totale dell’immigrazione
dall’estero; la sua incidenza si è comunque
ridotta rispetto al 2007, quando ammontava
al 35,7% del totale. Seguono l’Albania, da cui
provengono 565 immigrati, il Marocco con
547, la Polonia con 278, la Cina con 243 e
l’Ucraina con 218. Anche per quanto riguarda l’emigrazione, il principale Paese è la Romania con 110 emigrati.
Il Quaderno Popolazione, pubblicato
dall’Ufficio Statistica e Studi della Camera
di Commercio, riporta anche il dato della
consistenza della popolazione straniera
residente nei Comuni e nelle aggregazioni
territoriali della provincia di Forlì-Cesena.
Al 31/12/2008, su una popolazione totale di
388.020 abitanti, risultano residenti in provincia 35.001 stranieri. La crescita provinciale rispetto al 31/12/2007 è stata del 14,7%,
superiore a quella nazionale (+13,4%) ma
inferiore a quella regionale (+15,3%). L’incidenza dei residenti stranieri sul totale della
popolazione ha raggiunto la quota del 9% a
fine 2008 ed è ancora maggiore in regione
(9,7%) mentre è minore a livello nazionale (6,5%). L’incidenza degli stranieri è maggiore nel comprensorio di Forlì, mentre la
crescita è stata quasi analoga in entrambi i
comprensori: in quello di Forlì si è passati da
un’incidenza dell’8,4% di fine 2007 al 9,6%
di fine 2008; in quello di Cesena dal 7,5%
all’8,5%. Un discorso analogo vale per i due
Comuni capoluogo di Provincia: a Forlì si è
passati dall’8,4% di fine 2007 al 9,6% di fine
2008, mentre a Cesena dal 6,9% al 7,8%.
La quota di stranieri è in crescita in tutti i comuni della provincia, ad eccezione di Rocca
San Casciano, dov’è scesa dal 4,4% al 4,3%.
Col 3,5% Tredozio è il comune con più bassa incidenza di stranieri nella provincia, anche se ha comunque registrato una crescita
significativa dal 2,5% dell’anno precedente.
Come fenomeno ormai strutturale, la presenza straniera si polarizza in alcuni Comuni del comprensorio di Forlì (soprattutto
nella fascia collinare-montana) e nell’area
del basso Rubicone, ma le presenze sono
ormai significative in diversi Comuni, e la
crescita è comunque un fenomeno generalizzato. L’incidenza maggiore si conferma
a Galeata, dov’è stata toccata quota 20,1%
(dal 17,8% del 2007). Seguono Civitella di
Romagna, dov’è salita dal 12,6% del 2007 al
13,6% del 2008, Savignano sul Rubicone e
2
Occorre tenere presente che il saldo migratorio comprende anche una quota di regolamentazioni anagrafiche che non corrispondono a una reale movimentazione di popolazione.
54
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
Premilcuore, entrambi col 12,4% (il primo
salito dall’11,4% del 2007, il secondo con
una più ampia crescita dal 10,9%), Meldola
(dal 10,1% all’11,7%) e San Mauro Pascoli (dal 10,3% all’11,3%). Vi sono poi diversi
Comuni con incidenze nella fascia del 10%:
Castrocaro Terme e Terra del Sole (10,9%),
Gatteo (10,8%), Dovadola (10,5%) e Santa
Sofia (10,1%).
Secondo i dati Istat aggiornati al 31/12/2008,
le nazionalità più rappresentative fra gli stranieri residenti in provincia di Forlì-Cesena
sono quella albanese (17,4% del totale residenti stranieri), quella rumena (15,3%) e
quella marocchina (14,3%). In Emilia-Romagna le nazionalità più rappresentate fra
gli stranieri residenti sono la marocchina
(14,9%), l’albanese e la rumena (entrambe
POPOLAZIONE RESIDENTE E STRANIERI
Provincia di Forlì-Cesena
Popolazione
Stranieri
% Stranieri su popolazione residente
COMUNI
Bagno di Romagna
Bertinoro
al 31/12/07
al 31/12/08
6.187
359
4,7
5,8
6,9
10.651
738
5,7
Borghi
2.578
158
5,4
6,1
Castrocaro-Terra del S.
6.572
719
10,0
10,9
Cesena
95.525
7.425
6,9
7,8
Cesenatico
24.956
2.092
7,3
8,4
Civitella di Romagna
3.790
517
12,6
13,6
Dovadola
1.706
179
9,3
10,5
116.208
11.130
8,4
9,6
12.837
1.068
7,4
8,3
2.505
503
17,8
20,1
Forlì
Forlimpopoli
Galeata
Gambettola
10.275
944
7,8
9,2
Gatteo
8.397
909
9,5
10,8
Longiano
6.772
465
5,6
6,9
Meldola
10.143
1.186
10,1
11,7
Mercato Saraceno
6.882
610
7,7
8,9
Modigliana
4.823
409
7,8
8,5
Montiano
1.677
100
5,1
6,0
814
43
4,0
5,3
6.491
558
7,8
8,6
829
103
10,9
12,4
2.062
88
4,4
4,3
Portico - S.Benedetto
Predappio
Premilcuore
Rocca S.Casciano
Roncofreddo
3.315
329
8,8
9,9
10.714
1.210
10,3
11,3
Santa Sofia
4.243
427
9,0
10,1
Sarsina
3.696
221
5,2
6,0
16.970
2.103
11,4
12,4
Sogliano al Rubicone
3.116
272
8,0
8,7
Tredozio
1.304
45
2,5
3,5
Verghereto
1.982
91
3,6
4,6
Comprensorio di Forlì
Comprensorio di Cesena
184.978
203.042
17.713
17.288
8,4
7,5
9,6
8,5
PROVINCIA DI FORLI’-CESENA
388.020
35.001
8,0
9,0
S. Mauro Pascoli
Savignano sul Rub.
D E M O G R A F I A
residente al 31/12/08 residenti al 31/12/08
Fonte: Comuni della provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
55
D E M O G R A F I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
56
col 12,9%). In Italia le nazionalità più rilevanti sono quella rumena (20,5%), l’albanese
(11,3%) e la marocchina (10,4%).
Fra gli stranieri residenti in provincia, sono
minorenni il 23,4% del totale (23,1% in regione, 22,2% in Italia). Coloro che, fra gli
stranieri residenti, sono nati in Italia sono
il 13,3% del totale provinciale (percentuale analoga a quella nazionale, a fronte del
14,2% in regione).
Il rapporto dell’Osservatorio Provinciale
sull’Immigrazione, redatto dall’Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena in collaborazione col Polo Scientifico-didattico di
Forlì dell’Università di Bologna, fornisce una
fotografia approfondita del fenomeno sul
territorio locale.
Dai vari dati
presentati
(aggiornati
al 1/1/2009)
si conferma, come
nell’anno
precedente, la concentrazione
della popolazione straniera nelle
classi d’età
più giovani,
in particolare quelle inferiori ai 34
anni. Sempre come nell’anno precedente, la distribuzione dei sessi è abbastanza bilanciata, mentre negli anni scorsi prevaleva nettamente la
componente maschile. In sintonia con questo dato, i ricongiungimenti familiari sono in
crescita fra i motivi di rilascio dei nulla osta
per i permessi di soggiorno e hanno toccato
nel 2009 il valore più alto finora raggiunto.
La popolazione in età scolastica continua a
crescere, ma meno dell’anno precedente;
l’incidenza sul totale della popolazione scolastica è dell’11,2% (12,7% in regione, 7% in
Italia). La percentuale di alunni stranieri è in
crescita in tutti gli ordini di scuole, ad eccezione della scuola secondaria di secondo
grado. Gli stranieri sono in aumento anche
fra la popolazione universitaria dei due poli
di Forlì e Cesena; in particolare, è quasi raddoppiata nel polo di Cesena. Il polo forlivese
resta però il più frequentato, con circa il 70%
del totale. Fra gli occupati stranieri, la componente maschile è ancora in maggioranza,
ma il distacco della componente femminile
si riduce. Gli stranieri in cerca di occupazione ammontano al 13% del totale; fra di loro
sono in forte crescita le donne (+9%). Risultano in costante aumento gli stranieri iscritti
all’anagrafe sanitaria: +2,5% all’ASL di Cesena e addirittura +11% in quella di Forlì. I tassi
di accesso degli stranieri al pronto soccorso
restano superiori a quelli degli italiani, ma
non sono in crescita rispetto all’anno precedente. Le donne straniere costituiscono
il 22% delle partorienti a Cesena e il 28%
a Forlì; sono mediamente più giovani delle
italiane: il 60% ha meno di trent’anni. Il tasso
di abortività
resta notevolmente
più elevato
di
quello
medio (23
per mille a
fronte del 4
per mille a
Cesena, 25
per mille a
fronte del
3 per mille
a Forlì). Le
malattie infettive non
sono particolarmente
diffuse fra gli
stranieri ricoverati, mentre sono in crescita
gli infortuni. Va sottolineato che il consumo
di risorse per la salute degli stranieri è ancora inferiore al loro apporto al SSN attraverso i contributi fiscali e previdenziali. Infine,
per quanto riguarda la casa, aumentano le
assegnazioni agli stranieri, che costituiscono
il 10% del totale (12% nel cesenate, 9% nel
forlivese); le domande valide di alloggi presentate da stranieri sono però il 45% del totale, segno che non tutte le richieste vengono esaudite. I nuclei stranieri che acquistano
casa non superano il 5% del totale.
I dati dell’Osservatorio Provinciale sull’Immigrazione sono in larga parte confermati
dal documento redatto dalla Prefettura di
Forlì-Cesena, Ufficio territoriale del Governo, che si riporta qui di seguito:
“Il fenomeno migratorio ha attraversato –
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
anche per il 2008 – in modo pervasivo e trasversale la totalità della realtà socio-economica della provincia. Il dibattito politico (e più
spesso mediatico) si è tuttavia concentrato,
come in altre parti del paese, su alcune questioni quali la costituzione di luoghi di culto
islamico, il rinvenimento di (seppur piccoli)
accampamenti nomadi, la gestione di episodi
numericamente modesti ma radicati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, la
gestione dei richiedenti lo status di rifugiato politico,la presenza irregolare di cittadini
extracomunitari. Circa la prima questione, accanto all’attuale incertezza circa le
decisioni assunte a tal
proposito dalle amministrazioni comunali coinvolte (Forlì e
Cesena), va registrata
– unitamente ad una
fuorviante percezione
del culto religioso da
parte di alcune componenti minoritarie
ma tutt’altro che silenti della comunità locale – una tendenza alla
gestione
autonoma
della questione, ovvero senza coinvolgere
in alcun momento di
analisi preliminare gli
organi rappresentativi
del Governo e dello
Stato, salvo ovviamente per quanto attiene
in un momento successivo ai possibili riflessi di ordine pubblico: metodologia che, se sistemica, parrebbe
tradire un approccio errato al tema. Circa
poi il rinvenimento di accampamenti nomadi, talora contenuti a pochi individui spesso
di etnia neo-comunitaria (Romeni), la percezione comune – seppur filtrata dalle esigenze giornalistiche – parrebbe indicare una
scarsa propensione alla tolleranza ed una
progressiva tendenza all’irrigidimento del
sentire comune nei confronti dei cittadini
stranieri che versino in tali disagiate condizioni di vita. Scarsa considerazione viene
peraltro registrata anche circa i cittadini richiedenti lo status di rifugiati politici, spesso
abbandonati – nelle more dell’iter burocraRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
tico – a sé stessi od alle cure di poche e meritevoli associazioni. Nella medesima ottica
va peraltro letta la progressiva attenzione
(spesso sostenuta da alcune parti politiche
attraverso la stampa locale) circa i matrimoni tra cittadini stranieri irregolari ed italiani.
Irrisolte poi, anche per il 2008, le fattispecie
di immigrazione clandestina proveniente –
presumibilmente – dalla frontiera marittima
di Ancona: durante l’anno in esame, infatti,
molteplici sono stati i casi di cittadini extracomunitari ritrovati, spesso in pietose
condizioni igieniche e
di salute, abbandonati
lungo l’autostrada da
autotrasportatori solo
talvolta inconsapevoli.
La distribuzione sul
territorio provinciale
si presta a diverse letture: appare uniforme
nel confronto tra area
Forlivese e area Cesenate, ma puntiforme
nella distribuzione tra
Comuni. Tra questi, infatti, si registrano aree
con una presenza pari a
pochi punti percentuali
sino ad altre, in particolare Galeata, che superano il 18,5%. Impossibile, peraltro, verificare
eventuali fenomeni distributivi per etnia, anche stante il progressivo peso percentuale
delle presenze legate
ai
ricongiungimenti
familiari ed al lavoro stagionale. Il quadro
complessivo appare in crescita, pur tenendo
conto della possibile contrazione, relativa
agli ingressi per motivi di lavoro subordinato, connessa alla incipiente crisi economica:
crisi che, tuttavia, plausibilmente produrrà
effetti minori alle aspettative sull’ingresso
di cittadini extracomunitari, sia per la grande adattabilità alla sfavorevole congiuntura
economica delle etnie in questione, sia per
una certa propensione sistemica all’accesso
al lavoro irregolare.
Il costante e sempre positivo trend circa la
presenza (e quindi l’ingresso) di cittadini extracomunitari sul territorio provinciale, ha
indotto la totalità delle municipalità ad inter-
D E M O G R A F I A
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
57
D E M O G R A F I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
58
rogarsi in ordine all’adozione delle più idonee misure integrative e di coesione sociale.
Queste, rese particolarmente complesse
dalle profonde differenze culturali connesse
alla provenienza dei nuovi migranti (si parla
a questo proposito non di immigrazione, ma
di “tante immigrazioni”), hanno tuttavia trovato un sufficiente livello di concretizzazione
solo presso quelle realtà locali il cui tessuto
socio-economico è stato attraversato più di
altre dal fenomeno migratorio.
Tre i principali temi all’attenzione già dai
primi mesi del 2009: una sempre maggiore
presenza di minori in età pre-scolare e scolare (talora concentrati, per motivi di lavoro, in aree decentrate della provincia, come
lungo la valle
del Bidente),
uno
stabile
incremento
dell’afflusso
di
cittadini
extracomunitari over 65
(entrati
nel
territorio nazionale
per
ricongiungimento
familiare),
un
progressivo
impiego
di
manodopera
straniera
in
alcuni specifici settori economici tipizzanti il territorio
(come il settore avicolo, quello agricolo e,
in parte, quello della pesca e quello edile).
Interessante è poi assistere alle avvisaglie
di un fenomeno, già riscontrato altrove nel
Paese, legato alla forte propensione commerciale ed imprenditoriale di alcuni gruppi
etnici, tra i quali spicca sicuramente quello proveniente dalla Repubblica Popolare
Cinese: propensione che, in alcuni settori
merceologici, sta già assorbendo attività imprenditoriali di minore entità (ambulanti e
piccoli negozi – bazar).
La nazionalità di provenienza maggiormente
rappresentata è sicuramente quella albanese,
seguita dalla Romania, dal Marocco, dalla Repubblica Popolare Cinese, dall’Ucraina e dalla
Tunisia. Gruppi che, nell’ambito occupazionale ed in quello sociale, tendono tuttavia a
rimanere confinati all’interno delle proprie
tradizioni nazionali, senza tuttavia mettere in
luce significativi momenti di attrito. Diminuisce, nel 2008 rispetto al 2007, la differenza
tra popolazione maschile (15.692) e femminile (14.817), ormai quasi identiche: frutto
questo non solo dei tanti ricongiungimenti
familiari a favore di mogli e madri operati da
cittadini stranieri entrati per motivi di lavoro
e qui residenti da anni, ma anche del considerevole ingresso di badanti e collaboratrici
domestiche attraverso i cd “flussi 2007”.
Si conferma l’attrattività della provincia per
il radicamento dei nuclei familiari stranieri.
Attrattiva legata, da un lato alla buona vitalità del mercato del lavoro (regolare e non),
e dall’altro dalla presenza di una diffusa politica sociale
ed abitativa
di sostegno
a detti nuclei familiari,
segnatamente
quando
sprovvisti di
sufficienti risorse economiche. In crescita anche
l’acquisizione
dello status
di cittadino
italiano per
matrimonio
con cittadini
italiani.
Il titolo di soggiorno più diffuso (5.006) è
sicuramente costituito da quello per motivi di lavoro subordinato. Seguono poi quelli
per motivi familiari (2.784), per lavoro autonomo (475) e per studio (280). Modesto
il numero di permessi di soggiorno rilasciati
per cure mediche e per donne in stato di
gravidanza (35) e per protezione sociale ex
art.18 L.40/1998 (9). La lettura dei dati consente di confermare il trend già anticipato
nella scorsa annualità circa la progressiva
stabilizzazione di nuclei familiari che, dopo
un periodo di permanenza stagionale o per
motivi meramente economici, tendono ad
eleggere la provincia di Forlì-Cesena a luogo
stabile di residenza per se e per la propria
famiglia. In tale contesto sono in crescita le
presenze (legate ai ricongiungimenti familiari)
di cittadini ultrasessantacinquenni, parenti di
primo grado del capofamiglia o della moglie.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
Il Sistema Sanitario Locale si è rimodulato per accogliere le esigenze della popolazione straniera già da alcuni anni:ai 18.068
stranieri iscritti al SSN fanno eco i 369
STP rilasciati nel 2008, di cui 89 per cittadini provenienti dal Marocco, 62 per quelli
dall’Albania, 53 dall’Ucraina, 43 dal Senegal
e 23 dalla Moldavia. Tra questi si segnala
un improprio utilizzo di alcuni servizi del
SSN,con una tendenza al ricorso eccessivo
al Pronto Soccorso:tale circostanza,oltre ad
esprimere una forte richiesta di assistenza
di base, corrisponde anche ad una scarsa
conoscenza dei servizi territoriali ed ad una
percezione delle condizioni di salute e delle
sintomatologie comuni spesso incisivamente influenzata dalle condizioni sanitarie dei
paesi di provenienza.
I principali settori per numero di occupati
stranieri sono: costruzioni, agricoltura, ser-
vizi alla persona, turismo, alberghi e ristoranti.
Il mercato del lavoro della provincia è ancora caratterizzato da una offerta rivolta a
lavoratori poco o non specializzati, spesso
per attività manuali o stagionali. L’agricoltura
ed il settore avicolo sono infatti i settori che
assorbono la maggior parte della domanda di
lavoro, immediatamente seguiti (per quantità degli occupati) dai servizi assistenziali e
domestici,dal trasporto e dall’edilizia.
La temporaneità della maggior parte dei
contratti di lavoro potrebbe, unitamente
all’attesa contrazione di alcuni settori produttivi o del consumo, favorire la prassi di
un facile ricorso a forme di licenziamento
per consentire alle aziende di conseguire
immediati benefici finanziari:ipotesi che,
senza una adeguata “guida” del fenomeno,
potrebbe causare nel breve/medio periodo
ISTANZE NULLA OSTA AL LAVORO STAGIONALE ANNI 2008 - 2009 NELLA PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA
2008
2009
Domande presentate
1.139
1.433
Visti rilasciati
877
719
Permessi di soggiorni richiesti
792
557
RICHIESTE DI EMERSIONE INOLTRATE
1.333
Fonte: Prefettura di Forlì-Cesena Ufficio Territoriale del Governo
Provincia di
Forlì-Cesena
Comprensorio
di Forlì
Comprensorio
di Cesena
2.376,8
1.260,1
1.116,7
163,0
147,0
182,0
9,6
9,5
9,7
tasso generico di mortalità (x1000 abitanti)
10,7
11,5
9,9
tasso generico di fecondità (x1000 femmine da 15 a 49 anni)
42,5
43,1
42,0
170,1
187,0
155,5
superficie territoriale (Kmq)
densità demografica (abitanti/Kmq)
tasso generico di natalità (x1000 abitanti)
indice di vecchiaia (x100 abitanti)
indice di dipendenza totale (o di carico sociale) (x100 abitanti)
54,5
56,8
52,2
indice di dipendenza giovanile (x100 abitanti)
20,2
19,8
20,5
indice di dipendenza degli anziani (x100 abitanti)
34,3
37,0
32,0
indice di struttura della pop. in età lavorativa (x100 abitanti)
115,0
115,6
114,4
indice di ricambio della pop. in età lavorativa (x100 abitanti)
147,0
155,1
140,0
95,5
94,8
96,2
rapporto di mascolinità (maschi ogni 100 femmine)
Fonte: Comuni della Provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
D E M O G R A F I A
INDICATORI DEMOGRAFICI
Provincia di Forlì-Cesena e comprensori - anno 2008
3
Per una spiegazione più approfondita del significato degli indici e del metodo di calcolo si rimanda al Quaderno di Statistica
Popolazione redatto dall’Ufficio Statistica e Studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
59
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
D E M O G R A F I A
la crescita del tasso di disoccupazione ed al
contempo dell’impiego irregolare tra i cittadini stranieri,a tutto danno delle reiterate
iniziative per l’emersione del lavoro sommerso attuate dal 2003 ad oggi.
L’offerta/domanda di lavoro è caratterizzata
dal dinamismo,in parte collegato alla stagionalità di alcuni settori (agricolo e turistico),in
parte legato allo stesso meccanismo amministrativo per l’ingresso per motivi di lavoro,
che produce una lunga attesa dal momento
dell’inoltro della domanda di accesso a quello di effettivo rilascio del nulla osta di reale
ingresso sul territorio nazionale. Singolare,
accanto ai settori occupazionali tradizionalmente maggioritari in provincia,è l’exploit rilevato per le istanze di ingresso per svolgere
l’attività di assistenza alla persona ed alla famiglia. Va peraltro rilevato come, dall’analisi
dei flussi procedurali gestiti dallo Sportello
Unico per l’Immigrazione, sia emersa una significativa rilevanza statistica di istanze prive
dei requisiti oggettivi, segnatamente di tipo
economico-finanziario: incidenza che, in alcuni settori, ha superato il 70%. Altrettanto
significativa, infine, è stata la percentuale di
lavoratori mai assunti, o licenziati immediatamente dopo l’assunzione, richiedenti la
cosiddetta “attesa occupazione”. 3.483 infine i cittadini stranieri al 2008 iscritti nelle
liste di collocamento”.
60
Per quanto attiene la distribuzione territoriale complessiva della popolazione residente, la densità demografica provinciale a
fine 2008 è pari a 163 abitanti per kmq, in
aumento rispetto al 2007 (161 ab/kmq). Il
comprensorio cesenate presenta una densità maggiore di quello forlivese: 182 ab/kmq
contro 147.
Esaminando i principali indici demografici
provinciali relativi al 20083, si osserva il ritorno ad una lieve crescita dell’indice generico di natalità, salito dal 9,4 del 2007 (cioè
9,4 nati su 1000 abitanti) al 9,6 del 2008;
nell’anno precedente si era invece registrata
una lieve flessione. Sale anche l’indice generico di mortalità: dal 10,2 per mille del 2007
al 10,7 del 2008. Torna a crescere anche
l’indice generico di fecondità (dato dal numero dei nati su 1000 femmine fra i 15 e
i 49 anni), che è salito dal 41,5 del 2007 al
42,5 del 2008. Un altro dato positivo è la
prosecuzione della diminuzione dell’indice
di vecchiaia, dato dal numero degli abitanti
con più di 65 anni per ogni 100 abitanti con
meno di 15 anni, che è sceso dal 173,7 del
2007 al 170,1 del 2008. Continua invece a
crescere (anche se lievemente) l’indice di dipendenza, o di carico sociale, che passa dal
54,2 del 2007 al 54,5 del 2008. A questo
proposito, un dato positivo è che l’aumento risulta a carico solo della componente
giovanile (l’indice di dipendenza giovanile è
infatti cresciuto dal 19,8% al 20,2%), mentre
l’indice di dipendenza degli anziani è lievemente diminuito (dal 34,4% al 34,3%).
Esaminando la situazione dei due comprensori, si conferma (con una sola eccezione) la
maggiore dinamicità demografica del comprensorio cesenate rispetto a quello forlivese. Si mantiene la differenza fra i tassi di natalità nei due territori (9,5 nel comprensorio di
Forlì, 9,7 in quello di Cesena); permane una
forbice fra i tassi di mortalità (11,5 a Forlì,
9,9 a Cesena). In controtendenza rispetto
all’andamento generale, invece, il tasso di fecondità risulta più alto nel comprensorio di
Forlì (43,1 contro 42,0). Rimane molto più
alto di quello cesenate l’indice di vecchiaia
del comprensorio forlivese: 187,0 contro
155,5. Conseguentemente a ciò, l’indice di
dipendenza degli anziani si conferma più elevato nel comprensorio di Forlì (37,0) che in
quello di Cesena (32,0). Viceversa, l’indice
di dipendenza giovanile è più alto nel comprensorio cesenate (20,5 contro 19,8). Anche gli indici relativi alla popolazione in età
lavorativa confermano il maggior sbilanciamento demografico verso la fascia anziana
del comprensorio forlivese rispetto a quello
cesenate: l’indice di struttura è pari a 115,6
nel primo e a 114,4 nel secondo; ma soprattutto l’indice di ricambio è pari a 155,1 nel
primo e a 140,0 nel secondo.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
SIMET:
NUOVI STRUMENTI DI MONITORAGGIO
Le rappresentazioni grafiche riportate in questa pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema Integrato
di Monitoraggio dell’Economia e del Territorio - strumento di analisi realizzato dalla Camera di Commercio
di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale
CISE. Si tratta solo di un esempio delle potenzialità di
elaborazione e di analisi attualmente disponibili.
I-58 - Saldo naturale
I-67 - Saldo migratorio
Differenza tra il numero dei nati e il numero dei morti
nell’ anno
Differenza tra immigrati ed emigrati nell’anno
Territorio: Forlì-Cesena
Sesso: Tutti
Territorio: Forlì-Cesena
Provenienza/Destinazione: Mondo
Analisi nel periodo 1995-2008
Valore anno 2008: -392 persone
Valore minimo nel periodo: -1.125 persone (anno 1997)
Valore massimo nel periodo: -171 persone (anno 2004)
Valore medio nel periodo: -703 persone
Analisi nel periodo 1995-2008
Valore anno 2008: 5.702 persone
Valore minimo nel periodo: 1.125 persone (anno 1995)
Valore massimo nel periodo: persone 5.702 (anno 2008)
Valore medio nel periodo: 3.597 persone
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2005
Italia
Albania
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Cina
Romania
Marocco
Polonia
Altro
D E M O G R A F I A
I-22 - Immigrati
Totale immigrati alla fine del periodo considerato
Composizione degli immigrati per paese di provenienza
Modalità di lettura dei cruscotti Il valore dell’indicatore nel 2006, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 1995 al 2006 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica i valori positivi (verrde), negativi
(rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
61
D E M O G R A F I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
62
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Quadro
nerale
L
L
AVORO
ge-
Negli ultimi mesi del
2008 e nel
corso
del
2009 si è
riscontrato
un clima generalizzato
di forte criticità contraddistinto da una crisi di dimensioni mondiali
con caratteristiche per molti aspetti inedite che è partita dai mercati finanziari e ha
determinato effetti rilevanti sull’economia
reale di tutti i paesi con intensità diversa a
seconda dei contesti sociali ed economici
che ha interessato.
Secondo gli indicatori più aggiornati la crisi
sembra mostrare segnali graduali di attenuazione, ma se la sensazione prevalente a
livello internazionale è che il “peggio sia passato”, sulla tenuta dei segnali congiunturali
pesano ancora forti incertezze. Tra le cause
di tale incertezza vi sono le ripercussioni sul
mercato del lavoro che si stanno manifestando intense e persistenti.
Il processo di ripresa si sta rivelando lento
e difficile per una serie di ragioni: i sistemi
finanziari restano in parte compromessi, il
sostegno all’economia dovrà essere gradualmente abbandonato e le famiglie e le imprese dei paesi che hanno sofferto in misura
più rilevante per il crollo dei mercati devono e dovranno affrontare problemi come la
disoccupazione e il rischio che i flussi dei
finanziamenti possano essere inadeguati o
non opportunamente distribuiti, in un quadro generale difficile e delicato che prevede
necessariamente strategie di “rientro” del
debito pubblico.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I principali
sistemi di
osservazione e le
valutazioni
espresse
dalla maggior parte
degli attori
della scena
economica
e
sociale
delineano
un quadro che, in estrema sintesi, vede attualmente le dinamiche di creazione della
ricchezza in lieve miglioramento e i livelli
occupazionali in peggioramento in un contesto nel quale il credito è difficile e il libero
mercato più fragile con un sistema di regole
da ridisegnare.
Fra i tanti aspetti che hanno caratterizzato
le dinamiche finanziarie, economiche e sociali più recenti, uno dei nodi cruciali, che
deve trovare soluzioni soprattutto a livello
generale ma che incide e può condizionare
in modo sostanziale le prospettive per agganciare e stabilizzare la ripresa, è sicuramente quello del “lavoro”. E’ un tema strettamente connesso al valore fondamentale
di un livello alto di coesione sociale che va
garantito e per il quale è necessario attivare
strumenti e azioni per limitare la caduta dei
livelli occupazionali in relazione non solo alla
disoccupazione “visibile”, ma anche a quella
“invisibile” (inoccupati), ai precari e ai lavoratori stranieri, promuovendo strumenti di
sostegno al reddito e la riallocazione delle
risorse per non disperdere le competenze.
Un aspetto importante e urgente è rappresentato dalla necessità di una riforma degli
ammortizzatori sociali adeguata ad un mercato del lavoro che non è più rigido come
in passato. E’ strategico inoltre investire
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
63
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
L A V O R O
in progettualità e risorse per migliorare le
condizioni di base per l’incontro della domanda di lavoro espressa dal nostro tessuto
produttivo e l’offerta di lavoro “prodotta”
dagli investimenti del sistema scolastico-formativo e delle famiglie.
64
Il mercato del lavoro a livello nazionale.
Le dinamiche che hanno caratterizzato
nell’anno appena trascorso l’andamento del
mercato del lavoro a livello nazionale
sono delineate efficacemente nelle considerazioni che seguono, riferite alle valutazioni
dell’Istituto Nazionale di Statistica sui dati
dell’indagine sulle Forze di Lavoro, disponibili, alla data di chiusura del presente rapporto
nella versione definitiva
e non provvisoria, solo
per i primi
tre trimestri dell’anno appena
trascorso.
Nel terzo
trimestre
2009 l’offerta
di
lavoro ha
registrato, rispetto
allo stesso
periodo del
2008, una
riduzione dello 0,9% (-222.000 unità) che riguarda in ugual misura sia la componente maschile che quella femminile. Alla sostanziale
stazionarietà nelle regioni centrali (+0,1%)
si contrappone la riduzione in quelle settentrionali (-0,4%) e soprattutto meridionali
(-2,3%). Nel Mezzogiorno la diminuzione ha
interessato sia l’offerta di lavoro maschile
(-1,9%), sia quella femminile (-3,1%).
Il tasso di attività della popolazione lavorativa (15-64 anni) si è attestato al 62,1%, in
discesa di otto decimi di punto rispetto a un
anno prima. Alla flessione del livello di attività della componente maschile (dal 74,4%
del terzo trimestre 2008 al 73,7%) si associa quella della componente femminile (dal
51,3% al 50,5%). La riduzione del tasso di
attività ha interessato tutte le ripartizioni
geografiche ed è risultata più accentuata nel
Mezzogiorno (dal 52,3 al 51,0%) sia per gli
uomini che per le donne.
Il numero di occupati è risultato, sempre
nel terzo trimestre 2009, pari a 23.010.000,
in forte calo su base annua (-2,2%, pari a
-508.000 unità) a causa di un’ulteriore caduta dell’occupazione autonoma, dei dipendenti a termine e dei collaboratori oltre ad
una significativa flessione dei dipendenti a
tempo indeterminato. In termini destagionalizzati, l’occupazione totale registra una
flessione anche rispetto al secondo trimestre 2009 pari allo 0,5%.
La caduta tendenziale dell’occupazione sintetizza il sensibile calo della componente
maschile (-2,5%) e la consistente flessione
di quella femminile (-1,7%). Per entrambe le
componenti
di genere, e
soprattutto
per quella
maschile, si
rileva una
marcata
riduzione
dell’occupazione degli italiani;
(-373.000
e -216.000
unità,
rispettivamente per
gli uomini e
le donne).
La crescita
dell’occupazione degli stranieri invece prosegue con un ritmo sempre più rallentato
(+22.000 e +58.000 unità rispettivamente).
A livello territoriale, si accentua il calo
degli occupati nel Nord (-2,3% rispetto al
terzo trimestre 2008), prosegue il calo nel
Mezzogiorno (-3,0%), mentre nel Centro la
riduzione è risultata più contenuta (-0,8%)
a causa sia della relativa maggiore crescita
tendenziale degli occupati stranieri in questa ripartizione, sia del sostegno fornito dal
settore terziario, principalmente costituito
da servizi alle famiglie, alberghi e ristoranti,
servizi di pulizia, di vigilanza e attività professionali autonome.
Il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha evidenziato nel
terzo trimestre 2009 il quinto arretramento
tendenziale consecutivo ed è diminuito dal
59,0% del terzo trimestre 2008 al 57,5%. Al
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
calo sostenuto del tasso di occupazione femminile, passato dal 47,2% del terzo trimestre
2008 al 46,1%, si è associato quello ancora
più significativo riferito alla componente
maschile che passa dal 70,7% al 68,9%.
Nonostante la crescita del numero di occupati, prosegue la tendenza rilevata nei due
precedenti trimestri per il tasso di occupazione degli stranieri che continua a ridursi,
e passa al 63,8% (68,7% nel terzo trimestre
2008) con valori pari al 77,7% per gli uomini
e al 51,0% per le donne.
Al calo delle posizioni lavorative indipendenti (-3,0%) si associa la consistente flessione
tendenziale di quelle dipendenti (-1,9%).
Per quanto riguarda la dinamica per settore,
l’agricoltura manifesta una contrazione del
numero di occupati del 2,7% quasi interamente concentrata nel Mezzogiorno.
La forte riduzione tendenziale dell’occupazione nell’industria in senso stretto (-6,1%)
riguarda sia i dipendenti sia gli autonomi, soprattutto nelle regioni settentrionali.
Per il settore delle costruzioni si accentua la
tendenza alla diminuzione, emersa lo scorso trimestre, con un calo degli occupati del
4,0% che interessa nell’insieme, quasi allo
stesso modo, tutto il territorio nazionale.
Il terziario evidenzia una nuova riduzione
tendenziale dell’occupazione (-0,6%) che
sintetizza il continuo calo degli autonomi e
la sostanziale stabilità dei dipendenti; questa dinamica differenziata riguarda esclusivamente il Nord, mentre il Centro registra
una crescita di entrambe le posizioni lavorative e il Mezzogiorno una riduzione.
281.000 occupati dei settori industria e servizi (erano 52.000 nel terzo trimestre 2008)
dichiarano di non avere lavorato, nella settimana di riferimento dell’indagine, o di avere
svolto un numero di ore inferiore alla norma perché in Cassa integrazione guadagni.
Nel terzo trimestre 2009 il numero delle
persone in cerca di occupazione è aumentato nel complesso del 18,7% rispetto al
terzo 2008; la crescita su base annua del numero delle persone in cerca di occupazione
interessa in misura più ampia la componente
maschile e più contenuta quella femminile.
Entrambe le componenti di genere risentono del rafforzamento della disoccupazione straniera, aumentata rispettivamente
di 68.000 e 24.000 unità. L’incremento dei
disoccupati riguarda in gran parte il Nord;
nel Centro, il numero dei disoccupati torna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
a crescere in modo più ampio, mentre nel
Mezzogiorno la crescita contenuta della disoccupazione riflette il moderato incremento della componente maschile e la continua
flessione di quella femminile.
Nel terzo trimestre il tasso di disoccupazione si è attestato intorno al 7,3% in deciso aumento rispetto al 6,1% del terzo trimestre 2008. Il tasso di disoccupazione maschile è aumentato dal 4,9% del terzo trimestre
2008 al 6,4%; quello femminile è passato
dal 7,9% all’8,6%. Nel Nord l’innalzamento
dell’indicatore (dal 3,4 al 5,1%) riguarda sia
gli uomini sia le donne; nel Centro il tasso di disoccupazione si porta al 6,5% (dal
5,7% di un anno prima), con una crescita
più sostenuta per la componente maschile.
Nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione
è pari all’11,7%, sei decimi di punto in più
rispetto al terzo trimestre 2008. La crescita
riguarda esclusivamente gli uomini. Il tasso
di disoccupazione degli stranieri aumenta portandosi dal 6,9% del terzo trimestre
2008 al 10,6%.
Un fenomeno grave che richiede attenzione
è l’incremento del numero di inattivi tra i
15 e i 64 anni, cioè persone fuori dal mondo
del lavoro, che risulta in crescita. L’aumento
dell’inattività maschile riguarda adulti in attesa dei risultati di azioni di ricerca, in particolare al Sud, e giovani che ritardano l’ingresso nel mercato del lavoro; l’incremento
dell’inattività femminile è ancora una volta
determinato dal riproporsi del tradizionale
ruolo in famiglia con l’abbandono della ricerca di un impiego non solo nel Mezzogiorno
ma anche nel Centro-Nord.
Nel terzo trimestre 2009 il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni
si attesta al 37,9%, otto decimi di punto in
più rispetto a un anno prima: in aumento
sia il tasso di inattività maschile (dal 25,6%
del terzo trimestre 2008 al 26,3%), sia femminile (dal 48,7 al 49,5%). Il tasso si attesta
al 31,0% nel Nord e al 33,9% nel Centro
con aumenti, rispettivamente, di sei e quattro decimi di punto rispetto ad un anno prima. Nel Sud il tasso di inattività registra un
nuovo significativo incremento (dal 47,7% al
49,0%) che interessa entrambe le componenti di genere; il tasso è particolarmente
elevato per le femmine (64,2%).
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tasso di attività: rapporto tra persone appartenenti alle
65
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
L A V O R O
forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento.
Tasso di occupazione: rapporto tra le persone occupate e
la corrispondente popolazione di riferimento.
Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca
di occupazione e le corrispondenti forze di lavoro.
Tasso di inattività: rapporto tra persone non appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di
riferimento.
66
Il mercato del lavoro a livello regionale.
Prima di procedere all’analisi dei dati, si ritiene utile una premessa sintetica per delineare le caratteristiche strutturali del contesto
regionale nel quale la realtà provinciale si
inserisce e si riconosce con le sue principali
dinamiche. Il mercato del lavoro in EmiliaRomagna, al di là della situazione attuale di
crisi generalizzata, è risultato negli
ultimi anni
particolarmente “forte”: i tassi
di disoccupazione maschile sono
stati rilevati
mediamente a livelli
“frizionali” e
la forte presenza attiva
delle donne
e di lavoratori e lavoratrici immigrati ha garantito il turn over nel
settore manifatturiero, delle costruzioni e
nel “lavoro di cura”. E’ un mercato del lavoro che negli ultimi anni si è sviluppato nel
complesso delle sue articolazioni e non solo
quindi in relazione alle forme di lavoro atipiche. Si tratta però anche di un mercato del
lavoro “invecchiato”, condizione questa che
i flussi migratori, per quanto rilevanti, non
sono riusciti a modificare in modo significativo. Pur in presenza di un’elevata scolarità,
i livelli di istruzione nel mondo del lavoro
risultano tuttora bassi; la partecipazione al
sistema formativo è però elevata. Rispetto
ad alcuni fenomeni riscontrati a livello nazionale, la regione nel complesso sembra
“tenere” e non si rileva il forte effetto di
“scoraggiamento” riscontrato in altre aree
del paese. Quello regionale resta tuttora un
mercato attrattivo non solo per le persone
migranti dall’estero ma anche per quelle che
provengono dalle regioni del Sud Italia.
Secondo le valutazioni dell’Osservatorio
Regionale del Mercato del Lavoro, rispetto
al quadro nazionale, l’Emilia Romagna si conferma una regione “di punta”, con indicatori
di performance per molti aspetti migliori anche della media della nostra ripartizione di
riferimento, il Nord Est, e caratterizzata da
una riduzione complessiva dei posti di lavoro molto più limitata.
La situazione di crisi che si è verificata a partire dagli ultimi mesi del 2008 ha prodotto
effetti rilevanti anche a livello regionale. La
base occupazionale sembra però nel complesso avere “retto” ai contraccolpi della crisi
economica
internazionale grazie
all’intenso
utilizzo degli ammortizzatori sociali. Le ore
autorizzate
di cassa integrazione ordinaria sono
aumentate
a ritmi elevati fino a
settembre
2009, mentre nei mesi
più recenti
si è notato un trend discendente anche se
sempre sostenuto rispetto al 2008. Il ricorso all’integrazione straordinaria è in aumento; è però più difficile da quantificare perché
include parte del ricorso agli ammortizzatori in deroga, strumento quest’ultimo che
ha svolto un ruolo molto importante in un
contesto difficile come quello che il sistema
sociale ed economico sta attraversando.
Il mercato del lavoro a livello provinciale
Con le premesse appena fatte, per quanto riguarda nello specifico la provincia di
Forlì-Cesena, nel corso del 2009 il mercato del lavoro ha fatto rilevare un andamento contrassegnato da spiccati elementi
di difficoltà, confermato dalle valutazioni
che seguono relative ai dati provenienti dalle principali fonti informative disponibili con
dettaglio provinciale.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Secondo elaborazioni camerali sui dati
dell’indagine Istat sulle Forze di lavoro,
riferiti alla media dei primi tre trimestri del
2009, i principali indicatori di sintesi risultano come prevedibile in peggioramento rispetto al 2008.
Il tasso di occupazione (15-64 anni) per
il totale maschi e femmine è risultato pari
al 66,8%, dato inferiore a quello regionale
(69,1%), ma sempre superiore al dato nazionale pari al 57,6%.
Osservando i dati per genere, si rileva che
il tasso di occupazione maschile provinciale
è pari al 74,1%, contro il 75,8% dell’Emilia
Romagna e il 68,8% dell’Italia. Il tasso di occupazione femminile provinciale, pari al 59,5%,
ampiamente distante dal valore rilevato per
i maschi (74,1%), si conferma inferiore a
quello regionale (62,4%) e decisamente superiore a quello nazionale (46,4%).
Per una corretta lettura dei dati va detto
che ai fini della rilevazione, le persone che
nel corso della settimana di riferimento
sono assenti per cassa integrazione sono
considerate come ”occupate”.
Il confronto con il dato medio dei primi tre
trimestri 2008 evidenzia che i livelli occupazionali in provincia sono risultati nel complesso in sostanziale stabilità (da 66,4% a 66,8%)
a causa di un ricomposizione tra i generi che
ha visto un calo per la componente maschile
e un lieve aumento per quella femminile; in
regione il tasso complessivo fa registrare un
calo (da 70,4% a 69,1%) così come a livello
nazionale (da 58,8% a 57,6%).
Va però detto che in provincia si era già
verificato un ridimensionamento netto dei
livelli occupazionali tra il 2007 e il 2008 (da
68,2% a 66,4%) che non si è verificato negli
altri livelli territoriali.
Il tasso di disoccupazione (15 anni e oltre), dato generale per il totale maschi e
femmine, è risultato pari al 6,1%; il dato provinciale è quindi decisamente più elevato del
4,5% rilevato a livello regionale mentre resta una distanza positiva dal 7,5% nazionale.
La differenza tra i tassi rilevati per genere
risulta meno ampia che in passato: 5,9% per
i maschi rispetto al 6,4% rilevato in relazione alla componente femminile. Il tasso di disoccupazione maschile provinciale si è portato su valori più elevati rispetto a quello
emiliano-romagnolo (4,1%) ma si conferma
ancora migliore rispetto a quello nazionale
(6,5%). Per le femmine si rileva invece un
tasso di disoccupazione provinciale nettamente superiore a quello regionale (4,9%)
che resta nettamente migliore di quello na-
TASSI DI OCCUPAZIONE - ETÀ 15-64 ANNI
Media primi tre trimestri - Valori percentuali
2007
2008
2009
Maschi e
Femmine
Maschi e
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi e
Femmine
Maschi
Femmine
FORLI’-CESENA
68,2
66,4
75,8
56,9
66,8
74,1
59,5
EMILIA-ROMAGNA
70,2
70,4
78,7
62,0
69,1
75,8
62,4
ITALIA
58,6
58,8
70,4
47,2
57,6
68,8
46,4
Tasso di occupazione: rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento
Fonte: elaborazione Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati ISTAT
2007
2008
2009
Maschi e
Femmine
Maschi e
Femmine
Maschi
Femmine
Maschi e
Femmine
Maschi
Femmine
FORLI’-CESENA
3,2
5,0
3,4
7,2
6,1
5,9
6,4
EMILIA-ROMAGNA
2,8
3,1
2,2
4,2
4,5
4,1
4,9
ITALIA
5,9
6,6
5,3
8,5
7,5
6,5
9,0
L A V O R O
TASSI DI DISOCCUPAZIONE - ETÀ 15 ANNI E OLTRE
Media primi tre trimestri - Valori percentuali
Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di lavoro
Fonte: elaborazione Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati ISTAT
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
67
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
L A V O R O
zionale (9%).
Rispetto ai dati 2008 si rileva per il totale
maschi e femmine un sostanziale peggioramento per la provincia che passa dal 5,0%
al 6,1%; anche a livello regionale il tasso di
disoccupazione peggiora e passa dal 3,1% al
4,5%; in evoluzione negativa anche il dato
italiano (dal 6,6% al 7,5%).
68
Le valutazioni sintetiche che seguono,
tratte da un’articolata e dettagliata relazione predisposta dall’Ufficio Adempimenti
Amministrativi Collocamento Ordinario
dell’Amministrazione Provinciale di ForlìCesena alla quale si rimanda per approfondimenti, forniscono utili spunti di riflessione al fine di
comprendere l’andamento e
le tendenze
del mercato
del lavoro
nella nostra
Provincia.
Secondo i
dati rilevati
dal Sistema
Informativo
Lavoro, lo
stock
dei
disoccupati
con
riferimento
ai Centri
per l’Impiego che hanno sottoscritto la
dichiarazione di immediata disponibilità al
lavoro o alla ricerca del lavoro, secondo
quanto previsto dal Decreto 297/02, è risultato in forte aumento (+19,4%) rispetto
al corrispondente periodo del 2008 ed è
passato da 21.916 di fine 2008 a 26.157. I
disoccupati con precedenti lavorativi sono
passati da 19.051 a 23.057 (+21%) e sono
risultati in crescita anche gli utenti in cerca di prima occupazione da 2.865 a 3.100
(+8,2%). La variazione è stata nettamente
superiore per i disoccupati (+28,8%) rispetto alle disoccupate, aumentate comunque anch’esse del +13,5%.
Secondo i Servizi Provinciali per l’impiego,
la situazione è particolarmente preoccupante visto che la recessione continua a colpire
non più solo le fasce di lavoratori più “deboli” (giovani, donne e stranieri), ma la ge-
neralità dei lavoratori ed in particolar modo
la componente maschile.
I dati a disposizione in vari periodi dell’anno
evidenziano il perdurare della congiuntura
negativa che ha colpito anche il territorio
provinciale, determinando forti contrazioni
dell’attività produttiva con inevitabili esuberi di personale e l’utilizzo di ammortizzatori
sociali ordinari (cassa integrazione ordinaria
e straordinaria, mobilità) e “in deroga” autorizzati dalla Regione Emilia-Romagna a favore
di dipendenti di imprese esclusi dai trattamenti “ordinari” di sostegno al reddito.
A tale proposito è opportuno evidenziare
che nel 2009 la Regione Emilia-Romagna ha
autorizzato per la provincia di Forlì-Cesena
371 imprese
(l’11%
del totale
delle imprese a livello
regionale)
che hanno
presentato
domanda di
trattamento
di CIGO o
di CIGS in
deroga con
conseguente consultazione sindacale per
un totale di
576 accordi
e che hanno riguardato 2.360 lavoratori in
periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Rispetto alle province della
regione, si rileva che il numero delle aziende
ubicate nel territorio provinciale autorizzate
ai trattamenti in deroga, colloca la provincia
di Forlì-Cesena in quarta posizione dopo
Bologna, Modena e Reggio Emilia.
La situazione è quindi grave e sta facendo
emergere situazioni difficili, nonostante l’utilizzo intenso degli ammortizzatori sociali “in
deroga”, autorizzati dalla Regione che offrono anche ai lavoratori licenziati trattamenti
di mobilità, di Cassa integrazione ordinaria e
straordinaria legati all’attivazione tramite il
Centro per l’Impiego di percorsi di politica
attiva con corsi di formazione professionale
finalizzati alla riqualificazione o alla specializzazione delle competenze.
Il forte aumento della disoccupazione maRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
schile è stato determinato anche da un notevole incremento dello stock delle persone
iscritte in lista di mobilità, a seguito sia di
licenziamenti collettivi da parte di aziende
con organico superiore ai 15 dipendenti,
che di licenziamenti individuali da parte di
piccolissime aziende con meno di 15 dipendenti.
Complessivamente rispetto a fine 2008
l’aumento delle persone iscritte in liste di
mobilità è stato del 33,7% con 2.780 persone iscritte e sempre con una variazione
più netta per gli uomini
pari al +45,1% (1.442),
rispetto al +23,2% delle donne (1.338 unità).
In merito alla composizione della lista di
mobilità, si conferma
anche per il 2009 il
maggior numero delle
iscrizioni a seguito di licenziamento individuale (Legge 236/93) effettuate direttamente dai
lavoratori “espulsi” da
imprese con organico
inferiore ai 15 dipendenti con un aumento
a dicembre 2009 pari
al +51% e con un picco
per le iscrizioni da parte della componente
maschile pari al +70,1%
(+36% per le donne).
Anche se in minor
misura, sono aumentate del 2,4% anche le
iscrizioni di lavoratori
licenziati a seguito di procedura collettiva di
mobilità (Legge 223/91) con un +8,9% per i
maschi e un –5,3% per le femmine.
Rispetto al complesso delle persone disoccupate, quelle che hanno perso una precedente occupazione, sono arrivate a rappresentare l’88,1% nel 2009, mentre gli inoccupati sono passati all’11,9%.
Sempre con riferimento al totale dei disoccupati, l’incremento maggiore si è verificato nella fascia di età 19/24 anni (+37,9%); il
55,5% dei disoccupati ha un età compresa
tra i 30 e i 49 anni.
Anche i disoccupati stranieri si confermano
in crescita in tutto il territorio provinciale
e rappresentano il 23,6% del totale dei diRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
soccupati (18,2% nel 2006; 19,3% nel 2007;
21,2% nel 2008;) con un sostanziale equilibrio nei tre Centri per l’Impiego (25,3% a
Forlì, 21,3% a Cesena e 25 % a Savignano).
In tutti i Centri per l’Impiego della provincia
prevalgono le donne disoccupate che provengono dai paesi dell’Unione Europea con il
7,3% rispetto al 4,6% degli stranieri europei
maschi e complessivamente, come già rilevato nel 2008, si registra una maggiore presenza di donne straniere europee nell’area
di riferimento del Centro per l’Impiego di
Cesena con l’8,4%.
Una motivazione di
questa “concentrazione” potrebbe essere
data dal consolidamento dei networks etnici, cioè delle relazioni
informali, familiari ed
amicali sempre più radicate tra gli stranieri
già insediati nel territorio provinciale e
le persone ancora nel
paese di origine, interessate a trasferirsi in
provincia, in particolare dai paesi europei di
ultimo ingresso, in particolare da Romania e
Bulgaria.
Gli stranieri provenienti dai paesi ExtraUE,
prevalentemente uomini, sembrano continuare a preferire gli
ambiti territoriali dei
Centri per l’Impiego di
Forlì, dove rappresentano il 26,8% del totale
dei disoccupati e di Savignano sul Rubicone
(27,5%).
Anche i dati relativi alle comunicazioni di
assunzione, trasmesse ai Centri per l’Impiego nel corso del 2009 da parte di tutti i
datori di lavoro pubblici e privati, confermano, purtroppo, una congiuntura negativa. In
generale il flusso delle comunicazioni di assunzione risulta diminuito del 9,9%, con dati
più netti per le femmine (-11,8%) rispetto
alle assunzioni maschili (-7,5%).
In termini assoluti le assunzioni di donne
sono state 48.424 unità rispetto a 40.042 di
uomini.
In relazione alle tipologie contrattuali si ri-
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
69
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
70
leva il calo sostanziale (-25%) del tempo indeterminato che conferma il trend negativo
già registrato nel 2008 e costituisce il 12,5%
delle assunzioni.
Le assunzioni a tempo determinato sono la
tipologia di contratto maggiormente utilizzata e rappresentano l’87,5% del totale delle
assunzioni ed anch’esse risultano diminuite
del 7,2%.
Nell’ambito del tempo determinato, risultano in diminuzione (-35,6%) anche i contratti
di somministrazione.
Per quanto riguarda le assunzioni di lavoratori stranieri si rileva, analogamente agli italiani, una generale diminuzione pari al 7%, più
netta per le lavoratrici straniere (-9,4%).
In merito alle cessazioni dei rapporti di
lavoro si rileva rispetto al 2008 un generale
aumento pari all’11,2% (nettamente inferiore
all’aumento rilevato nel periodi 2007-2008),
maggiormente significativo (+36,7%) per la
scadenza dei contratti a termine e con una
particolare intensità per gli uomini (+43,2%)
rispetto alle donne (+32,7%).
In particolare, nel corso dell’anno, si è registrato un aumento delle cessazioni per
scadenza dei contratti a termine (+36,7%).
Risultano aumentate del 6,4% le dimissioni,
mentre risultano leggermente in calo quelle
per risoluzione in periodo di prova (-0,9%).
Le cessazioni per motivi più direttamente
riconducibili alla crisi, ovvero legate a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo,
riduzione di personale o cessazione di attività, in generale risultano diminuite dello
0,5%; significativa è la ripartizione di genere:
aumento del 10,8% per i maschi e diminuzione del 13,9% per le femmine. Secondo
il Servizio Provinciale per l’Impiego, da una
prima lettura si potrebbe intendere che, visto il minor numero di tali licenziamenti, si
sia ridotta la dimensione della crisi, ma la
diminuzione può derivare dal minor numero dei contratti instaurati, sono calati nettamente.
Per delineare meglio le dinamiche del mercato del lavoro sono importanti le valutazioni predisposte dall’Ufficio Prevenzione e
Gestione Crisi aziendali dell’Amministrazione Provinciale, che ha il compito, qualora in sede sindacale non venga raggiunto un
accordo, di procedere all’esame congiunto
con le parti sociali preliminare alla messa in
mobilità del personale o al ricorso agli inter-
venti di cassa integrazione straordinaria.
Tali procedure si applicano esclusivamente
alle aziende che occupano almeno 15 dipendenti e che intendono richiedere interventi
di cassa integrazione straordinaria o procedere al licenziamento di almeno cinque lavoratori nell’arco temporale definito in sede di
accordo. Pertanto le valutazioni riportate di
seguito, per quanto di notevole significatività, sono parziali perché non comprendono
le crisi delle aziende di piccole dimensioni
che rappresentano una parte consistente
del tessuto produttivo locale.
Gli esiti della crisi generale si sono fatti
sentire nel tessuto produttivo locale a partire dalla fine del 2008: dopo un primo semestre con dati nella norma, le situazioni
di difficoltà si sono avvertite a partire dal
mese di luglio per raggiungere valori molto elevati nei mesi da ottobre a dicembre.
La situazione ha continuato poi ad essere
allarmante per tutto l’anno 2009 e non si
rilevano nei primi mesi del 2010 segnali di
miglioramento.
Nel corso del 2009 sono pervenute all’Ufficio Prevenzione e Gestione Crisi Aziendali
84 comunicazioni di avvio procedure: 32
per ricorso alla mobilità, 38 si sono concluse con accordo per la richiesta di CIGS,
8 con la sottoscrizione di contratti di solidarietà, 6 sono state ritirate. I lavoratori
coinvolti sono stati rispettivamente: 459
per la mobilità, 1.860 per la CIGS, 307 per
i contratti di solidarietà; la prevalenza degli
operai rispetto agli impiegati è stata netta.
Il notevole incremento nel 2009 delle richieste di concessione della CIGS (diversamente rispetto alle modalità tipiche di gestione delle crisi) è stato determinato dalle
indicazioni del Ministero e della Regione di
ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione
per garantire la conservazione dei posti di
lavoro, evitando quando possibile il ricorso
drastico al licenziamento nella prospettiva
di una ripresa dell’economia.
Il macrosettore più colpito è risultato anche quest’anno quello “Industriale” con
54 aziende, la maggior parte, per numerosità, nella Metalmeccanica, nel LegnoArredamento, nel Tessile-AbbigliamentoCalzature.
Anche il Terziario risulta essere stato colpito dalla crisi con 23 aziende in difficoltà,
appartenenti principalmente ai comparti del
Commercio, Turismo e Servizi, Trasporto e
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
UTENTI DEI CENTRI PER L’IMPIEGO della Provincia di Forlì-Cesena in stato di disoccupazione (*)
Maschi
Femmine
Disoccupati con precedenti lavorativi
al 31 dicembre 2009
9.706
al 31 dicembre 2008
7.441
Variazione %
30,4%
Inoccupati in cerca di prima occupazione
al 31 dicembre 2009
1.079
al 31 dicembre 2008
930
Variazione %
16,0%
Totale Disoccupati
al 31 dicembre 2009
10.785
al 31 dicembre 2008
8.371
Variazione %
28,8%
Specifica per fasce di età - stock
15/18 anni
al 31 dicembre 2009
al 31 dicembre 2008
Variazione %
19/24 anni
al 31 dicembre 2009
al 31 dicembre 2008
Variazione %
25/29 anni
al 31 dicembre 2009
al 31 dicembre 2008
Variazione %
30/49 anni
al 31 dicembre 2009
al 31 dicembre 2008
Variazione %
oltre 50 anni
al 31 dicembre 2009
al 31 dicembre 2008
Variazione %
Specifica per iscritti in lista di
mobilità L. 223/91 - stock
Maschi
Totale
Incidenza % su
Totale disoccupati
stesso anno
13.351
11.610
15,0%
23.057
19.051
21,0%
88,1%
86,9%
2.021
1.935
4,4%
3.100
2.865
8,2%
11,9%
13,1%
15.372
13.545
13,5%
26.157
21.916
19,4%
Femmine
Totale
Incidenza % su
Totale disoccupati
stesso anno
141
99
42,4%
91
91
0,0%
232
190
22,1%
0,9%
0,9%
1.155
719
60,6%
1.236
1.015
21,8%
2.391
1.734
37,9%
9,1%
7,9%
1.138
870
30,8%
1.663
1.468
13,3%
2.801
2.338
19,8%
10,7%
10,7%
5.809
4.583
26,8%
8.721
7.800
11,8%
14.530
12.383
17,3%
55,5%
56,5%
2.542
2.100
21,0%
3.661
3.171
15,5%
6.203
5.271
17,7%
23,7%
24,1%
Maschi
Femmine
Totale
Lavoratori licenziati a seguito di procedura collettiva di mobilità
al 31 dicembre 2009
442
319
761
al 31 dicembre 2008
406
337
743
Variazione %
8,9%
-5,3%
2,4%
Lavoratori iscritti L. 236/93 a seguito di licenziamento individuale
al 31 dicembre 2009
1.000
1.019
2.019
al 31 dicembre 2008
588
749
1.337
Variazione %
70,1%
36,0%
51,0%
Totale iscritti in lista di mobilità
al 31 dicembre 2009
1.442
1.338
2.780
al 31 dicembre 2008
994
1.086
2.080
Variazione %
45,1%
23,2%
33,7%
Incidenza % su
Totale disoccupati
stesso anno
Incidenza %
su Totale iscritti
in lista
2,9%
3,4%
27,4%
35,7%
7,7%
6,1%
72,6%
64,3%
10,6%
9,5%
(*) a seguito della presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento ed alla ricerca di un’attività
lavorativa ai sensi del D. Lgs. n. 297/02
Fonte: Sistema Informativo Lavoro dell’Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena Servizi provinciali per l’impiego - Ufficio
Adempimenti amministrativi collocamento ordinario
Elaborazione: Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
L A V O R O
Dato di Stock
71
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
COMUNICAZIONI DI ASSUNZIONE pervenute ai Centri per l’Impiego della provincia (*)
Dato di Flusso
Totale Assunzioni
Gennaio/Dicembre 2009
Gennaio/Dicembre 2008
Variazione %
Specifica per tipologia contrattuale
Maschi
40.042
43.268
-7,5%
Maschi
Femmine
Totale
48.424
54.886
-11,8%
Femmine
88.466
98.154
-9,9%
Totale
Tempo indeterminato orario pieno
Gennaio/Dicembre 2009
4.882
2.646
Gennaio/Dicembre 2008
6.384
3.760
Variazione %
-23,5%
-29,6%
Tempo indeterminato part-time
Gennaio/Dicembre 2009
1.196
2.362
Gennaio/Dicembre 2008
1.336
3.295
Variazione %
-10,5%
-28,3%
Tempo determinato orario pieno
Gennaio/Dicembre 2009
29.489
32.208
Gennaio/Dicembre 2008
30.833
35.118
Variazione %
-4,4%
-8,3%
Tempo determinato part-time
Gennaio/Dicembre 2009
4.475
11.208
Gennaio/Dicembre 2008
4.715
12.713
Variazione %
-5,1%
-11,8%
Contratti di somministrazione: ulteriore specifica del t. determinato (*)
Gennaio/Dicembre 2009
1.851
1.227
Gennaio/Dicembre 2008
2.952
1.828
Variazione %
-37,3%
-32,9%
Specifica per nazionalità
Cittadinanza extraUE/Stati UE
Gennaio/Dicembre 2009
Gennaio/Dicembre 2008
Variazione %
L A V O R O
Specifica per settori produttivi
72
Maschi
13.041
13.693
-4,8%
Maschi
Femmine
11.893
13.122
-9,4%
Femmine
Incidenza % su Totale
assunzioni stesso anno
Incidenza % su Totale
assunzioni stesso anno
7.528
10.144
-25,8%
8,5%
10,3%
3.558
4.631
-23,2%
4,0%
4,7%
61.697
65.951
-6,5%
69,7%
67,2%
15.683
17.428
-10,0%
17,7%
17,8%
3.078
4.780
-35,6%
3,5%
4,9%
Totale
24.934
26.815
-7,0%
Totale
Incidenza % su Totale
assunzioni stesso anno
28,2%
27,3%
Incidenza % su Totale
assunzioni stesso anno
Agricoltura
Gennaio/Dicembre 2009
8.467
7.925
16.392
18,5%
Gennaio/Dicembre 2008
8.407
9.321
17.728
18,1%
Variazione %
0,7%
-15,0%
-7,5%
Industria
Gennaio/Dicembre 2009
11.318
5.069
16.387
18,5%
Gennaio/Dicembre 2008
13.015
4.254
17.269
17,6%
Variazione %
-13,0%
19,2%
-5,1%
Servizi
Gennaio/Dicembre 2009
18.141
24.841
42.982
48,6%
Gennaio/Dicembre 2008
19.283
26.238
45.521
46,4%
Variazione %
-5,9%
-5,3%
-5,6%
Pubblica Amministrazione / Enti Locali
Gennaio/Dicembre 2009
2.116
10.589
12.705
14,4%
Gennaio/Dicembre 2008
2.563
15.073
17.636
18,0%
Variazione %
-17,4%
-29,7%
-28,0%
(*) assunzioni pervenute dai datori di lavoro privati e pubblici, a seguito di obbligo previsto dalla vigente normativa (L. 296/06),
riferite alle assunzioni di lavoratori in aziende del territorio provinciale di tutte le tipologie di lavoro subordinato, a progetto,
CO.CO.CO., associazioni in partecipazione, socio-lavoratore di coop., nonchè di tirocini formativi
Fonte: Sistema Informativo Lavoro dell’Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena Servizi provinciali per l’impiego - Ufficio
Adempimenti amministrativi collocamento ordinario
Elaborazione: Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Logistica, Pulizie. Nel settore agricolo sono
pervenute richieste di Cassa Integrazione in
deroga e mobilità per 7 aziende del comparto Avicolo e anche cooperative e consorzi.
Per quanto concerne le diverse dinamiche
territoriali, secondo la ripartizione tipica dei
Centri per l’Impiego, dall’analisi dei dati raccolti è possibile evidenziare una maggiore
concentrazione di aziende in crisi nel forlivese (53 richieste di incontro) rispetto al
cesenate e a Savignano dove sono state 31.
Fra i fenomeni significativi per interpretare le dinamiche occupazionali nel 2009 va
segnalato l’andamento degli ammortizzatori sociali e in particolare degli interventi di
Cassa Integrazione Guadagni; va precisato però che i dati disponibili, forniti dalla
sede provinciale INPS, si riferiscono alle ore
autorizzate e non a quelle realmente effettuate.
Le ore relative agli interventi di integrazione salariale ordinaria, pari a 3.431.705, sono
nel complesso notevolmente aumentate rispetto al 2008 (+563,1%).
Gli aumenti hanno riguardato tutti i settori
manifatturieri con variazioni molto elevate
principalmente nel settore “chimico”, nella
“meccanica”, nel “legno” (che comprende il
mobile imbottito) e nel “tessile”. Nel settore “edile” l’aumento è stato del 59,6%, mentre nel “commercio” non ci sono state ore
autorizzate.
I settori con il maggior numero di ore autorizzate sono stati: “meccanica” (1.644.360),
“legno” (622.807), “chimica” (437.922),
“pelli e cuoio (222.844), nel settore “edile” (artigianato e industria edile, estrazione
trasporto lapidei) sono state autorizzate
284.025 ore.
Per quanto concerne la cassa integrazione
straordinaria, i dati elaborati e forniti dalla
COMUNICAZIONI DI CESSAZIONE dei rapporti di lavoro pervenute ai Centri per l’Impiego della provincia (*)
Dato di Flusso
Maschi
Femmine
Totale
Incidenza % su Totale
cessazioni stesso anno
Totale Cessazioni
Gennaio/Dicembre 2009
42.955
49.770
92.725
Gennaio/Dicembre 2008
38.804
44.574
83.378
Variazione %
10,7%
11,7%
11,2%
Specifica per motivo cessazione
(più ricorrente)
Maschi
Femmine
Totale
Incidenza % su Totale
cessazioni stesso anno
Fine contratto a termine
Gennaio/Dicembre 2009
21.378
31.486
52.864
57,0%
Gennaio/Dicembre 2008
14.925
23.733
38.658
46,4%
Variazione %
43,2%
32,7%
36,7%
906
723
1.629
1,8%
2,0%
Risoluzione in periodo di prova
Gennaio/Dicembre 2009
Gennaio/Dicembre 2008
873
770
1.643
3,8%
-6,1%
-0,9%
Gennaio/Dicembre 2009
7.969
6.246
14.215
15,3%
Gennaio/Dicembre 2008
7.539
5.824
13.363
16,0%
Variazione %
5,7%
7,2%
6,4%
3.283
2.147
5.430
5,9%
6,5%
Variazione %
Licenziamento/Riduzione/Chiusura azienda
Gennaio/Dicembre 2009
Gennaio/Dicembre 2008
2.963
2.495
5.458
Variazione %
10,8%
-13,9%
-0,5%
(*) Comunicazioni di cessazione pervenute dai datori di lavoro privati e pubblici, a seguito degli obblighi previsti dalla vigente
normativa (L. 296/06)
Fonte: Sistema Informativo Lavoro dell’Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena Servizi provinciali per l’impiego - Ufficio
Adempimenti amministrativi collocamento ordinario
Elaborazione: Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
L A V O R O
Dimissioni
73
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
sede INPS di Forlì rilevano un forte aumento
pari al 673,7%; le ore autorizzate sono passate a 1.222.674; da notare che si tratta come
prevedibile di un fenomeno di progressiva
“ordinarizzazione” della CIG straordinaria e
che in tale valore sono comprese 320.457
ore di cassa integrazione in deroga.
Mentre nel 2008 solo per alcuni settori del
settore manifatturiero si rilevavano ore autorizzate (alimentare, meccanica, chimica,
carta e poligrafiche), nel 2009 in quasi tutti
i comparti sono stati necessari interventi.
Da segnalare il settore legno per il quale
nel 2008 non sono state autorizzate ore
mentre per il 2009 il monte ore è passato
a 655.849, stesso andamento per vestiario,
abbigliamento, arredamento (119.017). Tra
i comparti di maggior rilievo nell’economia
provinciale e in difficoltà va citata la meccanica (+622,5%). L’edilizia è passata da zero
ore del 2008 a 60.282 del 2009. Il commercio ha fatto registrare un aumento del
304,7% (27.974 ore nel 2009).
Purtroppo le procedure attualmente a disposizione della sede INPS provinciale non
consentono la rilevazione puntuale del numero dei lavoratori in relazione alle ore
complessive di integrazione salariale ordinaria e straordinaria.
Il ricorso alla cassa integrazione in deroga,
che ha fortemente caratterizzato il 2009,
estendendo ai lavoratori esclusi in precedenza dalla normativa le misure di sostegno al
reddito, è risultato per certi aspetti di difficile rilevazione e ha richiesto un ulteriore approfondimento per cercare di delineare, nei
limiti del possibile, un quadro generale delle
misure adottate nel territorio provinciale.
Lo schema sintetico che segue, che riporta
dati per la provincia provenienti da più fonti,
è riferito al periodo gennaio-dicembre 2009.
- CIG ordinaria: fonte INPS Forlì e Regione
Emilia-Romagna su INPS Italia
ore totali autorizzate 3.431.705 (totale
settori compresa edilizia)
- CIG straordinaria * fonte INPS Forlì
ore totali autorizzate 902.217 (totale settori compresa edilizia)
- CIG in deroga: fonte Regione EmiliaRomagna
ore totali autorizzate 1.367.597
* I dati sulla cassa integrazione straordinaria sono diversi da
quelli pubblicati dall’INPS nazionale e ripresi nella newsletter
della Regione Emilia Romagna, in quanto l’INPS nazionale ha incluso nelle ore di integrazione straordinaria una parte delle ore
74
in deroga che non si è in grado di quantificare.
Informazioni di particolare importanza che
permettono di delineare con maggior precisione la situazione del mercato del lavoro
provinciale sono sicuramente quelle fornite dalla Direzione Provinciale del Lavoro di
Forlì-Cesena - DPL alla quale sono affidate
competenze che vanno dall’attività ispettiva a quella della conciliazione, compresa
l’attività dell’Osservatorio provinciale sulla
cooperazione, tutte funzioni esercitate a garanzia della regolarità dei rapporti di lavoro
e della salute e sicurezza in particolare nei
cantieri edili.
In merito alle situazioni di irregolarità riscontrate nel 2009, l’attività svolta
dal Servizio Ispezione del Lavoro – SIL
della Direzione Provinciale del Lavoro in
collaborazione con INPS, INAIL, AUSL,
Comando Carabinieri, GDF e Questura si
è concentrata nei settori dell’edilizia, manifatturiero, trasporti-logistica, pubblici
esercizi, commercio, agricoltura, industria,
con riferimento specifico anche ai fenomeni degli appalti-somministrazione e cooperative in genere. Nel settore dell’edilizia,
la vigilanza tecnica ha poi interessato circa
un centinaio di cantieri, con l’ispezione di
oltre centocinquanta aziende, risultate irregolari per più del 50%.
Nelle imprese del settore agricolo, a fronte
dell’attività ispettiva, che si è concentrata
nel periodo della raccolta delle fragole, pesche e della potatura delle viti, sono state
riscontrate irregolarità contributive.
Da rilevare a tal proposito il maggiore
utilizzo di pensionati, mentre l’impiego di
extracomunitari è in linea con l’anno precedente. In particolare, durante il periodo
della vendemmia, si è rilevato un ricorso
piuttosto marcato al “lavoro accessorio”
con l’utilizzo di voucher.
Nel corso dell’anno, il Ministero del Lavoro,
ha previsto campagne mirate, su obiettivi
sensibili individuati a livello nazionale, quali
la grande distribuzione e le “etnie”, molte
realizzate congiuntamente a INPS e INAIL.
Nella grande distribuzione sono emerse irregolarità di lieve entità; diversa la situazione, invece, per le “etnie” dove sono stati
individuati lavoratori in nero e clandestini.
Inoltre, attività di controllo significative,
concordate a livello territoriale nell’ambito di un apposito Piano d’Azione voluto
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
dalla Prefettura e che ha coinvolto buona
parte degli istituti di vigilanza, coordinati
dalla DPL e dalle Forze dell’Ordine, hanno
riguardato in particolare il settore tessileabbigliamento e manifatturiero nei quali
sono risultati occupati numerosi lavoratori
cinesi e sono stati accertati reati in relazione a presenza di clandestini, violazione
di norme in materia di igiene e sicurezza,
nonché reati di ordine pubblico.
Nel complesso, l’attività 2009 è stata ulteriormente intensificata, portando ad oltre
un migliaio il numero
delle aziende ispezionate, con un riscontro
di irregolarità di circa
il 50%.
Particolarmente complessi, specifici e significativi sono stati
anche gli interventi
del Servizio Politiche
del Lavoro – SPL della
Direzione Provinciale
del Lavoro, in materia di conciliazioni
e controversie di
lavoro, sia con riferimento alle richieste
individuali/plurime per
l’espletamento
dei
tentativi obbligatori di
conciliazione davanti alle Commissioni di
Conciliazione di Forlì
e di Cesena e/o ai
Collegi del Pubblico
Impiego, sia in relazione alle problematiche
interessanti la collettività dei lavoratori di
un’azienda.
Il grado di conflittualità riscontrato sul territorio provinciale, anche a causa della diffusa
situazione di crisi, ha subito un incremento
superiore al 35% rispetto all’anno 2008.
Positivi i risultati raggiunti considerato che
il numero dei verbali di conciliazione sottoscritti nel corso dell’anno 2009 si attesta
intorno al 75% rispetto alle controversie di
lavoro trattate.
Fondamentale nell’attività di mediazione
il ruolo “super partes” svolto dai membri
delle Commissioni di Forlì e di Cesena che
hanno contribuito con il loro operato a far
intendere la conciliazione quale reale opRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
portunità di risoluzione delle conflittualità e
non solo un passaggio obbligato dal punto di
vista procedurale.
Intensa anche l’attività di sensibilizzazione e
di consulenza alle aziende in crisi, prestata in
fase di stipula dei Contratti di solidarietà di
tipo “B”, al fine di evitare licenziamenti collettivi presso realtà aziendali con un numero
di dipendenti superiore a 15 unità.
Rispetto al 2008, vi è stato inoltre un incremento della vertenzialità collettiva, specie,
nel caso di cambi d’appalto, nel settore del
pulimento e del facchinaggio. Interessati al
fenomeno sono risultati comunque i settori
del mobile imbottito,
metalmeccanico, nautica, case di cura private, trasporti, vigilanza
privata.
La conflittualità ha riguardato in particolare
le aziende che si sono
aggiudicate “appalti al
ribasso” nel settore
dei servizi di pulizia,
del facchinaggio e della logistica che spesso
hanno fatto registrare
una scarsa correttezza nell’applicazione dei
CCNL e la mancata
corresponsione
degli stipendi, anche per
lunghi periodi. Sono
stati necessari interventi oltre che sulle imprese stesse, anche
sugli enti committenti, responsabili dell’affidamento dei servizi e delle opportune verifiche formali e sostanziali.
In merito ai flussi di ingresso di lavoratori extracomunitari, sempre il Servizio
Politiche del Lavoro – SPL della Direzione
Provinciale del Lavoro ha fornito allo
Sportello Unico per l’Immigrazione - SUI le
informazioni ed i pareri dovuti in relazione
alle fasi delle procedure di competenza (correttezza dei rapporti di lavoro, contrattualistica e redditività dei datori di lavoro, intesa
come verifica della capacità economica di
far fronte a costi retributivi e contributivi
del personale da assumere).
Al 31/12/2009 i pareri complessivamente
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
75
L A V O R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
76
espressi sono stati 2.841, comprensivi dei
positivi, negativi, riesami, stagionali, extra e
neocomunitari.
In particolare sono state “evase” tutte le
domande collegate alle quote previste dai
flussi 2007, nonché tutte le restanti, “ripescate” dal decreto flussi 2008, inerenti il
lavoro domestico in generale e le domande per lavoro subordinato presentate per
le nazioni con quote specifiche (Albania,
Bangladash, Marocco, Moldavia, Nigeria,
Senegal, Tunisia). Per tali tipologie di lavoro il decreto flussi
2008 aveva previsto
495 quote, ma ne sono
state effettivamente
utilizzate 340, in quanto molte sono state le
domande prive dei requisiti di ammissibilità.
Per quello che riguarda il lavoro stagionale
2009, alla provincia
di Forlì-Cesena sono
state assegnate 2.000
quote e le domande complessivamente
ricevute sono state
1.376, con un effettivo
utilizzo di 1.162 quote.
I settori economici
interessati sono stati
per le richieste “non
stagionali”, prevalentemente quello domestico (comprese le badanti), il manifatturiero
e l’edilizia; mentre per
le richieste stagionali, sono stati l’agricoltura e il comparto alberghiero.
Per ulteriori elementi di riflessione si rimanda al capitolo Demografia nel quale
sono riportate le valutazioni curate dalla Prefettura di Forlì - Ufficio Territoriale
del Governo - relative ad aspetti sociali ed
economici dell’impatto demografico e nel
mondo del lavoro dei flussi migratori nella
provincia.
Le valutazioni sull’andamento degli infortuni sul lavoro in provincia, elaborate dalla Direzione INAIL di Forlì, rappresentano
un’opportunità di riflessione sul tema della
salute e della sicurezza nei luoghi di lavo-
ro.
Gli ultimi dati disponibili riportano, per il
2008, 11.772 infortuni denunciati in provincia rispetto agli 11.717 del 2007. Dal
confronto tra i due dati si rileva un trend
leggermente negativo (+0,5%) ancor più
significativo se rapportato al trend regionale (-5,3%) e nazionale (-4,1%).
Per quanto riguarda le tipologie degli infortuni denunciati possiamo evidenziare
un lieve aumento di quelli “in occasione di
lavoro”*: 10.472 casi denunciati nel 2007
a fronte di 10.548 casi
denunciati nel 2008
(+0,7%). Gli infortuni in itinere** invece
registrano un trend
positivo (-1,7%): gli
eventi di questa tipologia denunciati nel
2007 sono stati 1.245
a fronte dei 1.224 denunciati nel 2008.
Una riflessione a parte merita il complesso
fenomeno degli infortuni mortali.
In provincia gli infortuni mortali denunciati nel 2007
sono stati 13 a fronte dei 9 denunciati
nel 2008 (-30,8%).
Occorre precisare,
ai fini dell’analisi, che
il 66,7% degli infortuni mortali denunciati
nel 2008 è avvenuto
su strada (4 infortuni
mortali su strada “in occasione di lavoro”,
2 infortuni mortali su strada “in itinere”).
Inoltre, un fenomeno che ha assunto connotati preoccupanti negli ultimi anni, è
quello delle morti dovute ad incidenti che
coinvolgono trattori agricoli, sia nei campi
che su strada.
Già a partire dal 2007 si era notato il ripetersi di incidenti in relazione a questa
tipologia di mezzi, con esiti gravi o mortali,
per la maggior parte dovuti al ribaltamento durante le fasi di lavorazione sui terreni agricoli. I primi dati del 2009 pubblicati
da ASAPS (Associazione Sostenitori della
Polizia Stradale) sembrano confermare
il fenomeno al punto che, tenuto conto
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Premesso che i risultati oggetto di commento sono relativi alle imprese private
non agricole con dipendenti e poichè la
rilevazione è stata effettuata nei mesi di
gennaio e febbraio 2009, quando ancora gli
effetti della crisi non si erano manifestati
in tutta la loro gravità, è opportuno dare
risalto non tanto agli aspetti quantitativi
di previsione emersi a suo tempo, ma agli
aspetti qualitativi con particolare riferimento alle tipologie di figure professionali
richieste.
A titolo indicativo, va detto comunque che
per la prima volta dall’avvio della rilevazione (1997) le previsioni occupazionali 2009
hanno fatto rilevare per la provincia un saldo negativo, così come negative sono risultate le variazioni per la regione e l’Italia.
La ripartizione delle professioni più richieste dalle imprese è stata la seguente: 4,6%
per professioni intellettuali, scientifiche e
ad elevata specializzazione, 12,2% per professioni tecniche, 8,8% impiegatizie, 25,7%
professioni qualificate nel commercio e nei
servizi, il 16,8% per operai specializzati, il
12,4% per e conduttori d’impianti e operai semiqualificati ed il restante 19,5% per
professioni non qualificate.
Le figure indicate come le più richieste fra
le professioni tecniche sono state quelle
dell’amministrazione e dell’organizzazione,
delle scienze ingegneristiche e dei rapporti
con i mercati.
Tra le professioni impiegatizie le previsioni
hanno indicato la rilevanza del personale
addetto alla gestione degli stock, degli approvvigionamenti e dei trasporti e il per* in occasione di lavoro: qualsiasi attività svolta con fina- sonale di segreteria.
lità lavorative.
** in itinere: infortunio occorso durante il normale per- Nell’area delle professioni relative alle atcorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello tività commerciali e ai servizi sono stati
di lavoro; durante il normale percorso che collega due evidenziati gli “addetti alla ristorazione e ai
luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro
e, qualora non sia presente il servizio di mensa aziendale, pubblici esercizi”, gli “addetti alle vendite
durante il normale percorso di andata e ritorno dal luo- al minuto”, e le professioni qualificate nei
go di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. servizi personali e in quelli sanitari.
Tra gli operai specializzati i più richiesti
A completamento dei vari aspetti trattati, sono stati indicati gli “addetti alle lavorae in considerazione del fatto che anche nel zioni alimentari”, “meccanici, montatori,
tessuto sociale ed economico locale è ri- riparatori, manutentori di macchine fisse
levante la problematica di un incontro non e mobili”, “addetti alle costruzioni e loro
ottimale tra domanda e offerta di lavoro, si rifiniture “, “fonditori, saldatori, lattonieri e
ritiene utile riportare di seguito una sintesi montatori di carpenteria metallica”.
relativa ai principali risultati provinciali del Nel gruppo dei “conduttori di impianti e
Sistema Camerale Excelsior, che consen- operai addetti a macchinari fissi e mobili”
te di delineare alcune caratteristiche della i più richiesti sono risultati i “conduttori
domanda di lavoro delle imprese.
di veicoli a motore”, gli “operai addetti
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
L A V O R O
dell’esiguo numero di questi veicoli rispetto ai milioni di mezzi che circolano sulle
strade, risulta quasi più pericoloso lavorare a bordo di trattori sui campi che viaggiare in autostrada.
Per quanto riguarda invece le malattie professionali manifestatesi nel 2008 e denunciate all’Inail, con 714 casi, Forlì-Cesena si
colloca tra le tre province della Regione
con il più alto indice di rischio connesso
all’insorgenza di patologie di origine professionale.
Inoltre 59 delle 227 denunce di malattia
professionale relative al settore agricolo
(in prevalenza patologie osteoarticolari)
presentate in Regione nell’arco dell’anno 2008, sono riferibili a Forlì-Cesena.
Questo fenomeno certamente preoccupante va letto alla luce delle risultanze
di un’analisi del tessuto economico provinciale da cui si evince la presenza sul
territorio, in particolare nel cesenate, di
alcune tra le maggiori imprese del paese
per produzione e trasformazione alimentare, le quali impiegano migliaia di lavoratori. Per arginare questo preoccupante
fenomeno l’INAIL, le AUSL, le Direzioni
Provinciali del Lavoro, l’Ufficio Territoriale
del Governo, le Associazioni di Categoria,
collaborano da tempo sensibilizzando le
varie componenti della filiera (lavoratori,
datori di lavoro, patronati, medici) al fine
di diffondere la cultura della prevenzione e
della sicurezza intesa come piena consapevolezza del valore dell’integrità psicofisica
dell’individuo.
77
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
le reperimento il personale addetto all’accoglienza, all’informazione e all’assistenza
della clientela, mentre fra le professioni
qualificate nelle attività commerciali e nei
servizi le professioni qualificate nei servizi
sanitari.
Fra gli operai specializzati figurano gli ebanisti, attrezzisti e addetti al trattamento
del legno ed assimilati, fra i “semiqualificati” gli operai addetti a macchinari fissi per
l’industria alimentare.
L A V O R O
a macchine confezionatrici”, gli “addetti
all’assemblaggio di prodotti industriali”.
Infine per quanto concerne il personale
non qualificato è risultata rilevante la domanda di personale addetto ai servizi di
pulizia, magazzinieri.
Il 25,5% delle assunzioni è stato previsto in
relazione a figure professionali che le imprese considerano difficili da reperire. Fra
le professioni intellettuali e tecniche le più
difficili da reperire sono gli specialisti delle
scienze della vita e i tecnici paramedici.
Nel gruppo degli impiegati risulta di diffici-
78
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I
I
MPRENDITORIALITÀ
Nel
2009
gli
effetti
della
crisi
economicofinanziaria
internazionale in atto
già dall’anno
precedente
si sono fatti sentire in
modo significativo anche sulla dinamica del sistema imprenditoriale
provinciale. Si notano infatti un saldo negativo fra aperture di nuove imprese e cessazioni e una flessione, per quanto contenuta, del
numero delle imprese attive. Il settore che
appare più colpito dalla difficile situazione attuale è quello manifatturiero, più esposto agli
effetti della caduta della domanda estera, che
registra una significativa flessione nel numero
delle imprese attive.
mere, alla
fine del 2009
le imprese
“registrate”
presso
la
Camera di
Commercio
di Forlì-Cesena sono
risultate
44.801, delle
quali 40.650
attive.
