il fare responsabile del tecnico radiologo

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il fare responsabile del tecnico radiologo
Università degli Studi di Milano
Facoltà di Medicina e Chirurgia
“IL FARE RESPONSABILE DEL
TECNICO RADIOLOGO”
Relatore:
Chiar.mo Prof. Umberto Genovese
Correlatore:
Chiar.ma Dott.ssa Francesca Mobilia
Candidato:
dott. Riccardo Biffi
Anno Accademico 2013-2014
A mia moglie Valentina
A mio figlio Gabriele
A tutto lo Staff di Mastermars.it
Ai colleghi Masterizzandi
Grazie!
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Introduzione
Cap. 1 Breve excursus storico
1.1 La storia in breve della Radiologia
1.2 La storia in breve della Radiologia Militare
1.3 La storia in breve della Radioterapia
1.4 La storia in breve della Medicina Nucleare
Cap. 2 La professione del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM)
2.1 Camice Nero
2.2 Camice Bianco
2.3 Evoluzione Legislativa
2.4 ambiti operativi del TSRM
2.5 Gestione delle Immagini RIS-PACS
2.6 Il Codice Deontologico del TSRM
2.6.1 Disposizioni generali
2.6.2 Principi etici del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica
2.6.3 Rapporti con i TSRM e le altre professioni sanitarie e non
Cap. 3 La Responsabilità Civile, Penale e Amministrativa
3.1 responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
3.2 Rilievo dell’equipe multidisciplinare sotto l’aspetto della responsabilità
Cap. 4 Il Consenso Informato
4.1 Disciplina Legale de Consenso Informato
4.2 Eccezioni
Cap. 5 Dottrina, articoli apparsi su Quotidiano Sanità , Sentenze
5.1 Dottrina
5.2 Il caso Marlia-Barga
5.3 Somministrazione di mezzi di contrasto
Cap.6 Casi di mancata applicazione delle norme e responsabilità professionale:
6.1 Caso Marsala
6.2 Caso Los Angeles
6.6 Criticità presenti e future
Conclusioni
Glossario
Bibliografia e sitografia
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Introduzione
Il presente elaborato vuole essere un
The present study is intended as a di-
approfondimento dei temi legati alla
scussion of the issues related to the
professione di Tecnico Sanitario di
profession of Radiologic technologist,
Radiologia
le
analyzing the origins, evolution rules,
origini, l’evoluzione normativa, il codice
code of ethics, and team responsibili-
deontologico,
ties. Will be presented the judgments of
Medica,
le
analizzando
responsabilità
di
equipe.
specific cases of professional liability
Saranno poi presentate delle sentenze
occurred in recent years, representative
e dei casi concreti di responsabilità
of the critical issues to be monitored in
professionale occorse in questi anni,
daily
rappresentativi
delle
criticità
work.
da
monitorare nell’attività quotidiana.
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Cap. 1 Breve excursus storico
Cit “noi non conosciamo tutti i fenomeni del mondo; noi non conosciamo tutte le leggi
che governano la materia. Nell'infinità delle cose possibili a pena pochi fatti abbiamo
potuto determinare.”
Biblioteca Popolare E. Pietrocola N.43 anno 1896
Malattie e disturbi possono nascondersi in profondità all'interno del nostro corpo; è
solo quando ci sentiamo male che pensiamo alla funzione di organi vitali che diamo
per scontati.
1.1 La storia in breve della Radiologia
Dal 1895 la medicina ha iniziato ad utilizzare le energie prodotte dall'invenzione del
fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen, A Würzburg collaborando con i colleghi
Helmholtz e Lorenz, lo portano a individuare i cosiddetti "Raggi X". Il fisico parte
dall'osservazione dei fenomeni che accompagnano il passaggio di una corrente
elettrica attraverso un gas di pressione estremamente bassa, traendo spunto dai
precedenti lavori effettuati da studiosi come Julius Plucker, Sir William Crookes,
Heinrich Hertz e il fisico Philipp von Lenard, le cui attività si erano concentrate
essenzialmente sui così denominati raggi catodici e sulle loro proprietà.
Partendo da questi ultimi tipi di raggi, Röntgen ne individua un genere nuovo e
totalmente differente, che studia e approfondisce per anni, fino alla consacrazione
ricevuta nel 1901, con il Premio Nobel per la fisica. Tre settimane dopo la notte dell'8
novembre del 1895, giorno della grande scoperta, fatti i dovuti accertamenti del caso,
il fisico diffonde la notizia della sua individuazione scientifica la quale, da quel
momento in poi, permetterà alla scienza di poter vedere attraverso gli oggetti e,
soprattutto, dentro il corpo umano. Con questa rivelazione, arriva anche la fama in
tutto il mondo, che lega il suo nome a questa importantissima scoperta scientifica.
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Fig.1 Tubo Focus 4210 e rocchetto di Rumhkorff da Misure e Ricerche Elettriche 1898
- Angelo Battelli, 8 impulsi al secondo di 35 kV
Ponendo una lastra fotografica tra l'emettitore di raggi e una lastra fotografica era
possibile ottenere immagini statiche e conservabili nel tempo. La moglie Bertha tenne
la sua mano ferma per 15 minuti sulla pellicola, ed il risultato fu il famoso prototipo di
radiografia delle ossa della mano sinistra e degli anelli indossati.
Fig.2 Rx mano della sig.ra Bertha e foto del dott. Röntgen
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Per la prima volta i medici potevano guardare dentro il corpo senza doverlo tagliare.
Rifiutò di brevettare la sua scoperta per motivi morali, e presero il suo nome
indipendentemente dalla sua volontà.
Fig.3 Francobolli del 1995
Francobolli emessi nel 1995 dalle poste di Finlandia, Italia e Germania in occasione
del centenario della scoperta dei raggi X, in quegli anni venne inventato e si diffuse
anche il Fluoroscopio, ora vietato dalla legge
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Fig.4 Stampe di inizio 1900 con rappresentati i primi apparecchi radiologici
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Fig.5 Tempi di esposizione
Questa tabella è presente nel libro Misure e Ricerche Elettriche scritto da Angelo
Battelli nel 1898
Fig.6 Il Criptoscopio
Il Criptoscopio inventato dal professor
Salvioni nel 1896 Il dispositivo è costituito
da una scatola di legno leggero, rivestita
con un foglio di carta nera, di forma
piramidale e dotata di un’impugnatura
fissata in una delle facce laterali. L’apertura
superiore della scatola è sagomata in
modo da permettere all’osservatore di
appoggiarvi
la
fronte
e
di
vedere
esclusivamente il fondo del dispositivo sul
quale è presente uno schermo fluorescente,
fissato allo strumento mediante quattro ganci.