Nel corso dell’anno si sono iscritte 2.619 imprese e ne sono cessate 2.875 (dato al netto
delle cancellazioni d’ufficio); il saldo è dunque
negativo (-256 unità). Il dato riflette la tensione a cui è sottoposto il sistema imprenditoriale provinciale a seguito della crisi economica: nel 2008 infatti tale saldo era positivo
(+136). Rispetto al 2008 sono aumentate le
cessazioni (2.875 a fronte di 2.832), ma soprattutto sono diminuite le nuove aperture
(2.619 a fronte di 2.968); un segnale, queLa provincia di Forlì-Cesena, si conferma sto, del fatto che, come già rilevato nei primi
un territorio con imprenditorialità diffusa. Il trimestri dell’anno, le difficoltà economiche
rapporto fra abitanti e imprese attive si man- non hanno avuto tanto l’effetto di spingere
tiene meno elevato rispetto agli altri ambiti molte imprese locali fuori dal mercato, quanterritoriali: un’impresa ogni 9,5 abitanti, con- to piuttosto quello di rendere difficoltoso o
tro una ogni 10,1 in regione e una ogni 11,4 disincentivare l’ingresso nel sistema di nuovi
a livello nazionale.
imprenditori.
Secondo Movimprese, banca dati di InfocaIMPRENDITORIALITA’
Forlì-Cesena
Emilia-Romagna
Italia
imprese attive
31/12/2009
popolazione *
31/12/2008
40.650
388.019
imprese ogni 1.000
abitanti
104,8
abitanti
per impresa
9,5
427.890
4.337.979
98,6
10,1
5.283.531
60.045.068
88,0
11,4
I M P R E N D I T O R I A L I T À
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonte: Movimprese (Infocamere) e Istat (* Bilancio demografico 2008)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
79
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
CONSISTENZA DELLE IMPRESE ATTIVE
FORLI’-CESENA
EMILIA ROMAGNA
ITALIA
variazione %
Anno
2009 su
Anno
2008
variazione %
Anno
2009 su
Anno
2008
variazione %
Anno
2009 su
Anno
2008
Anno
2009
incidenza %
Anno
2009
incidenza %
Anno
2009
incidenza %
I M P R E N D I T O R I A L I T À
Sezioni di attività economica
A
Agricoltura
B
Pesca
C
Estrazione di minerali
D
Manifatturiera
E
Energia
8.445
-2,0
100
-2,0
69.190
-2,2
1.922
+3,3
0,3
0,5
870.750
-2,4
11.828
+1,2
0,3
25
-3,8
0,1
213
+0,5
0,1
3.937
-3,3
0,1
4.923
-2,3
15,3
56.711
-2,5
15,8
631.866
-1,7
14,3
47
+9,3
0,1
261
+13,5
0,1
4.508
+9,7
0,1
F
Costruzioni
6.568
-0,2
20,4
73.599
-1,6
20,5
806.120
-0,2
18,3
G
Commercio e rip.autoveicoli
8.941
-0,4
27,8
97.385
-0,3
27,1
1.441.834
-0,4
32,7
H
Alberghi e ristoranti
2.052
+0,2
6,4
22.322
+0,7
6,2
283.658
+1,8
6,4
I
Trasporti, magazz. e
comunicaz.
1.811
-3,0
5,6
17.833
-2,9
5,0
186.548
-1,9
4,2
J
Interm.monetaria e
finanziaria
678
-0,4
2,1
8.410
-0,6
2,3
108.360
+0,2
2,5
K
Att.immobil.,noleggio,
informatica e ricerca
4.742
+1,1
14,7
56.756
+1,1
15,8
616.884
+1,6
14,0
L
Pubblica amm.ne
0,0
0
-
0,0
0
+0,0
0,0
M
Istruzione
101
+6,3
0,3
1.248
+2,1
0,3
20.441
+3,3
0,5
N
Sanità e altri serv. sociali
198
+2,6
0,6
1.733
+2,4
0,5
27.559
+4,3
0,6
O
Altri serv.pubblici, sociali
e personali
1.937
+1,1
6,0
19.394
+0,7
5,4
242.242
+1,8
5,5
P
Serv. domestici
0,0
0
-
0,0
0
+0,0
0,0
Nc
attività non classificate
0,3
0,6
0
0
82
+3,8
TOTALE
40.650
-0,7
TOTALE (esclusa Sez. A - Agricoltura)
32.205
-0,4
Società di capitale
5.363
+4,3
Società di persone
8.116
-1,5
17.918
-1,3
808
Società di capitale
Società di persone
0,3
913
+0,0
427.890
-0,9
26.996
-29,0
5.283.531
-0,6
358.700
-0,7
4.412.781
-0,3
16,7
73.947
+1,7
25,2
80.177
-1,8
20,6
893.386
+2,9
20,2
22,4
866.373
-1,1
19,6
55,6
196.354
-1,3
54,7
2.543.674
-1,1
57,6
+1,8
2,5
8.222
+2,4
2,3
109.348
+2,6
2,5
126
+6,8
1,5
823
+5,4
1,2
10.280
+8,7
1,2
992
+2,9
11,7
9.116
+0,7
13,2
54.245
+1,5
6,2
7.248
79
-2,8
85,8
58.592
-2,7
84,7
794.694
-2,8
91,3
+3,9
0,9
659
-1,6
1,0
11.531
+0,9
1,3
100,0
100,0
100,0
Natura giuridica
(esclusa Sez. A - Agricoltura)
Ditte individuali
Altre forme
Natura giuridica
(Sez. A - Agricoltura)
Ditte individuali
Altre forme
Fonte: Movimprese (Infocamere)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
80
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
IMPRESE ATTIVE PER SETTORE
Forlì-Cesena - 31/12/2009
19%
21%
4%
5%
29%
22%
Agricoltura e pesca
Alberghi e Ristoranti
Industria e Costruzioni
Trasporti
Commercio
Servizi e altro
0,5% sul settore, ha registrato l’aumento di
tre unità rispetto al numero di imprese attive
del 2008: da 21 a 24.
Il settore delle costruzioni, che costituisce il
20,4% del totale delle imprese non agricole,
ha registrato una lieve flessione dello 0,2%.
Occorre ricordare che questo settore è interessato da un fenomeno di forte frammentazione e che, dietro la presenza di numerose micro-imprese, spesso si nascondono
situazioni effettive di lavoro parasubordinato.
Un po’ più consistente la flessione del commercio e riparazione di autoveicoli (-0,4%),
settore che rappresenta il 27,8% del totale.
Le attività manifatturiere (15,3% delle imprese) registrano il calo più consistente fra
i settori più significativi dell’imprenditoria
provinciale: -2,3%; il dato conferma quanto
già noto, cioè che il settore è quello che ha
ANDAMENTO DELLE IMPRESE ATTIVE (esclusa Agricoltura)
125
indice (1996=100)
120
115
110
105
100
1997
1998
1999
2000
2001
Forlì - Cesena
2002
2003
2004
Emilia - Romagna
2007
2008
I M P R E N D I T O R I A L I T À
Le imprese attive hanno fatto rilevare una
flessione dello 0,7% rispetto al 2008, minore di quella regionale (-0,9%) e leggermente
maggiore di quella nazionale (-0,6%). Le variazioni calcolate al netto del settore agricolo mostrano per la provincia di Forlì-Cesena
una più lieve diminuzione dello 0,4%, a fronte
del -0,7% regionale e del -0,3% nazionale.
Secondo le analisi che seguono, che escludono il settore agricolo in quanto presenta
dinamiche e caratteristiche particolari, le
imprese attive sono risultate 32.205. La movimentazione nel corso dell’anno in esame
è stata la seguente: 2.393 iscrizioni e 2.448
cessazioni al netto delle cancellazioni d’ufficio (saldo: -55).
Osservando i settori più rilevanti, quanto a
numerosità di imprese, l’unico a registrare
un incremento è stato quello delle “attività
immobiliari, noleggio, informatica e ricerca”
(+1,1% rispetto al 2008), comparto in cui
opera il 14,7% delle imprese attive non agricole.
All’interno di questo composito settore, la
componente più significativa è quella delle
attività immobiliari (55,4% sul totale del settore K), che ha registrato una crescita dello
0,9%. Seguono le “altre attività professionali
e imprenditoriali” col 32,4% del totale, che si
mantengono stabili con un +0,1%. L’”informatica e attività connesse”, che ha un’incidenza del 9,6%, ha registrato una significativa
crescita del 5,6%; il “noleggio macchine e attrezzature senza operatore” (2,1%) è salito
da 100 a 101 imprese attive (+1%). Infine la
“ricerca e sviluppo”, che incide solo per lo
2009
2005
2006
Italia
Fonte Infocamere (Movimprese)
La crescita anomala riscontrata in Italia nel 2008 è dovuta ad operazioni d’ufficio effettuate dalla Camera di Commercio di Roma
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
81
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I M P R E N D I T O R I A L I T À
risentito maggiormente e per primo dell’impatto della crisi economica internazionale e
della caduta della domanda estera.
Infine può essere interessante segnalare la
crescita dell’1,1% del settore “Altri servizi
pubblici, sociali e personali”, pari al 6% del
totale.
Prosegue il calo delle imprese agricole, con
un tasso del -2% rispetto al 2008.
Passando all’analisi delle forme giuridiche
delle imprese attive (escludendo le imprese
agricole), i dati evidenziano che la situazione
di crisi ha determinato il consolidamento del
sistema produttivo - a tutti i livelli territoriali
- nelle sue componenti strutturalmente più
robuste, ossia le società di capitali e le altre
forme giuridiche; queste sono le uniche due
tipologie che registrano una crescita, in un
contesto generale all’insegna della flessione,
anche se contenuta.
Le società di capitale in provincia nel 2009
hanno fatto registrare una crescita annua del
4,3%. Questa forma giuridica rappresenta il
16,7% delle imprese non agricole provinciali.
L’aumento provinciale è risultato maggiore
sia di quello regionale (+1,7%) sia di quello
nazionale (+2,9%). L’incidenza provinciale di
questa forma giuridica (16,7%) resta comunque minore di quella regionale (20,6%) e nazionale (20,2%).
Le “altre forme” giuridiche in provincia sono
cresciute dell’1,8%, crescita minore di quella
regionale (+2,4%) e nazionale (+2,6%). L’incidenza provinciale è del 2,5%, incidenza analoga a quella nazionale, mentre in regione è
del 2,3%.
Le ditte individuali, pari al 55,6% delle imprese (54,7% in regione, 57,6% in Italia), sono diminuite dell’1,3%. Le società di persone, pari
al 25,2% del totale (22,4% in regione, 19,6%
in Italia), sono diminuite dell’1,5%.
Complessivamente i tassi di crescita delle imprese registrate relativi al 2009 (elaborati al
netto dell’agricoltura e depurati dall’effetto
prodotto dalle cancellazioni d’ufficio) mostrano per la provincia e per l’Emilia-Romagna
un andamento negativo, in controtendenza
rispetto a quello nazionale (rispettivamente
-0,15%, -0,25% e +0,76%).
Al 31/12/2009 le imprese artigiane risultano essere 13.991 (206 in meno rispetto al
2008); la movimentazione è stata di 1.002
iscrizioni e 1.204 cessazioni (al netto delle
cancellazioni d’ufficio).
In provincia nel corso del 2009 sono stati
dichiarati 61 fallimenti (7 in più rispetto al
2008). Di questi, 18 riguardano il settore manifatturiero, 12 il commercio e 8 i trasporti.
Un dato un po’ sorprendente è che 50 riguardano società, e solo 11 ditte individuali.
Per quanto riguarda gli imprenditori stranieri, cioè nati al di fuori dei confini nazionali, secondo i dati elaborati da Infocamere, fra 2008 e 2009 le persone con cariche
nate all’estero sono salite da 3.719 a 3.876
(+4,2%), mentre gli italiani sono diminuiti
dello 0,8%. Fra gli stranieri, quelli nati in paesi extracomunitari sono cresciuti del 4,9%,
quelli nati in paesi comunitari del 2,3%.
Rispetto al numero totale degli stranieri con
cariche, 2.488 sono da riferirsi ad imprese
individuali, gestite quindi da imprenditori
stranieri, 871 operano in società di persone,
427 in società di capitale. I paesi di nascita più
ricorrenti sono, a parte la Svizzera con 424
persone, l’Albania con 579, la Cina con 316,
la Romania con 311, il Marocco con 304 e la
Tunisia con 209.
I settori economici1 nei quali la presenza di
stranieri è più rilevante sono in ordine di importanza: costruzioni (1.474 persone); commercio (870); attività manifatturiere (457);
“attività dei servizi alloggio e ristorazione”
(333); “trasporto e magazzinaggio” (138) e
agricoltura (122).
Da evidenziare anche il ruolo dell’imprenditoria femminile nel tessuto produttivo
locale che è oggetto di uno specifico monitoraggio da parte di Infocamere. Sono infatti
disponibili anche i dati relativi alle imprese
femminili presenti nel Registro Imprese delle
Camere di Commercio e individuate secondo quanto previsto dalla legge 215/92 e successive precisazioni.
Al 30.6.2009 in provincia sono risultate attive 8.698 imprese femminili su un totale di
40.807 imprese, corrispondenti al 21,3%; incidenza lievemente superiore a quella regionale (20,9%), ma inferiore a quella nazionale
(24,4%).
Per quanto riguarda la disaggregazione per
settore di attività, in provincia il 27,3% delle
imprese femminili appartiene al commercio
1
Nel database delle persone di StockView non è disponibile la classificazione delle attività economiche ATECO 2002, utilizzata
nel presente capitolo, ma solo la ATECO 2007. I dati relativi ai settori economici di attività degli imprenditori stranieri quindi non
sono confrontabili ai dati sui settori economici presenti in altra parte del capitolo.
82
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ed il 21,1% all’agricoltura. Seguono, in ordine di importanza, il settore degli “alberghi e
ristoranti” (10,8%), le “altre attività dei servizi” (10,6%),il settore manifatturiero (8,5%) e
le attività immobiliari (6,2%).
Se si prendono in considerazione i primi 6
settori in ordine di importanza, che raggruppano l’84,5% delle imprese femminili della
provincia, quello più femminilizzato è il settore delle “altre attività di servizi” con oltre
la metà delle imprese totali esistenti in provincia (54%). Tale settore comprende attività
quali lavanderie, estetiste, parrucchiere ecc.
L’analisi delle imprese femminili per natura
giuridica mostra come il 65,9% siano imprese
individuali, il 24,4% società di persone e solo
il 8,3% società di capitali (la loro incidenza
però è in aumento: erano il 7,2% al 30 giugno
2008). Nel territorio operano anche 90 cooperative “femminili” (1%).
Il confronto col dato regionale e nazionale
vede nella provincia di Forlì-Cesena una minore incidenza delle società di capitali ed una
maggiore delle società di persone rispetto al
resto del territorio: infatti le prime in RegioIMPRENDITORI PER CLASSE DI ETA’ - 31/12/2009
valori assoluti
indici di
composizione
Forlì-Cesena
non disponibile
36
0,1%
meno di 30 anni
3.175
4,7%
fra 30 e 49 anni
32.290
47,4%
50 anni e più
32.654
47,9%
TOTALE
68.155
100,0%
Emilia-Romagna
non disponibile
290
0,0%
meno di 30 anni
33.362
4,7%
fra 30 e 49 anni
343.035
48,0%
50 anni e più
337.266
47,2%
TOTALE
713.953
100,0%
18.300
0,2%
Italia
non disponibile
meno di 30 anni
474.552
5,8%
fra 30 e 49 anni
4.047.795
49,9%
50 anni e più
3.578.730
44,1%
TOTALE
8.119.377
100,0%
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ne sono il 13% ed in Italia il 12,3%, mentre
le società di persone sono rispettivamente il
21% ed il 19,7%.
E’ possibile valutare l’impresa femminile anche relativamente al grado di presenza femminile, cioè alla percentuale di quote possedute da donne quando si tratta di forme
societarie. Vengono previsti tre gradi di presenza crescenti: “maggioritaria”, “forte” ed
“esclusiva”.
Sul totale delle imprese individuate come
“femminili”, il 92,4% è a presenza “esclusiva”,
il 6,9% “forte” e solo lo 0,7% “maggioritaria”. Se si escludono le imprese individuali,
per le quali ovviamente esiste solo la modalità “esclusiva”, in quanto l’analisi viene fatta
sulle titolari di impresa, le imprese femminili
possedute da donne in forma esclusiva sono
l’83,6% per le società di capitali, il 77,3% per
le società di persone ed il 40% per le cooperative della provincia. In regione ed in Italia
tale fenomeno è ancor più accentuato, ad eccezione delle società di capitale in Emilia-Romagna, dove il numero d’imprese a presenza
esclusiva femminile è pari al 79,2%.
Infine, un altro dato utile da esaminare per
avere un’idea più chiara della struttura imprenditoriale locale è quello della distribuzione delle persone con cariche per classi
di età. Ripartendo le persone secondo tre
classi d’età - minore di 30 anni, fra 30 e 49
anni, 50 anni e oltre - in provincia di ForlìCesena si registra nel 2009 un dato che può
destare qualche preoccupazione: la classe
più anziana, infatti, col 47,9% del totale ha
superato per incidenza - anche se di poco la classe mediana (47,4%), che fino all’anno
precedente era la più numerosa e che rimane
tale negli altri ambiti territoriali (regionale e
nazionale). In Emilia-Romagna la classe degli
over 50 (47,2%), pur meno numerosa, segue
comunque da vicino quella fra i 30 e i 49 anni
(48%), mentre la prevalenza della classe d’età
mediana su quella più anziana è un po’ più
pronunciata a livello nazionale (49,9% a fronte di 44,1%). La classe degli under 30 è la
meno numerosa in tutti gli ambiti territoriali
(4,7% in provincia e in regione, 5,8% in Italia). Il dato può destare preoccupazione per
il futuro sul piano del ricambio generazionale
delle imprese, d’altra parte riflette un fenomeno più generale, ovvero l’invecchiamento
complessivo della popolazione.
I M P R E N D I T O R I A L I T À
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
83
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
SIMET:
Le rappresentazioni grafiche riportate in questa
pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema
Integrato di Monitoraggio dell’Economia e del
Territorio - strumento di analisi realizzato dalla
Camera di Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta solo
di un esempio delle potenzialità di elaborazione e
di analisi attualmente disponibili.
I-350– Cariche sociali nelle imprese attive
Numero di cariche sociali nelle imprese attive
Territorio: Forlì-Cesena
Analisi nel periodo 2000-2008
Valore nell’anno 2008: 68.559 persone
Valore minimo nel periodo: 66.457 persone (anno 2000)
Valore massimo nel periodo: 68.853 persone (anno 2007)
Valore medio nel periodo: 68.078 persone
I-350– Cariche sociali nelle imprese attive – Analisi dell’imprenditoria femminile italiana
I M P R E N D I T O R I A L I T À
Territorio: Forlì-Cesena
Nazionalità: Italiana
Incidenza % delle cariche di sesso femminile
sul totale
Periodo di riferimento: 2008
Nazionalità: Italiana
Sesso: Femmine
Il grafico rappresenta le serie storiche in cui,
fatto 100 il valore del primo anno disponibile
(2000), gli anni successivi sono di conseguenza
riproporzionati.
Modalità di lettura dei cruscotti Il valore dell’indicatore nel 2008, indicato dalla freccia, è posto in
relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2008 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.
84
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I-350– Cariche sociali nelle imprese attive – Analisi per età degli imprenditori italiani
Territorio: Forlì-Cesena
Nazionalità: Italiana
Incidenza % delle cariche di età
tra 18 e 29 anni sul totale
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Nazionalità: Italiana
Fascia d’età: 18-29 anni
Il grafico rappresenta le serie storiche in cui,
fatto 100 il valore del primo anno disponibile
(2002), gli anni successivi sono di conseguenza
riproporzionati.
Territorio: Forlì-Cesena
Nazionalità: Straniera
Analisi nel periodo 2000-2008
Valore nell’anno 2008: 3.719 persone
Valore minimo nel periodo: 1.374 persone (anno 2000)
Valore massimo nel periodo: 3. 719 persone (anno 2008)
Valore medio nel periodo: 2.476 persone
Modalità di lettura del cruscotto. Il valore dell’indicatore nel 2008, indicato dalla freccia, è posto in
relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2008 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione azzurra del cruscotto individua un’area centrata sulla media dei valori nel periodo e di ampiezza
pari al doppi della deviazione standard.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I M P R E N D I T O R I A L I T À
I-350– Cariche sociali nelle imprese attive – Analisi per nazionalità degli imprenditori
Andamento storico dell’imprenditoria straniera
85
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Composizione delle cariche sociali per nazionalità: confronto storico
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2000
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Italiana
Extra Comunitaria
Non classificata
Comunitaria
Composizione delle cariche sociali per classe di natura giuridica
I M P R E N D I T O R I A L I T À
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Nazionalità: Italiana
Imprese infdividuali
Società di persone
Società di capitale
Cooperative
Altre forme
Composizione delle cariche sociali per
nazionalità nelle imprese individuali
Composizione delle cariche sociali per settore
di attività nelle imprese individuali straniere
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2007
Classe di natura giuridica: Imprese individuali
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2007
Classe di natura giuridica: Imprese individuali
Nazionalità: Straniera
F
Italiana
86
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Nazionalità: Italiana
Extra Comunitaria
Comunitaria
G
D
I
Altro
F (Costruzioni), G (Commercio all’ingrosso e al dettaglio; Riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la
casa), D (Attività manifatturiere), I (Trasporti, magazzinaggio
e comunicazioni)
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ne quanto
dalla diminuzione
dei prezzi
al produttore.
Prima di
analizzare
l’andamento dei vari
comparti
si riporta
la situazione imprenditoriale secondo i dati
del Registro delle Imprese.
Alla fine del terzo trimestre 2009 risultano
iscritte al Registro della Camera di Com-
IMPRESE AGRICOLE E TOTALE IMPRESE
Situazione al 30/9/2009
IMPRESE
AGRICOLE
TOTALE
IMPRESE
Imprese agricole
ogni 100 imprese
della provincia
Indice di composizione agricoltura sul totale
regionale
Indice di
composizione
totale imprese sul
totale regionale
Piacenza
6.141
28.974
21,2%
8,7%
6,7%
Parma
7.024
43.416
16,2%
10,0%
10,1%
Reggio Emilia
7.564
53.011
14,3%
10,7%
12,3%
Modena
9.593
68.668
14,0%
13,6%
16,0%
Bologna
10.703
88.256
12,1%
15,2%
20,5%
Ferrara
9.246
34.920
26,5%
13,1%
8,1%
Ravenna
8.971
38.189
23,5%
12,7%
8,9%
Forlì-Cesena
8.533
40.781
20,9%
12,1%
9,5%
Rimini
2.658
33.792
7,9%
3,8%
7,9%
70.433
430.007
16,4%
100,0%
100,0%
876.598
5.297.780
16,5%
-
-
EMILIA-ROMAGNA
ITALIA
P E S C A
AGRICOLTURA
L’annata agraria
2009 è stata una delle
peggiori annate degli
ultimi anni,
soprattutto per le
coltivazioni
frutticole e
per le diverse coltivazioni erbacee fra cui in
particolare i cereali. I redditi delle aziende
agricole sono stati erosi ulteriormente non
tanto dall’aumento dei costi di produzio-
E
A
A
GRICOLTURA
E PESCA
A G R I C O L T U R A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonte: Stock View (Infocamere)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Ateco 2007
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
87
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
mercio di Forlì-Cesena 8.533 imprese
agricole, che rappresentano il 12,1% delle imprese agricole della regione e il 20,9%
delle aziende attive in provincia. In regione
presentano valori superiori a quest’ultimo
le province di Ravenna, Ferrara e Piacenza.
La distinzione delle aziende agricole iscritte
al Registro Imprese per natura giuridica rivela che in provincia di Forlì-Cesena l’85,4%
è costituito da ditte individuali; l’incidenza è
maggiore rispetto al dato regionale (84,9%),
ma inferiore a quello nazionale (91,4%).
La forma societaria è rappresentata in provincia per l’1,5% da società di capitali e per
il 12,2% da società di persone; il restante
0,9% è costituito da consorzi e cooperative.
Va segnalato che l’incidenza delle società di
capitali nelle imprese agricole della provincia è superiore sia al dato regionale (1,1%)
che a quello nazionale (1,1%).
Se si confronta la struttura della natura giuridica delle imprese agricole col totale delle
attività, in agricoltura si ha una netta prevalenza delle imprese individuali; tutto ciò
IMPRESE PER NATURA GIURIDICA
Situazione al 30/9/2009
Totale attività
Agricoltura
P E S C A
Forlì-Cesena
Società di capitale
13,4%
1,5%
Società di persone
22,4%
12,2%
Imprese individuali
62,0%
85,4%
Altre forme
TOTALE
2,2%
0,9%
100,0%
100,0%
A G R I C O L T U R A
E
Emilia-Romagna
IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETA’
Situazione al 30/9/2009
Totale attività
<30 anni
47,2%
28,9%
48,3%
69,1%
100,0%
100,0%
4,6%
2,7%
47,9%
28,2%
TOTALE
Società di persone
20,9%
13,1%
Emilia-Romagna
Imprese individuali
59,6%
84,9%
<30 anni
2,1%
0,9%
100,0%
100,0%
30-49 anni
50 anni e oltre
TOTALE
Italia
Società di capitale
17,0%
1,1%
Italia
Società di persone
17,4%
6,2%
<30 anni
Imprese individuali
63,3%
91,4%
2,3%
1,3%
100,0%
100,0%
Altre forme
TOTALE
2,0%
50 anni e oltre
1,1%
TOTALE
4,6%
30-49 anni
17,5%
Altre forme
Agricoltura
Forlì-Cesena
Società di capitale
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di
Commercio di Forlì-Cesena
88
conferma che l’agricoltura è basata soprattutto sull’impresa diretto-coltivatrice a carattere famigliare.
Dallo stesso Registro si possono rilevare
informazioni anche sull’età degli imprenditori, elemento non secondario per valutare
il ricambio e la propensione all’innovazione.
Suddividendo questi ultimi per classe di età
si possono individuare tre gruppi distinti in
“giovani” (fino a 29 anni) “adulti” (dai 30 ai
49 anni) e “anziani” (50 anni e oltre). Il confronto con gli altri territori evidenzia una
percentuale di giovani imprenditori agricoli
pari al 2% in provincia, 2,7% in regione e
3,7% in Italia. Esaminando il complesso di
tutte le attività economiche della provincia, i “giovani” rappresentano il 4,6% degli
imprenditori, stessa proporzione si rileva
a livello regionale (4,6%), mentre in Italia i
“giovani” sono il 5,9%. L’incidenza di questa
classe, sia in agricoltura che nel complesso delle attività economiche, è, anche per
il 2009, in lieve calo rispetto allo scorso
anno in tutti i territori analizzati. La classe
intermedia, dai 30 ai 49 anni, rappresenta il
28,9% degli imprenditori agricoli della provincia, dato leggermente superiore a quello
regionale (28,2%) e inferiore al nazionale
47,5%
69,1%
100,0%
100,0%
5,9%
3,7%
30-49 anni
49,7%
33,2%
50 anni e oltre
44,5%
63,1%
100,0%
100,0%
TOTALE
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di
Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
(33,2%). Nel complesso delle attività tale
classe rappresenta il 47,2% degli imprenditori forlivesi; la percentuale è di qualche
punto inferiore rispetto al valore regionale
e nazionale. In provincia il restante 69,1% è
rappresentato da imprenditori agricoli appartenenti alla classe degli “anziani”, valore
analogo a quello regionale (69,1%), ma superiore al dato nazionale (63,1%). Se si considerano tutte le attività, la percentuale di
imprenditori con 50 anni e più in provincia
è del 48,3%, in regione del 47,5% e in Italia
del 44,5%.
IMPRESE ATTIVE PER SETTORE
Forlì-Cesena - 31/12/2009
Altri prodotti
2,4%
PRODUZIONE LORDA VENDIBILE
Forlì-Cesena - Annata 2009
Variazione su annata precedente per grandi comparti a prezzi costanti
prezzi
plv
volume fisico
COLTIVAZIONI ERBACEE
-9,2%
-12,8%
-3,8%
COLTIVAZIONI LEGNOSE
-35,5%
-34,9%
+0,7%
PRODOTTI ZOOTECNICI
+6,6%
+7,2%
+0,6%
TOTALE GENERALE
-8,0%
-8,3%
-0,3%
E
revoli. Le difficoltà non hanno tuttavia frenato alcune interessanti iniziative volte ad
incrementare e valorizzare la qualità ed il
legame con il territorio di alcuni prodotti.
A questo proposito si segnala la costituzione del “grano Romagnolo” e della “farina
di grano Romagnolo”, le iniziative tecniche e promozionali a favore di vini DOC
e DOCG, dell’olio d’oliva DOP, di frutta,
ortaggi e derivati del latte (fra i quali spicca
il “Formaggio di Fossa”). Per quanto riguarda le opportunità legate all’introduzione in
provincia di prodotti agricoli ad impiego
energetico, va rilevato che si è raffreddato
l’entusiasmo iniziale dei produttori. Il comparto non è stato tuttavia abbandonato, nel
2009 alcuni agricoltori hanno attivato biodigestori aziendali ed hanno costruito impianti fotovoltaici per la produzione di energia
verde. Queste iniziative, unite alle esperienze di coltivazione di colza ad impiego energetico, sono per ora modeste, ma potrebbero avere in futuro interessanti sviluppi.
Per quanto riguarda l’andamento della produzione lorda vendibile il valore com-
P E S C A
Coltivazioni
legnose
Bovini, ovini,
19,0%
caprini, suini
3,9%
Pollame
36,8%
Continuando nell’analisi dei dati strutturali,
per il mercato fondiario continua il trend
già in atto dal 2007, registrando un valore
dei terreni agricoli in ulteriore ripresa, non
tanto per la redditività delle attività agricole, quanto piuttosto per la ricerca di “beni
rifugio” alternativi agli investimenti finanziari dopo le recenti vicende internazionali. Su questo fenomeno ha inciso anche la
continua diminuzione di disponibilità di superfici agricole coltivabili destinate ad aree
edificabili, a zone artigianali e industriali. La
progressiva erosione dei prezzi di alcune
importanti produzioni agricole, soprattutto
per i cereali e per le coltivazioni frutticole,
ha accentuato il diffuso disinteresse da parte
delle giovani generazioni che si affacciano al
mondo dell’impresa. Di conseguenza, è proseguita, anche nell’annata in esame, la tendenza all’invecchiamento degli imprenditori
agricoli, come già rilevato dai dati del Registro delle Imprese. Le prospettive future
non sono rosee per il settore: i produttori
agricoli lamentano le difficoltà di competere in un mercato internazionale sempre più
globalizzato, sul quale si vanno affacciando
ogni anno nuovi competitori che operano in
condizioni produttive nettamente più favo-
Coltivazioni erbacee
20,0%
A G R I C O L T U R A
Uova
17,9%
Fonti: Servizio Agricoltura e Spazio Rurale Amministrazione Prov.le Forlì-Cesena e Ufficio Prezzi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
89
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
PRODUZIONE LORDA VENDIBILE IN AGRICOLTURA - FORLI’-CESENA
INDICI CON VALORI A PREZZI CORRENTI (NON DEFLAZIONATI)
1996
1997
1998
1999
100,0 101,3
94,8
Cereali
100,0
82,8
Patate e ortaggi
100,0
97,3
COLTIVAZIONI
LEGNOSE
100,0
95,8 119,8
COLTIVAZIONI
ERBACEE
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
90,5
98,7 109,8 112,4 120,6 124,4 110,5
83,2
89,7
89,7
98,7
92,3
87,9
97,8 115,4 135,1 157,5 107,5 105,3
2007
2008
2009
94,0 105,4
74,3
di cui:
86,2 100,2
93,5 106,8
86,8 106,8 153,6 120,2 100,2
91,5
96,8 107,5
69,2
92,7 114,6 143,8 108,9 166,4 136,1 101,9 137,2 142,2 172,4 111,9
di cui:
- vite
100,0 113,3 176,7 180,0 163,3 156,7 116,2 142,0 161,4 148,4 135,5 142,0 122,6 122,6
- pesco e nettarine
100,0
89,3 107,8
59,2 104,1 132,0
94,0 182,3 120,3
80,8 141,0 137,2 191,7
PRODOTTI
ZOOTECNICI
100,0
94,6
83,3 104,8 107,0
95,3 111,8
98,7
88,6
93,8 122,0 125,0 134,0
- bovini
100,0 105,3 105,3 100,0 100,0 100,0 101,9 101,9
81,5
81,5
91,7
81,5
71,3
81,5
- suini
100,0
94,2
74,5
67,0
59,6
63,3
55,9
59,6
52,1
- avicoli
100,0
93,2
89,0
81,5 107,1 106,5
88,6 108,8
96,8
84,9
85,5 125,1 123,2 135,2
- uova
100,0 100,0
96,4
92,8 117,1 110,8 116,9 136,1 115,1 106,4 125,6 153,5 172,7 183,2
TOTALE
GENERALE
100,0
97,1
87,3 104,8 114,8 103,0 125,0 113,5
90,1
99,6
di cui:
96,8
78,8
67,3
71,2 100,0
78,2
97,7
98,8 117,4 128,1 111,8
Fonti: Servizio Agricoltura Amm.ne provinciale Forlì-Cesena, Ufficio Prezzi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
A G R I C O L T U R A
E
P E S C A
PRODUZIONE LORDA VENDIBILE IN AGRICOLTURA - FORLI’-CESENA
INDICI CON VALORI A PREZZI DEFLAZIONATI
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
2005
2006
2007
2008
2009
100,0
99,5
91,5
86,0
91,5
99,1
98,8 103,7 104,9
91,6
67,6
75,1
81,6
57,1
Cereali
100,0
81,3
86,6
85,2
91,5
77,8
88,1
80,4
90,1
72,0
86,8 122,7
93,0
77,0
Patate e ortaggi
100,0
95,5
89,2
83,5
90,7 104,1 118,8 135,4
90,6
87,3
74,4
83,2
53,2
COLTIVAZIONI
LEGNOSE
100,0
94,1 115,7
84,4 111,5 113,6 133,5
86,0
COLTIVAZIONI
ERBACEE
2003
di cui:
88,1 106,2 129,7
95,8 143,1 114,8
77,4
di cui:
- vite
100,0 111,3 170,6 171,1 151,4 141,4 102,2 122,1 136,1 123,1 110,2 113,5
94,9
94,3
- pesco e nettarine
100,0
87,8 104,1
56,3
96,6 119,2
82,7 156,8 101,5
67,0 114,6 109,7 148,4
76,6
PRODOTTI
ZOOTECNICI
100,0
92,9
87,0
79,2
97,2
96,6
83,8
96,2
83,2
73,4
76,3
97,5
96,7 103,0
- bovini
100,0 103,4 101,7
95,0
92,7
90,3
89,6
87,6
68,8
67,6
74,6
65,2
55,2
62,7
- suini
100,0
64,0
66,0
90,3
68,8
64,0
56,5
49,4
51,5
44,6
46,1
40,1
- avicoli
100,0
91,5
85,9
77,4
99,3
96,1
78,0
93,5
81,7
70,4
69,5 100,0
- uova
100,0
98,2
93,1
88,2 108,6 100,0 102,8 117,0
97,1
88,2 102,1 122,7 133,6 140,8
TOTALE
GENERALE
100,0
95,1
93,8
82,9
95,8
81,0
di cui:
92,6
76,2
97,2 103,6
90,6 107,5
80,3
93,8
95,4 103,9
99,1
85,9
Fonti: Servizio Agricoltura Amm.ne provinciale Forlì-Cesena, Ufficio Prezzi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
90
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Per quanto riguarda l’andamento meteorologico, le precipitazioni, registrate nel
periodo gennaio-marzo, per quanto superiori alla media, non hanno pregiudicato
l’emergenza delle colture a semina primaverile né lo sviluppo vegetativo di quelle
E
Nel complesso il valore della produzione
agricola è
diminuito,
nel 2009,
dell’8,3%;
tale diminuzione è
imputabile
quasi esclusivamente
alla forte
contrazione dei
prezzi alla
produzione. Il calo
è risultato
a
carico
soprattutto
delle produzioni vegetali: più vistoso per le produzioni arboree, il cui valore complessivo è sceso
del 34,9% rispetto al 2008, con punte vicine
al 50% per pesche e actinidia. Anche per
le coltivazioni erbacee si sono riscontrate
grosse difficoltà nonostante la buona qualità delle produzioni. I cali più vistosi si sono
avuti per i cereali, soprattutto il frumento,
con diminuzioni del valore complessivo di
oltre il 20%. Nel comparto delle coltivazioni
erbacee solo le foraggere e qualche orticola
presentano segni positivi.
Per quanto riguarda la zootecnia, il valore complessivo delle produzioni risulta in
aumento (+7,2%), per l’effetto combinato
dell’aumento dei prezzi (+6,6%) e del volume fisico (+0,6). All’interno del comparto l’aumento è dovuto soprattutto al buon
andamento delle produzioni avicunicole
(+8,3% l’aumento del valore complessivo
della produzione sia di carne che di uova),
mentre continuano a registrare difficoltà
alcune voci della zootecnica “pesante”, fra
cui soprattutto i suini: gli incassi complessivi
delle aziende suinicole sono diminuiti, nel
corso del 2009, dell’8,8%.
La gravità della situazione dell’agricoltura
si coglie appieno se si analizza l’andamento in un arco sufficientemente lungo. Dal
1996 al 2009, la produzione agricola nel suo
complesso, considerata a prezzi correnti,
cioè a valori non deflazionati, è aumentata
dell’11,8%, ma con una situazione alquanto
differenziata fra i tre comparti. Quello delle
coltivazioni erbacee risulta pesantemente
diminuito (-25,7%), mentre le coltivazioni
legnose registrano un
aumento
dell’11,9%,
vicino alla
m e d i a
dell’intero settore
agricolo. Il
solo settore che regge nel lungo periodo
è
quello
zootecnico (+34%),
soprattutto per la
buona performance del settore avicolo. Nello stesso
arco di tempo, se si depura il valore della
produzione agricola della perdita del potere
d’acquisto secondo le variazioni dell’indice
dei prezzi al consumo registrato dall’Istat
(+30,1% dal 1996 al 2009), il valore complessivo della produzione agricola del 2009
è nettamente inferiore a quello del 1996 di
ben 14,1 punti percentuali, così differenziato: coltivazioni erbacee -42,9%, coltivazioni
legnose -14% mentre le produzioni zootecniche presentano un aumento del 3%.
A G R I C O L T U R A
plessivo della produzione provinciale è stato di 585 milioni di euro. Tale valore è stato
realizzato dalle aziende agricole della provincia sulla base delle stime fatte congiuntamente all’Assessorato Provinciale all’Agricoltura e dei prezzi alla produzione rilevati
nel corso dell’anno dall’Ufficio Prezzi della
Camera di Commercio di Forlì-Cesena. La
PLV così calcolata risulta distribuita nei tre
grossi comparti: 117 milioni di euro (pari
al 20%) sono relativi alle coltivazioni erbacee, 111 milioni alle produzioni frutticole (il
19%) e 357 milioni di euro all’intero settore
zootecnico (pari al 61% del totale della produzione provinciale).
P E S C A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
91
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
in atto, seminate nell’autunno 2008. Infatti
nei primi 3 mesi sono caduti 65,7 mm di
acqua in più rispetto alla media climatica. Il
ciclo vegetativo di tutte le specie coltivate è
proceduto pertanto regolarmente. I mesi di
aprile, maggio e tutto il periodo estivo, sono
stati caratterizzati da minori precipitazioni e
da un andamento stagionale asciutto, intercalato da piogge sparse, saltuarie e di breve
durata. Ottimali, quindi, le condizioni metereologiche al momento della trebbiatura dei
cereali a ciclo autunnale-primaverile (grano,
orzo, avena) e delle specie a ciclo primaverile-autunnale (sorgo, mais, girasole). Il protrarsi della stagione asciutta, o comunque le
poche piogge autunnali decisamente insufficienti a disporre i terreni nelle condizioni
necessarie per una buona lavorazione, hanno costretto gli operatori a rinviare l’inizio
delle semine autunnali, rispetto al periodo
ottimale. Le semine sono state spostate in
novembre a causa di un ottobre molto piovoso (130,9 mm), e si sono concluse entro
la fine del mese. In sintesi, l’andamento climatico dell’annata 2009 è decorso in modo
favorevole al conseguimento di produzioni
di buona qualità (aspetto sul quale ha influito
positivamente anche la presenza contenuta
di crittogame e artropodi parassiti) sia per le
colture erbacee che per le arboree, mentre
le rese unitarie sono risultate in prevalenza
più basse della media. Tendenzialmente modesta la pezzatura dei frutti penalizzata sia
dalla siccità estiva che dal comportamento
dei frutticoltori scoraggiati, nell’esecuzione
delle cure colturali e degli apporti nutritivi
ai frutteti, dall’insoddisfacente andamento
dei prezzi dei prodotti.
Dopo l’impennata del 2008, i prezzi dei principali “mezzi tecnici” per l’agricoltura
hanno subito un sensibile ridimensionamento, per riportarsi, con l’eccezione dei fitofarmaci, a livelli analoghi a quelli della campagna agraria 2007. Secondo l’ISMEA, con
riferimento al mese di novembre, i prezzi dei
mezzi di produzione sono diminuiti nell’ultimo anno del 4,6%. Il forte rallentamento
della domanda sui mercati internazionali,
come conseguenza della crisi economica
che ha colpito nel corso dell’anno anche i
paesi emergenti (principali consumatori di
questi prodotti), unito alla vistosa riduzione
dei prezzi delle materie prime e dei semilavorati (fosforiti, fosfati di ammonio, ecc.)
140
35,0
120
30,0
100
25,0
80
20,0
60
15,0
40
10,0
20
5,0
0
Gennaio
Febbraio
Pluviometria Climatica
Marzo
Aprile
Maggio
Pluviometria Annata 2009
Giugno
Luglio
Min. Climatiche
Agosto
Max Climatiche
Fonte: Arpa Regione Emilia-Romagna
Elaborazione: Ufficio Studi e Statistica - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
92
Settembre Ottobre
Novembre Dicembre
Min. Annata 2009
Temperature °C
Precipitazioni (mm)
A G R I C O L T U R A
E
P E S C A
ANDAMENTO CLIMATICO - Piovosità e temperature mensili
0
Max Annata 2009
I dati climatici si riferiscono alla
media del periodo 1991 - 2005
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
nonché dei prodotti energetici (derivati petrolio in particolare), ha fatto sì che i prezzi
dei concimi, che nel 2008 avevano subito
incrementi medi del 30% ed oltre, siano rientrati esattamente nei valori del 2007.
I prezzi unitari dei mangimi per la zootecnia,
che nel 2008 avevano raggiunto quotazioni
decisamente elevate, hanno subito nel 2009
una riduzione valutabile intorno al 25%.
Tale riduzione di prezzo dipende dal forte
ridimensionamento delle quotazioni di mercato di grano e cereali zootecnici, iniziato
già a partire dal raccolto 2008 e proseguito
per tutto il 2009. Questa diminuzione, pur
rendendo un po’ meno precaria la situazione, non è stata tuttavia sufficiente a rendere
attivi i bilanci degli allevamenti, penalizzati
ancora da un mercato scarsamente ricettivo per la maggioranza delle specie allevate,
ad eccezione del comparto avicolo che ha
usufruito, invece, di quotazioni favorevoli.
A seguito della progressiva diminuzione dei
prezzi del greggio, iniziata a partire dalla fine
dell’anno precedente e proseguita nel 2009,
anche le quotazioni dei carburanti per agricoltura hanno subito un notevole ridimensionamento. Sono apparsi in controtenden-
za i soli prodotti fitosanitari con aumenti fra
il 3 e il 4%.
Per quanto riguarda le superfici, dopo l’exploit della campagna cerealicola 2008, nel
corso della quale si era rilevata una sensibile
espansione delle superfici investite a grano
tenero e duro (+20% rispetto alla precedente annata), il raccolto 2009 ha riportato
tali superfici al livello delle medie tradizionali con una riduzione valutabile intorno al
20%. Da rilevare, nell’anno, un sensibile incremento del grano duro. Netta la contrazione delle superfici ad orzo sostituito, nelle
aree collinari, dalla medica. Rispetto al 2008
fra le colture erbacee primaverili principali
sono apparse in netta diminuzione le superfici investite a mais, peraltro di scarso rilevo nella nostra provincia, stazionarie quelle
investite a sorgo, in leggero incremento le
coltivazioni di girasole. Rimangono invariate
rispetto al 2008 le già modeste superfici ad
orzo primaverile, favino e pisello proteico.
In diminuzione la superficie investita a colza. E’ proseguita nel 2009, invece, l’espansione della superficie a colture portaseme
e ad orticole in pieno campo a destinazione
industriale, quali pomodoro, spinacio, fa-
PREZZI MEDI DI ALCUNI MEZZI DI PRODUZIONE euro/tonnellata
400,00
P E S C A
380,00
360,00
340,00
320,00
300,00
E
260,00
240,00
220,00
200,00
180,00
160,00
140,00
120,00
100,00
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
anni
mangime completo per pollo da carne (*)
mangime completo per galline ovaiole (*)
mais nazionale (**)
A G R I C O L T U R A
prezzi medi
280,00
(*) Valutazioni indicative delle Associazioni delle imprese produttrici di alimenti per animali sulla base delle medie annue dei principali
componenti degli alimenti per animali rilevati nelle Borse di Milano e Bologna, in sacchi da 50 kg. resi franco magazzino del venditore.
(**) Rilevazioni settimanali sulla piazza di Forlì
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
93
A G R I C O L T U R A
E
P E S C A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
94
giolino, patata e cipolla. Invariata, rispetto
all’ultimo biennio, la superficie coltivata ad
orticole specializzate. Ridotta a poco più di
300 ha, localizzati tutti nel comprensorio
cesenate, la superficie investita a fragola penalizzata quest’anno da produzioni modeste
e da prezzi al produttore non remunerativi
Per le coltivazioni arboree, dopo la sosta del
2008, sono ripresi, sia pure per ora in misura
modesta rispetto a quanto verificatosi nelle precedenti annate, gli abbattimenti senza
rimpiazzo sia di pesche tradizionali che di
nettarine. La ripresa degli espianti, al momento abbastanza contenuta, è da imputarsi
principalmente al crollo delle quotazioni al
produttore verificatosi nel corso della campagna agraria 2009 dopo i buoni prezzi realizzati nella
precedente
annata. In
assenza di
un’auspicabile inversione di
tendenza
del mercato, la ripresa degli abbattimenti
potrebbe
portare,
nei prossimi anni,
un ulteriore e grave
depauperamento di una produzione altamente specializzata che ha costituito per decenni un
vanto della nostra provincia per l’alta professionalità dei produttori locali. Migliore
la situazione nel comparto delle pomacee,
in particolare del melo, per il quale è proseguito, sia pure in misura ridotta rispetto
al 2008, l’impianto di nuove cultivar (Modi
e Pink Lady) promosso dalle cooperative
ortofrutticole provinciali. Per queste due
nuove varietà la reazione dei consumatori
è stata positiva. Sono stati realizzati, inoltre,
nuovi impianti di actinidia delle varietà di
“Kiwi giallo”. Pressoché invariate, rispetto
al 2008, le superfici investite a vite da vino;
anche se nel corso dell’annata si sono verificati alcuni abbattimenti senza sostituzione.
In ulteriore incremento la superficie investita ad olivo che, nelle zone pedecollinari e
di bassa collina, si sta rivelando di notevole
interesse.
Per le avversità fitopatologiche, l’andamento climatico prevalentemente asciutto
della maggior parte dell’anno ha ostacolato
lo sviluppo delle crittogame parassite sulla
quasi totalità delle colture erbacee ed arboree rendendo meno necessari gli interventi di
difesa. Per la vite, i normali trattamenti sono
stati adeguati per portare alla vendemmia
un prodotto sano e di ottima qualità, esente
da danni diretti ed indiretti da Peronospora,
Oidio e Botrite. La pressione della ticchiolatura delle Pomacee è stata nettamente inferiore a quella riscontrata nel 2008: il normale ciclo di interventi è stato sufficiente
a difendere
adeguatamente
la
produzione. Analoga
a quella delle suddette
colture la
situazione
fitosanitaria delle orticole per
i parassiti
fungini, ad
eccezione
della cipolla da seme,
che ha riscontrato notevoli problemi per il controllo della
peronospora, nonostante l’uso di principi
attivi diversi di recente immissione in commercio. A questo andamento generalmente
positivo, ha fatto eccezione il grano duro,
specie se ristoppiato, e saltuariamente anche quello tenero, interessato da diffusi
attacchi di “mal del piede”, riducendone
le produzioni in modo determinante. Per
quanto concerne gli artropodi, la presenza
di insetti ed acari è stata modesta sia sulle
colture erbacee che arboree, ivi compresa
quella di Cydia molesta e di Ricamatori, che
nel 2008 avevano arrecato ingenti danni alla
produzione peschicola. Di maggior rilievo,
gli attacchi di Cydia funebrana sui susini e
di Carpocapsa sulle pomacee; in entrambi
i casi ben controllati con l’impiego di alcuni formulati specifici a bassa tossicità. Forti
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
difficoltà si sono riscontrate, invece, per il
controllo degli aleurodidi, presenti su diverse specie di orticole, in particolare sedani e
cavoli. Da segnalare, infine, su alcuni vigneti,
specie di collina, la presenza di Cocciniglia,
fitofago parassita che, ricomparso da pochi
anni, costituisce un problema non indiffe-
rente nella vicina provincia di Ravenna ed
appare attualmente in fase di espansione anche nella nostra provincia. In conclusione,
con le poche eccezioni citate, il 2009 si è
presentato, dal punto di vista fitosanitario,
decisamente positivo.
Prezzi medi alla produzione 1991-2009
4,00
3,50
3,00
2,50
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
90
91
92
93
94
95
96
97
Actinidia
98
99
00
Fragole P. C.
01
02
03
Fragole Serra
04
05
06
07
08
09
Ciliegie
Prezzi medi alla produzione 1991-2009
0,60
0,50
0,40
P E S C A
0,30
0,20
0,10
0,00
90
91
92
93
94
95
96
97
98
00
Pere
01
02
03
04
05
06
07
08
09
02
03
04
05
06
07
08
09
Mele
Prezzi alla produzione 1991-2009
1,60
1,40
1,20
1,00
0,80
0,60
0,40
0,20
0,00
90
91
92
93
94
95
Pesche normali
96
97
98
Albicocche
99
00
01
Pesche nettarine
A G R I C O L T U R A
E
Cachi
99
Albicocche
Fonte: Ufficio Prezzi - Camera Commercio di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Studi e Statistica - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
95
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Per quanto riguarda le produzioni, l’andamento stagionale che ha accompagnato
tutto il ciclo vegetativo e la trebbiatura, ha
consentito di conseguire, per il grano tenero, produzioni di buon livello qualitativo. Sul
grano duro si è riscontrata, invece, un’elevata percentuale di cariossidi bianconate. La
scarsità di piogge dei mesi primaverili e le
elevate temperature verificatesi a decorrere dal mese di maggio, viceversa, hanno
influito negativamente sulle rese unitarie sia
per il grano che per l’orzo. Tali rese si sono
rivelate, in special modo nei terreni asciutti
di collina, nettamente inferiori a quelle del
2008. Tutto il prodotto è risultato di buona
qualità; con pesi specifici non elevati e sensi-
POLLO BIANCO PESANTE - PREZZI MEDI
1,50
1,40
1,30
1,20
1,10
1,00
0,90
0,80
0,70
0,60
0,50
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
Medie mensili
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Media annua
UOVA SELEZIONATE pezzatura L euro/100 PZ
11,00
10,00
9,00
P E S C A
8,00
7,00
6,00
5,00
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Media annua
E
Medie mensili
A G R I C O L T U R A
TACCHINI maschi pesanti PREZZI MEDI
2,00
1,80
1,60
1,40
1,20
1,00
0,80
0,60
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
Medie mensili
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Media annua
Fonte: Ufficio Prezzi - Camera Commercio di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Studi e Statistica - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
E
A G R I C O L T U R A
con punte di 100, contro i 60-65 della precedente annata.
I prezzi al produttore, per le specie sopra
citate, hanno conosciuto un andamento altalenante: valori leggermente superiori rispetto alla “chiusura” 2008, nei primi mesi
dell’anno, parziale cedimento in corrispondenza del nuovo raccolto e modesta ripresa
Le quotazioni di mercato del grano tenero a fine 2009.
e duro, che già da dicembre 2008 avevano Le produzioni di girasole non sono state
evidenziato un forte ridimensionamento ri- elevate attestandosi in media sui 25-27 ql/
spetto alla media precedente, hanno subito
Dicembre 2009
Gennaio 2009
Luglio2009
un’ulteriore diminuzione in gennaio e nei
€/ql
€/ql
€/ql
mesi successivi. Le quotazioni dell’orzo si
sono invece mantenute, con modeste oscil- Mais
12,50-12,60 12,20-12,30 13,40-13,50
lazioni, ai livelli raggiunti a dicembre 2008, nazionale
nettamente inferiori alla media della prece- Sorgo di
dente campagna, con riferimento ai prezzi produzio13,0-13,2
11,3-11,5
13,3-13,5
ne locale
medi sulla piazza di Forlì:
La dinamica dei prezzi che ha caratterizzato
il mercato cerealicolo 2009 ha scoraggiato ha. I prezzi liquidati ai produttori hanno raggiunto la quota di 21-22 €/ql.
Gennaio 2009
Luglio2009
Dicembre 2009
Decisamente deludenti le produzioni unita€/ql
€/ql
€/ql
rie dei pochi ettari coltivati a colza: (15-20
Grano
ql/ha) e altrettanto insoddisfacenti i prezzi
tenero di
17,2-17,7
16,8-17,2
16,9-17,3
al produttore (27-28 €/ql). Il forte ridimenforza
sionamento delle quotazioni al produttore,
Grano
verificatosi alla vigilia delle semine, e le intenero
17,0-17,5
15,80-16,10 15,80-16,10
certezze sulla futura evoluzione di questo
speciale
(bianco)
specifico mercato, hanno ridotto le semine
autunnali 2009 a poche decine di ettari.
Grano
tenero fino 15,80-16,10 14,7-15,10
14,4-14,7
Nel comparto delle colture orticole specia(rosso)
lizzate, i prezzi al produttore si sono manGrano
tenuti per quasi tutto l’anno, tranne poche
19,10-19,6
23,5-23,8
18,0-18,20
duro
eccezioni, su livelli decisamente insoddisfacenti. Una modesta ripresa, che ha interesOrzo
12,9-13,2
12,3-12,5
12,9-13,10
sato alcuni prodotti nel periodo settembrei coltivatori dopo l’ottimismo suscitato dai ottobre, per la sua evidente breve durata,
buoni risultati commerciali delle campagne ha inciso poco sui ricavi medi annuali degli
2007 e 2008.
orticoltori.
Con riferimento alle colture primaverili, le La produzione delle colture foraggere, la cui
colture erbacee a raccolta autunnale, con superficie è in aumento rispetto al 2008, sol’eccezione del sorgo, sono state penalizza- prattutto nelle zone collinari, è stata penate dalle ritardate semine per le difficoltà di lizzata dalla siccità estiva. Nonostante i tre
lavorazione dei terreni siccitosi, dalla catti- sfalci effettuati (contro i due in media del
va preparazione degli stessi letti di semina e 2008), lo scarso sviluppo vegetativo delle
dalla scarsità di piogge nel periodo estivo- piante ha prodotto quantitativi unitari inautunnale. Le produzioni unitarie di mais feriori a quelli della precedente annata. In
in coltura asciutta, tecnica prevalente nella compenso i prezzi al produttore del fieno di
nostra provincia rispetto a quella irrigua, si medica imballato sono stati soddisfacenti già
sono attestate sui 50-60 ql/ha; quelle degli a partire dal primo sfalcio; successivamente
appezzamenti irrigui hanno raggiunto i 70- sono aumentati fino a raggiungere livelli de80 ql/ha. Il sorgo da granella ha dato rese cisamente interessanti in dicembre.
di ottimo livello e nettamente superiori a Passando alle colture arboree, per quanto
quelle del 2008, con medie di 80-85 ql/ha e riguarda la vite da vino, la superficie è sta-
P E S C A
bilmente inferiori, specialmente per l’orzo,
a quelli dell’annata precedente: da 76 a 78
per frumento tenero e duro e da 63 a 65
per l’orzo. Di buon livello, ed in linea con
quelli rilevati nel biennio precedente, i tenori proteici: per il grano superiori al 12% su
oltre l’85% del prodotto raccolto.
97
A G R I C O L T U R A
E
P E S C A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
98
ta pressoché invariata rispetto allo scorso
anno, e la coltura è stata favorita dall’andamento climatico e dall’assenza di patologie
significative fornendo un prodotto sano e di
ottima qualità. Anche la resa di uva per ettaro, con la tradizionale differenziazione fra
vigneti collinari e vigneti di pianura, è apparsa più che soddisfacente e superiore di circa
il 10% a quella della vendemmia 2008.
I vigneti DOC hanno prodotto in media 9095 ql/ha nelle zone collinari e 130-135 ql/ha
in quelli di pianura. Questi risultati positivi
non sono stati tuttavia confortati da un’equa
remunerazione per i produttori. Il mercato
dei vini, infatti, già in difficoltà nel 2008, è stato penalizzato da un ulteriore rallentamento della richiesta evidenziando quotazioni
inferiori del
20-25%.
Anche le
colture
frutticole,
a seguito
dell’andamento
stagionale
tendenzialmente
asciutto
e favorite
dalla pressoché totale assenza
di attacchi
parassitari,
hanno fornito prodotti sani e di ottima qualità. Contrariamente a quanto avvenuto per la vite, la
carenza di piogge ha influito negativamente
sulla pezzatura dei frutti che sono apparsi in
prevalenza di modeste dimensioni e, quindi,
sulle rese per ettaro, attestatesi su valori
medio-bassi. I prezzi realizzati dai produttori frutticoli sono stati in generale deludenti:
per il mercato di pesche e nettarine i prezzi hanno raggiunto livelli inferiori ai costi di
produzione.
Per l’olivo la resa unitaria della campagna
2009 è stata nettamente superiore alla media: 45-50 ql/ha. Ottima anche la qualità delle drupe per la totale assenza di Dacus. La
resa media in olio delle olive si è attestata
intorno al 15%. Dal punto di vista economico anche questa produzione ha risentito
negativamente della crisi generale dei con-
sumi che ha interessato il mercato dell’olio
di oliva, provocando una recessione delle
quotazioni del prodotto di circa del 30% rispetto ai valori precedenti.
Passando all’analisi delle produzioni zootecniche, per quanto riguarda i bovini, il
patrimonio delle vacche da latte è sempre
stato, nella nostra provincia, di modeste
dimensioni. Negli ultimi anni, inoltre, la riduzione del numero dei capi e la chiusura
delle stalle di piccole dimensioni sono state
costanti. Le cause principali di questo andamento sono da ricercarsi per un verso nella scarsa remuneratività del latte, prodotto
quasi esclusivamente per consumo fresco, e
dall’altro nel clima secco che rende i nostri
terreni poco adatti a supportare tale tipo di
allevamento. Il prezzo del latte
alla stalla,
nel 2009,
ha registrato una flessione solo
parzialmente compensata dai minori costi di
produzione
dovuti
al
consistente calo del
prezzo dei
mangimi.
Per migliorare il reddito, diversi produttori hanno installato distributori automatici di latte fresco
in alcuni punti del territorio urbano. Resta
sostanzialmente invariato il patrimonio provinciale di bovini da carne, costituito, per
circa il 70%, da capi di Razza Romagnola e
per il rimanente 30% da Limousine e Pezzata
Rossa. Anche i bovini da carne vengono allevati quasi esclusivamente nelle zone di alta
collina e montagna, zone in cui la possibilità
di pascolo per 6-7 mesi all’anno permette
di contenere i costi di produzione. I prezzi dei vitelli da ristallo, che rappresentano
la maggior parte del prodotto provinciale,
hanno subito, durante il 2009, una costante diminuzione, attestandosi su valori non
remunerativi, condizionati soprattutto dalle
offerte degli ingrassatori meglio organizzati,
a scapito dell’anello più debole della filiera.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
PESCA
Nel Mercato Ittico di Cesenatico nell’anno
2009 sono stati commercializzati 21.815 ql
di prodotto per un valore di € 7.031.829.
Da tali dati emerge, rispetto all’anno precedente, una diminuzione del 5,7% della quantità e dello 0,6% del fatturato. Il prezzo
medio delle transazioni registrato nel 2009
ammonta ad euro 3,22 €/Kg, superando,
seppur di poco, il buon livello dell’anno precedente (pari a 3,06 €/kg).
La domanda di prodotto si è mantenuta
su ottimi livelli durante tutto il periodo e
ha permesso di mantenere un buon prezzo medio. Da segnalare l’abbondanza del
pescato nei mesi di maggio, giugno, luglio
e settembre con la riapertura della pesca
E
La provincia di Forlì-Cesena, con un patrimonio di 3 milioni e 380 mila galline ovaiole
è una delle principali aree di produzione italiana di uova da consumo; infatti nel 2009
si sono prodotte poco meno di 950 milioni
di pezzi di uova. Il prezzo, per il terzo anno
consecutivo, è risultato in deciso aumento
con una lieve diminuzione nelle ultime settimane: la media del 2009 è risultata superiore a quella del 2008 dell’8,3%.
Per i conigli sono ulteriormente diminuite
le quantità rispetto al 2008, di quasi il 6% a
causa del proseguimento della chiusura degli allevamenti di piccola dimensione.
I prezzi, partiti da ottimi livelli all’inizio del
2009 hanno subito una brusca flessione in
aprile per poi risalire decisamente nella seconda parte
dell’anno.
Mediamente nel 2009
i
prezzi
sono aumentati del
10,1%. Ulteriore diminuzione
per la consistenza dei
colombi,
i cui prezzi
sono aumentati del
7,2%
nel
corso del
2009.
A G R I C O L T U R A
Per gli allevatori di suini, dopo quasi 3 anni
di delusioni, anche il 2009 si è rivelato negativo, pur in presenza di una diminuzione dei
costi dei mangimi. Solo le aziende meglio
organizzate e con problemi sanitari contenuti hanno realizzato utili modesti che non
ripianano le perdite precedenti.
Il patrimonio provinciale e le quotazioni degli ovini non sono variati rispetto al
2008. Rimane decisamente insoddisfacente
il prezzo del latte che rappresenta circa il
50% della produzione provinciale, mentre il
prodotto trasformato ha realizzato discrete
quotazioni. Il modesto miglioramento della
redditività è dovuto esclusivamente ai minori costi di alimentazione.
La produzione avicola provinciale è composta da tre
voci principali: pollo
da carne,
tacchino
e uova da
consumo
fresco. La
produzione
del pollo
da carne è
lievemente
diminuita
nel corso
del 2009,
attestandosi attorno
ai 13 milioni
di capi presenti in allevamento e con una produzione
annua di oltre 57 milioni di capi.
Il prezzo per i produttori è stato remunerativo per i primi sette-otto mesi dell’anno,
poi, per eccesso di produzione e non conseguente aumento dei consumi, le quotazioni sono diminuite fino a raggiungere, a fine
anno, valori di poco superiori a 0,70 euro/
kg. Nel complesso dell’anno 2009 il prezzo
è diminuito, rispetto al 2008, dello 0,9%. I
costi di produzione sono risultati in diminuzione soprattutto per effetto del calo del
prezzo dei cereali.
Diminuita anche la produzione di tacchini attestatasi, nel corso del 2009, a poco
meno di 1 milione e 900 mila capi. Il prezzo
ha subito lo stesso andamento di quello del
pollo con una diminuzione, rispetto al 2008,
di oltre il 5%.
P E S C A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
99
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
dopo il fermo biologico.
Gli acquirenti del Mercato Ittico di Cesenatico, composto da grossisti, ristoratori
e dettaglianti, ha riconfermato, nel corso
dell’intero periodo, il proprio interesse verso il pescato della marineria.
La produzione può essere suddivisa in tre
macro categorie: pesci, molluschi e crostacei. In particolare i pesci rappresentano il
69,1% del quantitativo pescato e il 37% del
fatturato, i crostacei il 17,3% del pescato e il
40% dell’introito e infine i molluschi il 13,6%
del prodotto commercializzato e il 23% del
fatturato totale.
In particolare, tra le principali tipologie, nel
2009 sono stati registrati i seguenti quantitativi di prodotto: Sgombri (15.285 kg),
Tonni (16.339 kg), Bobe (1.928 kg), Caponi
(17.534 kg), Ghiozzi (32.522 kg), Merluzzi
(21.110 kg), Palamite (17.145 kg), Saraghi
(8.269 kg), Sogliole (18.415 kg), Suri (40.766
kg), Triglie (201.979 kg), Polpi (1.087 kg),
Canocchie (325.688 kg), Scampi (5.231 kg),
Alici (580.823 kg), Sarde (229.455 kg), Cefali (174.607 kg), Moli (32.125 kg), Calamari
(7.647 kg), Seppie (87.319 kg), Mazzancolle
(21.048 kg), Lumachine (43.685 kg), Murici
(138.224 kg).
Il prodotto è di buona qualità e garantito
mediante l’adozione di protocolli di igiene
e qualità.
Per quanto riguarda le prospettive del settore si segnalano le preoccupazioni degli
operatori in vista dell’entrata in vigore della
normativa che prevede dimensioni minime
delle maglie da pesca maggiori di quelle attualmente consentite: ciò porterà sicuramente ad una drastica diminuzione del pescato1.
P E S C A
QUANTITA’ E VALORE DELLA PESCA NEL MERCATO ITTICO DI CESENATICO
A G R I C O L T U R A
E
PERIODO
VAR % SU PERIODO PRECEDENTE
QUANTITA’ (qli)
VALORE IN EURO
quantità
valore
Anno 1997
29.679
4.176.803
Anno 1998
23.458
3.702.169
-21,0
-11,4
Anno 1999
25.371
3.952.284
+8,2
+6,8
Anno 2000
23.699
4.621.317
-6,6
+16,9
Anno 2001
17.145
5.575.227
-27,7
+20,6
Anno 2002
15.376
4.676.466
-10,3
-16,1
Anno 2003
15.149
5.516.352
-1,5
+18,0
Anno 2004
22.019
6.507.940
+45,3
+18,0
Anno 2005
30.539
8.693.424
+38,7
+33,6
Anno 2006
25.653
7.356.681
-16,0
-15,4
Anno 2007
23.339
7.131.270
-9,0
-3,1
Anno 2008
23.136
7.076.309
-0,9
-0,8
Anno 2009
21.815
7.031.829
-5,7
-0,6
N.B.: sono esclusi i quantitativi provenienti da altri mercati
Fonte: Gesturist Cesenatico spa su dati del Mercato Ittico di Cesenatico
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
1
Per altre considerazioni sul settore si veda anche il paragrafo sulla pesca nel capitolo “Cooperazione” del presente
Rapporto
100
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Il panorama economico
internazionale,
descritto
approfonditamente in
appendice a
questo rapporto, è stato segnato
da una lunga
fase di contrazione che si è via via rivelata la
più severa recessione dagli anni Trenta. Mentre nei primi mesi l’economia mondiale ha
continuato a decrescere a ritmi sostenuti, a
partire dalla seconda metà dell’anno alcuni
segnali di ripresa sono venuti dai principali
paesi emergenti, e si sono lentamente propagati anche alle economie più sviluppate.
Le stime per i prossimi mesi stilate da istituti di ricerca e da organismi internazionali
prevedono comunque il perpetrarsi di tassi
di crescita
modesti ed
altalenanti
per le aree
economiche
più importanti.
A fine anno,
l’OCSE ha
stimato che
il PIL mondiale
del
2009 sia arretrato dell’1,7% rispetto all’anno
precedente; a trascinare verso il basso sono
state le principali aree sviluppate (Giappone,
Eurozona e Stati Uniti). Per il 2010 si prevede invece una crescita (in media del 3,4%)
trainata prevalentemente dai paesi emergenti; questa previsione è stata ritoccata al
rialzo nelle prime settimane dell’anno.
In generale il 2009 è stato caratterizzato da
alcuni fattori di forte criticità, quali la netta
contrazione del commercio internazionale e
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Produzione, fatturato e ordinativi
variazioni riscontrate al 30/9/2009 negli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
SETTORE
DI
ATTIVITÀ
PRODUZIONE
a volume
fisico
FATTURATO
a valori
correnti
ORDINI DAL
MERCATO
INTERNO
ORDINI DAL
MERCATO
ESTERO
Alimentare
+2,4
+3,6
+1,0
+0,4
Confezioni
-9,9
-12,4
-10,7
+0,7
Calzature
-11,0
-11,8
-15,3
-14,6
Legno e mobili
-0,8
-13,8
-15,0
-7,2
Chimica e plastica
-12,9
-12,2
-11,9
-1,5
Metalmeccanico
-18,7
-18,8
-20,8
-10,4
Altre industrie
-9,4
-11,1
-9,5
-6,7
Manifatturiero
-10,1
-11,9
-13,2
-6,7
M A N I F A T T U R I E R A
I
I
NDUSTRIA
MANIFATTURIERA
I N D U S T R I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Media delle variazioni riscontrate per singolo trimestre rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente
Fonte: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Indagine sulla congiuntura nelle imprese manifatturiere
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
101
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
gli enormi disavanzi dei bilanci pubblici dei
principali paesi, dovuti all’adozione di politiche economiche di rilancio dell’economia, di
sostegno alla finanza e di tutela delle fasce
deboli. Non manca qualche segnale di cauto ottimismo, legato al rimbalzo dei mercati
finanziari e all’incremento negli indici di fiMANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
+25 +20
+15 +10 +5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita annua
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
I N D U S T R I A
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
102
stazionarietà
2° trim 2009
3° trim 2009
diminuzione
ducia degli investitori, degli imprenditori e
dei consumatori; la grande incognita rimane,
tuttavia, la reazione delle economie sviluppate all’ormai imminente riduzione delle
straordinarie politiche di stimolo messe in
campo da governi ed autorità monetarie
dall’autunno 2008.
Le massicce iniezioni di liquidità da parte
delle maggiori banche centrali hanno avuto
un impatto significativo non soltanto sulle
borse (che dai minimi di marzo hanno recuperato buona parte delle perdite accumulate nel corso del 2008), ma anche sui prezzi
delle materie prime. Il prezzo del petrolio,
che ad inizio anno è partito da una quota
attorno ai 50 dollari, è lentamente cresciuto
nel 2009 fino a chiudere fra i 70 e gli 80
dollari al barile, sostenuto dalla vivacità della domanda cinese nonostante la debolezza
dei consumi statunitensi.Anche i prezzi delle
materie prime non energetiche hanno registrato un trend positivo. Ripercussioni sensibili su importanti comparti manifatturieri
possono derivare dal rincaro di alcune materie prime quali i metalli industriali (rame
e alluminio) e gli alimentari (tè, zucchero).
E’ degno di nota anche il rialzo del prezzo
dell’oro, che ha chiuso l’anno a 1.200 dollari l’oncia. Anche l’andamento delle materie
prime nel medio periodo rimane un’incognita dato che l’attuale rialzo non è dovuto all’incremento della domanda industriale,
quanto piuttosto all’accumulazione di scorte
da parte della Cina e ad altri fattori prettamente speculativi.
Sempre secondo le stime dell’OCSE, nei paesi della zona Euro si è verificato un calo del
prodotto interno lordo attorno al 4%, risultato peggiore rispetto alla performance statunitense; le previsioni di crescita per il 2010
sono dello 0,9%. Per quanto riguarda le valute, l’euro ha recuperato buona parte delle
precedenti perdite nei confronti del dollaro,
ma senza ritornare a toccare i massimi storici di metà 2008.Tale apprezzamento, legato
a sua volta a fattori prettamente speculativi,
ha indebolito la competitività dei prodotti
europei sui mercati mondiali. Anche le prospettive dei mercati valutari rimangono altamente incerte nel medio termine: nei giorni
in cui si chiudono queste note si assiste ad
un forte indebolimento dell’euro dovuto ai
timori sulla solidità dei bilanci pubblici di alcuni paesi membri, quali Grecia, Portogallo,
Spagna, Irlanda ed Italia.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ferenze creditizie e dal peggioramento dei
conti pubblici dovuto al calo delle entrate
tributarie (-2,5%).
Nonostante ciò, l’indice di fiducia dei consumatori italiani misurato da ISAE si è attestato mediamente su livelli superiori allo scorso
anno: ha segnato il suo minimo ad inizio del
2009 evidenziando
in seguito
un costante
miglioramento fino
a novembre;
da allora si è
stabilizzato,
condizionato da preoccupazioni
per i prossimi mesi e
della percezione di
un aumento
dei prezzi
al consumo.
Anche l’analogo indice della fiducia delle
imprese manifatturiere ha mostrato un recupero rispetto al minimo dei primi mesi
dell’anno, pur rimanendo in media al di sotto
dei valori del 2008; sono apparsi in ripresa
le aspettative sul livello della domanda e sulla riduzione delle giacenze, accompagnati da
un recupero del grado di utilizzo degli impianti, da una riduzione degli ostacoli all’attività produttiva e da un migliore giudizio
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Grado di utilizzo degli impianti, domanda dall’estero ed esportazioni
medie degli ultimi 12 mesi - 30/9/2009
SETTORE
DI
ATTIVITÀ
% DI
UTILIZZO
IMPIANTI
% DI
EXPORT SUL
FATTURATO
% DI
DOMANDA ESTERA
SU TOTALE
Alimentare
83,7
4,2
4,0
Confezioni
66,2
14,3
12,7
Calzature
66,6
37,2
34,4
Legno e mobili
67,2
28,7
27,2
Chimica e plastica
71,1
27,5
27,9
Metalmeccanico
69,2
28,7
27,2
Altre industrie
71,8
28,3
22,5
Manifatturiero
71,5
24,5
22,7
I N D U S T R I A
Già reduce da una lunga fase di crescita inferiore alla media europea, l’Italia ha risentito
della crisi più profondamente degli altri membri della UE: secondo le stime di Bankitalia, il
2009 si è chiuso con una forte flessione del
PIL (-4,9%), e il prossimo biennio dovrebbe
essere caratterizzato da una crescita modesta, con
un aumento
del PIL pari
allo
0,7%
nel 2010 e
all’1%
nel
2011; non
si prevede,
cioè, alcun
rilancio produttivo, ma
una ripresa
lenta sostenuta quasi
esclusivamente dalla domanda estera. I
consumi e
gli investimenti privati, nonostante il recupero del terzo trimestre del 2009, resteranno condizionati dalle scarse capacità di
spesa delle famiglie, su cui grava l’impennata
della disoccupazione; infatti sta crescendo
il numero delle famiglie con un reddito talmente basso da collocarle al di sotto della
soglia di povertà. Le prospettive di ripresa
per l’economia italiana sono condizionate
negativamente anche dall’aumento delle sof-
M A N I F A T T U R I E R A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonte: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Indagine sulla congiuntura nelle imprese manifatturiere
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
103
104
Fatturato (a valori correnti)
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Vendite all’estero
28
27
26
25
24
23
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
(-16,6%), dei prodotti chimici (-14,3%), e del
comparto della moda (tessile, abbigliamento,
pelli) con una perdita del 12,2%. Fra i settori
manifatturieri considerati, l’unico con risultati positivi è quello della produzione farmaceutica (+2,6%).Anche
gli ordinativi dell’industria, rilevati anch’essi
dall’Istat, hanno segnato una contrazione rilevante (-24,7%), con
una riduzione della
domanda estera del
26,5%. Di conseguenza si è verificata anche
una forte riduzione
del fatturato (-20,2%).
La rilevazione congiunturale predisposta
da Unioncamere, limitata alle imprese manifatturiere al di sotto
dei 500 addetti ed aggiornata a settembre
2009, restituisce un
quadro migliore nei
risultati ma pur sempre negativo (-14,8%
della produzione nella
media dei primi nove
mesi rispetto al corrispondente periodo
del 2008).
Per quanto riguarda gli investimenti, le imprese manifatturiere ed estrattive contattate da
ISAE a novembre stimano una contrazione
della spesa sia per il 2009, sia in previsione
per il 2010. A frenare la dinamica degli investimenti sembrano essere principalmente la
scarsa domanda e la difficoltà nell’accesso
alle risorse finanziarie. Di converso, le decisioni di spesa sono stimolate da “fattori
Percentuale sul totale delle vendite nei 12 mesi
sulla propria posizione competitiva sul mercato interno e su quelli esteri ad eccezione
dell’ambito UE.
Secondo la rilevazione effettuata dall’Istat,
l’indice della produzione industriale nei primi
undici mesi del 2009
è stato mediamente
inferiore del 18,4% al
dato dell’analogo periodo dell’anno precedente (-19,0% per
le sole attività manifatturiere), segnalando
gravi difficoltà nel corso dell’intero anno. Le
contrazioni più forti si
sono verificate nei settori dei beni intermedi, dei beni strumentali
e dei beni di consumo
durevoli. Fra i settori
che, a livello nazionale,
hanno avuto i risultati
produttivi più negativi vanno citati i vari
comparti del metalmeccanico (metallurgia e fabbricazione dei
prodotti in metallo,
fabbricazione di macchinari, attrezzature,
apparecchiature elettriche e mezzi di trasporto, tutti con cali oltre il 20%); molto negativi anche quelli della
fabbricazione di articoli in gomma e plastica
(-21,7%), del legno, della carta e della stampa
Tassi di crescita
I N D U S T R I A
M A N I F A T T U R I E R A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
INDUSTRIA MANIFATTURIERA LOCALE
Secondo la banca dati StockView di Infocamere (con aggiornamento al 30 settembre 2009), nella provincia di Forlì-Cesena
il settore manifatturiero (cioè la sezione D
della codifica Istat Ateco 2002 delle attività economiche) conta 4.955 imprese attive
che occupano 35.078 addetti. La dimensione
media è di 7,1 addetti per impresa; le imprese con oltre 19 addetti sono il 6,7% ed
impiegano il 56,3% degli addetti del settore.
Sul totale delle attività provinciali (compresa
l’agricoltura) il settore manifatturiero rappresenta il 12,2% delle imprese e il 27,0%
degli addetti; le società di capitali sono salite
a 1.044 e rappresentano il 21,1% del totale
delle imprese manifatturiere contro il 13,1%
rilevato nel totale delle attività. Nel settore
industriale le ditte individuali sono il 46,7%.
Sul territorio provinciale l’andamento congiunturale dell’industria manifatturiera è
monitorato dalla Camera di Commercio attraverso una rilevazione trimestrale rivolta
ad un campione di aziende con almeno 10
addetti; i questionari raccolti per ogni trimestre sono stati mediamente attorno ai
190 e le imprese rispondenti danno lavoro
complessivamente ad oltre 17.000 addetti.
Da questa indagine, i cui risultati sono disponibili sul sito della Camera di Commercio al
quale si rimanda per un’analisi più dettaglia-
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Ordini esteri
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
Ordini interni
M A N I F A T T U R I E R A
negli ordini e nel fatturato. Il quadro è stato costantemente negativo per tutto l’anno,
anche se i tassi di caduta paiono in attenuazione.
I N D U S T R I A
tecnici” legati allo sviluppo tecnologico. In
entrambi gli anni gli investimenti sono prevalentemente indirizzati alla sostituzione
di impianti obsoleti e, in misura marginale,
all’ampliamento della capacità produttiva e
ai processi di razionalizzazione. Per la grande maggioranza degli intervistati, i processi
di razionalizzazione sono rivolti soprattutto all’automazione della produzione attuale e, solo in misura minore, contemplano
l’introduzione di nuove tecniche produttive
ed il risparmio energetico. Le spese di ampliamento sono svolte nella maggior parte
dei casi nel quadro dei programmi produttivi esistenti, anche se per il 2010 una quota
elevata di imprese (il 65%) dichiara di voler
introdurre nuovi prodotti. Le spese ambientali riguardano principalmente la protezione
di suolo, aria ed acqua ed in misura minore
il trattamento dei rifiuti e la riduzione del
rumore.
Sul piano occupazionale, la rilevazione
dell’Istat sulle forze di lavoro, aggiornata a
settembre, indicava per gli occupati alle dipendenze nell’industria in senso stretto
(4.065.000 persone) un significativo calo
(-5,9%) rispetto a settembre 2008.
Anche l’economia regionale ha ricalcato
l’andamento negativo vissuto dal paese nel
suo complesso. Secondo l’indagine condotta
da Unioncamere sulle imprese manifatturiere fra 1 e 500 addetti, in Emilia-Romagna
la produzione industriale ha avuto una diminuzione rispetto al 2008 simile ad dato
complessivo italiano (-14,9% nella media dei
primi nove mesi), con contrazioni analoghe
105
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
ta, sono tratti numerosi indicatori fra i quali
si sono scelti, per il commento sintetico che
segue, quelli che evidenziano l’andamento
medio del periodo da ottobre 2008 a settembre 2009 rispetto ai 12 mesi precedenti,
in quanto riferiti ad un periodo sufficientemente lungo per eliminare le distorsioni dovute a fenomeni stagionali e ad altri fattori
occasionali.
Da tale rilevazione emerge che l’industria
manifatturiera provinciale, in analogia con
quanto riscontrato a livello regionale e nazionale, anche se in misura un po’ più contenuta ha conosciuto un brusco rallentamento
nella maggioranza dei settori osservati. Per
problemi di significatività del campione non
è purtroppo possibile cogliere separatamenMANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Occupazione
+6,0
Tassi di crescita
+4,0
+2,0
0
-2
-4
I N D U S T R I A
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
M A N I F A T T U R I E R A
-6
te i risultati di alcuni settori minori o emergenti a livello provinciale come quello della
carta, stampa ed editoria, quello della nautica e quello del fitness.
Il volume fisico della produzione su base
annuale è diminuito del 10,1%. La quasi totalità dei settori osservati ha ottenuto un
risultato negativo; l’unico che ha ancora un
saldo positivo è l’alimentare, mentre tutti gli
altri evidenziano un arretramento rispetto
allo scorso anno, che va da quello abbastanza contenuto del legno e mobili a quello,
assai preoccupante, del metalmeccanico.
Il dato è stato negativo anche fra tutte le
classi di addetti osservate: l’unica classe ad
avere un saldo al di sotto del 10% è quella
delle imprese con oltre 250 addetti. La contrazione produttiva, quantitativamente più
elevata di quella segnalata lo scorso anno, ha
presentato una larga diffusione fra le imprese: quelle che hanno indicato un aumento
della produzione nel terzo trimestre 2009
rispetto al terzo 2008 sono state appena il
20,7% (erano il 49,0% lo scorso anno) mentre sono aumentate le segnalazioni negative
che hanno raggiunto il 66,3% contro il 36,5%
del 2008. Il grado di utilizzo degli impianti,
attestatosi al 71,5%, è risultato inferiore a
quello calcolato un anno fa di quasi dieci
punti percentuali.
Il fatturato, misurato a valori correnti, è diminuito dell’11,9%. Le vendite sono state realizzate per il 24,5% all’estero; nei confronti
della media regionale permane un differenziale negativo di qualche punto sia per la
MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena
Addetti
variazione percentuale al 30/9/2009 rispetto ai 12 mesi precedenti
SETTORE
DI
ATTIVITA’
TITOLARI E
DIRIGENTI
IMPIEGATI
OPERAI E
APPRENDISTI
ADDETTI
TOTALI
Alimentare
-1,3
+6,3
+4,0
+3,8
Confezioni
+14,3
+4,5
+1,4
+2,4
Calzature
-3,2
+3,2
+1,6
+0,9
Legno e mobili
+2,5
-0,9
-4,1
-3,8
Chimica e plastica
-2,6
+2,3
-5,7
-4,0
Metalmeccanico
-0,4
+3,0
-3,5
-2,4
Altre industrie
+2,6
+2,4
-4,5
-2,2
Manifatturiero
+0,3
+3,0
-1,8
-1,0
Media delle variazioni riscontrate per singolo trimestre rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente
Fonte: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Indagine sulla congiuntura nelle imprese manifatturiere
106
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I N D U S T R I A
trazioni dell’attività oltre la soglia del 50%.
Produzione e fatturato si registrano in netta
diminuzione a causa della drammatica carenza di commesse. Le esportazioni, completamente ferme ad inizio anno, hanno in
seguito mostrato qualche accenno di ripresa, incoraggiando qualche impresa a tornare
ad investire sui mercati esteri. In generale gli
investimenti sono stati molto contenuti, anche se sul finire dell’anno c’è stato qualche
movimento in più.
La principale difficoltà
incontrata nel 2009,
cioè la mancanza di
commesse, ha aggravato il problema, strutturale per le imprese
locali, della debolezza
finanziaria. Alle minori vendite si è aggiunta l’enorme difficoltà
nel riscuotere i crediti
dai clienti, anch’essi in
difficoltà, dalla Pubblica Amministrazione, a
sua volta condizionata
dalle scarse risorse disponibili, ed anche dalla grande distribuzione
che si trova spesso in
posizione di predominanza contrattuale nei
confronti dei fornitori.
Questa situazione per
aziende che, come si
è più volte evidenziato, sono generalmente
poco capitalizzate, ha
aumentato le difficoltà di accesso al credito;
l’ottenimento di finanziamenti è spesso avvenuto grazie all’intervento dei consorzi fidi,
che è risultato particolarmente gradito agli
istituti bancari.
Continua a destare preoccupazione la situazione occupazionale che, come di consueto,
Il quadro che emerge fino a settembre è fra si dimostra una variabile più lenta nel riseni peggiori degli ultimi decenni; per quanto tire delle oscillazioni congiunturali. Al mosi stia notando un rallentamento della ca- mento si rilevano elevati ricorsi alla Cassa
duta, non ci sono ancora cenni di ripresa. Integrazione Ordinaria, che stanno trasforLe imprese più penalizzate sono quelle che mandosi in interventi straordinari; nei prosoperano nella subfornitura, e specialmente simi mesi si vedrà se i lavoratori coinvolti
quelle che non hanno operato un’accurata avranno possibilità di rientro in azienda o se
differenziazione della clientela restando, a andranno incontro alla disoccupazione.
volte, legate ad un unico committente; mol- In conclusione, nell’attuale quadro di massite di queste aziende hanno registrato con- ma incertezza, le potenzialità per tornare a
percentuale di imprese esportatrici sia per
la quota di esportazione sul fatturato.
Complessivamente la domanda è risultata
in calo del 12,1%; la componente interna è
diminuita del 13,2% ed anche quella estera,
che ha rappresentato il 22,7% degli ordinativi, è stata inferiore del 6,7%; il periodo di
produzione assicurata dagli ordini già acquisiti al 30 settembre era di quasi 62 giornate
lavorative, valore inferiore a quello indicato
per il 2008 che era di 68 giorni.
Anche l’occupazione
registra una contrazione: il numero degli
addetti è diminuito
dell’1,0% e, in particolare, la sola componente operaia è diminuita
dell’1,8%. I settori che
maggiormente hanno
perso addetti sono
quelli della chimica e
della plastica, del legno e dei mobili e il
metalmeccanico; tutte le classi al di sotto
dei 250 addetti hanno
registrato un risultato
negativo, in particolare quelle fra i 10 e i
19 addetti. Confrontando la media di ore
effettivamente lavorate si registra un calo
dell’8% rispetto al periodo precedente; fra
le imprese intervistate, infatti, il ricorso alla
Cassa Integrazione Guadagni negli ultimi 12
mesi è cresciuto sensibilmente per effetto
del maggior incremento della componente
ordinaria, decuplicata, che è risultata elevata
in tutti i settori, ad eccezione dell’alimentare, e in tutte le classi di addetti.
M A N I F A T T U R I E R A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
107
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
crescere risiedono nell’innovazione e nella
qualità dei prodotti, ma anche e soprattutto
nella modernizzazione delle strutture aziendali, con l’attuazione di riforme organizzative
che puntino ad una maggiore progettualità,
ad una migliore incisività degli apparati commerciali, nonché ad una più consona defini-
zione dei rapporti con fornitori e clientela, e
con creditori e debitori.
Le prospettive per il quarto trimestre 2009
evidenziate dagli operatori intervistati, perlopiù di segno positivo, corrispondono all’incirca a quelle espresse lo scorso anno; l’occupazione è, però, prevista ancora in calo.
METALMECCANICO - Forlì-Cesena
Si passano ora in rassegna i settori più rilevanti per la manifattura provinciale, che sono
riportati in ordine decrescente di numero
di addetti occupati; a tale proposito si tenga
presente che gli addetti sono riferiti all’impresa nella sua globalità, e non più alle singole unità locali come avveniva in passato.
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
METALMECCANICO - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
-25,0
I N D U S T R I A
METALMECCANICO - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
108
stazionarietà
2° trim 2009
3° trim 2009
diminuzione
METALMECCANICO
Il settore “metalmeccanico” è individuato
come l’insieme delle divisioni comprese fra
la 27 e la 35 della codifica Istat Ateco 2002
delle attività economiche e cioè da quelle
attività che vanno dalla produzione di metalli e leghe, alla produzione e lavorazione di
prodotti in metallo, costruzione di macchine
di ogni genere e di mezzi di trasporto, costruzione di apparecchi elettrici, elettronici
ecc.; nella provincia esso conta 1.853 imprese attive che occupano 13.330 addetti. La
dimensione media è di 7,2 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono
il 7,7% ed impiegano il 56,7% degli addetti
del settore. Per il 45,4% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il
25,6%. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il
37,4% delle imprese e il 38,0% degli addetti
e resta, quindi, uno dei settori di maggiore
rilievo dell’industria locale.
Come avvenuto a livello nazionale, anche in
provincia l’andamento è stato fortemente
negativo; a settembre le imprese che hanno dichiarato un andamento positivo nel
terzo trimestre 2009, rispetto allo stesso
dello scorso anno, sono state molto meno
che nel 2008 (16,7% contro il 47,2%) mentre quelle che hanno riscontrato una diminuzione della produzione (75,0%) sono raddoppiate rispetto allo scorso anno (34,7%).
Le maggiori difficoltà si sono riscontrate fra
le imprese più orientate alla subfornitura,
specialmente se legate prevalentemente ad
un unico cliente. Il volume fisico della produzione industriale è diminuito del 18,7%
con un utilizzo degli impianti precipitato alla
quota del 69,2%. Il fatturato, realizzato per il
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
LEGNO E MOBILI - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
LEGNO E MOBILI - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
METALMECCANICO - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
stazionarietà
2° trim 2009
I N D U S T R I A
LEGNO E MOBILI
Il settore “legno e mobili” (divisione 20 e
classe 36.1 della codifica delle attività economiche Istat Ateco 2002) e cioè tutte le
industrie del legno e della fabbricazione di
mobili in genere, fra le quali in provincia fanno spicco quelle della produzione di mobili
imbottiti, comprende 755 imprese attive che
occupano 5.478 addetti. La dimensione media è di 7,3 addetti per impresa; le imprese
con oltre 19 addetti sono il 5,2% ed impiegano il 52,8% degli addetti del settore. Per il
47,4% si tratta di ditte individuali mentre le
società di capitale sono il 17,2%. Sul totale
delle attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il 15,2% delle imprese e il 15,6% degli addetti.
Le imprese provinciali che hanno dichiarato
un andamento positivo nel terzo trimestre
2009, rispetto allo stesso dello scorso anno,
si sono dimezzate mentre quelle che hanno
riscontrato una diminuzione della produzione sono passate dal 34,6% del 2008 al 50,0%
di quest’anno. La produzione è diminuita
dello 0,8% con un utilizzo degli impianti pari
al 67,2%. Il fatturato, realizzato per il 28,7%
all’estero, è diminuito del 13,8% a valori correnti. Complessivamente si rileva una contrazione degli ordini: la domanda interna è
diminuita del 15,0% ed anche quella estera,
che ha rappresentato il 27,2% degli ordinativi, è stata inferiore del 7,2%.
Il numero degli addetti è diminuito del 3,8%;
la sola componente operaia è diminuita del
4,1%. L’utilizzo dell’istituto della Cassa Integrazione Guadagni da parte delle imprese
intervistate è stato di gran lunga superiore rispetto ai livelli già elevati dello stesso
trimestre dello scorso anno e concentrato
prevalentemente sugli interventi di tipo ordinario.
Tassi di crescita
28,7% all’estero, si è abbassato del 18,8% a
valori correnti. Anche la domanda, complessivamente, è risultata in calo del 18,1%; la
domanda interna è diminuita del 20,8% ed
anche quella estera, che ha rappresentato il
27,2% degli ordinativi, è stata inferiore del
10,4%.
Il numero complessivo degli addetti è diminuito del 2,4%; gli operai sono diminuiti
addirittura del 3,5%. Il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni rilevato fra le imprese
del campione è stato considerevolmente superiore allo scorso anno dovuto esclusivamente ad interventi di tipo ordinario mentre la straordinaria è quasi scomparsa.
Le prospettive per il quarto trimestre evidenziano una ripresa della produzione e del
fatturato, anche dovuta a ragioni di stagionalità e stagnazione della domanda; l’occupazione è indicata ancora in diminuzione.
3° trim 2009
diminuzione
109
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Secondo l’opinione degli imprenditori contattati i prossimi mesi saranno caratterizzati
dalla stagnazione per quanto riguarda la produzione con riflessi insoddisfacenti anche
sul fatturato; ci si aspetta, però, una ripresa
nel flusso di ordinativi, specie dal mercato
ALIMENTARE - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
ALIMENTARE - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
I N D U S T R I A
ALIMENTARE - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
110
stazionarietà
2° trim 2009
3° trim 2009
diminuzione
italiano. Ancora in calo l’occupazione.
ALIMENTARE
Il settore “alimentare” (divisioni 15 e 16 della
codifica delle attività economiche Istat Ateco 2002) è costituito da tutte le industrie
alimentari e delle bevande e dall’industria
del tabacco che in provincia di Forlì-Cesena
non è rappresentata; esso comprende 922
imprese attive che occupano 4.297 addetti.
La dimensione media è di 4,7 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono
il 2,2% ma impiegano il 42,1% degli addetti
del settore. Per il 50,9% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il
7,6% con numerose imprese di dimensione
rilevante in particolare quelle operanti nella macellazione degli avicoli. Sul totale delle
attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il 18,6% delle imprese e il
12,2% degli addetti.
La favorevole situazione che si era segnalata
negli scorsi anni per l’industria alimentare
locale, in particolare per il comparto avicolo,
si è protratta anche per quest’anno anche se
a ritmi sempre più contenuti; si tratta, infatti, dell’unico settore che, almeno fino a settembre, non ha riportato il segno meno. Le
imprese che hanno dichiarato un andamento
positivo nel terzo trimestre 2009 rispetto
allo stesso dello scorso anno sono passate
dal 53,3% al 33,3% mentre quelle che hanno
riscontrato una diminuzione della produzione (27,8%) sono all’incirca la stessa percentuale del 2008; a settembre si è avuto ancora
un aumento della produzione del 2,4% con
un utilizzo degli impianti pari all’83,7%. Il fatturato, realizzato per il 4,2% all’estero, è cresciuto del 3,6% a valori correnti. Complessivamente la domanda è risultata in crescita
dello 0,7%; la domanda interna è aumentata
dell’1,0% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 4,0% degli ordinativi, è stata
superiore dello 0,4%.
Il numero degli addetti è aumentato del
3,8%; la sola componente operaia è aumentata del 4,0%. Non è stato dichiarato alcun
ricorso ad interventi di Cassa Integrazione
Guadagni negli ultimi 12 mesi delle imprese
intervistate.
Nelle previsioni fatte dagli intervistati per
l’ultimo trimestre 2009 traspare ancora
ottimismo anche se in misura minore dello scorso anno: ci si aspetta un buon andamento degli ordini con riflessi positivi anche
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
CALZATURE - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
CALZATURE - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
CALZATURE - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
stazionarietà
2° trim 2009
I N D U S T R I A
CALZATURE
Il settore “calzature” (divisione 19 della codifica delle attività economiche Istat Ateco
2002) comprende tutte le attività di lavorazione delle pelli e del cuoio in genere; per
la nostra provincia, tuttavia, il settore è fortemente caratterizzato dalla produzione di
calzature e parti di calzature (tomaie, tacchi,
suole, sottopiede ecc.) e pertanto si è ritenuto di definirlo con l’appellativo di “calzature”; è costituito da 281 imprese attive
che occupano 3.978 addetti. La dimensione
media è di 14,2 addetti per impresa; le imprese con oltre 19 addetti sono il 14,6% ed
impiegano il 75,0% degli addetti del settore.
Per il 54,4% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 20,6%. Sul
totale delle attività manifatturiere provinciali
questo settore rappresenta il 5,7% delle imprese e l’11,3% degli addetti.
Il calzaturiero locale, caratterizzato da produzioni di fascia più alta, ha attraversato una
fase congiunturale non soddisfacente per le
imprese maggiori ed ancor più per i piccoli
laboratori. Infatti, le imprese che hanno dichiarato un andamento positivo nel terzo
trimestre 2009, rispetto allo stesso dello
scorso anno, sono scese dal 50,0% del 2008
ad appena il 5,3%, mentre quelle che hanno
riscontrato una diminuzione della produzione sono salite dal 50,0% di anno scorso
all’89,5% di quest’anno; negli ultimi dodici
mesi la produzione è diminuita dell’11,0%
sui dodici mesi precedenti con un utilizzo
degli impianti pari al 66,6%. Il fatturato, realizzato per il 37,2% all’estero, è diminuito
dell’11,8% a valori correnti. Complessivamente la domanda è risultata in calo del
17,4%; la domanda interna è diminuita del
15,3% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 34,4% degli ordinativi, è stata
inferiore del 14,6%.
Il numero degli addetti è aumentato dello
0,9%; la sola componente operaia è aumentata dell’1,6%.
L’utilizzo dello strumento della Cassa Integrazione Guadagni ordinaria è stato assai
rilevante e di gran lunga superiore ai livelli
rilevati nel 2008. Nel terzo trimestre vi è
stato anche qualche intervento di straordinaria.
Le prospettive espresse per i mesi successivi indicano ancora una buona fiducia nella
domanda interna ma difficoltà sui mercati
esteri. La produzione si riavvierà ma senza
apprezzabili effetti sul fatturato; l’occupazione è attesa in diminuzione.
Tassi di crescita
su produzione e fatturato. L’occupazione è
invece prevista in calo con una percentuale
superiore a quella del 2008.
3° trim 2009
diminuzione
111
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
CHIMICA E PLASTICA
In provincia il settore “chimica e plastica”
(divisioni 24 e 25 della codifica delle attività
economiche Istat Ateco 2002) è caratterizzato da una prevalenza di imprese che lavorano i materiali plastici ma con presenza
anche di produttori di materie prime di tipo
CHIMICA E PLASTICA - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
CHIMICA E PLASTICA - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
I N D U S T R I A
CHIMICA E PLASTICA - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
112
stazionarietà
2° trim 2009
3° trim 2009
diminuzione
termoplastico e termoindurente, colorifici
ed aziende chimiche vere e proprie; esso
comprende 157 imprese attive che occupano 2.597 addetti. La dimensione media è di
16,5 addetti per impresa; le imprese con oltre 19 addetti sono il 20,4% ed impiegano il
77,2% degli addetti del settore. Per il 15,3%
si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 60,5%. Sul totale delle
attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il 3,2% delle imprese e il
7,4% degli addetti.
Le imprese che hanno dichiarato un andamento positivo nel terzo trimestre 2009 rispetto allo stesso dello scorso anno sono
scese dal 70,6% al 25,0% mentre quelle che
hanno riscontrato una diminuzione della
produzione sono cresciute dal 17,6% del
2008 al 62,5% di quest’anno. La produzione
è diminuita del 12,9% con un utilizzo degli
impianti pari al 71,1%. Il fatturato, realizzato per il 27,5% all’estero, è diminuito del
12,2% a valori correnti. Complessivamente
la domanda è risultata in calo dell’11,6%; la
domanda interna è diminuita dell’11,9% ed
anche quella estera, che ha rappresentato
il 27,9% degli ordinativi, è stata inferiore
dell’1,5%.
Il numero degli addetti è diminuito del 4,0%;
la sola componente operaia è diminuita del
5,7%. Fra le imprese intervistate si è riscontrata una progressiva impennata nel ricorso
alla Cassa Integrazione Guadagni ordinaria.
Complessivamente le prospettive appaiono
molto scoraggianti: ad un livello produttivo
sensibilmente inferiore si accompagnerà la
diminuzione del fatturato, degli ordini interni e dei livelli occupazionali.
CONFEZIONI
Il settore “confezioni” (divisioni 17 e 18 della codifica delle attività economiche Istat
Ateco 2002) è composto dalle industrie tessili, dalle maglierie e da quelle di confezionamento di articoli di vestiario ed appare in
continua riduzione nel numero dei laboratori, nella loro dimensione e nella loro attività,
sempre meno manifatturiera e sempre più
commerciale; esso comprende 386 imprese
attive che occupano 2.068 addetti. La dimensione media è di 5,4 addetti per impresa; le
imprese con oltre 19 addetti sono il 6,0% ed
impiegano il 43,7% degli addetti del settore.
Per il 60,9% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 16,3%. Sul
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
CONFEZIONI - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
+15
3° trimestre 2009
CONFEZIONI - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
CONFEZIONI - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
stazionarietà
2° trim 2009
3° trim 2009
diminuzione
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
scontrato una diminuzione della produzione
sono raddoppiate passando dal 40,0% del
2008 al 78,6% di quest’anno. La produzione è diminuita del 9,9% con un utilizzo degli
impianti pari al 66,2%. Il fatturato, realizzato per il 14,3% all’estero, è diminuito del
12,4% a valori correnti. Complessivamente
la domanda è risultata in calo del 7,1%; la domanda interna è diminuita del 10,7% mentre
quella estera, che ha rappresentato il 12,7%
degli ordinativi, è stata superiore dello 0,7%.
Fra le imprese rispondenti all’indagine il numero degli addetti complessivo è aumentato
del 2,4%; la sola componente operaia è aumentata dell’1,4%. Il ricorso ad ammortizzatori sociali quali la Cassa Integrazione Guadagni è stato ancora più elevato rispetto allo
scorso anno a causa degli accresciuti interventi di tipo ordinario, raddoppiati rispetto
allo scorso anno, e alla comparsa anche di
interventi straordinari.
Le previsioni a breve per le imprese tessili e
dell’abbigliamento appaiono ancora sfavorevoli ma con tassi che assumono valori meno
negativi di quelli del 2008 per produzione e
fatturato ed occupazione; le aspettative sulla
domanda, in particolare quella estera, sono
positive ed anche l’occupazione è attesa in
recupero.
ALTRE INDUSTRIE
Il settore qui definito “altre industrie” raggruppa tutte le divisioni non comprese nei
settori precedenti della codifica delle attività economiche Istat Ateco 2002: si parla
di attività per le quali, a causa della minore
concentrazione sul territorio provinciale,
non si è ritenuto di poterne dettagliare gli
andamenti separatamente. Le attività aggregate sono quelle della fabbricazione e lavorazione della carta, della stampa e dell’editoria,
della lavorazione di minerali non metalliferi,
del recupero e preparazione per il riciclaggio. Complessivamente si tratta di 601 imprese attive che occupano 3.330 addetti. La
dimensione media è di 5,5 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono
il 6,0% ed impiegano il 48,2% degli addetti
del settore. Per il 39,1% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il
25,6%. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il
12,1% delle imprese e il 9,5% degli addetti.
Le imprese che hanno dichiarato un andamento positivo nel terzo trimestre 2009 ri-
I N D U S T R I A
totale delle attività manifatturiere provinciali
questo settore rappresenta il 7,8% delle imprese e il 5,9% degli addetti.
Le imprese che hanno dichiarato un andamento positivo nel terzo trimestre 2009
sono state appena il 7,1% contro il 53,3%
di anno scorso mentre quelle che hanno ri-
M A N I F A T T U R I E R A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
113
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
spetto allo stesso dello scorso anno sono
state un po’ meno (30,0% contro il 35,5%)
mentre quelle che hanno riscontrato una diminuzione della produzione sono salite dal
48,4% del 2008 al 63,6%. La produzione è
diminuita del 9,4% con un utilizzo degli impianti pari al 71,8%. Il fatturato, realizzato
ALTRE INDUSTRIE - Forlì-Cesena
variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti
Produzione
Fatturato
Ordini Interni
Ordini Esteri
Occupazione
-25
-20
-15
-10 -5
+0 +5
Tassi di crescita annua
3° trimestre 2008 -
+10
per il 28,3% all’estero, è diminuito dell’11,1%
a valori correnti. Complessivamente la domanda è risultata in calo del 10,3%; la domanda interna è diminuita del 9,5% ed anche
quella estera, che ha rappresentato il 22,5%
degli ordinativi, è stata inferiore del 6,7%.
Il numero degli addetti è diminuito del 2,2%;
la sola componente operaia è diminuita del
4,5%.
Il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni
è cresciuto rispetto al 2008 anche se resta
uno dei settori più misurati nell’impiego di
questo strumento.
Le prospettive espresse dagli operatori per
l’ultimo trimestre appaiono incoraggianti: la
ripresa della domanda, sia italiana che estera,
consentirà un incremento della produzione
e del fatturato. Permane leggermente negativa l’occupazione.
+15
3° trimestre 2009
ALTRE INDUSTRIE - Forlì-Cesena
1° t. 2007
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2008
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2009
2° t.
3° t.
4° t.
1° t. 2006
2° t.
3° t.
4° t.
Tassi di crescita
M A N I F A T T U R I E R A
Produzione (a volume fisico)
+20,0
+15,0
+10,0
+5,0
0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
I N D U S T R I A
ALTRE INDUSTRIE - Forlì-Cesena
Produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
ripartizione percentuale delle risposte
100%
50%
0%
3° trim 2008
4° trim 2008 1° trim 2009
aumento
114
stazionarietà
2° trim 2009
3° trim 2009
diminuzione
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
SIMET:
Le rappresentazioni grafiche riportate in questa
pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema
Integrato di Monitoraggio dell’Economia e del
Territorio - strumento di analisi realizzato dalla
Camera di Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta solo
di un esempio delle potenzialità di elaborazione e
di analisi attualmente disponibili.
Imprese per intensità tecnologica - Tassonomia di Pavitt
La Tassonomia di Pavitt è una classificazione dei settori merceologici compiuta sulla base delle fonti e della natura
delle opportunità tecnologiche e delle innovazioni, dell’intensità della ricerca e sviluppo e della tipologia dei flussi di
conoscenza. Definisce le seguenti categorie:
• Settori dell’industria tradizionale (industrie alimentari e delle bevande, produzione di oli e grassi, industria tessile, abbigliamento, oreficeria e gioielleria, ceramica, giocattoli, edilizia)
• Settori con elevate economie di scala (fabbricazione della carta, editoria, prodotti petroliferi, industria chimica, profumi
e cosmetici, gomma, industria metallurgica, elettrodomestici, autoveicoli, motoveicoli)
• Settori caratterizzati da offerta specializzata (industria meccanica, fabbricazione di macchine per la produzione di energia, industria cantieristica, fabbricazione di mezzi di trasporto)
• Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo (industria farmaceutica, informatica elettronica e
telecomunicazioni, fabbricazione di apparecchiature per il controllo dei processi industriali, strumenti ottici e attrezzature fotografiche, apparecchi medicali e ortopedici, veicoli spaziali)
I-286 – Imprese attive
Incidenza % Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo
rispetto alle attività manifatturiere
Composizione del settore manifatturiero rispetto alla Tassonomia di Pavitt
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Settore di attività: Attività manifatturiere
Settori dell’industria tradizionale
Settori caratterizzati da offerta specializzata
Territorio: Emilia-Romagna
Periodo di riferimento: 2008
Settore di attività: Attività manifatturiere
Settori con elevate economie di scala
Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo
I N D U S T R I A
Analisi nel periodo 2000-2008
Valore nell’anno 2008: 5,16 %
Valore minimo nel periodo: 5,01 % (anno 2004)
Valore massimo nel periodo: 5,25 % (anno 2000)
Valore medio nel periodo: 5,12 %
M A N I F A T T U R I E R A
Territorio: Forlì-Cesena
Settore di attività: Settori caratterizzati da una elevata
intensità di ricerca e sviluppo in rapporto alle attività manifatturiere
Modalità di lettura del cruscotto Il valore dell’indicatore nel 2008, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2008 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica
i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
115
I N D U S T R I A
M A N I F A T T U R I E R A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
116
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
E
E
DILIZIA
L’ampiezza del ciclo di
produzione che caratterizza l’industria delle
costruzioni, ha fatto sì
che gli effetti di frenata
che si sono verificati
con inaspettata repentinità in altri settori
si siano propagati più
lentamente nell’attività edilizia. Nel corso
del 2009 si è verificato
un certo rallentamento ma non nella misura grave rilevata, ad
esempio, in certi settori manifatturieri.
Ovviamente, questa
caratteristica inerzia, che in questi frangenti
ha prodotto effetti positivi, rappresenterà un
fattore frenante quando l’economia tornerà
in una fase espansiva e sarà, quindi, opportuno mettere in campo politiche economiche
con lo scopo di attivare al più presto questo
settore portante per il sistema produttivo
italiano.
Il clima di fiducia delle imprese italiane
di costruzioni, è, però, restato per tutto il
2009 su livelli molto bassi. Secondo l’inchiesta condotta dall’Isae su un panel di circa
500 imprese, a dicembre, l’indice, considerato al netto dei fattori stagionali, recupera
leggermente rispetto al valore di novembre
ma si posiziona comunque su un valore che
resta tra quelli più bassi registrati nell’ultimo decennio. D’altro canto, a dicembre
si registra anche un minor pessimismo sia
nei giudizi sui piani di costruzione sia nelle
prospettive sull’occupazione; pure il saldo
delle previsioni sui prezzi praticati nel settore sale leggermente rimanendo, comunRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
que, su valori bassi. Le
previsioni sulla durata
dell’attività assicurata sono improntate al
pessimismo se confrontate con quelle del
trimestre precedente.
Scende leggermente
il numero di imprese
che non ha trovato
ostacoli limitanti l’attività di costruzione: si
tratta di una porzione
minoritaria rispetto
alla percentuale di coloro che dichiarano di
trovarne che resta decisamente più elevata.
L’ostacolo principale è l’insufficienza di domanda seguita da vincoli finanziari. Il miglioramento dell’indice generale è omogeneo a
livello settoriale: l’indice del clima recupera
sia nell’edilizia (comprendente quella residenziale e quella non residenziale) sia nel
settore delle opere non edificatorie.
Secondo l’Istat le incertezze rilevate a fine
2008, nel 2009 si sono progressivamente accentuate; nel terzo trimestre l’indice grezzo
della produzione nelle costruzioni ha segnato una diminuzione del 12,8% rispetto al
terzo trimestre del 2008. L’indice corretto
per i giorni lavorativi, per il medesimo arco
temporale, è stato calcolato in contrazione
del 13,6%. Nel confronto tra i primi tre trimestri del 2009 ed il corrispondente periodo del 2008, l’indice grezzo e quello corretto per i giorni lavorativi hanno registrato
entrambi una variazione negativa (-12,7% il
primo e -12,5% il secondo).
Da giugno i costi di costruzione hanno subìto, dopo anni di crescita, una riduzione;
a settembre l’Istat calcola, relativamente
E D I L I Z I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
117
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
ai fabbricati residenziali, una diminuzione
dell’1,0%, nel trimestre esaminato, rispetto
a quello corrispondente del 2008. Questo
indicatore, ora calcolato coerentemente con quanto stabilito dal Regolamento
comunitario sulle statistiche economiche
congiunturali, come è noto, misura la variazione dei costi diretti di realizzazione
di un fabbricato residenziale prendendo in
considerazione la mano d’opera, i materiali,
i trasporti e i noli necessari alla sua realizzazione. Hanno subìto un rialzo i costi della
mano d’opera (+2,3%) mentre sono rimasti
praticamente stabili quelli dei trasporti e dei
noli (-0,1%). Ad abbassare l’indice generale hanno contribuito i prezzi dei materiali
(complessivamente diminuiti del 5,9%); fra
questi spiccano i ribassi dei metalli (-36,0%)
che lo scorso anno subirono un forte rincaro (+25,5%); in riduzione anche i materiali e le apparecchiature elettriche (-6,9%), i
laterizi e i prodotti in calcestruzzo (-3,5%),
mentre sono cresciuti i prezzi degli impianti
di sollevamento (+5,6%), dei materiali per
l’impermeabilizzazione e l’isolamento termico, delle apparecchiature idrico-sanitarie e
degli impianti di riscaldamento (tutti compresi fra l’1 e il 2%).
Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro,
l’occupazione nel settore delle costruzioni
in Italia conta a settembre 714.000 autonomi, che sono apparsi sostanzialmente stabili
(-0,1%), e 1.196.000 occupati alle dipendenze (-6,1% rispetto a settembre 2008).
Il settore dell’industria delle costruzioni
(ramo F della codifica delle attività economiche Istat Ateco 2007) nel territorio di
Forlì-Cesena è senza dubbio un settore
importante nel tessuto economico: le imprese che hanno depositato il loro bilancio
per l’anno 2007 assommavano un valore della produzione di 1,6 miliardi di euro ed un
valore aggiunto di 330 milioni. Secondo la
IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETÀ E NAZIONALITÀ
Settore F (Costruzioni) - Forlì-Cesena - imprese attive al 31/12/2009
stranieri
italiani
% stranieri sul totale
da 18 a 29 anni
287
522
35,5%
da 30 a 49 anni
1.081
4.739
18,6%
da 50 a 69 anni
101
2.939
3,3%
5
438
1,1%
1.474
8.638
14,6%
>= 70 anni
TOTALE
Fonte: Infocamere (StockView)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETÀ E NAZIONALITÀ
Settore F (Costruzioni) - Forlì-Cesena
Imprese attive al 31/12/2009
stranieri
italiani
80,0%
70,0%
E D I L I Z I A
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
da 18 a 29 anni
da 30 a 49 anni
da 50 a 69 anni
>= 70 anni
Fonte: Infocamere (StockView)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
118
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
banca dati StockView di Infocamere il settore è rappresentato da 6.752 imprese attive
che impiegano 16.580 addetti. Negli ultimi
12 mesi si sono contate meno iscrizioni (il
6,7% dello stock delle registrate a fine anno)
e più cessazioni (9,0%). Il turn-over rimane
comunque uno dei più elevati fra i settori
provinciali. Si tratta di una struttura imprenditoriale diffusa, ma anche alquanto frammentata: la dimensione media è di appena 2,5
addetti per impresa e le imprese con oltre
19 addetti (poco più di 60) superano appena
l’1% anche se impiegano il 25% degli addetti del settore. Per il 70,5% si tratta di ditte
individuali (unica natura giuridica a segnare
una diminuzione), mentre le società di capitale sono
l’11,7%.
Questi dati,
anche
se
non
perfettamente
confrontabili
con
quelli precedenti
a
causa della
riclassificazione delle
attività economiche,
paiono suggerire
un
leggero irrobustimento della compagine imprenditoriale meglio
strutturata, cioè, quella costituita da società
di capitale e con oltre 19 addetti.
Si riscontra anche una particolare concentrazione di imprenditori stranieri. Analizzando i dati sulle cariche sociali, per il settore edile provinciale, risulta che ogni 100
cariche in imprese attive 14,6 sono coperte
da individui nati in paesi stranieri: 11,0 da
persone nate in paesi extracomunitari (in
maggioranza albanesi, che da soli costituiscono il 4,8%, seguiti da tunisini, macedoni,
svizzeri, marocchini e serbi) e 3,6 da nati in
paesi dell’Unione Europea (rumeni, bulgari
e polacchi). Il 92,8% degli stranieri ha meno
di 50 anni contro il 60,9% degli imprenditori
italiani.
I dati, disponibili per la provincia fino a settembre, evidenziano una congiuntura in
netto rallentamento rispetto allo scorso
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
anno.
Le indicazioni derivanti dalla rilevazione sulla
congiuntura condotta da Unioncamere per
i primi tre trimestri del 2009, prospettano,
a livello regionale, una riduzione media del
volume d’affari (-3,9%); nella provincia di
Forlì-Cesena, sempre in relazione al volume
d’affari, la situazione appare analoga, ma con
un calo più contenuto (-2,9%): ad un primo
trimestre negativo hanno fatto seguito un
secondo in recupero (in controtendenza
rispetto alla media regionale) ed un terzo
in decisa contrazione. La quota di imprese
che hanno dichiarato diminuzione nel terzo
trimestre rispetto al precedente è stata del
33%, percentuale di poco inferiore a quella registrata
nel 2008 che
fu del 36%.
Per quanto
riguarda la
produzione,
la quota di
imprese che
hanno dichiarato una
diminuzione
nel
terzo
trimestre
è stata del
28% contro
il 35% dello scorso
anno.
Nel
mercato dell’edilizia residenziale si registra
una flessione progressiva della produzione
e lo stock di immobili invenduti comincia
a costituire un problema. Le cause molteplici del rallentamento sono ancora quelle
evidenziate lo scorso anno: in primo luogo
molti manufatti, a seguito dell’ insostenibilità
dei mutui accesi dalle famiglie, sono ritornati sul mercato direttamente, per cessione
del proprietario, o indirettamente attraverso gli istituti di credito. L’aspettativa di un
calo dei prezzi degli immobili si è realizzata in misura marginale; a sostenere i prezzi concorre l’alto costo finanziario a carico
delle aziende che hanno intrapreso la promozione immobiliare, le quali, vendendo al
di sotto di un certo livello, realizzerebbero
una perdita. Inoltre numerosi operatori del
settore segnalano la concentrazione di un
discreto patrimonio immobiliare nelle mani
E D I L I Z I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
119
E D I L I Z I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
di investitori con disponibilità finanziaria di
dubbia origine. Per ultimo va notato che
anche gli istituti di credito in conseguenza
delle difficoltà economiche, incontrate dai
sottoscrittori dei mutui, si sono ritrovate
a gestire pacchetti immobiliari insolitamente consistenti senza avere, in molti casi, le
competenze sufficienti. Ci sono poi segmenti abitativi come quello medio-alto, qualitativamente ben progettati e realizzati con
finiture di un certo pregio, che continuano
a dimostrare vivacità. Le compravendite, in
generale si sono ridotte anche se ad un livello inferiore rispetto alle altre province della
regione.
L’edilizia industriale è stata poco attiva e
limitatamente alle opere ancora aperte; in
altre parole, si sta ricalcando l’andamento
della congiuntura nel manifatturiero che, nel
2009, come descritto nel capitolo precedente, ha attraversato momenti veramente
duri.
Le ristrettezze economiche degli enti locali, frutto delle scarse risorse a disposizione
e dei vincoli imposti dal “patto di stabilità”,
hanno determinato una scarsa attuazione
delle opere pubbliche, l’unico vero volano
per l’industria delle costruzioni, che sono
risultate su livelli fra i più bassi degli ultimi
anni. Per le imprese della provincia non è
sempre facile riuscire ad aggiudicarsi le gare,
specie se il prezzo è l’unico parametro di
riferimento, ma lo spread fra i ribassi delle
imprese esterne e quelli delle locali si sta
riducendo significativamente. Comincia ad
essere utilizzato il modello del project financing.
Oltre ai vincoli consueti (come i costi elevati e il grosso impatto della burocrazia),
le problematiche segnalate più di frequente
dalle imprese riguardano sostanzialmente la
scarsità della domanda testimoniata anche
dall’esiguo numero di progetti in essere. Per
far fronte a queste difficoltà le imprese stan-
no attuando strategie differenziate. Alcune
hanno iniziato a sondare mercati esterni,
anche con successo, altre hanno differenziato la loro offerta tentando di rientrare
nell’ambito delle opere pubbliche, altre ancora hanno avviato processi interni di riorganizzazione, ma spesso con poca disponibilità di spesa per gli investimenti necessari.
In generale si è teso a comprimere le spese,
specialmente quelle generali ma, nonostante
ciò, si è verificata l’erosione degli utili.
L’altro aspetto rilevante è quello creditizio è aumentata sia l’incidenza degli oneri
finanziari che la difficoltà di riscossione dei
crediti sia nei confronti dei privati che della
clientela pubblica.
L’edilizia è costituita da una delle filiere più
lunghe e complesse fra i settori produttivi,
caratterizzata da un’alta intensità di lavoro;
tuttavia l’incidenza della manodopera tende
a diminuire. L’occupazione ha mostrato segni di cedimento. Il numero dei dipendenti
per i quali sono stati fatti versamenti presso le Casse Edili della provincia è diminuito sensibilmente anche quest’anno (-8,1%
nell’annata edile che va da ottobre 2008 a
settembre 2009 rispetto alla precedente); la
contrazione è riscontrabile in tutte le classi
di età dei dipendenti, ma la fascia di età compresa fra i 30 e i 50 anni è diminuita in misura inferiore rispetto ai più giovani ed ai più
anziani. L’età media delle maestranze è però
cresciuta. Anche le ore lavorate, denunciate
dalle 1.541 imprese iscritte presso le Casse
Edili, confermano una diminuzione dell’8,9%
rispetto all’anno precedente.
Nel 2009, per la sola gestione edilizia, vi è
stato un aumento (+59,6% sul 2008) nell’utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni sia
negli interventi ordinari (circa 284.000 ore),
concessi per scarsità di ordinativi e per problematiche climatiche, sia per quelli straordinari (80.000 ore).
CASSE EDILI
Forlì-Cesena - anni edili 2007/08 e 2008/09
2007/08
2008/09
NUMERO IMPRESE
1.671
1.541
-7,8%
DIPENDENTI
9.146
8.404
-8,1%
10.559.041
9.619.629
-8,9%
ORE LAVORATE
var. % 2008/09 su 2007/08
Fonte: Casse Edili della provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
120
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
imprese poco capitalizzate o che non hanno
investito adeguatamente nel fattore umano.
Sono a rischio anche le imprese più piccole,
in maggioranza artigiane, che non dispongono di un adeguato portafoglio ordini, ma che
spesso trovano nel subappalto e nell’esternalizzazione delle fasi costruttive linfa per la
loro attività; è già evidente che sono proprio
queste a pagare il prezzo più alto dell’attuale
crisi. Paiono, invece, resistere meglio quelle
imprese che si sono preoccupate di dotarsi di risorse e delle necessarie competenze
tecniche, finanziarie e commerciali.
In conclusione il 2009 è andato meno peggio del previsto con contenuti cali produttivi
e fatturati in tenuta ma anche con perdita
occupazionale, scarsi investimenti e qualche
chiusura. Si intravede la capacità di ripresa
ma questa non avverrà a breve ed occorrerà
tempo per raggiungere nuovamente i soddisfacenti livelli degli scorsi anni.
E D I L I Z I A
Tale situazione occupazionale non è giudicata grave, ma merita attenzione. Si assiste
infatti, alla riduzione del subappalto, che trasferisce il problema sulle imprese piccole, e
ad un più frequente ricorso ai “contratti di
cantiere”, assunzioni a tempo determinato
legate all’esecuzione di una specifica opera. Vi è poi un’area “grigia” di lavoro non
del tutto regolare, caratterizzata da sfruttamento e scarsa sicurezza, che cerca la sua
giustificazione nel contenimento dei costi; si
tratta, senza dubbio, di forme di concorrenza sleale ed occorrerebbero interventi volti
a rendere il lavoro regolare più competitivo
di quello irregolare.
Anche le prospettive evidenziano che il
settore è effettivamente entrato in una fase
negativa caratterizzata sempre più da scarsità della domanda, pubblica e privata, a cui
si associano problemi di natura finanziaria.
Restano più forti le preoccupazioni per le
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
121
E D I L I Z I A
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
122
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Il 2009 è
stato
un
altro anno
difficile per
il commercio, che ha
risentito del
protrarsi
degli effetti
della crisi
economica internazionale. In
particolare,
il settore ha sofferto per la stagnazione dei
consumi che ha fatto seguito alle difficoltà
occupazionali e al conseguente aumento degli interventi della Cassa Integrazione Guadagni, in vari settori di attività, specialmente
in quello manifatturiero. Gli operatori del
settore rilevano inoltre che, dopo la manifattura e l’edilizia, nel 2009 anche il commercio è stato interessato direttamente da
difficoltà occupazionali.
Le indagini sull’andamento del settore rilevano concordemente una netta e generalizzata contrazione delle vendite. La dinamica imprenditoriale mostra invece un saldo
meno negativo fra nuove aperture e cessazioni di attività rispetto all’anno precedente,
con un aumento delle prime e una diminuzione delle seconde. Alcuni operatori segnalano che l’aumento di attività commerciali
non è necessariamente un segno di “salute”
del settore: il commercio potrebbe essere
diventato un “rifugio” per chi è stato colpito da difficoltà occupazionali in altri settori,
come già avvenuto alcuni decenni fa. Questa
opzione, oltre a essere molto meno praticabile di allora, potrebbe essere però “dannosa”, se le nuove attività non sono sostenute
da una vera iniziativa imprenditoriale. In tal
senso si segnala l’opportunità di informazioRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ne e formazione degli
aspiranti
commercianti, affinché possano
compiere
scelte imprenditoriali
alla
luce di una
maggiore
conoscenza
complessiva
dell’andamento economico del settore, adattandole al contesto in cui devono operare, e
quindi concentrarsi nei settori merceologici
con migliori possibilità di successo.
Gli operatori rilevano concordemente la diminuzione del valore medio della spesa delle
famiglie, e anche l’orientamento su prodotti
di minor prezzo, cosa che testimonia con
chiarezza la crisi dei consumi e della fiducia
innescata dal peggioramento della situazione
occupazionale nei vari settori di attività economica. Ne risulta particolarmente colpita
la spesa in beni di consumo durevole (autoveicoli e beni con ciclo di vita di almeno tre
anni). Inoltre, la restrizione della capacità di
spesa delle famiglie ha prodotto un riassetto
dei comportamenti dei consumatori: molto
ridimensionati appaiono i consumi d’impulso; la spesa ora è effettuata in modo molto
più ragionato, e valutata non solo dal singolo
individuo ma dall’intera famiglia.
Poiché l’andamento del settore commerciale è legato al livello dei consumi e quest’ultimo a quello dell’occupazione, le previsioni
degli operatori a breve termine non sono
improntate all’ottimismo; ci si aspetta che
il commercio sia l’ultimo anello della catena
nella ripresa economica e che un apprezzabile miglioramento non potrà verificarsi fin-
I N T E R N O
C
C
OMMERCIO INTERNO
C O M M E R C I O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
123
C O M M E R C I O
I N T E R N O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
124
ché non si avrà una ripresa significativa dei
consumi. Un rapido miglioramento dell’andamento del settore industriale produrrebbe effetti positivi anche per il commercio;
l’approssimarsi della conclusione del ciclo
della cassa integrazione guadagni fa invece
temere un possibile peggioramento della situazione occupazionale e quindi un’evoluzione in direzione contraria a quella auspicata.
Alcuni operatori, poi, hanno percepito un
inasprimento delle difficoltà del settore tipiche del periodo estivo, difficoltà che in certi
casi hanno portato a condizioni critiche in
termini di liquidità e nel far fronte alle spese.
A questo proposito, però, taluni osservano
che questa situazione può essere la spia di
un’insufficiente opera di capitalizzazione da
parte delle imprese
commerciali
che sarebbe
stato
opportuno
affrontare
quando la
congiuntura
era più favorevole.
Per quanto riguarda l’andamento dei
settori
merceologici nel
territorio
provinciale, l’unico che sembra uscire quasi
indenne dalla crisi è quello alimentare; dato
comprensibile, poiché si tratta di un settore
tipicamente anticiclico. Ha accusato invece
difficoltà, dopo diversi anni di ottimi risultati, il settore della tecnologia, hi-fi e telefonia,
in particolare nel primo semestre dell’anno;
nel secondo semestre si è verificata una ripresa, trainata però soprattutto dalla telefonia e dai piccoli gadget. Continua ad essere
in sofferenza invece il settore dell’abbigliamento e calzature, dove i commercianti
cercano di contrastare la crisi col ricorso
sempre più ampio e frequente alle vendite
promozionali.
In questo clima di difficoltà, l’andamento
delle vendite del periodo natalizio non è stato particolarmente brillante; si segnalano in
positivo quelle dei giocattoli e degli articoli
da regalo. L’andamento della stagione è stato migliore nella grande distribuzione, dove
le vendite natalizie sono state soddisfacenti,
soprattutto per quanto riguarda i giocattoli,
addobbi e multimedia; quest’ultimo settore,
in particolare, è stato trainato dalla discesa
dei prezzi e dall’avvento del digitale terrestre televisivo.
Come già detto, i commercianti, in particolare nel settore abbigliamento, hanno cercato
di contrastare la difficile congiuntura con un
ampio ricorso alle formule di vendita promozionale; gli operatori registrano la massiccia adozione di queste ultime, nonché dei
saldi di fine stagione. E’ opinione diffusa che
nell’attuale situazione di difficoltà, sia necessario rivedere la struttura dei prezzi, riducendo per
q u a n t o
possibile le
spese. Non
sembra più
sostenibile
l’attuale bipolarismo
tra
prezzo pieno in
alta stagione e prezzo
scontato
nella stagione dei saldi;
occorre invece andare
verso prezzi
più uniformi
e su un livello più moderato. Indubbiamente
questa situazione implica una riduzione del
margine di redditività per gli imprenditori,
ma non si intravedono alternative, almeno finché non sarà finita l’attuale crisi delle
vendite. Altri, invece, sottolineano che le
piccole e medie imprese hanno già risposto
positivamente a questa sfida, in particolare
quelle a conduzione familiare che hanno più
margini di flessibilità nella riduzione delle
spese fisse.
Anche la grande distribuzione ha risentito pienamente della crisi generalizzata del
settore; in particolare risultano in difficoltà il “non alimentare” e l’elettronica. Alcuni
gruppi stanno reagendo ampliando i nuovi
servizi, come i carburanti, il parafarmaceutico e l’ottica. Nell’alimentare invece stanno
prendendo quota le “private label”, ovvero i
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
mentata sensibilità dei consumatori ai temi
della qualità della vita in generale e della
qualità dell’alimentazione in particolare, sta
riportando interesse per i piccoli negozi di
vicinato alimentari. I pochi esercizi rimasti di
questa tipologia, infatti, si sono specializzati
su proposte di qualità che stanno incontrando il favore della clientela.
Le Associazioni di Categoria segnalano che
anche il commercio ambulante, solitamente
avvantaggiato in momenti di crisi rispetto a
quello in sede fissa, ha registrato quest’anno
difficoltà; in particolare, è stato penalizzato
dal maltempo nella stagione natalizia che ha
contribuito a determinare un andamento
non soddisfacente delle vendite.
Tra gli indicatori esplicativi del contesto
generale, l’indice del clima di fiducia dei
consumatori, misurato dall’ISAE, mostra
un progressivo e notevole miglioramento
nel corso del 2009. Si è partiti nel primo
trimestre con valori in linea con quelli del
quarto trimestre 2008; il valore più basso
dell’anno, pari a 99,9, è stato toccato in
marzo. A partire da aprile si è registrata una
crescita continua dell’indice di fiducia fino al
mese di settembre (113,6), per poi subire
nuovamente una contenuta flessione in ottobre (111,7) e raggiungere infine in dicembre il valore più elevato dell’anno (113,7).
I N T E R N O
prodotti marchiati dalla stessa catena distributiva, che hanno raggiunto un peso stimato
sul valore medio del carrello spesa di circa
il 20% e la cui crescita risulta maggiore di
quella media delle vendite, sia in valore che
in quantità.
Alcune Associazioni di Categoria del territorio forlivese ritengono che la distanza e
il costo dello spostamento fuori dal centro,
per raggiungere i punti vendita, stiano iniziando a penalizzare, nell’attuale crisi dei
consumi, le grandi strutture rispetto a quelle piccole e medie del centro storico. Altre
Associazioni, in particolare del territorio
cesenate, ribadiscono invece la penalizzazione dei negozi del centro storico rispetto
alle grandi strutture, in termini di difficoltà di accesso delle auto al centro (costo e
mancanza dei parcheggi), blocchi del traffico
ecc. Altri operatori, sempre del territorio
cesenate, sottolineano che, pur nella comune difficoltà, i negozi del centro storico
sembrano comunque soffrire maggiormente
rispetto ai punti vendita nei centri commerciali. Ciò a causa della capacità delle grandi
strutture di attuare politiche commerciali
unificate e coordinate (per esempio offrire
prezzi “calamita” su certi prodotti che attraggano i consumatori), di cui beneficiano
anche i punti vendita presenti nelle gallerie
commerciali; al contrario, nel centro storico appare più difficile riuscire ad ottenere
questo risultato. D’altra parte però, l’au-
INDICATORE DEL CLIMA DI FIDUCIA DEI CONSUMATORI ITALIANI
ISAE - Clima totale - indice base 1980=100
116
114
112
C O M M E R C I O
110
108
106
104
102
100
98
96
94
2005
2006
2007
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
2008
2009
125
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Nel 2009 l’indice dei prezzi al consumo ha registrato una brusca frenata, diretta
conseguenza della crisi economica. Partendo
da un valore dell’1,5% in gennaio, si è scesi
costantemente fino a toccare una situazione di deflazione a luglio (-0,1%). In seguito
l’indice ha ripreso lentamente a salire fino
a ritornare all’1% in dicembre. L’indice del
Comune capoluogo di Forlì ha registrato un
andamento analogo: partendo dall’1,9% di
gennaio è sceso fino al -0,1% di luglio, ed è
poi risalito fino allo 0,5% di dicembre. Confrontando l’andamento dell’indice nazionale
con quello di Forlì, si nota che quest’ultimo
ha registrato costantemente valori più alti
nel primo semestre dell’anno, e valori più
bassi nel secondo. La crescita media annua
dell’indice dei prezzi è stata dello 0,7% sia in
Italia che a Forlì.
C O M M E R C I O
I N T E R N O
Analizzando l’andamento medio dell’indice Istat nazionale del valore delle vendite
del commercio al dettaglio nel periodo
gennaio-novembre 2009 (ultimo dato disponibile), si riscontra una flessione dell’1,8% rispetto ai primi undici mesi dell’anno precedente. Per una migliore valutazione del dato
occorre tenere presente che tale indice incorpora sia la variazione delle quantità, sia
INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO
PER LE FAMIGLIE DI OPERAI E IMPIEGATI
AL NETTO DELLA SPESA PER TABACCHI
AUMENTI PERCENTUALI ANNUALI
NELL’ANNO 2009
Forlì
Italia
Gennaio
1,9
1,5
Febbraio
1,7
1,5
Marzo
1,2
1,0
Aprile
1,4
1,0
Maggio
0,8
0,7
Giugno
0,6
0,4
Luglio
-0,1
-0,1
Agosto
0,0
0,2
Settembre
0,0
0,1
Ottobre
0,0
0,2
Novembre
0,2
0,7
Dicembre
0,5
1,0
Media annuale
0,7
0,7
Fonte: Istat
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
126
quella dei prezzi, e che, nello stesso periodo
di tempo, questi ultimi sono cresciuti dello 0,8%; ne deriva quindi che la contrazione
delle vendite, in termini reali, è stata ancora
maggiore. Il settore alimentare ha registrato
una diminuzione dell’1,7%, il non alimentare
dell’1,9%. La grande distribuzione ha registrato una flessione dello 0,4%, le imprese
operanti su piccole superfici del 2,9%. All’interno della grande distribuzione, la flessione maggiore ha interessato gli ipermercati
(-1%), seguiti dagli hard discount (-0,8%) e
dai supermercati (-0,6%); in crescita invece
il valore delle vendite negli esercizi non specializzati (+1%)e negli specializzati (+0,3%)
a prevalenza non alimentare. Il valore delle
vendite è diminuito del 2,9% nelle piccole
imprese (fino a 5 addetti), del 2,7% nelle medie imprese (da 6 a 49 addetti) e dello 0,4%
nelle grandi imprese (oltre 50 addetti).
L’indagine congiunturale sul commercio al dettaglio di Unioncamere Italiana e
Unioncamere Emilia-Romagna mostra per
la provincia di Forlì-Cesena un andamento
decisamente negativo, anche se migliore di
quello nazionale e sostanzialmente in linea
con quello regionale. Nei primi nove mesi
del 2009 le vendite in provincia sono diminuite del 3,4% rispetto ai primi nove mesi
del 2008. Nello stesso periodo, a livello regionale si è avuta una contrazione del 3,2%
e a livello nazionale del 4,6%. Per quanto
riguarda i singoli trimestri, in provincia le
vendite hanno accusato un calo in ciascuno
dei primi tre; si è avuto un miglioramento
fra il primo trimestre (-3,9%) ed il secondo
(-1,9%), e poi un brusco peggioramento nel
terzo, dove la diminuzione è stata del 4,3%).
INDAGINE CONGIUNTURALE SUL COMMERCIO
AL DETTAGLIO
Andamento delle vendite nel trimestre di riferimento rispetto
allo stesso trimestre dell’anno precedente
variazione percentuale
ForlìCesena
EmiliaRomagna
Italia
I° trimestre 2009
-3,9
-2,7
-5,1
II° trimestre 2009
-1,9
-2,9
-3,8
III° trimestre 2009
-4,3
-3,8
-4,8
MEDIA
-3,4
-3,2
-4,6
Fonte: Indagine congiunturale Unioncamere italiana e Unioncamere Emilia-Romagna
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Una dinamica simile si è verificata anche a
livello nazionale, ma con valori nettamente
peggiori di quelli provinciali, specialmente
nei primi due trimestri (rispettivamente:
-5,1%, -3,8% e -4,8%). In regione invece si
sono registrate perdite meno cospicue, ma
una dinamica improntata a un progressivo
peggioramento nel corso dei tre trimestri
(rispettivamente: -2,7%, -2,9% e -3,8%).
Le previsioni degli operatori per l’evoluzione nei 12 mesi successivi, sempre rilevate
dall’indagine congiunturale di Unioncamere,
segnalano un graduale ritorno dell’ottimismo: il numero di coloro che si aspettano
un miglioramento dell’andamento del settore in provincia è andato costantemente
aumentando nel corso dei primi tre trimestri dell’anno, e parallelamente è diminuito
il numero di coloro che prevedono una situazione stabile, cosicché alla fine del terzo
trimestre la percentuale di chi prevede un
miglioramento è tornata a superare quella di
chi prevede la stabilità. Questa dinamica è in
sintonia col miglioramento del clima di fiducia dei consumatori rilevato nello stesso periodo. L’andamento è stato sostanzialmente
analogo anche negli altri livelli territoriali.
La banca dati StockView di Infocamere, basata sul Registro delle Imprese, fornisce i
dati sulla struttura imprenditoriale del
settore commerciale. Al 30/9/2009 le imprese attive del commercio nella provincia
di Forlì-Cesena sono risultate 8.945; rispetto al 30/9/2008 si è registrata una flessione
dello 0,6%. In regione si è rilevato un calo
simile (-0,4%) e in Italia invece una leggera
crescita (+0,4%). L’incidenza del commercio
sul totale delle imprese provinciali compresa l’agricoltura (21,9%) è minore sia di quella
regionale (22,7%) sia soprattutto di quella
nazionale (27,2%).
Le imprese di vendita e riparazione di auto
e motoveicoli con 1.073 unità costituiscono
IMPRESE ATTIVE DELLA SEZIONE G (Commercio)
e delle divisioni
G50 - Vendita, manutenzione, e riparazione di auto e moto veicoli
G51 - Commercio all’ingrosso e intermediari del commercio (escl. auto e moto)
G52 - Commercio al dettaglio (escl. auto e moto)
30/9/2008
30/9/2009
var. %
09/08
incidenza %
2008 (*)
incidenza %
2009 (*)
1.084
1.073
-1,0%
12,0%
12,0%
G51
3.407
3.389
-0,5%
37,8%
37,9%
G52
4.511
4.483
-0,6%
50,1%
50,1%
G
9.002
8.945
-0,6%
100,0%
100,0%
41.142
40.781
-0,9%
21,9%
21,9%
G50
11.768
11.763
-0,0%
12,0%
12,1%
G51
37.467
37.307
-0,4%
38,2%
38,2%
G52
48.746
48.487
-0,5%
49,8%
49,7%
G
97.981
97.557
-0,4%
100,0%
100,0%
433.412
430.007
-0,8%
22,6%
22,7%
G50
170.536
171.493
+0,6%
11,9%
11,9%
G51
454.089
457.732
+0,8%
31,6%
31,8%
G52
810.916
811.759
+0,1%
56,5%
56,3%
G
1.435.541
1.440.984
+0,4%
100,0%
100,0%
TOTALE IMPRESE
5.255.230
5.297.780
+0,8%
27,3%
27,2%
TOTALE IMPRESE
EMILIA ROMAGNA
TOTALE IMPRESE
ITALIA
C O M M E R C I O
G50
I N T E R N O
FORLI’-CESENA
(*) incidenza % all’interno del ramo G e G su totale
Fonte: Infocamere, banca dati StockView
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
127
il 12% del totale del commercio (dato in linea con gli altri ambiti territoriali). Rispetto
all’anno precedente si è avuta una flessione
dell’1%, mentre a livello regionale il comparto è rimasto stabile e a quello nazionale si è
avuto un lievissimo risultato positivo dello
0,6%.
Il commercio all’ingrosso e intermediari
(3.389 imprese attive) rappresenta il 37,9%
del commercio provinciale, dato leggermente inferiore a quello regionale (38,2%)
e decisamente superiore a quello nazionale
(31,8%). In provincia si è registrata una flessione dello 0,5%, analoga a quella regionale
(-0,4%), mentre a livello nazionale si è avuta
una crescita dello 0,8%.
Infine, con 4.483 imprese il commercio al
dettaglio e riparazione di beni personali e
per la casa rappresenta la componente maggioritaria del settore commerciale provinciale (50,1%). Questa incidenza è in linea
con quella regionale (49,7%), ma inferiore
a quella nazionale (56,3%). Il comparto registra una diminuzione dello 0,6% in provincia
e dello 0,5% in regione, a fronte di una situazione stabile a livello nazionale (+0,1%).
Esaminando brevemente la movimentazione degli esercizi commerciali in provincia di Forlì-Cesena, si rileva, come accennato in precedenza, che nei primi nove mesi
del 2009 sono aumentate, rispetto allo stesso periodo del 2008, le aperture di nuove
attività, mentre sono diminuite le cessazioni
di attività esistenti. Complessivamente, si
sono registrate 394 nuove aperture a fronte di 563 cessazioni di esercizi, per un saldo
negativo di –169 unità. Rispetto allo stesso
periodo del 2008, le aperture sono aumentate del 5,1%, mentre le cessazioni sono diminuite del 14,8%. Nel commercio al dettaglio si sono avute 217 aperture a fronte
di 306 cessazioni, per un saldo negativo di
-89 unità; le aperture sono aumentate del
16%, mentre le cessazioni sono diminuite
del 12,8%.
Si conferma l’incremento tendenziale
dell’imprenditoria extracomunitaria,
che è una realtà ormai consolidata nel territorio provinciale. In particolare, l’insediamento è forte nei settori dell’ortofrutta,
dell’alimentare e dei pubblici esercizi. Per
quanto riguarda gli alimentari, l’offerta è rivolta soprattutto a prodotti etnici e relativi
alle usanze di alimentazione della popolazione straniera residente nel territorio; i pubblici esercizi invece vedono anche la presenza di una clientela italiana.
Analizzando i dati di StockView sulle persone con cariche nelle imprese attive del commercio al dettaglio e limitando l’esame alle
imprese individuali, in cui la carica di titolare
coincide con la persona fisica dell’imprenditore, in provincia di Forlì-Cesena risultano, al
30/9/2009, 401 titolari di imprese individuali
extracomunitari1, pari al 12,7% del totale. Il
ISCRIZIONI E CESSAZIONI
Settore commercio - Forlì-Cesena - da gennaio a settembre
2008
Divisione ATECO
C O M M E R C I O
I N T E R N O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
2009
2009/2008
Iscrizioni
Cessazioni
Saldo
Iscrizioni
Cessazioni
Saldo
Iscrizioni
Cessazioni
G 50 Commercio, manutenzione e riparazione autoveicoli e
motocicli
40
46
-6
29
45
-16
-27,5%
-2,2%
G 51 Commercio ingrosso e
intermediari del commercio
escluso autovetture
148
264
-116
148
212
-64
0,0%
-19,7%
G 52 Commercio al dettaglio
(escluso autovetture) e riparazione beni personali
187
351
-164
217
306
-89
16,0%
-12,8%
TOTALE
375
661
-286
394
563
-169
5,1%
-14,8%
Fonte: Infocamere, banca dati StockView
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
1
Si precisa che quanto rilevato dalla banca dati StockView e definito “nazionalità” è il Paese di nascita della persona, desunto dal
codice fiscale presente nella visura dell’impresa. Va inoltre tenuto presente che all’interno dei Paesi extracomunitari è presente
anche la Svizzera, Paese in cui risultano nati anche alcuni imprenditori di nazionalità italiana.anche la Svizzera, Paese in cui risultano
nati anche alcuni imprenditori di nazionalità italiana
128
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Secondo
le
valutazioni
delle Associazioni
di
Categoria,
sul
versante
dei
rapporti
fra le diverse
tipologie distributive non ci
sono stati nel
2009 particolari cambiamenti
nel territorio
provinciale.
L’apertura di
un nuovo centro commerciale a Faenza non
sembra aver causato particolari ripercussioni sul sistema distributivo provinciale, forse
anche perché (oltre alla crisi che colpisce
anche la grande distribuzione) ormai queste strutture attingono allo stesso bacino di
utenza, e quindi a questo punto sembrano
innescare una competizione all’interno della
grande distribuzione piuttosto che fra diverse tipologie distributive.
Nel territorio forlivese ci si attende un
cambiamento significativo con l’apertura del
nuovo iper e relativo centro commerciale,
che dovrebbe avvenire fra la fine del 2010 e
l’inizio del 2011. Nel territorio cesenate le
ultime aperture significative per dimensioni
risalgono a qualche anno fa, al momento si è
in una fase di stabilizzazione e non si prevedono nuove aperture. Alcuni operatori però
lamentano un forte turnover fra i negozi
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
del centro storico con un elevato numero
di cessazioni, e segnalano che la scomparsa
di attività commerciali dal centro potrebbe
causare una dequalificazione urbana.
Un punto di forza delle piccole e medie
imprese del commercio - affermano alcuni
operatori - è che esse hanno una struttura snella e possono quindi permettersi una
gestione più flessibile delle spese. In particolare, come già detto in precedenza, nell’attuale congiuntura di crisi che richiede una
revisione della struttura dei prezzi, possono
permettersi di rivedere i propri costi; e questo perché poggiano su un modello a conduzione familiare. E’ pertanto da valorizzare,
anche da parte degli Amministratori Pubblici,
il contributo all’occupazione, non solo degli
imprenditori ma anche
dei nuclei familiari.
Un
altro
punto
di
forza
delle PMI del
centro storico è che
quest’ultimo
costituisce
una sorta di
centro commerciale a
cielo aperto
e presenta
una
forte
attrattività
nei confronti dei consumatori. Ma affinchè
questo fattore di competitività non vada disperso occorrono politiche di pianificazione urbanistica e commerciale da parte delle
Amministrazioni Locali di sostegno, soprattutto con una pianificazione della viabilità,
del traffico e dei parcheggi che incentivi e
non scoraggi l’accesso dei consumatori: un
fattore critico è, ad esempio, il costo della
sosta.
A questo proposito, pressoché tutte le Associazioni di Categoria sottolineano che la
competitività dei centri storici dovrebbe
essere pensata e gestita in termini di area
omogenea. Gli imprenditori del centro devono impegnarsi per mettere in atto politiche commerciali il più possibile unificate,
come ad esempio iniziative promozionali e
di marketing comuni, una gestione concerta-
C O M M E R C I O
fenomeno è dunque decisamente significativo, anche se non ha ancora raggiunto l’incidenza registrata a livello regionale (15,7%)
e nazionale (14,6%). Il confronto con l’anno
precedente non è possibile a causa del cambiamento della codifica delle attività economiche (da ATECO 2002 ad ATECO 2007)
adottata dal database StockView Persone.
Molto più modesta è la presenza di imprenditori provenienti da altri Paesi della Ue: 41
persone, pari all’1,3% (analogamente all’incidenza nazionale), a fronte dell’1,4% regionale. Il restante 86% delle persone titolari
d’imprese individuali provinciali è italiano, a
fronte dell’82,8% regionale e dell’83,7% nazionale.
I N T E R N O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
129
C O M M E R C I O
I N T E R N O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
130
ta dei prezzi e degli orari di apertura ecc., in
modo da competere come entità omogenea
sia con gli altri centri storici, sia coi centri
commerciali della grande distribuzione. Le
Associazioni del comprensorio forlivese segnalano che nel centro storico di Forlì uno
sforzo in questa direzione è iniziato sotto la
spinta del Comune, con un organismo che
raccoglie diverse Associazioni di Categoria
e che vede anche l’apporto della Camera di
Commercio. Si sottolinea però che, se gli
imprenditori devono indubbiamente fare la
loro parte con politiche commerciali unificate, gli Amministratori Locali devono a
loro volta creare le condizioni strutturali
per la competitività di un’area omogenea,
soprattutto, come già detto, a livello di pianificazione
urbanistica e
di viabilità.
Anche nel
centro storico di Cesena
gli imprenditori stanno
mettendo in
atto politiche
di promozione unificate,
con l’apertura serale nel
periodo estivo e l’organizzazione di
interventi di
animazione
in vari punti del centro. Alcune Associazioni
fanno però presente la necessità di maggiore
sostegno da parte degli Enti locali in termini
di risorse finanziarie. Altre Associazioni del
cesenate, condividendo l’opportunità di una
regia comune delle iniziative promoziona-
li, auspicano una sorta di piano provinciale degli eventi, in cui le varie iniziative dei
diversi centri storici vengano coordinate e
non si sovrappongano. Ritengono inoltre
che un’altra potente risorsa a fini commerciali sia la promozione turistica del territorio, per cui andrebbero abbinate le iniziative
commerciali (aperture dei negozi, politiche
promozionali) agli eventi culturali (mostre
ecc.). Le iniziative promozionali come le
“notti bianche” continuano nel complesso a
far rilevare risultati soddisfacenti, anche se
non si è più riscontrato il picco di successo
raggiunto con la prima edizione; ma questo
forse è dovuto anche al fatto che è difficile mantenere il livello d’interesse dovuto al
fattore novità.
Infine si ribadisce che
un
altro
elemento
indispensabile per la
competitività delle PMI
commerciali
è la formazione degli
imprenditori e del
personale,
soprattutto
per
quanto riguarda
l’assistenza
al cliente; infatti, come più volte segnalato in passato, la
qualità e il servizio alla clientela sono fattori
indispensabili per rendere le piccole imprese competitive ancor più nella situazione
economica attuale.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
C
C
OMMERCIO ESTERO
Le
stime
le da diversi
per il 2009
decenni
a
del
Fondo
questa parte
Monetario
caratterizzaInternazionale
ta, fra l’altro,
(FMI), riviste
dalla singorecentemenlare concote nell’ambimitanza di
to del World
andamenti
Economic
negativi un
Outlook
po’ ovunque
Update del 26
nel mondo
gennaio 2010,
anche se, va
parlano di una contrazione dell’economia detto, con intensità e durata diversi. Le premondiale pari allo 0,8%. Si tratta della più in- visioni FMI per il futuro lasciano intravedere
tensa recessione registrata a livello mondia- un certo ottimismo, anche se la ripresa vie-
2008 (*)
2009 (*)
var. %
2009/2008
INDICI DI COMPOSIZIONE
2008 (*)
2009 (*)
SU EMILIA-ROMAGNA
Piacenza
1.860.456
1.659.561
-10,8%
5,1%
6,1%
Parma
3.493.225
2.870.914
-17,8%
9,6%
10,6%
Reggio Emilia
6.578.402
4.879.410
-25,8%
18,1%
17,9%
Modena
8.313.879
6.146.794
-26,1%
22,8%
22,6%
Bologna
8.367.117
6.074.277
-27,4%
23,0%
22,3%
Ferrara
1.675.183
1.046.689
-37,5%
4,6%
3,8%
Ravenna
2.555.596
1.949.137
-23,7%
7,0%
7,2%
2.313.921
1.635.947
-29,3%
6,4%
6,0%
1.276.640
924.410
-27,6%
3,5%
3,4%
36.434.417
27.187.138
-25,4%
100,0%
100,0%
Forlì-Cesena
Rimini
EMILIA-ROMAGNA
EMILIA-ROMAGNA SU ITALIA
ITALIA
278.197.384
213.933.690
-23,1%
13,1%
12,7%
C O M M E R C I O
VALORI ASSOLUTI
E S T E R O
ESPORTAZIONI
Province dell’Emilia-Romagna e Italia
Gennaio-Settembre - valori in migliaia di euro
(*) - Dati provvisori
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
131
C O M M E R C I O
E S T E R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
132
ne prevista con intensità variabile da paese a
paese e non tutte le economie invertiranno
nel 2010 la propria tendenza recessiva. Il PIL
mondiale è previsto per il 2010 in aumento
del 3,9%, con i paesi sviluppati che dovrebbero crescere del 2,1% a fronte di un aumento del 6,0% per le economie emergenti
ed in via di sviluppo. In questo contesto, è
previsto che l’Italia registri una variazione
del PIL pari all’1,0% nel 2010 e all’1,3% nel
2011, stima rivista in rialzo rispetto ai dati,
sempre FMI, dell’ottobre 2009.
Questo è lo scenario nel quale si è mosso
il commercio mondiale nel 2009 ed il contesto prospettico nel quale si muoverà nel
corso dei prossimi anni. La situazione appena descritta deve essere combinata col fatto,
messo in luce anche in occasione del rapporto dello scorso anno, che il commercio
estero mondiale, da diverso tempo a questa
parte, mostra la tendenza ad amplificare le
variazioni del PIL, ciò a seguito del crescente livello di interdipendenza delle economie
mondiali, aspetto quest’ultimo tipico del
processo di globalizzazione.
Non deve quindi stupire che la contrazione dello 0,8% del PIL mondiale stimata per
il 2009 si sia tradotta, sempre secondo le
ultime stime disponibili dell’FMI, in una contrazione del commercio mondiale (di beni
e servizi) pari al 12,3%. Le previsioni per il
2010 parlano di una variazione positiva del
commercio mondiale pari al 5,8%, di portata,
quindi, sostanzialmente pari alla metà della
diminuzione dell’anno passato. Le variazioni
delle esportazioni sono previste pari ad un
+5,5% per le economie avanzate, contro un
+5,9% delle economie emergenti ed in via
di sviluppo.
a livello provinciale risulta, quindi, più consistente rispetto a quella riportata a livello
regionale (-25,4%) e nazionale (-23,1%). A
seguito di ciò, il peso delle esportazioni della
provincia sul totale regionale risulta in attenuazione, passando da 6,4% dei primi nove
mesi del 2008, al 6,0% dello stesso periodo
dell’anno appena concluso. Quest’ultimo fenomeno risulta in controtendenza rispetto
a quanto registrato nel corso del decennio
precedente che aveva visto una tendenza di
fondo all’aumento dell’incidenza delle esportazioni della provincia sul totale regionale e
di questo sul totale nazionale. Alcune province della regione, segnatamente Piacenza
e Parma (rispettivamente, -10,8 e -17,8%),
hanno risentito in misura minore della flessione del commercio mondiale. Tale fenomeno, ascrivibile alla composizione settoriale dei diversi territori della regione, ha
avuto ripercussioni sulla posizione occupata
da Forlì-Cesena nella graduatoria regionale
di composizione delle esportazioni. In particolare, Forlì-Cesena risulta attualmente davanti alle sole province di Ferrara e Rimini.
Queste stesse modificazioni hanno portato
avvicendamenti anche alla testa della classifica, dove Modena ha “sorpassato” Bologna
divenendo la prima provincia esportatrice
della regione.
Il peso delle esportazioni dell’Emilia-Romagna sul dato nazionale è complessivamente
diminuito passando dal 13,1% del 2008 al
12,7% del 2009, tornando, sostanzialmente, a valori di incidenza prossimi a quelli del
2007 (ma corrispondenti ad un valore assoluto inferiore). La nostra è una delle regioni
italiane ad avere il maggior grado di apertura all’economia mondiale; è, quindi, normale che abbia risentito più di altre della forte
Le esportazioni italiane nei primi nove mesi diminuzione del commercio internazionale.
del 2009 hanno registrato una flessione, secondo gli ultimi dati ISTAT a disposizione, Dall’analisi dell’export per settore emerge
del 23,1%, a fronte di una variazione del che la riduzione dell’export ha interessato,
5,0% registrata l’anno passato rispetto ai anche se con intensità variabile, tutti i settori
primi nove mesi del 2007.
dell’economia provinciale. Fanno eccezione
Il valore delle esportazioni della provincia i “prodotti petroliferi raffinati” e gli “articoli
di Forlì-Cesena registrato nel periodo genna- farmaceutici, chimico-medicinali e botanici”
io – settembre 2009 è stato pari a 1.635.947 che hanno però un’incidenza limitata sulle
migliaia di euro, mostrando un calo, rispet- esportazioni provinciali. Limitando l’analito allo stesso periodo dell’anno precedente, si ai settori con un peso superiore all’1%,
pari al 29,3%. L’anno passato si era registra- al fine di fornire valutazioni significative, è
ta una variazione positiva pari al 6,3%, in ral- possibile notare come i settori che riportalentamento rispetto all’aumento registrato no le diminuzioni più contenute siano stanel 2007 (+11,2%). La contrazione rilevata ti i prodotti alimentari, bevande e tabacchi
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
ESPORTAZIONI PER SETTORE
Gennaio-Settembre - valori in migliaia di euro
2008 (*)
2009(*)
variaz.%
2009/2008
ForlìCesena
2009(*)
EmiliaRomagna
2009(*)
Italia
2009(*)
174.667
163.777
-6,2%
10,0
1,9
1,6
353
174
-50,7%
0,0
0,1
0,4
147.938
139.724
-5,6%
8,5
8,5
6,8
CB13-Prodotti tessili
21.187
17.703
-16,4%
1,1
0,9
2,6
CB14-Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in
pelliccia)
67.868
47.638
-29,8%
2,9
9,0
5,1
250.023
203.671
-18,5%
12,4
2,1
4,0
66.075
44.896
-32,1%
2,7
1,1
2,1
69
214
209,6%
0,0
0,1
3,2
49.549
41.942
-15,4%
2,6
5,3
6,1
5.192
6.065
16,8%
0,4
1,7
4,1
CG-Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
143.519
117.499
-18,1%
7,2
11,3
6,3
CH-Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi
macchine e impianti
266.930
168.403
-36,9%
10,3
7,6
11,0
61.675
36.324
-41,1%
2,2
2,0
3,2
CJ-Apparecchi elettrici
172.322
134.898
-21,7%
8,2
4,6
5,8
CK-Macchinari ed apparecchi n.c.a.
524.039
287.983
-45,0%
17,6
29,2
19,0
66.097
32.828
-50,3%
2,0
10,2
10,2
CM31-Mobili
110.538
98.131
-11,2%
6,0
1,4
2,4
CM323-Articoli sportivi
167.900
80.178
-52,2%
4,9
0,4
0,2
11.928
10.621
-11,0%
0,6
1,9
2,9
0
0
0,0
0,0
0,1
E-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI E RISANAMENTO
3.930
1.944
-50,5%
0,1
0,2
0,3
J-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ DEI SERVIZI DI
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
1.664
1.110
-33,3%
0,1
0,4
0,5
0
16
0,0
0,0
0,0
R-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ ARTISTICHE,
SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTIMENTO
153
54
0,0
0,0
0,0
S-PRODOTTI DELLE ALTRE ATTIVITA’ DI SERVIZI
0
0
0,0
0,0
0,0
302
154
-48,9%
0,0
0,1
2,1
2.313.921
1.635.947
-29,3%
100,0
100,0
100,0
CLASSIFICAZIONE CPATECO
A-PRODOTTI DELL’AGRICOLTURA, DELLA
SILVICOLTURA E DELLA PESCA
B-PRODOTTI DELL’ESTRAZIONE DI MINERALI
DA CAVE E MINIERE
CA-Prodotti alimentari, bevande e tabacco
CB15-Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e
simili
CC-Legno e prodotti in legno; carta e stampa
CD-Coke e prodotti petroliferi raffinati
CE-Sostanze e prodotti chimici
CF-Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e
botanici
CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici
CL-Mezzi di trasporto
CM-Prodotti delle altre attività manifatturiere
(esclusi mobili e articoli sportivi)
D-ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA
CONDIZIONATA
M-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE
V-MERCI DICHIARATE COME PROVVISTE DI
BORDO, MERCI NAZIONALI DI RITORNO E
RESPINTE, MERCI VARIE
TOTALE
-64,6%
E S T E R O
INDICI DI COMPOSIZIONE
C O M M E R C I O
Forlì-Cesena
(*) - Dati provvisori; il totale può non coincidere con lo stesso dato di altre tabelle causa arrotondamento
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
133
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
C O M M E R C I O
E S T E R O
(-5,6%), i mobili (-11,2%) e le sostanze ed i
prodotti chimici (-15,4%). I settori che hanno risentito di più della crisi sono, invece,
stati - sempre fra quelli con un peso sull’export complessivo superiore all’1% – gli articoli sportivi (-52,2%), i mezzi di trasporto
(-50,3%) e i macchinari e le apparecchiature
(-45,0%). Un’attenzione particolare merita
sicuramente il comparto della meccanica.
Nella classificazione per attività attualmente in uso (Ateco 2007) questo comparto è
costituito da 5 settori (metalli e prodotti
in metallo, apparecchi elettronici ed ottici,
apparecchi elettrici, macchinari e mezzi di
trasporto) che pesano nel loro complesso
per oltre il 40,0% sulle esportazioni della
provincia. Tale peso, pur confermando l’inclinazione anche di questa provincia per la
meccanica mette in luce una specificità locale con una diversa composizione settoriale
dell’economia.
Di particolare interesse risulta il settore degli articoli in pelle e simili (il secondo settore per peso sulle esportazioni provinciali)
che, pur avendo registrato una contrazione
delle esportazioni rispetto all’anno passato
(-18,5%), subisce un aumento della propria
incidenza sulle esportazioni complessive della provincia che raggiunge il 12,4%, a fronte
di una media regionale di poco superiore al
134
2,0%. Nell’ambito del “settore” degli articoli in pelle e similari può essere interessante focalizzare l’attenzione sulle calzature
che rivestono una notevole importanza per
l’economia provinciale. Pur avendo registrato una flessione dell’export pari al 17,9%, le
calzature hanno visto aumentare la propria
importanza sull’export locale, con un peso
che è arrivato a superare l’11,0%. Oltre
la metà (54,6%) delle calzature esportate
dall’Emilia-Romagna proviene dalla provincia di Forlì-Cesena. La contrazione delle
esportazioni di calzature registrata a livello
provinciale è, sostanzialmente, in linea con
quanto registrato a livello nazionale (-17,2%)
mentre più contenuta risulta la diminuzione
a livello regionale (-14,8%).
Notevole, poi, il ruolo giocato dalle esportazioni di prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca che registrano in provincia un
peso pari al 10,0%, ben al di sopra di quanto
fatto rilevare a livello regionale (1,9%) e nazionale (1,6%). L’incidenza dell’altro settore
che normalmente viene considerato parte
del comparto alimentare, cioè, l’industria
alimentare (alimentari, bevande e tabacchi)
è, in provincia, in linea coi valori registrati a livello regionale (8,5%), ma superiore
a quanto rilevato a livello nazionale (6,8%).
Altri due settori di specializzazione locale
SCAMBI CON L’ESTERO PER AREA GEOGRAFICA
Gennaio-Settembre 2009 - valori assoluti e variazione
AREA
2009 (*)
import
var 2008-2009
export
import
export
Unione Europea
557.373.364
987.077.965
-25,7%
-26,5%
Europa extra UE
36.727.538
215.920.560
-12,0%
-31,1%
Africa settentrionale
28.612.561
43.623.995
-7,0%
-36,0%
Altri paesi africani
42.877.409
35.480.029
-16,8%
-27,7%
America settentrionale
47.548.918
92.757.242
83,5%
-29,5%
America centro-meridionale
34.329.559
32.324.622
-13,3%
-37,8%
5.310.744
78.487.232
-57,7%
-40,7%
Medio Oriente
Asia centrale
31.547.754
26.639.752
1,0%
-26,1%
Asia orientale
144.546.971
103.983.902
-27,0%
-32,1%
2.581.625
19.651.832
-27,2%
-43,4%
931.456.443
1.635.947.131
-21,4%
-29,3%
Oceania e altri territori
TOTALE GENERALE
(*) Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Isole Faeroer, Andorra, Gibilterra
Turchia, Albania, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Fed.di Russia,
Croazia, Bosnia e Erzegovina, Serbia e Montenegro, Rep. Iugoslava di Macedonia
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
SCAMBI CON L’ESTERO PER AREA GEOGRAFICA
Gennaio-Settembre 2009 - incidenza percentuale
AREA
Unione Europea
IMPORTAZIONI
Forlì-Cesena
ESPORTAZIONI
Emilia Romagna
Forlì-Cesena
Emilia Romagna
59,8%
66,7%
60,3%
56,6%
Europa extra UE (*)
3,9%
5,7%
13,2%
11,5%
Africa Settentrionale
3,1%
1,4%
2,7%
3,3%
Altri paesi africani
4,6%
1,0%
2,2%
1,9%
America Settentrionale
5,1%
3,1%
5,7%
7,4%
America Centrale e del Sud
3,7%
3,7%
2,0%
2,9%
Medio Oriente
0,6%
0,6%
4,8%
5,8%
Asia Centrale
3,4%
1,7%
1,6%
2,0%
Asia Orientale
15,5%
15,5%
6,4%
7,3%
0,3%
0,6%
1,2%
1,3%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
Oceania e altri territori
TOTALE GENERALE
(*) Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Isole Faeroer, Andorra, Gibilterra
Turchia, Albania, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Fed.di Russia, Croazia, Bosnia e Erzegovina, Serbia e Montenegro, Rep.
Iugoslava di Macedonia
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
E S T E R O
Dall’analisi delle esportazioni per mercato di destinazione è possibile notare
che nei primi nove mesi del 2009, analogamente a quanto registrato nei primi nove
mesi del 2008, il maggior mercato di sbocco
per le imprese della provincia è costituito
dall’Unione Europea, verso cui sono indirizzate il 60,3% delle esportazioni della provincia, percentuale in ulteriore aumento rispetto all’anno passato (58,1%). L’orientamento
verso l’Unione Europea delle imprese della
provincia rimane ancora leggermente superiore a quello regionale. Alle spalle dell’Unione Europea, l’area che maggiormente assorbe le esportazioni di Forlì-Cesena è costituita dall’Europa extra-UE, con un peso del
13,2%. La stessa situazione si riscontra a
livello regionale, anche se con una minore
intensità (11,5%). L’Europa nel suo complesso risulta, quindi, essere destinataria di ben
il 73,5% delle esportazioni della provincia
(l’anno scorso era il 71,6%) e del 68,1% di
quelle emiliano-romagnole (l’anno scorso
era il 69,8%). Le successive posizioni significative sono occupate dall’Asia Orientale
(6,4%) e dall’America Settentrionale (5,7%)
e dal Medio Oriente (4,8%).
E’ possibile passare da un’ottica statica ad
una dinamica concentrandosi sulle variazioni subite dalle esportazioni verso le diverse
aree geo-economiche. L’area che ha fatto
registrare la minore contrazione è stata
l’Asia Centrale (-26,1%), seguita dall’Unione Europea (-26,5%) e dagli Altri Paesi
Africani (-27,7%). Le aree verso le quali è,
invece, stata più forte la contrazione delle
esportazioni sono state l’Oceania e gli altri
Territori (-43,4%), il Medio Oriente (-40,7%)
e l’America centrale e meridionale (-37,8%)
e Settentrionale (-29,5%).
I dati a disposizione consentono di affinare
l’analisi dei mercati di sbocco con l’identificazione dei paesi che attraggono maggiormente le esportazioni provinciali. Il paese
leader di questa graduatoria è la Germania
col 15,2%, in ulteriore aumento rispetto al
dato registrato per i primi nove mesi del
2008 (13,6%). Alle spalle della maggiore
C O M M E R C I O
possono essere considerati quello dei mobili, che registra un peso in provincia del
6,0% contro una media regionale dell’1,4%,
e quello degli articoli sportivi, che riporta un
peso sulle esportazioni totali del 4,9% contro una media regionale dello 0,4%. Mentre i
mobili hanno riportato una contrazione delle esportazioni inferiore al dato medio provinciale (-11,2%), gli articoli sportivi, come
detto più sopra, hanno più che dimezzato il
valore del proprio export.
135
E S T E R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
economia del continente troviamo un altro paese europeo, la Francia, col 10,9%,
anch’essa in aumento rispetto all’omologo
periodo del 2008 (9,7%). In terza posizione
si colloca la Russia che col 5,7% ha scalzato
il Regno Unito che passa dal 6,5% dei primi nove mesi del 2008 al 5,3% dell’omologo
periodo del 2009. La Spagna è scesa dalla
quinta alla sesta posizione col 4,5% dell’export forlivese e cesenate (l’anno passato era
il 5,2%). La prima nazione non europea nella
graduatoria in analisi è costituita dagli Stati
Uniti, che occupano la quinta posizione con
un peso pari al 4,8%, in ulteriore ridimensionamento rispetto al 5,0% dell’anno passato
(a sua volta in contrazione rispetto al 6,0%
del 2007).
Fra i paesi non europei è interessante la situazione di Hong Kong, per la sua natura di
porta di ingresso alternativa verso la Cina,
e del Giappone che dimostra un dinamismo
inaspettato del PIL nella fase di uscita dalla
crisi internazionale. Secondo le previsioni
del FMI il PIL giapponese crescerà dell’1,7%
nel 2010 e del 2,2% nel 2011, forse segnando la fine della stazionarietà ultradecennale
dell’economia nipponica. Hong Kong assorbe l’1,5% dell’export provinciale mentre il
Giappone ne acquista l’1,8%. Entrambe le
percentuali sono in aumento rispetto ai dati
dell’anno passato, anche se ancora contenute.
Anche nei confronti dei singoli paesi è pos-
Per valutare il grado di innovatività delle esportazioni della provincia di ForlìCesena, i prodotti sono stati riclassificati in
base al contenuto tecnologico intrinseco
al prodotto stesso e alla tecnologia utilizzata nel processo produttivo, venendo così a
creare una nuova classificazione dei prodotti in tre macroclassi corrispondenti a diversi
livelli di contenuto tecnologico incorporato.
Dall’analisi degli ultimi dati provinciali disponibili, relativi all’anno 2008, emerge che
le esportazioni di “prodotti specializzati e
high tech” rappresentano il 39,4% del totale
provinciale, mentre costituiscono il 50,8%
di quello regionale, il 43,6% di quello del
Nord-est ed il 41,5% di quello nazionale. Il
confronto coi dati corrispondenti del 2007
mette in luce un ridimensionamento rispetto all’anno passato del peso delle esporta-
CONTENUTO TECNOLOGICO DI IMPORT ED EXPORT
Anno 2008 - valori assoluti in migliaia di euro e composizione sul totale provinciale
IMPORTAZIONI
Agricoltura materie prime
Prodotti tradizionali e standard
Prodotti specializzati e high tech
110.992
7,3
952.905
62,5
459.708
30,2
Emilia Romagna
1.657.996
5,8
16.569.864
57,6
10.524.425
36,6
Nord-Est
5.815.403
7,3
46.734.264
58,7
27.059.233
34,0
81.444.995
21,6
176.170.529
46,7
119.668.433
31,7
Forlì-Cesena
C O M M E R C I O
sibile analizzare, invece del peso sulle esportazioni provinciali, la variazione rispetto ai
valori registrati per l’anno passato. Le variazioni delle esportazioni nei confronti dei
20 maggiori partner commerciali della provincia sono negative. Considerando solo i
paesi col maggior peso, si devono registrare
le variazioni del Regno Unito (-42,4%), della
Spagna (-39,2%), degli Stati Uniti (-32,3%) e
della Russia (-29,9%). Più contenute le variazioni dell’export nei confronti di Germania
(-21%) e Francia (-20,1%).