Quando si pone la parte posteriore dello schermo a contatto con un corpo investito da
raggi Röntgen, sotto la loro azione, si illuminano le sole parti dello schermo colpite dai
raggi stessi e si delineano in nero i contorni degli oggetti che intercettano.
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1.2 La storia in breve della Radiologia Militare
Il primo impiego dei raggi X in ambito militare avviene a soli cinque mesi dalla loro
scoperta, ad opera del Tenente Colonnello Giuseppe Alvaro presso l’Ospedale
Militare di Napoli, su due soltati feriti nella battaglia di Adua del 1 marzo 1896 durante
la guerra dell’Abissinia, per la ricerca di proiettili e di frammenti di granate nel corpo
dei feriti.
(Alvaro G., “I vantaggi pratici della scoperta di Röntgen in chirurgia”, Giornale medico
del Regio Esercito, 44, 385-394, 1896).
Fig 7 Notizia tratta dal libro Radiology in World War, medical Department U.S.Army ed
elogio ai Tecnici Italiani durante la II Guerra Mondiale
Nel 1897 i Greci, nel corso della guerra contro i Turchi impiegarono un impianto
radiologico mobile da campo, da avvicinare alle prime linee per poter prestare
soccorso a feriti poco trasportabili. L’impianto era stato fornito dagli inglesi, loro alleati,
che si occupavano anche di ricaricare una delle due batterie di accumulatori che
alimentavano l’apparato, mentre l’altra era in uso. La ricarica avveniva a bordo della
nave “H.M.S. Rodney”, alla fonda nel porto di Pireo. In seguito ad insurrezioni ai
confini tra India e Afghanistan, nell’ottobre del 1897, gli inglesi, per la prima volta
direttamente, fecero uso di un apparecchio a raggi X portatile, esaminando più di 200
feriti sull’altopiano di Tirah.
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Fig. 8 Metodo ideato da Battersby per la ricarica delle batterie in zona bellica
Le onorificenze e le medaglie non appartengono soltanto al settore medico ma
riguardano anche e soprattutto il restante personale addetto al funzionamento del
reparto radiologico del Regio Esercito Italiano, che, mescolato fra la truppa in trincea,
si vedeva ogni giorno ridotto di numero. Queste persone hanno lasciato un segno
indelebile nella storia della multidisciplinarietà radiologica italiana.
Fig.9 Truppe Someggiate
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Fig.10 Ospedale da campo in preparazione e casse radiologiche
Fig.11 Tecnici Italiani in servizio durante la II Guerra Mondiale
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Fig.12 La radiologia campale Moderna (Camp Mittica, Iraq 2003-2006)
Fig.13 Diagnostiche pesanti su Shelters
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1.3 La storia in breve della Radioterapia
Nel 1896, ad un anno dalla scoperta dei raggi X, si iniziano a cercare nuove possibilità
di impiego di questa tecnologia, e si pensa al trattamento di tumori cutanei e della
mammella (E.H.Grubbè)
La radioterapia trova fondamento nell’assorbimento delle radiazioni da parte dei tessuti irradiati e negli effetti biologici da esse determinati. Il fenomeno di maggiore importanza post-irradiazione è la modificazione della replicazione cellulare, dal semplice
ritardo fino alla completa inibizione. Tale effetto viene sfruttato a scopo terapeutico per
bloccare la crescita di cellule neoplastiche.
La proprietà delle cellule e dei tessuti di risentire dell’azione delle radiazioni ionizzanti
(radiosensibilità) è variabile in rapporto a fattori diversi. In particolare la radiosensibilità
di una cellula è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di mitosi a cui questa va
incontro nell’unità di tempo. Al contrario la radiosensibilità è ridotta quanto più la cellula è ben differenziata, matura, in quiescenza riproduttiva (legge della radiosensibilità).
A seconda delle modalità con cui le radiazioni ionizzanti vengono impiegate in medicina, si è soliti distinguere in: a) röntgenterapia che si avvale degli usuali impianti radiologici, ma in grado di generare anche radiazioni di più alta energia; b) curie-terapia
con radiazioni beta e gamma emesse da sostanze radioattive poste in seno al tessuto
da trattare; c) teleterapia esterna con radiazioni emesse da sorgenti costituite da elementi radioattivi artificiali come il cobalto, adeguatamente alloggiate dentro apposite
testate schermate (cobaltoterapia) oppure radiazioni generate dall’accelerazione di
elettroni in appositi macchinari (acceleratori lineari);d) radioisotopoterapia interna (intratissutale e/o intracavitaria) con isotopi a emissione gamma o a emissione beta (radiofosforo, radioiodio), capaci di erogare ingenti quantitativi di energia a breve distanza in modo da concentrare sull’organo bersaglio la dose massima possibile con risparmio dei tessuti circostanti.
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Fig.14 Gabinetto Radioterapico all’Ospedale di Vigevano
Fig.15 Georges Chicotot illustrazione autoritratta del 1907
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La svolta per la radioterapia profonda si raggiunge nel 1949, quando il dottor Harold E.
Johns dell'Università di Saskatchewan (Canada) inviò una richiesta alla National
Research Council (NRC) chiedendo di produrre isotopi di Cobalto-60 per l'uso di
trattamenti radioterapici. Furono costruite due apparecchiature, chiamate bombe al
cobalto. La prima all'Università di Saskatchewan dove il dottor Johns raccolse i dati
delle dosi percentuali profonde che furono poi usate come dosi standard in tutto il
mondo. Il 27 ottobre del 1951, venne sottoposto il primo paziente alle radiazioni di
Cobalto-60 al Victoria Hospital di London (Ontario). Contemporaneamente la ricerca
da parte di Stati Uniti e Canada di isotopi radioattivi, per scopi industriali e medici,
portò una società canadese, la Eldorado Mining & Refining Ltd., alla creazione del
secondo apparecchio di radioterapia, prodotto nel reattore NRX dell'Atomic Energy of
Canada Ltd. Tra le prima 12 unità di telecobaltoterapia costruite dalla società
canadese ci fu anche l'apparecchio che venne portato, grazie all'operato di Claudio
Valdagni, dalla Società Lombarda di Televisone in Italia. L'uso del Cobalto-60
in terapia con fasci collimati ha segnato una svolta storica per la radioterapia,
soppiantando la roentgenterapia e la telecesioterapia.
La tecnologia attuale dispone di trattamenti e macchinari (in particolare le cobaltoterapie e gli acceleratori lineari) che hanno reso obsoleti la röntgenterapia e l’impiego dei
betatroni come acceleratori di elettroni e dove l’emissione di dose è più articolata, precisa e soprattutto più sicura. Altresì, la relativa maneggevolezza delle radiazioni che si
può avere con un uso corretto di queste apparecchiature consente di modulare il trattamento in funzione della sede, dell’estensione e del tipo di tumore, realizzando pertanto una personalizzazione della terapia caso per caso.
L’impostazione terapeutica dell’uso della radioterapia inizia generalmente con
l’identificazione di un campo di irradiazione che deve contenere l’intera estensione del
tumore da trattare (intento radicale) o la massima area possibile di tumore (intento
palliativo). Generalmente si usa incrementare l’area bersaglio per avere la certezza di
trattare anche focolai microscopici eventualmente sfuggiti alle comuni tecniche di rilievo. Stabilito il campo si passa alla definizione della dose da erogare che deve essere
sufficiente all’eradicazione del tumore e, dove possibile, in grado di rispettare i tessuti
sani circostanti. Pertanto i centri maggiormente qualificati operano una simulazione di
trattamento con computer in modo da definire le dosi erogate sui tessuti malati e sani,
con eventuali effetti collaterali da considerare. Il frazionamento della dose e la suddivisione temporale dei trattamenti hanno il significato di permettere ai tessuti sani
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l’eventuale recupero, mentre le tecniche di collimazione computerizzata del fascio radiante perseguono l’obiettivo di concentrare sul tumore il massimo possibile della dose erogata. La modalità più diffusa è la radioterapia conformazionale che prevede la
somministrazione con l’acceleratore lineare, collocando alcuni blocchetti metallici nella
traiettoria del fascio di radiazioni per riuscire a conformarlo il più possibile alla forma
dell’area da irradiare. Tale metodica consente una migliore focalizzazione sul tumore,
esponendo a dosi più basse le cellule sane circostanti e le strutture adiacenti.
L’utilizzo di blocchetti metallici con collimatori multi-lamellari consente di modulare
ogni lamella nell’ottica di un ulteriore miglioramento della focalizzazione sull’area interessata.
Per le loro caratteristiche anatomiche sono i tumori dell’apparato genitale femminile
(vagina, utero) quelli che maggiormente si prestano alla radioterapia intracavitaria, caratterizzata dal posizionamento di materiale radioattivo all’interno di cavità naturali per
brevi periodi di tempo. La radioterapia intracavitaria classica viene realizzata utilizzando sonde metalliche che penetrano tramite il canale cervicale direttamente nell’utero,
portando direttamente a contatto con il tumore la sorgente radiante e permettendo
erogazioni di alte dosi in tempi relativamente brevi.
La diffusione di tali metodiche è condizionata da problemi connessi con la radioprotezione, per cui il loro uso è limitato a centri specializzati. Analoga è la situazione di altre
applicazioni più recenti delle metodiche radioterapiche come la radiochirurgia stereotassica con acceleratore lineare, la Gamma-Knife, tecniche nate per la cura dei tumori
cerebrali e attualmente in studio anche per ulteriori impieghi
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1.4 La storia in breve Medicina Nucleare
Due eventi fondamentali:
Nel1896 Antoine Henri Becquerel scopre la radioattività naturale dell'uranio, e
nel 1898 Marie e Pierre Curie scoprono la radioattività del polonio e del radio.
Il dott. Joseph Gilbert Hamilton, nato l’11 novembre del 1907, fu il medico pioniere
degli studi sugli effetti biologici delle radiazioni, e che nel 1936 praticò per primo
un' iniezione di materiale radioattivo su un paziente malato di leucemia. La sua storia
non è però priva di lati oscuri. Nell 1936, il ciclotrone dell'Università di Berkeley iniziò a
produrre le prime piccole quantità di materiali radioattivi per scopi di ricerca. Hamilton
fu affascinato dagli effetti delle radiazioni sui tessuti biologici, e dalle loro possibili
applicazioni
terapeutiche. Iniziò
quindi
una
serie
di
esperimenti,
iniettando isotopi radioattivi su diversi pazienti terminali. I risultati di questi studi,
pubblicati l'anno successivo, fornirono le prime osservazioni della velocità con cui
le radiazioni si accumulano e si distribuiscono all'interno dell' organismo umano, e
aiutarono a comprendere i possibili impieghi terapeutici di queste sostanze.
Considerato ormai un'autorità nel suo campo di studi, con l'inizio della Seconda
Guerra Mondiale, fu chiamato a partecipare al progetto Manhattan. Il ruolo di Hamilton
era quello di studiare l'effetto del plutonio sugli organismi viventi. Inizialmente gli
esperimenti vennero svolti su ratti, ma nel 1944, con l'avvicinarsi della fase finale del
progetto, si fece forte la necessità di scoprire gli effetti della sostanza sull'organismo
umano, per sapere come proteggere gli operai che avrebbero costruito le bombe.
L'impiego clinico dei traccianti radioattivi, che è alla base della medicina nucleare, ha
registrato consistenti progressi sia nella diagnostica strumentale, sia nella terapia
delle affezioni neoplastiche mediante l'uso di radiazioni ionizzanti. Questa evoluzione
è stata resa possibile dal perfezionamento della strumentazione per la rivelazione e
misura delle radiazioni, dalla produzione di nuovi e più specifici radiocomposti
utilizzabili in diagnostica e in terapia, e infine da una migliore e più approfondita
conoscenza dei processi metabolici di vari organi e delle alterazioni funzionali che in
essi si producono in condizioni patologiche.
L'aggiornamento in materia riguarda i seguenti argomenti: a) moderne tecniche di tomografia per emissione (SPET e PET); b) nuovi radiofarmaci per indagini in vivo (mo18
lecole per studi di perfusione, anticorpi monoclonali e traccianti cellulari marcati); c) terapia dei tumori di origine dalla cresta neurale mediante metaiodiobenzilguanidina-131I
(MIBG-131I).
Tomografia per emissione SPET, PET).
È una particolare forma di scintigrafia nella quale l'immagine è formata dall'elaborazione e riproduzione dei dati di radioattività relativi a un solo strato, di spessore ridotto
(intorno al cm), con cancellazione di quelli adiacenti. L'immagine che ne risulta è
quindi di tipo tridimensionale e consente lo studio della distribuzione spaziale del tracciante all'interno dell'organo, strato per strato secondo varie proiezioni, con possibilità
di un'accurata evidenza di eventuali alterazioni distrettuali della funzione in base alla
quale il tracciante stesso viene concentrato.
A seconda del tipo di radionuclide impiegato per la marcatura del tracciante si distingue una tomografia per emissione di fotone singolo o SPET (Single Photon Emission
Tomography) e una tomografia per emissioni di positroni o PET (Positron Emission
Tomography).