ITALIA
ESPORTAZIONI
Agricoltura
materie prime
Prodotti tradizionali e standard
Prodotti specializzati e high tech
Forlì-Cesena
235.369
7,7
1.620.094
52,9
1.204.939
39,4
Emilia Romagna
862.645
1,8
22.498.835
47,4
24.102.637
50,8
Nord-Est
2.322.821
2,0
62.515.225
54,4
50.130.374
43,6
ITALIA
7.266.885
2,0
206.747.343
56,5
151.791.862
41,5
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati ISTAT
136
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
IMPORTAZIONI PER SETTORE
Gennaio-Settembre - valori in migliaia di euro
A-PRODOTTI DELL’AGRICOLTURA, DELLA
SILVICOLTURA E DELLA PESCA
2008 (*)
2009(*)
variaz.%
2009/2008
ForlìCesena
2009(*)
EmiliaRomagna
2009(*)
Italia
2009(*)
81.219
81.005
-0,3%
8,7
4,7
3,3
527
685
30,1%
0,1
1,4
15,4
193.461
184.368
-4,7%
19,8
15,3
7,6
CB13-Prodotti tessili
15.341
13.950
-9,1%
1,5
1,4
1,6
CB14-Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in
pelliccia)
54.008
76.346
41,4%
8,2
6,9
3,9
CB15-Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e
simili
20.758
22.200
6,9%
2,4
1,7
2,3
CC-Legno e prodotti in legno; carta e stampa
86.485
56.877
-34,2%
6,1
3,8
2,7
677
425
-37,2%
0,0
0,5
1,9
95.042
65.583
-31,0%
7,0
10,0
8,7
9.963
12.110
21,6%
1,3
1,8
5,5
66.689
56.481
-15,3%
6,1
4,4
3,2
196.984
79.327
-59,7%
8,5
9,4
8,2
CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici
99.542
73.505
-26,2%
7,9
4,9
7,3
CJ-Apparecchi elettrici
46.428
41.895
-9,8%
4,5
3,8
3,5
141.059
109.663
-22,3%
11,8
9,8
6,5
25.399
15.638
-38,4%
1,7
15,7
11,5
6.424
4.842
-24,6%
0,5
1,5
0,5
B-PRODOTTI DELL’ESTRAZIONE DI MINERALI
DA CAVE E MINIERE
CA-Prodotti alimentari, bevande e tabacco
CD-Coke e prodotti petroliferi raffinati
CE-Sostanze e prodotti chimici
CF-Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e
botanici
CG-Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
CH-Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi
macchine e impianti
CK-Macchinari ed apparecchi n.c.a.
CL-Mezzi di trasporto
CM31-Mobili
CM323-Articoli sportivi
19.846
17.141
-13,6%
1,8
0,3
0,2
CM-Prodotti delle altre attività manifatturiere
(esclusi mobili e articoli sportivi)
16.215
13.621
-16,0%
1,5
2,1
2,3
D-ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA
CONDIZIONATA
4.786
1.351
-71,8%
0,1
0,1
1,0
E-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI E RISANAMENTO
3.015
2.920
-3,1%
0,3
0,2
0,7
J-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ DEI SERVIZI DI
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
1.169
986
-15,7%
0,1
0,3
0,5
0
0
-80,1%
0,0
0,0
0,0
280
137
-51,3%
0,0
0,0
0,0
4
0
-100,0%
0,0
0,0
0,0
295
400
35,7%
0,0
0,0
1,9
1.185.614
931.456
-21,4%
100,0
100,0
100,0
M-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE
R-PRODOTTI DELLE ATTIVITA’ ARTISTICHE,
SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTIMENTO
S-PRODOTTI DELLE ALTRE ATTIVITA’ DI
SERVIZI
V-MERCI DICHIARATE COME PROVVISTE DI
BORDO, MERCI NAZIONALI DI RITORNO E
RESPINTE, MERCI VARIE
TOTALE
E S T E R O
CLASSIFICAZIONE CPATECO
INDICI DI COMPOSIZIONE
C O M M E R C I O
Forlì-Cesena
(*) - Dati provvisori; il totale può non coincidere con lo stesso dato di altre tabelle causa arrotondamento
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
137
C O M M E R C I O
E S T E R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
138
zioni di prodotti appartenenti a questa classe di contenuto tecnologico per la provincia
di Forlì-Cesena.
Le esportazioni dei “prodotti tradizionali e
standard” sono il 52,9% del valore provinciale, il 47,4% di quello regionale, il 54,4%
di quello del Nord-est ed il 56,5% di quello
nazionale. Il peso di questo tipo di esportazioni colloca la provincia, sostanzialmente, a
metà strada tra la situazione media a livello
regionale (che vede una minore incidenza di
questa tipologia di prodotti) e quella media
a livello nazionale (che, invece, ne registra
un’incidenza maggiore). Nel confronto con
l’anno passato, il peso di questa classe tecnologica di prodotti è in aumento, anche se
con intensità diverse,
in tutti gli
ambiti territoriali in
analisi.
Le esportazioni dei
prodotti
dell’agricoltura e materie prime
sono il 7,7%
del totale
provinciale, l’1,8% di
quello regionale, il 2%
di quello del
Nord-est e il 2% di quello nazionale, a conferma della marcata vocazione agricola della
provincia. Va notato, come già fatto l’anno passato, che le esportazioni di prodotti
dell’agricoltura sono, giustamente, considerate in maniera a se stante nella classificazione adottata dall’Istituto Tagliacarne e qui riproposta. Il semplice fatto che un prodotto
sia di origine agricola, infatti, non dice nulla
sul livello tecnologico del processo produttivo che ne ha consentito l’ottenimento. Un
prodotto agricolo può, infatti, essere il frutto
di un processo produttivo residuale ed anacronistico oppure uno dei maggiori ritrovati
della ricerca e tecnologia contemporanea,
basti pensare ai processi bio-tecnologici che
spesso sostengono l’agricoltura e allo sforzo
tecnologico e organizzativo implicito nella
commercializzazione del prodotto (selezione e cernita, packaging, catena del freddo,
delivery nel minor tempo possibile, ecc).
L’esportazione di prodotti agricoli da parte
della provincia di Forlì-Cesena deve, quindi, essere considerata come segnale della
forte specializzazione territoriale in questo
comparto, che ha visto la nascita di molte
imprese cresciute con successo nel settore
e che contribuiscono in maniera positiva e
notevole all’accrescimento del livello tecnologico complessivo dell’area. Questa considerazione è in grado di porre sotto nuova
luce il differenziale esistente con la media
regionale in termini di esportazioni di prodotti ad alto contenuto tecnologico. Infatti,
una cospicua parte dell’export provinciale
di prodotti dell’agricoltura potrebbe essere annoverata tra le
esportazioni di livello
tecnologico
medio alto
o alto, andando a limare il gap
esistente
con la media
regionale.
Il valore delle importazioni per
i primi nove
mesi
del
2009 è pari
a 931.456 migliaia di euro, con una diminuzione del 21,4% rispetto allo stesso periodo del 2008, che aveva invece registrato un
aumento rispetto al 2007. Le importazioni
hanno, quindi, segnato una diminuzione del
proprio valore notevole, anche se inferiore
alla corrispondente riduzione del valore delle esportazioni.
I settori dell’import che hanno fatto registrare le performance più significative durante il periodo in osservazione, avendo
cura di prendere in considerazione soltanto
i settori con un peso superiore all’1,0% al
fine di salvaguardare la significatività dell’analisi, sono stati i metalli e prodotti in metallo
(-59,7% con un peso sull’export complessivo
della provincia pari all’8,5%), i mezzi di trasporto (-38,4% con un peso pari all’1,7%),
legno e prodotti in legno (-34,2% con un
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
peso pari al 6,1%) e le sostanze ed i prodotti chimici (-31,0% con un peso del 7,0%).
La variazione media di segno negativo non si
è, però, tradotta in una diminuzione dell’import di tutti i settori. In particolare va notata la performance del settore degli articoli
di abbigliamento che ha fatto registrare un
aumento di oltre il 41% del valore delle importazioni, combinato con un peso sull’import provinciale complessivo dell’8,2%.
Notevole il peso delle importazioni di calzature che sono aumentate di oltre il 50%
nei primi nove mesi del 2009 rispetto allo
stesso periodo del 2008.
In aumento anche le importazioni di articoli
farmaceutici, chimico-medicinali e botanici
che hanno registrato una variazione pari a
+21,6%, combinato ad un peso dell’1,3%.
Altro settore, tra quelli più significativi, a registrare un aumento dell’import è quello de-
migliaia di
euro
indici di
comp.
sul totale
export
migliaia di
euro
indici di
comp.
sul totale
import
1 0004-Germania
248.236
15,2%
125.048
13,4%
2 0001-Francia
178.326
10,9%
3 0075-Russia
93.994
5,7%
2 0720-Cina
97.232
10,4%
3 0003-Paesi Bassi
87.725
9,4%
4 0006-Regno Unito
86.675
5,3%
4 0011-Spagna
71.087
7,6%
5 0400-Stati Uniti
78.058
6 0011-Spagna
73.261
4,8%
5 0001-Francia
69.384
7,4%
4,5%
6 0400-Stati Uniti
46.926
5,0%
7 0009-Grecia
56.051
3,4%
7 0017-Belgio
38.309
4,1%
8 0060-Polonia
52.767
3,2%
8 0038-Austria
20.653
2,2%
9 0003-Paesi Bassi
50.186
3,1%
9 0006-Regno Unito
19.982
2,1%
10 0039-Svizzera
46.339
2,8%
10 0064-Ungheria
19.768
2,1%
11 0017-Belgio
43.159
2,6%
11 0063-Slovacchia
18.604
2,0%
PAESE
PAESE
1 0004-Germania
12 0038-Austria
36.969
2,3%
12 0664-India
17.171
1,8%
13 0732-Giappone
30.142
1,8%
13 0500-Ecuador
16.775
1,8%
14 0740-Hong Kong
24.495
1,5%
14 0052-Turchia
15.551
1,7%
15 0647-Emirati Arabi Uniti
24.159
1,5%
15 0302-Camerun
15.302
1,6%
16 0052-Turchia
23.907
1,5%
16 0066-Romania
12.425
1,3%
17 0061-Ceca, Repubblica
19.110
1,2%
17 0666-Bangladesh
12.163
1,3%
18 0066-Romania
18.765
1,1%
18 0204-Marocco
11.975
1,3%
19 0664-India
16.950
1,0%
19 0528-Argentina
10.705
1,1%
20 0030-Svezia
16.459
1,0%
20 0690-Vietnam
10.687
1,1%
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di
Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
E S T E R O
PRIMI 20 PAESI
PER PROVENIENZA DELL’IMPORT
Forlì-Cesena - Gennaio-Settembre 2009
C O M M E R C I O
PRIMI 20 PAESI
PER DESTINAZIONE DELL’EXPORT
Forlì-Cesena - Gennaio-Settembre 2009
gli articoli in pelle e simili che combina una
crescita del 6,9% con un’incidenza sull’import provinciale pari al 2,4%.
Parallelamente a quanto fatto per le esportazioni, è possibile fare alcune considerazioni in merito al comparto della meccanica nel
suo complesso. Questo riveste un ruolo notevole anche nell’ambito delle importazioni,
col 34,4% del totale, che va a confrontarsi
col 43,6% della media regionale e col 37%
a livello nazionale. Anche per quanto riguarda le importazioni, quindi, la meccanica
è il comparto con il peso maggiore, anche
se le peculiarità dell’economia territoriale
che sono state messe in evidenza più sopra,
fanno si che il settore non abbia a ForlìCesena la stessa importanza che riveste a
livello regionale. Il comparto nel suo complesso ha fatto registrare una diminuzione
delle importazioni pari al 37,2% che non si
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di
Commercio di Forlì-Cesena
139
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
IMPORT-EXPORT PER PAESE
Forlì-Cesena - Gennaio-Settembre 2009 (*) - valori in migliaia di euro
PAESI
IMPORTAZIONI
ESPORTAZIONI
SALDO
COMMERCIALE
UNIONE EUROPEA
Francia
69.384
178.326
+108.942
Paesi Bassi
87.725
50.186
-37.539
Germania
125.048
248.236
+123.188
Regno Unito
19.982
86.675
+66.693
Irlanda
9.076
7.568
-1.509
Danimarca
9.886
13.196
+3.310
Grecia
9.415
56.051
+46.637
Portogallo
2.607
15.834
+13.227
Spagna
71.087
73.261
+2.174
Belgio
38.309
43.159
+4.850
Lussemburgo
2.578
2.911
+332
Svezia
8.100
16.459
+8.359
Finlandia
9.324
9.252
-72
Austria
20.653
36.969
+16.316
0
1.733
+1.733
Estonia
303
1.535
+1.233
Lettonia
92
1.538
+1.446
C O M M E R C I O
E S T E R O
Malta
Lituania
242
2.161
+1.919
Polonia
7.102
52.767
+45.665
Repubblica Ceca
7.840
19.110
+11.270
Slovacchia
18.604
13.201
-5.404
Ungheria
19.768
13.480
-6.288
Romania
12.425
18.765
+6.340
Bulgaria
3.215
7.270
+4.055
Slovenia
4.607
11.800
+7.193
Cipro
0
5.630
+5.630
Provviste di bordo UE
0
6
+6
557.373
987.078
+429.705
Altri Paesi d’Europa
36.728
215.921
+179.193
Africa Settentrionale
28.613
43.624
+15.011
Altri paesi africani
42.877
35.480
-7.397
America Settentrionale
47.549
92.757
+45.208
America Centrale e del Sud
34.330
32.325
-2.005
5.311
78.487
+73.176
TOTALE Unione Europea
Vicino e medio Oriente
Asia Centrale
31.548
26.640
-4.908
Asia Orientale
144.547
103.984
-40.563
2.582
19.652
+17.070
931.456
1.635.947
+704.491
Oceania e altri territori
TOTALE GENERALE
(*) - Dati provvisori
Fonte: ISTAT - banca dati Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
140
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
L’esame delle importazioni per provenienza geografica indica un forte orientamento all’Unione Europea anche negli
acquisti dall’estero. Dalla UE la provincia
acquista il 59,8% delle proprie importazioni,
una percentuale minore di quanto registrato a livello regionale (66,7%). Seguono per
importanza l’Asia Orientale con il 15,5%,
l’America Settentrionale, col 5,1% e gli altri
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Paesi Africani col 4,6%.
Passando a considerare i singoli paesi, è
possibile notare come, anche per quel che
riguarda le importazioni, il maggior partner
commerciale della provincia sia la Germania,
col 13,4%, seguita dalla Cina che negli anni è
divenuto il secondo paese per provenienza
delle importazioni. La quota cinese dell’import provinciale risulta sostanzialmente stabile nel corso dei primi nove mesi del 2009,
passando dal 10,3% al 10,4. Alle spalle della
Cina, la terza posizione è detenuta dai Paesi
Bassi col 9,4% delle importazioni. Giova comunque rammentare che l’ammontare delle importazioni che risultano provenire dai
Paesi Bassi è fortemente influenzato dal cosiddetto “effetto Rotterdam” dovuto al fatto
che molte merci indirizzate ai paesi europei
raggiungono il continente via nave tramite
il porto di Rotterdam e, quindi, in Olanda
possono effettuare le operazioni doganali
per essere poi riesportate verso altri paesi
dell’UE, tra cui l’Italia.
Anche per le importazioni è possibile svolgere l’analisi relativa al contenuto
tecnologico del prodotto importato o del
processo produttivo che ne ha consentito
l’ottenimento. Rispetto alla media regionale, anche quest’anno l’import di prodotti
dell’agricoltura (e materie prime) è superiore in provincia (7,3%) che a livello regionale (5,8%). Possiamo registrare la stessa situazione anche per i prodotti tradizionali e
standard (62,5% in provincia contro il 57,6%
in regione). Per converso, il peso delle importazioni di prodotti specializzati ed high
tech in provincia è pari al 30,2% mentre in
regione raggiunge il 36,6%. La situazione appena delineata differisce da quella registrata
l’anno passato in cui l’incidenza dei prodotti
tradizionali sulle importazioni complessive
era minore in provincia rispetto al livello
medio regionale.
I dati finora utilizzati per l’analisi dell’export
e dell’import della provincia di Forlì-Cesena
possono essere tra loro combinati rendendo possibile l’analisi dei saldi commerciali, che per la provincia di Forlì - Cesena
nei primi nove mesi del 2009 è in attivo per
704.491 migliaia di euro, in calo rispetto allo
stesso periodo del 2008 (quanto era pari a
1.128.306 migliaia di euro). Questo fenomeno è dovuto al fatto che, pur in notevole
diminuzione, le importazioni hanno subi-
C O M M E R C I O
traduce, però, in un andamento uniforme
dei diversi settori aggregati nel comparto.
Le variazioni vanno dal -59,7% del settore
dei metalli e prodotti in metallo (con un
peso pari all’8,5%), al -9,8% del settore degli
apparecchi elettrici (con un peso del 4,5%).
Nessuno dei settori che compongono il
comparto meccanica riporta una variazione
in controtendenza rispetto alla media, cioè,
un aumento delle importazioni.
Altro comparto molto importante per la
realtà provinciale di Forlì-Cesena è l’agroalimentare (prodotti dell’agricoltura e alimentari) che rappresenta una quota notevole
delle importazioni della provincia, pari al
28,5%, ed ha dimostrato una elasticità contenuta nei confronti della crisi economica.
Com’é noto, infatti, il settore viene detto
a-ciclico per la sua limitata dipendenza dalle
diverse fasi del ciclo economico. Nel contesto dell’attuale calo generalizzato delle
importazioni il comparto ha limitato le perdite facendo registrare un -0,3% dei prodotti dell’agricoltura e di un -4,7% dei prodotti delle industrie alimentari. Il peso del
comparto è di tutto rilievo anche a livello
regionale (20,0%), ma trova in provincia di
Forlì-Cesena uno dei suoi punto di maggior
focalizzazione. La peculiarità regionale, ed
ancora di più quella provinciale, può essere
colta con maggiore chiarezza prendendo a
riferimento l’omologo dato a livello nazionale che registra un peso del comparto pari
al 10,9%. Altro settore sul quale è opportuno soffermarsi è quello del “legno e prodotti in legno”, questo alla luce del ruolo che
il settore riveste nell’ambito dell’economia
locale. Il settore ha infatti in provincia un
peso (6,1%) quasi doppio rispetto a quello che possiede a livello regionale (3,8%) e
più che doppio rispetto a quello nazionale
(2,7%). Anche le importazioni di questi prodotti hanno subito una forte contrazioni rispetto a quanto registrato nei primi nove
mesi del 2008, pari al 34,2%.
E S T E R O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
141
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
per il loro ammontare quelli nei confronti delle maggiori economie del continente: Germania (+123.188 migliaia di euro),
Francia (+108.942 migliaia di euro) e Regno
Unito (+66.693 migliaia di euro). Di particolare interesse anche il saldo positivo riportato nei confronti della Grecia che risulta essere il quarto in ordine di grandezza (46.637
migliaia di euro) nonostante le ridotte dimensioni dell’economia del paese. Ciò è
dovuto ad un notevole
sbilanciamento tra import ed export verso
la Grecia pur in assenza di volumi complessivamente molto elevati,
partner commerciale
però che che sta attualmente vivendo una
situazione di grave crisi a seguito dell’elevato
deficit.
C O M M E R C I O
E S T E R O
to una contrazione inferiore a quella a cui
sono andate incontro le esportazioni. Il saldo commerciale è positivo nei confronti di
quasi tutte le aree geo-economiche ad eccezione degli Altri Paesi Africani, dell’America
Centrale e Meridionale, dell’Asia Centrale e
Orientale, per valori, comunque, sostanzialmente contenuti.
Scendendo a livello dei singoli paesi dell’UE è
possibile notare come il saldo commerciale
risulti positivo in tutti
i casi ad eccezione dei
Paesi Bassi (-37.539
migliaia
di
euro),
dell’Ungheria (-6.288
migliaia di euro), della
Slovacchia (-5.404 migliaia di euro) e dell’Irlanda (-1.509 migliaia
di euro) e Finlandia.
Fra i saldi commerciali positivi spiccano
142
I dati delle importazioni, a mano a mano che si passa dal livello nazionale a quello provinciale, perdono di significatività poiché i prodotti commercializzati vengono attribuiti ad un determinato territorio sulla base della documentazione necessaria ai fini doganali.
Mentre per muoversi da uno stato all’altro dell’UE o per attraversare il confine doganale comune è necessario che la merce sia
accompagnata dalla prevista documentazione (Intrastat nel primo caso, DAU nel secondo), per muoversi all’interno del territorio
italiano la merce non deve essere accompagnata da nessuna documentazione rilevante ai fini statistici per il commercio estero.
Di conseguenza, una merce proveniente, ad esempio, da un paese extra UE che sia stata acquistata da un importatore emilianoromagnolo che ne curi le pratiche doganali può, in un secondo momento, essere ceduta ad un cliente di un’altra regione che la
utilizza per il proprio processo produttivo, senza che la cosa venga in alcun modo registrata dalle statistiche sul commercio estero.
Questo fa si che la merce in questione risulti definitivamente registrata come import dell’Emilia-Romagna non essendo possibile
annotare l’uscita verso la regione terza in questione.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
SIMET
Le rappresentazioni grafiche riportate in
questa pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema Integrato di Monitoraggio
dell’Economia e del Territorio - strumento di analisi realizzato dalla Camera di
Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato
dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta
solo di un esempio delle potenzialità di
elaborazione e di analisi attualmente disponibili.
I-631 - Saldo commerciale normalizzato
Rapporto tra il saldo export-import e il totale di import ed export, moltiplicato per 100
Territorio: Emilia-Romagna
Analisi nel periodo 2000-2008
Valore nell’anno 2008: 33,53%
Valore minimo nel periodo: 25,75 % (anno 2003)
Valore massimo nel periodo: 34,94 % (anno 2007)
Valore medio nel periodo: 30,39 %
Analisi nel periodo 2000-2008
Valore nell’anno 2008: 24,55 %
Valore minimo nel periodo: 23,14 % (anno 2007)
Valore massimo nel periodo: 27,41 % (anno 2001)
Valore medio nel periodo: 25,05 %
C O M M E R C I O
E S T E R O
Territorio: Forlì-Cesena
Modalità di lettura dei cruscotti. Il valore dell’indicatore nel 2008, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2008 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione
indica i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
143
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
I-607 - Valore monetario export
Somma dei valori movimentazione di export (euro)
Composizione delle movimentazioni di export per contenuto tecnologico dei prodotti
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2000
Prodotti specializzati
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Prodotti tradizionali in evoluzione
Prodotti standard
Prodotti dell’agricoltura
Prodotti tradizionali
Prodotti High Tech
C O M M E R C I O
E S T E R O
Composizione delle movimentazioni di export per categoria merceologica dei prodotti (divisione CPAteco)
Territorio: Forlì-Cesena
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2000
Periodo di riferimento: 2008
DK 29
AA 01
DC 19
DA 15
DJ 27
DH 25
DB 18
DM 35
DJ 28
DL 31
ALTRO
Composizione delle movimentazioni di export per paese di destinazione
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2000
Germania
144
DN 36
DK 29 (Macchine ed apparecchi meccanici), DN 36 (Mobili e altri prodotti delle industrie manufatturiere n.c.a.), AA 01
(Prodotti dell’agricoltura e della caccia), DC 19 (Cuoio, articoli da viaggio, borse, marocchineria, selleria e calzature), DA
15 (Prodotti alimentari e bevande), DJ 27 (Prodotti della metallurgia), DH 25 (Articoli in gomma e materie plastiche), DB
18 (Articoli di abbigliamento; pellicce), DM 35 (Altri mezzi di trasporto), DJ 28 (Prodotti in metallo, esclusi macchine e
impianti), DL 31 (Macchine ed apparecchi elettrici n.c.a.)
Francia
Stati Uniti d’America
Territorio: Forlì-Cesena
Periodo di riferimento: 2008
Regno Unito
Spagna
Paesi Bassi
Austria
Belgio
Grecia
Russia
Emirati Arabi
Altro
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
T
T
URI SMO
Un insieme
di opportunità, dalla
suggestione
degli antichi
borghi, alle
occasioni di
benessere e
relax offerte da località marittime, termali
o montane,
dalle
tradizioni enogastronomiche alla tipicità delle
produzioni artigianali e artistiche, espressioni di un tessuto sociale composito, è quanto
propone al turista il nostro territorio, ricco di testimonianze del passato e al tempo
stesso proiettato verso la ricerca di soluzioni tecnologicamente avanzate e innovative.
La consapevolezza che la memoria dei luoghi
sia un punto di forza da conservare e tramandare, ha reso possibile il recupero strutturale dei piccoli centri, nella salvaguardia
dei tanti aspetti che li contraddistinguono. A
questo si sono aggiunte le proposte di itinerari, spesso inconsueti, e la realizzazione di
manifestazioni che arricchiscono l’offerta e
soddisfano chi va alla scoperta delle eccellenze, mosso dall’interesse e dalla curiosità.
E’ un intero territorio che “fa sistema” per
potenziare al massimo e in modo complementare le risorse di cui dispone; e in questa
linea si muovono anche le Camere di Commercio di Forlì-Cesena e Ravenna, secondo
un’ottica di collaborazione e con un disegno
strategico di valorizzazione delle singole peculiarità.
Un diverso modo di far turismo si sta affermando già da tempo, non più e solo “il mare”
– da anni la meta preferita dei turisti, sia italiani che stranieri – ma anche le terme con
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
l’ampia gamma di pacchetti dedicati sia alla
cura che al
benessere,
o le foreste
del Parco,
nel crinale a cavallo
tra Toscana
ed Umbria,
o ancora le
città d’arte,
con le mostre, veri e propri “eventi” culturali in grado catalizzare l’attenzione anche al
di fuori dei confini nazionali. Costa ed entroterra insieme per rendere competitiva l’offerta turistica con azioni che vedono a fianco
l’uno dell’altro il pubblico e il privato, nel potenziamento delle infrastrutture finalizzato al
miglioramento dei trasporti, nel contribuire
all’ammodernamento del sistema ricettivo
attraverso la riqualificazione degli esercizi,
nelle proposte promozionali che si sviluppano lungo un arco di tempo più ampio della
solita stagione estiva.
Per ciò che riguarda la struttura ricettiva della provincia, la ricerca di soluzioni migliorative è motivo ricorrente di questi ultimi anni
in cui viene avvertita più forte la necessità di
rispondere alle richieste dei turisti mediante l’adeguamento di locali, impianti ed organizzazione dei servizi. Questo è in linea con
quanto sta avvenendo da anni in tutta la penisola: infatti, secondo l’indagine del Centro
Studi Consodata, società del gruppo Pagine
Gialle, sul territorio nazionale il numero degli alberghi, a 3, 4 e 5 stelle, negli ultimi sei
anni, è cresciuto rispettivamente del +84%,
del 49% e del 14,6%; mentre è calato del
28,3% quello delle strutture a una stella e
del -13,2% quello degli alberghi a 2 stelle.
T U R I S M O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
145
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
L’esigenza di miglioramento è la costante
che si lega all’evoluzione del concetto di vacanza, non più e non solo intesa come svago nelle località di villeggiatura, ma, secondo
una più raffinata cultura del turismo, come
occasione per praticare sport, approfondire
la conoscenza dei luoghi e delle tradizioni,
concedersi pause di relax nei centri benessere o gustare le tipicità enogastronomiche.
Un buon rapporto qualità-prezzo è comunque alla base del consenso riscosso dalle nostre strutture, specialmente in un momento
di crisi generalizzata. Molta attenzione quindi alla formula del “tutto compreso”, senza
però rinunciare alla qualità dei servizi.
La consistenza della struttura ricettiva
rilevata dalla Provincia di Forlì-Cesena nel
2009 nel periodo gennaio-dicembre, appare,
rispetto allo stesso periodo 2008, sostanzialmente stabile. Infatti nel complesso, nel
2009, gli esercizi alberghieri, complementari e privati della provincia di Forlì-Cesena
raggiungono il numero di 2.911 (+1%), con
25.128 camere (-0,9%), 23.032 bagni (+0,8%)
e 76.978 posti letto (-1,8%).
Leggerissima variazione per gli esercizi alberghieri che, comprese le 16 residenze turistico alberghiere, si attestano sui 596 esercizi (-0,2% rispetto al 2008). I più numerosi
sono gli alberghi a tre stelle, in numero di
368 (+0,5%); gli hotel a quattro stelle sono
36 (-2,7%); diminuiscono ancora gli esercizi a due stelle, 128 (-0,8%); come pure in
calo gli alberghi a una stella che diventano
48 (-4%). Il numero totale dei letti, nell’alberghiero, ammonta a 44.942 e quello dei
bagni a 19.957, con un rapporto di 1 bagno
ogni 2,2 letti (leggero calo rispetto ai dati
2008, con percentuale pari, rispettivamente a -0,6% e -1,6%). Non sono presenti in
RICETTIVITA’
Forlì-Cesena - da gennaio a dicembre 2009
Numero
esercizi
Classificazione e tipologia
ESERCIZI
ALBERGHIERI
T U R I S M O
Posti letto
0
0
0
0
4 stelle
36
2.350
2.425
5.331
3 stelle
368
13.052
13.500
31.272
2 stelle
128
2.738
2.847
5.588
1 stelle
48
732
730
1.420
Residenze turistico alberghiere
16
470
455
1.331
596
19.342
19.957
44.942
16
925
348
3.410
0
0
0
0
Campeggi (*)
Villaggi turistici (*)
Campeggi e Villaggi turistici in forma mista (*)
23
2.312
302
10.060
Alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale
198
371
449
1.247
Alloggi agroturistici e country house
106
590
509
1.344
Ostelli per la gioventù
12
247
260
1.118
Case per ferie
53
1.068
986
7.017
Rifugi alpini
3
23
20
157
Altri esercizi
0
0
0
0
Totale
Totale es. alberghieri e es. complementari
ALLOGGI PRIVATI
IN AFFITTO
Bagni
5 stelle
Totale
ESERCIZI
COMPLEMENTARI
Camere
Bed & Breakfast
411
5.536
2.874
24.353
1.007
24.878
22.831
69.295
97
181
148
354
Altri alloggi privati
1.807
69
53
7.329
Totale
1.904
250
201
7.683
2.911
25.128
23.032
76.978
TOTALE GENERALE
(*) Camere = Piazzole; Bagni = WC
Fonte: Ufficio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-Cesena
146
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
provincia strutture alberghiere di categoria
5 stelle.
In sintesi, gli alberghi a qualificazione medioalta (tre e quattro stelle, secondo il monitoraggio effettuato dalla Provincia di Forlì-Cesena), rappresentano il 67,8% degli esercizi
alberghieri, e l’81,4% dei posti letto; mentre
gli alberghi di categoria “basic” (uno e due
stelle), costituiscono il 29,5%, con il 15,6%
dei posti letto.
Sono compresi negli “esercizi complementari” i campeggi, i villaggi turistici, gli alloggi
in affitto gestiti in forma imprenditoriale, gli
agriturismi, gli ostelli, le case per ferie, i rifugi alpini, per un totale di 411 esercizi (+3%
rispetto al 2008) con numero totale di letti
pari a 24.353
(-2,7%).
Pressoché
stabile il numero degli
agriturismi
che da 104
(2008) diventano 106
nel
2009,
con 1.344
letti, contro i 1.348
dell’anno
passato. Invariato
il
numero dei
campeggi:
16; gli ostelli sono 12, i rifugi 3, le case per ferie 53.
I Bed & Breakfast e gli alloggi privati nella
provincia sono 1.904, per un totale di 7.683
posti letto; in particolare i bed & breakfast
sono 97 (+21,3%), con il relativo aumento di
letti che diventano 354 (+14,9%).
I dati desunti dal Registro Imprese, riguardanti la consistenza delle imprese attive,
connesse al turismo (codifica ATECO 2002
ramo H: alberghi, ristoranti e pubblici esercizi) al quarto trimestre 2009 evidenziano una
situazione di stabilità, 2.052 pari al +0,2%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (2.047). Riguardo alla forma giuridica le società di capitale sono aumentate del
10%, quelle di persone e le imprese individuali invece sono diminuite rispettivamente
dello 0,1% e dell’1,8%.
Il settore in Emilia-Romagna conta, alla stessa data, 22.322 imprese attive, lo 0,7% in più
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
rispetto al 2008, (+1,8% in Italia). Sotto il
profilo della forma giuridica, analogamente
a quanto accade nella nostra provincia, crescono maggiormente le società di capitale
(+4,9%), stazionarie le società di persone
(0%), in leggerissima crescita le ditte individuali (+0,2%).
Secondo i dati del Registro Imprese, (codice I
della nuova classificazione ATECO 2007: attività dei servizi di alloggio e di ristorazione),
nel quarto trimestre 2009 il numero delle
persone che ricoprono cariche in imprese
(titolari di ditte individuali o amministratori
di società) in provincia di Forlì-Cesena è pari
a 4.726, di cui il 7% costituito da stranieri
(333). In Emilia-Romagna l’incidenza degli
stranieri è
del 9,6% sul
totale delle cariche
del
comparto (sono
68.155
le
persone con
cariche, di
cui
3.876
stranieri).
Per ciò che
riguarda la
stagione turistica 2009
nella regione EmiliaRomagna,
si può delineare una situazione all’insegna di sostanziale “tenuta”: nei primi nove mesi del 2009,
l’impatto della crisi è apparso meno forte di
quanto ci si potesse attendere in termini di
fluissi di arrivi e presenze; questo evidenzia
il “Rapporto 2009 sull’economia regionale”
di Unioncamere Emilia-Romagna e Regione
Emilia-Romagna, stilato sulla base dei dati
delle singole province e con il contributo di
alcune indagine campionarie condotte dal
Centro Studi Turistici e da Trademark per
conto dell’Osservatorio turistico dell’EmiliaRomagna. Arrivi e presenze si sono mantenuti sugli stessi livelli 2008. “La stabilità
dei pernottamenti è stata determinata dalla
clientela italiana (+1%) a fronte della diminuzione del 3,6% evidenziata dagli stranieri.”
Nei primi nove mesi del 2009 si è registrata
una ripresa della clientela di lingua tedesca,
austriaci e tedeschi infatti hanno evidenziato
T U R I S M O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
147
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
aumenti sia negli arrivi che nelle presenze.
La Francia si è confermata il terzo cliente,
però con una lieve diminuzione degli arrivi.
In decremento i flussi dai paesi scandinavi
e dall’est europeo (russi, polacchi, cechi e
sloveni); flessioni pure nel turismo statunitense e cinese. La diminuzione di presenze
si è verificata soprattutto nelle strutture alberghiere, mentre una maggiore “tenuta” ha
dimostrato l’extralberghiero, forse a causa
dei minori costi.
In sintesi, nel quadrimestre giugno-settembre 2009 il turismo regionale, evidenziando
un mantenimento delle posizioni di mercato,
ha mostrato “un andamento decisamente
migliore rispetto a quanto avvenuto nel Paese. La sostanziale stabilità della zona costiera
ha reso meno amare le flessioni rilevate nelle città d’arte e affari (-8,9%), nell’Appennino
(-3,9%) e nelle Terme (-2,7%). Il trend della concentrazione dei flussi turistici nei fine
settimana si è confermato, con punte decisamente elevate per le zone costiere (41%)
e montane (40%). La sostanziale tenuta della
stagione estiva è da attribuire anche al fa-
vorevole andamento meteorologico e agli
effetti di una serie di investimenti promocommerciali (L’APT Servizi ha attuato una
significativa politica a questo fine) che hanno
aumentato la visibilità della Riviera romagnola sui mezzi di informazione anche stranieri.”
Nel complesso, la stagione turistica 2009
nella nostra provincia ha avuto un andamento significativamente a luci e ombre: arrivi in leggero aumento e presenze in calo:
infatti in totale, da gennaio a dicembre 2009
si sono registrati 1.005.762 arrivi (contro i
993.959 del 2008, pari a +1,2%), e 5.944.135
presenze (6.006.698 del 2008, pari a -1%). E’
stato quindi “sfondato il tetto” del milione di
arrivi, purtroppo con leggera flessione delle
presenze.
Per quanto riguarda i turisti italiani è positiva la percentuale di incremento negli arrivi,
pari, rispetto all’analogo periodo del 2008,
a +2,4%, mentre si può considerare stazionario il dato delle presenze con -0,3%; la
valutazione del movimento degli stranieri
presenta dati di segno negativo: infatti arri-
MOVIMENTO DEI CLIENTI NEL COMPLESSO DEGLI ESERCIZI RICETTIVI DISTINTI PER SETTORE E NAZIONALITA’
Forlì-Cesena - da gennaio a dicembre 2009
ITALIANI
T U R I S M O
arrivi
STRANIERI
presenze
arrivi
2009
var.%
su
2008
2009
var.%
su
2008
PROVINCIA
834.896
+2,4
4.923.212
-0,3
L. MARINE
533.039
+3,5
4.083.353
+0,2
L. TERMALI
TOTALI
presenze
arrivi
presenze
presenza
media
var.%
su
2008
2009
var.%
su
2008
2009
var.%
su
2008
2009
var.%
su
2008
170.866
-4,2
1.020.923
-4,6
1.005.762
+1,2
5.944.135
-1,0
5,9
133.796
-1,4
919.294
-4,3
666.835
+2,5
5.002.647
-0,7
7,5
2009
112.109
-2,7
443.231
-5,6
8.690
+3,9
33.511
+6,7
120.799
-2,2
476.742
-4,8
3,9
L. MONTANE
17.540
-0,0
50.464
-6,7
1.408
-25,3
5.781
-11,9
18.948
-2,5
56.245
-7,3
3,0
L. PARCHI
MONTANI
20.197
-6,1
61.330
-11,8
2.101
-19,7
11.418
-8,3
22.298
-7,6
72.748
-11,3
3,3
C. INTERESSE STORICO ARTISTICO
139.898
+4,1
259.756
+5,4
23.515
-16,7
47.430
-14,4
163.413
+0,5
307.186
+1,8
1,9
L. INTERESSE STORICO ARTISTICO
E L. LIMITROFE
GRANDI CENTRI
12.113
+1,6
25.078
+13,7
1.356
-13,6
3.489
-9,3
13.469
-0,1
28.567
+10,3
2,1
LEGENDA AREE
Località marine: Cesenatico, Gatteo, San Mauro Pascoli, Savignano sul Rubicone
Località termali: Bagno di Romagna, Bertinoro, Castrocaro Terme e Terra del Sole
Località montane: Borghi, Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Meldola, Mercato Saraceno, Modigliana, Predappio, Rocca San Casciano,
Roncofreddo, Sarsina, Sogliano al Rubicone, Verghereto
Località in parchi montani: Portico e San Benedetto, Premilcuore, Santa Sofia, Tredozio
Città di interesse storico artistico: Cesena, Forlì
Località di interesse storico artistico: Forlimpopoli, Longiano, Montiano
Località limitrofe a grandi centri di attrazione turistica: Gambettola
Fonte: Ufficio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
148
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
MOVIMENTO DEI CLIENTI DISTINTI PER SETTORE E TIPOLOGIA RICETTIVA
Forlì-Cesena - da gennaio a dicembre 2009
arrivi
var. % su
2008
presenze
var. % su
2008
presenza
media
ALBERGHIERI
PROVINCIA
822.976
0,6
3.968.993
-0,6
4,8
L. MARINE
547.400
1,6
3.248.147
-0,0
5,9
L. TERMALI
97.384
-2,2
379.651
-4,8
3,9
8.060
-11,3
24.049
-18,0
3,0
L. MONTANE
L. PARCHI MONTANI
4.371
-14,3
15.042
-10,8
3,4
C. INTERESSE STORICO ARTISTICO
155.724
-0,1
280.181
0,2
1,8
L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E
L. LIMITROFE GRANDI CENTRI
10.037
3,1
21.923
14,1
2,2
PROVINCIA
163.873
4,1
1.641.860
-1,8
10,0
L. MARINE
105.651
7,2
1.458.880
-1,9
13,8
L. TERMALI
21.214
-0,8
65.837
0,2
3,1
L. MONTANE
10.044
3,0
30.678
2,0
3,1
L. PARCHI MONTANI
COMPLEMENTARI
17.798
-5,9
56.903
-11,4
3,2
C. INTERESSE STORICO ARTISTICO
6.001
11,9
23.539
23,4
3,9
L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E
L. LIMITROFE GRANDI CENTRI
3.165
-9,6
6.023
-2,6
1,9
PROVINCIA
18.913
3,2
333.282
-2,5
17,6
L. MARINE
13.784
3,4
295.620
-1,3
21,4
L. TERMALI
2.201
-13,7
31.254
-13,7
14,2
844
40,9
1.518
20,2
1,8
ALLOGGI PRIVATI IN AFFITTO
L. MONTANE
L. PARCHI MONTANI
C. INTERESSE STORICO ARTISTICO
L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E
L. LIMITROFE GRANDI CENTRI
129
4,9
803
-13,5
6,2
1.688
14,2
3.466
4,1
2,1
267
6,8
621
19,2
2,3
PROVINCIA
1.005.762
1,2
5.944.135
-1,0
5,9
L. MARINE
666.835
2,5
5.002.647
-0,7
7,5
L. TERMALI
120.799
-2,2
476.742
-4,8
3,9
18.948
-2,5
56.245
-7,3
3,0
L. MONTANE
L. PARCHI MONTANI
22.298
-7,6
72.748
-11,3
3,3
C. INTERESSE STORICO ARTISTICO
163.413
0,5
307.186
1,8
1,9
L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E
L. LIMITROFE GRANDI CENTRI
13.469
-0,1
28.567
10,3
2,1
LEGENDA AREE
Località marine: Cesenatico, Gatteo, San Mauro Pascoli, Savignano sul Rubicone
Località termali: Bagno di Romagna, Bertinoro, Castrocaro Terme e Terra del Sole
Località montane: Borghi, Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Meldola, Mercato Saraceno, Modigliana, Predappio, Rocca
San Casciano, Roncofreddo, Sarsina, Sogliano al Rubicone, Verghereto
Località in parchi montani: Portico e San Benedetto, Premilcuore, Santa Sofia, Tredozio
Città di interesse storico artistico: Cesena, Forlì
Località di interesse storico artistico: Forlimpopoli, Longiano, Montiano
Località limitrofe a grandi centri di attrazione turistica: Gambettola
T U R I S M O
TOTALE
Fonte: Ufficio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
149
T U R I S M O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
150
vi -4,2% e presenze -4,6%. Se consideriamo
le componenti delle presenze turistiche nel
complesso, calcolate in percentuali, notiamo che l’82,8% sul totale generale, proviene
dall’Italia e il 17,2% dai paesi esteri.
L’alberghiero, che raccoglie l’81,8% degli arrivi totali e il 66,8% delle presenze, vede un
incremento dello 0,6% negli arrivi e una flessione di uguale valore (-0,6%) nelle presenze; gli esercizi complementari, che ospitano
il 16,3% degli arrivi e il 27,6% delle presenze,
mostrano incremento del +4,1% negli arrivi e calo dell’1,8% nelle presenze; gli alloggi
privati in affitto comprendono l’1,9% degli
arrivi e il 5,6% degli arrivi e rilevano + 3,2%
di arrivi e -2,5% di presenze rispetto al 2008.
Nettamente
più numerosi
gli arrivi dei
turisti italiani
nelle strutture alberghiere, rispetto a
quelle complementari
(679.864
arrivi
negli alberghi,
137.012 nelle strutture
complementari, e 18.020
negli alloggi
privati), con
percentuali in aumento, riferite allo stesso periodo
dell’anno passato, pari a +1,6% negli alberghi, +6,4% nelle strutture complementari e
+3,4% nelle private. Si registra +0,6% riguardo alle presenze italiane nell’alberghiero,
-1,6% con riferimento alle presenze extralberghiere e -2,3% negli alloggi privati.
Mettendo a confronto le aree si ricava che
gli italiani preferiscono le località marine, con
l’82,9% delle presenze totali nazionali, seguite
dalle località termali con il 9% delle presenze
e dalle città d’arte con il 5,3% delle presenze.
Gli stranieri scelgono, nell’ordine, le località
marine (con il 90% delle presenze straniere),
seguite dalle città d’arte (con il 4,6% delle presenze) e le terme (con il 3,3% delle presenze).
Dai dati relativi ai turisti italiani divisi per
regione, si nota come le presenze più numerose provengano, come è immaginabile,
dall’Emilia-Romagna, con 1.682.144 presen-
ze che costituiscono il 34,2% sul totale delle
presenze italiane; seguono la Lombardia con
il 26,2% e il Piemonte con il 7,1%.
Continua a scendere la curva che disegna
l’andamento del periodo medio di soggiorno
da parte di italiani e stranieri, con un valore
medio che da 6,9 giorni nel 2004, si abbassa
a 5,9 nel 2009. Il valore cambia a seconda
delle località di soggiorno: la durata media in
località marine è pari a 7,5 giorni, in luoghi
termali è uguale a 3,9 giorni, in quelle montane (inclusi i parchi), nel complesso, è di 3,1
giorni, mentre nelle città d’arte è pari a 1,9.
Il comparto marittimo registra all’interno del settore il più alto numero di arrivi
e presenze
(le presenze
corrispondono
quest’anno
all’84,2% di
tutte le presenze turistiche della
provincia),
concentrati
nei
quattro comuni costieri
(Cesenatico, Gatteo,
S.Mauro,
Savignano).
I dati che
emergono dal comparto nell’arco dell’intero anno 2009, rapportato al corrispondente
periodo dell’anno precedente, mostrano un
andamento relativamente stabile: in crescita nel complesso gli arrivi (+2,5%), in lieve
calo le presenze (-0,7%). Continua la flessione del flusso degli stranieri: gli arrivi infatti
sono calati dell’1,4%, mentre le presenze del
-4,3%. Situazione inversa per i turisti italiani,
con gli arrivi a +3,5% e le presenze a +0,2%.
Fra i comuni della costa Cesenatico è quello che registra il più alto movimento con
486.557 arrivi complessivi (+4,6% rispetto
al 2008) e 3.762.586 presenze (+0,3% rispetto al 2008); il dato disaggregato mostra
l’unico segno “meno” riferito alle presenze
della componente straniera, -2,2% rispetto
al 2008. (gli arrivi stranieri invece sono cresciuti del 2,8%) Buona percentuale di arrivi
di italiani, con un +5% rispetto all’anno pasRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
sato.
Situazione in chiaro-scuro a Gatteo, con
117.890 arrivi contro i 114.883 del 2008
(variazione percentuale uguale a +2,6%), ma
flessione delle presenze, da 804.519 passate
a 793.994, con un calo percentuale del -1,3%.
Annata pessima per San Mauro Pascoli che,
rispetto all’anno passato, presenta risultati
negativi sia in termini di arrivi (38.382) che di
presenze (275.023), rispettivamente -16,5%
e -9,8%. Flessione del flusso turistico a Savignano, dove si riscontrano valori pari –2%
negli arrivi e a -1,3% nelle presenze.
Un comparto, quello costiero, che nel complesso ha retto alla crisi, mantenendo un
buon livello di servizi, incrementando le
iniziative destinate ai turisti, attuando una
politica di destagionalizzazione dei soggiorni
attraverso l’organizzazione di eventi sportivi
- molto attesi e partecipati gli appuntamenti
cicloturistici -, culturali o enogastronomici
che raggiungono diverse categorie di persone. La “prossimità” dei luoghi, inoltre, la
convenienza dei prezzi abbinata all’alta gamma di offerte ricettive, nonché la tradizione che lega generazioni di turisti a queste
spiagge, rappresentano altrettanti elementi a
favore di un turismo che, seppure sempre
più all’insegna del “mordi e fuggi”, qui trova
soluzioni adatte ad ogni tipo di esigenza.
Altri fattori favoriscono il territorio: dalla
proposta di nuove formule e nuovi spazi per
il divertimento - basti pensare ai parchi tematici, agli stabilimenti balneari ed alberghi
dotati di attrezzature per garantire un completo relax – ai ricchi calendari-eventi che
comprendono sagre, mercatini, degustazioni, spettacoli, mostre; dalla cura delle aree
nei centri storici alla ricerca di soluzioni per
garantire la tutela ambientale e la sicurezza
in ogni sua forma. Si prospettano nuove sfide riguardanti soprattutto le infrastrutture
(collegamenti viari e aeroportuali con il resto del Paese, parcheggi) e la riqualificazione
di un sistema ricettivo alla ricerca delle soluzioni tecnologicamente più avanzate.
Andamento negativo per il comparto termale nella stagione 2009, infatti gli arrivi
complessivi relativi al periodo gennaio-dicembre 2009 sono diminuiti come pure le
presenze. Nei dodici mesi del 2009, rispetto
allo scorso anno, gli arrivi nel totale evidenziano una flessione del -2,2%, le presenze
del -4,8%; in particolare, e contrariamente
a quanto si è verificato negli altri comparRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ti, gli arrivi e le presenze dei turisti italiani
sono scesi, con percentuali pari a -2,7%, e a
-5,6%. Gli stranieri sono in aumento, con incrementi del +3,9% per gli arrivi, e del +6,7%
per le presenze.
L’esame dei dati delle singole località porta
a considerazioni diverse: nel complesso deludente l’andamento della stagione a Bagno
di Romagna, dove gli arrivi (68.094) sono in
calo del -4,8%, rispetto a gennaio-dicembre
2008; -7,8% per le presenze complessive
(269.771).
Brusca inversione di tendenza, quindi, nell’attività turistica di Bagno, rispetto ai dati molto
positivi del 2008, nonostante le tante iniziative per vivacizzare il centro termale. Particolare rilievo viene dato dalle istituzioni locali,
oltre che alle rinomate acque, al patrimonio
culturale e naturalistico, attraverso le visite
ai palazzi storici locali, dove sono allestite
mostre d’arte, e grazie agli itinerari disegnati
sul territorio, volti alla scoperta delle bellezze, ben salvaguardate, della montagna.
Per quanto riguarda lo stabilimento termale
di Fratta Terme, compreso nel comune di
Bertinoro, attivo già da due anni, il 2009 si
è chiuso con un bilancio positivo: le terme,
che sorgono su un’area di circa 2.000 metri
quadrati, circondate da un ampio parco e in
grado di offrire servizi diversificati per la cura
e il benessere psicofisico, hanno contribuito
notevolmente all’incremento turistico; infatti gli arrivi e le presenze a Bertinoro raggiungono percentuali del +2,6% (arrivi) e+7,6%
(presenze), rispetto al 2008. Positivo anche
il flusso degli stranieri: +12,2% negli arrivi e
+14,5% nelle presenze. A Castrocaro Terme
si è registrato, nel totale, leggero incremento negli arrivi (29.341), pari al +0,2% rispetto allo scorso anno, ma calo nelle presenze
(128.906), -4,8%. In flessione le presenze
italiane, -5,6%, però quelle straniere sono
in aumento: +7,5%. Continua l’impegno di
operatori ed istituzioni per la valorizzazione
di un territorio che può disporre, oltre allo
stabilimento termale con centro benessere
ed ampio parco gratuitamente aperto, di
un centro storico, di una Rocca, di percorsi
naturalistici, di molteplici realtà artigianali,
commerciali e di ristorazione, a disposizione
del turista più esigente.
Annata sotto tono per le località turistiche
dell’Appennino forlivese e cesenate.
Infatti è calata l’affluenza dei turisti nel territorio montano e collinare, da gennaio a
T U R I S M O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
151
T U R I S M O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
152
dicembre 2009, rispetto al corrispondente
periodo 2008. I dati nella loro globalità registrano infatti un -2,5% negli arrivi e un -7,3%
nelle presenze. Calano le presenze degli italiani, -6,7%, e degli stranieri, con percentuale
pari a -11,9%. Fra le località montane con più
spiccata vocazione turistica, Sarsina, Rocca
San Casciano, Modigliana, Predappio, hanno
evidenziato percentuali negative negli arrivi
e nelle presenze; a Verghereto positivi gli arrivi (+1,3%) e negative le presenze (-11,3%).
A Mercato Saraceno -7,4% negli arrivi e
-10,1% nelle presenze; a Civitella aumentano
gli arrivi, +2,9%, ma -15,6% nelle presenze;
a Galeata, percentuali positive, +22,8% negli
arrivi e +57,1% nelle presenze, seppure riferite a valori numerici bassi.
Relativamente ai centri inseriti nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Portico e
San Benedetto, Premilcuore, Santa Sofia e
Tredozio), si osserva un andamento turistico sfavorevole: presentano segno negativo
nel complesso gli arrivi (-7,6%) e le presenze
(-11,3%). Arrivi e presenze di italiani sono in
flessione (rispettivamente -6,1% e -11,8%),
come pure gli arrivi e le presenze degli stranieri (rispettivamente -19,7% e -8,3%). Santa
Sofia, che mostra fra queste località un maggiore flusso turistico, evidenzia percentuali
positive negli arrivi (+2,7%), ma negative nelle presenze (-10,2%). A Portico e San Benedetto si segnalano -21% negli arrivi e -3,9%
nelle presenze; Premilcuore registra -4,2%
negli arrivi ma +13,5% nelle presenze, Tredozio vede un forte calo di arrivi (-50,1%) e
di presenze (-53%).
Il nostro Appennino, su cui si estende la vasta
area verde del Parco Nazionale delle Foreste
Casentinesi, Monte Falterona e Campigna,
rappresenta un’opportunità per il territorio,
concentrando tanti elementi di attrazione
per il turista amante della vita all’aria aperta
e dello sport: una fitta rete di sentieri ben
segnalati, - in previsione il ripristino dell”Alta
via dei parchi”, 450 Km. sulla dorsale appenninica dal passo della Cisa al Santuario della
Verna - indicati in pubblicazioni aggiornate,
sono percorribili sia d’estate che d’inverno,
veri e propri itinerari attrezzati per il trekking, il turismo equestre, la mountain bike,
o piste per sciatori e passeggiate per chi usa
le ciaspole, ma anche mete per il turismo
religioso e culturale (eremi, vecchi borghi
abbandonati, scavi archeologici), e fonte di
notizie e curiosità per gli amanti della natura
con la possibilità di osservare flora e fauna
locali (diga di Ridracoli e “Idro”, l’eco-museo attiguo, giardini botanici). Fra le priorità emergenti rientra l’esigenza di inserire il
ricco programma di iniziative, annualmente
proposto, in un più ampio progetto di promozione dell’area, a livello nazionale, verso
nuovi mercati. Negli ultimi anni i territori
montani hanno attirato un numero crescente di turisti che, pur avendo accorciato il
periodo di permanenza, hanno usufruito in
larga misura delle strutture agrituristiche, in
notevole sviluppo.
Importante nella promozione del territorio,
l’associazione “Strada dei Vini e dei Sapori
dei colli di Forlì e Cesena” che punta sull’incontro tra gastronomia, vini, tradizioni e cultura del territorio per raggiungere il turista
curioso alla ricerca del “sapore” tipico di
questa terra. Itinerari - che si snodano per
287 Km. complessivi - attraverso paesaggi
attraenti sono spesso abbinati ad interessanti iniziative nel campo dell’arte, come le mostre che da alcuni anni sono allestite a Forlì e
a Cesena, utili a mantenere viva l’attenzione
verso aspetti inconsueti dei luoghi.
Per ciò che riguarda il turismo nelle città
d’arte, Forlì e Cesena, oltre alla componente congressuale e d’affari, è in crescita già da
alcuni anni il flusso di visitatori alle mostre
organizzate dalle due città, veri eventi di rilevanza nazionale che promuovono ad ampio
raggio il territorio.
Il trend è in crescita: gli arrivi, nei due centri
principali di Forlì e Cesena, sono aumentati
complessivamente dello 0,5% nell’anno 2009
rispetto al 2008, le presenze del +1,8%. In
aumento gli arrivi e le presenze dei turisti
italiani (rispettivamente +4,1% e +5,4%),
in linea con il trend dell’anno il calo degli
stranieri (arrivi -16,7% e presenze -14,4%).
Più numerosi, in termini assoluti, gli arrivi
(89.546) e le presenze(175.268) nel comune di Forlì, rispetto a quelli di Cesena (arrivi 73.867 e presenze 131.918). Come percentuali di aumento, rispetto al 2008, però
Cesena supera Forlì: arrivi a Forlì, di segno
negativo, -4,4%, a Cesena +7%, presenze a
Forlì -4%, a Cesena +10,5%.
Percorsi cittadini alla scoperta dei tanti luoghi nascosti e interessanti, manifestazioni
che puntano sulle tradizioni gastronomiche,
“pacchetti” che comprendono visite a mostre, accessi alla terme, sconti in ristoranti,
negozi, musei, sono alcune delle iniziative che
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
MOVIMENTO DEI CLIENTI NEGLI ESERCIZI RICETTIVI DISTINTI PER NAZIONALITA’
Provincia di Forlì-Cesena gennaio-dicembre 2009
NAZIONALITA’
Austria
Belgio
Bulgaria
Cipro
Croazia
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Islanda
Lettonia
Lituania
Lussemburgo
Malta
Norvegia
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Romania
Russia
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Svizzera e Liecht.
Turchia
Ucraina
Ungheria
Altri Europei
Canada
U.S.A.
Messico
Venezuela
Brasile
Argentina
Altri America Lat.
Cina
Giappone
Corea del Sud
India
Altri: Asia
Israele
Altri Medio Or.
Egitto
Africa Med.
Sud Africa
Altri Africa
Australia
Nuova Zelanda
Altri Paesi
TOTALE STRANIERI
TOTALE ITALIANI
TOTALE GENERALE
Arrivi
8.971
8.903
410
58
439
1.171
102
196
11.500
36.374
429
370
25
119
183
918
54
563
2.817
20.436
277
2.741
2.047
2.155
4.201
564
598
1.607
1.605
19.012
254
547
885
4.391
508
1.458
145
82
460
178
479
683
460
60
137
260
220
313
154
515
97
369
292
103
1.217
143.112
679.864
822.976
Presenze
57.164
62.497
2.380
124
1.106
6.396
488
544
71.338
255.886
869
1.151
44
423
436
6.755
97
2.624
11.895
65.746
1.194
10.060
11.582
15.908
8.149
2.277
1.474
4.230
7.723
125.512
1.236
2.671
3.410
14.679
1.226
3.882
350
199
1.250
474
1.217
1.283
1.284
164
402
852
372
1.103
808
2.781
471
1.403
880
215
7.195
785.879
3.183.114
3.968.993
ESERCIZI
COMPLEMENTARI E
ALLOGGI PRIVATI
Arrivi
776
982
43
6
56
1.282
18
252
1.291
8.377
68
106
55
15
56
47
5
196
3.932
1.934
50
567
2.255
238
237
104
58
301
661
1.718
32
67
141
515
54
261
9
5
38
25
184
27
50
2
11
284
52
31
21
96
14
38
45
16
50
27.754
155.032
182.786
Presenze
5.082
9.078
651
14
342
12.893
65
1.520
10.367
65.578
308
1.076
770
25
242
364
37
1.589
41.740
14.798
318
3.767
16.583
2.680
1.464
1.108
355
1.623
6.653
12.733
89
973
586
4.306
194
996
47
13
307
112
7.195
138
359
6
38
2.196
172
354
343
1.212
63
611
151
100
660
235.044
1.740.098
1.975.142
TOTALE 2009
Arrivi
9.747
9.885
453
64
495
2.453
120
448
12.791
44.751
497
476
80
134
239
965
59
759
6.749
22.370
327
3.308
4.302
2.393
4.438
668
656
1.908
2.266
20.730
286
614
1.026
4.906
562
1.719
154
87
498
203
663
710
510
62
148
544
272
344
175
611
111
407
337
119
1.267
170.866
834.896
1.005.762
Presenze
62.246
71.575
3.031
138
1.448
19.289
553
2.064
81.705
321.464
1.177
2.227
814
448
678
7.119
134
4.213
53.635
80.544
1.512
13.827
28.165
18.588
9.613
3.385
1.829
5.853
14.376
138.245
1.325
3.644
3.996
18.985
1.420
4.878
397
212
1.557
586
8.412
1.421
1.643
170
440
3.048
544
1.457
1.151
3.993
534
2.014
1.031
315
7.855
1.020.923
4.923.212
5.944.135
Var.% 2009/2008
Arrivi
+4,6
+14,4
-23,4
+190,9
+0,4
-7,8
+14,3
-26,0
-3,2
-3,0
-32,2
-64,2
+95,1
+81,1
-50,6
+2,2
-43,8
-8,9
-2,1
+11,5
-43,7
-42,4
-1,0
-12,4
-28,4
-5,1
-12,3
-27,3
-11,4
+5,6
-3,1
-14,1
-21,3
-11,0
+54,8
-13,6
-24,1
-4,4
+26,1
-31,4
+19,0
-33,6
+12,1
-65,2
-18,2
-28,4
+42,4
-16,3
+41,1
-22,9
-21,3
-22,8
-39,4
+9,2
-35,9
-4,2
+2,4
+1,2
Presenze
-0,2
+7,2
-5,2
+106,0
+30,9
-2,6
+76,1
-26,9
+3,2
-1,9
-32,7
-27,4
+415,2
+165,1
-69,6
-7,1
-46,8
-18,5
-1,9
-24,6
-21,5
-42,2
+37,7
-18,8
-29,8
-25,0
-9,0
-10,9
-7,1
+2,2
+4,3
+47,2
-20,1
-22,6
+47,0
-17,0
-40,3
+14,6
-7,0
-25,5
+111,6
-16,8
+16,3
-76,0
+11,7
-16,6
+27,1
-25,1
+58,5
-17,8
-3,6
-12,2
-52,7
+7,9
-20,0
-4,6
-0,3
-1,0
NOTE: Altri Paesi America Latina: Colombia, Guyana, Ecuador, Cile, Perù, Bolivia, Paraguay, Uruguay, Suriname.
Altri Paesi Medio Oriente: Siria, Irak, Iran, Giordania, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman, Yemen.
T U R I S M O
ESERCIZI
ALBERGHIERI
Africa Mediterranea: Libia, Tunisia, Algeria, Marocco.
Fonte: Ufficio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
153
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
della clientela estera (era il 30,6% nel 2008),
con una durata media del loro soggiorno di
7,2 giorni; tuttavia nella stagione 2009 si è
riscontrato un calo, rispetto ad analogo periodo 2008, delle presenze tedesche pari al
1,9%. E’ cresciuto invece il flusso dei turisti
svizzeri che si collocano al secondo posto,
per numero di presenze, nella graduatoria
del movimento dei clienti nelle strutture ricettive distinti per nazionalità, flusso che ha
registrato un incremento di arrivi (+5,6%) e
di presenze (+2,2%), rispetto al precedente anno. Seguono per numerosità i francesi
con meno arrivi (-3,2%), ma più presenze
(+3,2%). I polacchi sono al quarto posto con
+11,5% di arrivi e -24,6% di presenze. Seguono, ancora, i
Belgi, con
incremento
degli arrivi
(+14,4%) e
delle presenze (+7,2%).
L’Austria registra +4,6%
negli arrivi e
-0,2% nelle
presenze;
calo dei turisti olandesi (-2,1%
negli arrivi e
-1,9% nelle
presenze);
considerevole l’aumento delle presenze dei turisti
provenienti dalla Repubblica Ceca (+37,7%
a fronte di -1% negli arrivi). Danimarca e
Romania, assieme a Svezia e Regno Unito,
evidenziano percentuali negative sia negli arSe si considera la composizione del movi- rivi che nelle presenze. Male anche il turismo
mento turistico straniero risulta in ripre- proveniente dalla Russia con -29,8% per le
sa il flusso dei turisti tedeschi che quest’anno presenze, come pure quello di provenienza
costituiscono, in quanto a presenze, il 31,5% spagnola con presenze in calo del 10,9%.
T U R I S M O
hanno animato la vita locale, alla cui promozione hanno contribuito i Club di prodotto
in collegamento con l’aeroporto, con le locali
associazioni di categoria e gli Enti. Numerosi
eventi si sono susseguiti nel corso dell’anno, sia a Forlì che a Cesena, in particolare la
mostra su Antonio Canova (dal 25 gennaio e
al 21 giugno per un totale di 150.000 visitatori) e quella dedicata alla sua intensa attività
per recuperare le opere d’arte trafugate da
Napoleone, oltre al Festival del cibo da strada, e alla Notte Bianca di Cesena chiamata
anche Notte per la Cultura che coinvolge
biblioteche, teatri e luoghi d’arte della città.
A queste manifestazioni si aggiungono gli avvenimenti sportivi, gli appuntamenti fieristici
e le attività
svolte
da
Casa Artusi,
il centro di
cultura gastronomica
unico in Italia dedicato
alla cucina
domestica;
fra queste
attività la più
rinomata è
senza dubbio la Festa
Artesiana,
che per una
settimana
trasforma
Forlimpopoli in un teatro dove è possibile
gustare buoni piatti, ascoltare musica, assistere a spettacoli, intervenire a dibattiti e
convegni.
154
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
T
T
RASPORTI
Il 2009 è
stato
un
altro anno
difficile per
il settore
dei trasporti, aggravato
anche dalla
recessione
avviata sin
dalla
fine
del 2008 e
non ancora
risolta.
La diminuzione degli scambi con l’estero,
della domanda interna ed estera ha comportato un parallelo calo della domanda di merci
da trasportare. In tale contesto è aumentata
la pressione competitiva sulle
imprese
che devono
far fronte
a pressanti richieste
di sconti e
riduzione
dei
prezzi da parte
dei clienti,
rendendo critico il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dei bilanci
aziendali e riducendo le risorse destinate al
miglioramento degli impianti e al rinnovo del
parco veicolare.
TRASPORTI TERRESTRI DI MERCI E PASSEGGERI
(Compresi quelli ferroviari e mediante condotte - Ateco 2002 - I60)
al 30/9/2009
var % 2009/2008
imprese
unità locali
imprese
unità locali
imprese
unità locali
Piacenza
1.076
1.216
1.045
nd
-2,9%
nd
Parma
1.036
1.227
1.007
nd
-2,8%
nd
Reggio Emilia
1.695
1.900
1.626
nd
-4,1%
nd
Modena
2.403
2.753
2.293
nd
-4,6%
nd
Bologna
4.143
4.563
4.012
nd
-3,2%
nd
Ferrara
1.050
1.166
1.019
nd
-3,0%
nd
Ravenna
1.337
1.450
1.279
nd
-4,3%
nd
Forlì-Cesena
1.641
1.800
1.570
nd
-4,3%
nd
Rimini
1.003
1.107
960
nd
-4,3%
nd
EMILIA-ROMAGNA
15.384
17.182
14.811
nd
-3,7%
nd
ITALIA
142.565
161.042
138.618
nd
-2,8%
nd
T R A S P O R T I
al 30/9/2008
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
NB.: i dati sulle unità locali del 2009 sono disponibili ma non confrontabili con quelli del 2008 per il cambio di classificazione
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
155
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Dal lato dei costi, se da una parte il prezzo
del gasolio per autotrazione è sceso rispetto ai massimi raggiunti a maggio-giugno 2008
(ma il prezzo da marzo ha ripreso a salire),
dal 1° maggio 2009 sono aumentati significativamente i pedaggi autostradali come si
evince dal seguente prospetto.
Variazioni dei pedaggi autostradali
dal 1° maggio 2009
Autostrade per l’Italia
+2,48%
Milano-Serravalle
+2,61%
Centro Padane
+1,59%
Brescia-Padova
+1,61%
Venezia-Padova
+1,57%
Autocisa
+0,66%
Autobrennero
+0,51%
Raccordo autostradale
Valle d’Aosta
+0,73%
Torino-Savona
+1,83%
Autofiori
+2,90%
Raccordo Gran San Bernardo
+2,71%
Sitaf (Frejus)
+4,57%
Tangenziale di Napoli
+6,63%
Salt (Autostrada ligure-toscana) +4,55%
Sat (Tirrenica)
+5,14%
Asti-Cuneo
+9,30%
Satap (Torino-Milano)
+19,46%
Torino-Piacenza
+12,63%
T R A S P O R T I
Fonte: Anas
156
Secondo le principali organizzazioni di rappresentanza del settore i trasporti nazionali
a carico completo hanno registrato, nei primi sei mesi del 2009, una flessione di oltre
il 25%, sia in termini numerici che di fatturato.
La riduzione dei volumi nell’ambito dei traffici internazionali, nel corso del primo semestre 2009, è ben documentata anche dalla
netta riduzione dei transiti di mezzi pesanti
lungo i principali valichi alpini; infatti, secondo l’AISCAT, nel periodo gennaio-giugno
2009 si è rilevato: Frejus -21,0%, Traforo del
Monte Bianco -11,9%, Gran San Bernardo
-16,3%, Brennero -20,0%.
I trasporti corrieristici, pur mostrando
anch’essi un segno negativo, hanno risentito
in misura minore della crisi. In effetti la riduzione dei volumi e la tendenza a ridurre al
minimo le scorte lungo le filiere, ordinando
il venduto, hanno favorito in parte il ricorso
al corriere e al collettamista.
Le spedizioni internazionali registrano una
flessione in tutte le modalità: -21% aereo,
-28% ferrovia, -22% mare, -25% su gomma.
Anche a livello di aree geografiche si rileva
un’uniforme riduzione delle spedizioni, con
punte massime verso l’Asia (-27%), il Giappone (-26%) e l’Europa dell’Est (-25%). Valori meno negativi hanno caratterizzato le
relazioni con l’Unione Europea e l’Africa.
Tutti i principali porti italiani, ad eccezione
di Taranto, hanno visto ridursi il numero di
container (espresso in Teu): Genova -11,7%,
Trieste -15,8%, La Spezia -21,1%, Livorno
-27,9%.
Il traffico aereo si è ridotto nel complesso
del 31,5%, con punte del -34,4% a Malpensa, del -26,5% a Orio al Serio e del -18% a
Fiumicino.
L’IRU (International Road Transport Union)
nello scorso settembre ha svolto un’indagine presso le Associazioni aderenti di 74
Paesi sulla situazione del settore nel primo
semestre 2009, rispetto all’analogo periodo
dell’anno precedente.
Il carattere globale della crisi economica, ma
anche il peso dei Paesi ad economia matura
nel contesto generale, nonché la segnalazione del valore minimo e di quello massimo dei
parametri esaminati, inducono a considerare con attenzione i risultati forniti dall’IRU,
che possono essere così riassunti:
a) il rendimento economico del trasporto
interno in ton/km è diminuito in un intervallo che va dal 10% al 20%;
b) il rendimento economico del trasporto
internazionale in ton/km è diminuito dal
20% al 30%;
c) il fatturato del trasporto interno si è ridotto dal 10% al 20%;
d) il fatturato del trasporto internazionale si
è ridotto dal 20% al 30%;
e) le tariffe del trasporto sono diminuite di
oltre il 10%;
f) il numero di autisti impiegati è diminuito
di oltre il 10%;
g) l’immatricolazione di nuovi camion si è ridotta almeno del 30%;
h) il numero di fallimenti è aumentato almeno del 20%;
Inoltre, sempre dalla stessa fonte, non si
prevede che il settore possa riprendere il
suo tasso normale di crescita (+1,5% annuo)
prima del 2011.
Secondo i dati del Registro delle Imprese,
la consistenza del settore del trasporto su
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
strada di persone e merci (esclusi quelli ferroviari e mediante condotte) a livello
provinciale, costituito prevalentemente da
piccole e piccolissime imprese che operano
singolarmente o associate in cooperative, a
fine settembre 2009, è risultata pari a 1.570
imprese attive.
Rispetto al 30/9/2008, i dati continuano a
segnalare un forte ridimensionamento delle
imprese del settore. Infatti, il numero complessivo di queste risulta pari a 1.641 determinando, quindi, una variazione negativa
del 4,3%. Tale diminuzione registrata per la
provincia di Forlì-Cesena è tra le più marcate fra tutte le province dell’Emilia Romagna:
solamente Modena presenta una variazione
più negativa (-4,6%). La provincia di Parma,
invece, è quella che mostra la performance
migliore all’interno del contesto regionale, seppur presentando un diminuzione del
-2,8%. Il dato medio riscontrato per l’EmiliaRomagna (-3,7%) denota una performance
peggiore di ciò che si registra a livello nazio-
nale (-2,8%). Osservando un arco di tempo
sufficientemente ampio che parte da settembre 2000, si nota che le imprese sono diminuite complessivamente del 15,2%; il dato é
di poco inferiore a quello regionale (-16%) e
superiore a quello nazionale (-11,2%).
Per quanto riguarda la struttura del settore
dei trasporti di merci su strada va rilevato
che gli addetti medi per impresa sono risultati pari a 2,4 in provincia a fronte della
media di 3,2 registrata nel complesso dei
comparti.
Come si evince dalla relativa tabella, tale indicatore, con riferimento alla nostra provincia, è tra i più bassi rilevati nelle province
della regione. La frammentazione del settore in unità di piccole dimensioni è attestata
su dati meno elevati di quanto emerso a livello regionale e ancor più a livello nazionale, ad eccezione di alcune province emiliane.
Piacenza e Parma, infatti, presentano valori
decisamente superiori.
Si conferma dunque la prevalenza di imprese
TRASPORTI TERRESTRI
(Ateco H.49.3 e H.49.4)
TOTALE ATTIVITÀ
Addetti
per
impresa
nei trasporti
Addetti
per
impresa
totali
Addetti nei
trasporti
ogni 100
addetti
totali
Imprese nei
trasporti
ogni 100
imprese
totali
imprese
addetti
imprese
addetti (*)
Piacenza
1.037
8.106
28.974
88.159
7,8
3,0
9,2
3,6
Parma
1.003
5.167
43.416
159.392
5,2
3,7
3,2
2,3
Reggio Emilia
1.621
5.538
53.011
204.996
3,4
3,9
2,7
3,1
Modena
2.290
6.773
68.668
258.847
3,0
3,8
2,6
3,3
Bologna
3.992
11.311
88.256
360.160
2,8
4,1
3,1
4,5
Ferrara
1.020
2.232
34.920
95.600
2,2
2,7
2,3
2,9
Ravenna
1.274
3.847
38.189
125.837
3,0
3,3
3,1
3,3
Forlì-Cesena
1.559
3.796
40.781
129.755
2,4
3,2
2,9
3,8
957
2.265
33.792
106.731
2,4
3,2
2,1
2,8
14.753
49.035
430.007
1.529.477
3,3
3,6
3,2
3,4
137.521
468.150
5.297.780
17.685.643
3,4
3,3
2,6
2,6
Rimini
EMILIA-ROMAGNA
ITALIA
NB.: I dati della presente tabella, elaborati con l’ateco 2007, non sono confrontabili con i dati della tabella precedente (elaborati con l’ateco 2002)
(*) Il dato degli addetti del totale attività della provincia di Bologna è riferito al 30.9.2008 in quanto il dato del 30.9.2009 è in
attesa di essere verificato
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
T R A S P O R T I
TRASPORTI TERRESTRI DI MERCI E PASSEGGERI AL 30/9/2009
(Esclusi quelli ferroviari e mediante condotte - Ateco 2007)
157
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
T R A S P O R T I
di piccole dimensioni, i cosiddetti “padroncini”, caratteristica che si evidenzia anche
dall’incidenza delle imprese artigiane sul totale delle imprese dei trasporti: infatti a fine
settembre 2009 il settore dei trasporti terrestri presenta in provincia di Forlì-Cesena
una percentuale di imprese artigiane attive
sul totale pari al 91,4%, a fronte della media
emiliano-romagnola dell’89,3% e nazionale
del 74,4%.
Il settore dei trasporti di merci e passeggeri
a fine settembre 2009 rappresenta il 3,8%
del totale delle imprese, rapporto lievemente inferiore a quello del 2008. In ambito regionale solo la provincia di Bologna ha
evidenziato un’incidenza più elevata, pari al
4,5%; a livello nazionale tale rapporto si attesta sul 2,6%.
La percentuale scende se si effettua il confronto in termini di addetti alle imprese; in
questo caso si ha una percentuale del 2,9%.
Spicca nel panorama regionale il dato di Piacenza che presenta un rapporto di 9,2% di
addetti nei trasporti sul totale degli addetti.
Le restanti province assumono valori che
vanno da 2,1% a 3,2%.
Il traffico autostradale, secondo i dati forniti dalla Società Autostrade, è relativo ai
tre caselli presenti: Forlì, Cesena e Cesena
Nord.
Relativamente ai primi nove mesi del 2009,
il traffico è così distribuito: nel casello di
Forlì è transitato il 36,3% dell’intero traffico
provinciale, su quello di Cesena il 24,8% e
su quello di Cesena Nord il 38,9%. Rispetto allo scorso anno è lievemente aumentata
l’incidenza del casello di Cesena Nord mentre è diminuito quello forlivese e di Cesena.
L’importanza del casello di Cesena Nord va
crescendo nel tempo: infatti nel 1996 tran-
sitava il 29,6% dell’intero traffico provinciale, inoltre su questo casello è concentrata
quasi la metà del traffico pesante provinciale (il 48,3%); questa incidenza è aumentata
ulteriormente rispetto ai primi 9 mesi del
2008. Ovviamente gran parte del traffico è
da imputare al collegamento con la superstrada E45 e ai raccordi con la città di Ravenna, con la sua struttura portuale e con la
statale Romea.
Per quanto riguarda la distinzione dei veicoli questi vengono classificati in “pesanti”
e “leggeri”: i primi rappresentano il traffico
merci o quello di grossi vettori quali i pullman, mentre i secondi sono relativi al traffico delle autovetture o dei piccoli vettori.
Il traffico complessivo dei tre caselli nei primi nove mesi del 2009, è apparso invece in
lieve riduzione (-0,9%) rispetto allo stesso
periodo del 2008. Infatti il traffico medio
giornaliero è stato complessivamente di
53.439 veicoli, rispetto ai 53.947 del periodo precedente.
Osservando i dati dei singoli caselli, quello di
Cesena Nord presenta un lievissimo aumento (+0,2%), mentre si registrano diminuzioni
per quello di Forlì (-1,9%) e quello di Cesena
(-1,3%). Considerando un periodo più lungo
e confrontando anni interi (dal 1996 al 2008)
si conferma la vivacità del casello di Cesena
Nord (+113,2%). Nello stesso arco di tempo
la variazione per Cesena è stata del +23,6%
e per Forlì del +57,4%. Fra i 53.439 veicoli
transitati in media giornalmente in provincia,
il 76,2% è costituito da veicoli leggeri e il
23,8% da veicoli pesanti. La lieve riduzione
dell’ultimo periodo (-0,9%), è da attribuire
al traffico pesante (-7,9%), mentre quello
leggero (+1,5%) è in aumento; nel periodo
1996-2008 il traffico di veicoli pesanti è però
MOVIMENTO DI VEICOLI NEI CASELLI AUTOSTRADALI
Transiti giornalieri medi - Provincia di Forlì-Cesena
VEICOLI ENTRATI E USCITI
Leggeri
Pesanti
TOTALE
anno 1996
24.600
7.730
32.330
anno 2008
39.173
13.609
52.782
gen 2008-set 2008
40.105
13.842
53.947
gen 2009-set 2009
40.697
12.742
53.439
var 2009-2008
1,5%
-7,9%
-0,9%
var 2008-1996
59,2%
76,1%
63,3%
Fonte: Società Autostrade Spa
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
158
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
cresciuto del 76,1%, mentre quello dei veicoli leggeri è aumentato del 59,2% con variazione, nel complesso, del 63,3%.
Per quanto riguarda i trasporti aerei va
rilevato che la compagine azionaria della
società che gestisce l’aeroporto Ridolfi di
Forlì, la SEAF S.p.A., dal 31/1/2009 è composta principalmente dal Comune di Forlì,
dalla Regione Emilia-Romagna, dall’Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena e dalla
Camera di Commercio di Forlì-Cesena.
Secondo i dati elaborati dall’Associazione
Italiana Gestori Aeroporti con sede in
Roma, l’aeroporto di
Forlì ha movimentato
nel 2009 lo 0,4% del
totale dei passeggeri
del traffico commerciale nazionale (poco
più di 130 milioni di
viaggiatori) e l’8,8% di
quello dei quattro aeroporti della Regione
(5.931.570):
Parma,
Bologna, Forlì e Rimini.
Gli aeroporti della Regione hanno movimentato nel 2009 il 4,6%
del traffico commerciale nazionale. I collegamenti di linea interni
da Forlì sono attivi con
le città di Catania, Palermo e Cagliari. Il volo
per Roma, pur avendo
tariffe molto scontate,
è stato annullato.
I collegamenti verso i
Paesi dell’Unione Europea comprendono:
Germania (Berlino); Francia (Parigi), Inghilterra (Londra), Cecoslovacchia (Praga), Romania (Bucarest, Cluj) e Polonia (Katowice,
Varsavia, Wroclaw). Fra i paesi extra-UE i
collegamenti sono con Ucraina (Ivano-Frankovsk, Kiev), Russia (Mosca), Albania (Tirana) ed Egitto (Sharm El Sheikh).
Seaf e Wind Jet (che ha base operativa anche
all’Aeroporto di Forlì) hanno ufficialmente concordato nuove destinazioni e “conferme” (cioè voli attivi già nel 2009) per la
prossima stagione estiva. I voli prenderanno
il via il prossimo 27 marzo e termineranno
il 28 ottobre con le seguenti destinazioni: Londra (Gatwick), Amsterdam, Berlino,
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Parigi, Bruxelles, Praga, Mosca, San Pietroburgo, Bucarest, Samara, Catania, Palermo,
Zante, Olbia.
Dalla fine di dicembre è attivo un volo settimanale su Nis (località turistica invernale
e culturale della Serbia, che dette i natali
all’imperatore Costantino), la cui frequenza
verrà raddoppiata nella stagione estiva. Si
tratta del primo collegamento in assoluto fra
Italia e Serbia. In estate, poi, è prevista anche
una rotta su Cefalonia, confermata quella di
Riga e aggiunta quella di Tallin (Estonia).
Per quanto riguarda
il traffico del 2009, va
sottolineato che l’abbandono dello scalo
forlivese da parte della
compagnia Rayan Air si
è tradotto in una diminuzione del numero di
velivoli e di passeggeri, anche se sono stati
fatti accordi con altre
compagnie che si sono
perfezionati nel corso
dell’anno.
Nel corso del 2009, da
gennaio a dicembre,
sono stati movimentati,
con voli di linea e charter, 521.244 passeggeri
rispetto ai 770.856 del
2008, con una diminuzione del 32,4%.
La diminuzione dei passeggeri è da attribuirsi
in prima battuta ai voli
charter (-44,7%), e secondariamente ai voli
di linea (-31,8%) che rappresentano il 96,4%
del totale dei passeggeri movimentati.
Analizzando i dati per nazionalità, la diminuzione maggiore si è riscontrata per i voli internazionali all’interno dell’Unione Europea
(-62%), mentre i voli extra UE sono diminuiti
del 16%; in aumento, invece, i voli nazionali,
del +12,2%. Va sottolineato che i voli interni alla UE hanno movimentato, nel 2009, il
31,3% dei passeggeri, rispetto al 55,8% del
2008, mentre per quelli nazionali i due valori sono stati, rispettivamente, il 54,8 e il
33,1%.
Per quanto riguarda il futuro dell’aeroporto
di Forlì le linee di sviluppo nel medio-lungo periodo, secondo le indicazioni del Piano
T R A S P O R T I
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
159
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Industriale di SEAF, la società che gestisce
l’aeroporto Ridolfi, saranno le seguenti:
a) consolidamento e sviluppo tendenziale del
traffico low cost al servizio del Turismo delle
Province romagnole in direzione soprattutto della de-stagionalizzazione (migliore utilizzo delle strutture ricettive): l’obiettivo è
di arrivare ad 1.300.000 passeggeri nel 2012
rispetto ai 523.000 passeggeri riscontrati nel
2009 e agli 800.000 previsti per il 2010;
b) cessione del 60% delle azioni di SEAF, entro il 30/9/2010, a socio privato da ricercarsi
con procedura ad evidenza pubblica (a fine
2009 è pervenuto il nulla osta da parte del
Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture sulle modalità e le caratteristiche della
privatizzazione);
c) la privatizzazione punterà a promuovere
3 nuove linee di attività (formazione piloti
di grandi aeromobili, manutenzione velivoli
e attività cargo) in grado di garantire l’equilibrio del bilancio entro il 2013; parallelamente alla privatizzazione SEAF conta di ottenere la gestione totale dell’Aeroporto entro il
31/3/2010;
d) coinvolgimento sempre maggiore del territorio romagnolo attraverso un piano di
marketing territoriale coordinato dalle Camere di Commercio di Forlì-Cesena e Ravenna;
e) sviluppo di ricavi non aviation (negozi ed
attività economiche varie) favorito da nuovi investimenti connessi sia all’ottenimento
della concessione totale sia alla creazione di
una nuova area per servizi aeroportuali.
T R A S P O R T I
MOVIMENTO COMMERCIALE NELL’AEROPORTO DI FORLI’ (a)
gennaio - dicembre
160
Aeromobili
Passeggeri (b)
var.%
2009/2008
2008
2009
Linea
5.722
5.424
-5,2
Charter
376
261
-30,6
Totale
6.098
5.685
-6,8
Linea
736.790
502.390
-31,8
Charter
34.066
18.854
-44,7
Totale
770.856
521.244
-32,4
Fonte: S.e.a.f.
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
(a) Escluso l’aviazione generale.
(b) Escluso i passeggeri transitati direttamente:
1.011 nell’anno 2004, 3.009 nell’anno 2005, 2.229 nel 2006,
1.639 nel 2007, 6.752 nel 2008 e 1.504 nel 2009
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
C
C
REDITO
Il
finanziamento
dell’economia. La
più grave crisi economica dal dopoguerra
innescata dall’insolvenza dei mutui ad alto
rischio statunitensi ha
interessato anche il
sistema bancario italiano, anche se in misura
molto meno accentuata rispetto ad altri paesi: Stati Uniti d’America e Regno Unito in
particolare. Secondo
uno studio di Mediobanca R&S sui piani
governativi di stabilizzazione finanziaria delle banche, in Europa
l’esposizione netta complessiva dei governi
a fine 2009 ammontava a 1.028 miliardi di
euro, a fronte dei 1.968 miliardi di dollari
erogati negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno
ampiamente superato l’Europa per quanto
concerne il numero degli istituti destinatari
degli interventi: 838 contro 66 a fine 2009.