La SPET impiega traccianti marcati con radionuclidi emittenti radiazioni gamma, che
peraltro sono quelli stessi utilizzati per la scintigrafia tradizionale non tomografica
(scintigrafia planare), ed è realizzata mediante una gamma camera ruotante collegata
a un computer dedicato.
La PET impiega traccianti marcati con radionuclidi emittenti positroni, cioè elettroni carichi positivamente, ciascuno dei quali, interagendo con un elettrone, dà luogo all'emissione di due radiazioni elettromagnetiche che si propagano nello spazio in senso
diametralmente opposto e presentano un'energia (511 KeV) esattamente corrispondente alla massa di una delle particelle che ha partecipato alla collisione (radiazione
da annichilazione). La rivelazione e la misura di queste radiazioni richiede l'impiego di
particolari apparecchi molto simili alla gamma camera, provvisti di due teste di rivelazione, tra loro angolate di 180°, che rivelano e misurano contemporaneamente ciascuna coppia di radiazioni con elevata selettività e praticamente senza perdita per attenuazione (conteggio per coincidenza). Tali caratteristiche permettono la rappresentazione della distribuzione del tracciante nell'organo in esame con elevato potere risolutivo e la misura della sua concentrazione in termini quantitativi.
La tomografia per emissione, sia a fotone singolo sia per emissione di positroni, presuppone l'elaborazione mediante calcolatore dei dati di radioattività acquisiti dal rivelatore durante la sua rotazione intorno al corpo del paziente, come nella SPET, oppure
da un insieme di rivelatori fissi disposti circolarmente, come per la PET. La costruzio19
ne dell'immagine dello strato in esame viene eseguita attraverso proiezioni multiple
sulla base del principio su cui è fondata la tomografia assiale computerizzata o TAC,
di competenza radiologica, che prevede l'impiego delle cosiddette ''retroproiezioni''
(back-projections) che successivamente sono sottoposte all'azione di particolari filtri al
fine di ridurre gli artefatti cui le prime danno luogo.
L'impiego della SPET sul piano clinico riguarda l'encefalo, il cuore e, in minor misura,
altri organi (fegato, scheletro), al fine di un'accurata definizione della distribuzione del
tracciante nel parenchima e dell'eventuale presenza di lesioni occupanti-spazio; la
metodologia inoltre è utile per valutare le dimensioni degli organi e per misurare la
captazione distrettuale dei radiofarmaci.
Nel caso del cervello la SPET consente lo studio della perfusione sanguigna nelle
molteplici strutture e quindi il riscontro di difetti dovuti a trombosi o a emorragie prima
che questi si rendano evidenti alle indagini radiologiche. Analogamente zone d'ipoperfusione miocardica evidenti soltanto sotto sforzo (ischemia) o anche a riposo (infarto),
possono essere più accuratamente localizzate mediante l'impiego di traccianti di perfusione, utilizzando la SPET, oltre alla scintigrafia planare. Nell'esplorazione scintigrafica dello scheletro per la ricerca di lesioni che possono essere evidenziate in fase più
precoce rispetto alle metodiche radiologiche, la SPET consente una maggiore definizione delle caratteristiche di queste, particolarmente in casi nei quali la vicinanza di
strutture non ossee ma concentranti radiotracciante (vescica, reni) tende a mascherarne la presenza. Nello studio di lesioni spondilolitiche mediante SPET è stato osservato (Collier e altri, 1987) un significativo aumento della sensibilità diagnostica (85%)
rispetto alla scintigrafia planare (62%).
Mentre la SPET può essere considerata una particolare forma di scintigrafia computerizzata e per le sue caratteristiche è disponibile in moltissimi servizi di m. n., la PET è
un sistema molto più complesso e costoso poiché utilizza solo traccianti marcati con
radioelementi positronici che devono essere per lo più prodotti in un ciclotrone posto
nelle immediate vicinanze. Infatti i radionuclidi che vengono utilizzati per la sintesi dei
traccianti PET sono in gran parte isotopi radioattivi degli elementi più diffusi in natura
(11C, 13N, 15O): questi, presentando un'emivita fisica dell'ordine di alcuni minuti, devono essere utilizzati rapidamente sia nei procedimenti di sintesi molecolare, realizzati in
appositi laboratori di radiochimica, sia successivamente sul paziente.
Impiegata inizialmente per ricerche sperimentali sull'animale e successivamente in ricerche cliniche, la PET è entrata recentemente nel corredo della strumentazione diagnostica avanzata, in alcune applicazioni cliniche che riguardano l'ischemia miocardi20
ca, i tumori cerebrali e l'epilessia. Inoltre per le sue notevoli possibilità di valutazione
quantitativa del comportamento biologico di molti traccianti, la PET rappresenta uno
strumento di eccezionale capacità per studi di fisiopatologia clinica (consumo ed
estrazione cerebrale di O2, metabolismo glicidico, distribuzione e attività dei neurotrasmettitori e neurorecettori cerebrali e così via). Nella malattia coronarica l'impiego di
traccianti di perfusione positrone-emittenti quali il 82Rb (T1/2=75) e l'13NH3 fornisce valori di attendibilità diagnostica molto elevati, superiori a quelli ottenuti mediante SPET,
sulla base di dati riguardanti casi controllati con l'arteriografia coronarica quantitativa,
nei quali erano inclusi pazienti non sintomatici e con compromissione di tutte e tre le
arterie (malattie dei 3 vasi). I casi falsi negativi sono usualmente associati a stenosi
distali delle coronarie o a compromissione di piccole arterie miocardiche non ateromatose quali trombosi o spasmi (Gould 1991).
Nell'ischemia miocardica la PET permette di stabilire mediante l'impiego di traccianti
del metabolismo glicidico (fluorodesossiglucosio marcato con 18F o18FDG) se il tessuto ipoperfuso è ancora vitale (il cosiddetto ''miocardio ibernato'') oppure non più tale: è
facilmente intuibile l'importanza sul piano clinico di tale differenziazione, poiché soltanto nel primo caso le tecniche di rivascolarizzazione coronarica possono avere successo. Nei tumori cerebrali, l'impiego del 18FDG consente sia di valutare il grado di malignità sulla base della captazione del tracciante, sia di differenziare le recidive neoplastiche dagli esiti della terapia chirurgica o radiante, in quanto in quest'ultimo caso il
tracciante metabolico non viene fissato. Nell'epilessia la TAC fornisce utili informazioni
in modo non invasivo sulla presenza e localizzazione dei foci, in previsione di trattamenti chirurgici.
21
Nuovi farmaci per indagine in vivo.
L'introduzione di nuovi traccianti, che presentano un peculiare comportamento una
volta che sono stati introdotti nel corpo umano, ha costituito un importante fattore di
progresso della m. nucleare. Tali nuovi traccianti, infatti, hanno aperto ulteriori possibilità sia per lo studio funzionale di organi (traccianti di organo) sia per la localizzazione
di processi patologici (traccianti di lesioni).
Tra i traccianti di organo sono da menzionare alcuni radiocomposti marcati con radiotecnezio, che è il radioelemento più diffusamente impiegato per le indagini mediconucleari in vivo, quali il metossi-isobutil-isonitrile (MIBI) per lo studio della perfusione
ematica del miocardio e l'ossima di esametilenpropilenammina (HM-PAO) per la valutazione del flusso ematico cerebrale. Il primo trova ampia indicazione nello studio della malattia coronarica sia in condizioni di riposo che sotto sforzo mediante scintigrafia
planare e SPET. Di particolare utilità sul piano pratico poiché disponibile sempre
all'occorrenza, il tracciante, una volta captato dal miocardio, permane abbastanza
stabilmente concentrato in tale tessuto, per cui l'indagine può essere espletata anche
dopo qualche ora dalla somministrazione. L'attendibilità diagnostica della scintigrafia
miocardica con 99mTc-MIBI per la malattia coronarica è abbastanza elevata: l'indagine
eseguita in un congruo numero di pazienti ha mostrato valori medi di sensibilità del
73% e di specificità dell'89,5%.
Ugualmente utile si presenta la SPET cerebrale mediante 99mTc-HM-PAO, tracciante
che oltrepassa la barriera ematoencefalica e viene captato dai tessuti encefalici in
proporzione al flusso sanguigno. Indicazioni per l'indagine sono le affezioni che determinano variazioni significative del flusso cerebrale distrettuale, quali l'infarto, l'attacco ischemico transitorio (TIA), nei quali si osserva riduzione della fissazione del
tracciante, e l'epilessia che, nella fase acuta, è caratterizzata da focolai di aumentato
flusso ematico.
I traccianti di lesione sono di notevole utilità diagnostica e prognostica in campo oncologico. Tra questi sono da menzionare gli anticorpi marcati, i quali, presentando la particolare caratteristica di legarsi in modo selettivo a specifici antigeni prodotti da tumori,
consentono di accertare la presenza, la sede e il numero dei focolai neoplastici. Gli
anticorpi monoclonali [Mo(Ab)], che sono prodotti in quantità illimitate con assoluta
specificità mediante il metodo dell'ibridoma (Köhler e Milstein 1975), vengono marcati
con vari radionuclidi (131I, 123I, 99mTc, 111In) e impiegati in pazienti affetti o sospettati di
essere affetti da forme neoplastiche che producono antigeni associati al tumore, quali
il carcinoma di vari organi (colo-rettale, polmonare, renale, ovarico) e il melanoma ma22
ligno. I risultati sono in genere molto incoraggianti e appaiono utili non tanto per la
diagnosi del tumore primitivo quanto per l'accertamento di eventuali recidive e/o di localizzazioni a distanza. In uno studio multicentrico condotto su 509 casi di adenocarcinoma, di cui oltre la metà gastrointestinali, la scintigrafia con Mo(Ab) antiCEA (immunoscintigrafia designata da due acronimi, il primo dei quali sta per Monoclonal Antibody, il secondo per anti-Carcinoma Embrionic Antigen) ha dimostrato una sensibilità
diagnostica del n,64% per neoformazioni di diametro uguale o inferiore a 2 cm e
dell'84% se di diametro superiore (Siccardi e altri 1989). L'immunoscintigrafia per la
stadiazione e il follow up dei tumori non è tuttavia ancora pienamente inserita tra le
metodiche di abituale impiego clinico a causa sia della non bassa incidenza di risultati
falsi-negativi (circa il 30%), che inducono non infrequentemente al ricorso ad altre tecniche d'imaging (TC, RMN), sia della difficoltà di accertare la presenza di localizzazioni neoplastiche in organi che già fisiologicamente concentrano il tracciante, quale per
es. il fegato.
L'utilità diagnostica e di studio fisiopatologico dei traccianti di lesioni si manifesta anche nell'impiego delle cellule del sangue marcate, quali per es. i globuli bianchi. Questi, e in particolare i granulociti neutrofili marcati con 111In o con radiotecnezio, risultano particolarmente idonei per evidenziare processi infiammatori e infezioni, che si accompagnano a infiltrazione locale di questo tipo di cellule. L'esplorazione scintigrafica
con tali traccianti consente, per es., di evidenziare e di localizzare il processo patologico nella quasi totalità dei casi d'infezione di protesi vascolari inserite per sostituire
ostruzioni o gravi stenosi di importanti arterie del corpo: l'utilità della metodologia può
essere ben valutata se si considera che non esistono altri mezzi diagnostici di pari attendibilità e che tale complicazione dell'intervento chirurgico, se non riconosciuta e localizzata rapidamente, è gravata di prognosi infausta in circa la metà dei casi.
Terapia dei tumori di origine dalla cresta neurale con 131I-MIBG
Come accennato precedentemente, i progressi della m. n. interessano anche la terapia con radionuclidi o con composti radioattivi che vengono somministrati al paziente
per via generale.
La 131I-metaiodiobenzilguanidina (131I-MIBG), introdotta nella pratica clinica da Beierwaltes e altri (1981), viene captata dai tessuti che filogeneticamente originano dalla
cresta neurale e quindi anche dai tumori di tali tessuti, purché questi dimostrino un
certo grado di attività metabolica specifica; questa condizione permette d'impiegare il
radiocomposto anche come tracciante, ai fini di valutare la presenza, la localizzazione
e il grado di attività del tessuto patologico. La captazione tumorale della 131I-MIBG av23
viene con modalità molto simili a quelle che consentono al radioiodio di essere fissato
dal carcinoma funzionante della tiroide. I tumori che incorporano il radio-composto sono il feocromocitoma, il neuroblastoma e il carcinoma midollare della tiroide. Le indicazioni alla terapia con 131I-MIBG riguardano pazienti nei quali la neoplasia non è più
trattabile chirurgicamente e risente scarsamente della chemioterapia, ma nello stesso
tempo non è costituita da masse di elevate dimensioni nelle quali il radiocomposto
non sarebbe in grado di manifestare l'effetto radiobiologico: sono pertanto trattabili
forme recidivanti o incompletamente asportate oppure con localizzazioni a distanza. I
risultati sono degni di considerazione, maggiormente se si tiene conto che gli altri
mezzi terapeutici risultano inefficaci: è stata osservata un'evidente remissione dell'affezione in oltre il 50% dei pazienti affetti da feocromocitoma; mentre meno efficace è
detto trattamento nel neuroblastoma.