Gli interventi si sono per lo più esplicati in
garanzie pubbliche sugli attivi o sui passivi e,
in qualche caso, in iniezioni di capitale. Nel
corso del 2009 i governi inglese e tedesco
sono stati quelli più impegnati sul fronte della
stabilizzazione finanziaria rispettivamente
con 711 miliardi e 171
miliardi di euro, seguiti dall’Olanda che ha
impegnato 62 miliardi
di euro. In Italia gli interventi sono risultati
relativamente limitati, con un ammontare
di 4,1 miliardi di euro
pari allo 0,4% del totale. I cosiddetti Tremonti Bond sono stati
erogati ad appena quattro istituti bancari e
nessuno di essi aveva la sede amministrativa
in Emilia-Romagna.
L’acuirsi delle difficoltà finanziarie di famiglie
e imprese ha causato una rapida espansione
degli accantonamenti ai fondi rischi su crediti, oltre al deterioramento della qualità dei
portafogli prestiti. Questa situazione ha indotto le banche ad una particolare cautela
Per localizzazione della clientela (1)
Prestiti “vivi”
Milioni
FORLI’-CESENA
EMILIA-ROMAGNA
ITALIA
Var %
14.451
3,7
149.314
0,2
1.503.454
-0,6
C R E D I T O
Prestiti “vivi” per localizzazione della clientela (valori in milioni di euro)
e tassi di variazione sui dodici mesi precedenti al 30/11/2009
(1) Banche. Nella clientela sono escluse le Istituzioni finanziarie e monetarie.
Fonte: Bankitalia.
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
161
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
nell’erogazione dei crediti e a una maggiore
richiesta di garanzie, soprattutto nei confronti delle imprese di più piccole dimensioni.
Nell’ambito dell’economia forlivese sono
emersi segnali di rallentamento nella concessione dei prestiti, anche se in misura più
contenuta rispetto a quanto avvenuto in
Emilia-Romagna. Occorre tuttavia sottolineare, per una migliore comprensione dei dati,
che dal mese di dicembre 2008 le statistiche
del credito della provincia di Forlì-Cesena
non comprendono più la clientela residente
nella Repubblica di San Marino, cosa questa
che ha pesato soprattutto, come vedremo
in seguito, sulla consistenza dei depositi.
dici mesi). In Emilia-Romagna è stata registrata una crescita assai moderata, rispetto
a novembre 2008, pari allo 0,2%, inferiore
al trend del 2,4%. Nel Paese è stata invece
rilevata una diminuzione tendenziale dello
0,6%, in contro tendenza rispetto al trend
di +1,4%. L’aumento percentuale dei prestiti
“vivi” bancari forlivesi è risultato, nonostante il rallentamento palesato nei confronti
dell’evoluzione degli undici mesi precedenti, il più elevato delle province emilianoromagnole, assieme a Ravenna, precedendo
Bologna (+2,8%) e Piacenza (+1,8%). Nelle
restanti province sono stati registrati andamenti negativi, in un arco compreso tra il
-0,8% di Modena e il -4,8% di Parma.
Se analizziamo l’evoluzione dei prestiti “vivi”
sotto l’aspetto settoriale, possiamo notare
che la fase di decelerazione è stata essenzialmente determinata dal gruppo delle imprese,
che è costituito dalle società non finanziarie
e dalle famiglie produttrici. Si tratta in pratica del variegato mondo della produzione di
beni e servizi destinabili alla vendita che, a fine
novembre 2009, ha significato quasi il 70%
delle somme prestate dalle banche forlivesi.
E’ da dicembre 2008 che la crescita tendenziale dei prestiti erogati alle imprese appare
Secondo i dati elaborati dalla Banca d’Italia,
a fine novembre 2009, i prestiti “vivi” che
corrispondono ai finanziamenti erogati
alla clientela residente (non sono comprese le istituzioni monetarie e finanziarie) al
netto delle sofferenze e dei pronti contro
termine, sono tendenzialmente aumentati
del 3,7%, con un rallentamento prossimo ai
due punti percentuali rispetto al trend degli
undici mesi precedenti (l’indisponibilità dei
dati 2007 non consente di abbracciare i doIMPIEGHI PER ABITANTE AL 31 DICEMBRE 2008
Valori in euro
41.869
C R E D I T O
CESENA
FORLÌ
CESENATICO
39.130
32.966
30.934
TOTALE PROVINCIALE
SAVIGNANO SUL RUBICONE
GATTEO
SAN MAURO PASCOLI
GAMBETTOLA
FORLIMPOPOLI
LONGIANO
SANTA SOFIA
BAGNO DI ROMAGNA
PREDAPPIO
MELDOLA
MERCATO SARACENO
BERTINORO
SARSINA
CASTROCARO T. E TERRA DEL SOLE
MODIGLIANA
RONCOFREDDO
VERGHERETO
29.214
28.106
26.688
26.685
21.839
17.232
16.735
16.466
14.558
13.873
13.733
12.319
10.310
10.065
8.767
6.221
5.103
0
10.000
20.000
30.000
40.000
50.000
Fonte: Banca d’Italia e Istat.
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
162
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
in rallentamento. Dall’aumento tendenziale
del 12,2% riscontrato in quel mese si è gradatamente passati al +6,3% di giugno per poi
approdare al +3,8% di novembre 2009, vale
a dire tre punti percentuali in meno rispetto
all’evoluzione media degli undici mesi precedenti. La crisi economica, con conseguente
avvitamento del ciclo produttivo, è alla base
di questo andamento, ma come accennato
in apertura di capitolo, è anche da considerare la maggiore attenzione esercitata dalle
banche nell’erogare prestiti. Per quanto in
rallentamento, la provincia di Forlì-Cesena
ha tuttavia evidenziato una maggiore tenuta
rispetto al resto delle province emiliano-romagnole, se si considera che solo Ravenna e
Piacenza hanno registrato aumenti, per altro
più contenuti, pari rispettivamente al 3,2 e
0,2%. Nelle altre province sono state rilevate diminuzioni, in un arco compreso tra il
-1,3% di Bologna e il -4,6% di Ferrara. Sulla
base di questi andamenti si può ipotizzare
che il sistema bancario forlivese e cesenate sia stato più attento alle esigenze delle
imprese, cosa questa che potrebbe derivare
dalla forte diffusione di banche di prevalente respiro locale, quali gli istituti di credito
cooperativo, e quindi più vicine alle esigenze
di imprese che operano nello stesso territorio.
Secondo un’indagine dell’Istituto Guglielmo
Tagliacarne, oltre un quinto delle imprese
intervistate ha dichiarato di avere rapporti
continuativi con istituti bancari appartenenti
al mondo cooperativo, in misura largamente
superiore alla percentuale del 13,3% relativa
a tutto il territorio regionale. Un’altra causa può essere rappresentata dalla struttura
economica della provincia di Forlì-Cesena,
dove è ancora importante il ruolo delle attività agricole, soprattutto collegate alla filiera
agroalimentare, sia in termini di imprese che
in termini di occupati. A ciò si associa un livello di industrializzazione inferiore a quello medio regionale (se si escludono alcuni
settori strategici quali ad esempio la metalmeccanica) e ad una dinamica favorevole del
processo di terziarizzazione dell’economia.
Proprio la presenza di un’importante filiera
agroalimentare ha permesso l’implementazione di una solida rete relazionale tra mondo imprenditoriale e sistema bancario, che
è da considerarsi un indubbio vantaggio in
termini di leva allo sviluppo locale.
Se analizziamo l’andamento provinciale dei
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
prestiti “vivi” per i grandi rami di attività – in
questo caso i dati si riferiscono a settembre
2009 – si può notare che il rallentamento
più vistoso ha riguardato le imprese edili, il
cui incremento tendenziale si è attestato al
2,7%, a fronte del trend del 7,0% registrato
nei nove mesi precedenti (non è possibile
analizzare i dodici mesi a causa dell’indisponibilità dei dati 2007). Anche in questo caso,
la provincia di Forlì-Cesena ha tuttavia evidenziato l’aumento regionale più sostenuto
precedendo Rimini (+2,1%) e Parma (+2,0%).
L’industria manifatturiera, alla quale è stato
destinato più di un quinto dei prestiti “vivi”,
ha registrato un incremento tendenziale del
6,5%, che si è confrontato con un trend del
9,7%. Il rallentamento è stato superiore ai tre
punti percentuali, ma ancora una volta resta
un tasso di variazione che si è distinto dagli
andamenti negativi riscontrati sia in regione
(-5,1%) che in Italia (-6,0%). Più segnatamente nessuna provincia dell’Emilia-Romagna ha
registrato incrementi dei prestiti all’industria
manifatturiera, con cali che hanno oscillato
tra il -10,9% di Rimini e il -4,1% di Modena. Se si considera che questi andamenti
sono maturati in una situazione di crisi profonda oltre che generalizzata, si ripropone
il discorso della maggiore attenzione che il
sistema bancario che opera a livello locale
ha riservato alla propria clientela in termini
di disponibilità di credito, dimostrando che
nei momenti particolarmente avversi gioca
un ruolo fondamentale il legame tra banca e
territorio.
Il settore dei servizi non si è sottratto alla
fase di generale rallentamento dei prestiti,
facendo registrare nei confronti del trend,
prossimo al 6%, una diminuzione del tasso di
crescita superiore ai due punti percentuali.
Anche in questo caso la provincia ha mostrato un andamento più intonato rispetto a
quanto avvenuto in Emilia-Romagna (+0,3%)
e Italia (+0,5%). Tra le province della regione
si è collocata al secondo posto come tasso di crescita (+3,4%), alle spalle di Ravenna
(+4,9%), precedendo Modena (+1,0%). Nelle
rimanenti province le variazioni hanno oscillato tra la stazionarietà di Rimini e il -3,6%
di Ferrara.
Per quanto concerne la dimensione delle imprese – i dati sono sempre riferiti alla
situazione di settembre 2009 – il rallentamento più vistoso dei prestiti “vivi” ha riguardato quelle con almeno venti addetti, il
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
163
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
164
cui incremento tendenziale, pari al 4,3%, si è
praticamente dimezzato rispetto al trend dei
nove mesi precedenti. Le piccole imprese
con meno di venti addetti sono apparse più
“impermeabili” alla fase di rallentamento, in
virtù di una crescita tendenziale che si è avvicinata al trend: +2,4% contro +3,9%. Questo
andamento di sostanziale tenuta risalta ancora di più se confrontato con quanto avvenuto in Emilia-Romagna. Forlì-Cesena è stata
la sola provincia ad accrescere i prestiti alle
piccole imprese, a fronte di generalizzati cali,
compresi tra lo 0,3% di Rimini e il -6,6% di
Ferrara.
L’erogazione del credito da parte delle banche in provincia non ha quindi penalizzato
eccessivamente
la
piccola impresa, che
di solito è
più debole
contrattualmente rispetto alle
imprese più
strutturate. A tale
proposito
va sottolineato che
in provincia
di Forlì-Cesena circa
il 56% degli
impieghi bancari è detenuto da banche la cui
dimensione è definita “piccola” e “minore”,
vale a dire con fondi medi intermediati compresi fra 1,3 e 9 miliardi di euro. In regione
si ha una percentuale corrispondente pari al
34,3%, che nel Paese scende al 31,7%.
Per quanto riguarda i prestiti “vivi” erogati alle famiglie consumatrici e assimilabili,
ovvero istituzioni sociali private e soggetti
non classificabili, la situazione rilevata a novembre 2009 dalla Banca d’Italia è stata caratterizzata da un aumento tendenziale del
2,8%, superiore al trend dell’1,5% relativo
agli undici mesi precedenti. La crisi economica, unitamente ad una maggiore attenzione nel concedere prestiti, non ha provocato
rallentamenti, come invece avvenuto per le
imprese. In ambito emiliano-romagnolo, segnato da una crescita tendenziale del 2,5%,
anch’essa superiore al trend dell’1,0%, sono
state quattro le province che hanno evidenziato un tasso di crescita più sostenuto di
quello di Forlì-Cesena, in un arco compreso
tra il +3,4% di Ravenna e il +6,5% di Rimini.
Per quanto concerne i finanziamenti oltre
il breve termine, occorre sottolineare che
da dicembre 2008 ne è stato modificato il
concetto, riducendo il limite oltre un anno
anziché diciotto mesi. Diventa pertanto problematico ogni confronto di medio e lungo
periodo.
In questo caso ci si limita ad osservare che
l’evoluzione del 2009, almeno fino a settembre (ultimo dato disponibile), è apparsa moderatamente positiva. Alla sostanziale stabilità registrata a marzo 2009, rispetto alla
situazione
di dicembre
2008, sono
subentrati gli
incrementi
congiunturali di giugno (+0,8%)
e settembre
(+1,9%). Se
confrontiamo
la
situazione
di quest’ultimo mese
con quella
di dicembre
2008 si ha
un aumento
del 2,6%, appena inferiore a quello riscontrato in regione (+3,3%), ma superiore rispetto all’evoluzione nazionale (+1,7%). Se
analizziamo più dettagliatamente l’evoluzione del 2009, è da sottolineare la crescita del
6,5%, riscontrata tra giugno e settembre, relativa ai finanziamenti destinati all’acquisto di
macchine, attrezzature, mezzi di trasporto
e prodotti vari, che è apparsa più ampia di
quella registrata in Emilia-Romagna (+5,4%)
e Italia (+4,1%). Resta da chiedersi se questo recupero sia stato un segnale di ritrovata fiducia delle imprese verso la ripresa,
oppure la conseguenza dei finanziamenti
destinati alla ricostituzione del circolante.
Sempre in tema di investimenti effettuati dal
mondo della produzione di beni e servizi destinabili alla vendita, emerge una situazione
di segno negativo relativa ai finanziamenti
destinati all’agricoltura. Le difficoltà vissute
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
dal settore primario, penalizzato dai diffusi
cali dei prezzi alla produzione e da consumi
alimentari stagnanti, non hanno contribuito
certamente a creare un clima disteso, influenzandone gli investimenti. Nel corso dei
primi nove mesi del 2009 è stata registrata
una serie di decrementi congiunturali, dovuti per lo più alla scarsa intonazione della
voce più importante, quale la costruzione di
fabbricati non residenziali rurali, la cui consistenza di finanziamenti, pari a circa il 62% del
totale, è scesa a settembre del 7,0%, rispetto
alla situazione di fine 2008, conformemente
a quanto avvenuto in regione (-7,7%) e Italia
(-3,6%).
Nell’ambito dei mutui destinati alle famiglie
per l’acquisto dell’abitazione è emersa una
situazione di sostanziale stabilità. La diminuzione congiunturale dell’1,7% registrata a
settembre ha raffreddato il trend dei finanziamenti, riducendo la crescita rispetto a dicembre 2008 a un modesto +0,8%, a fonte
degli aumenti del 2,9 e 5,8% registrati rispettivamente in Emilia-Romagna e Italia.
La frenata dei consumi dovuta alla crisi ha influenzato i finanziamenti concessi dalle banche alle famiglie per l’acquisto di beni durevoli. A tale proposito le rilevazioni condotte
da Prometeia-Findomestic hanno registrato
in provincia di Forlì-Cesena una generalizzata
diminuzione della spesa destinata all’acquisto
di auto, sia nuove che usate, elettrodomestici e mobili. A fine settembre la consistenza
dei finanziamenti bancari è scesa del 18,4%
rispetto a dicembre 2008, in regione (-9,0%),
mentre in Italia è stata registrata una sostanziale stazionarietà. Nessun’altra provincia
dell’Emilia-Romagna ha registrato un calo
più elevato, in un arco compreso tra il -2,9%
di Ferrara e il -15,0% di Piacenza. In estrema sintesi la clientela forlivese-cesenate, in
un momento economicamente difficile, ha
evidenziato un andamento decisamente più
cauto rispetto ad altre realtà regionali e non,
quanto meno sotto l’aspetto del ricorso al
sistema bancario.
Se rapportiamo il credito bancario destinato
all’acquisto di beni durevoli alla popolazione
residente a inizio anno, la provincia di ForlìCesena ha registrato a fine settembre 2009
un importo pro capite relativamente contenuto, pari a circa 218,14 euro, a fronte della media regionale di 274,70 e nazionale di
356,08. In Emilia-Romagna solo una provincia ha evidenziato un indebitamento inferioRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
re a quello forlivese, vale a dire Rimini, con
195,71 euro per abitante. La provincia più
esposta della regione è risultata Reggio Emilia, con un importo per abitante di 315,71
euro, seguita da Modena con 313,14 euro. In
ambito nazionale, la provincia di Forlì-Cesena è risultata tra le province meno indebitate, vale a dire 101° su centosette province.
Il rapporto per abitante più contenuto è stato rilevato a Carbonia-Iglesias (152,93 euro
per abitante), quello più elevato a Sassari
(1.345,86 euro).
Un ulteriore aspetto degli impieghi bancari
riguarda la classificazione per gruppi dimensionali di banche. I dati, raccolti da Bankitalia, sono disponibili dal quarto trimestre del
2008. Le banche sono suddivise a seconda
della consistenza dei fondi medi intermediati. Quelle “maggiori” sono definite tali in
quanto amministrano fondi intermediati superiori ai 60 miliardi di euro; quelle “grandi”
rientrano nella fascia compresa tra 26 e 60
miliardi di euro; le “medie” si collocano tra i
9 e 26 miliardi di euro; le “piccole” stanno
fra 1,3 e 9 miliardi. Chiudono la classificazione le banche “minori”, i cui fondi intermediati sono inferiori a 1,3 miliardi di euro.
Fatta questa premessa, la situazione riferita
a settembre 2009 è stata caratterizzata dalla
vivacità espressa dalle banche di più ridotte
dimensioni economiche. Rispetto a dicembre 2008 le banche “piccole” e “minori”,
che in provincia di Forlì-Cesena, come visto
precedentemente, incidono maggiormente
rispetto alla media sia regionale che nazionale, hanno accresciuto i propri impieghi rispettivamente dell’1,5 e 6,3%, a fronte della
crescita media dello 0,5%. Nelle rimanenti
dimensioni, gli impieghi sono invece diminuiti, in un arco compreso tra il -0,7% delle banche “grandi” e il -5,2% di quelle “maggiori”.
In pratica, sono stati gli istituti più piccoli a
sostenere l’offerta di credito, in un momento certamente tra i più difficili per l’economia forlivese-cesenate, e non solo.
In relazione al rapporto impieghi per abitante, secondo le statistiche più recenti di Bankitalia nei comuni con un congruo numero
di sportelli bancari a fine 2008, è stato nuovamente il comune di Cesena ad occupare la
prima posizione in ambito provinciale, con
un rapporto pro capite di 41.869 euro, equivalente alla decima posizione della graduatoria regionale (undicesima nel 2007). Seguono
Forlì, con 39.130 euro (16° in regione) e la
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
165
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
166
località turistica di Cesenatico con 32.966
euro (28° in regione). Tutti gli altri comuni
hanno evidenziato valori inferiori alla media
provinciale di 30.934 euro, in un arco compreso tra i 29.214 euro di Savignano sul Rubicone e i 5.103 di Verghereto.
In relazione all’evoluzione dei crediti di firma, a settembre 2009 sono ammontati in
provincia di Forlì-Cesena a quasi 1 miliardo
e 200 milioni di euro, a fronte di 14 miliardi
e 712 milioni di euro di impieghi. Con questa
tipologia di crediti la banca s’impegna ad assumere o garantire un’obbligazione del cliente
tramite avalli, fideiussioni e accettazioni. Le
ragioni che spingono un cliente a richiedere
un’apertura per credito di firma possono essere diverse: evitare esborsi di denaro per
effettuare depositi cauzionali, agevolare la
conclusione di scambi commerciali, in particolare con i mercati esteri. Altre motivazioni possono essere rappresentate dalla
necessità di garantire le proprie obbligazioni
per partecipare a gare e appalti o di ottenere
a condizioni migliori un credito per cassa. Il
rallentamento del ciclo economico e il conseguente aumento della rischiosità insita in
tali operazioni (la banca può essere chiamata
ad adempiere l’obbligazione del cliente o a
trasformare il credito di firma in un credito
per cassa, nel caso d’insolvenza dell’affidato)
è senz’altro alla base della flessione tendenziale del 7,5% riscontrata a settembre, che
si è aggiunta al calo del 4,8% registrato a
giugno. Per trovare un’altra diminuzione occorre risalire all’estate del 2004 (-2,7%). In
Emilia-Romagna solo la provincia di Parma
ha accresciuto i crediti di firma (+5,2%). In
tutte le altre province le diminuzioni hanno
oscillato tra -0,9% di Ravenna e -10,1% di
Piacenza.
Per quanto concerne le previsioni sull’evoluzione del credito, Prometeia nel rapporto dello scorso gennaio ritiene che nel
2010 il miglioramento del quadro congiunturale dovrebbe portare a una graduale ripresa
del credito all’economia nazionale, in particolare quello a breve termine alle imprese.
A fine 2010 si stima un aumento del 4,4%,
a fronte del calo dello 0,8% previsto per il
2009. Relativamente al settore delle famiglie, continuerebbero a pesare la perdurante
incertezza sulle prospettive occupazionali
e reddituali, a causa del massiccio utilizzo
degli ammortizzatori sociali, cassa integrazione guadagni in primis. Secondo l’istituto
di ricerche econometriche, si dovrebbe registrare una crescita del 5,6% a fine 2010,
equivalente a un flusso annuale di 28 miliardi
di euro, leggermente inferiore all’incremento del 5,8% relativo al 2009. Come avvenuto
nell’anno passato, anche nei prossimi anni
le modalità di contabilizzazione delle cartolarizzazioni potrebbero alterare la dinamica
effettiva della domanda di impieghi da parte delle famiglie che risulterà governata da
due impulsi di segno opposto. Da un lato,
sottolinea Prometeia, la ripresa ciclica ne favorirà la crescita, dall’altro l’incremento dei
tassi d’interesse e condizioni meno rischiose
sui mercati finanziari favoriranno l’allocazione del risparmio delle famiglie verso attività
finanziarie, sottraendo fondi al mercato immobiliare.
La qualità del credito. La qualità del credito in provincia ha risentito anch’essa del
momento di profonda crisi economica, anche se in termini relativamente meno evidenti rispetto a quanto riscontrato in regione e in Italia.
Secondo i dati della Banca d’Italia, aggiornati a novembre 2009, le sofferenze bancarie
sono cresciute del 25,1% rispetto alla situazione dello stesso mese dell’anno precedente, in netta contro tendenza rispetto al trend
decrescente riscontrato mediamente negli
undici mesi precedenti (-2,3%). Più segnatamente, le sofferenze sono apparse in costante diminuzione tra dicembre 2008 e giugno
2009, per poi aumentare gradatamente dal
mese successivo fino a culminare nell’aumento a due cifre di novembre. Più grave è
stato l’andamento regionale che, a novembre, è stato caratterizzato da un incremento
tendenziale del 44,6%, che ha consolidato la
tendenza espansiva in atto dal mese di aprile. Nei confronti del trend degli undici mesi
precedenti si è verificato un appesantimento
prossimo ai quaranta punti percentuali. Nel
Paese la crescita tendenziale dello scorso
novembre è risultata ancora più sostenuta
(+46,6%), con un peggioramento nei confronti del trend di poco inferiore ai quarantuno punti percentuali. Se spostiamo l’analisi
alle altre province dell’Emilia-Romagna troviamo situazioni generalmente più negative, in qualche caso piuttosto accentuate, di
quella forlivese-cesenate. Solo la provincia di
Parma ha registrato un incremento più contenuto, pari al 21,6%, mentre Ferrara ha eviRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
denziato lo stesso incremento di Forlì-Cesena. Nelle rimanenti province gli aumenti
sono stati compresi tra il +34,4% di Piacenza
e il +96,1% di Reggio Emilia.
Il rapporto sofferenze/prestiti totali bancari
si è attestato a novembre 2009 al 2,59%, in
leggero peggioramento rispetto al trend del
2,32% registrato nei dodici mesi precedenti.
In Emilia-Romagna il corrispondente rapporto si è attestato al 3,16% (2,61% il trend), in
Italia al 3,64% (3,01% il trend). La provincia di
Forlì-Cesena ha pertanto evidenziato, e non
è una novità, una rischiosità dei prestiti abbastanza contenuta. Tra dicembre 2007 e novembre 2009 il rapporto sofferenze/impieghi
si è mantenuto costantemente sotto la soglia
del 3%. In regione, solo due province, vale a
dire Bologna e Ravenna, hanno evidenziato
una situazione meglio intonata di quella di
Forlì-Cesena, con un rapporto sofferenze/
prestiti totali pari rispettivamente al 2,56 e
2,06%. La situazione relativamente più difficile è stata nuovamente registrata a Ferrara
(6,88%). In ambito nazionale Forlì-Cesena si
è collocata nel gruppo delle province più virtuose, occupando la nona posizione, preceduta, oltre che da Ravenna e Bologna, anche
da Livorno, Sondrio, Trento, Siena, Milano
e Trieste, che è la provincia che ha vantato il migliore rapporto sofferenze/prestiti
(1,34%). La situazione più negativa ha riguardato la provincia di Carbonia-Iglesias, con un
rapporto pari al 14,16%. La buona qualità del
credito forlivese-cesenate trae origine della
peculiarità del sistema produttivo.
In ambito settoriale, gli incrementi dei crediti in sofferenza delle famiglie consumatrici
e assimilabili e delle imprese, che comprendono le società non finanziarie e le famiglie
produttrici, si sono sostanzialmente equivalsi: +25,9% le prime; +24,9% le seconde.
Di ben altro tenore sono apparsi gli incrementi tendenziali della regione e del Paese. Per l’Emilia-Romagna famiglie e imprese
hanno accusato rispettivamente aumenti
tendenziali del 48,7 e 43,6%, che in Italia si
attestano a +43,4 e +48,1%.
Rispetto al trend degli undici mesi precedenti, il gruppo delle imprese forlivesi ha evidenziato un forte cambiamento di rotta, se si
considera che le sofferenze erano diminuite
mediamente dello 0,8%. Un analogo andamento ha riguardato le famiglie consumatrici,
il cui incremento del 25,9% si è confrontato
con un trend in calo del 7,0%.
Il rapporto sofferenze/prestiti totali delle imprese si è attestato al 2,88%, a fronte
del trend del 2,57% riscontrato nei dodici
mesi precedenti. Un analogo andamento ha
riguardato le famiglie, il cui rapporto è salito
Percentuale delle sofferenze sui prestiti totali. Periodo dicembre 2007 - novembre 2009.
3,50
3,00
2,50
1,50
1,00
dic-07
apr
ago
Forlì-Cesena
dic-08
apr
Emilia - Romagna
ago
C R E D I T O
2,00
Fonte: Banca d’Italia
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
167
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
al 2,95%, in peggioramento rispetto al trend
del 2,65%.
Questi segnali negativi, comunque più attenuati, come visto, rispetto a quanto avvenuto in Emilia-Romagna e Italia, sono stati
confermati dall’evoluzione delle sofferenze
rettificate. Questo indicatore rapporta i flussi in un trimestre ai prestiti riferiti ai dodici
mesi che terminano nel periodo indicato,
che nel nostro caso, è riferito al trimestre
luglio-settembre 2009. In questo periodo le
sofferenze rettificate sono arrivate ad incidere per lo 0,83%, superando leggermente il trend dei nove mesi precedenti, pari
allo 0,77%. Al di là del peggioramento della
decadenza dei crediti, la provincia di ForlìCesena ha confermato anche sotto questo
aspetto di beneficiare di una migliore qualità
del credito rispetto alle altre province della regione, che hanno tutte registrato incidenze superiori all’1%, in un arco compreso
tra l’1,27% di Ravenna e il 4,21% di Reggio
Emilia. Se spostiamo il confronto all’ambito nazionale, la provincia di Forlì-Cesena si
colloca ai vertici della graduatoria, superata soltanto da Trieste e Sondrio, entrambe
con una percentuale dello 0,82%. Le situazioni più problematiche sono state rilevate
nelle province di Isernia (19,25%), Ancona
(4,57%) e Crotone (4,55%).
Se analizziamo l’andamento delle sofferenze rettificate per grandi settori, si può notare che sono state le imprese a registrare l’incidenza più elevata (0,96%), rispetto
alla percentuale dello 0,82% delle famiglie.
In entrambi i casi si è verificato un leggero
peggioramento nei confronti del trend dei
dodici mesi precedenti in linea con quanto
avvenuto in Emilia-Romagna e Italia. Il rela-
tivo maggiore deterioramento del credito
delle imprese rilevato nel terzo trimestre,
trova una sua spiegazione nel difficile momento vissuto dall’economia a causa della
peggiore crisi economica del dopoguerra.
Nonostante ciò, Forlì-Cesena ha evidenziato l’indice più contenuto della regione, precedendo Ravenna (1,56%), Parma (1,63%)
e Piacenza (1,73%). Ultima, Reggio Emilia,
con una percentuale piuttosto pronunciata,
pari al 5,69%. Se proiettiamo la situazione
di Forlì-Cesena in ambito nazionale, si ha la
terza migliore posizione, alle spalle di Sondrio (0,89%) e Lodi (0,76%). In estrema sintesi, la crisi economica ha avuto effetti decisamente meno ampi rispetto ad altre realtà
del Paese. Le situazioni più critiche a carico
delle imprese hanno riguardato ancora una
volta Isernia (28,10%), seguita da Ancona
(7,26%) e Crotone (6,46%). Per quanto riguarda le sofferenze rettificate delle famiglie,
Forlì-Cesena ha nuovamente mostrato una
delle incidenze più contenute dell’Emilia-Romagna, occupando la seconda posizione alle
spalle di Ravenna (0,79%), davanti a Parma
(0,85%), Bologna (1,03%) e Piacenza (1,17%).
Ultima, Reggio Emilia, con una quota pari
all’1,54%. In ambito nazionale, Forlì-Cesena
si è trovata a ridosso delle prime posizioni
occupando l’undicesima posizione. La prima
posizione è spettata a Trieste con un tasso
di decadimento pari allo 0,60%. All’estremo
si trovano le province di Crotone (2,38%) e
Napoli (2,26%). Anche in questo caso occorre annotare che le famiglie forlivesi hanno
evidenziato una maggiore “resistenza” alla
crisi, dimostrando una solvibilità maggiore
rispetto ad altre realtà del Paese, che potrebbe dipendere dalla buona liquidità delle
Sofferenze per localizzazione della clientela al 30/11/2009
Enti segnalanti: BANCHE
C R E D I T O
Sofferenze(1)
168
Milioni
FORLI’-CESENA
EMILIA-ROMAGNA
ITALIA
Di cui: imprese (1)
Var % (2)
Milioni
% Sofferenze
Var % (2)
/ prestiti totali
385
25,1
298
24,9
2,59
4.879
44,6
3.909
43,6
3,16
57.985
46,6
44.940
48,1
3,64
(1) Comprendono la totalità dei rapporti per cassa in essere con soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente
equiparabili, a prescindere dalle garanzie che li assistono, al lordo delle svalutazioni operate per previsioni di perdita. Eventuali
differenze tra i dati di fonte “Segnalazioni di vigilanza” e quelli di fonte “Centrale dei rischi” possono essere ricondotte a marginali differenze di carattere normativo esistenti nei criteri di rilevazione dei due sistemi informativi.
(2) Variazione a 12 mesi.
Fonte: Bankitalia.
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
famiglie. A tale proposito va sottolineato che
in termini di depositi bancari è stato registrato un valore medio per famiglia di 29.558
euro (24.211 euro la media nazionale), che
ha consentito alla provincia di Forlì-Cesena
di occupare l’undicesima posizione in ambito
nazionale, su 107 province.
L’indisponibilità di dati provinciali relativi ad
altri crediti a rischio, i cosiddetti “finanziamenti deteriorati”, non consente di approfondire il discorso sulla qualità del credito.
I dati regionali hanno tuttavia registrato una
recrudescenza di queste poste. Secondo
i dati aggiornati allo scorso settembre, le
partite incagliate che riguardano esposizioni verso affidati in temporanea situazione di
obiettiva difficoltà, prevedibilmente superabile in un congruo periodo di tempo, sono
cresciute del 69,1% rispetto alla situazione di
dicembre 2008, con un picco del 92,6% relativo al gruppo delle “società e quasi società
non finanziarie”. Nell’ambito delle esposizioni scadute o sconfinanti da più di 90 giorni,
l’incremento relativo alla totalità della clientela emiliano-romagnola è stato del 90,3% e
anche in questo caso sono state le “società
e quasi società non finanziarie” a evidenziare
la crescita più sostenuta (+116,2%).
Le condizioni del credito. In una fase congiunturale caratterizzata dalla crisi globale,
sia finanziaria che reale, l’indagine condotta
dalla Banca d’Italia presso le principali banche regionali, che hanno rappresentato poco
meno della metà dei prestiti alle imprese, ha
evidenziato relativamente al primo semestre
2009 un calo della domanda rispetto al semestre precedente e un ulteriore, sebbene
moderato, irrigidimento delle condizioni di
offerta praticate dalle banche. La diminuzione della domanda è apparsa più accentuata
per le imprese manifatturiere ed edili. A
questo ha contribuito il sensibile calo degli
investimenti, solo in parte compensato solo
in parte dalle maggiori richieste di credito
connesse al finanziamento del circolante e la
ristrutturazione del debito. Dal lato dell’offerta, le banche emiliano-romagnole hanno
operato una moderata restrizione dei criteri per l’erogazione dei prestiti alle imprese,
legata anche al deterioramento della qualità
del credito. L’inasprimento si è concentrato
sui finanziamenti concessi alle imprese edili
e si è manifestato per lo più attraverso un
incremento degli spread, specie sui prestiti
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
più rischiosi, e richieste di maggiori garanzie.
In base al sondaggio condotto dalla Banca
d’Italia su un campione di unità produttive
operanti in regione, il 40% delle imprese
dell’industria in senso stretto e dei servizi e
quasi il 60% di quelle edili hanno registrato
un inasprimento delle condizioni di accesso al credito, principalmente attraverso un
peggioramento delle condizioni di costo e
di garanzia sui nuovi finanziamenti e, per le
imprese delle costruzioni, anche con un incremento dei tassi di interesse sui prestiti
concessi in precedenza. Le richieste di rientro, anche parziale, dalle posizioni debitorie
già in essere avrebbero riguardato il 7% delle imprese dell’industria in senso stretto e
dei servizi, e il 14% nel comparto edile, in
sostanziale linea con quanto rilevato nel Paese. Secondo le attese delle banche, nella seconda parte del 2009 la domanda di credito
si sarebbe dovuta stabilizzare sostenuta da
quella delle imprese manifatturiere. Anche le
politiche creditizie sarebbero dovute risultare più distese, tranne per il settore delle
costruzioni verso il quale si sarebbe dovuto
mantenere un atteggiamento più cauto.
Se analizziamo lo scenario nazionale offerto dall’indagine sul credito bancario (BLS)
che Eurosistema effettua dal gennaio 2003
nell’area dell’euro, possiamo notare gli effetti della crisi sui criteri applicati per l’approvazione di prestiti e l’apertura di linee di credito a favore delle imprese. Il relativo indice
di diffusione ha cominciato a dare qualche
segno di appesantimento (il valore appare
positivo) a partire da aprile 2008, quando ancora la crisi non si era manifestata nella sua
pienezza, per peggiorare gradatamente fino
a gennaio 2009, toccando il valore record di
0,50. Dal trimestre successivo la situazione
di irrigidimento è andata attenuandosi fino a
scendere, in ottobre, al valore di 0,06, prossimo alla stabilità. Si è registrato in sostanza
un miglioramento che sembra accompagnare aspettative orientate ad una certa ripresa
dell’economia. Questa affermazione sembra
confermata dalle previsioni a breve termine
effettuate dalle banche italiane, che hanno
previsto negli ultimi tre mesi del 2009 un ulteriore allentamento dei criteri applicati per
l’approvazione di prestiti e l’apertura di linee
di credito a favore delle imprese, con indici
che dovrebbero tornare negativi, sia pure
moderatamente.
Nella realtà forlivese-cesenate, l’Osservato-
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
169
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
170
rio 2009 sul credito predisposto dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne, sulla base di una
rilevazione effettuata però in gennaio 2009,
ha registrato un certo deterioramento del
rapporto banca-impresa, anche se in misura meno accentuata rispetto al resto della
regione. Ad un 13,0% di imprese che ha giudicato in miglioramento la quantità di credito disponibile negli ultimi tre anni (11,2% in
regione) si è contrapposto un 17,6% che l’ha
considerata in peggioramento, a fronte della
media regionale del 24,6%. Il saldo è risultato
pertanto negativo per
oltre quattro punti percentuali, in misura tuttavia inferiore a quanto
registrato nelle altre
province dell’EmiliaRomagna, dove i saldi
sono oscillati tra i -5,6
punti percentuali di Rimini e i -25,6 di Ferrara. Un’analoga situazione emerge in termini di
durata temporale del
credito. La provincia
di Forlì-Cesena continua a registrare un
peggioramento delle
condizioni, con un saldo negativo di 3,1 punti percentuali, ma ben
al di sotto della media
regionale (-11,9). L’appesantimento dei costi
d’istruttoria c’è stato,
ma il relativo saldo
(-8,3 punti percentuali)
si è discostato anch’esso significativamente dalla media emilianoromagnola (-17,6%). Nelle altre province
emiliano-romagnole i saldi negativi sono stati
compresi tra -9,4 punti percentuali di Ravenna e -26,0 di Parma.
In questo scenario “restrittivo”, il sistema
bancario forlivese, come osservato precedentemente, ha rallentato il trend di prestiti
“vivi”, pur differenziandosi positivamente dal
resto della regione. Lo scenario di rallentamento è emerso anche in termini di accordato operativo totale dei finanziamenti
per cassa concessi alla clientela residente in
provincia, aggregato questo che corrisponde
all’ammontare del credito direttamente utilizzabile dal cliente. A settembre 2009 è sta-
to rilevato un aumento tendenziale del 2,5%
(+4,2% in regione), che è apparso al di sotto
del trend dei dodici mesi precedenti di oltre
due punti percentuale (-0,9 punti percentuali
in regione). La crescita dell’ “utilizzato”– corrisponde all’ammontare del credito effettivamente erogato alla clientela – è risultata più
vivace rispetto all’evoluzione delle somme
accordate, attestandosi al 5,6%, anch’essa
in attenuazione rispetto al trend dei dodici
mesi precedenti (+9,1%). La percentuale di
“utilizzato” sull’ “accordato” si è attestata al
71,4%, superando leggermente il trend del
70,8% dei dodici mesi
precedenti. In EmiliaRomagna
l’aumento
dell’ “utilizzato” è risultato più contenuto
(+1,3%), oltre che inferiore alla crescita delle
somme accordate, pari
al 4,2%. La percentuale
di utilizzo sull’accordato è risultata del 68,0%,
inferiore di oltre tre
punti percentuali a
quella della provincia.
Se spostiamo il campo
di osservazione al credito a breve termine,
che è quello maggiormente utilizzato dalle
imprese e che appare,
almeno teoricamente,
più sensibile alle oscillazioni del ciclo economico, emerge una
situazione di segno opposto. A settembre 2009 l’accordato operativo a breve termine (fino a un anno e non più
con limite a 18 mesi) rilevato nella provincia
di Forlì-Cesena è diminuito del 4,5% rispetto
alla situazione di marzo, in misura tuttavia
più contenuta rispetto a quanto avvenuto
in regione (-7,0%) e Italia (-8,5%). Nelle altre province emiliano-romagnole sono state
registrate diminuzioni superiori, in un arco
compreso tra il -5,6% di Piacenza e il -10,5%
di Ferrara. I corrispondenti finanziamenti a breve termine utilizzati sono diminuiti
anch’essi e in misura ancora più sostenuta
rispetto alle somme accordate (-8,1%), ma in
misura più contenuta rispetto a quanto avvenuto in Emilia-Romagna (-11,7%).
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
lità del credito.
I depositi bancari. I depositi costituiscono
uno dei principali aspetti della raccolta bancaria. Le statistiche messe a disposizione dalla Banca d’Italia comprendono sotto questa
voce i depositi con durata prestabilita, a vista,
overnight e rimborsabili con preavviso, oltre
a buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti, pronti contro termine passivi e,
a partire da dicembre 2008, anche gli assegni
circolari. Occorre inoltre tenere presente
che nello stesso mese Bankitalia non ha più
compreso, tra la clientela forlivese-cesenate,
i residenti nella Repubblica di San Marino.
Questa modifica ha avuto effetti tutt’altro
che trascurabili
sulle somme
imputate a
Forlì-Cesena, che hanno subito un
calo piuttosto pronunciato,
tra
novembre
e dicembre
2008, pari
al 20,8%, a
fronte della
crescita regionale dello
0,9%.
A fine novembre 2009 le somme depositate nella
totalità delle banche dai clienti residenti in
provincia di Forlì-Cesena sono ammontate a circa 6 miliardi e 839 milioni di euro,
con una crescita del 5,4% rispetto al mese
di dicembre 2008. Si tratta di un incremento
decisamente apprezzabile, che è apparso più
ampio rispetto a quanto riscontrato sia in
Emilia-Romagna (+1,4%) che Italia (+2,3%).
In regione solo due province, vale a dire Ferrara e Rimini, hanno evidenziato una crescita
dei depositi più sostenuta di quella forlivese,
pari rispettivamente a +6,1 e + 16,6%. Non
sono mancate le diminuzioni come nel caso
di Bologna (-0,2%) e Reggio Emilia (-8,8%). Il
gruppo più importante, ovvero quello delle
famiglie “consumatrici” e assimilabili (70%
delle somme depositate) ha registrato, in
novembre, un aumento del 7,8% rispetto alla
situazione di dicembre 2008, distinguendosi
C R E D I T O
Il raffreddamento delle somme accordate
dalle banche in termini di credito a breve
termine, che è quello maggiormente utilizzato dalle imprese, non ha fatto che seguire il
trend di minore utilizzo, ma in termini molto
più contenuti.
In estrema sintesi il sistema bancario della
provincia di Forlì-Cesena sembrerebbe avere adottato politiche più attente alle esigenze
delle imprese. La sostanziale stabilità dell’accordato operativo totale, registrato a settembre nei confronti di marzo (+0,3%), a fronte
della diminuzione del 4,5% riscontrata per il
credito a breve termine, potrebbe derivare
dalla rinegoziazione dei crediti, nel senso
che talune imprese possono avere ottenuto
dalle banche
la possibilità
di allungare
le scadenze,
portando il
proprio credito a breve
sul mediolungo termine.
Se
così fosse,
almeno parzialmente,
dovremmo
concludere
che il sistema bancario
forlivese,
caratterizzato da aziende molto radicate nel territorio
(in provincia ve ne sono undici che hanno la
sede amministrativa), ha avuto un occhio di
attenzione verso il mondo delle imprese, soprattutto in un momento piuttosto difficile.
Da sottolineare infine che a settembre 2009
quasi il 45% di tutto il credito utilizzato dalla
clientela forlivese è stato coperto da garanzie
reali fornite dai clienti, a fronte della media
regionale del 38,2% e nazionale del 42,3%. Il
fenomeno è in costante espansione. A fine
settembre 1997 si regitrava una percentuale
del 23,4%, che cinque anni dopo è salita al
31,7%. Le banche hanno cercato comprensibilmente di tutelarsi nel concedere i prestiti,
specialmente in un periodo denso di problemi. Qualche interrogativo può semmai sorgere sull’entità della percentuale di garanzie
sull’utilizzato, apparsa tra le più ampie della
regione nonostante la relativa migliore qua-
171
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
significativamente da quanto avvenuto sia in
regione (+0,8%) che nel Paese (+0,9%). Anche in questo caso Forlì-Cesena è risultata
tra le province più dinamiche dell’Emilia-Romagna, alle spalle di Rimini (+20,9%) e Ferrara (+11,4%). Tra dicembre 2008 e novembre
2009 le famiglie forlivesi-cesenati hanno accresciuto i propri depositi di oltre 348 milioni di euro. Questa performance, inferiore
soltanto a quelle evidenziate dalle province
di Ferrara (circa 368 milioni di euro in più)
e Rimini (quasi 741 milioni di euro in più) è
maturata in un contesto economico spiccatamente negativo, che ha ridotto in provincia l’occupazione e il reddito disponibile delle famiglie. In un momento di crisi profonda
le famiglie forlivesi-cesenati hanno assunto
comportamenti prudenti, preferendo risparmiare in attesa di tempi migliori, e tutto ciò
a scapito dei consumi, se si considera che
le vendite al dettaglio sono diminuite mediamente fra gennaio e settembre 2009 del 3,4%
e che un analogo andamento ha riguardato
gli acquisti di beni durevoli scesi nel 2009 del
7,8% in termini di spesa media famigliare. Per
quanto concerne le imprese - hanno coperto circa il 27% delle somme depositate - i
relativi depositi registrati a novembre sono
cresciuti del 4,5% rispetto alla situazione di
dicembre 2008. In termini assoluti è stato
un accrescimento di circa 80 milioni di euro.
Si tratta di una cifra rispettabile, che è maturata in un contesto congiunturale spiccatamente recessivo. Con tutta probabilità,
in un momento di profonda incertezza, le
imprese hanno preferito dirottare sui depositi le somme destinate agli investimenti, in
attesa di un rilancio dell’economia, ma non
possono essere esclusi gli effetti, non ancora
quantificabili, legati al rientro dei capitali. A
tale proposito, nel 2009 lo scudo fiscale ha
fatto rientrare a livello nazionale 95 miliardi
di euro, corrispondenti a oltre sei punti di
prodotto interno lordo, con un gettito per
l’Erario pari a 4,75 miliardi di euro. Differentemente da quanto visto per le famiglie consumatrici, la provincia di Forlì-Cesena si è discostata meno sensibilmente dall’andamento
regionale (+3,0%), che è stato caratterizzato
dalla vivacità espressa dalla provincia di Modena (+9,9%).
In ambito comunale, secondo i dati aggiornati a dicembre 2008, il comune che ha vantato
il più elevato rapporto depositi per abitante
è risultato Cesena, con poco più di 18.000
euro. In ambito regionale si è classificato al
diciottesimo posto, sui 222 rilevati. Seguono
Forlì e San Mauro Pascoli - nella graduatoria
regionale occupano rispettivamente la 19esima e 29esima posizione - rispettivamente
con 17.915 e 16.498 euro. L’ultima posizione
della provincia è quella di Roncofreddo, con
3.805 euro per abitante, che corrisponde anche all’ultima posizione in Emilia-Romagna.
Il comune più dotato di depositi dell’EmiliaRomagna è risultato Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, con 54.232 euro
per abitante, seguito da Bologna con 31.510
e Collecchio con 28.707.
I tassi d’interesse. Da dicembre 2008 la
Banca d’Italia ha divulgato dati provinciali sui
tassi d’interesse riferiti ai rischi autoliquidanti, a scadenza e a revoca, consentendo oltre
che un’analisi, sia pure limitata, del trend, anche interessanti confronti con le altre province della regione. I tassi d’interesse relativi
alle operazioni auto liquidanti riguardano
un categoria della Centrale dei rischi nella
quale confluiscono operazioni caratterizzate
C R E D I T O
Depositi per localizzazione della clientela (valori in milioni di euro)
e tassi di variazione sugli undici mesi precedenti al 30/11/2009.
Per localizzazione della clientela (1)
Depositi
Milioni
Var % (2)
FORLI’-CESENA
6.839
5,4
EMILIA-ROMAGNA
83.042
1,4
ITALIA
958.737
2,3
(1) Banche. Nella clientela sono escluse le Istituzioni finanziarie e monetarie.
(2) Su dicembre 2008.
Fonte: Bankitalia.
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
172
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
da una forma di rimborso predeterminato,
quali i finanziamenti concessi per consentire l’immediata disponibilità dei crediti che il
cliente vanta verso terzi. Si tratta nella sostanza di operazioni che configurano uno
smobilizzo di crediti, quali ad esempio lo
sconto di portafoglio. Le operazioni a scadenza si riferiscono ad una categoria di censimento della Centrale dei rischi relativa a
operazioni di finanziamento con scadenza
fissata contrattualmente e prive di una fonte
di rimborso predeterminata, quali ad esempio mutui e anticipazioni attive non regolate
in conto corrente. Quelle a revoca riguardano le aperture di credito in conto corrente
concesse per elasticità di cassa e per le quali
l’intermediario si riserva la facoltà di recedere, a prescindere dall’esistenza di una giusta
causa, come ad esempio i conti correnti attivi senza scadenza predeterminata.
Si tratta in sostanza dei tassi applicati alle
operazioni più praticate dalle banche verso
la propria clientela e quindi altamente rappresentativi del fenomeno.
In un contesto di politiche monetarie espansive al fine di stimolare l’economia, i tassi
d’interesse bancari sono apparsi in rientro.
Nel 2009 la Banca centrale europea è inter-
venuta varie volte sul tasso di riferimento
“fixed rate”. In gennaio lo ha ridotto dal 3,25
al 2,50%, facendolo poi scendere progressivamente all’1,0% di maggio, livello che si è
mantenuto inalterato fino alla fine dell’anno.
Le conseguenze sul tasso Euribor, ovvero
il tasso medio che regola le transazioni finanziarie in euro tra le banche europee, non
sono mancate. Quello a tre mesi, che serve
generalmente da base per i tassi sui mutui
indicizzati, dal 2,859% di inizio anno è sceso
allo 0,700% di dicembre. Nello stesso arco
di tempo quello a dodici mesi è passato dal
3,025 all’1,248%. Il livello medio del 2009 è
risultato più contenuto di quello rilevato nel
2008, vale a dire 3,425 punti percentuali in
meno per l’Euribor a tre mesi e 3,216 punti
in meno per quello a dodici mesi. L’abbassamento dell’Euribor è stato determinato
soprattutto dalla garanzia illimitata del Governo sui prestiti interbancari, che ha “tamponato” la sfiducia reciproca tra le banche,
dopo la crisi dei mutui ad alto rischio statunitensi.
Nell’ambito dei titoli di Stato quotati al Mercato telematico della Borsa di Milano, la curva dei tassi si è andata appiattendo. Il tasso
dei Bot è passato dall’1,503% di gennaio allo
DEPOSITI PER ABITANTE AL 31 DICEMBRE 2008
Valori in euro
18.049
CESENA
FORLÌ
SAN MAURO PASCOLI
17.915
16.498
16.381
GATTEO
TOTALE PROVINCIALE
GAMBETTOLA
FORLIMPOPOLI
BERTINORO
CESENATICO
SANTA SOFIA
SARSINA
SAVIGNANO SUL RUBICONE
MODIGLIANA
LONGIANO
BAGNO DI ROMAGNA
MELDOLA
CASTROCARO T. E TERRA DEL SOLE
PREDAPPIO
MERCATO SARACENO
VERGHERETO
RONCOFREDDO
14.280
12.191
12.012
11.596
11.445
10.861
10.709
10.678
C R E D I T O
9.970
9.825
9.401
9.308
7.275
7.026
6.785
5.730
3.805
0
5.000
10.000
15.000
20.000
Fonte: Banca d’Italia e Istat.
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
173
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
174
0,660% di dicembre dopo avere toccato in
settembre il minimo dello 0,557%. Quello
dei Cct a tasso variabile è sceso dal 2,816
al minimo di dicembre dell’1,009%. I Ctz si
sono ridotti dal 2,065% all’1,233% e anche in
questo caso settembre ha registrato il valore minimo pari a 1,066%. Il tasso dei Buoni
poliennali del tesoro è diminuito dal 4,624 al
3,946%. Per quanto concerne il Rendistato,
che rappresenta il rendimento medio ponderato di un paniere di titoli pubblici, si è
passati dal 4,008% di gennaio al 3,212% di dicembre. Se confrontiamo il livello medio dei
tassi del 2009 con quello del 2008, possiamo
notare che il ridimensionamento più ampio
ha interessato i Cct (-2,970 punti percentuali). Quello più contenuto ha riguardato i titoli di più ampia durata quali i Btp (-0,460 punti
percentuali), a dimostrazione delle aspettative inflattive.
In provincia di Forlì-Cesena i tassi attivi si
sono allineati alla tendenza di generale rallentamento. Quelli applicati alle operazioni ai rischi autoliquidanti della totalità della
clientela, tra dicembre 2008 e settembre
2009 sono scesi dal 5,81 al 3,09%. Rispetto
al dato medio regionale è emerso un miglior
trattamento, generalmente superiore ai 0,30
punti percentuali. In regione nessuna provincia ha registrato tassi più contenuti. Se guardiamo alle condizioni proposte alle società
non finanziarie e famiglie produttrici, che
comprendono gran parte del mondo della
produzione di beni e servizi destinabili alla
vendita, emerge un differenziale con il valore
medio regionale, ancora più ampio rispetto a
quello osservato per la totalità della clientela
(a settembre è stato di 0,40 punti percentuali), che testimonia una maggiore attenzione del sistema bancario forlivese-cesenate
verso le imprese locali, dovuta alla migliore
qualità del credito e al forte radicamento nel
territorio delle banche. In settembre il tasso
si è attestato al 3,07%, a fronte della media
regionale del 3,47% e nazionale del 3,99%.
Nessuna provincia dell’Emilia-Romagna ha
registrato tassi più contenuti. Nell’ambito
delle famiglie, i tassi attivi applicati alle operazioni autoliquidanti hanno mostrato un andamento meno lineare, nel senso che dalla
situazione più onerosa di dicembre 2008 si
è passati a tassi leggermente più convenienti
tra marzo e giugno, per arrivare a settembre,
con un tasso del 5,27%, a una situazione pienamente allineata al tasso medio regionale.
Per quanto concerne i tassi attivi applicati
alle operazioni sui rischi a scadenza, la provincia di Forlì- Cesena si è allineata alla fase
di generale rientro. Dal 6,01% di dicembre
2008 si è progressivamente scesi al 3,23%
di settembre 2009. In questo caso ForlìCesena ha registrato tassi meno convenienti
rispetto a quelli medi regionali, pur limando
qualcosa, essendo lo spread sceso dai 0,41
punti percentuali di dicembre 2008 ai 0,34
di settembre. Nell’ambito delle imprese, tra
dicembre 2008 e settembre 2009 il tasso è
sceso dal 6,15 al 2,98%, in misura leggermente più ampia rispetto a quanto registrato in
regione, in quanto il differenziale a sfavore
si è ridotto nello stesso arco di tempo da
0,15 a 0,11 punti percentuali. La situazione si
riequilibra per quanto riguarda i tassi applicati alle famiglie “consumatrici” e istituzioni
sociali private. Dal 5,90% di dicembre 2008,
superiore a quello medio regionale di 0,07
punti percentuali, si passa al 3,41% di settembre, riducendo lo spread a sfavore ad
appena 0,03 punti percentuali rispetto alle
condizioni proposte mediamente in EmiliaRomagna.
Anche nel caso dei tassi relativi ai rischi a
revoca si registra un generale rientro. Gli interessi applicati alla clientela sono di norma
superiori a quelli relativi alle operazioni auto
liquidanti e a scadenza, in quanto presumono
una maggiore rischiosità, tanto che le banche
si riservano la facoltà di recedere anche senza giusta causa. Si tratta in sostanza di operazioni la cui natura è fortemente influenzata
dai cicli economici. Dal 7,77% di dicembre
2008 praticato alla totalità della clientela si
scende progressivamente al 5,49% di settembre 2009, mantenendo condizioni più convenienti rispetto alla media regionale per tutto
il periodo preso in esame, anche se è emersa
una tendenza al riallineamento in quanto lo
spread si è ridotto da 0,47 a 0,27 punti percentuali. In Emilia-Romagna solo la provincia
di Bologna ha proposto a settembre tassi più
contenuti (4,84%). Il differenziale a favore
deriva dalle migliori condizioni riservate alle
imprese, il cui spread ha oscillato tra i 0,69
punti percentuali di dicembre 2008 e i 0,49
di settembre. La situazione cambia di segno
relativamente alle famiglie “consumatrici”. La
discesa dei tassi c’è stata, da 8,57% di dicembre 2008 a 6,19% di settembre 2009, ma il livello dei tassi si è costantemente mantenuto
oltre la media regionale, con un differenziale
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
che è salito, nello stesso arco di tempo, da
0,17 a 0,26 punti percentuali.
Gli sportelli bancari e i servizi telematici. Nell’arco di un anno è proseguito lo
sviluppo della rete degli sportelli bancari. A
fine settembre 2009 ne sono stati registrati
in provincia di Forlì-Cesena 358 rispetto ai
353 di fine settembre 2008 e 342 di fine settembre 2007. A fine marzo 1996 se ne contavano 232. In Emilia-Romagna nell’arco di
un anno si è passati da
3.564 a 3.590, in Italia
da 33.734 a 33.993.
Al di là della crescita
tendenziale, dal tetto
massimo di 361 sportelli raggiunto a fine
dicembre 2008 si è
gradatamente passati,
come descritto precedentemente, ai 358
di settembre. Questo
andamento, che ha sostanzialmente ricalcato quanto avvenuto in
regione e in Italia, potrebbe essere il segnale dell’inizio di una fase
di
razionalizzazione,
determinata dalla necessità di comprimere
i costi in un momento
segnato dal deterioramento della qualità del
credito.
La diffusione sulla popolazione forlivese è
di 92 sportelli ogni
100.000 abitanti rispetto alla media regionale di 83 e nazionale di 57. In Emilia-Romagna solo una provincia, vale a dire Rimini,
ha evidenziato una densità maggiore, pari a
97 sportelli ogni 100.000 abitanti. Se spostiamo il confronto al territorio nazionale,
la provincia di Forlì-Cesena ha mantenuto la
terza posizione raggiunta nel 2008, alle spalle, come detto, di Rimini (97 sportelli ogni
100.000 abitanti) e Trento (106). La densità
più contenuta è appartenuta alle province di
Crotone (21) e Caserta (23). La totalità dei
comuni di Forlì-Cesena è servita da sportelli bancari. In Emilia-Romagna la percentuale
scende al 96,8%, in Italia al 73,0%.
Se analizziamo la situazione dei comuni del
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
forlivese-cesenate, possiamo vedere che
la densità maggiore (i dati si riferiscono in
questo caso alla situazione di fine dicembre
2008) è nuovamente appartenuta al comune
di Portico e San Benedetto, (terzo in regione dietro Tornolo e Santarcangelo di Romagna), con uno sportello ogni 407 abitanti, a
fronte della media provinciale di 1.075. Seguono Verghereto (496), Tredozio (652),
Premilcuore (829) e Dovadola (843). La minore densità è stata rilevata a Montiano, con
1 sportello ogni 1.677
abitanti, davanti a Castrocaro Terme e Terra del Sole con 1.643.
Nel comune di Forlì
ogni sportello ha servito mediamente 1.128
abitanti, a Cesena 946.
Per quanto concerne
la classificazione degli sportelli per gruppi
istituzionali - situazione a settembre 2009
- in provincia di ForlìCesena
prevalgono
le società per azioni
(64,5% del totale), anche se in misura più
contenuta
rispetto
alla media emilianoromagnola del 77,0%
e nazionale del 78,0%.
Questa tangibile differenza dipende dal fatto che in provincia di
Forlì-Cesena è molto
forte il peso delle banche di Credito cooperativo, eredi delle “antiche” Casse rurali e
artigiane, la cui incidenza, pari al 26,0%, è
risultata la più elevata dell’Emilia-Romagna,
davanti a Rimini (24,1%) e Ravenna (14,1%).
In ambito nazionale solo sei province sulle
centosette esistenti hanno evidenziato un’incidenza maggiore, in un arco compreso fra il
26,2% di Caltanissetta e il 60,8% di Trento.
Questi dati, come abbiamo già avuto modo
di sottolineare, sottintendono la dimensione squisitamente locale del sistema bancario forlivese, nella quale sono le dimensioni
più piccole a gestire la quota più ampia di
impieghi e depositi. Le banche di Credito
cooperativo, che in taluni casi operano dagli
inizi dello scorso secolo, sono concepite in
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
175
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
modo da far utilizzare il risparmio depositato
prevalentemente in ambito locale. Strutturate come cooperative, devono accordare finanziamenti prevalentemente ai propri soci,
che hanno l’obbligo di risiedere ed operare
con continuità nel territorio in cui si trova
la banca.
Per quanto concerne le banche Popolari cooperative, il loro peso in provincia di
Forlì-Cesena si è attestato al 9,5% rispetto
all’11,1% regionale e 8,9% nazionale. L’incidenza percentuale di queste banche ha subito un drastico ridimensionamento tra giugno
e settembre 2007. In provincia di Forlì-Cesena sono diminuite da 40 a 32, in EmiliaRomagna da 609 a 373. Alla base di questa
flessione, c’è la trasformazione in società per
azioni di alcuni istituti.
Per il resto si conferma l’assenza di filiali di
banche estere. Gli undici sportelli presenti
in regione sono localizzati nelle province di
Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna
e Reggio Emilia, a fronte dei 270 attivi in Italia, in gran parte localizzati tra Milano (130),
Roma (46) e Brescia (19).
La classificazione degli sportelli bancari per
gruppi dimensionali di banche, conferma
l’esistenza di tutta una rete di piccoli istituti,
coerentemente con la larga diffusione delle
banche di Credito cooperativo. A settembre
2009 gli sportelli delle banche “piccole” e
“minori”, ovvero con una consistenza media
di fondi intermediati inferiore ai 9 miliardi di
euro, incidevano per il 67,3% del totale degli
sportelli, a fronte della media regionale del
41,4% e nazionale del 38,6%. In ambito regionale, solo le province di Ravenna e Rimini
avevano registrato percentuali più ampie, rispettivamente pari al 67,9 e 71,8%.
Un’interessante analisi riguarda la media degli impieghi per sportello. A settembre 2009
spicca nuovamente l’elevato rapporto delle
banche “medie” - i fondi intermediati sono
compresi tra i 9 e i 26 miliardi di euro - pari
a poco meno di 223 milioni e mezzo di euro,
a fronte della media generale di oltre 41 milioni di euro. In Emilia-Romagna il corrispondente rapporto per sportello si è attestato
su valori largamente inferiori a quelli forlivesi, attorno ai 56 milioni e 732 mila euro,
mentre in Italia ci si è attestati sui circa 53
milioni e 870 mila euro. Il dato forlivese degli
impieghi per sportello delle banche “medie”
appare di conseguenza quasi anomalo e di
difficile interpretazione, a meno di conoscere l’esposizione di ogni singola banca. Resta
solo da sottolineare che le banche”medie”
in Italia sono trentacinque e che nessuna ha
sede amministrativa nella provincia.
Per quanto concerne i depositi medi per
sportello, che possono essere interpretati
come una sorta di indice di produttività, a
settembre 2009 sono state le banche “grandi” a evidenziare il valore medio più elevato,
pari a circa 27 milioni e 286 mila di euro.
Seguono più distanziate quelle “medie” con
una quota per sportello di circa 18 milioni e
329 mila di euro. Le banche “minori”, quelle
con il più basso livello di fondi medi intermediati, si sono aggirate sui 16 milioni e mezzo
per sportello, appena al di sopra della media
regionale. La forte ramificazione di questi
istituti, che spesso coincidono con il gruppo
istituzionale delle banche di credito cooperativo, ha permesso di vantare un rapporto superiore a quello di banche fortemente
strutturate, ma meno ramificate, quale quelle “maggiori”, attestate su circa 13 milioni e
Dimensione e diffusione del sistema bancario
Al 30/9/2009
C R E D I T O
Sportelli
176
N.(1)
FORLI’-CESENA
EMILIA-ROMAGNA
ITALIA
Comuni serviti (2)
Var % (3)
Comp %
N.
Comp %
358
1,4
10,0 (4)
30
100,0
3.590
0,7
10,6 (5)
330
96,8
33.993
0,8
-
5.917
73,1
(1) Numero di sportelli autorizzati, a piena operatività. Banche.
(2) Comuni serviti da almeno uno sportello bancario.
(3) Variazione percentuale sui 12 mesi precedenti.
(4) Quota percentuale su totale Emilia-Romagna
(5) Quota percentuale su totale Italia.
Fonte: Bankitalia.
Elaborazione: Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
305 mila euro.
L’ultima analisi sulla struttura bancaria riguarda i servizi telematici offerti dalle banche alla
propria clientela. Per quanto concerne i Pos
attivati da banche e intermediari finanziari,
vale a dire le apparecchiature che consentono l’addebito automatico sul proprio conto bancario delle spese sostenute presso gli
esercizi commerciali, a inizio 2009 ne sono
risultati attivi 8.314 rispetto ai 7.654 di inizio
2008 e 7.053 di inizio 2005. Se rapportiamo
il loro numero alla popolazione residente,
la provincia di Forlì-Cesena ne ha registrati 2.143 ogni 100.000 abitanti, a fronte della
media emiliano-romagnola di 2.559 e nazionale di 2.152. Si tratta del più basso rapporto della
Regione. La
maggiore
diffusione
appartiene
a una provincia
ad
alta vocazione turistica quale
Rimini, con
3.913 Pos
ogni 100.000
abitanti.
Nell’ambito
degli Atm
– si tratta
di apparecchiature automatiche abilitate a operare con il pubblico per effettuare determinate operazioni (i
bancomat sono tra questi) - a inizio 2009 ne
sono risultati attivi 470, rispetto ai 461 di
inizio 2008 e 303 di inizio 1998. La crescita è apparsa in linea con quanto avvenuto
in Emilia-Romagna, la cui consistenza è salita, tra inizio 2008 e inizio 2009, da 4.673
a 5.319 unità. In rapporto alla popolazione,
Forlì-Cesena registra una densità di 121,1
Atm ogni 100.000 abitanti, appena al di sotto della media regionale di 122,6 e ben oltre
quella nazionale di 83,2. In ambito emilianoromagnolo, la provincia di Forlì-Cesena ha
guadagnato la terza posizione, preceduta da
Ravenna (159,2) e Bologna (140,1).
I servizi di home e corporate banking, che
rappresentano i servizi dispositivi e/o informativi prestati alla clientela per via telematica, a inizio 2009 hanno coinvolto quasi 90.000
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
famiglie (erano poco più di 79.000 a inizio
2008) e 14.297 tra enti e imprese (12.845
nell’anno precedente). Siamo alla presenza
di un andamento fortemente dinamico, se si
considera che a inizio 1998 erano interessate appena 262 famiglie e 1.596 tra enti e
imprese. Un analogo andamento ha caratterizzato la regione, i cui servizi alle famiglie,
tra inizio 1998 e inizio 2009, sono cresciuti
da 5.421 a 1.232.640, mentre per le imprese
si è passati da 24.277 a 202.605. La densità
dei servizi alle famiglie di home e corporate
banking sulla popolazione vede Forlì-Cesena nuovamente in terz’ultima posizione tra
le province dell’Emilia-Romagna, con 2.314
clienti ogni 10.000 abitanti, a fronte della
media regionale di 2.842
e nazionale
di 2.206, seguita da Ferrara (1.808)
e Piacenza
(1.967). La
densità più
elevata
è
stata nuovamente riscontrata a
Bologna con
3.823 servizi
alle famiglie
ogni 10.000
abitanti. Per
quanto concerne enti e imprese, Forlì-Cesena, con una
densità di 368 clienti ogni 10.000 abitanti, si
è collocata al terz’ultimo posto in Emilia-Romagna, guadagnando una posizione rispetto
alla situazione di inizio 2008. Il primo posto
è stato nuovamente occupato da Modena,
con una densità di 565 clienti ogni 10.000
abitanti, seguita da Bologna con 558.
I servizi di Phone banking che sono attivabili
tramite la digitazione di codici via telefono,
a inizio 2009 hanno coinvolto poco più di
50.000, vale a dire il 17,0% in meno rispetto
allo stesso periodo del 2008. La flessione,
che potrebbe dipendere dalla diffusione degli
stessi servizi tramite la rete internet e che
ha riguardato anche Emilia-Romagna (-9,0%)
e Italia (-8,9%), ha interrotto la tendenza
espansiva in atto da lunga data (a inizio 1998
si contavano 2.329 servizi di Phone banking).
La diffusione sulla popolazione è conseguen-
C R E D I T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
177
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
temente scesa da 1.583 a 1.290 servizi ogni
10.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 1.806 e nazionale di 1.673.
A causa della flessione, la provincia di Forlì-
Cesena si è collocata in penultima posizione,
lasciandosi alle spalle la sola provincia di Ferrara (1.118). A inizio 2008 era al terzultimo
posto davanti a Ferrara e Piacenza.
NOTE ALLA LETTURA DEI DATI
Prestiti totali: sono dati dalla somma dei prestiti “vivi”, dei pronti contro termine e sofferenze.
Prestiti “vivi”: si tratta dei finanziamenti erogati al netto delle operazioni pronti contro termine e delle sofferenze.
Impieghi: finanziamenti erogati dalle banche a soggetti non bancari. L’aggregato ricomprende: rischio di portafoglio, scoperti di
conto corrente, finanziamenti per anticipi (su effetti ed altri documenti salvo buon fine, all’importazione ed esportazione), mutui,
anticipazioni non regolate in conto corrente, riporti, sovvenzioni diverse non regolate in conto corrente, prestiti su pegno, prestiti
contro cessioni di stipendio, cessioni di credito, impieghi con fondi di terzi in amministrazione, altri investimenti finanziari (accettazioni bancarie negoziate, commercial papers, ecc.), sofferenze effetti insoluti ed al protesto di proprietà. L’aggregato è al netto degli
interessi e delle operazioni pronti contro termine.
C R E D I T O
Famiglie: il gruppo comprende le famiglie consumatrici (individui o gruppi di individui nella loro qualità di consumatori), le istituzioni
sociali private nonché i soggetti non classificabili dagli enti segnalanti.
Imprese: il gruppo fa riferimento al settore “produttivo”, rappresentato dalle società non finanziarie e dalle famiglie produttrici. Le
imprese con meno di 20 addetti si riferiscono alle imprese individuali, società semplici, di fatto, in accomandita semplice e in nome
collettivo con un numero di addetti inferiore a 20. Quelle con almeno 20 addetti si riferiscono alle società semplici, di fatto, in accomandita semplice e in nome collettivo con un numero di addetti almeno pari a 20, società di capitali, cooperative e altre tipologie
giuridiche (ad esempio consorzi) per l’esercizio di attività d’impresa.
Sofferenze: ammontare dell’intera esposizione, escluso le sofferenze su titoli e assimilati, nei confronti di soggetti non bancari
classificati in sofferenza..
Depositi: raccolta effettuata dalle banche sotto forma di depositi (con durata prestabilita, a vista, overnight e rimborsabili con
preavviso), buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti e pronti contro termine passivi. Da dicembre 2008 comprendono
anche gli assegni circolari.
Per ogni ulteriore approfondimento si rimanda al Bollettino Statistico edito dalla Banca d’Italia ed al relativo glossario.
178
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
A
A
RTIGIANATO
Punto
di
forza
da
sempre
dell’economia locale,
l’artigianato
della provincia
di
Forlì-Cesena rappresenta
un
fattore determinante nello sviluppo del territorio, fonte e risorsa di esperienze e professionalità,
competenza nella tradizione e dinamismo
innovativo, proiettato verso il futuro ma ancorato ad un passato sul quale è tuttora fondata la storia dei luoghi e delle comunità. E’
dunque un importante elemento, che sostenuto da “intelligente” passione, costituisce il
“tessuto connettivo” del sistema produttivo
locale; infatti le imprese artigiane di ForlìCesena - presenti in numero di 14.038 su un
totale provinciale di imprese pari a 40.781
(comprese quelle dell’agricoltura) - rappresentano, al 30/9/2009, il 34,4% del totale,
con attività concentrate soprattutto nei set-
tori edile
(40,4%), manifatturiero
(22,4%), altre attività
di
servizi
(servizi alla
persona,
11,1%), trasporti e magazzinaggio
(10,4%); gli
imprenditori, titolari e soci, sono 19.879, di
cui 3.966 donne (il 20% del totale), i collaboratori familiari 2.314 (di cui 962 donne).
I dati riferiti alla regione Emilia-Romagna rilevano una consistenza di 145.278 imprese
artigiane su un totale di 430.007 imprese,
equivalente al 33,8% del totale. Per l’Italia si
evidenziano valori pari a 1.469.809 imprese
artigiane, che costituiscono il 27,7% del totale di 5.297.780 imprese.
Questo comparto, come molti altri, ha vissuto l’anno 2009 tra difficoltà e incertezze,
in attesa della ripresa che però stenta a manifestarsi.
IMPRESE ARTIGIANE
Distribuzione per natura giuridica Forlì-Cesena
settembre 2008
settembre 2009
var. % sett.
2009/sett. 2008
composizione
2009
IMPRESA INDIVIDUALE
10.355
10.212
-1,4%
72,7%
SOCIETA’ DI PERSONE
3.364
3.300
-1,9%
23,5%
SOCIETA’ DI CAPITALE
462
488
5,6%
3,5%
COOPERATIVE
26
26
0,0%
0,2%
CONSORZI
12
11
0,0%
0,1%
1
1
0,0%
0,0%
14.220
14.038
-1,3%
100,0%
ALTRE FORME
TOTALE IMPRESE ARTIGIANE
A R T I G I A N A T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
179
A R T I G I A N A T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
180
A livello regionale, secondo il “Rapporto
2009
sull’economia
regionale”
di
Unioncamere Emilia-Romagna e Regione
Emilia-Romagna, “il settore ha risentito sensibilmente della crisi globale. I primi nove
mesi del 2009 si sono chiusi con un bilancio
decisamente negativo.”
Secondo l’indagine del sistema camerale,
per l’artigianato manifatturiero dell’EmiliaRomagna il periodo gennaio-settembre
2009, rispetto ad analogo periodo 2008, è
contraddistinto da flessione della produzione (-15,4%), basso
profilo delle vendite (in
flessione del 14,6%),
calo della domanda
(-16,1%), diminuzione
dell’export
(-4,6%),
ridimensionamento
anche del periodo assicurato dal portafoglio ordini (che rimane
sotto la soglia dei due
mesi, fatto che non
succedeva
dall’estate 2003); decremento, vicino all’1%, nei
prezzi di vendita.
L’abbassamento
dei
listini è emblematico
delle fasi congiunturali
avverse, momento in
cui si cerca di stimolare la domanda anche a
costo di ridurre i margini di guadagno.
Per quanto concerne
il credito, “l’attività
del Consorzio di garanzia Unifidi, costituito nell’anno 1977 su
iniziativa delle Associazioni regionali CNA
e Confartigianato, è apparsa in sensibile aumento. Tra gennaio e settembre 2009 sono
state deliberate 9.793 operazioni rispetto
alle 7.778 dell’analogo periodo 2008, per
un totale di circa 706 milioni e 653 mila
euro, che ha superato del 38,7% l’importo
dell’anno precedente. Le somme garantite
sono ammontate a 268 milioni e 438 mila
euro, a fronte dei 198 milioni e 200 mila
euro del primi nove mesi del 2008”. Ciò è
dovuto al ristagno dei finanziamenti bancari
alle imprese, specialmente quelle di piccole
dimensioni, alle quali sono richieste sempre
più massicce garanzie, al fine di evitare un
significativo aumento delle insolvenze. In
ogni caso “il credito rappresenta da sempre
un fattore vitale per il settore artigiano che
annovera imprese spesso sottocapitalizzate
e che di conseguenza dipendono esclusivamente dal sistema bancario per le occorrenze di esercizio e per finanziare i piani di
investimento”.
Una nota significativa riguarda gli ammortizzatori sociali: “Secondo i dati EBER, Ente
bilaterale artigiano dell’Emilia-Romagna, gli
accordi di sospensione e riduzione di attività stipulati in regione a
tutto il 21 giugno 2009
hanno toccato vette decisamente elevate. Tra
sospensioni e riduzioni
di attività sono state
concesse complessivamente 11.827.155 ore.
La situazione dei soli
primi sei mesi 2009 ha
superato largamente il
quantitativo erogato
nei 5 anni precedenti.
I settori che hanno registrato il maggior numero di ore sono stati
il meccanico (69,1% del
totale) e il tessile/abbigliamento (10,9%).”
In generale la consistenza delle imprese
artigiane regionali, attive a fine settembre
2009 (145.278), è calata dell’1,8%, rispetto al
2008. Il calo è da attribuire essenzialmente
alla diminuzione dei settori numericamente
più consistenti, quali costruzioni (-1,9%),
manifatturiero (-2,5%, specialmente nel
comparto lavorazione dei prodotti in metallo che comprende tutta la gamma di lavorazioni meccaniche generali in subfornitura),
commercio e riparazioni (-1,6%), trasporti,
magazzinaggio e comunicazioni (-4%). In aumento però le “attività immobiliari, noleggio,
informatica e ricerca” (+2,3%). Se si rapporta la consistenza delle imprese artigiane con
la popolazione residente in Emilia-Romagna,
si osserva un’incidenza di 335 imprese attive
ogni 10.000 abitanti, dato che pone la nostra
regione al primo posto, assieme alla Valle
d’Aosta, in Italia (la media nazionale è di 245
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
IMPRESE ARTIGIANE
Forlì-Cesena - Consistenza al 30 settembre 2009
Bagno di Romagna
Bertinoro
Borghi
Castrocaro-Terra del Sole
Cesena
Cesenatico
Civitella di Romagna
Dovadola
Forlì
Forlimpopoli
Galeata
Gambettola
Gatteo
Longiano
Meldola
Mercato Saraceno
Modigliana
Montiano
Portico e San Benedetto
Predappio
Premilcuore
Rocca San Casciano
Roncofreddo
San Mauro Pascoli
Santa Sofia
Sarsina
Savignano sul Rubicone
Sogliano al Rubicone
Tredozio
Verghereto
PROV. DI FORLI’-CESENA
MONTAGNA FORLIVESE
COLLINA FORLIVESE
PIANURA FORLIVESE
COMPRENSORIO DI FORLI’
MONTAGNA CESENATE
COLLINA CESENATE
PIANURA CESENATE
COMPRENSORIO DI CESENA
MONTAGNA
COLLINA
PIANURA
VALLE DEL TRAMAZZO
VALLE DEL MONTONE
VALLE DEL RABBI
VALLE DEL BIDENTE
VALLE DEL SAVIO
VALLE USO-RUBICONE
AREA DEL BASSO RUBICONE
GRANDI CENTRI
COMUNI DI CINTURA
COMUNI MARITTIMI
COMUNI TERMALI
2008
2009
243
356
87
283
3.055
1.186
177
69
3.873
454
94
454
413
269
451
301
193
49
35
245
24
77
101
474
116
174
697
103
53
105
14.211
175
1.642
4.683
6.500
348
815
6.548
7.711
523
2.457
11.231
246
464
269
838
823
340
2.307
6.928
1.996
2.770
882
242
350
87
281
3.022
1.181
176
65
3.837
441
92
433
411
271
443
303
186
48
33
243
22
72
99
471
111
169
686
102
49
104
14.030
166
1.607
4.628
6.401
346
808
6.475
7.629
512
2.415
11.103
235
451
265
822
818
336
2.272
6.859
1.972
2.749
873
Var. %
2009/ 2008
-0,4%
-1,7%
0,0%
-0,7%
-1,1%
-0,4%
-0,6%
-5,8%
-0,9%
-2,9%
-2,1%
-4,6%
-0,5%
0,7%
-1,8%
0,7%
-3,6%
-2,0%
-5,7%
-0,8%
-8,3%
-6,5%
-2,0%
-0,6%
-4,3%
-2,9%
-1,6%
-1,0%
-7,5%
-1,0%
-1,3%
-5,1%
-2,1%
-1,2%
-1,5%
-0,6%
-0,9%
-1,1%
-1,1%
-2,1%
-1,7%
-1,1%
-4,5%
-2,8%
-1,5%
-1,9%
-0,6%
-1,2%
-1,5%
-1,0%
-1,2%
-0,8%
-1,0%
A R T I G I A N A T O
COMUNI
e aggregazioni territoriali
N.B.: Nei totali 2008 e 2009 mancano, per il 2008, 9 imprese e per il 2009, 8 imprese senza l’indicazione del Comune
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
181
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
A R T I G I A N A T O
imprese ogni 10.000 abitanti).
I dati di seguito riportati sono desunti da
Stock View, la banca dati del Registro
Imprese che rileva la consistenza e la distribuzione sul territorio nazionale, provinciale e comunale, di tutti i soggetti economici tenuti all’iscrizione nel Registro stesso.
Secondo tali informazioni nella provincia
di Forlì-Cesena le imprese artigiane iscritte al 30/9/2009 sono 14.038 con un saldo
negativo pari a -182 unità, equivalente ad un
calo dell’1,3%, rispetto alla stessa data 2008.
Il comprensorio di Forlì conta 6.401 posizioni attive (flessione pari all’1,5% rispetto al
2008), quello di Cesena 7.629 (calo dell’1,1%
rispetto al 2008). Calano numericamente
le iscrizioni, in misura maggiore rispetto a
quanto avvenuto nel 2008 e in modo diverso a seconda delle località: in calo le imprese
nelle località di montagna, (512 nel 2009 pari
a -2,1%), di segno negativo le attività in collina (-1,7%) e in pianura (-1,1%). La montagna
forlivese con 166 imprese è numericamente meno consistente di quella cesenate che
invece conta 346 imprese. La collina forlivese detiene un maggior numero di attività
artigiane, con 1.607 imprese contro le 808
del cesenate. Più forte la pianura cesenate,
con 6.475 imprese, (decremento dell’1,1%
rispetto al 2008), a confronto con la pianura
forlivese che presenta 4.628 imprese (calo
dell’1,2% rispetto al 2008). Considerando
ancora le aggregazioni territoriali, si evidenzia come non siano presenti segni “più” nelle percentuali di variazione tra il 2008 e il
2009, indizio di indebolimento generalizzato
del comparto.
182
Esaminando la consistenza per Comune a
fine settembre 2009, si nota come le attività
artigiane siano numericamente in aumento
soltanto a Longiano (+0,7%) e a Mercato
Saraceno (+0,7%). Negli altri comuni le oscillazioni della percentuale vanno dal -0,4% di
Bagno di Romagna e Cesenatico al -8,3% di
Premilcuore; dal -0,5% di Gatteo al -7,5% di
Tredozio; dal -0,7% di Castrocaro al -6,5%
di Rocca San Casciano.
Per ciò che riguarda la natura giuridica delle
imprese provinciali, sono in calo le imprese
individuali che da 10.355 nel 2008 passano
a 10.212 nel 2009 (-1,4%). Diminuiscono
le società di persone che da 3.364 diventano 3.300 nel 2009 (-1,9%), crescono però
le società di capitale, che da 462, nel 2008,
diventano 488 a settembre 2009 (+5,6%);
le cooperative sono 26, in numero invariato rispetto all’anno precedente, i consorzi
scendono a 11. Nella graduatoria per indici
di composizione le imprese individuali, che
rappresentano il 72,7% delle imprese artigiane, sono al primo posto, seguite dalle società di persone con il 23,5%, le società di
capitale costituiscono il 3,5%, le cooperative
lo 0,2%, e i consorzi lo 0,1%. Una struttura
provinciale quindi con forte prevalenza di
microimprese: sono infatti 7.751 le aziende
con un addetto dichiarato e 4.555 quelle
con un numero di addetti da 2 a 5.
Riguardo al numero di imprese iscritte per
rami di attività, i dati 2009 di Stock View
sono suddivisi secondo la classificazione
Ateco 2007 dell’ Istat, pertanto non sono
confrontabili con i dati 2008, classificati in
base alla precedente codifica Ateco 2002.
Dall’analisi dei dati al 30/9/2009 si rileva come
più consistente il comparto delle “costruzioni”, con 5.676 imprese (40,4% del totale
delle imprese artigiane); il settore del “manifatturiero” è il secondo con 3.149 aziende
attive (22,4% del totale); segue il comparto
“altre attività di servizi” con 1.561 imprese
(sono compresi in questa classe tutti i servizi alla persona, 11,1% del totale); il settore
“trasporti e magazzinaggio” è il quarto con
1.459 imprese (10,4%). Il settore “commercio ingrosso e dettaglio e riparazione” conta
667 imprese (4,8%); le “attività dei servizi
di alloggio e ristorazione” sono invece 543
(3,9%); le “attività professionali, scientifiche
e tecniche” sono 299 (2,2%); il settore “noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto
alle imprese”, fra le quali si annoverano le
imprese di informatica, sono 239 (1,7%).
Nel settore dell’artigianato artistico si osservano 224 imprese che hanno ottenuto
il riconoscimento di “Lavorazioni artistiche
tradizionali e dell’abbigliamento su misura”,
ai sensi del DPR 288/2001. Tali lavorazioni
comprendono un insieme di attività che usano diversi materiali (cuoio, fotografia, legno,
metalli, manufatti tessili, vetro, ceramica,
pietra, prodotti alimentari) per una produzione di qualità spesso legata alle tradizioni
culturali del territorio. Anche il turismo ha
“scoperto” queste botteghe che appartengono al tessuto storico dei luoghi e ha inserito nei propri itinerari dei percorsi dedicati
all’espressione di queste tipicità.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Se si esaminano i dati elaborati dalla CPA
sulla base del Paese di nascita, risulta che i
nuovi imprenditori artigiani iscritti nel
corso dell’anno sono 1.138, 167 in meno
rispetto al 2008 (-12,8%); continua a scendere il numero degli iscritti provenienti dalla provincia di Forlì-Cesena, che passano
dal 60,3% del 2001 al 49,8% del 2009. Gli
iscritti dalle restanti province della regione
Emilia-Romagna costituiscono il 5,5 % (percentuale quasi in linea con quella del 2008),
dalle altre regioni italiane il 17,8% (20,3%
nel 2008); da Paesi Extracomunitari il 19,1%
(nel 2008 il 21,8%), infine dai paesi della
Comunità Europea il 7,8% (7,1% nel 2008):
la composizione di questo 7,8% è costituito,
per citare solo le percentuali più alte, per il
73% da persone nate in Romania, per il 9%
in Polonia, per il 7,9% in Bulgaria.