24
cap. 2 La professione del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica
Cit. “La speranza non è cieco ottimismo ma coraggio di combattere”.
Barack Obama
In questo capitolo si ripercorreranno le tappe che hanno portato allo sviluppo ed
all’indipendenza del gruppo professionale.
2.1 Camice Nero
Per anni la radiografia orbitò attorno al campo della fotografia.
Ad un certo punto perse ogni legame con essa, conquistando una posizione all’interno
della disciplina medica.
Dal 1920 i medici iniziarono a delegare parte delle attività routinarie e meno gradevoli,
quali la preparazione del paziente e degli apparecchi che costituivano un pericolo per
le continue esposizioni alle radiazioni a nuove figure professionali, continuando a
mantenere il controllo sui processi operativi e sui compiti assegnati, e concentrandosi
maggiormente sugli aspetti cruciali del processo di diagnosi e cura.
Cit. “Il segreto del successo è quello di non possedere nulla, ma controllare tutto”
Nelson Rockefeller
Negli anni ’30 si avvertì la necessità di avere personale maggiormente addestrato allo
scopo, pertanto nacquero i primi corsi di formazione specifici per tecnici radiologi,
necessari per passare da una conoscenza basata sull’esperienza ad una scientifica.
25
Fig.16 Tenente medico Floriano Ferrazzi, ospedale n. 035 di Visco (Udine), settembre
1915
Verso gli anni ’50, in un periodo storico caratterizzato da salari bassi, turni pesanti e
senza diritti sindacali, spinse la categoria ad associarsi, dando vita all’Unione dei
Tecnici di Radiologia (UNTR). Le parole chiave che portarono all’evoluzione legislativa
furono Unione e Professionalità e col nascere professionale era iniziata la ricerca di
una identità ed uno spazio occupazionale
Il primo corso fu istituito nel 1954 con il D.P.R. n. 1550 del 29 settembre presso
l’Istituto E.De Amicis di Roma una scuola con finalità ed ordinamento speciale denominato Istituto Professionale di Stato per l’Industria e L’artigianato.
I primi anni ’60 videro coronamento di tanti sforzi e la realizzazione del sogno di vedere la quasi totalità della categoria dei Tecnici di Radiologia rappresentata da una organizzazione forte e coesa, l’Associazione Nazionale dei Tecnici Italiani di Radiologia
(ANTIR).
Nel 1965 arriva la prima Regolamentazione Giuridica dell’ esercizio dell’Arte ausiliaria
Sanitaria di Tecnico di Radiologia Medica: la LEGGE n. 1103 del 4 agosto 1965,
26
in seguito al recepimento delle direttive EURATOM per la regolamentazione della
complessa
materia
delle
radiazioni
ionizzanti
derivanti
dall’impiego
pacifico
dell’energia nucleare. La scuola “E. De Amicis” restò chiusa per un anno per riprendere nell’ anno 1966 dopo aver modificato il titolo in “Tecnico di Radiologia Medica”
(TRM) e attraverso la Legge 1103/65 definito le prime regole e modalità di accesso alle scuole per tecnico di Radiologia.
Nel 1970 si costituì la Federazione Nazionale Collegi Tecnici di Radiologia Medica, il
cui compito era emanare norme specifiche da applicare per la costituzione dei Collegi
periferici. L’associazionismo della categoria permise il passaggio ad arte ausiliaria.
Il Camice Bianco
Il colore del camice divenne un simbolo di emancipazione, passando dal camice nero,
adatto alle ore di lavoro in camera oscura, tra acidi e pellicole, a quello bianco, che
assicurava dignità professionale distintiva agli occhi dei pazienti.
Con lo sviluppo di nuove tecnologie di imaging, grazie all’evoluzione tecnologica e delle scienze informatiche, come la Tomografia Computerizzata e la Risonanza Nucleare
Magnetica, negli anni ’80 fu necessario innalzare il livello di professionalità, di ruolo e
di competenze del Tecnico Sanitario dell’arte ausiliaria di Radiologia Medica.
2.3 Evoluzione Legislativa
Con la legge n.25 del 31 gennaio 1983 il TRM passa da ausiliario a interprete della
Professione Sanitaria di Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM), vennero
modificati i programmi di insegnamento e venne introdotto il formatore tecnico docente/tutor.
Per una maggiore definizione di processo di professionalizzazione, la Federazione
Nazionale dei Collegi Professionali TSRM, nel 1993, elaborò e pubblicò il Codice
Deontologico,
un
codice
di
comportamento,
di
efficacia
normativa,
cui
il professionista doveva e deve attenersi per l'espletamento della sua Professione.
Nel 1994 con il D.M. Della Sanità n. 746 si regolamentò il Profilo Professionale del
TSRM:
-
Il TSRM è l’ operatore sanitario che in possesso di Diploma Universitario abilitante e dell’ iscrizione all’ Albo professionale è responsabile degli atti di sua
27
competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche in
autonomia o in collaborazione con altre figure sanitarie;
-
Partecipa all’organizzazione e alla programmazione del lavoro;
-
E’ responsabile degli atti attributi;
-
Svolge attività in strutture pubbliche, private, in rapporto di dipendenza o libero
professionale;
-
Verifica e controlla la qualità;
-
Collabora con il Servizio di fisica Sanitaria;
-
Contribuisce alla sua formazione e al suo aggiornamento;
-
Forma il personale di supporto.
Durante l‘Anno Accademico 1996-97 avviene il passaggio della formazione delle Professioni Sanitarie dalle Scuole Regionali all’Università: nascono i Diplomi Universitari,
con un miglioramento ulteriore dei programmi di insegnamento.
La Legge n. 42 del 26 febbraio del 1999 ha sostanzialmente riformato l’esercizio professionale abolendo i mansionari e la denominazione “professione sanitaria ausiliaria”,
e individua ambiti e confini di ciascuna specifica professione sanitaria.
I campi di attività e di responsabilità delle Professioni Sanitarie sono determinate da:
-
Profili professionali
-
Codici deontologici
-
Ordinamenti didattici dei corsi di Laurea
Il D. Lgs. 187/2000 esprime il tre principi cardine per l’area radiologica:
-
appropriatezza delle prestazioni;
-
ottimizzazione;
-
limitazione delle dosi di radiazione;
Legge n. 251 del 10 agosto del 2000
Completa il percorso e rafforza gli obiettivi di autonomia e dirette responsabilità, suddividendo le professioni sanitarie in quattro aree .