Secondo i dati rilevati sulla base della cittadinanza e forniti dalla CPA forlivese, sono
calate nel complesso le iscrizioni di extracomunitari all’Albo rispetto all’anno 2008: 254
IMPRESE ISCRITTE ALL’ALBO ARTIGIANI
per ramo di attività economica(*)
Forlì-Cesena - consistenza al 30 settembre 2009
Indice di composizione
2009
A Agricoltura, silvicoltura pesca
76
0,5%
B Estrazione di minerali da cave e miniere
13
0,1%
3.149
22,4%
1
0,0%
C Attività manifatturiere
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz...
E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione d...
F Costruzioni
G Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di aut...
H Trasporto e magazzinaggio
32
0,2%
5.676
40,4%
667
4,8%
1.459
10,4%
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
543
3,9%
J Servizi di informazione e comunicazione
140
1,0%
K Attività finanziarie e assicurative
1
0,0%
L Attivita’ immobiliari
0
0,0%
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
299
2,1%
N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle im...
239
1,7%
0
0,0%
28
0,2%
O Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale ...
P Istruzione
Q Sanita’ e assistenza sociale
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver...
S Altre attività di servizi
T Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro p...
X Imprese non classificate
TOTALE
31
0,2%
101
0,7%
1.561
11,1%
0
0,0%
22
0,2%
14.038
100,0%
(*) Nell’ambito dei diversi rami sono previste attività specifiche
dell’artigianato, in particolare:
- A: servizi connessi all’agricoltura e alla zootecnia
- G: riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa
- I: catering e banqueting, ristorazione da asporto, gelaterie e pasticcerie di produzione propria
- N: noleggio di macchinari e attrezzature, Informatica e attività connesse
- P: autoscuole, scuole di pilotaggio
- R: restauratori
- S: lavanderie, parrucchieri, barbieri e trattamenti estetici
Fonte: Infocamere (Stock View)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
A R T I G I A N A T O
2009
183
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
nel 2009 contro i 303 nel 2008. Di questi
202 sono titolari e 52 collaboratori, le donne sono 29. Dei 254 iscritti, 128 sono attivi
nel campo dell’edilizia (64 sono di nazionalità albanese); 22 (cinesi) nel settore tomaifici/ pelletteria, 19 (cinesi) nell’abbigliamento,
16 (di cui 15 cinesi) nella produzione di salotti e tappezzerie.
Nel 2009 sono 82 (12 sono le donne) le
iscrizioni di persone che provengono da
Paesi comunitari, di cui 77 titolari e 5 collaboratori, impiegati in prevalenza nel campo
dell’edilizia e dei lavori ad essa connessi.
Stabile il numero delle imprenditrici (con
carica di titolari, soci, amministratrici), che
rappresentano in provincia il 20% del totale delle persone con carica (sono 3.966 su
un totale di 19.879 unità), percentuale che
non si discosta da quella dell’anno passato
(19,9%). La maggior parte di queste donne
ha dimostrato di saper tenere con fermezza
la rotta nel mare della crisi, coniugando la
capacità di condividere il management con
il coraggio di chiedere aiuto, secondo uno
stile “slow and steady”, cioè “meditato e sicuro”, che è diventato oggetto di studio da
parte di molti economisti. A tale proposito,
l’occupazione femminile - è quanto sostiene
Confartigianato Donne Impresa - può rappresentare una leva di sviluppo per la società civile, capace di recepire le istanze di
questa importante componente dell’universo lavorativo, attraverso l’impegno comune,
prioritario, di associazioni, istituzioni e governi locali e dando spazio ad un modello di
welfare, con particolare riferimento a bambini e anziani, al passo con i tempi.
Il quadro provinciale che emerge dai dati e
dalle considerazioni espresse dai testimoni
“privilegiati”, dai rappresentanti, cioè, delle
Associazioni di Categoria, riguardo all’andamento congiunturale del settore, riflette la situazione economica generale caratterizzata da una crisi che iniziata già negli
NUOVI IMPRENDITORI ARTIGIANI
Iscritti (solo titolari) per paese di nascita
PROVENIENZA
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
valori assoluti
Provincia di Forlì-Cesena
Altre provincie dell’Emilia-Romagna
Altre Regioni d’Italia
Paesi dell’Unione Europea
Paesi extra-comunitari
TOTALE
871
898
769
789
758
703
677
587
567
95
95
78
85
87
103
86
75
63
293
309
293
286
314
289
272
265
202
23
11
18
33
32
27
148
93
89
163
214
256
276
333
370
316
285
217
1.445
1.527
1.414
1.469
1.524
1.492
1.499
1.305
1.138
indici di composizione
Provincia di Forlì-Cesena
A R T I G I A N A T O
Altre provincie dell’Emilia-Romagna
Altre Regioni d’Italia
Paesi dell’Unione Europea
Paesi extra-comunitari
TOTALE
60,3%
58,8%
54,4%
53,7%
49,7%
47,1%
45,2%
45,0%
49,8%
6,6%
6,2%
5,5%
5,8%
5,7%
6,9%
5,7%
5,7%
5,5%
20,3%
20,2%
20,7%
19,5%
20,6%
19,4%
18,1%
20,3%
17,8%
1,6%
0,7%
1,3%
2,2%
2,1%
1,8%
9,9%
7,1%
7,8%
11,3%
14,0%
18,1%
18,8%
21,9%
24,8%
21,1%
21,8%
19,1%
100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
variazione sull’anno precedente
Provincia di Forlì-Cesena
3,1%
-14,4%
2,6%
-3,9%
-7,3%
-3,7%
-13,3%
-3,4%
Altre provincie dell’Emilia-Romagna
0,0%
-17,9%
9,0%
2,4%
18,4%
-16,5%
-12,8%
-16,0%
-8,0%
-5,9%
-2,6%
-23,8%
-15,6% 448,1%
-37,2%
-4,3%
-9,8%
-23,9%
Altre Regioni d’Italia
Paesi dell’Unione Europea
Paesi extra-comunitari
TOTALE
5,5%
-5,2%
-2,4%
9,8%
-52,2%
63,6%
83,3%
-3,0%
31,3%
19,6%
7,8%
20,7%
11,1%
5,7%
-7,4%
3,9%
3,7%
-2,1%
-14,6%
0,5% -12,9% -12,8%
Fonte: Commissione Provinciale per l’Artigianato - Forlì-Cesena
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
184
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ultimi mesi del 2008, si è venuta aggravando
nel 2009 coinvolgendo in varia misura tutti
i comparti del nostro sistema produttivo.
Tuttavia, nonostante nel 2009 l’economia sia
stata sostanzialmente “ferma”, il sistema “ha
tenuto” e già le previsioni per il 2010 evidenziano una debole ripresa sulla quale puntare;
certamente per arrivare nuovamente ai livelli del 2008 e recuperare il fatturato perso,
occorreranno anni. In ogni caso il 2010 sarà
cruciale per la sopravvivenza di molte imprese che nel frattempo hanno tentato varie
strade per “rimanere a galla”: dalla ristrutturazione aziendale, alla migliore organizzazione del lavoro, dalla riduzione delle ore
lavorative al taglio dei costi, tutto questo
orientato
verso una
struttura
più snella e
competitiva.
All’interno
di ogni settore,
comunque,
ci
sono
aziende che
grazie alla
flessibilità o
all’ innovazione della
produzione,
oppure per
avere lavorato su nicchie di mercato o di prodotto, sono avviate
al superamento dello stallo che la crisi ha
imposto.
Permangono evidenti difficoltà per alcuni
importanti comparti: è il caso del metalmeccanico, settore molto legato agli eventi dei
mercati internazionali, che ha risentito della crisi in maniera improvvisa e immediata.
Segue il comparto edile, dove è calata drasticamente la componente di edilizia pubblica
e dove prevalgono ristrutturazioni e lavori
di limitata entità. In sofferenza pure il trasporto, con margini di guadagno sempre più
ristretti, per costi e concorrenza sempre più
alti, specie da parte di vettori esteri, dove
concorre all’aggravamento dei problemi il
nodo “infrastrutture” ancora lontano da una
soluzione apprezzabile; difficoltà pure per il
comparto del mobile imbottito, soggetto
a una forte concorrenza, spesso sleale. La
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
produzione calzaturiera, dell’abbigliamento e della moda in generale - il cosiddetto
“Made in Italy” - è in forte rallentamento,
nonostante l’estesa professionalità e l’alta
qualità dei manufatti siano da considerarsi
fattori competitivi determinanti. Nel settore della nautica, al quale sono riconducibili 39 mestieri altamente specializzati, dopo
mesi di stallo, si riscontrano segnali di ripresa. Migliore situazione per quanto riguarda
l’agroalimentare, dove le imprese che lavorano su prodotti di nicchia si ritagliano un
mercato soddisfacente, o per il comparto
dei servizi alla persona, anche se qui incide
la contrazione dei consumi - in ripresa a tale
proposito le attività di riparazione. In questo
comparto però
la
ricerca
di standard
più elevati
garantisce
risposte
all’insegna
della qualità
e rapportate
alle singole,
diverse esigenze.
I servizi innovativi legati alle fonti
energetiche
rinnovabili
e alle energie alternative, fanno parte di un settore di
nicchia che agisce su un mercato ancora con
margini di sviluppo, dove trovano spazio
adeguato le imprese che combinano funzioni diverse, offrendo servizi tra loro complementari.
Alcuni problemi ricorrenti, evidenziati dalle Associazioni di categoria, interferiscono
pesantemente sull’andamento del comparto
artigiano, in particolare il calo dell’occupazione, anche se più contenuto rispetto a quello delle altre province emiliano-romagnole.
Altri problemi rilevati sono: la necessità di
continuare a usufruire anche nel 2010 degli
ammortizzatori sociali; l’accesso al credito,
tanto più importante in questo contesto di
crisi, l’improrogabile esigenza di snellimento delle procedure burocratiche attraverso
una gestione semplificata, con tempi certi,
da parte delle pubbliche amministrazioni.
A R T I G I A N A T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
185
A R T I G I A N A T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
186
Infine è segnalata come questione strategica
la necessità che tutto il comparto parli con
un’unica voce, per far capire come le dinamiche economiche attuali non possano non
tenere conto del tessuto provinciale che è
fatto prevalentemente di piccole imprese.
Dalle indagini condotte a livello regionale per
conto delle Associazioni di categoria, vengono confermate le difficoltà che emergono in
tutto il comparto. Secondo l’”Osservatorio
congiunturale sull’artigianato e la piccola impresa in Emilia-Romagna” (indagine realizzata da Confartigianato
Federimprese EmiliaRomagna, in collaborazione con AES - Analisi
Economiche e Sociali
- che coinvolge un
campione di oltre 900
imprese regionali dei
settori manifatturiero,
edilizia/costruzioni,
servizi alle imprese,
servizi alle persone e
analizza indicatori quali
fatturato, ordini, occupazione e investimenti),
nel secondo semestre
2009 si confermano, a
livello regionale, per la
produzione/domanda,
sensibili
ridimensionamenti, anche se più
contenuti rispetto al
semestre precedente,
con una variazione,
su base annua, pari a
-5%. Analoga flessione
del giro d’affari anche
per il fatturato (-5,5%); in questa seconda
parte dell’anno si assiste a un generale contenimento dei prezzi. Nell’occupazione si
evidenziano gli andamenti poco positivi già
registrati nel semestre passato, con il ridimensionamento degli organici aziendali, per
fronteggiare i costi; bassa propensione agli
investimenti e calo delle esportazioni anche
più accentuato di quello del primo semestre. La provincia di Forlì-Cesena, assieme
a Piacenza, dimostra di avere però maggiori
possibilità di recupero nel 2010; si prevede
infatti un incremento dei volumi di produzione/domanda e fatturato.
Sulla base dei dati della rilevazione TrendER,
“Osservatorio congiunturale sulla micro e
piccola impresa in Emilia-Romagna”, realizzato da CNA Emilia-Romagna con Federazione
Banche di Credito Cooperativo, Istat,
Unioncamere E.R. e Regione, nel primo semestre 2009, l’andamento congiunturale appare di segno negativo, con micro e piccole
imprese in affanno; sono in particolar modo
le imprese della produzione a manifestare
maggiore debolezza con ridimensionamento
degli ordini e del fatturato, degli investimenti e dell’export.
Nelle aziende CNA di Forlì-Cesena, nell’anno 2009, sul versante
“occupazione”, si riscontra l’assunzione di
570 apprendisti (+1,6%
rispetto al 2008) con
la formula di apprendistato “professionalizzante”, contratto a
contenuto formativo.
Sono invece 516 gli
apprendisti in regola
con la vecchia normativa (-23,6% rispetto al
2008). I collaboratori
coordinati a progetto
sono 853 al 31/12/09,
soprattutto
inseriti
nel campo della “produzione, costruzioni e
installazione di impianti”, ma anche nei settori “comunicazione
e terziario avanzato”
e artigianato artisticotradizionale.
Gli extracomuntari occupati come dipendenti al 31/12/2009, secondo la CNA, risultano essere, rispetto al totale degli occupati,
il 13% (in termini numerici: 1.558) e sono
in flessione, rispetto al 2008, del 5,2%. Le
aziende con alle dipendenze cittadini extraUE rappresentano il 29,5% del totale delle
imprese, in crescita dello 0,4% rispetto al
2008. Albanesi, cinesi e marocchini, seguiti
da senegalesi e tunisini, sono le nazionalità
più rappresentate, impiegati in gran parte
nei settori metalmeccanico, legno e mobile
imbottito (728), edile (344), autotrasporto (114), tessile, abbigliamento e calzature
(103). Sempre secondo statistiche CNA i lavoratori dipendenti, cittadini europei, sono
in totale 537 (in calo del 3,9% rispetto al
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
loro aziende. Da parte delle imprese artigiane, nel 2009 rispetto al 2008, il ricorso a
UNIFIDI Emilia-Romagna, - il Confidi regionale unitario dell’artigianato -, è sensibilmente aumentato, con una crescita degli importi
deliberati. Secondo i dati CNA nel 2009 si
sono riscontrati oltre 79 milioni di euro di
finanziamenti agevolati, contro i quasi 54
milioni del 2008, per un totale di pratiche
deliberate pari a 1.211 (l’importo medio di
ogni pratica è di circa 65.000 euro); da sottolineare il fatto che solo il 20% dei finanziamenti è destinato ad investimenti, mentre il
restante 80% è utilizzato per ricostruire la
necessaria liquidità. Secondo Federimpresa
Confartigianato Emilia-Romagna sono stati
erogati finaziamenti, attraverso Consorzi
Fidi ed operazioni di leasing, per 70 milioni
di euro.
A R T I G I A N A T O
2008; nel forlivese però +2,5%, nel cesenate
-9,6%), di cui 359 rumeni, 80 bulgari e 54
polacchi. Gli autonomi stranieri sono, a fine
2009, 571 (di cui 134 cittadini europei e 437
extracomunitari), in numero complessivo
pressoché invariato rispetto al 2008, attivi
nell’edilizia in numero di 277.
Sulla base delle informazioni fornite dalle
Associazioni di Categoria, di grande rilevanza appare, per l’anno 2009, il problema
dell’accesso al credito e del rapporto con
le banche, infatti numerose imprese della
provincia si sono impegnate a trovare credito per liquidità, finalizzato a portare avanti
l’attività, pur in presenza di un calo del fatturato, in attesa della auspicata ripresa. Gli
imprenditori evidenziano gli effetti negativi
dell’applicazione automatica delle norme
di Basilea 2, dalla parte delle banche, riconoscendo ai Confidi il finanziamento delle
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
187
A R T I G I A N A T O
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
188
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
C
C
OOPERAZIONE
Prima
di
analizzare
l’andamento congiunturale dei
vari settori
nel
2009,
si possono
prendere in
esame alcune informazioni desunte dai bilanci dell’anno
2008 delle imprese associate alle tre Centrali Cooperative: Lega delle Cooperative,
Confcooperative e Associazione Generale
delle Cooperative Italiane. I dati, ovviamente, sono relativi all’anno 2008, non essendo disponibili informazioni più aggiornate al
momento in cui si scrive. Tali dati si riferiscono al numero delle imprese associate, ai
soci, agli occupati e al valore della produzione indicato nei bilanci depositati.
A fine 2008 le imprese associate erano 554,
con un numero di soci complessivo in provincia pari a 166.443. Gli occupati totali erano 25.842, comprendendo fra questi sia i soci
lavoratori che i lavoratori non soci. Il valore globale della produzione dell’anno 2008
ammontava a 5.874 milioni di euro. Tutti gli
elementi considerati presentano, rispetto al
2007, aumenti in taluni casi anche consistenti in quanto il 2008 è stato un anno positivo per l’economia provinciale; le difficoltà,
che si sono
protratte
per tutto
l’anno successivo, cominciarono
a presentarsi negli
ultimi mesi
dell’anno.
Le imprese associate aumentarono del 2,0%
ed il numero dei soci del 5,1%. Consistente
anche l’aumento degli occupati (+13,4%) e
del valore della produzione (+9,5%).
Venendo all’anno 2009, anche il settore
cooperativo ha risentito della grave crisi
economica di cui si è fatto cenno. Prima di
passare all’analisi dei principali comparti, si
analizzano alcuni dati sulla consistenza e
sulla struttura delle imprese cooperative secondo i dati del Registro delle Imprese.
Al 30/09/2009 risultano iscritte 765 imprese
cooperative con sede in provincia di ForlìCesena di cui 539 attive. Si rammenta, infatti, che un’impresa può essere iscritta, ma
non avere ancora iniziato o aver interrotto
l’attività, per molteplici motivi. Le cooperative attive della provincia di Forlì-Cesena
rappresentano l’1,3% del totale delle imprese (1,2% il dato regionale e 1,5% quello
nazionale) e costituiscono il 10,3% di tutti i
CENTRALI COOPERATIVE
Forlì-Cesena - Bilancio sociale
2007
Soci
Imprese associate
Occupati
Valore produzione (mln €)
2008
var 2007-2008
158.324
166.443
5,1%
543
554
2,0%
22.791
25.842
13,4%
5.362
5.874
9,5%
C O O P E R A Z I O N E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonti: AGCI - CCI - LNCM - sede di Forlì
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
189
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
sodalizi nell’intera regione.
Per quanto riguarda i settori di attività, secondo la codifica Ateco 2007, il 14,1% delle
cooperative della provincia di Forlì-Cesena
svolge attività “artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento”, l’11,5% appartiene al settore delle “costruzioni”; quello
definito “sanità e assistenza sociale” rappresenta il 10,6% del totale delle cooperative e
comprende realtà di rilevanza nazionale da
un punto di vista occupazionale; lo stesso
peso, in quanto a numerosità, hanno le cooperative agricole; quelle che svolgono “attività professionali, scientifiche e tecniche”
rappresentano il 10% del totale delle cooperative. Le restanti sono distribuite in una
serie di settori fra i quali “attività manifatturiere”, “servizi alle imprese”, “informazione
e comunicazione”.
Segue ora un’analisi sull’andamento dell’anno 2009 fornita dalla Direzione Provinciale
del Lavoro, mediante l’esame dei principali
comparti in cui operano le imprese cooperative. Per alcune considerazioni di carattere generale si rimanda ai capitoli corrispondenti del presente Rapporto.
Il 2009, come detto a più riprese, è risultato un “anno nero” anche per l’economia
provinciale. La crisi congiunturale iniziata a
fine 2008, causata dalla crisi finanziaria americana che si è poi ripercossa pesantemente sull’Europa, ha generato una situazione
di ulteriore difficoltà sul nostro territorio
a cui si è risposto con il ricorso massiccio
agli strumenti di difesa dell’occupazione: aumento esponenziale della cassa integrazione
ordinaria, uso più accentuato della straordinaria, attivazione di contratti di solidarietà,
messa in mobilità di decine di lavoratori e
richieste di CIG in deroga per le tante aziende artigiane e cooperative non aventi diritto
agli ammortizzatori.
In questo contesto le imprese cooperative,
rispetto ad altre, hanno assorbito meglio
gli effetti della situazione congiunturale descritta. Lo spirito solidaristico ha giocato in
questo caso un ruolo importante, in particolare sul fronte della tenuta della manodopera impiegata con i contratti di solidarietà
e la collaborazione tra imprese mediante i
consorzi e accordi trasversali.
Oltre a ciò, un ruolo strategico per aiutare a uscire dalla crisi viene esercitato dalle
cooperative di garanzia e, fra gli istituti di
credito, dalle Banche di Credito Cooperativo che si sono mostrate particolarmente
sensibili e attente alle sorti dell’economia
IMPRESE COOPERATIVE
Situazione al 30/9/2009
IMPRESE COOPERATIVE
C O O P E R A Z I O N E
REGISTRATE
Piacenza
Parma
ATTIVE
cooperative ogni
100 imprese
Indice di
composizione
cooperative sul
totale regionale
Indice di composizione totale
imprese sul
totale regionale
582
345
1,2%
6,6%
6,7%
791
554
1,3%
10,6%
10,1%
Reggio Emilia
1011
696
1,3%
13,3%
12,3%
Modena
1257
863
1,3%
16,5%
16,0%
Bologna
1588
1.115
1,3%
21,3%
20,5%
Ferrara
502
365
1,0%
7,0%
8,1%
Ravenna
542
451
1,2%
8,6%
8,9%
Forlì-Cesena
765
539
1,3%
10,3%
9,5%
Rimini
477
316
0,9%
6,0%
7,9%
7.515
5.244
1,2%
100,0%
100,0%
151.218
79.288
1,5%
-
-
EMILIA-ROMAGNA
ITALIA
Fonte: Stock View (Infocamere)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
190
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
del territorio.
Passando ai singoli settori, le cooperative di
consumo nel 2009 hanno fatto registrare,
rispetto alle vendite, una situazione differenziata, ma nel complesso in aumento fra
le varie tipologie di prodotti commercializzati. Per il 2010 è prevista l’apertura di 2
supermercati e dell’Ipermercato a Forlì con
diverse iniziative per diversificare l’attività
all’interno dei punti vendita.
Il comparto avicolo, ossatura e punto di riferimento dell’economia provinciale, ha fornito segnali interessanti di ripresa rispetto a
due anni prima. Il 2009, infatti, ha visto una
crescita di fatturato e occupazione rispettivamente del 4% e del 3%. Oltre un terzo
della produzione nazionale è riferita alla provincia di Forlì-Cesena
ove operano grosse
realtà cooperative
molto attive
nell’acquisire
nuovi mercati
anche
puntando
sulla diversificazione del
prodotto.
La produzione locale
è stata particolarmente apprezzata nel corso della scorsa Fiera
Avicola con la presenza di ben 40 delegazioni estere. Le Associazioni del comparto
legate alla cooperazione hanno inoltre intrapreso un’importante campagna informativa
rispetto alla qualità e genuinità del prodotto
e alle proprietà nutrizionali.
La campagna vitivinicola del 2009 si attesta
su valori molto vicini a quelli fatti registrare
nel 2008. La quantità del prodotto lavorato è aumentata dell’8% rispetto al 2008. La
gradazione alcolica va dai 10 gradi per l’uva
bianca agli 11 gradi per la rossa.
Per la qualità del prodotto primeggia il rosso Sangiovese rispetto ai bianchi Trebbiano
e Albana. Va segnalato il fenomeno già temuto da qualche anno: la sovrapproduzione
dei rossi rispetto ai bianchi.
Gli operatori lamentano che in tutti i PaeRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
si nordici quali Germania, Gran Bretagna,
Olanda, Belgio e in Francia (per quest’ultima su richiesta), la possibilità di arricchire
il mosto con zucchero, mentre in tutte le
Nazioni del bacino del mediterraneo tale
pratica è proibita. Questo, ovviamente, appesantisce il mercato aumentando la quantità del prodotto commercializzato a scapito
della qualità. La richiesta italiana di vietarne
l’utilizzo non è stata accolta. E’ stata invece penalizzata la tecnica italiana di utilizzare i mosti concentrati: infatti ne è previsto
l’utilizzo, ma a dosi decrescenti nei prossimi
anni, fino a scomparire nel 2013.
Le cooperative locali continuano comunque
a puntare sulla qualità aumentando di anno
in anno la gamma dei vini commercializzati
con i marchi
a denominazione di
origine. E’
necessario,
peraltro,
sviluppare
ulteriormente una
campagna
mirata
di
marketing
per far conoscere
sempre più
il prodotto,
soprattutto
all’estero. Si
sta tentando
la diffusione del prodotto locale anche negli
Usa, Sud America e Sud Est Asiatico, oltre
che in Germania e nell’Est Europa già in atto
da tempo.
Il comparto ortofrutticolo è una delle principali branche per aspetti socio-economici
non solo all’interno del settore agricolo,
ma più in generale all’interno dell’economia
provinciale, come dimostrato anche dalle
significative presenze delle produzioni locali all’interno della rassegna internazionale
MACFRUT di Cesena e con la partecipazione, per la prima volta, della grande distribuzione organizzata e di numerosi operatori di
paesi esteri quali Spagna, Francia, Germania,
Russia e Turchia. E’ sempre più accentuata
la presenza dei paesi dell’Est Europa e del
bacino mediterraneo. Nonostante il miglioramento costante delle qualità della produ-
C O O P E R A Z I O N E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
191
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
zione locale nonché tecniche di imballaggio
e macchinari sempre più sofisticati, la domanda rimane complessivamente bassa e i
prezzi spuntati dai produttori risultano non
remunerativi. Va segnalato lo sforzo delle
cooperative locali per la certificazione della
produzione.
Una nota particolare riguarda il settore peschicolo caratterizzato da quotazioni così
basse da non poter coprire i costi di produzione. Nel 2009 la domanda è rimasta sempre debole sia in Italia che all’estero dovuta
anche alla crisi economica che ha investito
l’intera Europa.
Come più volte rilevato occorre uniformare la produzione tuttora troppo frazionata e
disomogenea, concentrare l’offerta, rendere sempre più efficiente la logistica e creare
una rete di organizzazione di produttori che
svolga un’efficace azione di raccordo all’interno dei paesi dell’U.E.
Un’attività collegata strettamente all’ortofrutta è quella dei surgelati: in questo settore opera una cooperativa che si conferma
fra le prime realtà italiane del comparto ad
ha in atto un impegnativo piano di espansione degli investimenti produttivi e tecnologici.
La situazione del settore dei trasporti continua ad essere difficile e vi sono segnali poco
rassicuranti anche per il futuro. Nonostante
i tentativi di razionalizzazione del settore,
volti a diminuire la eccessiva parcellizzazione, i margini di profitto sono bassi. Le imprese faticano a competere, in un mercato
sempre più concorrenziale, coi vettori dei
paesi dell’Est Europa poiché la committenza
sceglie chi garantisce il prezzo più basso. In
tale situazione prolifera il lavoro illegale e
la presenza di società non rispettose delle
“regole” fondamentali come il pagamento
dei contributi e il rispetto dei tempi di guida
e riposo dei lavoratori. Occorre sostenere
le imprese sane con interventi finanziari che
favoriscono competenza e professionalità e
mettere a punto un ”patto tra imprese committenti” teso al rilancio di un settore così
vitale per la nostra economia. Alcune coo-
IMPRESE COOPERATIVE ATTIVE ISCRITTE AL REGISTRO IMPRESE
Forlì-Cesena - consistenza al 30 settembre 2009
C O O P E R A Z I O N E
Settori Ateco 2007
IMPRESE ATTIVE
A Agricoltura, silvicoltura pesca
B Estrazione di minerali da cave e miniere
C Attività manifatturiere
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz...
E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione d...
F Costruzioni
G Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di aut...
H Trasporto e magazzinaggio
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
J Servizi di informazione e comunicazione
K Attività finanziarie e assicurative
L Attivita’ immobiliari
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle im...
O Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale ...
P Istruzione
Q Sanita’ e assistenza sociale
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver...
S Altre attività di servizi
T Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro p...
X Imprese non classificate
TOTALE
Indice di composizione imprese
57
0
36
1
4
62
31
28
15
25
14
21
54
33
0
14
57
76
9
0
2
10,6%
0,0%
6,7%
0,2%
0,7%
11,5%
5,8%
5,2%
2,8%
4,6%
2,6%
3,9%
10,0%
6,1%
0,0%
2,6%
10,6%
14,1%
1,7%
0,0%
0,4%
539
100,0%
Fonte: Stock View (Infocamere)
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
192
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
perative della provincia hanno sottoscritto
contratti di solidarietà con le OO.SS. dei
lavoratori: a fronte di una diminuzione del
salario per un periodo definito, viene garantita la salvaguardia dei posti di lavoro. E’ necessario pertanto che la committenza non si
estranei da tali problematiche privilegiando
come criterio di scelta quello del massimo
ribasso. Anche le istituzioni devono dimostrare concretamente di agevolare le aziende del settore con aiuti finanziari e sgravi
contributivi oltre a combattere abusivismo
e illegalità.
Il comparto edile nel 2009 ha notevolmente sofferto per la situazione congiunturale
che ha investito anche la nostra provincia.
Nonostante la meritoria opera calmieratrice
svolta dalla
Cooperazione in un
mercato
sempre più
inflazionato,
i prezzi delle
case di civile
abitazione
continuano
a essere alti
pur incrementandosi
l’invenduto.
Le
opere
pubbliche,
purtroppo,
non decollano e gli
appalti, rispetto alle infrastrutture, non tengono conto dei reali costi sostenuti dalle cooperative. Diminuiscono gli appalti e non vi
sono segnali di ripresa di questo comparto
considerato il volano dell’economia. Le imprese lamentano anche ritardi nei pagamenti
da parte degli enti appaltanti.
I settori tessile-abbigliamento e mobile imbottito si sono indeboliti nel tempo
per un mercato sempre più concorrenziale,
sia interno che estero. La presenza sempre
più massiccia di società formate da lavoratori extracomunitari, spesso non in regola e
a prezzi fuori mercato, hanno determinato
la chiusura di piccoli o medi sodalizi non in
grado di competere rispetto a tali situazioni.
La congiuntura sfavorevole nell’intero comparto non permette inoltre come in passato
di riconvertire la produzione e quindi la riRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
qualificazione del personale.
Le cooperative del comparto pulimento si
sono sempre contraddistinte per la qualità
del servizio offerto, per le attrezzature e
per il personale impiegato, ma la congiuntura sfavorevole e il sistema degli appalti al
massimo ribasso continua a generare una
situazione distorta. Diversi enti continuano
ad assegnare le attività di pulimento a società provenienti da fuori regione, spesso poco
solvibili, provocando successivi interventi
delle autorità preposte alla vigilanza per mancato o ritardato pagamento alle maestranze
occupate e per il non rispetto delle norme
contrattuali. Vi è inoltre un uso frequente e
spesso ingiustificato del sub-appalto che, in
caso di infortuni, rende difficoltoso individuare le singole
responsabilità.
Per il facchinaggio
e la logistica, i sodalizi della
provincia si
distinguono
per le attrezzature
impiegate e
la professionalità degli
addetti, ma
hanno visto
diminuire
le commesse sia per la crisi che per la concorrenza di
piccole cooperative non locali formate integralmente da extracomunitari che, in taluni
casi, sono privi del permesso di soggiorno.
Le cooperative di questo comparto vengono
periodicamente monitorate dall’Osservatorio provinciale istituito presso la Direzione
Provinciale del Lavoro.
L’Osservatorio provinciale permanente sulla
Cooperazione, istituito in ogni provincia dal
Ministero del Lavoro, sta curando in particolar modo gli interventi di irregolarità in
questo segmento produttivo.
Da anni il settore della pesca ha perso vitalità sia per la qualità che per la quantità del
pescato.
Nonostante la notevole pescosità del mare
Adriatico, da alcuni anni si registrano cali nel
pescato. Il riscaldamento delle acque, inol-
C O O P E R A Z I O N E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
193
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
C O O P E R A Z I O N E
tre, incide negativamente su alcune specie
della nostra marineria quali sgombro, sardina, saraghina, che prediligono, invece, acque
fresche.
Nel 2009 fra le specie più pescate sono apparse in leggero aumento rispetto all’anno
2008: palombi, mazzole, sogliole, triglie,
seppioline, canocchie; sono risultate in diminuzione: merluzzi, paganelli, mazzancolle,
calamari, scampi, cefali e sardine.
Tra i rimedi per salvaguardare la produzione è necessario definire “regole comuni” e
i cosiddetti “comportamenti di pesca transfrontaliera”. Per aiutare il settore, la Regione Emilia-Romagna ha erogato 4,5 milioni
di euro per ammodernare i pescherecci e i
luoghi di sbarco.
Discreta la situazione complessiva dell’acquacoltura con un buon prodotto e prezzi
in leggero rialzo; quasi nulla la produzione
di vongole veraci.
L’approvazione del Regolamento comunitario, in vigore dal prossimo giugno 2010,
che prevede una dimensione maggiore della maglia delle reti per la pesca fuori dalle
tre miglia, desta non poche preoccupazioni
fra i pescatori. Rispetto ai pesci di piccola
taglia come quelli pescati nel nostro mare,
la produzione potrebbe ridursi in maniera
drastica con inevitabili ripercussioni sui posti di lavoro. Qualche sviluppo positivo per i
pescatori si potrebbe ottenere con l’espansione della pesca-turismo grazie all’apposita
legge istitutiva che ne favorisce lo sviluppo.
La crisi della nostra economia ha chiamato
all’appello le cooperative di credito cooperativo e quelle di garanzia per la continua richiesta di accesso al credito da parte
delle nostre aziende.
Le Banche di credito cooperativo hanno
continuato a sostenere le nostre aziende in
crisi con tassi agevolati e facilitazioni creditizie così come le cooperative di garanzia istituite dalle varie associazioni di rappresentanza. E’ necessario che le banche, oggi più
che mai, aiutino le cooperative di garanzia
accogliendo le diverse esigenze rappresentate.
L’incremento dell’attività delle cooperative
di garanzia si è attestato su un +40 % del totale dei finanziamenti rispetto all’anno 2008.
Oltre a ciò è necessario monitorare i rapporti con altri Enti finanziatori quali Provincia, Comuni e Camera di Commercio.
Un sottoinsieme delle imprese cooperative è costituito da quelle definite “sociali” che operano nel settore dei servizi alle
persone con difficoltà, fornendo assistenza
o favorendo il loro inserimento lavorativo.
Questo tipo di imprese è regolamentato da
un’apposita legge (381/1991) che classifica le
cooperative in: operanti in ambito socio-sanitario assistenziale (tipo a), operanti nell’inserimento lavorativo di persone in difficoltà
(tipo b) oppure nei due ambiti in forma mista. Al 31/12/2009 in provincia di Forlì-Cesena si registra un totale di 85 cooperative
sociali (42 nel forlivese e 43 nel cesenate).
Scendendo nel dettaglio possiamo notare la
CONSISTENZA DELLE COOPERATIVE SOCIALI
Forlì-Cesena
anno
Comprensorio di Forlì
Comprensorio di Cesena
Totale
2000
32
30
62
2001
37
36
73
2002
42
39
81
2003
43
41
84
2004
47
44
91
2005
50
46
96
2006
50
48
98
2007
47
42
89
2008
45
43
88
2009
42
43
85
Fonte: Direzione Provinciale del Lavoro di Forlì - Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale
Elaborazione: Ufficio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
194
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
tel e Libera Professione da parte dell’ASL di
Forlì; l’affidamento di servizi di supporto da
parte del Comune di Bertinoro; l’affidamento di gestione del Centro Donna del Comune di Forlì; il servizio di attività teatrale
con finalità terapeutica per il Dipartimento
Salute Mentale. Così pure è proseguita l’attività per garantire la continuità dei laboratori presso la Casa Circondariale di Forlì e
va segnalato il prestigioso riconoscimento
“Cooperambiente” assegnato ad una cooperativa sociale forlivese. Anche per le cooperative sociali le principali difficoltà sono
dovute ai ritardati pagamenti da parte degli
Enti a fronte dei servizi offerti, alla pratica
del massimo ribasso tuttora esercitato dagli
Enti appaltanti, alla non considerazione dei
costi contrattuali e dei costi vivi sostenuti
dalle cooperative stesse. Le cooperative locali danno prova di coesione anche partecipando a gare in associazioni temporanee
d’impresa (ATI). E’ necessario inoltre che
si sviluppino forme di collaborazione anche
che fra cooperative sociali e mondo profit.
C O O P E R A Z I O N E
presenza di 40 cooperative sociali del “tipo
a” in provincia (22 nel territorio forlivese e
18 in quello cesenate); 28 del “tipo b” (rispettivamente 12 e 16) e 17 di forma mista
(8 per Forlì e 9 per Cesena). La cooperazione sociale, punta di eccellenza sia per i valori che rappresenta e per i servizi erogati ai
più deboli che come elemento trainante del
welfare locale, risente delle difficoltà dovute al restringimento della spesa sociale delle
pubbliche amministrazioni: si riscontrano
flessioni negli appalti e nelle convenzioni,
pagamenti ritardati, frequenti inserimenti di
“pseudo-cooperative” provenienti da fuori
regione che acquisiscono lavori con offerte fuori mercato. Anche in questo ambito
opera il citato Osservatorio Provinciale sulla Cooperazione. L’attività del Gruppo di
Lavoro Paritetico sulla Cooperazione Sociale nel 2009, oltre agli incontri per facilitare
l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati con l’istituto del salario d’ingresso, ha
esaminato bandi per l’affidamento a cooperative di tipo (b) di compiti quali: il servizio
di prenotazione e disdette telefoniche Cup-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
195
C O O P E R A Z I O N E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
196
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
ESTRATTO DAL RAPPORTO SULL’ECONOMIA REGIONALE 2009
a cura di UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA
L O SCENARIO ECONOMICO INTERNAZIONALE
199
L O SCENARIO ECONOMICO NAZIONALE
211
L ’ECONOMIA REGIONALE NEL 2009
223
L E PREVISIONI PER L’ECONOMIA REGIONALE
243
NEL 2010
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
197
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
O S C E N A R IO E C O N O M IC O
L
L
I N T E R N A Z IO N A L E
L’economia mondiale
L’economia mondiale sta gradualmente iniziando ad
emergere dalla più grave recessione del dopoguerra.
La recessione mondiale si è quindi arrestata e si sta
ora profilando una ripresa, in larga parte riconducibile al sostegno delle politiche economiche espansive
adottate nei principali paesi. La ripresa che si è avviata
nella prima metà dell’anno in molte economie emergenti, si è successivamente diffusa ai paesi sviluppati,
ma nella maggior parte di questi la crescita risulterà
altalenante e modesta per lungo tempo. Rimane comunque molto elevata l’incertezza sulla solidità della
ripresa. L’avvio della fase di uscita dall’attuale condizione di politiche monetarie e fiscali eccezionalmente
espansive pone la questione della sostenibilità della
ripresa. Centrale è assicurare un’evoluzione positiva
della domanda privata tenuto conto del venir meno
degli stimoli fiscali e monetari, dell’esaurirsi del ciclo
positivo delle scorte, di una disoccupazione elevata
e crescente, della limitata disponibilità di credito e
dell’esigenza di risanamento dei bilanci delle famiglie.
Prodotto e commercio mondiale
L’espansione del prodotto mondiale nel 2008 non è
andata oltre il 2,2%, ma il peso della crisi ha gravato
notevolmente sull’anno che giunge al termine, per il
quale si registra un’eccezionale contrazione dell’1,7%,
per quanto questa risulti inferiore alle previsioni
ben più negative elaborate all’inizio dell’anno. Nelle
previsioni degli organismi internazionali, la crescita
dell’economia mondiale avrà ritmi contenuti per l’anno in corso, ma nel 2010 si collocherà in media attorno al 3%, mentre quella dei paesi avanzati risulterà
appena al di sopra dell’1%. Le più recenti previsioni
dell’Ocse risultano comunque leggermente più ottimistiche e stimano una crescita del prodotto mondiale al 3,4%.
Un notevole sostegno alla crescita giungerà dalla ripresa del commercio mondiale. Cresciuto di solo il
3% nel 2008, esso si ridurrà in media del 12,5% al
termine di quest’anno. L’espansione delle economie
emergenti ha avviato la ripresa, che si è diffusa ai Paesi avanzati fornendo sostegno al commercio mondiale nella seconda metà del 2009. La crescita del commercio internazionale risulterà più tangibile nel 2010,
quando giungerà a toccare il 6%.
Cambi
Durante i momenti di maggiore incertezza determinati dalla rapidità e forza della crisi mondiale, il dollaro si era rivalutato sensibilmente e rapidamente, in
quanto ritenuto la valuta di rifugio di maggiore sicurezza per i capitali internazionali. Con il miglioramento delle condizioni sui mercati internazionali si è
esaurita la fase di ricomposizione dei portafogli degli
investitori in favore di attività denominate in valute
ritenute più sicure. Il dollaro ha quindi ripreso a indebolirsi, come nel periodo antecedente lo scoppio
della crisi, sia a causa del permanere dello squilibro
esterno degli Stati Uniti, sia per la politica adottata
dalla Fed, che prevede tassi di intervento prossimi allo
zero e un’eccezionale espansione quantitativa. Il dollaro si è quindi trovato ad essere la valuta di elezione
per quanti intendono indebitarsi a basso costo per
poi investire in attività e valute a maggiore rendimento. I paesi emergenti, dal canto loro, hanno mostrato
(1)
Fonte: CPB, in Financial Times
(2)
Fonte:Thomson Reuters Datastream;
in Financial Times.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
(3)
(4)
A P P E N D I C E
(1) Volume del commercio mondiale, indice (2005=100).
(2) Riduzione della produzione industriale e del Pil dal picco al minimo del ciclo 2008-2009.
(3) Attività dell’industria manifatturiera, indice dei responsabili degli acquisti Pmi, (<50 contrazione).
(4) Attività del settore dei servizi, indice dei responsabili degli acquisti Pmi, (<50 contrazione)
Fonte:Thomson Reuters Datastream; Markit in Financial Times
199
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Saldo di conto corrente della bilancia dei pagamenti in miliardi di
dollari.
Indebitamento e debito pubblico in percentuale del Pil.
Fonte: Fmi in Finacial Times
Fonte: Fmi in Finacial Times
una maggiore capacità sia di affrontare la crisi, grazie
alla minore esposizione dei loro sistemi finanziari,
sia di uscirne rapidamente, anche senza un’effettiva
recessione. Non avendo dovuto sostenere l’attività
economica con sostanziali stimoli fiscali, essi si trovano nella favorevole condizione di avere un limitato
ammontare di debito pubblico in rapporto al Pil divenendo destinatari di ingenti flussi di capitali.
La conseguente svalutazione del dollaro è stata forte
nei confronti dell’euro, ma particolarmente ampia rispetto alle valute dei paesi emergenti (ad eccezione
della Cina) e dei paesi esportatori di commodities.
Nonostante le pressioni internazionali, il renminbi
cinese è rimasto invece invariato nei confronti del
dollaro. Il Governo cinese dall’estate del 2008 ha di
nuovo mantenuto fisso il cambio con il dollaro con
ciò ponendo fine alla strisciante rivalutazione precedente. Per contenere la perdita di competitività internazionale legata all’apprezzamento della loro valuta e
smorzare il rischio di nuove bolle speculative, alcuni
paesi emergenti hanno deciso di adottare misure di
controllo sui movimenti di capitale. Dato il consisten-
A P P E N D I C E
Cambi e quotazione dell’oro. Dic.2005 – Nov.2009
Euro / Dollaro statunitense ($ per €)
Dollaro statunitense / Yen (¥ per $)
Dollaro statunitense / Real brasiliano (R$ per $)
Dollaro statunitense / Chinese Renminbi (Yuan per $)
Dollaro statunitense / Rupia indiana (Rs per $)
Oro. COMEX gold 1 futures chain front month. 2005-2009
Fonte: Finacial Times
200
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
te ammontare di tali flussi di capitale, queste misure
da sole difficilmente potranno riuscire a capovolgere
la tendenza all’apprezzamento delle valute di questi
paesi. Sarà invece l’avvio della cosiddetta exit strategy,
con il graduale abbandono dell’attuale politica monetaria americana, nel 2010, che porterà ad un nuovo
rafforzamento del dollaro e a sostenere progressivamente il contenimento delle pressioni al rialzo sulle
valute di alcuni paesi emergenti.
Prezzi delle materie prime
Il prezzo in dollari del petrolio, secondo il Fondo monetario internazionale, ha fatto registrare un incremento del 36,4% nel 2008, nonostante, dopo i picchi
dell’estate a oltre 140 dollari il barile, le quotazioni
siano rapidamente crollate con l’aggravarsi repentino della crisi mondiale. La tendenza negativa si è
arrestata con il barile a 32 dollari. Dopo i forti rialzi
registrati dall’inizio dell’anno, a partire da giugno le
quotazioni del petrolio hanno fluttuato tra i 60 e i
70 dollari al barile, per poi salire ulteriormente nella
fascia tra i 70 e gli 80 dollari al barile. Tale andamento risulta il riflesso di tendenze contrastanti: da un
lato, le notizie circa il rafforzamento della domanda
di greggio nei paesi emergenti, soprattutto dell’Asia e
in particolare da parte della Cina; dall’altro, l’aumento
delle scorte nei paesi dell’Ocse, in particolare negli
Stati Uniti ove le quotazioni del Wti sono risultate
per lunghi periodi a sconto e non a premio rispetto
a quelle del Brent. Dall’inizio dell’anno le quotazioni del Wti sono salite del 63,4%. Secondo il Fondo
monetario internazionale, nel 2009 le quotazioni del
petrolio risulteranno mediamente inferiori a quelle
dello scorso anno del 36,6%. La diffusione della ripresa dell’attività e quindi l’aumento della domanda dovrebbe nuovamente mettere sotto pressione i prezzi
dei prodotti petroliferi e l’oro nero dovrebbe vedere
le quotazioni salire del 24.3% nel 2010.
Anche per le materie prime non energetiche l’aumento delle quotazioni in dollari del 2008 (+7,5%),
sarà seguito da una pesante riduzione (-20,3%) nella
media del 2009. Ma dai primi mesi dell’anno i prezzi
in dollari delle materie prime non energetiche hanno continuato a segnare cospicui rialzi, riflettendo gli
incrementi più notevoli nei comparti maggiormente
sensibili al ciclo economico, quali quello dei metalli di
base (rame e alluminio) dei metalli preziosi e di alcuni
prodotti agricoli industriali (the, zucchero). Dall’inizio dell’anno, la quotazione del rame è aumentata del
118,3%, il prezzo del mais è sceso del 5,8%, quello del
grano dell’8,7%, mentre le quotazioni dello zucchero
e del cotone sono salite rispettivamente dell’87,8% e
del 50,9%. Il Fondo monetario internazionale ritiene
che la tendenza positiva delle quotazioni proseguirà
Petrolio: NYMEX WTI Crude Oil Front Month
Rame: COMEX high grade copper futures
Mais: CBT future
Soia: CBT future
Zucchero bianco: LIFFE sugar no5 futures chain fr
Cotone: ICE Us c1 cotton no2 futures chain
A P P E N D I C E
Prezzi delle materie prime. Dic. 2005 – Nov. 2009
Fonte: Finacial Times
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
201
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
anche nel 2010, facendo segnare in media un nuovo
leggero incremento (+2,4%).
Caso a parte l’andamento di mercato dell’oro. Dai
minimi della primavera scorsa le quotazioni dell’oro
sono andate progressivamente aumentando, parallelamente alla crescente consapevolezza del rischio
connesso alla quotazione e alla posizione internazionale del dollaro americano e, in senso lato, del rischio
di perdita di valore dei segni monetari. Si tratta di
preoccupazioni indotte dall’eccezionale crescita della
liquidità sui mercati e della quota del debito pubblico rispetto al Pil nelle economie dei principali paesi
sviluppati. La quotazione dell’oro ha quindi superato
prima quota 1.000, poi a inizio dicembre quota 1.200
dollari per oncia.
Mercati finanziari
Le condizioni dei mercati finanziari internazionali hanno continuato a migliorare, sostenute da una
maggior fiducia degli investitori. Sono proseguiti il
forte rialzo dei corsi azionari, la riduzione degli spread sulle obbligazioni societarie, l’allentamento delle
tensioni nei mercati interbancari.
Le azioni di politica monetaria e fiscale messe in atto
prontamente e su vasta scala da governi e banche
Curva dei rendimenti per scadenza. 04 Dic. 2009
Stati Uniti
centrali sono state in grado di evitare il tracollo del
sistema finanziario e di condurre al miglioramento
delle condizioni dei mercati osservate negli ultimi
mesi, tanto da ricondurne gli indicatori di stress a
livelli pre-crisi. La fiducia nei mercati è stata inoltre
sostenuta da una serie di dati positivi provenienti
dall’economia reale e dai risultati delle imprese.
In particolare sul mercato interbancario gli spread, i
differenziali tra i tassi sui depositi interbancari senza
garanzia a tre mesi e i tassi dei contratti swap sugli
indici overnight con uguale durata (overnight index
swaps), si sono andati riducendo sui livelli di inizio
del 2008 per l’euro e della prima metà del 2007 per
il dollaro e la sterlina. Anche sul mercato obbligazionario gli spread per i titoli societari e governativi
hanno continuato a ridursi. I mercati azionari di tutto
il mondo, almeno da marzo, hanno avviato una generalizzata e sostanzialmente ad ora ininterrotta fase
di ripresa grazie all’eccezionale liquidità presente nel
sistema, ai bassissimi livelli dei tassi di intervento, alle
prospettive di ripresa dell’economia mondiale e ai
positivi risultati societari.
Le banche centrali dei principali paesi avanzati, oltre
alla riduzione dei tassi di intervento, hanno continuato a fornire ampia liquidità. Ciò ha determinato
il quasi azzeramento dei tassi a breve, la riduzione
dei tassi a più lungo termine, un notevole aumento
della pendenza della curva dei tassi per scadenza e
un’enorme rigonfiamento dei bilanci delle banche
Mercato interbancario,differenziali tra i tassi sui depositi
interbancari senza garanzia a tre mesi e i tassi dei
contratti swap sugli indici overnight con uguale durata
(overnight index swaps)
Euro zona
A P P E N D I C E
Fonte: European Commission, Directorate-General for Economic and
Financial Affairs, European Economic Forecast, Autumn 2009
Dimensione dei bilanci di alcune banche centrali (numeri
indice; 5 gennaio 2007 = 100; dati settimanali)
Giappone
Fonte: Finacial Times
202
Fonte:Thomson Reuters Datastream, in Banca d’Italia, Bollettino economico
n.58, Ottobre 2009
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tassi sui prestiti senza garanzia (Libor)
e assistiti da garanzia (Repo)
Primi dieci paesi per emissioni di obbli- Volatilità del mercato azionario Usa,
gazioni bancarie private con garanzia CBOE Vix Index
statale, miliardi di dollari
Fonte:Thomson Reuters Datastream
Fonte: Dealogic, in Financial Times
centrali. Il miglioramento delle condizioni finanziarie,
tuttavia, ha consentito di ridurre l’utilizzo di alcuni
degli strumenti eccezionali adottati durante la crisi
(come la Term Auction Facility e la Term Securities
Lending Facility della Fed). Prosegue invece il sostegno al credito alle famiglie e alle imprese che risulta
comunque limitato. Si tratta dell’offerta di liquidità a
fronte di asset-backed securities garantite da prestiti
a famiglie e imprese e di titoli garantiti da mutui commerciali (commercial mortgage backed securities). La
Fed ha prorogato questa azione sino alla prima metà
Fonte:Thomson Reuters Datastream
del 2010.
In effetti, proprio l’eccezionale liquidità presente nel
sistema e gli ingenti acquisti di titoli governativi operati dalle banche centrali e dal sistema bancario hanno ingenerato un’apparente contraddizione, la compresenza di una notevole ripresa dei mercati azionari
e del permanere su livelli estremamente ridotti dei
rendimenti dei titoli governativi. Questi due fenomeni presi singolarmente parrebbero erroneamente indicare l’esistenza di ipotesi opposte sulle prospettive
economiche sui mercati obbligazionari e azionari.
Stati Uniti: S&P 500
Europa: FTSEurofirst 300 Index
Brasile: Sao Paulo Se Bovespa Index
Russia: RTS Index
India: S&P CNX 500 Index - NSE
Cina: Shanghai Composite Index
A P P E N D I C E
Mercati azionari. Dic. 2005 – Nov. 2009
Fonte: Finacial Times
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
203
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Stati Uniti
L’economia degli Stati Uniti si sta gradualmente riprendendo da una severa recessione. La fase di riduzione del prodotto interno lordo è terminata nel
corso dell’estate. Nel terzo trimestre del 2009 si è
avviata la fase di ripresa determinata in ampia parte
dagli effetti delle politiche anticicliche adottate. Gli
stimoli di politica fiscale forniti al sistema sono stati
notevoli. L’allentamento della politica monetaria ha
riportato condizioni molto favorevoli alla crescita sui
mercati finanziari. Insieme questi fattori sosterranno
la ripresa, anche se questa risulterà un po’ più debole di quella sperimentata in passato al termine di
fasi di recessione ciclica. Ci si attende comunque che
la ripresa dell’attività continui a rafforzarsi, stante il
permanere delle misure di stimolo e un favorevole
ciclo delle scorte. Se il prodotto interno lordo nel
2009 si ridurrà di un 2,5%, le attese sono per una
sua ripresa di analoga ampiezza nel corso del 2010.
Si prospetta anche una ripresa dei consumi privati,
che sarà però contenuta in considerazione del fatto
che è in corso un intenso processo di aggiustamento
del bilancio delle famiglie statunitensi, con una rapida
riduzione del debito e la ricostituzione dell’attivo, e
che le condizioni del mercato del lavoro restano problematiche. In particolare, la disoccupazione tenderà
a ridursi lentamente ad iniziare solo dalla metà del
2010. Il miglioramento delle condizioni nei mercati
finanziari e la ripresa della domanda finale dovrebbero fornire un sostegno alla ripresa degli investimenti
La previsione economica dell’Ocse – principali aree e paesi dell’Ocse.
2008 2009 2010
Prodotto mondiale (a)
2,2
-1,7 3,4
Commercio mondiale (b,c) 3,0
-12,5 6,0
Paesi dell’Ocse
Pil (b,d)
Consumi fin. privati (b,d)
Consumi fin. pubb.(b,d)
Investimenti f. lordi (b,d)
Domanda interna tot. (b,d)
Esportazioni (b,d,e)
Importazioni (b,d,e)
Saldo di c/c in % Pil (d,e)
Inflazione (deflatt. Pil) (b)
Inflazione (p. cons.) (b)
Tasso disoccupazione (f)
Indebit. pubblico % Pil
Tasso int. breve (3m) (g)
0,6
0,5
2,4
-1,9
0,2
2,9
-0,2
-1,6
2,5
-3,5
-1,1
2,2
-12,1
-3,7
-12,8
-13,9
-0,9
1,3
1,9
1,0
1,6
0,6
1,7
6,4
5,2
-0,8
0,8
5,9
-3,5
8,2
-8,2
9,0
-8,3
A P P E N D I C E
Germania
204
2008 2009 2010
2008 2009 2010
2008 2009 2010
Stati Uniti
Giappone
Euro Area (1)
0,4
-0,2
3,0
-3,6
-0,7
5,4
-3,2
-4,9
2,1
3,8
5,8
-6,5
3,2
Francia
-2,5
-0,6
2,0
-14,3
-3,4
-10,8
-14,8
-3,0
1,3
-0,4
9,2
-11,2
0,9
2,5
1,3
1,8
2,1
2,5
6,8
6,2
-3,4
0,9
1,7
9,9
-10,7
0,3
-0,7
0,6
0,8
-5,0
-0,9
1,8
0,9
3,2
-0,9
1,4
4,0
-2,7
0,7
Spagna
-5,3
-0,7
1,1
-12,8
-3,4
-25,1
-14,7
2,5
0,0
-1,2
5,2
-7,4
0,5
1,8
1,2
2,3
-0,8
1,1
10,8
5,9
2,8
-1,7
-0,9
5,6
-8,2
0,3
0,5
0,3
2,0
-0,7
0,5
-4,0
-1,0
2,3
-10,6
-3,1
0,9
0,0
1,1
-1,0
0,2
-0,8
2,2
3,3
7,5
-2,0
4,7
-0,6
1,0
0,2
9,4
-6,1
1,2
-0,1
0,5
0,9
10,6
-6,7
0,8
Regno Unito
Pil (b,d)
1,0
-4,9 1,4
0,3
-2,3 1,4
0,9
-3,6 -0,3
0,6
-4,7 1,2
Consumi fin. privati (b,d)
0,2
0,8
-0,5
1,0
0,6
0,3
-0,6 -5,1 -1,1
1,2
-3,0 -0,2
Consumi fin. pubb.(b,d)
2,0
2,3
1,5
1,1
1,5
1,3
5,5
4,4
1,3
2,5
2,8
3,3
Investimenti f. lordi (b,d)
2,3
-8,7 1,3
0,4
-6,8 -0,3
-4,4 -15,3 -5,3
-3,3 -16,1 -5,2
Domanda interna tot. (b,d) 1,5
-1,5 0,4
0,6
-2,2 1,0
-0,5 -6,2 -1,6
0,3
-5,5 0,3
Esportazioni (b,d,e)
2,4
-14,4 7,2
-0,6 -11,0 4,7
-1,0 -13,5 5,5
1,0
-10,6 4,4
Importazioni (b,d,e)
3,9
-8,2 5,1
0,6
-10,0 2,9
-4,9 -20,1 -0,4
-0,8 -13,3 0,9
Saldo di c/c in % Pil (d,e)
6,6
4,0
4,5
-2,3 -2,1 -2,1
-9,6 -5,3 -3,8
-1,6 -2,6 -2,4
Inflazione (deflatt. Pil) (b) 1,5
0,9
0,2
2,5
1,0
0,5
2,5
0,3
0,2
2,9
1,1
1,5
Inflazione (p. cons.) (b)
2,8
0,2
1,0
3,2
0,1
1,0
4,1
-0,4 0,8
3,6
2,1
1,7
Tasso disoccupazione (f)
7,2
7,6
9,2
7,4
9,1
9,9
11,3 18,1 19,3
5,7
8,0
9,3
Indebit. pubblico % Pil
0,0
-3,2 -5,3
-3,4 -8,2 -8,6
-4,1 -9,6 -8,5
-5,3 -12,6 -13,3
Tasso int. breve (3m) (g)
4,7
1,2
0,8
4,7
1,2
0,8
4,7
1,2
0,8
5,5
1,2
0,6
Previsione chiusa con le informazioni al 16 novembre 2009. (1) Riferita ai tredici paesi dell’area dell’euro membri dell’Ocse.
(a) Riferito solo ai paesi dell’Ocse più Brasile, Russia, India e Cina, che rappresentano l’81% del prodotto mondiale considerato a parità di potere d’acquisto ai livelli del 2005. (b) Tasso di variazione percentuale sul periodo precedente. (c) Tasso di
crescita della media aritmetica del volume delle importazioni mondiali e delle esportazioni mondiali. (d) Valori reali. (e) Beni
e servizi.
(f) Percentuale della forza lavoro. (g) Stati Uniti: depositi in eurodollari a 3 mesi. Giappone: certificati di deposito a 3 mesi.
Area Euro: tasso interbancario a 3 mesi.
Fonte: Oecd, Economic Outlook, 19th November 2009.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonte: European Commission, Directorate-General for Economic and
Financial Affairs, European Economic Forecast, Autumn 2009
Debito pubblico. Spread rispetto a titoli decennali del
debito della Germania (punti base)
Fonte: Financial times
nel corso del prossimo anno, anche se essa risulterà
ancora al di sotto del trend di lungo periodo. Nel
sistema bancario si è ridotto Il rischio di nuovi fallimenti, ma persiste l’esigenza di una notevole ricapitalizzazione del sistema necessaria per fare fronte alle
attese di un nuove perdite. L’espansione non troverà
il sistema creditizio pronto a sostenerla pienamente.
In prospettiva a breve termine, la Federal Reserve e
il Governo dovranno gradualmente ridurre le misure
di sostegno economico adottate man mano che la
ripresa economica prende piede e si dimostra sostenibile. Non sarà facile individuare un adeguato processo temporale per giungere ad eliminare gli stimoli
adottati, ma l’eccessivo permanere nel tempo delle
misure di sostegno rischia di svincolare le aspettative
di inflazione dal controllo della Fed e di determinare
bolle speculative sia nei mercati finanziari, sia in quelli
dei beni reali.
Giappone
Il Giappone già in recessione nel corso del 2008, vedrà il Pil ridursi del 5,3% alla fine dell’anno. Ma la severa recessione che lo ha colpito a seguito della crisi
mondiale ha toccato il fondo, grazie ad una ripresa
del ciclo delle scorte, al sostegno derivante dalle politiche di stimolo adottate, al miglioramento delle conRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
dizioni dei mercati finanziari e ad un rimbalzo delle
esportazioni. Il livello della produzione resta comunque ampiamente al di sotto di quello normale. Nonostante ciò ci si attende che la crescita vada accelerando e risulti dell’1,8% nel 2010, anche grazie a nuovi
piani di aumento della spesa pubblica, nonostante
l’attuale forte rivalutazione dello yen vada a limitare
le possibilità che la crescita delle esportazioni possa
sostenere lo sviluppo. La spesa per consumi dovrebbe risultare in crescita già nella media del prossimo
anno, grazie al sostegno fornito dall’espansione dei
benefici sociali rivolti alle famiglie. Gli stimoli fiscali
adottati hanno contribuito a controbilanciare in parte gli effetti della tendenza negativa dell’occupazione
e dei salari sulla domanda interna. In particolare la
disoccupazione dovrebbe continuare a salire e toccare l’inusuale livello del 5,6% nel 2010. Gli investimenti privati dovrebbero invece trovare un minimo
solo nel corso del prossimo anno. È opportuno e vi
sono ampie indicazioni in merito, che la Banca del
Giappone applichi misure di espansione della quantità di moneta, oltre a mantenere i tassi di interesse
all’attuale basso livello, sino a che l’andamento dei
prezzi non ritorni ad essere stabilmente positivo.
L’ulteriore impiego della politica fiscale è reso difficile dall’esistenza di un ampio deficit di bilancio e di
un livello eccezionalmente elevato di debito pubblico
accumulato. Per agire sulla leva fiscale occorre un
programma di riequilibrio del bilancio pubblico che
comprenda riforme fiscali e strutturali, a partire dal
settore dei servizi.
Area Euro
La brusca riduzione dell’attività economica subita
dall’area dell’euro pare essere terminata prima di
quanto atteso, contemporaneamente ad un ulteriore
miglioramento delle condizioni dei mercati finanziari,
all’applicazione di notevoli misure di stimolo derivanti dalla politica fiscale e allo stabilizzarsi della domanda di esportazioni.
Nel secondo trimestre del 2009 l’attività economica nell’area dell’euro ha toccato il punto di minimo.
Dopo le forti contrazioni segnate tra la fine del 2008
e l’inizio di quest’anno, il Pil si è ridotto dello 0,2%
rispetto al trimestre precedente. La crescita è tornata nel terzo trimestre, quando il Pil è salito dello
0,4% in termini congiunturali, nonostante la riduzione
del 4,1% rispetto allo stesso trimestre dello scorso
anno. Il miglioramento della domanda mondiale, congiuntamente agli effetti ritardati del deprezzamento
registrato dall’euro nella seconda metà del 2008, ha
frenato il calo delle esportazioni dell’area. Alla luce
della flessione degli investimenti, la domanda finale
interna è stata sostenuta dal rialzo dei consumi pubblici e dall’apporto dato alla spesa delle famiglie dalle
misure di sostegno adottate, tra cui gli incentivi alla
rottamazione delle automobili.
A P P E N D I C E
Tassi di crescita del credito nell’area euro
205
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
206
Nel corso dell’anno si sono progressivamente rafforzati gli indicatori congiunturali qualitativi. È proseguito il rialzo dell’indice dei responsabili degli acquisti,
dei servizi e dell’industria e anche gli indicatori del
clima di fiducia delle famiglie e delle imprese sono di
nuovo migliorati. La produzione industriale dell’area
è aumentata in tutti i principali paesi. Continuano
invece a scendere le vendite al dettaglio. Sulla persistente debolezza dei consumi pesano le sfavorevoli condizioni del mercato del lavoro. L’inflazione al
consumo ha fatto registrare variazioni negative da
giugno. Continua la forte decelerazione dei prestiti
bancari al settore privato, tanto che per i prestiti alle
imprese si assiste ad una vera riduzione in trmini assoluti. La dinamica del credito ha riflesso sia gli effetti
sulla domanda di una congiuntura debole e di incerta
evoluzione, sia condizioni di offerta ancora restrittive, come segnalato dall’indagine sul credito bancario
condotta dall’Eurosistema (Bank Lending Survey).
In prospettiva numerosi fattori, tra cui in particolare
la ristrutturazione dei bilanci degli operatori finanziari e le crescente disoccupazione, contrasteranno il percorso della ripresa che risulterà debole. Il
2009 dovrebbe chiudersi con una riduzione del Pil
del 4,0% e la ripresa non dovrebbe andare oltre un
aumento dello 0,9% nel 2010. Le esportazioni accuseranno una forte caduta in termini reali nella media del 2009 (-14,2%), ma la ripresa del commercio
internazionale ne permetterà un discreto aumento
nel 2010 (+2,1%). Nel 2009 le importazioni, sempre
in termini reali, diminuiranno meno delle esportazioni, anche per le misure introdotte di sostegno alla
domanda. Nel corso del 2010, la lenta ripresa dei
consumi ne limiterà la crescita, che non andrà oltre
l’1,1%. Si avrà cosi una lieve riduzione del disavanzo
dei conti correnti in percentuale del Pil. Gli investimenti chiuderanno il 2009 con una caduta del 10,6%
e la loro ripresa tarderà a seguire quella del complesso dell’attività economica, tanto che si prospetta
una loro lieve diminuzione anche nel 2010 (-1,0%).
I consumi privati si ridurranno dell’1,0% al termine
del 2009, per mantenersi poi sostanzialmente stabili nel corso del prossimo anno. La variazione dei
prezzi al consumo dovrebbe mantenersi positiva in
media d’anno nel 2009 e salire leggermente nel 2010,
escludendo il rischio della deflazione e rimanendo
comunque al di sotto dell’1,0%. Come già accennato, a determinare l’evoluzione dei consumi è principalmente la condizione del mercato del lavoro. La
disoccupazione, infatti, continuerà a salire anche a
ripresa già ampiamente avviata, nonostante nella fase
di recessione un’ampia serie di misure temporanee
sia stata introdotta per ridurre la perdita di posti di
lavoro. Il tasso di disoccupazione salirà dal 7,5% del
2008 al 9,4 del 2009, ma aumenterà anche l’anno
prossimo per giungere a quota 10,6%. La condizione dei bilanci pubblici dei paesi dell’area si aggraverà
notevolmente. Pur considerando il solo rapporto tra
indebitamento e Pil, esso passerà dal 2,0% del 2008
al 6,1% nel 2009 e salirà ancora al 6,7% nel 2010. Per
molti paesi dell’area viene a porsi la questione della
sostenibilità del bilancio, ma soprattutto del livello
del debito pubblico, questione che si riflette prontamente nelle valutazioni dei mercati obbligazionari,
come dimostra l’aumento dello spread sui titoli del
debito pubblico greco, e sulla valutazione internazionale della solidità dell’euro.
Particolarmente importante è stato il ruolo della
Banca centrale europea che si è trovata ad affrontare
la crisi come unica autorità di politica economica per
l’intera area, mentre è emersa la mancanza di un soggetto capace di andare oltre al coordinamento delle
politiche fiscali dei singoli paesi. Il coordinamento è
risultato difficile e l’azione dei singoli governi ha mancato di coerenza e non è stata esente da tentazioni di
scaricare sugli altri paesi i costi fiscali o occupazionali
della crisi.
Con l’avvio del 2009, la Bce ha continuato la manovra di riduzione dei tassi già avviata lo scorso anno
in un ottica di espansione della politica monetaria. Il
15 gennaio ha annunciato un’ulteriore riduzione del
tasso di interesse per le operazioni di rifinanziamento principali, a valere dal 21 gennaio, di 50 punti base
(0,5%), al 2,00%. Queste operazioni vengono effettuate a tasso fisso e non più variabile dall’ottobre
dello scorso anno. L’intervento è stato accompagnato da una diminuzione di ben 100 punti, all’1,00%,
del tasso di interesse sui depositi presso la banca
centrale, mentre il tasso di interesse sulle operazioni
di rifinanziamento marginale è stato mantenuto fisso
al 3,00%. La manovra intendeva riportare a 200 punti
base il corridoio formato dai tassi di interesse sulle
operazioni attivabili su iniziativa delle controparti,
intorno al tasso applicato all’operazione di rifinanziamento principale. L’intervento aveva l’obbiettivo
di spingere le banche ad utilizzare le operazioni di rifinanziamento principali, rendendo relativamente più
onerose quelle marginali e, soprattutto, di ampliare
il credito disponibile al sistema economico rendendo
meno remunerativi i depositi detenuti presso la banca centrale dalle banche, con l’intento di spingere alla
riattivazione del mercato interbancario. Nella stessa
logica si trova la ratio degli interventi annunciati il 5
marzo, per una riduzione di 50 punti base dei sopraccitati tre tassi di interesse a decorrere dall’11 marzo,
e il 2 aprile, per un’ulteriore diminuzione dei tre tassi
di 25 punti base a decorrere dall’8 aprile. Il 7 maggio
la Bce ha annunciato un ulteriore intervento, con il
quale a decorrere dal 13 maggio il tasso di interesse
sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema è stato ridotto di 25 punti base, all’1,00%
e il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale è stato ridotto di 50 punti base,
all’1,75%. In questa occasione, per ridurre ulterior-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
La previsione economica dell’Ocse – economie emergenti
Brasile
Sud Africa
2008 2009 2010 2008 2009 2010
Pil (b,d)
5,1 0,0 4,8
3,1 -2,2 2,7
Saldo di c/c in % Pil (d,e) -1,8 -1,4 -1,9
-7,4 -4,9 -5,7
Inflazione (p. cons.) (b) 5,9 4,2 4,4
11,0 7,3 6,1
Indebit. pubblico % Pil
-2,0 -3,5 -1,7
-1,0 -7,3 -5,3
tre i flussi del credito bancario a favore delle imprese
non finanziarie e delle famiglie continuano a ridursi
sensibilmente. Da un lato si è assistito ad una riduzione della domanda, ma questo fenomeno ha risentito
e continua risentire di notevoli fattori di offerta, in
particolare derivanti dalle condizioni della combinazione rischio/liquidità delle banche.
Tenuto quindi conto della bassa inflazione, delle restrizione delle condizioni del credito e del permanere del livello dell’attività ben al di sotto di quello
precedente la crisi e più ancora del livello potenziale,
l’attuale condizione di politica monetaria espansiva
dovrebbe essere mantenuta ben oltre l’inizio del
2010. Ciò non contrasta con i ripetuti segnali con
i quali la Bce ha comunicato di prepararsi all’uscita
dagli interventi di emergenza. Questa dovrà essere
graduale e condurre ad un incremento dei tassi di
riferimento. Inoltre le prospettive di crescita a medio
termine saranno migliori se si potrà definire un piano
di consolidamento dei bilanci pubblici credibile, capace di consolidare la fiducia nella stabilità dell’eurosistema. Gli effetti indotti dalla crisi sui paesi dell’area
dell’euro e il mutamento del quadro di riferimento
e degli attori principali dell’economia impongono
l’adozione di riforme strutturali in grado di rafforzare
il mercato comune, aumentare la pressione competitiva nel sistema e la sua efficienza. In particolare si
pone a livello di area dell’euro la questione dell’assenza di un’unica autorità di controllo sovrannazionale e dell’esigenza del rafforzamento del ruolo di
supervisore del sistema finanziario.
Altre aree e paesi
Brasile
Anche in Brasile la ripresa si è avviata nel corso del
secondo trimestre, dopo due trimestri di recessione.
L’attività è ripresa decisamente grazie ad un dinamico andamento dei consumi privati e ad una continua
e rapida ripresa della produzione industriale, che si
era ridotta nei mesi precedenti. In numerosi settori
manifatturieri l’attività ha ricondotto il grado di utilizzo della capacità produttiva a livelli prossimi a quelli
antecedenti la crisi. Gli effetti negativi della crisi si
rilevano tuttora in una mancata ripresa degli inve-
Russia
2008 2009
5,6 -8,7
6,0 3,6
14,1 11,7
4,8 -6,7
2010
4,9
4,1
6,9
-6,0
India
2008
6,1
-2,5
9,1
-8,8
2009
6,1
-1,9
7,8
-10,1
2010
7,3
-2,0
7,1
-9,0
China
2008 2009
9,0 8,3
9,8 6,4
5,9 -1,1
1,1 -1,8
2010
10,2
5,4
0,1
-0,9
A P P E N D I C E
mente il costo del finanziamento al sistema, senza
giungere ad annullare la remunerazione dei depositi
detenuti presso la banca centrale, la Bce ha accettato
di ridurre a 150 punti base il corridoio formato dai
tassi di interesse sulle operazioni attivabili su iniziativa delle controparti. La Bce ha comunque sempre
chiaramente voluto escludere uno spostamento più
marcato nella direzione di tassi di rifinanziamento
prossimi allo zero.
Per sostenere la liquidità la Bce ha effettuato operazioni di rifinanziamento a un anno mediante asta
a tasso fisso pari al tasso ufficiale e con aggiudicazione integrale degli importi domandati. La richiesta
di fondi è stata pari a 442 miliardi a giugno e a 75
miliardi di euro a settembre. La Bce ha annunciato
che l’operazione successiva sarà l’ultima a tasso fisso
e con aggiudicazione integrale delle richieste. Successivamente agli interventi le condizioni di liquidità nel
mercato monetario sono rimaste abbondanti, tanto
da mantenere l’Eonia - over night - poco al di sopra
del tasso sui depositi presso l’Eurosistema (pari allo
0,25%). In giugno la Bce ha approvato un programma
di acquisto di un massimo di 60 miliardi di obbligazioni garantite (covered bonds) emesse nell’area, una
limitata misura di espansione quantitativa, se considerata rispetto ai notevoli piani messi in atto dalla
Fed e dalla Banca d’Inghilterra.
Le condizioni del mercato interbancario sono progressivamente migliorate, per una minore percezione del rischio di controparte, ma non normalizzate.
Il differenziale tra i tassi sui prestiti senza garanzia
(Euribor) e quelli assistiti da garanzia (Eurepo) – una
misura del premio per il rischio – è sceso ampiamente e risulta ben lontano dai picchi toccati all’apice
della crisi, ma è ancora al di sopra dei livelli prevalenti prima del suo inizio, mentre i volumi risultano
ancora ridotti.
Nel complesso le condizioni dei mercati finanziari e
del credito sono migliorate, ma sono tutt’altro che
ottimali. I costi di finanziamento per le società non
finanziarie e per le famiglie si sono ridotti sensibilmente in termini assoluti dai massimi toccati lo scorso autunno, anche se non in termini reali. Le grandi
società con rating primari hanno effettuato notevoli
operazioni di finanziamento, ma le imprese minori e
in difficoltà restano escluse dai canali finanziari. Inol-
Note alla tabella Ocse precedente.
Fonte: Oecd, Economic Outlook, 19th November 2009.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
207
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
stimenti, che seguiranno in una fase successiva del
ciclo. Ci si attende che la domanda interna cresca
fortemente nella fase finale dell’anno e per tutto il
prossimo, sostenuta da un insieme di politiche ancora
ampiamente espansive. Ciò, nonostante sia terminata
a settembre la fase di politica monetaria espansiva,
che aveva condotto ad una riduzione del tasso di interesse di riferimento di 500 punti base in 12 mesi.
La politica fiscale è ancora espansiva e il bilancio continua ad indebolirsi, per effetto di fattori ciclici, per
la spinta all’aumento delle spese di funzionamento
dell’amministrazione e degli interventi messi in atto
appositamente per fronteggiare la crisi. Saranno quindi necessari interventi di riequilibrio nel corso del
2010. Nel complesso il prodotto interno lordo dovrebbe non dovrebbe fare segnare alcuna riduzione
quest’anno e ritornare a crescere nel 2010 (+4,8%) a
valori prossimi a quelli ante crisi.
Sud Africa
La recessione mondiale ha colpito l’economia del
Sud Africa e il prodotto interno lordo si ridurrà del
2,2% nel 2009. L’attività dovrebbe però riprendersi
nel corso del quarto trimestre e accelerare nel corso
del 2010, nonostante i numerosi problemi strutturali
che il paese deve affrontare, tra cui la problematicità della fornitura di energia elettrica. L’inflazione
dovrebbe rientrare entro il livello obiettivo tenuto
conto del basso tasso di attività rispetto al potenziale
A P P E N D I C E
Russia, tasso di crescita del prodotto interno lordo, anno
su anno.
208
Fonte:Thomson Reuters Datastream
e dell’effetto deflazionistico indotto dalla rivalutazione registrata nei mesi scorsi dal rand. La recessione
ha ridotto il deficit di conto corrente per l’anno in
corso, ma la ripresa dovrebbe ridare fiato ad una
crescita delle importazioni superiore a quella delle
esportazioni. La ripresa è ancora agli inizi e dovrebbe essere sostenuta da interventi di spesa pubblica,
anche per il prossimo anno, ma il paese ha la necessità di mantenere un equilibrio di medio termine che
renda sostenibile il debito, aspetto per lungo tempo
assicurato del precedente responsabile delle finanze,
Trevor Manuel. Questo richiederà sostanziali restrizioni alla spesa nella fase positiva del ciclo che si apre
e, tenuto conto delle necessità del paese, di un opportuno aumento dell’efficienza della spesa pubblica.
Russia
In Russia il prodotto interno lordo si è ampiamente ridotto a seguito della crisi mondiale, che ha prodotto una profonda recessione nel paese. La banca
centrale ha ritenuto di dovere intervenire con una
riduzione del tasso di interesse anche alla fine di novembre, facendolo scendere di 50 punti base al 9%.
Si tratta della nona riduzione consecutiva da aprile.
Il 2009 si chiuderà comunque con una caduta del Pil
dell’8,7%. Dopo una iniziale forte ripresa nella seconda parte di quest’anno, determinata dalle politiche
di sostegno adottate e dal miglioramento del quadro congiunturale internazionale, il ritmo di crescita
dell’attività economica dovrebbe riportarsi verso il
potenziale con un incremento nel 2010 del 4,9%. L’inflazione dovrebbe continuare a scendere nonostante
l’avvio della ripresa anche nel corso del 2010. Il saldo
positivo di conto corrente si è ridotto nel 2009 per
effetto della minore domanda mondiale di energia,
ma dovrebbe aumentare di nuovo nel 2010, anche
a seguito del miglioramento delle ragioni di scambio,
prima che la ripresa della domanda di importazioni
determini una sua nuova diminuzione. Il saldo positivo derivante dal commercio e l’afflusso netto di capitali dall’estero dovrebbero permettere di ricostituire
le riserve internazionali, che erano state ridotte di
un terzo impiegandole in difesa del rublo tra l’estate
dello scorso anno e l’inizio del 2009. Tenuto conto
India, produzione dell’industria manifatturiera, tassi di
variazione tendenziale.
Cina, crescita del volume delle esportazioni,
anno su anno
Fonte:Thomson Reuters, in Finanacial Times
Fonte:Thomson Reuters Datastream
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
della forte recessione passata e del livello di inflazione
contenuto, gli stimoli di politica fiscale introdotti non
dovrebbero essere rimossi rapidamente e continuare
a essere impiegati per mitigare gli effetti di forti oscillazioni della domanda.
India
L’economia dell’India ha superato positivamente i rovesci della crisi mondiale. Dopo un rapido e profondo rallentamento nella seconda parte del 2008, anno
che si è chiuso con un incremento del Pil del 6,1%, la
crescita del prodotto interno lordo si è riavviata già
nel corso della prima metà del 2009 e si è progressivamente rafforzata, tanto che nel secondo trimestre ha registrato un incremento del 7,9% in ragione
d’anno. Pare addirittura timida la previsione di una
crescita del 6,1% nella media del 2009, se non per il
notevole peso dell’agricoltura che ha risentito di una
modesta stagione delle piogge monsoniche. La crescita dovrebbe superare il 7% nel 2010 e proseguire
a tassi sostenuti. La ripresa ha stimolato il processo
di crescita dei prezzi e l’inflazione dovrebbe rimanere elevata nei prossimi anni, un handicap grave per
un paese che deve cercare di mantenere un livello
minimo di consumo adeguato per una massa enorme
di popolazione rurale povera. La ripresa dell’inflazione imporrà quindi un pronto ritiro delle politiche di
stimolo monetario e fiscale adottate per contrastare
gli effetti della recessione nei paesi avanzati. La banca
centrale dell’India, dopo avere abbassato sei volte il
tasso Repo da ottobre 2008 e introdotto altre misure straordinarie per attenuare l’impatto della crisi finanziaria, ha richiesto un aumento del coefficiente di
riserva delle banche per drenare la liquidità presente
sul mercato e restringere l’espansione del credito.
Nell’ottica di un processo di ricomposizione delle
riserve internazionali che ha interessato numerosi
paesi a fronte di un paventato ridimensionamento
del ruolo del dollaro, la banca centrale indiana ha acquistato 200 tonnellate di oro dal Fmi. Si tratta di un
importo limitato, ma di un’operazione significativa.
La riduzione dell’ampio deficit fiscale costituirà un
problema di particolarmente difficile soluzione data
la sua ampiezza e la tipologia delle spese (in particolare il costo dei dipendenti della pubblica amministrazione) che ne hanno determinato l’ampliamento.
Cina
In Cina la crescita economica si è riavviata con forza
nel secondo trimestre dell’anno, grazie all’eccezionale ampiezza degli stimoli fiscali e monetari adottati. Ci
si attende che l’economia cinese cresca più dell’8%
nel 2009 e ancor più nel 2010, andando al di là del
10%. I provvedimenti di stimolo hanno determinato
un forte incremento della domanda, anche se più degli investimenti che dei consumi, tanto che per l’anno in corso la riduzione delle importazioni risulterà
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
pari alla metà di quella delle esportazioni e la crescita
di queste ultime risulterà inferiore a quella delle prime nel 2010. L’attivo di conto corrente si ridurrà di
un terzo quest’anno e scenderà ulteriormente l’anno prossimo. Il governo cinese ha posto particolare attenzione all’evoluzione del proprio commercio
estero tanto che dall’estate del 2008 ha interrotto
il graduale processo di rivalutazione dello yuan rispetto al dollaro e ha ripreso a gestire una politica di
cambio fisso con il dollaro. Ciò ha determinato una
sostanziale svalutazione della valuta cinese rispetto a
quasi tutte le altre, certamente rispetto all’euro, in
particolare rispetto alle valute dei paesi esportatori di
commodities, ma soprattutto nei confronti di quelle
degli altri paesi grandi esportatori dell’Asia, con cui la
Cina compete sui mercati dei paesi sviluppati. L’andamento dei prezzi farà registrare un decremento di
quelli al consumo nel corso del 2009 e l’anno prossimo l’inflazione non dovrebbe costituire un problema.
La politica di stimolo fiscale adottata non ha messo
in questione l’equilibrio della finanza pubblica, l’indebitamento resta limitato e tenderà a ridursi. Inoltre,
partendo da una posizione di surplus di bilancio e di
attivo netto pubblico, il governo è nelle condizioni di
sostenere a lungo un’eventuale ampia spesa in disavanzo. La composizione della spesa pubblica e quindi
la tipologia dello stimolo fornito dovrebbero essere
riorientate per favorire la crescita dei consumi, sostenendo i servizi sociali, in particolare l’educazione, la
sanità e le pensioni, e riducendo l’eccessivo peso sul
Pil degli investimenti pubblici e privati. Un quadro ben
diverso emerge se si considera la crescita del credito,
attraverso la quale è passata ampia parte della politica
di stimolo del governo cinese, che ha sostanzialmente impartito l’ordine alle banche di proprietà statale,
che hanno un peso enorme, di allargare i cordoni e
finanziare gli investimenti pubblici e delle imprese di
proprietà statale. Ne è risultata una vera e propria
esplosione dei nuovi finanziamenti concessi. Da un
lato la spesa in infrastrutture può apparire comunque giustificabile. Dall’altro sono molto diffuse ipotesi
non chiaramente infondate, relative all’esistenza di un
notevole eccesso di capacità e alla destinazione della
nuova espansione del credito alla creazione di nuova capacità produttiva o al sostegno di una possibile
bolla immobiliare. Appaiono allora preoccupanti i richiami al pericolo che l’espansione del credito finisca
per generare, tra l’altro, una notevole accumulazione
di crediti di pessima qualità nei bilanci delle principali
banche cinesi.
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
209
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di Commercio
di Forlì-Cesena
210
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
O S C E N A R IO E C O N O M IC O
L
L
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
N A Z IO N A L E
I conti economici nazionali
Prodotto interno lordo
La fase di recessione dell’economia italiana, in atto
dal secondo trimestre 2008, è andata fortemente
accentuandosi, con un netto peggioramento dell’andamento congiunturale, nel corso del primo e secondo timestre del 2009. Il terzo trimestre dell’anno ha
però fatto registrare un incremento congiunturale
del prodotto interno lordo dello 0,6% che ha interrotto la serie negativa durata cinque trimestri. Nei
primi nove mesi dell’anno, il prodotto interno lordo
italiano ha subito comunque un taglio del 5,5% sullo
stesso periodo dell’anno precedente. Al contrario di
quanto avvenuto lo scorso anno gli enti internazionali e gli istituti di ricerca che elaborano previsioni
hanno recentemente rivisto in senso positivo le stime economiche nel corso degli ultimi mesi, seguendo
l’emergere nei dati congiunturali progressivamente
disponibili di una ripresa dell’attività economica anche nei paesi sviluppati, che appare comunque debole
e incerta. Le più recenti previsioni riguardanti l’Italia,
elaborate tra ottobre e novembre, hanno risentito
del miglioramento del quadro dell’economia internazionale, nonostante il permanere di un elevato livello
di incertezza. Le attese relative alla variazione del Pil
reale per il 2009 sono orientate verso una riduzione
compresa tra il 4,7 e il 4,9%. Il più recente miglioramento congiunturale ha fornito sostegno all’ipotesi
di una ripresa che possa andare oltre il contributo
fornito da un positivo ciclo delle scorte e che nel
2010 riesca a portare ad una crescita del Pil compresa tra lo 0,5 e l’1,1%. Nella Relazione previsionale e
programmatica di settembre, le indicazioni fornite dal
Governo appaiono ancora allineate con le più recenti
previsioni, avendo prospettato una riduzione del Pil
del 4,8% nel 2009 e una sua successiva crescita dello
0,7% nel 2010.