-
Professione sanitaria di Infermiere, Infermiere Pediatrico e Ostetrica/o;
-
Professioni Sanitarie Riabilitative (Podologo, Fisioterapista, Logopedista, Ortottista- Assistente di oftalmologia, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età
evolutiva, Tecnico della riabilitazione psichiatrica, Terapista occupazionale,
Educatore professionale);
28
-
Professioni Tecnico-Sanitarie (Tecnico audiometrista, Tecnico sanitario di laboratorio biomedico, Tecnico sanitario di radiologia medica, tecnico di neurofisiopatologia, Tecnico ortopedico, Tecnico audioprotesista, Tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, Igienista dentale);
-
Professioni
Tecniche
della
Prevenzione
(Tecnico
della
prevenzione
nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, Assistente sanitario);
Prevede la possibilità dell’istituzione della Laurea Specialistica per le Professioni Sanitarie, con la promulgazione di successivi atti regolamentari, comportando l’avvio delle
procedure per l’attivazione di area contrattuale per la Dirigenza delle Professioni Sanitarie.
Con il decreto 136 del 2 Aprile 2001 si assiste alla trasformazione dei Diplomi Universitari in corsi di Laurea di primo Livello.
Dopo una serie di congressi svolti in tutta Italia, nel 2004 si arriva alla stesura di un
nuovo Codice Deontologico.
Con l’anno accademico 2004-2005 vengono attivati primi corsi di Laurea Specialistica
e la Legge n. 43 del 1 febbraio 2006 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie
infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico sanitarie e della prevenzione e delega al
Governo per
l’istituzione dei relativi ordini professionali” sancisce il definitivo riconoscimento delle
professioni sanitarie quali professioni intellettuali, prevedendo:
-
Istituzione degli Ordini professionali suddivisi per classi ( L.251/2000)
-
Aree di esclusiva competenza
-
Istituzione delle funzioni di Coordinamento
Prevede che i professionisti siano suddivisi in (art.6 comma1):
a) Professionisti in possesso del diploma di laurea, o del titolo universitario conseguito anteriormente all’attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente
b) Professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management per le funzioni di coordinamento
c) Professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni
specialistiche
d) Professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica, e che abbiano
esercitato l’attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno
29
cinque anni, oppure ai quali siano stati affidati incarichi dirigenziali ex art. 7 della Legge n. 251 del 2000 e successive modificazioni.
La Legge 43/2006 è stata recepita solo parzialmente dall’ultimo Contratto Collettivo
Nazionale di Lavoro (CCNL) che richiede il master per accedere alle funzioni di coordinamento, crea la dirigenza unica, ma non prevede alcun tipo di funzione differente
per chi abbia conseguito un master specialistico
Dallo sviluppo sociale e legislativo nasce il TSRM:
-
Un professionista laureato, al servizio della salute dei cittadini, con coscienza
etica.
-
Figura professionale della sanità in possesso di Diploma di Laurea in "Tecniche
di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia", iscritto all'Albo Professionale.
-
Opera autonomamente o in collaborazione con altri operatori sanitari, per ottemperare alle prescrizioni mediche che richiedono l'uso di radiazioni ionizzanti,
di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica nucleare ed interviene nella protezionistica fisica e dosimetrica. Responsabile degli atti di sua competenza ne risponde secondo la legge. Partecipa alla programmazione del lavoro.
-
Organizza e gestisce l'erogazione delle prestazioni in collaborazione diretta con
il medico Radiologo.
-
Svolge attività didattica finalizzata alla propria formazione ed al proprio aggiornamento professionale.
-
Partecipa alla ricerca Scientifica di settore.
-
Espleta la propria attività nelle strutture sanitarie pubbliche e private, in rapporto di dipendenza o libero professionale.
Il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica si occupa di:
-
Gestione delle immagini;
-
Radiodiagnostica Tradizionale;
-
Tomografia Computerizzata;
-
Risonanza Magnetica;
-
Medicina Nucleare;
-
Radioterapia;
30
-
Radiologia Interventistica;
-
Fisica Sanitaria;
2.4 Ambiti operativi del TSRM
Il TSRM è chiamato ad operare nei seguenti ambiti:
•
Radiodiagnostica
•
Medicina Nucleare
•
Emodinamica
•
Ecografia
•
Medicina Veterinaria
•
Fisica Sanitaria
•
Industria
•
Arte
Il Ministero della Sanità con D.M. 26 settembre 1994, n. 746 “Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale del tecnico sanitario di radiologia medica” ha previsto che : “il tecnico sanitario di radiologia è responsabile degli atti di sua competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e prestazioni
radiologiche ed è abilitato a svolgere, in conformità a quanto disposto dalla legge 31
gennaio 1983, n. 25 , in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, su
prescrizione medica tutti gli interventi che richiedono l'uso di sorgenti di radiazioni ionizzanti, sia artificiali che naturali, di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica nucleare nonché gli interventi per la protezionistica fisica o dosimetrica. Il tecnico sanitario di radiologia medica:
b) programma e gestisce l'erogazione di prestazioni polivalenti di sua competenza in
collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, con il medico nucleare, con il medico radioterapista e con il fisico sanitario, secondo protocolli diagnostici e terapeutici
preventivamente definiti dal responsabile della struttura.
Dagli anni 2000 in poi si sono visti proliferare corsi post-base universitari di specializzazione nei vari ambiti di lavoro, segno di una continua crescita culturale e professionale del tecnico di radiologia medica, non più solo spettatore ma sempre di più attore
della crescita della sua professione.
31
2.5 Gestione delle Immagini RIS-PACS
Di recente, con l’introduzione di sistemi informatici sempre più complessi, ha visto
coinvolti i tecnici di radiologia nella gestione delle immagini mediante l’introduzione di
sistemi PACS (Picture Archiving and Communication System).
Oltre alla valutazione tecnica dell’ iconografia, che egli stesso produce, al TSRM spettano anche tutte le operazioni che riguardano la gestione delle immagini e cioè:
-
Elaborazione;
-
Archiviazione;
-
Stampa;
-
Trasmissione;
Il sistema informativo radiologico (RIS: Radiological Information System) ha il compito
di gestire le informazioni prodotte in un reparto di radiologia e in particolare:
-
Prenotazione e accettazione dei pazienti;
-
Gestione della logistica (occupazione, sale, personale, materiale);
-
Refertazione;
-
Archiviazione dei referti e link alle immagini PACS;
Il PACS è un sistema informativo/informatico integrato con il RIS, per la gestione e
l’archiviazione delle immagini diagnostiche digitali nato al fine di dematerializzare le
pellicole radiografiche.