Commercio estero
La pesante flessione del commercio internazionale si
è riflessa anche nei dati dei conti economici trimestrali, a valori concatenati, destagionalizzati e corretti
per i giorni lavorativi, secondo i quali, nei primi sei
mesi del 2009 le importazioni sono scese del 17,5%
in termini reali, mentre la riduzione delle esportazioni è risultata più ampia pari a -22,9%, rispetto all’analogo periodo del 2008. Si è determinato quindi un
sensibile peggioramento del saldo riferito ai primi sei
mesi. Effettuando l’analisi a valori correnti, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi, risulta che le
importazioni si sono ridotte del 21,0%, mentre la discesa delle esportazioni appare leggermente superiore, pari a -22,0%. Ciò nonostante la diversa dinamica
Previsioni per l’economia italiana effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo
diversa indicazione. 2009
Prodotto interno lordo
Importazioni
Esportazioni
Domanda interna
Consumi delle famiglie
Consumi collettivi
Investimenti fissi lordi
- macc. attrez. mezzi trasp.
- costruzioni
Occupazione [a]
Disoccupazione [b]
Prezzi al consumo
Saldo c. cor. Bil Pag [c]
Avanzo primario [c]
Indebitamento A. P. [c]
Debito A. Pubblica [c]
-4,8
-16,1
-19,9
n.d.
-1,7
0,5
-11,7
-17,2
-6,1
-2,5
8,5
0,1
-2,8
-0,5
5,3
115,1
Fmi
set-09
-5,1
n.d.
n.d.
-4,3
-1,7
2,0
-13,3
n.d.
n.d.
-1,7
9,1
[2] 0,7
-2,5
n.d.
5,6
115,8
Isae
ott-09
-4,7
-15,3
-20,2
n.d.
-1,7
1,3
-12,1
-18,0
-6,7
-2,7
7,6
0,8
n.d.
-0,6
5,3
114,8
Prometeia
ott-09
-4,9
-15,4
-19,8
-3,6
-1,8
1,1
-12,4
-18,5
-7,0
-2,4
7,5
0,8
[4] -3,0
-0,4
5,3
115,8
Ref.Irs
ott-09
Ue Com.
nov-09
-4,8
-15,2
-18,6
-3,6
-1,8
0,9
-12,9
-18,4
-7,1
-2,7
n.d.
0,8
-2,9
-0,6
5,6
115,5
-4,7
-15,7
-20,2
0,0
-1,5
1,2
-12,2
-19,87
-6,8
-2,6
7,8
0,8
-2,4
-0,5
5,3
114,6
Ocse
nov-09
-4,8
-15,8
-20,3
-3,6
-1,9
1,7
-12,6
[6] -19,0
-6,7
n.d.
7,6
[1] 0,7
-2,7
n.d.
5,5
n.d.
A P P E N D I C E
Governo
set-09
[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in %
del Pil). [6] Investment in equipment.
RAPPORTO
SULL’ECONOMIA DELLA PROVINCIA DI
FORLÌ-CESENA - 2009
211
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
dei prezzi, di forte deflazione per il complesso delle
importazioni a fronte di un lieve incremento del deflatore delle esportazioni. Il saldo estero negativo si
è rapidamente ampliato passando da -748 milioni di
euro dei primi sei mesi del 2008, a -2.878 milioni di
euro dello stesso periodo dell’anno in corso.
I dati doganali grezzi, in valore, riferiti solo alle merci,
mostrano a partire dal novembre dello scorso anno
i pesanti effetti del crollo del commercio mondiale
dovuto alla crisi finanziaria internazionale. Nei primi nove mesi del 2009 le esportazioni complessive hanno segnato, rispetto allo stesso periodo del
2008, una diminuzione del 23,1% e le importazioni
del 24,9%. Il saldo è stato negativo per 2.332 milioni
di euro, con una netta riduzione rispetto al passivo
di 9.884 milioni di euro rilevato nello stesso periodo
del 2008. Nello stesso periodo, ma con riferimento
al commercio con la sola Unione Europea, le esportazioni sono diminuite del 25,5% e le importazioni
del 21,6%. Il saldo è risultato positivo per 1.345 milioni di euro, in forte diminuzione rispetto all’attivo
di 9.876 milioni di euro registrato nel corrispondente periodo del 2008. Il commercio con i paesi
extra Ue27, ha visto diminuire le esportazioni del
19,7% e le importazioni del 28,8%. Il rallentamento
economico globale ha frenato le esportazioni, ma ha
determinato una sostanziale diminuzione del valore
della componente riferita alle materie prime e in
particolare ai prodotti energetici delle importazioni,
sia per effetto della riduzione dei prezzi, sia per la
diminuzione della domanda derivante dal forte calo
dell’attività economica in Italia. Il saldo del commercio con i paesi extra Ue27 é stato negativo per 3.680
milioni di euro, risultando notevolmente inferiore al
disavanzo di 19.759 milioni di euro registrato nello
stesso periodo dell’anno precedente. In particolare,
da gennaio a settembre 2009, la dinamica del commercio globale dei soli prodotti delle attività manifatturiere è stata sostanzialmente in linea con quella del
complesso del commercio. La riduzione delle esportazioni (-23,1%) è risultata lievemente superiore a
quella delle importazioni (-22,7%). Il saldo positivo
per l’Italia si è ridotto a 36.259 milioni di euro.
Il miglioramento congiunturale a livello internazionale e interno avvenuto nel corso del terzo trimestre si è riflesso nelle indicazioni delle più recenti
previsioni, formulate tra ottobre e novembre, per
le quali l’evoluzione del commercio estero nel 2009
dovrebbe subire una pesante caduta, che sará peró
inferiore a quanto riferito ai primi sei mesi dell’anno. Con riferimento ai beni e servizi ci si attendono
riduzioni reali comprese tra il 20,3 e il 18,6% per le
esportazioni e tra il 15,8 e 15,2% per le importazioni. Nel 2010 il consolidamento atteso della ripresa
dell’attività a livello mondiale dovrebbe determinare
incrementi delle esportazioni compresi tra l’1,4 e il
3,5%, mentre la più lenta ripresa nazionale dovrebbe
condurre a un aumento delle importazioni leggermente inferiore, tale da risultare tra l’1,0 e il 2,8%. Le
attese indicate a settembre dal Governo sono di una
forte riduzione delle esportazioni (-19,9%), sensibilmente superiore alla diminuzione delle importazioni
Previsioni per l’economia italiana effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo
diversa indicazione. 2010
A P P E N D I C E
Governo
set-09
Prodotto interno lordo
Importazioni
Esportazioni
Domanda interna
Consumi delle famiglie
Consumi collettivi
Investimenti fissi lordi
- macc. attrez. mezzi trasp.
- costruzioni
Occupazione [a]
Disoccupazione [b]
Prezzi al consumo
Saldo c. cor. Bil Pag [c]
Avanzo primario [c]
Indebitamento A. P. [c]
Debito A. Pubblica [c]
0,7
0,9
1,2
n.d.
0,5
0,4
1,7
2,5
1,0
-0,1
8,8
1,5
-2,5
0,0
5,0
117,3
Fmi
set-09
0,2
n.d.
n.d.
0,2
0,7
1,3
-1,3
n.d.
n.d.
-1,2
10,5
[2] 0,9
-2,3
n.d.
5,6
120,1
Isae
ott-09
0,6
1,5
1,7
n.d.
0,6
0,3
0,7
2,4
-0,7
-0,6
8,6
1,7
n.d.
-0,2
5,1
117,3
Prometeia
ott-09
0,5
2,8
3,5
0,4
0,3
0,3
0,2
1,8
-1,1
-0,4
8,7
1,4
[4] -3,3
-0,7
5,7
119,8
Ref.Irs
ott-09
Ue Com.
nov-09
0,7
1,5
2,1
0,3
0,4
0,9
-0,5
1,8
-2,6
-1,1
n.d.
1,4
-2,8
-0,4
5,5
119,0
0,7
2,0
1,6
n.d.
0,8
0,4
0,1
0,9
-0,6
-0,4
8,7
1,8
-2,4
-0,6
5,3
116,7
Ocse
nov-09
1,1
1,0
1,4
1,0
0,7
0,7
0,6
[6] 0,8
0,4
n.d.
8,5
[1] 0,9
-2,3
n.d.
5,4
n.d.
[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in %
del Pil). [6] Investment in equipment.
212
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Investimenti
Secondo i dati dei conti economici trimestrali gli
investimenti hanno fatto registrare una caduta del
14,2% nel periodo da gennaio a giugno di quest’anno sullo stesso periodo del 2008. Gli investimenti
in macchinari e attrezzature hanno subito una forte
riduzione (-18,7%), ma hanno risentito della straordinaria congiuntura negativa soprattutto quelli destinati all’acquisto di mezzi di trasporto (-28,9%), mentre
è risultata più limitata la riduzione della spesa per
investimenti in costruzioni (-8,1%). Le simulazioni
più recenti (ottobre - novembre) confermano, per il
2009, la forte riduzione degli investimenti fissi lordi
in termini reali, attesa su valori compresi tra -12,9
e -12,1%, determinata dalla pesante caduta che ci si
attende per gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto (tra -19,8 e -18,0%) e dalla
flessione di quelli in costruzioni, compresa tra -7,1
e -6,7%. L’uscita dalla crisi attesa per il 2010 si farà
attendere per quanto riguarda gli investimenti, che
per crescere nuovamente avranno bisogno di una
conferma della sostenibilità della ripresa, in particolare nel settore delle costruzioni. Gli investimenti
fissi lordi in termini reali oscilleranno con variazioni
comprese tra -0,5 e +0,7%, sostenuti da una buona
intonazione degli acquisti di macchinari, attrezzature
e mezzi di trasporto, attesi in aumento tra lo 0,8 e
il 2,4%, e appesantiti dall’incertezza attorno agli investimenti in costruzioni, che dovrebbero avere variazioni ricomprese tra -2,4 e +0,4%. Le attese del
Governo manifestate a settembre per la variazione
degli investimenti fissi lordi reali per l’anno in corso
sono risultate allineate con le stime successivamente pubblicate dagli enti di ricerca, con l’indicazione
di una caduta complessiva dell’11,7%. Le stime del
Governo per il 2010 paiono invece più ottimistiche
riguardo alla crescita degli investimenti, attesa all’1,7
nel complesso, grazie ad una favorevole stima degli
investimenti in costruzioni.
Il sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e
dei servizi condotto da Banca d’Italia tra il 22 settem-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
bre e il 14 ottobre, in merito agli investimenti delle
imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi
privati non finanziari, con almeno 20 addetti, rileva
che la maggioranza delle imprese (59,2%) stima di
effettuare una spesa nominale per investimenti fissi in linea con quella, già però modesta, pianificata
alla fine dello scorso anno. La situazione appare più
difficile nell’industria, ove questa percentuale non
va oltre il 55,1%, e migliore nel settore dei servizi
(64,0%). Le aziende che prevedono investimenti superiori ai piani sono solo il 10,8%, 10,3% nell’industria e 11,3% nei servizi. La spesa per investimenti
risulterà, invece, inferiore a quella programmata per
il 30,0% delle imprese.Ancora una volta, questa quota
è più elevata per le aziende dell’industria (34,6%), in
particolare per quelle con 200 o più addetti, mentre
appare meno negativo l’andamento nei servizi, ove
investirà meno del programmato il 24,7% delle imprese. Le principali ragioni a cui vengono ricondotti
i minori investimenti sono, nell’ordine, le variazioni
della domanda, i fattori finanziari e l’incremento del
grado di incertezza. Con riferimento alle prospettive
per il 2010, il 19,2% delle imprese prevede un aumento della propria accumulazione, il 25,0 un calo.
Si conferma la maggiore pesantezza della condizione
dell’industria rispetto a quella dei servizi, nella prima
il 27,7% delle imprese programma di ridurre la spesa
per investimenti rispetto al 2009 rispetto al 19,6%
che ritiene di aumentarla, mentre nei secondi queste
due percentuali risultano rispettivamente pari al 21,8
e al 18,7%.
Consumi delle famiglie
Nonostante la lenta evoluzione dell’aggregato, anche
i consumi delle famiglie hanno avuto un marcato andamento negativo nella prima metà dell’anno. Sulla
base dei dati dei conti economici trimestrali, a valori
concatenati, destagionalizzati e corretti per i giorni
lavorativi, i consumi delle famiglie hanno subito una
diminuzione del 2,3% sullo stesso periodo del 2008.
Secondo le più recenti previsioni, la ripresa avviata
nel terzo trimestre dell’anno dovrebbe permettere
un miglioramento dell’andamento della spesa per
consumi delle famiglie nella media del 2009, che dovrebbe comunque subire una flessione compresa tra
l’1,9 e l’1,5%. A fronte dell’incertezza, della debole
condizione del mercato del lavoro e, in particolare,
della crescente disoccupazione, non ci si aspetta certo che la moderata ripresa indicata per il 2010 veda
una pronta crescita dei consumi, che resterà al di
sotto del punto percentuale, compresa tra lo 0,3 e
lo 0,8%. Nonostante i provvedimenti a sostegno dei
consumi, anche se prevalentemente diretti a favore
di alcuni settori industriali, di cui ci si attende la reiterazione in qualche forma, il Governo, a settembre,
ha prospettato una riduzione dei consumi dell’1,7%
per quest’anno e un incremento di solo lo 0,5% per
A P P E N D I C E
(-16,1%) per il 2009, variazioni seguite da una moderata inversione di tendenza prospettata per il prossimo anno, che dovrebbe portare ad un incremento
delle esportazioni dell’1,2%, leggermente superiore
all’aumento dello 0,9% delle importazioni di beni e
servizi. Per le sole merci, a prezzi costanti, secondo
Prometeia, le esportazioni dovrebbero diminuire del
20,1% nel 2009, di contro ad una riduzione del 15,6%
delle importazioni. Per l’istituto bolognese la tendenza dovrebbe invertirsi nel 2010 e la ripresa del commercio internazionale determinerebbe una crescita
delle vendite all’estero (3,2%) più ampia dell’aumento
degli acquisti dall’estero (2,7%), questi ultimi ancora
frenati dalla più lenta ripresa della domanda nel nostro paese.
213
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
Clima di fiducia dei consumatori, indice
destagionalizzato, base 1980=100
Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso i consumatori.
il 2010.
L’indice Isae del clima di fiducia dei consumatori ha
toccato un minimo a marzo di quest’anno, ritornando sui livelli di dicembre ed agosto dello scorso anno,
appena al di sopra del dato di luglio 2008 che costituisce un minimo dell’indice dal novembre 1993. Da
allora si è avviata una fase di forte ripresa che ha portato ad agosto la fiducia dei consumatori alle quote
toccate tra la fine del 2006 e l’inizio del 2007, livello
al quale si è mantenuta tra oscillazioni limitate, senza
dare segni di un ulteriore sostanziale miglioramento
(Fig. 1.2.1). Restano lontani i livelli del periodo 19982002. La media dell’indice, nei primi undici mesi del
2009, si è comunque collocata a quota 107,2 un livello ampiamente superiore rispetto al valore di 100,7
riferito allo stesso periodo dello scorso anno. Il sottoindice relativo al quadro economico generale del
paese è nettamente migliorato rispetto allo scorso
anno, avendo invertito da marzo la tendenza negativa precedente. Anche l’indice relativo alla situazione
personale ha mostrato un miglioramento rispetto al
2008, proseguendo la tendenza positiva avviata dalla
metà dello scorso anno.
A P P E N D I C E
I prezzi
214
Prezzi delle materie prime
La tensione sui prezzi delle materie prime si è mantenuta elevatissima sino a luglio 2008, poi la tendenza
si è invertita e con l’aggravarsi della crisi economica internazionale si è avviata una rapidissima discesa
delle quotazioni, che hanno toccato i minimi a dicembre 2008, con una riduzione dell’indice in dollari
del 62,2% tra luglio e dicembre. Da livelli minimi, si
è avviata una ripresa dei prezzi delle materie prime
che è poi proseguita ininterrotta da gennaio a tutto
novembre dell’anno in corso, riportando le quotazioni su livelli elevati, anche se nel complesso inferiori ai
record dello scorso anno, ma che per alcuni prodotti
agricoli rappresentano record pluriennali. Questi andamenti testimoniano dell’elevata tensione che permarrà sui mercati delle materie prime, in particolare
con la ripresa della crescita mondiale. L’indice generale Confindustria in dollari, ponderato con le quote
del commercio mondiale, ha rilevato una riduzione
del 44,7% nella media dei primi otto mesi del 2009,
sullo stesso periodo del 2008, ma nel corso dell’anno
l’aumento dell’indice tra gennaio e agosto è stato del
50,3%. Tra gennaio 2002 e agosto 2009 l’incremento
dell’indice è comunque stato pari al 201,8%. Anche
l’indice generale Confindustria in euro, ponderato
con le quote del commercio italiano, se nella media
dei primi otto mesi dell’anno ha visto un decremento del 37,6% sull’analogo periodo dello scorso anno,
ha però a messo a segno un aumento del 40,5% tra
gennaio e agosto. In questo caso, rispetto a gennaio
2002 l’incremento dell’indice è stato pari all’80,9%.
Ció conferma l’importante ruolo svolto da un euro
forte nel contenere l’onere e la dinamica di questi
fattori di costo a vantaggio dell’industria nazionale.
Prezzi alla produzione
Nei primi nove mesi del 2009, grazie alla diminuzione tendenziale dei prezzi di energia e materie prime
e a causa della pressione esercitata dalla riduzione
della domanda, la dinamica dell’indice dei prezzi alla
produzione dei prodotti industriali (Istat) ha segnato un decremento del 5,2%. Le variazioni tendenziali
mensili dell’indice hanno assunto un segno negativo a
partire dal dicembre dello scorso anno e un’ampiezza sensibile da giugno sino a settembre. Sempre nei
primi nove mesi dell’anno, l’indice relativo ai prezzi
dei prodotti venduti sul mercato interno ha registrato una diminuzione tendenziale del 6,0%, mentre per
i beni venduti sul mercato estero l’indice è diminuito
del 2,8% in termini tendenziali. Nello stesso periodo,
l’indice dei soli prodotti trasformati e manufatti ha
registrato una diminuzione, pari al 5,6%. In particolare si segnalano le riduzioni fatte segnare dai prodotti
petroliferi raffinati (-30,8%), dalla metallurgia e prodotti in metallo (-8,9%) dai prodotti chimici (-3,4%)
e dai prodotti alimentari, bevande e tabacco. Secondo le previsioni di ottobre di Prometeia, la dinamica
dell’indice generale dei prezzi alla produzione, pari
al 5,8% nel 2008, sarà ovviamente negativa nel 2009,
-5,2%, ma invertirà nuovamente il segno nel 2010,
anche se non andrà oltre un incremento dell’1,7%.
La variazione dell’indice dei prezzi dei soli manufatti
non alimentari, dopo l’incremento minimo dell’1,5%
dello scorso anno, dovrebbe risultare in lieve riduzione quest’anno, -1,6%, per poi fare comparire un lieve
segno posititvo l’anno prossimo, +0,4%.
Prezzi al consumo
A fine 2008, l’andamento dei prezzi al consumo,
compresi i tabacchi, aveva fatto segnare un aumento
del 3,3% per l’indice generale per l’intera collettività
nazionale (NIC), del 3,4% per l’indice generale per
le famiglie di operai e impiegati (FOI) e del 3,5% per
l’indice generale armonizzato Ue (IPCA). La dinamica
dei prezzi ha messo in luce un rallentamento già da
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
settembre 2008 che è proseguito durante tutti i primi dieci mesi del 2009. Il pericolo costituito dall’instaurarsi di una fase di deflazione non è più al centro
dell’attenzione della Banca centrale europea, che
comincia a considerare i tempi per attuare una manovra di uscita dall’attuale fase di politica monetaria
espansiva, in termini di tassi, ma soprattutto di offerta di moneta. Nei primi dieci mesi del 2009, rispetto
allo stesso periodo dello scorso anno, le variazioni
degli indici, compresi i tabacchi, è risultata comunque positiva ed è stata pari allo 0,8% sia per l’indice
riferito alla collettività nazionale, sia per quello riferito alle famiglie di operai e impiegati. Nello stesso
periodo l’indice armonizzato Ue ha fatto segnare un
aumento dello 0,7%. Secondo il Governo, l’inflazione media annua, misurata dal deflatore dei consumi,
dovrebbe risultare sostanzialmente nulla (+0,1%) nel
2009, per risalire nel 2010 a seguito della ripresa e
della crescita dei prezzi internazionali delle materie
prime. L’orizzonte delle previsioni più recenti non
è sostanzialmente difforme, ma segnala una tenuta
dell’inflazione anche a fronte della crisi dell’anno in
corso. Nella media del 2009, la crescita dei prezzi al
consumo dovrebbe essere compresa tra lo 0,7 e lo
0,8%. La cauta ripresa mondiale prevista per il 2010
non dovrebbe risvegliare rilevanti pressioni inflazionistiche e la dinamica dei prezzi resterà contenuta in
una fascia compresa tra lo 0,9 e l’1,8%.
La finanza pubblica
Nella Relazione previsionale e programmatica di settembre il Governo ha fornito le usuali indicazioni per
le principali voci di finanza pubblica, facendo riferimento alla prospettiva di una riduzione del prodotto
interno lordo del 4,8% nel 2009, seguita da una lenta
ripresa nel 2010 (+0,7%). Le entrate finali dovrebbero scendere dell’1,4% nel 2009, per poi aumentare
dell’1,0% nel 2010. Tale andamento risulterebbe determinato da una riduzione delle entrate tributare
del 2,9% nel 2009, per le quali è prevista una ripresa
in linea con il Pil nel 2010 (+0,7%). A sua volta l’andamento delle entrate tributarie appare determinato
soprattutto da quello delle imposte indirette. Queste ultime farebbero registrare una caduta del 4,5%
nell’anno in corso e un incremento dell’1,9% nel 2010.
I contributi sociali non dovrebbero fare segnare più
di una lieve flessione nell’anno in corso (-0,4%) e poi
aumentare di ben il 2,0% nel 2010. Sulla base di questa ipotesi il governo ha prospettato un lieve aumento della pressione fiscale nel 2009 al 43,0% del Pil, dal
42,8% dello scorso anno, cui farà seguito una leggera
diminuzione nel 2010, al 42,5%. Andamento opposto
a quello delle entrate dovrebbero avere le spese totali finali al netto degli interessi che salirebbero nel
2009 del 5,0% e dovrebbero mantenersi stabili nel
2010 (+0,1%). Le spese correnti al netto degli inte-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
ressi risulterebbero in aumento sia nell’anno in corso
(+3,8%) sia, ma in minore misura, l’anno prossimo
(+1,3%). Le spese in conto capitale, che sono tipicamente molto più variabili, anche perché molto meno
rilevanti, dovrebbero fare registrare un netto incremento (+17,6%) al termine del 2009, seguito però da
un’altrettanto decisa riduzione nel 2010 (-11,4%). Il
saldo primario si ridurrà notevolmente e invertirà il
segno, passando dal +2,4 dello scorso anno a -0,5%
del Pil nel 2009, determinando un disavanzo pari a
6.933 milioni di euro, con un peggioramento in termini assoluti di 44.845 milioni di euro. La spesa per
interessi dovrebbe diminuire lievemente in assoluto
e in percentuale del Pil nel 2009, passando dal 5,1%
del 2008 al 4,8%, per risalire nuovamente nel 2010 al
4,9%. L’indebitamento netto dovrebbe quindi fare registrare un sostanziale incremento, salendo dal 2,7%
del Pil del 2008, al 5,3% nel 2009, per poi ridursi solo
lievemente al 5,0% nel 2010. Anche per effetto della
recessione, l’incidenza del debito pubblico sul Pil registrerà una notevole impennata, passando dal 105,7%
del 2008, al 115,1 nel 2009, per salire ulteriormente
nel 2010 al 117,3%. Questo quadro preoccupante,
che ha determinato l’apertura di una procedura di
infrazione per violazione del patto di stabilità anche
nei confronti dell’Italia, risente comunque in ampia
misura della sottostante ipotesi relativa ad una ripresa della crescita nel 2010, la cui solidità appare
non molto affidabile. Inoltre l’elevato debito pubblico
espone a gravi rischi nel caso di un innalzamento dei
tassi d’interesse a livello europeo non accompagnato
da un’adeguata ripresa dell’attività economica a livello nazionale, che potrebbe determinare una crescita
della spesa per interessi destabilizzante per il rapporto tra debito e Pil.
Le recenti previsioni relative alla finanza pubblica
sono concordi nel prospettare un’evoluzione verso
un quadro di potenziale destabilizzazione del rapporto tra debito pubblico e Pil. Questo rapporto costituisce non solo un enorme vincolo per l’operare
della politica economica del Governo, ma un fattore
di rischio elevato a fronte di un possibile aumento
dell’onere del finanziamento del debito o di una crisi
di fiducia nella sostenibilitá del debito da parte degli
investitori internazionali. Nella migliore delle ipotesi
gli effetti di una necessaria politica di rientro graveranno a lungo sulla crescita potenziale del paese. Secondo le stime, l’avanzo primario dovrebbe risultare
quest’anno negativo e compreso tra -0,6 e -0,4% del
Pil, ma la debolezza della ripresa non ne permetterà
il ritorno a valori positivi nemmeno nel corso del
prossimo anno, quando dovrebbe risultare compreso entro una fascia di valori tra -0,2 e -0,7% del Pil.
Il rapporto tra indebitamento netto della A.P. e Pil
risulterà particolarmente elevato, sia per il 2009,
compreso tra il 5,3 e il 5,6%, sia per il 2010, con
valori tra il 5,1 e il 5,7%. Nelle stime, il rapporto tra
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
215
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
debito della Pubblica amministrazione e Pil dovrebbe risultare su livelli compresi tra 114,6 e 115,8% a
fine 2009 e peggiorare ulteriormente nel 2010 verso
livelli compresi in una gamma di valori tra il 116,7 e
119,8%.
A P P E N D I C E
I tassi di interesse e il credito
216
Tassi ufficiali
Con l’avvio del 2009, la Banca centrale europea ha
continuato la manovra di riduzione dei tassi in corso
in un’ottica di espansione della politica monetaria. Il
15 gennaio ha annunciato una nuova riduzione del
tasso di interesse per le operazioni di rifinanziamento principali, a valere dal 21 gennaio, di 50 punti base
(0,5%), al 2,00%. Queste operazioni vengono effettuate a tasso fisso e non più variabile dall’ottobre
dello scorso anno. L’intervento è stato accompagnato da una diminuzione di ben 100 punti, all’1%, del
tasso di interesse sui depositi presso la banca centrale, mentre il tasso di interesse sulle operazioni di
rifinanziamento marginale è stato mantenuto fisso al
3,00%. La manovra intendeva riportare a 200 punti
base il corridoio formato dai tassi di interesse sulle operazioni attivabili su iniziativa delle controparti,
intorno al tasso applicato all’operazione di rifinanziamento principale. L’intervento aveva l’obbiettivo di
spingere le banche ad utilizzare le operazioni di rifinanziamento principali, rendendo relativamente più
onerose quelle marginali e, soprattutto, di ampliare il
credito disponibile al sistema economico, rendendo
meno remunerativi i depositi detenuti presso la banca centrale dalle banche, con l’intento di spingere alla
riattivazione del mercato interbancario. Nella stessa
logica si trova la ratio degli interventi annunciati il 5
marzo, per una riduzione di 50 punti base dei sopracitati tre tassi di interesse a decorrere dall’11 marzo,
e il 2 aprile, per un’ulteriore diminuzione dei tre tassi
di 25 punti base a decorrere dall’8 aprile. Il 7 maggio
la Bce ha annunciato un ulteriore intervento, con il
quale a decorrere dal 13 maggio il tasso di interesse
sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema è stato ridotto di 25 punti base, all’1,00%
e il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale è stato ridotto di 50 punti base,
all’1,75%. In questa occasione per ridurre ulteriormente il costo del finanziamento al sistema, senza
giungere ad annullare la remunerazione dei depositi
detenuti presso la banca centrale, la Bce ha accettato
di ridurre a 150 punti base il corridoio formato dai
tassi di interesse sulle operazioni attivabili su iniziativa delle controparti. La Bce ha comunque sempre
chiaramente voluto escludere uno spostamento più
marcato nella direzione di tassi di rifinanziamento
prossimi allo zero.
Credito
La più grave crisi economica dal dopoguerra innescata dall’insolvenza dei mutui ad alto rischio statunitensi, ha interessato anche il sistema bancario italiano,
anche se in misura molto meno accentuata rispetto
ad altri paesi, Stati Uniti d’America e Regno Unito
in particolare. L’acuirsi delle difficoltà finanziarie di
famiglie e imprese ha causato una rapida espansione degli accantonamenti ai fondi rischi su crediti,
oltre al deterioramento della qualità dei portafogli
prestiti. Questa situazione ha indotto le banche ad
una particolare cautela nell’erogazione dei crediti e
a una maggiore richiesta di garanzie, soprattutto nei
confronti delle imprese di più piccole dimensioni. Secondo Banca d’Italia, in agosto la crescita sui dodici
mesi dei finanziamenti concessi dalle banche al settore privato non finanziario è scesa al 2,2% (correggendo per l’effetto contabile delle cartolarizzazioni).
Un anno prima il credito cresceva a tassi molto più
alti, del 10% circa. La dinamica dei prestiti bancari è
riconducibile sia agli effetti sulla domanda della difficile congiuntura economica, sia a condizioni di offerta
che permangono restrittive. Le banche italiane partecipanti all’indagine sul credito bancario dell’Eurosistema (Bank Lending Survey) hanno segnalato un
continuo inasprimento delle condizioni, seppure ad
un ritmo progressivamente più moderato. Indicazioni
di difficoltà di accesso al credito bancario continuano
a provenire dalle indagini presso le imprese, anche
in questo caso, tuttavia, emergono segnali che il ritmo con cui procede la restrizione si stia attenuando.
Secondo i dati divulgati dall’Istituto di via Nazionale,
a fine settembre 2009 si è registrata una diminuzione dello 0,5% tendenziale dei prestiti “vivi” concessi alla clientela residente (i finanziamenti erogati al
netto delle sofferenze e dei pronti contro termine).
Rispetto alla crescita rilevata a fine dicembre 2008
c’è stato un rallentamento superiore ai quattro punti
percentuali. Il rallentamento è apparso più evidente per le imprese (l’aggregato comprende le società
non finanziarie e le famiglie produttrici), i cui prestiti
“vivi” sono diminuiti tendenzialmente, dell’1,3%. A
fine dicembre 2008 si era registrato invece un tasso
di crescita pari al 6,7%. L’aumento tendenziale dei
prestiti “vivi” si è invece attestato al 3,9% per quelli
a favore delle famiglie consumatrici, considerate assieme alle istituzioni sociali private e ai soggetti non
classificabili dagli enti segnalanti.
La qualità degli attivi bancari continua a peggiorare.
In settembre le sofferenze bancarie hanno fatto registrare un aumento del 25,5% rispetto all’analogo
periodo del 2008. I flussi di nuove sofferenze rettificate (che tengono cioè conto della posizione del
debitore nei confronti dell’intero sistema bancario e
non soltanto di un singolo intermediario) in rapporto
ai prestiti complessivi, annualizzato e al netto dei fattori stagionali, ha raggiunto l’1,6 nel primo trimestre
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Tassi di mercato
I tassi d’interesse bancari hanno continuato a ridursi,
sostanzialmente in linea con gli andamenti osservati
nell’insieme dell’area dell’euro. Il costo dei prestiti
a breve termine alle imprese, inclusi quelli in conto corrente, è sceso in agosto, nella media, al 4,0%,
2,8 punti percentuali in meno rispetto a ottobre
2008, quando è iniziata la riduzione dei tassi ufficiali
nell’area dell’euro. Il costo medio dei nuovi mutui
alle famiglie è diminuito al 2,5% per le erogazioni a
tasso variabile e al 5,0 per quelle a tasso fisso (rispettivamente 3,0 e 0,8 punti percentuali in meno). Il
differenziale tra il tasso applicato sui prestiti a breve
termine a famiglie e imprese e quello corrisposto sui
depositi in conto corrente si è ristretto, in media, a
quattro punti percentuali.
Secondo Prometeia, il tasso sui Bot a tre mesi sceso dal 3,8% del 2008 allo 0,8% del 2009, dovrebbe
mantenersi in media sullo stesso livello anche per il
2010. Il tasso medio sugli impieghi bancari, dovrebbe
passare dal 6,8% del 2008 al 4,8% nel 2009, ma poi
risultare leggermente cedente e scendere lievemente
al 4,6% nel 2010. I tassi di politica monetaria dovrebbero rimanere invariati fino a quasi tutto il 2010, i
mercati si attendono tassi a breve termine più elevati
dai primi mesi del prossimo anno, che dovrebbero
arrivare attorno al 2,0% a fine anno. Il tasso inter-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
bancario a 3 mesi dovrebbe iniziare a salire tra la fine
del 2009 e l’inizio del 2010, anticipando l’azione della
politica monetaria. L’Euribor a 3 mesi dovrebbe giungere attorno all’1,5% a fine 2010. I rendimenti dei
titoli governativi dovrebbero avviare un lieve trend
crescente dai primi mesi del prossimo anno, ma il
progressivo irrigidimento della politica monetaria
porterà ad un appiattimento della curva dei rendimenti per scadenza, dovuto ad un relativo aumento
dei tassi sui titoli a breve rispetto a quelli a lunga
scadenza.
Il mercato del lavoro
Gli effetti della crisi internazionale hanno determinato una svolta negativa per le condizioni del mercato
del lavoro. Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, nel primo semestre 2009, rispetto all’analogo
periodo del 2008, l’offerta di lavoro è diminuita lievemente, -0,4% (-112 mila unità) e le forze di lavoro si
sono ridotte a quota 24 milioni e 996 mila unità. È in
particolare questa diminuzione dell’offerta che testimonia la difficile condizione del mercato del lavoro.
Il tasso di attività della popolazione da 15 a 64 anni
è sceso di poco più di un mezzo punto rispetto a un
anno prima, portandosi al 62,5%. Gli occupati sono
risultati in media poco più di 23 milioni 84 mila, 291
mila unità in meno pari ad un decremento tendenziale dell’1,2%. Il tasso di occupazione della popolazione
tra 15 e 64 anni si è ridotto di 1,1 punti rispetto a
un anno prima, risultando pari al 57,7%. La riduzione
tendenziale dell’occupazione nei macrosettori è stata pari a -2,1% in agricoltura e a -2,8% nell’industria
in senso stretto, non è andata oltre un -0,2% nelle
costruzioni, mentre se è risultata contenuta anche
per il complesso dei servizi, -0,8%, nel solo settore
del commercio ha però raggiunto un’ampiezza pari a
-3,8%. Il calo dell’occupazione è stato sostanzialmente determinato dalla diminuzione delle posizioni lavorative indipendenti, scese di 240 mila unità (-4,0%),
mentre quelle dipendenti hanno subito solo una marginale limatura (-0,3%, -51 mila unità), certamente
grazie all’impiego della cassa integrazione guadagni.
L’esame dell’andamento dell’occupazione per posizione professionale, carattere dell’occupazione e tipologia di orario mostra nel complesso una riduzione
degli occupati a tempo parziale (-2,3%, -79 mila unità) maggiore di quella subita da quelli a tempo pieno
(-1,1%, -213 mila unità). Ciò è dovuto all’andamento
riferito all’occupazione indipendente, per la quale gli
occupati a tempo pieno sono scesi del 2,9% (-152
mila unità) e quelli a tempo parziale sono invece stati
decimati (-11,0%, -89 mila unità). Ben diverso l’andamento per i dipendenti per i quali nel complesso
una sostanziale invarianza degli aggregati (risultano in
diminuzione dello 0,4%, -62 mila unità, quelli a tempo pieno e in aumento dello 0,4%, +10 mila unità
A P P E N D I C E
ed è salito all’1,9% nel secondo trimestre. Il tasso
di ingresso in sofferenza è andato crescendo ad un
ritmo particolarmente marcato per le imprese (2,1%
nel primo trimestre e 2,6% nel secondo).
Come evidenziato dai dati della Banca d’Italia, la raccolta bancaria complessiva, tra depositi, buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti, pronti
contro termine passivi e assegni circolari, è cresciuta
tendenzialmente nello scorso settembre del 7,3%.
Rimangono in calo i depositi detenuti dalle imprese,
un segnale della loro difficoltà finanziaria.
Secondo Banca d’Italia, nel primo semestre del 2009,
in presenza di un forte aumento delle perdite su crediti, la redditività bancaria è peggiorata. Sulla base
delle relazioni consolidate, gli utili dei cinque maggiori gruppi, gli accantonamenti e le rettifiche di valore a
fronte del rischio di credito sono più che raddoppiati
e hanno assorbito il 54% del risultato di gestione, una
quota che era pari a circa un quinto nel primo semestre del 2008. Anche se i dati non risentono ancora
delle operazioni di ricapitalizzazione pubblica di alcune banche del campione, i coefficienti patrimoniali
dei cinque maggiori gruppi italiani sono migliorati rispetto alla fine del 2008, a seguito sia dall’incremento
degli aggregati patrimoniali, attribuibile per la maggior parte all’accantonamento di una quota rilevante dell’utile del periodo, sia da una diminuzione nei
volumi delle attività ponderate per il rischio e da un
contenimento della loro rischiosità media.
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di Forlì-Cesena
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quelli a tempo parziale) è la risultante di andamenti
divergenti per gli occupati permanenti e a termine. I
primi sono aumentati nel complesso dello 0,9%, +140
mila unità, per effetto di un aumento dello 0,7%, +91
mila unità, delle posizioni a tempo pieno e del 2,4%,
+49 mila unità delle posizioni a tempo parziale. I secondi, che costituiscono elemento di flessibilità del
mercato del lavoro, sono invece stati espulsi in ampia
misura, come era facile attendersi, e sono diminuiti
dell’8,3%, -192 mila unità, per effetto di una riduzione leggermente più ampia per le posizioni a tempo
pieno (-8,6%, -152 mila unità) che per quelle a tempo
parziale (-7,2%, -39 mila unità).
Nonostante la diminuzione dell’offerta la difficile
condizione del mercato del lavoro si è riflessa in un
ancora limitato aumento delle persone in cerca di
occupazione (+10,3%, pari a 179 mila unità), sullo
stesso periodo del 2008, che ha portato il totale a
quota 1 milione 912 mila, con un aumento del tasso
disoccupazione, che è salito dal 6,9% al 7,7% nei primi
sei mesi del 2009.
Le previsioni più recenti prospettano per il 2009 una
flessione dell’occupazione (espressa in unità di lavoro
standard) compresa tra il 2,7 e il 2,4%. La debole ripresa attesa per il 2010 non dovrebbe avere la forza
di invertire l’andamento dell’occupazione che risulterà cedente, con variazioni stimate tra -1,1 e +0,0%.
Il tasso di disoccupazione tenderà a salire nel 2009,
passando dal 6,8% del 2008 a valori compresi tra il
7,5 e il 7,9%, per proseguire con analoga tendenza nel
corso del 2010, raggiungendo in media un livello tra
l’8,5 e il 8,7%. Le indicazioni elaborate dal Governo a
settembre sono negative e continuano ad apparire in
linea con quanto prospettato nelle previsioni successive. Nella Relazione previsionale e programmatica il
tasso di disoccupazione veniva indicato all’8,5%, per
il 2009, prevedendone un lieve incremento all’8,8%
nel 2010.
Nei primi nove mesi del 2009, in media, l’occupazione nelle grandi imprese ha subito un calo di -1,5% al
lordo della Cig e del 3,9% al netto della Cig, rispetto
allo stesso periodo del 2008.
La variazione complessiva non palesa la diversa ampiezza della riduzione dell’occupazione nell’industria
e nel settore dei servizi.Tra gennaio e settembre l’occupazione nell’industria al lordo della Cig si è ridotta
del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2008, ma
al netto ha subito una caduta dell’8,6%. Il quadro è
meno drammatico nei servizi, settore nel quale la diminuzione è stata dello 0,9% al lordo e dell’1,3% al
netto della Cig. All’interno dell’industria gli andamenti registrati sono stati non solo di diversa ampiezza,
ma anche di segno opposto. L’occupazione alle dipendenze al netto Cig si è ridotta del 10,7% nelle
grandi imprese manifatturiere, in particolare di oltre
il 14,0% nella fabbricazione di macchinari e attrezzature e in quella di mezzi di trasporto, ma nelle grandi
imprese delle costruzioni è risultata in forte aumento
(+8,5%). Nonostante la condizione negativa del mercato del lavoro, nel periodo gennaio-ottobre 2009, le
retribuzioni orarie contrattuali hanno messo a segno
un aumento del 3,2% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente.
Cassa integrazione guadagni
Nel periodo da gennaio ad ottobre 2009, le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni ordinaria,
di matrice prevalentemente anticongiunturale, sono
risultate oltre 421 milioni, in aumento di otto volte sullo stesso periodo del 2008. Occorre ricordare
che, come tutti gli indicatori del mercato del lavoro,
la Cig riflette l’andamento del ciclo economico con
un certo ritardo e risente di tempi amministrativi. Le
ore autorizzate di cassa ordinaria hanno superato la
quota di 50 milioni di ore al mese a partire da maggio e a quel livello si sono mantenute, con la sola
eccezione stagionale dei mesi di luglio e agosto, tanto
che sono ben più di 115 milioni le ore autorizzate
solo nei mesi di settembre e ottobre. Il fenomeno
non pare quindi destinato a ridursi rapidamente, se
non per il raggiungimento dei termini massimi applicabili. Nel complesso, si tratta di valori che non
trovano riscontro nel passato e sono avvicinati solo
dagli oltre 229 milioni di ore autorizzate nel 1983 e
dagli oltre 240 milioni di ore autorizzate nel 1993,
anche se, per un confronto corretto, occorre considerare che i cambiamenti della normativa intercorsi
hanno notevolmente ampliato i soggetti per cui può
essere richiesta l’autorizzazione. La ripresa della Cig
ordinaria è stata determinata, in termini di contributi percentuali, dal rilevante settore delle industrie
meccaniche, che ha fatto registrare un incremento di
dodici volte delle ore, per una quota del 60,4%; dalla
metallurgia, per il 10,1%; dalla chimica, petrolchimica,
gomma e materie plastiche, per il 9,4%, e dall’industria della moda (tessile, abbigliamento, pelli, cuoio e
calzature), per l’8,7%.
Sempre nel periodo tra gennaio e ottobre, le ore
autorizzate per interventi straordinari, concesse per
stati di crisi aziendale oppure per ristrutturazioni,
sono risultate quasi 240 milioni, con un aumento del
163,4% rispetto ai primi dieci mesi del 2008. Ancora più che per l’ordinaria, l’aumento del ricorso alla
cassa straordinaria riguarda i mesi appena trascorsi.
Solo da luglio le ore autorizzate ogni mese hanno superato quota 30 milioni e tra luglio e ottobre le ore
autorizzate di cassa straordinaria sono risultate pari
a oltre 137 milioni. Nel complesso, si tratta di valori
assoluti rilevanti, anche se in questo caso non senza
precedenti. Tenuto conto delle variazioni della normativa intercorse, i dati inducono a fare riferimento
agli oltre 250 milioni di ore autorizzate sia nel 1993,
sia nel 1994. Non lontani appaiono comunque i livelli
toccati nel periodo dal 1981 al 1988, che andarono
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Fonte: Istat.
Indice destagionalizzato della produzione industriale.
Periodo: settembre 2007 - settembre 2009
Fonte: Istat.
Indice destagionalizzato degli ordinativi dell’industria.
Periodo: settembre 2007 - settembre 2009
Fonte: Istat.
da minimi di oltre 310 milioni sino ad un picco di 548
milioni di ore nel 1984. Il perdurare della crisi potrebbe portarci vicino a tali livelli nel corso del 2010.
Al forte aumento della Cig straordinaria rilevato fino
ad ora hanno contribuito in particolare i settori della meccanica, per una quota del 34,9%; della moda
(tessile, abbigliamento, pelli, cuoio e calzature), per il
17,8%; dei trasporti e comunicazioni, per il 12,5%; e
del commercio, per il 12,4%.
Per concludere le ore di integrazione salariali autorizzate riferite alla gestione speciale edilizia sono aumentate del 92,2%, passando da 29 milioni 181 mila a
56 milioni 98 mila ore.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
I settori
Industria
Come sottolinea Prometeia nel suo Rapporto di previsione dell’ottobre scorso, il crollo dell’attività industriale che si è verificato dalla seconda metà del
2008 non ha eguali nel passato. Il livello della produzione industriale rimarrà per lungo tempo inferiore
a quello precedente la crisi. Anche nel caso di una
ripresa dell’attività economica complessiva, verrà a
determinarsi un ridimensionamento dell’importanza
del settore industriale, non solo in termini relativi al
settore dei servizi, ma in termini assoluti, con pesanti
ripercussioni in termini di valore aggiunto, ma più ancora di riduzione della struttura industriale e dell’occupazione. L’esperienza delle recessioni del 1981 e
del 1992, meno profonde dell’attuale, mostra quali
sono gli effetti in termini di processi di ristrutturazione delle imprese, riallocazione dei processi produttivi e degli addetti tra settori e aree del paese e
a livello globale. A ciò si aggiunge che le difficoltà del
sistema creditizio, ad ora tutt’altro che risolte, sia a
livello internazionale, sia in ambito nazionale, potrebbero avere pesanti ripercussioni negli anni a venire
sulle imprese industriali. In particolare ne potrebbero risentire particolarmente quelle piccole e medie
imprese che hanno fatto da sempre particolare affidamento sul credito e che non hanno, e difficilmente potranno avere, accesso al mercato, come fonte
alternativa di finanziamento.
Nei primi nove mesi del 2009, il dato grezzo del fatturato dell’industria ha registrato un crollo del 21,8%,
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La
riduzione è stata di minore ampiezza per il fatturato realizzato sul mercato nazionale (-20,4%), mentre
quello derivante dai mercati esteri si è ridotto del
25,0%. La crisi ha quindi severamente colpito i settori
industriali maggiormente orientati ai mercati internazionali. Nello stesso periodo, il fatturato del solo
settore manifatturiero ha fatto segnare una caduta
del 22,1%.
In termini congiunturali, l’indice destagionalizzato
della produzione industriale ha fatto segnare variazioni mensili negative a partire dal maggio 2008 sino
a marzo 2009. Successivamente l’indice si mantenuto
sostanzialmente stabile sino a luglio, ha fatto registrare una fittizia impennata ad agosto, prontamente
cancellata con una variazione di segno opposto a settembre. Nei primi nove mesi del 2009, l’indice grezzo della produzione industriale ha fatto segnare un
arretramento del 20,5%, rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente.
Nello stesso periodo l’indice della sola produzione
manifatturiera ha subito una riduzione di analoga ampiezza (-20,9%). Sulla base delle previsioni Isae, nel
4° trimestre 2009, l’indice grezzo della produzione
industriale dovrebbe subire una nuova riduzione ten-
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Indice destagionalizzato del fatturato dell’industria.
Periodo: settembre 2007 - settembre 2009
219
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di Forlì-Cesena
220
Grado di utilizzo degli impianti e ore lavorate, indice
destagionalizzato,
Indice trimestrale destagionalizzato della produzione
nelle costruzioni.
Periodo: II trimestre 2005 - II trimestre 2009
Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese manifatturiere ed estrattive.
Fonte: Istat.
denziale dell’8,2%, tale da determinare nel complesso del 2009 una diminuzione della produzione industriale del 17,6% rispetto ad un anno prima. Secondo
Prometeia, nella media dell’anno corrente, l’indice
generale della produzione industriale subirà una diminuzione del 16,0% rispetto allo scorso anno. L’istituto ritiene che il miglioramento della congiuntura
internazionale possa condurre anche ad una ripresa
dell’attività industriale italiana tanto da prospettare
un incremento della produzione industriale dell’1,7%
nel corso del 2010.
Al di là dell’analisi congiunturale, gli indici della produzione sollecitano una breve riflessione sulla questione industriale, sulle prospettive di esistenza di un
ampio e competitivo settore industriale nel nostro
Paese. Infatti, l’esistenza e la forza del settore costituiscono un fattore chiave alla base delle possibilità
di sviluppo del paese. Ma proprio la dimensione e
la competitività del settore industriale sono in discussione nel lungo periodo. Il dato grezzo dell’indice della produzione industriale, a base 2005=100,
si trovava a quota 90,4 nel 1990 a quota 104,2 nel
2000, ma dopo una buona espansione durata solo il
biennio 2006-2007, l’attuale recessione ha ridotto a
quota 86,6 la media dell’indice nell’anno mobile che
termina a settembre 2009. Ricordiamo ancora che
delle numerose cause della questione industriale italiana, molte non dipendono da caratteri specifici del
settore industriale stesso, ma sono da attribuire ad
aspetti afferenti ad altri settori che contribuiscono a
definire il sistema paese e la sua mancanza di competitività complessiva.
L’andamento degli ordini ha messo in luce qualche
miglioramento congiunturale tra giugno e settembre,
con la pesante eccezione della flessione rilevata ad
agosto. Nel complesso però, da gennaio a settembre
2009, per l’indice grezzo degli ordini è stata registrata una riduzione tendenziale ancora più pesante di
quella del fatturato e della produzione, pari al 27,6%.
Come per il fatturato, la diminuzione è stata meno
ampia per gli ordini provenienti dal mercato nazionale, -26,4%, e più ampia per gli ordinativi esteri, ri-
dottisi di quasi un terzo rispetto allo stesso periodo
del 2008, -29,8%. Questi dati offrono sostegno all’attesa di un lungo periodo di difficoltà per i settori
dell’industria nazionale più avanzati e più orientati
all’esportazione.
Il grado di utilizzo degli impianti industriali, secondo quanto risulta dall’inchiesta trimestrale Isae, nella
media del periodo da gennaio a settembre, si è fortemente ridotto, passando dal 75,8 al 65,8% rispetto
allo stesso periodo dello scorso anno. L’impiego della capacità produttiva ha toccato un minimo nel secondo trimestre dell’anno e l’aumento registrato nel
terzo trimestre è stato molto limitato. In assenza di
una pronta e sostanziale ripresa, il permanere di un
grado di utilizzo degli impianti così ridotto determinerà effetti negativi non solo sulla programmazione
degli investimenti, ma sulla consistenza della struttura industriale.
Secondo l’indagine Isae, il clima di fiducia delle imprese manifatturiere ed estrattive, dopo avere toccato
un minimo lo scorso marzo è andato progressivamente e quasi ininterrottamente migliorando sino a
novembre. Nonostante ciò il clima non è certo dei
migliori e l’indice a novembre si colloca a quota 78,8
ben al di sotto anche del non elevato livello toccato nel settembre del 2008 (81,0). Tra gennaio e novembre, la media dell’indice è risultata pari a 70,4,
rispetto alla quota di 84,4 dello stesso periodo dello
scorso anno. Il peggioramento del grado di fiducia è
giustificato dal netto peggioramento dei giudizi delle
imprese riguardo alla consistenza del portafoglio ordini (l’indice passa a -57,9 da -22,0) e da una netta inversione della valutazione delle attese di produzione
(l’indice passa a -9,3 da 4,6), mentre sono migliorate
le valutazioni riferite all’accumulazione di scorte di
magazzino (l’indice passa a 2,7 da 6,8).
Costruzioni
Come atteso è negativo il quadro nel settore delle
costruzioni. A partire dal secondo trimestre 2008,
la produzione ha registrato per sei trimestri conseRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
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di Forlì-Cesena
Clima di fiducia delle imprese manifatturiere ed
estrattive, indice destagionalizzato, base 2000=100
Indice del valore delle vendite del commercio fisso al
dettaglio.Tasso di variazione percentuale tendenziale.
Periodo: settembre 2007 - settembre 2009
Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese manifatturiere ed estrattive.
Fonte: Istat.
Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese delle costruzioni.
Clima di fiducia delle imprese delle commercio, indice
destagionalizzato, base 2000=100.
Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese del commercio al minuto
tradizionale e della grande distribuzione.
Clima di fiducia delle imprese dei servizi, indice
destagionalizzato.
Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese dei servizi.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
cutivi variazioni congiunturali di segno negativo. Nel
confronto tra i primi tre trimestri del 2009 e il corrispondente periodo del 2008, l’indice Istat della produzione corretto per gli effetti di calendario e l’indice
grezzo hanno registrato diminuzioni, rispettivamente,
del 12,5% e del 12,7%.
L’indice destagionalizzato del clima di fiducia del settore delle costruzioni (Isae) ha mostrato notevoli
oscillazioni nel corso dell’anno, ma dopo avere toccato nuovamente a gennaio il minimo del novembre
2008, ha avviato una moderata tendenza positiva, divenuta più marcata tra settembre e ottobre, quando
ha toccato quota 80,4. Nel periodo da gennaio ad
ottobre, in media, l’indice è sceso a quota 73,9 da
85,3 dello scorso anno. Considerando le serie componenti l’indice, al di là delle oscillazioni congiunturali,
sono notevolmente peggiorati sia i giudizi sui piani
di costruzione, l’indice è sceso a -32,6 da -14,6, sia,
in minore misura, i giudizi riflessi nell’indice delle
tendenze della manodopera, sceso a -12,8 da -6,8. Si
tratta dell’indice che esprime il saldo tra il numero di
imprenditori che prevedono nei prossimi tre mesi un
incremento dell’occupazione presso la propria azienda e quelli che si orientano verso un decremento.
Commercio e servizi
Nel periodo gennaio-settembre del 2009 il valore
delle vendite complessive del commercio, a prezzi
correnti, è diminuito in termini tendenziali del 2,1%.
Si tratta di una riduzione consistente, tenuto conto
che la rilevazione avviene ai prezzi correnti e che da
gennaio a settembre di quest’anno i prezzi al consumo (Nic), comprensivi dei tabacchi, sono aumentati
dello 0,8%, nonostante la crisi. L’analisi delle vendite
per forma distributiva conferma il quadro congiunturale negativo del commercio a fronte della debolezza dei consumi. Nei primi nove mesi dell’anno le
vendite della grande distribuzione hanno registrato
una flessione dello 0,4%, quelle delle imprese operanti su piccole superfici del 3,2%. Nello stesso periodo le vendite di prodotti alimentari sono diminuite
dell’1,7% e quelle di prodotti non alimentari del 2,2%.
D’altra parte, le vendite dei discount alimentari sono
aumentate dello 0,7% e quelle degli esercizi specializ-
A P P E N D I C E
Clima di fiducia delle imprese delle costruzioni,
base 2000=100
221
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
Il clima di fiducia dei servizi di mercato, a inizio anno,
è rimasto sui minimi assoluti, -32 a febbraio, mai toccati dall’avvio della rilevazione Isae per l’intero comparto, nel gennaio 2003. Quindi è andato progressivamente migliorando, sino a giungere a novembre (-2)
sui livelli, non certo elevati, dell’estate dello scorso
anno. Ciò nonostante se si considera la media dei
primi undici mesi dell’anno, l’indice si è attestato a
quota -14,3 in netto peggioramento rispetto al livello
di -0,5 riferito allo stesso periodo dello scorso anno.
Nello stesso periodo, nei sottosettori considerati il
clima di fiducia peggiora sia per le imprese di servizi
destinati alle famiglie, l’indice passa da -6,9 a -18,1, sia
per i servizi destinati alle imprese, l’indice scende da
6,4 a -12,0, mentre si allevia il clima negativo nelle imprese dei servizi finanziari, per le quali l’indice passa
da -14,8 a -3,8.
A P P E N D I C E
zati sono salite dello 0,3%.
Il clima di fiducia delle imprese del commercio (Isae)
ha anch’esso toccato un livello minimo a marzo, per
poi avviare una fase di ripresa, nonostante le flessioni segnate a settembre e ottobre, che ha ricondotto
l’indice a novembre (102,0) sui livelli dell’ottobre dello scorso anno. Comunque nei primi undici mesi del
2009, la media dell’indice si è collocata a quota 96,20
rispetto ad un valore di 105,8 riferito allo stesso periodo dello scorso anno. Esaminando le serie che entrano nella definizione del clima di fiducia, nella media
del periodo da gennaio a novembre, sono nettamente peggiorati i giudizi relativi all’andamento corrente
degli affari, si sono sostanzialmente ridotte le aspettative nei giudizi sulle attese del volume futuro delle
vendite e sono diminuite le valutazioni relative ad un
eccesso delle giacenze.
222
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
LL
’ E CON O M IA R E G IO N A L E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
N E L 2 00 9
[…]
In questo contesto di profonda e ramificata crisi
economica, secondo le stime redatte nello scorso
novembre da Unioncamere regionale e Prometeia,
l’Emilia-Romagna dovrebbe chiudere il 2009 con un
decremento reale del Pil del 4,6%, che si aggiunge alla
diminuzione dello 0,7% rilevata nell’anno precedente.
Rispetto alla stima effettuata nello scorso maggio, si
ha un peggioramento prossimo a un punto percentuale. Nei confronti del successivo scenario proposto
a settembre (-4,8%) emerge invece una leggera attenuazione della stima negativa del Pil, pari a 0,2 punti
percentuali, quasi a significare che il punto più acuto
della fase recessiva sia stato superato.
Al di là di questa considerazione, come vedremo
nei capitoli successivi, i segnali negativi sono risultati
piuttosto diffusi. Se dovessimo paragonare l’economia al tempo atmosferico dovremmo dire che il cielo
emiliano-romagnolo è risultato prevalentemente nuvoloso come nel resto del Paese, con poche zone di
sereno.
L’agricoltura è stata caratterizzata da prezzi alla produzione in sensibile diminuzione, con contraccolpi
sulla redditività delle aziende. Per l’Assessorato regionale all’agricoltura si prospetta una flessione in
valore prossima al 9%. Produzione, fatturato e ordini
di industria e artigianato sono apparsi in forte cadu-
ta, mentre la Cassa integrazione guadagni ha toccato
vette inusuali soprattutto in termini anticongiunturali.
L’edilizia ha evidenziato cali di attività, occupazione e
consistenza delle imprese. Per quanto riguarda il commercio, il basso profilo della spesa delle famiglie – si
stima un calo reale dell’1,3% - si è tradotto in un minore volume di vendite, che non ha risparmiato alcun
segmento distributivo. Il netto ridimensionamento
del commercio mondiale ha raffreddato l’export, che
ha accusato nei primi otto mesi del 2009 una flessione di ampie e straordinarie proporzioni (-25,8%). Nel
settore del credito i prestiti bancari hanno segnato il
passo, mentre si è appesantito il flusso di nuove sofferenze. L’accesso al credito è divenuto più difficile ed
è contestualmente aumentata la richiesta di garanzie,
con conseguente forte incremento dell’attività dei
Consorzi fidi. Come non accadeva da anni, c’è stato un ridimensionamento congiunturale tra marzo e
giugno degli sportelli bancari.
Protesti e fallimenti sono apparsi in ripresa. La disoccupazione è cresciuta, pur rimanendo su livelli
largamente inferiori a quelli medi nazionali. Nell’ambito dei trasporti, quelli stradali hanno registrato un
ridimensionamento delle attività, e lo stesso è avvenuto per le merci trasportate per via aerea. Note
decisamente negative per il porto di Ravenna, che ha
accusato una flessione di straordinarie proporzioni.
La compagine imprenditoriale è apparsa in lieve ridi-
Prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna. Variazioni percentuali in termini reali sull’anno precedente.
Periodo 1980 – 2011.
8,0
6,0
2,0
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
1980
1982
1984
1986
1988
1990
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
2010*
A P P E N D I C E
4,0
'* previsioni 2009-2011
Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat
e Scenario economico Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
223
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
224
mensionamento, a causa dei cali accusati dalle forme
giuridiche “personali”, solo parzialmente compensati
dall’aumento delle società di capitale.
Qualche nota positiva non è tuttavia mancata, ma è
risultata circoscritta a pochi aspetti dell’economia
dell’Emilia-Romagna. L’occupazione, limitatamente ai
primi sei mesi del 2009, è riuscita sostanzialmente
a tenere, fatte le debite cautele a causa dei margini
d’errore dovuti alla campionarietà dei dati (+0,3%),
ma è da sottolineare il ruolo determinante del massiccio impiego degli ammortizzatori sociali.
I trasporti aerei hanno visto crescere leggermente
il movimento passeggeri, grazie allo scalo bolognese
che ha compensato i vuoti emersi negli altri aeroporti della regione. Il turismo è riuscito sostanzialmente a tenere, grazie soprattutto alla ripresa registrata
nel trimestre luglio-settembre. Il raffreddamento dei
consumi ha contribuito a tenere sotto controllo l’inflazione. I prezzi al consumo sono apparsi in rientro,
segnando, relativamente al capoluogo di regione, tre
variazioni tendenziali negative nel trimestre lugliosettembre, cosa questa mai accaduta da vent’anni a
questa parte. Un altro aspetto positivo è stato rappresentato dalla riduzione dei tassi d’interesse.
Lo scenario economico predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, redatto nell’ultima
decade dello scorso novembre, ha interpretato i segnali negativi emersi dai vari indicatori, disegnando
per il 2009 un quadro dalle tinte decisamente scure,
anche se leggermente più sfumate rispetto allo scenario proposto a fine estate.
Oltre alla diminuzione del Pil, stimata, come descritto precedentemente, al 4,6%, per la domanda interna si prevede un calo, in termini reali, del 3,2%. Dal
1990 ad oggi solo nel 1993 si ebbe una diminuzione
superiore alla soglia del 3%, pari anch’essa al 3,2%. Su
questo andamento ha pesato soprattutto la flessione
prossima al 12% accusata dagli investimenti fissi lordi
e in questo caso si tratta della variazione negativa più
pesante dal 1990. La minore acquisizione di capitale
fisso è anch’essa frutto della crisi economica e conseguentemente di aspettative venate da un prevalente
pessimismo. Secondo l’indagine Confindustria EmiliaRomagna tra le aziende associate è diminuita la platea d’imprese intenzionate a investire e un analogo
andamento è stato evidenziato da un’indagine della
Banca d’Italia. Per quanto concerne i consumi finali,
alla moderata crescita di quelli delle Amministrazioni
pubbliche e delle Istituzioni sociali private, si è contrapposta la diminuzione della spesa delle famiglie,
stimata all’1,3%, in leggero peggioramento rispetto
al calo dell’1,1% riscontrato nel 2008. Nella stima effettuata nello scorso settembre si prospettava una
diminuzione più ampia pari al 2,1%. Al di là dell’attenuazione del calo, rimane tuttavia uno scenario negativo che ha tratto origine dalla perdurante debolezza
delle vendite al dettaglio emersa dalle indagini effet-
tuate dal sistema camerale. Le esportazioni di beni, in
uno scenario dominato dal forte ridimensionamento
del commercio internazionale, sono state previste in
diminuzione in termini reali del 22,9%, ampliando il
calo del 2,5% rilevato nel 2008. Negli anni precedenti
al biennio 2008-2009, prendendo come base il 1992,
è stata registrata una variazione negativa solo nel
2003 (-0,9%). In questo caso la stima di novembre
ha evidenziato una situazione meno intonata rispetto
a quella prospettata sia a maggio (-10,1%) che a settembre (-18,7%), scontando i pessimi andamenti, per
altro comuni alle altre regioni, rilevati da Istat.
Per quanto concerne la formazione del reddito, il valore aggiunto ai prezzi di base dei vari rami di attività
è stimato in calo in termini reali del 4,8% rispetto alla
situazione del 2008. L’unica eccezione ha riguardato
agricoltura, silvicoltura e pesca, che però è stata penalizzata da prezzi alla produzione prevalentemente
cedenti, tant’è che ad un aumento reale del valore
aggiunto dell’1,8% è corrisposta una diminuzione a
valori correnti dell’1,3%. Negli altri rami di attività
spicca il negativo andamento dell’industria in senso stretto (estrattiva, manifatturiera ed energetica)
per la quale è stata prospettata, nello scenario di
novembre, una flessione reale prossima al 13%, che
ha aggravato il quadro già negativo emerso nel 2008
(-3,3%). Il quadro pessimistico offerto dallo scenario
di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia trova
fondamento nel forte deterioramento dei vari indicatori su produzione, vendite e ordinativi emerso dalle
indagini congiunturali del sistema camerale, soprattutto nella prima metà dell’anno. Per le costruzioni
si prevede un andamento negativo, anche se in termini più contenuti rispetto a quanto osservato per
l’industria in senso stretto (-3,1%). In questo caso
non si tratta della variazione più negativa dal 1990.
Andò peggio nel 1994, quando venne registrata una
flessione del 7,2%.
Il ridimensionamento delle attività ha avuto effetti sull’intensità del lavoro. Alla sostanziale tenuta
dell’occupazione, intesa come consistenza degli addetti, è corrisposto un minore impiego del lavoro,
in parte riconducibile, per l’occupazione alle dipendenze, al massiccio utilizzo degli ammortizzatori
sociali, Cig in primis. Lo scenario predisposto da
Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia prevede
una diminuzione delle unità di lavoro, che misurano
il volume di lavoro svolto, pari al 2,1%. Si tratta della
variazione più negativa dai primi anni ’90. Ogni ramo
di attività ha contribuito al calo, con una particolare
intensità per l’industria in senso stretto (-6,1%).
Per quanto concerne i parametri caratteristici del
mercato del lavoro, è da sottolineare la crescita del
tasso di disoccupazione al 3,7% dal 3,2% del 2008.
L’Emilia-Romagna si è tuttavia collocata su livelli tra i
più contenuti del Paese.
Passiamo ora a illustrare più dettagliatamente alcuni
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
temi specifici della congiuntura del 2009, rimandando
ai capitoli specifici coloro che ambiscono ad un ulteriore approfondimento.
La demografia delle imprese è stata caratterizzata da un leggero decremento della consistenza delle
imprese attive pari allo 0,8%, che ha interrotto la
tendenza espansiva in atto da lunga data. Il saldo tra
imprese iscritte e cessate, al netto delle cancellazioni
d’ufficio che non hanno alcuna valenza congiunturale,
è risultato negativo per 1.484 unità, in contro tendenza rispetto all’attivo di 1.914 imprese rilevato nei
primi nove mesi del 2008.
In ambito nazionale l’Emilia-Romagna è tuttavia risultata la quinta regione italiana in termini di diffusione
delle imprese sulle popolazione, con 991 imprese
ogni 10.000 abitanti.
Tra i settori, agricoltura e industria hanno registrato
decrementi pari rispettivamente al 2,2 e 1,5%, a fronte della stabilità del terziario. In ambito industriale è
da sottolineare il calo dell’1,1% accusato dall’edilizia.
Analogo andamento per l’industria manifatturiera
(-2,0%), che ha risentito principalmente delle diminuzioni accusate dalle industrie della moda e metalmeccaniche. La tenuta dei servizi è da attribuire
in particolare agli aumenti riscontrati nei comparti
delle attività immobiliari, noleggio, informatica ecc.
e degli “altri servizi pubblici, sociali e personali”, che
hanno compensato i cali rilevati nel commercio, nei
trasporti e nell’intermediazione finanziaria.
Si è ulteriormente rafforzato il peso delle società di
capitale, mentre hanno perso terreno le forme giuridiche “personali”, ovvero società di persone e ditte
individuali. Diminuiscono tutte le cariche, soprattutto i soci, mentre è continuata l’onda lunga degli stranieri. Dalle 18.768 cariche ricoperte a fine settembre
2000 si è progressivamente passati alle 49.316 di fine
settembre 2009.
Per quanto concerne l’imprenditoria femminile, a fine
giugno 2009 sono risultate attive in Emilia-Romagna
quasi 90.000 imprese, vale a dire l’1,9% in più rispetto
all’analogo periodo del 2008 (+1,3% in Italia). Questo
andamento si è distinto dalla sostanziale stazionarietà
emersa a fine giugno 2009 nella totalità del Registro
delle imprese (+0,1).
L’andamento del mercato del lavoro è stato caratterizzato da luci e ombre.
Al minore impiego del lavoro – le relative unità sono
previste in diminuzione del 2,1% – dovuto alla portata della crisi economica non è corrisposto un analogo
andamento per la consistenza dell’occupazione, che
è riuscita sostanzialmente a tenere grazie, soprattutto, al massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali.
Il numero di occupati è mediamente ammontato in
Emilia-Romagna a circa 1.973.000 unità, con un incremento dello 0,3% rispetto al primo semestre del
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
2008, equivalente, in termini assoluti, a circa 5.000
persone. Nella prima metà del 2008 era stata rilevata una crescita più sostenuta, pari all’1,6%, che era
equivalsa a circa 32.000 persone in più. Per quanto modesto, l’incremento regionale dell’occupazione è tuttavia apparso in contro tendenza rispetto a
quanto avvenuto in Italia (-1,2%) e nella ripartizione
nord-orientale (-0,5%). Fra le regioni italiane solo
il Trentino-Alto Adige ha registrato una crescita
dell’occupazione (+1,4%) superiore a quella rilevata
in Emilia-Romagna, mentre quindici regioni hanno
accusato cali in un arco compreso tra il -0,1% della
Sicilia e il -5,6% dell’Abruzzo, ma in questo caso il
terremoto può avere avuto la sua tragica parte.
Sotto l’aspetto del genere, le donne sono cresciute del 2,8%, a fronte della diminuzione dell’1,6% accusata dagli uomini, mentre dal lato della posizione
professionale sono stati gli occupati dipendenti a
contribuire alla moderata crescita dell’occupazione
(+0,5%), compensando la diminuzione dello 0,3% rilevata nell’occupazione indipendente.
In ambito settoriale è emerso un andamento disomogeneo. L’agricoltura è cresciuta notevolmente
(+9,3%) e gran parte di questo andamento è da attribuire all’impennata degli occupati autonomi (+15,2%),
a fronte della flessione del 6,5% accusata dall’occupazione alle dipendenze. L’industria ha chiuso i primi
sei mesi del 2009 all’insegna della sostanziale stabilità.
Rispetto alla prima metà del 2008 l’occupazione è
mediamente cresciuta di circa 2.000 addetti, per una
variazione positiva dello 0,3%. La natura campionaria
della rilevazione ci induce a parlare più di sostanziale
stabilità che di effettiva crescita dell’occupazione, ma
al di là di questa doverosa considerazione, resta tuttavia un andamento comunque positivo, soprattutto
se si considera che è maturato in uno dei periodi più
bui dell’economia nazionale e mondiale. Dal lato del
genere, alla crescita degli uomini, pari allo 0,9%, si
è contrapposta la diminuzione dell’1,4% delle donne. Per quanto concerne la posizione professionale,
sono stati gli occupati alle dipendenze a determinare la tenuta del settore industriale, con una crescita
dell’1,1%, a fronte della diminuzione del 3,1% accusata dagli occupati autonomi. Per quanto riguarda i
principali comparti industriali, all’incremento dell’industria in senso stretto (+1,7%) si è contrapposta la
flessione del 5,2% delle costruzioni e installazioni impianti. I servizi hanno arrestato la tendenza espansiva
che aveva caratterizzato gli anni precedenti. La consistenza degli occupati è scesa dello 0,3%. Dal lato
del genere, sono stati gli uomini a pagare il prezzo
maggiore, con una diminuzione del 4,5%, a fonte della
crescita del 3,4% evidenziata dalle donne. A deprimere l’occupazione settoriale sono state soprattutto le
attività commerciali, compresa la riparazione dei beni
di consumo, che hanno accusato un decremento del
4,1%, largamente imputabile alla flessione del 9,7%
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di Commercio
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manifestata dagli occupati indipendenti. Nell’ambito
delle attività del terziario diverse dal commercio c’è
stato invece un leggero incremento (+1,0%).
Sul fronte della disoccupazione sono emersi segnali
piuttosto negativi.
Le persone in cerca di occupazione sono risultate
circa 88.000, vale a dire il 29,2% in più rispetto al primo semestre 2008. L’appesantimento della disoccupazione si è associato all’aumento del relativo tasso
salito dal 3,3 al 4,3%. A crescere è stata soprattutto
la componente maschile (+68,4%), a fronte dell’incremento decisamente più contenuto delle donne
(+2,6%). Sotto l’aspetto della condizione, le persone
con precedenti esperienze lavorative sono aumentate
sensibilmente (+40,7%), a fronte della diminuzione di
quelle senza precedenti lavorativi (-17,8%). Per quanto concerne le non forze di lavoro è da sottolineare
la crescita, pari al 36,1%, dei “pigri”, ovvero coloro
che cercano un lavoro non attivamente, che si è tuttavia associato al decremento (-10,5%) delle persone
che non cercano un lavoro, pur essendo disponibili a
lavorare, in pratica gli scoraggiati.
La crisi economica ha lasciato un po’ di ruggine
sull’impalcatura del mercato del lavoro emilianoromagnolo, ma i dati fondamentali sono rimasti su
livelli eccellenti, se confrontati con quelli delle regioni italiane. Nel secondo trimestre del 2009 la regione
ha evidenziato il migliore tasso di occupazione nazionale sulla popolazione in età 15-64 anni, arrivando a
sfiorare la soglia del 70%, che è uno degli obiettivi
contemplati dalla strategia di Lisbona. In termini di
tasso di attività, pari al 72,9%, è stato riscontrato un
analogo primato. Per quanto concerne il tasso di disoccupazione, solo una regione, vale a dire il Trentino-Alto Adige, ha evidenziato, nella media del primo
semestre, un rapporto più contenuto, pari al 2,8%,
rispetto a quello dell’Emilia-Romagna (4,3%).
Per quanto riguarda l’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali è emerso uno scenario improntato
a un certo pessimismo. Secondo le aspettative manifestate dalle imprese, nel 2009 l’occupazione di industria e servizi dovrebbe diminuire dell’1,8%, dopo
anni segnati da previsioni positive. Inutile sottolineare che la grave crisi ha avuto un ruolo predominante
nel raffreddare le aspettative.
L’annata agraria 2008-2009 è stata caratterizzata,
sotto l’aspetto climatico, da un inverno sostanzialmente piovoso, con qualche nevicata che ha toccato
anche le zone di pianura. Le temperature hanno visto una certa alternanza tra periodi gelidi e più temperati. Da sottolineare l’irruzione di aria fredda del
19 marzo che ha causato un sensibile abbassamento
delle temperature: all’aeroporto di Borgo Panigale la
minima del 22 è scesa a -3.1ºC, stabilendo un nuovo
record per la terza decade di marzo. Le gelate hanno
colpito i frutteti già in risveglio, risparmiando tuttavia
la Romagna grazie alla maggiore copertura nuvolosa.
La primavera è stata caratterizzata dalla particolare
piovosità di aprile, cui è seguito un maggio sostanzialmente povero di precipitazioni. In giugno c’è stato
un’alternarsi di periodi freschi e decisamente caldi,
con precipitazioni a carattere prevalentemente temporalesco, con piogge tuttavia inferiori alle attese
nell’Emilia. Con l’avvento dell’estate, le precipitazioni
sono andate diradandosi, ma non sono mancati gli
ormai consueti eventi disastrosi causati dalle grandinate, tipo quella, particolarmente violenta, che ha investito molte zone del ferrarese nella giornata del 9
luglio. Il ciclo di precipitazioni è poi ripreso nel mese
di settembre, senza tuttavia toccare picchi particolari. In ottobre c’è stata un’alternanza di periodi caldi
e più freddi, che ha lasciato il posto a un novembre
caratterizzato da copiose precipitazioni e temperature sostanzialmente miti.
Secondo le prime valutazioni dell’Assessorato regionale all’agricoltura si profila un’annata tra le più negative sotto l’aspetto economico. Si stima un calo del
valore della produzione prossimo al 9%, che riporta
il settore agricolo emiliano-romagnolo ai livelli di crisi del biennio 2005-2006. Si prevedono ripercussioni
fortemente negative sui bilanci delle aziende agricole, già in difficoltà per gli ingenti costi di produzione
sostenuti anche nelle precedenti annate. All’origine
di questo andamento è il sensibile ribasso dei prezzi
agricoli indotto dalla crisi economica generale. A tale
proposito i prezzi del frumento e del mais quotati
alla Borsa di Bologna nel corso del 2009 sono apparsi costantemente su livelli inferiori a quelli dell’anno precedente, con punte particolarmente elevate
nell’ambito delle varietà di duro. Per quanto concerne la zootecnia, spicca il basso profilo del settore suinicolo. Le quotazioni dei grassi da macello, da oltre
156 a 176 kg, sono apparse costantemente in calo da
maggio, contribuendo a una flessione media, relativamente ai primi undici mesi, pari al 7,8%. Le quotazioni medie dei vitelli baliotti da vita pezzati neri rilevate
dalla Camera di commercio di Modena nei primi dieci mesi del 2009 sono apparse in ripresa da febbraio,
determinando una crescita media del 39,5% rispetto
all’analogo periodo del 2008. In flessione sono invece
apparse le quotazioni dei vitelloni maschi da macello
Limousine e delle vacche da macello pezzate nere.
In ambito avicunicolo, le rilevazioni della Camera
di commercio di Forlì-Cesena hanno registrato tra
gennaio e ottobre una situazione prevalentemente in
ripresa. Nell’ambito dei polli allevati a terra, alla lieve
diminuzione dei prezzi di quelli “leggeri”, si è contrapposto l’aumento di quelli pesanti, pari al 2,9%.
Per le galline allevate a terra è emersa una tendenza
espansiva, soprattutto per quelle medie. Per quelle
allevate in batteria sono stati registrati aumenti a due
cifre. Segnali di pesantezza invece per il mercato dei
tacchini, i cui prezzi sono nuovamente scesi nei primi
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
professionale più consistente, vale a dire gli occupati indipendenti (+15,2%), a fronte della flessione del
6,5% di quelli alle dipendenze, equivalente in termini
assoluti a circa 1.000 addetti.
Per quanto riguarda il settore della pesca, la caduta
della domanda mondiale ha avuto effetti sul commercio estero. L’export di pesci e altri prodotti della pesca e prodotti dell’acquacoltura dell’Emilia-Romagna
è apparso in diminuzione, nei primi sei mesi del 2009,
del 9,6% rispetto all’analogo periodo del 2008, annullando, di fatto, i progressi registrati nella prima metà
dell’anno precedente (+8,9%). In Italia è stata rilevata una diminuzione in valore del 6,5%, a fronte del
calo dell’1,5% delle quantità esportate. Dall’incrocio
di questi andamenti è emersa una certa pesantezza
delle quotazioni implicite all’export, che sono scese
del 5,1% rispetto alla prima parte del 2008.
Gran parte del pescato dell’Emilia-Romagna è stato
destinato, e non è una novità, al mercato europeo. I
principali acquirenti nel mondo sono risultati Spagna
(54,5%), Francia (13,5%), Germania (12,5%), Regno
Unito (7,5%), Olanda (4,3%) e Tunisia (3,5%).
I primi sei clienti hanno assorbito quasi il 96% dell’export emiliano-romagnolo, denotando una concentrazione difficilmente riscontrabile in altri prodotti.
Il ridimensionamento dell’export è da attribuire in
primo luogo all’arretramento del principale cliente, ovvero la Spagna, i cui acquisti sono diminuiti in
valore del 6,9% rispetto alla prima metà del 2008.
Segno positivo per la Francia, che ha conquistato la
seconda posizione, scalzando la Germania, in virtù
di un incremento del 16,7%. Per quanto concerne i
rimanenti clienti, il mercato tedesco ha accusato una
flessione del proprio import di pesce pari al 9,5%.
Stessa tendenza per il Regno Unito, ma su toni molto
più accentuati (-21,6%). Note negative, ugualmente
pronunciate, per Olanda e Svizzera, con diminuzioni rispettivamente pari al 18,8 e 73,9%. La Tunisia
ha registrato una crescita del 7,3% che l’ha portata
ad essere il sesto cliente del pescato dell’Emilia-Romagna. E’ da sottolineare che nella prima metà del
2007 l’ex colonia francese non aveva effettuato alcun
acquisto.
La compagine imprenditoriale di pesca, piscicoltura e
servizi annessi a fine settembre 2009 è stata costituita da 1.931 imprese attive, vale a dire il 4,7% in più
rispetto all’analogo periodo del 2008, in contro tendenza rispetto alla diminuzione generale dello 0,8%.
Il saldo tra iscrizioni e cancellazioni, escluse quelle
d’ufficio che, come noto, non hanno alcuna valenza congiunturale, è risultato in attivo di 54 unità, in
misura più sostenuta rispetto al surplus di 25 imprese dell’anno precedente. Sotto l’aspetto della forma
giuridica, il settore della pesca, piscicoltura e servizi
connessi dell’Emilia-Romagna, si è distinto dal resto
del Registro imprese per la bassa incidenza delle so-
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dieci mesi del 2009 attorno al 5-6%, nei confronti
dell’analogo periodo del 2008. Le quotazioni delle
uova sono apparse in generale ripresa, con incrementi che hanno oscillato tra il 4 e il 5%. Per i conigli
il mercato è apparso vivace, con aumenti per leggeri
e pesanti attorno al 13%.
Per quanto concerne l’andamento produttivo delle
principali produzioni erbacee, sono diminuite le rese
e le superfici coltivate a cereali, con l’unica eccezione
del sorgo da granella. La riduzione dei raccolti è apparsa piuttosto pronunciata per frumento tenero e
mais. Tra le altre coltivazioni erbacee sono diminuiti
significativamente i raccolti di fava da granella, asparago, patate, fragole, girasole, mentre sono apparsi
in crescita quelli di pisello proteico, carote, meloni,
pomodoro e, soprattutto, soia. Tra le coltivazioni legnose le rese unitarie sono apparse prevalentemente
in recupero, con le eccezioni di ciliegie, mele e actinidia. Gli aumenti più consistenti dei raccolti hanno
riguardato albicocche e pere. La vendemmia è stata
giudicata di ottima qualità, con livelli produttivi superiori di circa il 10% a quelli dell’annata precedente.
In un quadro produttivo cedente (la produzione
dei primi dieci mesi è scesa del 2,9%) il mercato del
Parmigiano-Reggiano ha dato segnali di pesantezza
fino a settembre. Dal mese successivo è emersa una
ripresa, che è stata consolidata dal deciso rialzo dei
prezzi all’origine dei contratti pubblicati in novembre, arrivati agli 8,31 euro al kg. Al 26 di novembre risultava venduto l’86,6% delle partite disponibili
(millesimo 2008), in notevole aumento rispetto alla
quota registrata un anno prima, relativa al millesimo
2007 (69,4%).
L’export di prodotti agricoli, animali e della caccia
della prima metà del 2009 - circa il 92% delle merci
ha preso la strada dell’Europa - ha risentito anch’esso della crisi globale, registrando una flessione del
13,0% rispetto all’analogo periodo del 2008 (-12,1%
in Italia). Il principale cliente, vale a dire la Germania,
ha evidenziato una flessione del 21,7%. Non altrettanto è avvenuto per il secondo tradizionale cliente,
ovvero la Francia, che ha accresciuto i propri acquisti
del 6,0%.
A fine settembre 2009 la consistenza delle imprese
attive nei settori dell’agricoltura, caccia e silvicoltura
si è ridotta del 2,2% rispetto allo stesso periodo del
2008, consolidando il pluriennale trend negativo, in
gran parte determinato da un’effettiva riduzione e
ristrutturazione del sistema imprenditoriale, da attribuire soprattutto a motivi economici e al mancato
ricambio di chi si ritira dal lavoro.
L’occupazione è apparsa in ripresa. Nel primo semestre 2009 è mediamente ammontata a circa 87.000
addetti, vale a dire il 9,3% in più rispetto all’analogo
periodo del 2008, che a sua volta aveva registrato
una crescita del 6,9% rispetto all’anno precedente.
L’aumento è stato determinato
dalla posizione
227
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
A P P E N D I C E
cietà di capitale, risultate appena 20 sulle 1.931 totali
(1,0% del totale). Chi esercita la pesca lo fa prevalentemente in forma individuale (81,6% del totale)
oppure associandosi ad altre persone (14,4%). A fine
settembre 2009 le cooperative in attività sono risultate 56, le stesse della situazione in atto nell’analogo
mese del 2008.
228
L’industria in senso stretto ha evidenziato una
situazione pesantemente negativa, che dovrebbe tradursi in una flessione reale del valore aggiunto prossima al 13,0%, largamente superiore alla diminuzione
del 3,3% riscontrata nel 2008. Questa stima dai chiari connotati recessivi ha trovato puntuale conferma
nelle indagini congiunturali effettuate dal sistema
camerale nelle imprese fino a 500 dipendenti. Nei
primi nove mesi del 2009 la produzione dell’EmiliaRomagna è mediamente diminuita del 14,9% rispetto
ai primi nove mesi del 2008, che a loro volta avevano
registrato un decremento dello 0,6%. Il fatturato, a
fronte di prezzi praticati alla clientela scesi dell’1,5%,
è diminuito del 15,0% rispetto alla crescita zero riscontrata nei primi nove mesi del 2008. A questa situazione, tra le più negative degli ultimi vent’anni, non
è stata estranea la domanda che è risultata in calo del
15,3%, e anche in questo caso c’è stato un netto peggioramento rispetto al decremento dello 0,6% registrato tra gennaio e settembre 2008. Il ridimensionamento del commercio internazionale ha avuto effetti
sulle esportazioni, che sono scese dell’8,2%, in netta
contro tendenza rispetto all’incremento dell’1,6%
dei primi nove mesi del 2008. Questo andamento
si è coniugato alla flessione delle vendite all’estero
rilevate da Istat, che nei primi sei mesi del 2009 sono
diminuite del 26,8% rispetto all’analogo periodo del
2008. Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è sceso sotto i due mesi (non era mai
accaduto in passato), risultando più che dimezzato
rispetto al livello dei primi nove mesi del 2008.
La recessione non si è tuttavia riflessa sull’occupazione, grazie al massiccio impiego della Cassa integrazione guadagni che nei primi dieci mesi del 2009 ha
autorizzato 31 milioni e 323 mila ore per interventi
anticongiunturali rispetto agli oltre 1 milione 900
mila ore dello stesso periodo del 2008. Secondo le
indagini Istat sulle forze di lavoro la consistenza degli
occupati è mediamente ammontata, nel primo semestre 2009, a circa 538.000 addetti, con un aumento
dell’1,7% rispetto all’analogo periodo del 2008, equivalente, in termini assoluti, a circa 9.000 persone.
Dal lato del genere, sono stati gli uomini a sostenere
la crescita (+3,0%), a fronte della diminuzione dello 0,9% accusata dalle donne. Per quanto concerne
la posizione professionale è stata l’occupazione alle
dipendenze a determinare il rialzo, con una crescita
del 2,4%, a fronte della flessione del 3,2% degli autonomi. Sotto l’aspetto delle unità di lavoro totali, che
misurano il volume di lavoro effettivamente svolto,
lo scenario predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia ha prospettato per il 2009 una
flessione del 6,1%, che si è sommata al decremento
dell’1,9% registrato nel 2008. Nell’ambito delle unità
di lavoro dipendenti la diminuzione è salita al 6,4%.
Se si considera che la tendenza emersa dalle forze di
lavoro è risultata di segno positivo si può ben cogliere l’impatto avuto dalla Cig.
L’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali ha
offerto un quadro a tinte grigie, e non poteva essere diversamente visto il clima di profonda incertezza
che ha permeato il periodo nel quale sono avvenute
le interviste, ovvero i primi mesi del 2009. Sono state previste 26.270 uscite a fronte di 15.080 entrate,
equivalenti a un calo percentuale del 2,5% su base
annua.
Sotto l’aspetto del credito, la minore domanda di
finanziamenti, unitamente ad una maggiore cautela
adottata dalle banche nel concederli, è sfociata nello
scorso settembre in un calo tendenziale del 5,1%, in
linea con quanto avvenuto in Italia (-6,0%).
Le dichiarazioni di fallimento sono apparse in crescita. Nelle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena,
Piacenza e Ravenna tra gennaio e settembre 2009 ne
sono state registrate 77 rispetto alle 56 dello stesso
periodo dell’anno precedente.
La compagine imprenditoriale si è articolata a fine
settembre 2009 su 57.705 imprese attive, vale a dire
l’1,9% in meno rispetto all’analogo periodo del 2008.
Il saldo fra iscrizioni e cessazioni, al netto delle cancellazioni d’ufficio che, come noto, non hanno alcuna
valenza congiunturale, è risultato negativo per un totale di 973 imprese, in misura più sostenuta rispetto
al passivo di 366 imprese dell’anno precedente. La
diminuzione sarebbe risultata ancora più accentuata
se non vi fosse stato l’afflusso netto di 325 imprese
dovuto alle variazioni avvenute all’interno del Registro delle imprese.
L’industria delle costruzioni dovrebbe chiudere
il 2009 negativamente. Secondo lo scenario economico predisposto nello scorso novembre da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, il valore aggiunto dovrebbe diminuire in termini reali del 3,1%,
in peggioramento rispetto alla situazione negativa
registrata nel 2008 (-1,7%).
Le indagini effettuate dal sistema camerale hanno evidenziato una situazione in linea con quanto previsto
nello scenario previsionale. Nei primi nove mesi del
2009 il volume d’affari è risultato mediamente in calo
del 3,9%, ampliando il moderato decremento dello
0,7% registrato nell’analogo periodo dell’anno precedente.
Il ridimensionamento del fatturato ha riguardato ogni
classe dimensionale, con una particolare accentuazione nella dimensione da 50 a 500 dipendenti, che
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
degli investimenti (da 1,2 miliardi a 236 milioni) per
effetto dell’eccezionale valore economico raggiunto
nei primi otto mesi del 2008 dovuto alla maxi gara di
project financing per la realizzazione dell’Autostrada
regionale Cispadana, dell’importo di 1,095 miliardi di
euro. Al netto di tale maxi opera anche il trend economico sarebbe stato indicativo di una fase espansiva
(+137%).
Note negative per i fallimenti. Tra gennaio e settembre 2009, in cinque province, vale a dire Bologna,
Ferrara, Forlì-Cesena, Piacenza e Ravenna, ne sono
stati dichiarati 53 contro i 35 dell’analogo periodo
dell’anno precedente.
L’indagine del sistema camerale sul commercio interno ha registrato segnali negativi, più ampi di quelli
emersi nel 2008.
Nei primi nove mesi del 2009 è stato rilevato un decremento nominale delle vendite al dettaglio pari al
3,2% rispetto all’analogo periodo del 2008, più ampio
del calo dello 0,5% registrato nell’anno precedente.
Nella piccola e media distribuzione le diminuzioni
sono salite rispettivamente al 5,8 e 5,0%, mentre in
quella grande il calo è risultato limitato all’1%. In ambito settoriale sono stati i prodotti non alimentari ad
accusare la diminuzione più sostenuta (-4,8%), con
una punta del 6,6% relativa ai prodotti dell’abbigliamento e accessori. Per i prodotti alimentari il calo è
stato del 3,0%. Secondo l’indagine di Unioncamere
nazionale e Ref sulle vendite dei soli supermercati e
ipermercati, nel primo semestre del 2009 c’è stato
un aumento del 2,7% rispetto all’analogo periodo del
2008, in rallentamento rispetto alla crescita del 3,9%
riscontrata l’anno precedente. Questo andamento è
da attribuire alla diminuzione del 3,2% accusata dai
prodotti non alimentari, a fronte dell’incremento del
4,0% rilevato per gli alimentari e i prodotti destinati
alla cura degli animali, della casa e della persona.
Il basso profilo congiunturale si è riflesso sull’occupazione. Nella prima metà del 2009 gli addetti del commercio e della riparazione di autoveicoli, motoveicoli
e beni per la casa e di consumo sono mediamente
ammontati a circa 302.000 unità, vale a dire il 4,1%
in meno rispetto allo stesso periodo del 2008 che,
a sua volta, aveva registrato una crescita del 5,0%. Il
calo è da attribuire agli addetti indipendenti (-9,7%),
a fronte della stabilità di quelli alle dipendenze. Per
quanto concerne il genere, sono stati i maschi a far
pendere negativamente la bilancia dell’occupazione
(-8,9%) rispetto all’aumento del 2,1% rilevato per le
femmine. Una tendenza negativa è emersa dall’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali, secondo
la quale il 2009 dovrebbe chiudersi per il commercio al dettaglio con un saldo negativo di 560 dipendenti rispetto all’attivo di 1.690 previsto per il 2008.
Altri segni negativi sono emersi nel “Commercio e
riparazione di autoveicoli e motocicli” (-1,1%) e nel
A P P E N D I C E
ha accusato una flessione del 4,5%.
Le difficoltà emerse nell’’industria edile hanno trovato conferma anche dalle indagini di Bankitalia e
dell’Osservatorio congiunturale sulla micro e piccola
impresa.
La scarsa intonazione di produzione e fatturato si è
associata al negativo andamento dell’occupazione.
Nei primi sei mesi del 2009 è stato registrato un calo
medio del 5,2% rispetto all’analogo periodo del 2008,
equivalente in termini assoluti a circa 7.000 addetti.
La diminuzione è stata essenzialmente determinata
dai dipendenti (-7,2%), a fronte della più moderata diminuzione di quelli autonomi (-3,0%). Sotto l’aspetto
del volume di lavoro svolto, lo scenario Unioncamere Emilia-Romagna – Prometeia redatto nello scorso
novembre prevede un calo delle unità di lavoro pari
all’1,7%, destinato a salire al 3,7% nella sola occupazione dipendente. L’indagine Excelsior, che valuta le
intenzioni di assumere delle imprese edili con almeno un dipendente, ha registrato un clima negativo, in
linea con la tendenza emersa nelle rilevazioni sulle
forze di lavoro. Secondo le previsioni delle aziende
effettuate nei primi mesi dell’anno il 2009 dovrebbe
chiudersi con una diminuzione dell’occupazione alle
dipendenze pari al 2,8%. La compagine imprenditoriale è apparsa in calo ed erano anni che non accadeva. A fine settembre 2009 le imprese attive iscritte
nel relativo Registro sono risultate 74.129, vale a
dire l’1,1% in meno rispetto allo stesso periodo del
2008. Tra gennaio e settembre il saldo tra iscrizioni e
cessazioni, escluso le cancellazioni d’ufficio, è risultato ampiamente negativo (-1.108), in contro tendenza
rispetto allo stesso periodo del 2008, quando si registrò un attivo di 272 imprese.
In ambito immobiliare c’è stata una riduzione del
20,3% delle compravendite, mentre i prezzi delle abitazioni sono apparsi in ridimensionamento.
Il rallentamento dell’attività produttiva, unitamente ad una maggiore cautela da parte delle banche
nell’erogare prestiti, ha determinato un significativo
riflusso della dinamica del credito. Nei primi nove
mesi del 2009 i prestiti “vivi” sono aumentati di appena l’1,0%, in rallentamento rispetto alla crescita del
10,9% riscontrata a fine dicembre 2008.
Per quanto riguarda le opere pubbliche, la dinamica
degli appalti è apparsa di segno spiccatamente negativo. I bandi di gara delle opere pubbliche appaltate
nella prima metà del 2009 sono diminuiti sia in numero (-51,0%), che in valore (-70,8%). Un analogo
andamento ha caratterizzato le aggiudicazioni, con
flessioni per numero di gare e importi pari rispettivamente al 45,1 e 48,5%.
Per quanto concerne il partenariato pubblico-privato, tra gennaio e agosto 2009 sono state messe a
gara 94 opere pubbliche. Rispetto al corrispondente
periodo del 2008 le iniziative sono quasi triplicate (da
38 gare a 94), a fronte di un forte ridimensionamento
229
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
commercio all’ingrosso (-1,9%). E’ in sostanza emerso un clima improntato al pessimismo, in sintonia con
quanto evidenziato nella prima metà dell’anno dall’indagine sulle forze di lavoro.
Alla flessione dell’occupazione indipendente emersa
dall’indagine sulle forze di lavoro si è associato un
analogo andamento per quanto concerne la compagine imprenditoriale iscritta nel Registro delle imprese. A fine settembre 2009, escludendo gli alberghi e
pubblici esercizi, sono risultate attive in Emilia-Romagna 97.557 imprese rispetto alle 97.981 dello stesso mese del 2008, per una variazione negativa dello
0,4%, in contro tendenza rispetto a quanto registrato
nel Paese (+0,4%).
Per quanto riguarda i fallimenti dichiarati nel commercio e riparazione di beni di consumo è emerso un
andamento negativo. Nelle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Piacenza e Ravenna, relativamente
ai primi nove mesi del 2009, ne sono stati conteggiati
53 rispetto ai 36 dell’analogo periodo del 2008, per
una variazione percentuale del 47,2%, leggermente
inferiore alla crescita generale del 48,7%.
Nella prima metà del 2009 le esportazioni dell’Emilia-Romagna sono ammontate a oltre 18 miliardi di
euro, vale a dire il 26,8% in meno rispetto all’analogo
periodo del 2008. La flessione regionale si è allineata
a quanto avvenuto nelle altre regioni italiane – l’unica
eccezione è stata la Liguria cresciuta del 10,4% – con
toni un po’ più accentuati rispetto a quanto emerso
sia nel Nord-est (-23,4%) che nel Paese (-24,2%). La
caduta del commercio mondiale, a seguito della più
grave crisi economica del dopoguerra, si è fatta sentire pesantemente. Negli anni passati non erano mai
stati riscontrati cali di tali proporzioni.
Il Veneto, che ha registrato una flessione più contenuta di quella registrata per l’Emilia-Romagna, ha ripreso la seconda posizione tra le regioni esportatrici
italiane, che nella prima metà del 2008 aveva perduto
a favore dell’Emilia-Romagna. Il primo posto è stato
occupato dalla Lombardia, con una quota del 28,7%.
La flessione dell’export è andata in crescendo, essendo passata dal calo del 23,0% del primo trimestre a
quello del 30,2% dei tre mesi successivi. Dati aggregati riferiti ai primi otto mesi del 2009, hanno evidenziato una situazione ancora negativa (-25,8%), anche
se meno accentuata rispetto alla flessione rilevata nel
primo semestre.
Per quanto concerne i vari prodotti, quelli metalmeccanici, che hanno inciso per il 55,0% del totale
dell’export, hanno accusato un calo tra i più vistosi,
(-33,7%), superiore di circa sette punti percentuali a
quello generale. In questo ambito i disagi maggiori
sono stati vissuti da autoveicoli, rimorchi e semiri-
Cassa integrazione guadagni ordinaria. Ore autorizzate per dipendente dell’industria. Periodo gennaio-ottobre 2009.
Sardegna
7,29
Calabria
11,06
Sicilia
31,16
Liguria
33,59
Lazio
38,93
Mmbria
42,25
Toscana
44,59
Marche
44,75
Trentino-alto adige
45,85
Veneto
49,33
A P P E N D I C E
Campania
53,93
Molise
57,27
Emilia-romagna
58,04
59,35
Friuli-venezia giulia
Italia
77,64
Puglia
78,52
Basilicata
78,55
109,32
Lombardia
142,61
Abruzzo
Valle d'aosta
176,50
185,57
Piemonte
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Inps e Istat.
230
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Per quanto concerne il turismo, dai dati raccolti ed
elaborati da sette Amministrazioni provinciali relativi
al periodo gennaio-agosto è emersa una sostanziale tenuta dei flussi di arrivi e presenze, da attribuire
principalmente alla buona intonazione dei mesi estivi.
Questo andamento, che si può leggere positivamente
alla luce del calo dei consumi dovuto alla crisi econo-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
mica, ha tratto origine dalla clientela italiana, che ha
compensato i vuoti lasciati dagli stranieri, soprattutto
provenienti dai paesi scandinavi e dell’Est europeo.
Sotto l’aspetto della tipologia degli esercizi, sono state le strutture diverse dagli alberghi a manifestare il
maggiore dinamismo.
Se focalizziamo l’analisi dei flussi turistici sul quadrimestre giugno-settembre, che costituisce il cuore della
stagione turistica, possiamo notare che nel complesso delle quattro province costiere, oltre a Bologna,
è emerso un andamento che possiamo interpretare
positivamente. Alla crescita dell’1,3% degli arrivi si è
associato l’aumento dell’1,6% delle presenze. Questo
risultato è stato determinato soprattutto dalla buona
intonazione osservata nel trimestre luglio-settembre
(+3,2% gli arrivi; +2,7% le presenze), dopo i deludenti risultati conseguiti in giugno, caratterizzato da un
calo delle presenze pari al 2,4%. Il sostegno alla crescita della stagione estiva è venuto dalla clientela italiana (+2,0% sia per gli arrivi che le presenze), mentre
gli stranieri hanno evidenziato una diminuzione degli
arrivi (-1,4%) unita ad una sostanziale stabilità dei
pernottamenti. Dal lato della tipologia degli esercizi,
sono state le presenze extra-alberghiere a crescere significativamente (+3,5%), a fronte del moderato
aumento rilevato negli alberghi (+0,8%), da ascrivere
esclusivamente alla clientela italiana (+1,1%), a fronte
del leggero calo degli stranieri (-0,8%).
Il periodo medio di soggiorno della stagione estiva
si è attestato poco oltre i sei giorni e mezzo, senza
variazioni significative nei confronti dell’anno precedente.
Il traffico marittimo è apparso in forte diminuzione. Secondo i dati dell’Autorità portuale di Ravenna,
nei primi sei mesi del 2009 il movimento merci è
sceso del 27,3% nei confronti dell’analogo periodo
del 2008. Si tratta di un risultato che si può definire
straordinario nella sua negatività, avvenuto in un contesto di brusco calo, superiore al 12%, del commercio
mondiale. A soffrire maggiormente sono state le merci secche, mentre una maggiore tenuta è stata manifestata dalle rinfusa liquide (sono compresi i prodotti
petroliferi), che rivestono tuttavia un ruolo marginale
nell’economia portuale ravennate. Per quanto concerne la movimentazione dei container, che sono tra
le voci a più elevato valore aggiunto, i primi sei mesi
del 2009 hanno registrato un calo in teus abbastanza
contenuto, pari al 2,4%, sintesi dell’aumento del 58,8%
dei “vuoti” e della flessione dell’11,1% dei “pieni”, che
hanno costituito circa l’80% della movimentazione.
Nel settore del trasporto aereo, l’andamento
complessivo del traffico passeggeri rilevato negli
scali commerciali di Bologna, Forlì, Parma e Rimini è risultato di segno moderatamente positivo, in
contro tendenza rispetto a quanto avvenuto in Italia.
Nei primi dieci mesi del 2009 i passeggeri arrivati e
A P P E N D I C E
morchi (-36,7%). I prodotti della moda, che nel primo semestre hanno costituito la seconda posta più
importante dell’export dell’Emilia-Romagna con una
quota dell’11,3%, sono diminuiti in misura più contenuta (-9,3%), in contro tendenza rispetto a quanto
avvenuto nella prima metà del 2008. I prodotti agroalimentari (10,0% la quota sul totale delle esportazioni) hanno subito anch’essi un calo, pari al 6,3%, che
ha parzialmente compensato l’incremento dell’11,7%
rilevato nel primo semestre 2008. I prodotti della
trasformazione dei minerali non metalliferi (comprendono l’importante comparto delle piastrelle
in ceramica), che rappresentano la quarta voce più
importante dell’export emiliano-romagnolo (8,6%
del totale), hanno accusato una flessione piuttosto
accentuata, pari al 24,5%. Nell’ambito degli altri prodotti manifatturieri hanno prevalso nettamente le diminuzioni, che sono apparse piuttosto accentuate nei
prodotti del legno, chimici e della stampa e riproduzione di supporti registrati. Gli unici segni positivi, di
entità tuttavia modesta, sono stati registrati nei prodotti farmaceutici (+0,2%) e della carta e prodotti in
carta (+2,8%).
Per quanto riguarda i mercati di sbocco, è stato riscontrato un generale ridimensionamento. Il continente
europeo ha acquistato circa il 68% delle merci esportate dall’Emilia-Romagna, con un calo della quota, rispetto ai primo semestre 2008, pari a quasi due punti
percentuali, dovuta ad una flessione dell’export del
28,6%, a fronte della diminuzione generale del 26,8%.
Un calo dello stesso tenore ha riguardato l’Unione
europea allargata a 27 paesi, la cui quota è ammontata al 57,2%, a fronte del 58,6% registrato nell’anno
precedente. La flessione più ampia dell’export è stata riscontrata verso il Nord-America (-34,3%), con
un ridimensionamento della quota al 7,6% rispetto
al’’8,5% della prima metà del 2008. Negli altri ambiti
continentali è stata registrata una relativa maggiore
tenuta. L’Asia ha accusato una diminuzione del 15,9%,
l’Africa del 6,9%. Se apriamo una finestra sul colosso
cinese, si registra un decremento più contenuto rispetto alla media del continente asiatico (-7,5%).
La minore intensità dei cali ha consentito ai continenti asiatico e africano di fare salire le proprie quote
di export rispettivamente al 14,3 e 5,4%. L’Oceania
e altri territori ha confermato la propria marginalità
nell’ambito del commercio estero emiliano-romagnolo, con un’incidenza dell’1,3%, praticamente la
stessa rilevata nell’anno precedente (1,4%).
231
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
232
partiti nei quattro aeroporti commerciali dell’EmiliaRomagna sono risultati poco più di 5 milioni, con un
aumento dell’1,0% rispetto all’analogo periodo del
2008. Questo risultato che assume una particolare
valenza, essendo maturato in un contesto di crisi
globale, è stato determinato dal buon andamento rilevato nell’aeroporto di Bologna, che ha compensato
i vuoti emersi negli scali di Forlì, Parma e Rimini. Segno meno per le merci scese del 3,1%.
Nel principale aeroporto della regione, il Guglielmo
Marconi di Bologna, i primi dieci mesi del 2009 si
sono chiusi con un bilancio più che positivo.
I passeggeri movimentati sono aumentati dell’11,2%
rispetto all’analogo periodo del 2008, per effetto della forte crescita dei voli Low Cost, più che triplicati
rispetto all’anno precedente, a fronte delle flessioni accusate sia dai voli di linea (-5,3%) che charter
(-24,1%). Le rotte nazionali sono cresciute più velocemente (+13,7%) di quelle internazionali (+10,2%)
e per entrambe è stato decisivo l’apporto dei voli a
basso costo, che ha colmato i vuoti lasciati da quelli
di linea e charter.
Gli aeromobili movimentati sono risultati quasi
51.000, vale a dire il 3,6% in più rispetto ai primi dieci
mesi del 2008. Coerentemente con quanto osservato relativamente al traffico passeggeri, la crescita è
dipesa dai voli Low Cost, più che raddoppiati rispetto
all’anno precedente.
Il trasporto merci via aerea è apparso in leggero
aumento (+1,9%), mentre la posta è cresciuta del
56,6%.
L’aeroporto Federico Fellini di Rimini ha chiuso i primi dieci mesi del 2009 con un bilancio negativo. Alla
diminuzione del 5,1% degli aeromobili movimentati,
passati da 7.479 a 7.096 (è compresa l’aviazione generale) si è associato l’andamento ancora più negativo del movimento passeggeri - a Rimini il grosso del
traffico è costituito di norma dai voli internazionali
(sono curati da ventotto compagnie straniere a fronte delle quattro nazionali) sceso da 400.140 a 351.564
unità, per una variazione negativa pari al 12,1%. Sotto
l’aspetto della nazionalità, sono da sottolineare gli incrementi del 52,7 e 18,5% registrati rispettivamente
per tedeschi e inglesi. Altri aumenti di una certa entità hanno interessato francesi, norvegesi, svizzeri e,
soprattutto, albanesi la cui movimentazione è salita
da 3.484 a 14.329 passeggeri. I cali sono però apparsi prevalenti. I russi che hanno inciso per oltre un
terzo del movimento passeggeri, hanno accusato una
flessione del 36,6% rispetto ai primi dieci mesi del
2008. Altre consistenti diminuzioni sono state registrate per bielorussi, belgi, lussemburghesi, finlandesi, olandesi, austriaci, cechi, israeliani, greci, tunisini e
spagnoli. Per i voli nazionali è stato rilevato un calo
del 2,1%.
Note negative per l’aeroporto Luigi Ridolfi di Forlì,
che nei primi dieci mesi del 2009 ha accusato una
flessione del 38,4% del traffico passeggeri rispetto
all’analogo periodo del 2008, scontando soprattutto
gli ampi cali riscontrati sia nei voli di linea (-37,8%)
che charter (-43,4%). Segni negativi anche per i transiti, scesi da 6.709 a 946, e l’aviazione generale, che
esula dall’aspetto meramente commerciale, i cui passeggeri sono diminuiti del 4,9%).
Per quanto concerne la provenienza e destinazione
dei voli, è da sottolineare il sensibile riflusso delle
rotte internazionali, sia in ambito Unione europea
(-67,93%), che extra-Ue (-16,5%). I voli interni, che
hanno costituito circa il 55% del movimento complessivo dei passeggeri sono invece cresciuti del 12,7.
Gli aeromobili movimentati hanno evidenziato un
andamento speculare a quello del traffico passeggeri.
La diminuzione complessiva del 16,8% è stata determinata sia dai collegamenti di linea, scesi del 13,8%,
che charter (-30,8%). Note ugualmente negative per
l’aviazione generale, i cui aeromobili movimentati
sono passati da 1.959 a 1.522 unità (-22,3%).
La movimentazione degli aerei cargo si è azzerata.
In tutto è stata movimentata appena una tonnellata
di merce trasportata da aerei “misti”, confermando
l’andamento dei primi dieci mesi del 2008.
L’aeroporto Giuseppe Verdi di Parma ha chiuso i
primi dieci mesi del 2009 con un bilancio negativo. Il
movimento passeggeri è diminuito del 13,7% rispetto
all’analogo periodo del 2008. I voli di linea che hanno
rappresentato la quasi totalità dei passeggeri movimentati, sono calati del 12,8%. Il ridimensionamento
dei traffici se da un lato può derivare dalla situazione
generale di crisi economica, dall’altro sconta l’adozione di aerei meno capienti sulla tratta per Roma,
oltre alla temporanea diminuzione dei collegamenti
con Londra. Gli aeromobili movimentati sono risultati quasi 8.900, con un calo del 7,9% rispetto ai primi dieci mesi del 2008. Quelli di linea sono diminuiti
dell’8,0%. Stesso andamento per charter e aerotaxiaviazione generale, che hanno accusato flessioni rispettivamente pari al 36,8 e 6,9%. Del tutto assente
il movimento merci, in linea con quanto emerso nei
primi dieci mesi del 2008.
Nell’ambito del credito, la maggiore attenzione
adottata dalle banche nel concedere prestiti, unitamente a una domanda in rallentamento per motivi
legati alla sfavorevole congiuntura che non invoglia a
investire, ha avuto l’effetto di appiattire la curva dei
prestiti. Secondo i dati divulgati dalla Banca d’Italia,
a fine settembre 2009 l’incremento tendenziale dei
prestiti “vivi” concessi alla clientela residente in Emilia-Romagna è stato di appena lo 0,4%, a fronte della
diminuzione dello 0,5% riscontrata in Italia. Rispetto
alla crescita rilevata a fine dicembre 2008 c’è stato un
rallentamento superiore ai cinque punti percentuali,
praticamente lo stesso riscontrato in Italia.
La qualità del credito è apparsa in deterioramento.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
a fronte di 1.990 uscite, per una variazione negativa
dell’1,1%, in contro tendenza rispetto a quanto prospettato per il 2008 (+1,7%).
Da sottolineare infine il nuovo calo tendenziale
della compagine imprenditoriale, pari a settembre
all’1,3%.
L’artigianato manifatturiero ha evidenziato un
andamento dal sapore spiccatamente recessivo, ampliando la fase negativa emersa nel 2008.
Secondo l’indagine del sistema camerale, il periodo
gennaio-settembre si è chiuso in Emilia-Romagna
con una flessione media della produzione del 15,4%
(-17,9% in Italia), in netto peggioramento rispetto
al decremento del 2,6% riscontrato nei primi nove
mesi del 2008. Al forte calo produttivo si è associato
un analogo andamento delle vendite, scese del 14,6%
rispetto ai primi nove mesi del 2008, che a loro volta
avevano registrato una diminuzione dell’1,9%. Note
ugualmente negative per la domanda, che ha accusato una flessione del 16,1%, largamente superiore al
calo del 2,2% rilevato nell’anno precedente.
Anche l’export ha perso colpi, anche se in misura
meno evidente rispetto all’andamento di produzione,
vendite e domanda. La diminuzione media dei primi
nove mesi del 2009 è stata del 4,6% (-6,3% in Italia),
ma in questo caso dobbiamo annotare un andamento in contro tendenza rispetto all’aumento dell’1,2%
registrato nell’anno precedente.
La consistenza delle imprese attive manifatturiere è
diminuita, a fine settembre 2009, del 2,5% rispetto
all’analogo periodo del 2008, in misura più elevata
rispetto al decremento dell’1,8% dell’universo delle
imprese artigiane.
Per quanto concerne i finanziamenti, è da sottolineare la sensibile crescita dell’attività del Consorzio
fidi Unifidi, da attribuire al ristagno dei finanziamenti
bancari alle imprese, specialmente di piccole dimensioni. Gli importi deliberati nei primi nove mesi del
2009 sono aumentati del 38,7% rispetto all’analogo
periodo del 2008.
Per quanto concerne l’andamento economico della
cooperazione, desunto dai primi dati di preconsuntivo forniti dalle centrali regionali di AGCI, Confcooperative e Legacooperative, si prospetta per il 2009
un andamento prevalentemente in ombra.
Per quanto concerne le imprese aderenti alla Legacooperative si prospetta una sostanziale stabilità per
l’occupazione e un lieve calo per valore della produzione e utili.
Nell’ambito delle società aderenti a Confcooperative
anche queste hanno risentito della crisi dei consumi,
oltre che del generalizzato pessimismo che si è diffuso un po’ in tutti i settori. Una più oculata gestione
del credito da parte delle banche, unitamente a un
generale calo del fatturato, hanno portato, soprattut-
A P P E N D I C E
In settembre le sofferenze bancarie sono aumentate del 20,9% rispetto all’analogo periodo del 2008
(+25,5% in Italia). Il relativo rapporto sui prestiti totali è salito al 3,0% rispetto alla quota del 2,5% rilevata un anno prima. Il contributo più consistente alla
crescita delle sofferenze è venuto dalle imprese, che
hanno registrato un aumento tendenziale del 21,9%,
a fronte della flessione dell’8,8% registrata a fine dicembre 2008. Il corrispondente rapporto sui prestiti
totali è salito al 3,6%, contro il 2,9% dell’anno precedente. Il deterioramento della qualità del credito
ha trovato eco anche nei flussi di sofferenze rettificate. Nella media dei quattro trimestri terminanti
a settembre 2009, sono ammontate all’1,77% della
consistenza dei prestiti a inizio periodo, a fronte della quota dell’1,0% rilevata nell’anno precedente. Il
peggioramento è apparso più ampio per le imprese,
la cui incidenza è salita al 2,26% contro l’1,22% di
settembre 2008.
La raccolta bancaria complessiva, tra depositi, buoni
fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti, pronti
contro termine passivi e assegni circolari, è cresciuta tendenzialmente nello scorso settembre del 4,1%
(+7,3% in Italia), in rallentamento rispetto all’aumento del 9,0% registrato a fine dicembre 2008. Le famiglie consumatrici e assimilabili, che hanno inciso
per circa il 66% del totale dei depositi bancari, hanno
evidenziato un andamento espansivo, rappresentato
da una crescita tendenziale del 7,8%, che è apparsa
tuttavia in netto rallentamento rispetto all’evoluzione di fine dicembre 2008 (+20,2%) e dei primi otto
mesi del 2009, segnati da un incremento medio del
12,0%. Le imprese hanno registrato una crescita tendenziale, a settembre, del 2,9%, che ha interrotto la
fase negativa che aveva caratterizzato i primi otto
mesi del 2009.
In un contesto di politiche espansive i tassi attivi praticati alla clientela dell’Emilia-Romagna sono risultati
in generale regresso e lo stesso è avvenuto per quelli
passivi. Il tasso d’interesse medio sui prestiti a breve
termine è sceso a giugno al 4,76% rispetto al 7,03%
di dicembre 2008. Quello a medio e lungo termine è
sceso sotto il 4%, vale a dire 200 punti base in meno
rispetto alla situazione di dicembre 2008.
E’ continuato lo sviluppo della rete degli sportelli bancari. A fine giugno 2009 sono risultati 3.592 rispetto
ai 3.546 di fine giugno 2008. Per quanto i livelli siano
più ampi di quelli riscontrati un anno prima, il mese di
giugno ha registrato una diminuzione rispetto al trimestre precedente. Per trovare un andamento simile
occorre risalire ai primi tre mesi del 1996, quando si
registrò un calo del 2,4%.
Per quanto riguarda l’occupazione, secondo l’indagine Excelsior sui relativi fabbisogni, il 2009 dovrebbe
chiudersi per il settore del “Credito, assicurazioni e
servizi finanziari” in termini negativi. Le aziende del
settore hanno previsto di assumere 1.470 persone,
233
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
A P P E N D I C E
to nella seconda parte dell’anno ed in alcuni settori,
anche ad un calo dell’occupazione.
I dati forniti da AGCI hanno evidenziato diminuzioni sia per il fatturato che l’occupazione complessiva,
data dalla somma del numero dei soci lavoratori e dei
dipendenti non soci.
Nel corso 2009 Unioncamere Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna e le centrali cooperative hanno
avviato i lavori per la realizzazione di un osservatorio
sulla cooperazione. Obiettivo principale dell’osservatorio è quello di costituire un database delle società cooperative emiliano-romagnole che raccolga
le tutte le informazioni disponibili. I primi risultati
dell’osservatorio verranno diffusi nel corso del 2010,
tuttavia già oggi è possibile dare alcune anticipazioni.
A giugno 2009 le cooperative emiliano-romagnole attive erano 5.545 articolate sul territorio regionale in
10.097 unità locali. Complessivamente le unità locali
sono cresciute del 2% rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente, incremento che è risultato più
consistente per le cooperative di garanzia fidi e per
quelle di produzione e lavoro. Due comparti sono risultati in calo, i consorzi agrari e quello dei trasporti.
Gli occupati a metà 2009 erano 175.554, mostrando
una sostanziale tenuta rispetto all’anno precedente
(+0,1%). In forte crescita i consorzi fidi - anche per
raggiungere la dimensione richiesta dalle nuove disposizioni legislative - e le cooperative sociali. Calano
gli occupati nel settore agricolo, nella pesca e – in
misura minore – nel comparto della produzione e
lavoro e del trasporto.
234
Gli ammortizzatori sociali che sono diffusamente
commentati nel capitolo dedicato al mercato del lavoro, hanno avuto un larghissimo impiego, a testimonianza della particolare gravità della crisi. Nei primi
dieci mesi del 2009 la Cassa integrazione guadagni nel
complesso delle tre gestioni, ordinaria, straordinaria
e speciale edilizia, è arrivata a superare i 46 milioni e
mezzo di ore autorizzate, rispetto ai circa 6 milioni
e 300 mila dell’analogo periodo del 2008. La sola Cig
ordinaria, la cui matrice è squisitamente anticongiunturale, è ammontata a poco meno di 31 milioni e 694
mila ore, a fronte dei quasi 2 milioni di ore dei primi
dieci mesi del 2008.
Gli interventi dell’Ente bilaterale Emilia-Romagna a
favore delle imprese artigiane si sono esplicati, fino
al 13 giugno 2009, in 11.827.155 ore, superando il
quantitativo erogato nei cinque anni precedenti.
Le iscrizioni nelle liste di mobilità dei primi dieci mesi
sono ammontate a 23.231, con un incremento del
75,5% rispetto allo stesso periodo del 2008. Un’analoga tendenza ha riguardato le domande di disoccupazione che nello stesso arco di tempo sono risultate
153.328 contro le 100.609 di un anno prima. La sola
disoccupazione ordinaria, che riguarda i lavoratori licenziati, ha sfiorato le 95.000 domande, praticamen-
te il doppio del quantitativo rilevato nei primi dieci
mesi del 2008.
Nei primi otto mesi del 2009 i protesti cambiari
levati nella totalità delle province dell’Emilia-Romagna a carico dei residenti hanno evidenziato nel loro
complesso una tendenza spiccatamente espansiva,
che possiamo ascrivere ai problemi di liquidità innescati dalla crisi economica.
Gli effetti protestati e i relativi importi sono aumentati rispettivamente del 10,0 e 31,7% rispetto all’analogo periodo del 2008. La crescita complessiva delle
somme protestate è stata determinata da ogni tipo di
effetto. Le diffuse tratte accettate-cambiali pagherò si
sono avvicinate ai 70 milioni di euro, superando del
40,1% l’importo dei primi otto mesi del 2008. L’importo medio è salito da 1.744 a 2.153 euro. Anche
le tratte non accettate (non sono oggetto di pubblicazione sul bollettino dei protesti cambiari), che
hanno inciso per oltre il 5% del totale delle somme
in protesto, sono apparse in forte aumento, risultando praticamente raddoppiate rispetto all’importo
dell’anno precedente. Anche in questo caso c’è stato
un incremento dell’importo unitario salito da 2.115 a
4.794 euro. Gli assegni sono cresciuti del 21,1%, arrivando a quasi 90 milioni di euro. Il relativo importo
medio per effetto è ammontato a 3.556 euro, contro
i 2.970 dei primi otto mesi del 2008.
Per quanto riguarda i fallimenti, la situazione emersa in cinque province dell’Emilia-Romagna, vale a dire
Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Piacenza e Ravenna,
è risultata di segno ampiamente negativo, in linea con
lo scenario di crisi economica che ha caratterizzato
l’economia dell’Emilia-Romagna.
I fallimenti dichiarati nell’insieme delle cinque province nei primi nove mesi del 2009 sono risultati 278
rispetto ai 187 dell’analogo periodo del 2008, per un
aumento percentuale pari al 48,7%. Da sottolineare la crescita del 51,4% accusata dalle industrie edili,
mentre negli ambiti manifatturiero e commerciale
gli incrementi sono stati rispettivamente del 37,5 e
47,2%.
Per quanto concerne gli investimenti, come anticipato in apertura di capitolo, le stime di Unioncamere
- Prometeia redatte nello scorso novembre, hanno
stimato per il 2009 una flessione in termini reali di
quelli fissi lordi prossima al 12%, in ampio peggioramento rispetto al decremento registrato nel 2008,
pari al 3,1%. Il riflusso degli investimenti è maturato in
un contesto congiunturale decisamente sfavorevole,
segnato dalla crisi finanziaria, con conseguente caduta della fiducia. A dimostrazione del forte deterioramento congiunturale occorre sottolineare che la stima degli investimenti ha subito nel corso dell’anno un
drastico peggioramento, se si considera che in marzo
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
si prevedeva un calo del 7,3% e che nelle successive
stime di maggio, settembre e novembre la diminuzione si è aggirata stabilmente attorno al 12%.
La tradizionale indagine che Confindustria EmiliaRomagna effettua ogni anno sui propri associati ha
evidenziato una propensione ad investire in rallentamento. I dati della rilevazione sono stati raccolti nei
primi mesi del 2009, ovvero nel periodo nel quale la
crisi economica è apparsa particolarmente acuta, ed
era pertanto comprensibile che le imprese ridimensionassero i propri programmi di investimento. La
crisi ha inoltre costretto la maggioranza delle imprese (64,4%) a rivedere la programmazione strategica
dei propri investimenti. Più della metà delle imprese
ha rivisto i propri piani, privilegiando l’innovazione di
prodotto, mentre il 43,1% ha dichiarato di intervenire attraverso l’innovazione dei mercati di sbocco. Il
42,4% ha reagito ristrutturando il processo produttivo, il 36,3% ha ridotto il personale e il 23,2% ha
ridimensionato la capacità produttiva.
Fatta questa premessa, nel 2009 quasi l’83% delle imprese intervistate da Confindustria avrebbe previsto
di effettuare investimenti, in diminuzione rispetto alla
percentuale del 91,7% del 2008. Come sottolineato
precedentemente, la riduzione della propensione
ad investire è stata per lo più determinata da fattori
congiunturali, con in testa l’insufficiente livello della
domanda attesa indicato da circa il 53% degli imprenditori, a fronte del 21,9% registrato nel 2008. C’è stato in sostanza un peggioramento di circa trenta punti
percentuali, estremamente indicativo, se mai vi era
qualche dubbio, dello spessore della crisi economica
in atto.
Al di là del ridimensionamento, resta tuttavia una
propensione ad investire che si può tuttavia giudicare
relativamente buona. Come sottolineato da Confindustria, l’indagine ha evidenziato con chiarezza come
vi sia una strategia orientata al rafforzamento degli
investimenti in ricerca e innovazione e internazionalizzazione.
L’area della “Ricerca e sviluppo” ha rappresentato
la destinazione principale degli investimenti con una
quota del 44,8%, in leggero miglioramento rispetto
a quanto realizzato nel 2008 (44,6%). La necessità di
innovare è sempre più avvertita dalle imprese, con il
dichiarato scopo di presentare sul mercato prodotti
sempre più di qualità, in grado di affrontare una concorrenza sempre più agguerrita. Rispetto al 2008, il
26,5% delle imprese ha previsto di accrescere la spesa, a fronte del 16,8% che l’ha invece prevista in calo.
La seconda posizione è stata occupata dagli investimenti in formazione, con una quota del 43,2%, più
contenuta rispetto all’incidenza del 46,0% rilevata
nel 2008. La formazione del personale non è che la
naturale risposta alle difficoltà di reperimento di talune mansioni ed è anch’essa alla base dello sviluppo
delle imprese. La frase appare scontata, ma occorre considerare che, secondo l’indagine Excelsior sul
fabbisogno occupazionale, nel 2009 circa un quarto
delle assunzioni previste di personale “non stagionale” nell’industria è stato dichiarato di difficile reperimento. Quasi il 27% degli imprenditori intervistati
da Confindustria ha previsto di aumentare la spesa
rispetto al 2008, a fronte dell’11,8% che ha invece
manifestato l’intenzione di diminuirla.
Una parte importante degli investimenti di una economia è costituita da quelli pianificati dalle società
che gestiscono i servizi pubblici locali. Confservizi,
Associazione regionale delle società e aziende pubbliche, private, miste e degli enti che gestiscono i
servizi pubblici locali indica che nel biennio verranno
TIPOLOGIA
Telecomunicazioni/telefonia
Elettricità, calore ecc.
Gas metano
Acquedottistica
Igienico - ambientale
Trasporto pubblico locale
Edilizia pubblica residenziale
Edilizia sanitaria
Edilizia industriale
Attrezzature e tecnologie industriali
Informatica
Attrezzature e tecnologie sanitarie
TOTALE
2009
0,97
105,85
35,40
230,80
130,36
143,70
93,32
213,31
35,18
38,86
27,54
58,48
1.113,76
2010
BIENNIO
0,81
65,10
35,40
285,30
94,40
115,92
73,52
113,03
17,84
47,17
25,02
51,54
925,06
1,78
170,96
70,80
516,10
224,75
259,62
166,84
326,34
53,02
86,03
52,56
110,02
2.038,82
A P P E N D I C E
Investimenti programmati per il biennio 2009-2010 (in milioni/Euro).
Fonte: Associazione regionale Confservizi Emilia-Romagna
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
235
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
A P P E N D I C E
Cassa integrazione guadagni. Ore autorizzate. Emilia-Romagna. Periodo gennaio-ottobre 2008/2009.
Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Inps.
236
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
investiti più di 2 miliardi di Euro, principalmente in
edilizia sanitaria e trasporto pubblico locale.
Il terzo investimento per importanza è stato rappresentato dalle “Linee di produzione”, con una quota
del 40,4%, di circa nove punti percentuali inferiore
a quanto realizzato nel 2008. La frenata è evidente
ed è dipesa soprattutto dal peggioramento del clima
congiunturale, che non ha invogliato a programmare
investimenti di una certa onerosità, come possono
essere quelli legati al rinnovamento delle linee di
produzione, macchinari ecc. Non sono mancate le
ripercussioni sulla spesa. Alla percentuale del 28,2%
di imprese che ha previsto un incremento rispetto
al 2008 si è contrapposta la quota del 35,1% di chi
invece ha ipotizzato diminuzioni. Al quarto posto
troviamo gli investimenti in ICT (Informatica, telecomunicazioni e contenuti multimediali), con una
quota del 36,3%, di oltre dodici punti inferiore a
quanto realizzato nel 2008. Per quanto concerne la
spesa, ha prevalso la platea di imprese che ha preventivato diminuzioni (27,8%) rispetto a quella che
ha invece ipotizzato aumenti (18,1%). Al di là della
tendenza al ridimensionamento, due imprenditori su
tre hanno tuttavia dichiarato che l’implementazione
di tecnologie informatiche può contribuire all’accrescimento del valore aggiunto, favorendo la competitività dell’azienda. L’indagine Confindustria EmiliaRomagna ha individuato le aree prioritarie nelle quali
investire in ICT, vale a dire produzione (34,3%), marketing (25,3%) e progettazione (20,7%). La “Tutela
ambientale” si è confermata al quinto posto come
destinazione degli investimenti, con una percentuale
del 26,3%, leggermente inferiore a quanto realizzato
nel 2008 (28,1%). Negli altri ambiti di destinazione,
hanno perso peso gli investimenti in nuovi immobili e mezzi di trasporto, mentre al contrario hanno
guadagnato importanza gli investimenti produttivi e
commerciali all’estero, rispettivamente di circa uno
e cinque punti percentuali in più rispetto a quanto
realizzato nel 2008. Sotto l’aspetto degli investimenti
commerciali all’estero – la relativa quota ha sfiorato
il 20% - circa un terzo degli imprenditori ha previsto
in aumento la relativa spesa, contro l’8,9% che l’ha
invece prevista in diminuzione.
Per quanto riguarda le scelte di investimento per dimensione di impresa, le previsioni per il 2009 hanno evidenziato la maggiore propensione ad investire
delle medie imprese, da 50 a 249 addetti, con una
percentuale del 97,3%. Seguono le grandi imprese
con 250 addetti e oltre con una quota del 91,4%. Gli
effetti della crisi si sono fatti principalmente sentire
nelle piccole imprese fino a 49 addetti, la cui propensione a investire è scesa al 74,7%, rispetto alla quota
dell’84,6% rilevata nel 2008.
Sotto l’aspetto della destinazione degli investimenti,
le grandi imprese appaiono nuovamente più orientate
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
a spendere per “Ricerca e sviluppo”, davanti a “ICT”
e “Formazione”. Nelle medie imprese è privilegiata
la “Formazione”, seguita da “Ricerca e sviluppo” e
“ICT”. Nella piccola dimensione fino a 49 addetti il
primo posto è occupato da “Ricerca e sviluppo”, seguita da “Formazione” e “Linee di produzione”.
In sostanza dimensione tutte le dimensioni d’impresa
hanno evidenziato una sostanziale linea comune, al di
là delle varie graduatorie delle destinazioni d’investimento, rappresentata dalla necessità di ottimizzare
la gestione aziendale, sfruttando l’informatica e di
innovare i propri prodotti tramite la ricerca, senza
tralasciare l’aspetto della formazione del personale.
E’ grazie a questa attività che il sistema industriale
dell’Emilia-Romagna è riuscito a competere sui mercati internazionali, nonostante la fine di quell’arma a
doppio taglio che era la svalutazione del cambio. La
qualità insomma come mezzo per affermarsi e resistere sui mercati, soprattutto nei momenti di crisi
come quello vissuto nel 2009.
Il maggiore freno delle decisioni di investimento è
stato rappresentato, come accennato precedentemente, dal peggioramento delle attese, dovuto alla
particolare gravità della crisi economica. Tra i fattori
congiunturali si segnala anche l’elevata spesa sostenuta nell’anno precedente, che è stata indicata come
ostacolo dall’11,6% delle imprese intervistate (era
l’8,5% nel 2008).
Nell’ambito dei fattori strutturali, troviamo al primo
posto la difficoltà a reperire risorse finanziarie necessarie a sostenere la spesa per investimenti. Si tratta
del secondo fattore d’ostacolo dopo la contrazione
della domanda. La percentuale si è attestata al 35,3%,
la più alta dal 2000 ad oggi, rispetto al 16,9% rilevato nel 2008. Come sottolineato da Confindustria, il
picco raggiunto nel 2009 conferma la rilevanza del
tema dei bassi livelli di capitalizzazione delle imprese,
nonché delle sue dirette conseguenze sulla possibilità
di accesso al credito e sulla capacità di autofinanziamento degli investimenti da parte delle imprese. In
quelle piccole fino a 49 addetti gli ostacoli finanziari
sono stati dichiarati da quasi il 40% delle imprese,
rispetto al 30,0% di quelle medie e 20,0% di quelle
grandi. In sostanza la piccola impresa evidenzia una
abbastanza comprensibile maggiore “debolezza” sotto l’aspetto della capitalizzazione e del rapporto con
il sistema creditizio.
Nel 2008 la difficoltà a reperire risorse umane era
stata considerata il principale ostacolo a investire
con una percentuale del 22,7%. Nel 2009 diventa il
quinto motivo, con una quota del 10,8%. Il ridimensionamento è anch’esso da attribuire al basso profilo
del ciclo economico. La crisi ha inoltre aumentato la
disponibilità di figure professionali specializzate, rendendo meno difficile la ricerca di personale. Secondo
quanto emerso dall’indagine Excelsior sul fabbisogno
occupazionale, nel 2009 il 23,6% delle assunzioni
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
237
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Indice generale dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati.
Variazioni percentuali sullo stesso mese anno precedente. Periodo gennaio 2000 – ottobre 2009.
5,0
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
-1,0
gen
2000
lug
gen
2001
lug
gen
2002
lug
gen
2003
lug
gen
2004
lug
Bologna
gen
2005
lug
gen
2006
lug
gen
2007
lug
gen
2008
lug
gen
2009
lug
Italia
A P P E N D I C E
Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat.
238
previste dall’industria è stato considerato di difficile
reperimento, in misura inferiore rispetto alla percentuale del 34,3% del 2008.
Il terzo impedimento ad investire è stato costituito
dalle difficoltà amministrative e burocratiche, con una
percentuale del 17,9%, leggermente superiore a quella riscontrata nel 2008 (16,5%). Dal 2000 al 2004 questo fattore critico ha mostrato un trend discendente,
per poi evidenziare fino al 2007 una risalita interrotta
dalla riduzione avvenuta nell’anno successivo. Al di là
di questo andamento un po’ altalenante, resta tuttavia
un fattore di criticità tra i più importanti, che non
ha risparmiato alcuna dimensione d’impresa, con una
particolare accentuazione per quella grande da 250
addetti e oltre. Da sottolineare infine che l’inadeguatezza infrastrutturale è stata indicata come ostacolo
ad investire da circa il 5% delle imprese, confermandosi tra i fattori meno critici. Il dato è in effetti un po’
sorprendente, se si considera che il problema della
carenza di infrastrutture è sottolineato molto spesso
come un fattore frenante per lo sviluppo.
L’indagine della Banca d’Italia ha registrato, nell’ambito delle imprese industriali della regione, un clima
tutt’altro che favorevole agli investimenti, che hanno
risentito della sensibile flessione delle attività, delle
profonde incertezze delle aspettative e del basso
utilizzo della capacità produttiva. A inizio primavera
le imprese intervistate programmavano di ridurre di
oltre il 20% gli investimenti previsti per tutto l’anno.
In settembre è stata rilevata un’ulteriore correzione
al ribasso in quanto il 43% delle imprese ha dichiarato che effettuerà investimenti nel 2009 inferiori a
quelli programmati a fine 2008, contro appena l’8%
che ha invece manifestato l’intenzione di aumentarli.
Per la maggiore parte degli intervistati la recessione
potrebbe determinare, in assenza di una ripresa della
domanda, una riduzione permanente della capacità
produttiva.
Un ulteriore contributo all’analisi degli investimenti
proviene dall’indagine effettuata dall’Osservatorio
sulla micro e piccola impresa (da 1 a 19 addetti), che
ha interessato un campione di 5.040 imprese manifatturiere e del terziario, comprendendo la riparazione
di autoveicoli e motocicli, trasporti, magazzinaggio e
comunicazioni e servizi alla persona. Premesso che
i dati sono da interpretare con la dovuta cautela, in
quanto si basano sulla contabilità delle aziende che
è redatta seguendo altre finalità e con una scansione temporale non infrannuale, e quindi non sempre
interpretativa dell’andamento reale, nel primo semestre 2009 è emersa una situazione di segno spiccatamente negativo. Gli investimenti totali sono scesi
del 41,7% rispetto all’analogo periodo del 2008, che a
sua volta era risultato sostanzialmente stabile (-0,2%).
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Per quanto concerne il sistema dei prezzi, il 2009
è stato caratterizzato da un generale rientro, dovuto
alla crisi economica e al conseguente raffreddamento
della domanda.
E’ da dicembre 2008 che gli incrementi dei prezzi al
consumo registrati nella città di Bologna – concorre alla formazione dell’indice nazionale - sono scesi
sotto la soglia del 2%, per culminare, nel trimestre
luglio-settembre, in diminuzioni tendenziali comprese tra lo 0,4 e 0,7%. Negli ultimi vent’anni non erano
mai state rilevate contrazioni rispetto all’anno precedente. In ottobre l’indice è tornato a risalire, ma in
misura assai contenuta (+0,1%), oltre che inferiore
rispetto a quanto avvenuto in Italia (+0,2%).
In Italia è dallo scorso gennaio, quindi con un mese di
ritardo rispetto alla città di Bologna, che l’indice dei
prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati
(al netto dei tabacchi) ha registrato aumenti inferiori
al 2%, con il minimo di –0,1% toccato a luglio.
Lo scenario deflattivo dell’inflazione bolognese è da
attribuire soprattutto alla decelerazione di uno dei
capitoli più influenzati dall’andamento del prezzo
del petrolio, vale a dire quello dei “trasporti”, che
in ottobre ha registrato un decremento medio annuo pari al 2,5%. Un’altra variazione negativa, pari
all’1,9%, ha riguardato il capitolo delle “comunicazioni”, i cui prezzi hanno riflesso le diminuzioni delle
apparecchiature e materiale telefonico. Negli altri
ambiti sono rimaste sostanzialmente al palo le spese
legate a “ricreazione, spettacolo e cultura” (+0,4%).
Gli aumenti che si sono distinti maggiormente da
quello medio annuo dello 0,7% sono stati riscontrati
nelle bevande alcooliche e tabacco (+4,2%), negli “al-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
tri beni e servizi” (+2,5%) e nei prodotti alimentari e
bevande analcoliche (+2,0%), che hanno inciso, questi ultimi, per circa il 15% della spesa media mensile
famigliare dell’Emilia-Romagna.
A proposito del petrolio, per quanto sia apparso in
ripresa nel corso del 2009 – dai 41,17 dollari a barile di gennaio è arrivato, tra qualche oscillazione, ai
71,07 di ottobre - ha tuttavia evidenziato un livello
medio di prezzo inferiore di quasi la metà rispetto ai
primi dieci mesi del 2008. Gli effetti di questa situazione sono stati puntualmente registrati dall’Osservatorio prezzi del Comune di Bologna. In ottobre,
per un pieno di benzina di 50 litri, sono stati spesi
6,85 euro in meno rispetto all’anno precedente. Per
un pieno equivalente di gasolio il risparmio è salito
a 12,45 euro. Per una percorrenza media annua di
10.000 km. un automobilista bolognese ha speso oltre 105 euro in meno all’anno se possiede un’auto di
media cilindrata a benzina e 166 in meno se alimentata a gasolio.
Per restare in ambito energetico, nell’ambito del gas
destinato al riscaldamento e alla cottura dei cibi, una
famiglia media bolognese, che consumi 1.177 metri
cubi in un anno, si troverebbe a risparmiare quasi
198 euro.
Tra i beni più rincarati nella città di Bologna rispetto
a ottobre 2008 troviamo al primo posto la passata
di pomodoro da 1 kg (+15,8%), seguita da pomodori
pelati da 1 kg. (+12,4%) e detersivo per lavatrice in
polvere da 1 kg. (+10,0%). Sopra la soglia del 9% di
incremento troviamo soltanto la pentola a pressione
da 5 litri (+9,9%). Tra i prodotti meno costosi si sono
collocati ai primi posti il gas GPl da 10 litri (-21,1%),
seguito da gas di rete uso domestico (-19,9%), gasolio con servizio e fai da te da 10 litri (-18,4%), gasolio
da riscaldamento da 100 litri (-16,1%) e latte fresco
intero o parzialmente scremato confezione da 1 litro
(-14,3%).
In ambito regionale la crescita tendenziale relativamente più elevata dell’indice generale ha riguardato a
ottobre la città di Rimini (+2,4%), che dispone però
di una base diversa da quella degli altri capoluoghi
dell’Emilia-Romagna. Le variazioni più contenute
sono state registrate nelle città di Ferrara (-0,5%) e
Ravenna (-0,1%). Nei rimanenti capoluoghi (è esclusa
Reggio Emilia che nel 2009, pur effettuando la rilevazione dei prezzi, non ha effettuato il calcolo dell’indice) si è oscillato dalla crescita zero di Forlì al +0,7%
di Parma.
L’evoluzione dell’indice non significa affatto che una
città sia più “cara” rispetto a un’altra, in quanto è diverso il livello generale dei prezzi da città a città. Se
sommiamo i prezzi medi di settembre 2009 relativi al
paniere di alcuni prodotti di uso corrente, possiamo
notare (vedi tabella 2.1.2) che è stata la città di Rimini a sostenere la spesa maggiore, con 172,75 euro,
A P P E N D I C E
Più segnatamente, gli acquisti di macchinari sono apparsi in diminuzione del 63,9%, in misura superiore
al comunque forte calo rilevato per gli investimenti
destinati alle immobilizzazioni materiali (-41,6%).
Segnali negativi sono venuti inoltre dall’indagine effettuata da Confartigianato Federimprese Emilia-Romagna su artigianato e piccola impresa. Nel primo semestre del 2009 è stata registrata una diminuzione dei
volumi investiti pari al 4% rispetto al semestre precedente, con una riduzione al 12,4% della percentuale
di imprese che hanno investito. Si tratta del valore
più basso da quando sono state avviate le rilevazioni
congiunturali, vale a dire il primo semestre 2003. Gli
investimenti sono stati destinati per lo più alla sostituzione/rinnovo delle attrezzature (42,5%), all’acquisto
di nuovi automezzi (18,0%), all’innovazione/automazione del lavoro (12,3%) e all’acquisto di immobili
(12,3%). Gli investimenti finalizzati all’ampliamento
della capacità produttiva hanno evidenziato una quota
piuttosto contenuta, pari all’8,2%, cosa questa abbastanza comprensibile visto il contesto congiunturale
tra i più negativi dal dopoguerra.
239
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Per i soli cereali la diminuzione è salita al 20,6%. I
metalli sono stati caratterizzati da una flessione del
27,0%, che ha consolidato la fase di rientro avviata nel
2008. Le diminuzioni sono risultate generalizzate, con
una accentuazione particolare per il nickel (-51,1%).
Le previsioni per il 2010 di Unioncamere EmiliaRomagna e Prometeia, redatte a novembre, hanno
descritto per l’Emilia-Romagna uno scenario di lenta
ripresa.
Questo andamento si colloca in un quadro generale sostanzialmente dello stesso tenore. Le misure di
politica economica adottate dai vari Governi hanno
cercato di stimolare la ripresa dell’attività economica.
A luglio e poi a settembre l’indicatore anticipatore
elaborato dall’Ocse (Composite Leading Indicator) ha
colto qualche segnale di ripresa all’interno del gruppo
dei sette paesi più industrializzati, soprattutto per Italia e Francia. Le tensioni sui mercati finanziari si sono
raffreddate rispetto alla fase acuta della crisi, mentre i
mercati azionari hanno beneficiato di un significativo
recupero rispetto ai minimi toccati nel marzo scorso, inoltre i differenziali dei titoli del debito pubblico
rispetto a quelli di riferimento si sono sensibilmente
contratti rispetto ai primi mesi del 2009.
A P P E N D I C E
davanti a Parma (170,15 euro) e Piacenza (162,39). La
spesa più contenuta è stata registrata a Modena, con
145,31 euro, e Bologna con 149,60 euro.
L’alleggerimento dell’inflazione è maturato in un contesto di rientro dei prezzi industriali alla produzione
(la rilevazione è nazionale) e dei corsi delle materie
prime. I primi sono diminuiti tendenzialmente in ottobre del 5,3%, consolidando la tendenza al calo avviata
sul finire del 2008. Nella media dei primi dieci mesi
il decremento è stato del 5,2%, in contro tendenza
rispetto alla crescita del 6,1% dei primi dieci mesi del
2008. Le materie prime, secondo l’indice Confindustria espresso in euro, sono diminuite nella media dei
primi otto mesi del 2009 del 37,6% rispetto all’analogo periodo del 2008, che a sua volta era apparso in
crescita del 34,5% nei confronti dell’anno precedente. Il picco del decremento delle materie prime si è
avuto nel primo bimestre, poi dal mese successivo
la diminuzione dei prezzi si è un po’ attenuata. Tra le
materie prime più importanti, l’oro nero ha evidenziato nei primi otto mesi del 2009 una flessione media del 44,3%, in contro tendenza rispetto alla crescita del 49,5% riscontrata nell’anno precedente. Anche
i prezzi dei prodotti alimentari sono apparsi in calo,
facendo registrare un decremento medio del 15,2%.
240
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Al di là della ripresa, sia pure lenta, restano tuttavia assai marcate le perdite di occupazione, mentre
permane incertezza sull’intensità e solidità della ripresa economica mondiale, soprattutto nel medio
periodo. Come ammonisce Bankitalia, c’è il rischio
che con l’esaurimento delle politiche espansive e il
venire meno del ciclo di ricostituzione delle scorte,
i consumi privati tornino a ristagnare, anche a causa
dei crescenti ed elevati livelli di disoccupazione, della
limitata disponibilità di credito e dell’esigenza delle
famiglie di risanare i propri bilanci.
Le stime per il 2010, come accennato, tornano a
mostrare segni positivi. Secondo il World economic
outlook del Fmi dello scorso ottobre, il Pil dei paesi avanzati tornerebbe a crescere dell’1,3%, dopo la
diminuzione prevista per il 2009. Più segnatamente
Giappone e Stati Uniti d’America dovrebbero uscire
dalla recessione, mostrando incrementi pari rispettivamente all’1,7 e 1,5%. Un po’ meno vigorosa dovrebbe apparire l’inversione di tendenza nell’ambito
dell’Europa monetaria, il cui Pil è stimato in crescita
di appena lo 0,3%, a fronte della flessione del 4,2%
patita nel 2009. Per i principali partners dell’Italia, vale
a dire Germania e Francia si prospettano incrementi
piuttosto timidi, rispettivamente attestati allo 0,3 e
0,9%. Per il Regno Unito si prevede una crescita dello 0,9%, dopo la flessione del 4,4% patita nel 2009,
mentre la Spagna rimarrebbe ancora in una situazione recessiva (-0,7%), anche se in termini più blandi
rispetto a quanto prospettato per il 2009 (-3,8%). Il
2010 appare in sostanza come un anno ponte verso
un triennio che dovrebbe essere caratterizzato da
aumenti del Pil più pronunciati e quindi in grado di
stimolare l’occupazione. In ambito asiatico, il colosso cinese accelererebbe di mezzo punto percentuale
rispetto al già cospicuo aumento del 2009, stimato
all’8,5% e un analogo andamento dovrebbe caratterizzare l’India, il cui Pil, secondo l’outlook dello scorso
ottobre, dovrebbe aumentare nel 2010 del 6,4% rispetto all’incremento del 5,4% del 2009.
In questo contesto, nel 2010 il Prodotto interno
lordo dell’Emilia-Romagna, secondo lo scenario predisposto nello scorso novembre da Unioncamere
Emilia-Romagna e Prometeia, dovrebbe crescere in
termini reali dello 0,9%, recuperando parzialmente sulla flessione del 4,6% prospettata per il 2009.
Nell’anno successivo si dovrebbe avere un aumento
più significativo pari all’1,5%.
La domanda interna dell’Emilia-Romagna dovrebbe
crescere nel 2010 dello 0,7%. La modestia dell’incremento rispecchia il moderato tono dei consumi
delle famiglie, il cui aumento previsto, pari allo 0,6%,
recupererebbe solo parzialmente sulla diminuzione
dell’1,3% prevista per il 2009. Gli investimenti tornerebbero a crescere dell’1,4%, dopo la pesante flessione dell’11,9% attesa per il 2009. Nel 2011 dovrebbe
subentrare un miglioramento relativamente più tan-
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
gibile, sia per i consumi finali che per gli investimenti
fissi lordi.
Il maggiore sostegno alla crescita del Pil verrà dall’export di beni, che dovrebbe tornare a risalire, in coincidenza con la ripresa del commercio internazionale,
dopo la forte flessione accusata nel 2009. Secondo
lo scenario predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia il 2010 dovrebbe chiudersi con
un aumento reale del 3,6%, destinato a salire al 4,3%
nell’anno successivo.
Il valore aggiunto, che misura il concorso dei vari settori economici alla formazione del reddito, dovrebbe
riprendere un po’ di fiato. Dalla flessione del 4,8% del
2009 si dovrebbe salire nell’anno successivo a +1,1%,
per poi arrivare nel 2011 a +1,6%. La leggera ripresa
è da attribuire all’industria in senso stretto, che tornerebbe a vedere un segno positivo (+2,2%), dopo
la caduta registrata nel 2009 (-12,9%), che dovrebbe
ripetersi nel 2011 (+2,1%). L’edilizia manterrebbe il
basso profilo emerso nel 2009 (-3,1%), anche se in
termini meno accentuati (-0,2%). Per i servizi si prevede un parziale recupero rispetto alla diminuzione
dell’1,7% attesa per il 2009. Dal 2011 il tasso di crescita dovrebbe tornare a superare la soglia dell’1%. Tra i
vari ambiti del terziario, il comparto più dinamico dovrebbe essere quello dell’intermediazione monetaria
e finanziaria, attività immobiliari e imprenditoriali, per
il quali si prospetta un aumento dell’1,4%, destinato
a migliorare nel 2011. Il comparto che include le attività commerciali e dei trasporti si limiterà nel 2010
a mantenere i bassi livelli conseguiti nel 2009. Per registrare un segno positivo occorre attendere il 2011,
quando si prevede un aumento dell’1,1%. L’agricoltura, ma i capricci del clima sono imprevedibili, mostrerebbe un leggero segno negativo (-0,1%) che dovrebbe tuttavia essere corroborato da una lieve risalita
dei prezzi, dopo la caduta registrata nel 2009.
La moderata crescita del Pil prevista per il 2010 non
sarà in grado di aumentare l’occupazione. Prima che
ciò avvenga la ripresa dovrà consolidarsi, migliorando il clima congiunturale e quindi le aspettative delle
imprese e ciò potrà avvenire solo dal 2011. La consistenza degli occupati è prevista in calo dello 0,5%,
mentre il volume di lavoro svolto, misurato in termini di unità di lavoro, rimarrà praticamente invariato
(+0,1%), dopo la flessione del 2,1% attesa per il 2009.
Solo dal 2011 si avrà un significativo miglioramento
dell’intensità del lavoro svolto e una ripresa del numero di occupati, che tuttavia non riuscirà a incidere
sulla disoccupazione, il cui tasso salirà al 5%, record
negativo dal 2000.
In estrema sintesi il 2010 si prospetta come un anno
ponte verso un nuovo ciclo di crescita, ma occorreranno almeno quattro anni prima che si ritorni ai
livelli ante-crisi.
In conclusione, bisogna sottolineare ancora una volta
che le previsioni sono da valutare con molta cautela,
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
241
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
corsi delle materie prime, petrolio in primis, per rimescolare gli scenari proposti e quindi vanificare le
stime di crescita.
A P P E N D I C E
in quanto le incognite sono sempre dietro l’angolo.
Basta una catastrofe naturale oppure una grave crisi
politica internazionale, con conseguenti tensioni sui
242
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
E PREVISIONI PER L’ECONOMIA
L
L
REGIONALE NEL 2010
La crisi economica internazionale ha colpito duramente nel corso del primo semestre dell’anno, in
particolare le economie dei paesi sviluppati. La progressiva trasmissione all’economia reale degli effetti
positivi delle manovre di politica fiscale e monetaria
adottate ha portato al maturare di segnali di ripresa
e ad una lieve, ma continua, revisione al rialzo delle
stime da parte di organismi internazionali, governi ed
enti di ricerca.
Affinché queste previsioni di uscita dalla crisi possano essere confermate, occorre, da un lato, che le misure di intervento adottate da governi e banche centrali e organismi internazionali riescano a garantire
la sostenibilità della ripresa e, dall’altro, che possano
essere elaborati efficaci programmi di uscita dall’attuale eccezionale coordinamento di politiche fiscali e
monetarie espansive, senza determinare un arresto
della ripresa o indurre l’avvio di un processo inflazionistico e la creazione di bolle finanziarie.
Una regione fortemente integrata economicamente
e notevolmente orientata alla commercializzazione
sui mercati internazionali come l’Emilia-Romagna
non poteva non risentire della crisi mondiale. Tuttavia il sistema economico regionale sembra avere
mostrato una maggiore resistenza rispetto ad altre
realtà del nostro Paese.
Secondo la previsione elaborata a novembre da
Unioncamere Emilia-Romagna, Prometeia, Scenario
economico provinciale, la riduzione dei livelli di attività indotta dalla crisi è stata molto forte in EmiliaRomagna nel corso del 2009, anche se meno marcata
rispetto a quella media nazionale. Per l’anno in corso
è attesa una riduzione del Pil emiliano-romagnolo
del 4,6%.La ripresa avviata a livello internazionale dovrebbe condurre alla fine della recessione anche in
regione. La ripresa del Pil sarà però graduale nel 2010
(0,9%) e tenderà a consolidarsi solo nel 2011, con un
incremento stimato dell’1,5%. La regione dovrebbe
quindi subire una flessione meno ampia rispetto alla
media nazionale (-4,9%) nel 2009 e mostrarsi relativamente più capace di agganciare la ripresa internazionale sia nel 2010 che nel 2011.
Lo scenario emiliano-romagnolo è stato fortemente
caratterizzato da una forte caduta delle esportazioni
Previsione per l’Emilia-Romagna e Italia.Tassi di variazione percentuali su valori concatenati, anno di riferimento 2000.
Conto economico
Prodotto interno lordo
Domanda interna(1)
Spese per consumi delle famiglie
Spese per consumi AAPP e ISP
Inv es timenti fiss i lordi
Importazioni di beni dall’estero
Esportazioni di beni verso l’estero
Valore aggiunto ai prezzi base
Agr ic oltura
Indus tr ia
Cos truz ioni
Serv iz i
Comm., rip., alb. e rist., trasp. e com.
Intermed. mon. e fin., att.à imm. e
imprend.
Altre attiv ità di serv iz i
Totale
Unita’ di lavoro
Agr ic oltura
Indus tr ia
Cos truz ioni
Serv iz i
Comm., rip., alb. e rist., trasp. e com.
Intermed. mon. e fin., att.à imm. e
imprend.
Altre attiv ità di serv iz i
Totale
Rapporti caratteristici
Tasso di occupazione(2)(3)
Tasso di disoccupazione(2)
Tasso di attività(2)(3)
Reddito disponibile a prezzi correnti
Emilia Romagna
2009
2010
Italia
2011
2008
2009
2010
2011
-0,7
-1,3
-1,1
0,4
-3,1
-7,0
-2,5
-4,6
-3,2
-1,3
1,0
-11,9
-13,7
-22,9
0,9
0,7
0,6
0,3
1,4
0,9
3,6
1,5
1,3
1,1
0,4
2,5
1,8
4,3
-1,0
-1,1
-1,0
0,6
-3,0
-7,0
-4,5
-4,9
-3,6
-1,9
1,1
-12,9
-15,6
-20,1
0,5
0,2
0,2
0,3
0,3
2,7
3,2
1,2
0,8
0,7
0,4
1,6
3,4
3,9
6,2
-3,3
-1,7
0,7
0,4
1,8
-12,9
-3,1
-1,7
-2,4
-0,1
2,2
-0,2
0,8
0,0
-0,6
2,1
1,1
1,5
1,1
2,4
-3,2
-1,2
-0,2
n.d.
-0,3
-13,4
-5,8
-2,5
n.d.
-1,0
1,7
-1,3
0,7
n.d.
-1,0
1,6
0,2
1,4
n.d.
1,2
0,4
-0,4
-1,6
-0,8
-4,8
1,4
1,0
1,1
1,9
1,5
1,6
n.d.
n.d.
-0,9
n.d.
n.d.
-5,0
n.d.
n.d.
0,8
n.d.
n.d.
1,3
2,8
-1,9
-1,3
2,0
4,2
-1,7
-6,1
-1,7
-0,6
-0,3
-1,9
-0,1
-0,5
0,4
0,6
-0,9
1,8
2,1
1,2
1,1
-2,1
-1,7
-0,6
0,6
n.d.
-1,3
-6,3
-3,1
-1,2
n.d.
-1,6
-0,5
-1,9
-0,1
n.d.
-0,7
1,4
0,7
0,8
n.d.
0,3
0,6
0,8
-1,4
-0,5
-2,1
0,1
0,2
0,1
1,3
1,1
1,3
n.d.
n.d.
-0,1
n.d.
n.d.
-2,4
n.d.
n.d.
-0,4
n.d.
n.d.
0,8
46,5
3,2
48,0
3,1
45,7
3,7
47,4
-0,3
45,0
4,9
47,4
1,4
44,9
5,0
47,3
3,1
39,4
6,7
42,3
2,8
38,8
7,5
41,9
0,0
38,3
8,7
41,9
1,3
38,1
9,0
41,9
2,7
A P P E N D I C E
2008
(1) Al netto della variazione delle scorte (2) Rapporto percentuali (3) Quota sulla popolazione presente totale.
Fonte: Unioncamere E.R. - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2009.
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
243
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Previsione per Emilia-Romagna e Italia. Principali variabili di conto economico.Tassi di variazione percentuali su valori
concatenati, anno di riferimento 2000.
Emili-Romagna
Italia
A P P E N D I C E
Fonte: Unioncamere E.R. - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2009
244
di beni nel 2009 (-22,9%). La pesante riduzione del
commercio mondiale, determinata dalla crisi e dal
blocco del credito, ha duramente colpito la regione,
data l’elevata apertura internazionale che la caratterizza e la rilevante incidenza del commercio estero
nella formazione del Pil. A determinare questo risultato ha contribuito anche il notevole rilievo per il
commercio estero regionale dei settori delle macchine e apparecchi meccanici e dei materiali da costruzione, che essendo fortemente pro-ciclici, hanno
subito un notevole contraccolpo in questa fase. L’andamento delle esportazioni a livello nazionale non è
risultato sostanzialmente meno pesante (-20,1%). Nel
2010, con il consolidarsi della ripresa del commercio
internazionale, le esportazioni regionali dovrebbero
recuperare prontamente (+3,6%) e mostrare una dinamica leggermente superiore rispetto a quella del
complesso delle vendite all’estero nazionali (+3,2%.).
Negativo anche l’andamento della domanda interna
regionale nel 2009 (-3,2%). Si tratta comunque di un
risultato meno pesante rispetto a quello nazionale
(-3,6%). Nel corso del 2010 la domanda interna regionale dovrebbe mettere in luce una ripresa (+0,7%
) più pronta rispetto al quadro nazionale che rimarrà
di sostanziale stasi (+0,2%).
L’andamento della domanda interna nel 2009 è stato
appesantito dalla riduzione della spesa per consumi
delle famiglie (-1,3%). Quest’ultima ha certamente risentito della riduzione del reddito disponibile a prezzi
correnti (-0,3%), tenuto conto che i prezzi al consumo, nonostante la crisi, hanno continuato a fare registrare variazioni positive, seppure inferiori all’1,0%.
Inoltre, hanno inciso negativamente sui consumi delle
famiglie la restrizione del credito, il peggioramento
del clima di fiducia e l’andamento del mercato del
lavoro. Questi fattori continueranno a fare sentire il
loro effetto negativo e, nonostante una prospettata
ripresa del reddito disponibile, nel 2010, la crescita
dei consumi delle famiglie non sarà sostenuta, anche
se più elevata a livello regionale (+0,6%), che nazio-
nale (+0,2%).
È stata invece la contrazione degli investimenti dell’11,9% nel 2009 a incidere sostanzialmente
sull’andamento della domanda interna. Nonostante
gli effetti derivanti dagli incentivi statali nel comparto dei mezzi di trasporto e dalle agevolazioni fiscali sui macchinari introdotte dal cosiddetto decreto
anti crisi, a livello nazionale gli investimenti hanno
fatto registrare una contrazione leggermente superiore (-12,9%). I caratteri e l’ampiezza della crisi
internazionale, il clima di fiducia negativo, le aspettative sfavorevoli sull’evoluzione della domanda e la
limitata disponibilità del credito, oltre all’esigenza di
comprimere al massimo i costi a fronte dell’elevata
incertezza hanno suggerito alle imprese di rinviare i
limitati piani di investimento programmati per l’anno in corso. In questo caso un consolidamento della
ripresa nel 2010 potrebbe permettere di riavviare i
programmi di investimento, per i quali si prospetta
una crescita dell’1,4% a livello regionale, ben al di sopra dell’incremento dello 0,3% atteso a livello nazionale, e di sostenere una più forte accelerazione nel
corso dell’anno seguente.
A livello di macro settori, l’industria risulta il comparto di gran lunga più penalizzato dall’attuale fase
economica (Fig. 2.15.2). Il valore aggiunto industriale
ha subito una marcata riduzione nel 2009 (-12,9%)
e dovrebbe rappresentare una quota del 25,1% del
valore aggiunto regionale. Sensibile anche la diminuzione del valore aggiunto prodotto dalle costruzioni
(-3,3%), mentre la riduzione nel settore dei servizi
(-1,7%) appare determinata soprattutto dalla flessione che ha interessato i servizi del commercio, riparazione, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni.
A livello nazionale non è andata meglio per nessuno
dei settori considerati, in particolare il valore aggiunto dell’industria è sceso del 13,4% e quello delle
costruzioni del 5,8%. La ripresa attesa per il 2010
dovrebbe vedere un andamento del valore aggiunto
regionale nuovamente migliore di quello nazionale,
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
Previsione per Emilia-Romagna e Italia. Valore aggiunto complessivo e dei principali settori.
Emili-Romagna
Tassi di variazione percentuali (1)
Quote (2)
Italia
Tassi di variazione percentuali (1)
Quote (2)
sia nel complesso, sia in tutti i macro settori, anche
se le differenze rimarranno contenute. In particolare
quello prodotto dall’industria regionale dovrebbe salire del 2,2% e quello originato dai servizi dello 0,8%,
mentre si prospetta una più lontana ripresa del settore delle costruzioni, che dovrebbe registrare una
nuova riduzione (-0,2%).
Dall’esame degli indicatori relativi al mercato del lavoro, l’Emilia-Romagna presenta una situazione più
vitale rispetto ad altre realtà. Nei dati sulle forze di
lavoro del secondo trimestre 2009, la regione è tra
le poche che continua ad evidenziare un incremento tendenziale degli occupati. Ma l’occupazione misurata dall’indagine Istat contabilizza come occupati
anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni e il
loro numero risulta quest’anno in forte incremento.
Attraverso le lenti dell’indagine Istat, l’attuale fase del
mercato del lavoro non vede ancora espulsioni, ampiamente procrastinate in regione attraverso un impiego della Cig superiore a quello nazionale, mentre
registra ancora gli ingressi nell’insieme degli occupati,
che quindi appaiono in leggera crescita.
Diverso il quadro se si considera l’occupazione
espressa in unità di lavoro, indicatore dell’input effettivo di lavoro impiegato nei processi produttivi e
al netto dei lavoratori posti in Cassa Integrazione
Guadagni. Essa è attesa in calo marcato a fine 2009
(-2,1%). La crisi sta colpendo più intensamente gli
occupati dell’industria regionale, che nell’anno in
corso si ridurranno del 6,1%. Marcata anche la riduzione dell’impiego di unità di lavoro nelle costruzioni (-3,1%) mentre sembrano relativamente meno
interessati dalla crisi i servizi e l’agricoltura (-1,7%
per entrambi). L’andamento appare lievemente meno
negativo di quello riferito a livello nazionale sia nel
complesso, sia in ognuno dei macrosettori considerati, in particolare nelle costruzioni. La stessa differenza
relativa si dovrebbe verificare, nel 2010, però con un
andamento positivo. La moderata ripresa dell’attività
economica, permetterà alla regione di registrare un
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
complessivo marginale incremento dell’impiego di
lavoro (+0,1%), che si consoliderà successivamente,
mentre a livello nazionale si registrerà ancora una
lieve riduzione. In regione, la riduzione dell’impiego
di lavoro nell’industria (-0,1%) e nelle costruzioni
(-0,5%), sarà controbilanciata da un incremento nei
servizi (0,4%).
Gli indicatori relativi al mercato del lavoro evidenziano un quadro che, seppure in deterioramento, continua a presentare la regione come caratterizzata da
elevata occupazione e alta partecipazione al mondo
del lavoro, in particolare rispetto al quadro nazionale.
Il tasso di attività (calcolato sulla popolazione presente totale) è atteso pari al 47,4% per il 2009, in calo
dal 48,0% dello scorso anno, non tenderà a risalire
nei prossimi anni. Nelle stime, il tasso di occupazione
scende dal 46,5% del 2008 al 45,7% e si ridurrà ulteriormente nei prossimi anni a quota 45,0%. Il tasso
di disoccupazione, che è salito dal 3,2% dello scorso
anno al 3,7% del 2009, aumenterà ulteriormente nel
2010 al 4,9%. La tendenza non mostra segni di interruzione nemmeno per il 2011.
Possiamo sintetizzare il quadro dicendo che la crisi
vede un inadeguato incremento delle forze di lavoro
rispetto alla popolazione presente, in conseguenza
dei primi fenomeni di scoraggiamento e di una minore immigrazione, e l’avvio della fase di aumento
dei disoccupati, destinata a proseguire a lungo, anche
successivamente al consolidarsi della ripresa.
Nel complesso si tratta di un quadro piuttosto pesante, che imporrà al sistema economico locale e alle
singole imprese un’estrema capacità di adattamento
a condizioni competitive in rapido mutamento e metterà a prova la tenuta del sistema sociale regionale.
A P P E N D I C E
(1) Calcolati a valori concatenati, anno di riferimento 2000. (2) Quote percentuali calcolate a valori correnti.
Fonte: Unioncamere E.R. - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2009
245
A P P E N D I C E
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
Camera
di Commercio
di Forlì-Cesena
-
A.G.C.I. - Forlì
ANITA – Associazione Nazionale Trasportatori – Roma
A.P.I. – Associazione Piccole e medie Imprese di Forlì-Cesena
A.R.P.A. Emilia-Romagna - Bologna
Assaeroporti - Associazione Italiana Gestori Aeroporti - Roma
Assalzoo - Roma
Associazione Interprovinciale Allevatori di Forlì-Cesena e Rimini - Forlì
Azienda USL di Cesena - Servizio Veterinario
Azienda USL di Forlì - Servizio Veterinario
Aziende del campione provinciale dell’indagine sull’industria manifatturiera
B.C.E. - Banca Centrale Europea
Banca d’Italia
C.N.A. di Forlì-Cesena
Commissione Provinciale per l’Artigianato di Forlì-Cesena
Caritas Italiana - Roma
Casse Edili della provincia di Forlì e CEDAIER di Bologna
Commissioni per rilevazione prezzi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Comuni della Provincia Forlì-Cesena
Federimpresa Confartigianato ForlìCesena
Confartigianato Donne Impresa
Confcommercio di Cesena
Confcommercio di Forlì
Confcooperative di Forlì-Cesena
Confesercenti di Cesena
Confesercenti di Forlì
Confetra – Roma
Confindustria Forlì-Cesena - Unione degli Industriali della Provincia di Forlì-Cesena
Direzione Provinciale del Lavoro di Forlì - Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
EUROSTAT
F.M.I - Fondo Monetario Internazionale
Gesturist Cesenatico Spa – Cesenatico
Il Sole 24 Ore - Banche dati
I.N.A.I..L. – Sede di Forlì-Cesena
Infocamere - Banche dati StockView e Movimprese
I.N.P.S. - Sede di Forlì-Cesena
I.S.A.E. - Istituto di studi e analisi economica
I.S.M.E.A - Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare
ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica
Istituto Guglielmo Tagliacarne di Roma
Lega delle Cooperative di Forlì-Cesena
Mercato Ittico - Cesenatico
Ministero del Tesoro
O.C.S.E. - O.E.C.D. (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)
Osservatorio Turistico Regionale
Prefettura di Forlì-Cesena - Ufficio Territoriale del Governo
Prometeia
Provincia di Forlì-Cesena - Servizio Agricoltura e Spazio Rurale
Provincia di Forlì-Cesena - Servizio Istruzione, Formazione e Politiche del Lavoro
Provincia di Forlì-Cesena - Ufficio Turismo
Provincia di Forlì-Cesena - Ufficio Statistica Turistica
Provincia di Forlì-Cesena - Ufficio Prevenzione e Gestione Crisi Aziendali
Provincia di Forlì-Cesena - Osservatorio Provinciale sull’Immigrazione
Regione Emilia Romagna
S.E.A.F. - Società per l’Esercizio Aeroporti - Forlì
Società Autostrade SpA - Roma
Stampa locale e nazionale
Unioncamere Emilia Romagna - Banche dati
Unioncamere Italiana - Centro Studi - Indagine Congiunturale su Manifattura e Costruzioni
Unioncamere Italiana - Centro Studi - Indagine Congiunturale sul Commercio al Dettaglio
Unioncamere Italiana - Progetto Excelsior
Unioncamere Italiana - Starnet
W.T.O. - World Trade Organization
Si ringraziano tutti coloro che con cortesia e disponibilità hanno fornito dati e informazioni
rendendo possibile la realizzazione di questo volume.
Il rapporto è stato chiuso in data 19 febbraio 2010 ed è consultabile su Internet nel sito:
http://www.fc.camcom.it/studiestatistica/
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2009
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Rapporto sull’Economia della provincia di Forlì-Cesena 2009
Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Forlì-Cesena
Presidente: Tiziano Alessandrini
Segretario Generale: Antonio Nannini
Responsabile Ufficio Statistica e Studi: Cinzia Cimatti
La predisposizione del rapporto è stata curata dai seguenti redattori:
Cinzia Cimatti, Paola Mettica, Luciano Ravaioli, Fabio Strada,Vanni Ugolini
della Camera di Commercio di Forlì-Cesena
e
Guido Caselli, Matteo Beghelli, Federico Pasqualini
dell’Area Studi e Ricerche di Unioncamere Emilia-Romagna
Progettazione grafica:
Videoimpaginazione e stampa: Grafiche MDM s.r.l.
Fotografie: Ferdinando Cimatti, Nazario foto, Fotogiornale Sabatini e archivio Grafiche MDM
FEBBRAIO 2010