Sono immediatamente messe a disposizione del Radiologo i precedenti esami eseguiti dal paziente, anche in altra struttura, con la possibilità di confronto diretto. E’ possibile eseguire anche operazioni di post processing sia dei precedenti che sull’esame
oggetto di studio (misure di distanza, di densità, di ricostruzioni multiplanari, e altro se
disponibile sul sistema di visualizzazione-ricostruzione)
I referti e le immagini sono disponibili per la consultazione ai reparti invianti, previa
acquisizione o conferma definitiva del referto.
Il costo del sistema di archiviazione è compensato dall’eliminazione degli archivi cartacei e dal risparmio sui materiali di consumo.
32
Fig.17 Le componenti di un sistema PACS
Vista l’indubbia utilità che ci arriva dalla tecnologia, è importante ricordare che uno
degli elementi fondamentali per il completo avvio di un sistema RIS-PACS è la perfetta integrazione del sistema stesso con tutti gli operatori e in particolare con i TSRM tra
i cui compiti, vi è la gestione delle immagini prodotte all’ interno del reparto di Radiologia. Data la complessità del sistema è opportuno l’amministratore di sistema, ovvero il
tecnico addetto all’allineamento del database, allo spostamento delle immagini od alla
loro ri-associazione sia in possesso di idoneo titolo accademico (master di primo livello di Amministratore di Sistema Informatico in Diagnostica per Immagini, con frequenza annuale, e relativo tirocinio formativo).
L’introduzione dei sistemi digitali ha richiesto al TSRM lo sviluppo e l’ applicazione di
nuove competenze relativamente alla natura, alla comprensione, alla manipolazione e
al trasferimento delle informazioni, sia per quanto riguarda il suo settore che per
l’intero sistema informativo sanitario.
Tale corretta gestione porterà in futuro all’ottimizzazione delle risorse umane e materiali, mediante la tele radiologia sarà possibile erogare servizi sempre più vicini al cittadino, oppure permetteranno consulti rapidi tra vari specialisti coinvolti nel processo
di diagnosi e cura, specialmente per le sedi disagiate. Dovranno necessariamente es33
sere adeguate le procedure operative (linee guida e protocolli) e la normativa di riferimento, così da permettere e garantire una sempre maggior efficacia e appropriatezza
degli esami diagnostici.
2.6 Il Codice Deontologico del TSRM
2.6.1 Disposizioni generali:
Il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica è il professionista sanitario responsabile nei
confronti della persona degli atti tecnici e sanitari degli interventi radiologici aventi
finalità di prevenzione, diagnosi e terapia.
Le disposizioni del presente Codice si applicano ad ogni TSRM. Le norme
deontologiche, in quanto attengono a doveri generali di comportamento, devono
essere osservate dal TSRM in qualsiasi ambito eserciti la propria professione.
L'inosservanza di quanto previsto dal presente Codice deontologico
e ogni
azione od omissione, comunque disdicevoli al decoro o al corretto esercizio
della
professione,
sono punibili con le sanzioni disciplinari previste dalle norme
vigenti.
Per poter esercitare la sua attività, il TSRM, ovunque operante, deve essere iscritto
all'Albo del Collegio professionale competente per territorio.
2.6.2 Principi etici del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica
Il TSRM è il professionista che:
pone la persona al centro di tutte le attività sanitarie;
eroga un servizio alla persona e, nella sua autonomia professionale, valuta, decide ed
agisce al solo fine di tutelarne e favorirne la salute attraverso la realizzazione di
specifici interventi a finalità preventiva, diagnostica o terapeutica; contribuisce a
prevenire e curare la malattia;
riconosce che la persona non è destinataria passiva degli interventi sanitari
bensì soggetto titolare dei "diritti inviolabili dell’ uomo", a cui spetta un ruolo da
protagonista attivo e responsabile nella tutela e promozione della propria salute;
in qualità di soggetto attivo nella determinazione della politica professionale e
sanitaria, assume un comportamento responsabile nella tutela e salvaguardia del
34
diritto alla salute. E' consapevole che la persona ha diritto ad un accesso agevole a
strutture e servizi sanitari e a tal fine, laddove ha facoltà d'intervento, fornisce il suo
contributo;
nello svolgimento delle attività professionali, è responsabile degli atti compiuti e
dei comportamenti assunti, secondo i principi di autonomia e collaborazione;
nello svolgimento della sua attività valuta la specificità della persona con
particolare riguardo nei confronti di età, sesso, etnia, cultura e valori di riferimento;
tenendo atteggiamenti gentili e accoglienti, si pone in ascolto della persona
cogliendone sentimenti, opinioni, difficoltà, ansie e dolori, oltre che il significato
che essa attribuisce all'intervento radiologico;
consapevole che ogni prestazione sanitaria ha come presupposto il rapporto di
fiducia
tra operatore e persona, garantisce la riservatezza di tutte le informazioni
assunte sulla persona ed in particolare di quelle raccolte durante l'anamnesi. Si
adopera per il rispetto del diritto all'intimità della persona limitando le situazioni che
ne possono procurare il pregiudizio;
pone il principio di lealtà alla base dei rapporti interpersonali;
nell'esercizio della professione valuta ed agisce sulla base di evidenze scientifiche;
verifica costantemente le proprie modalità operative e contribuisce alla definizione e
all'aggiornamento di linee guida, protocolli o procedure oltre che dei manuali della
qualità.
partecipa alla determinazione della politica professionale e sanitaria e si
adopera per il miglioramento della sua specifica realtà lavorativa.
caratterizza il suo esercizio professionale in modo da garantire l'erogazione di
prestazioni sanitarie secondo la migliore scienza ed esperienza. A tal fine, individua
come strumenti appropriati la formazione continua, la ricerca e il miglioramento
continuo della qualità delle prestazioni sanitarie. Oltre che come discente e docente,
partecipa attivamente alla formazione continua attraverso la promozione, la
progettazione e la realizzazione di specifici percorsi formativi;
di fronte alle molteplici e crescenti questioni etiche poste dalla società, dalla scienza e
dalla tecnologia, tra le risposte proposte dai possibili orientamenti di riferimento (etico,
scientifico religioso, normativo, professionale, culturale ed economico), opera le scelte
comportamentali che meglio tutelano e soddisfano la dignità, la libertà e i bisogni di
salute della persona, salvaguardando comunque, per quanto gli è possibile, la
promozione di un'offerta sanitaria ispirata a principi di giustizia ed equità;
rifiuta l'accanimento diagnostico e terapeutico in quanto lesivo della dignità e della
35
salute della persona nonché contrario all'uso appropriato delle risorse. Allorquando, a
suo giudizio, si verifichino ne dà segnalazione;
ispira tutte le relazioni che instaura con persone fisiche o giuridiche alla tutela della
salute, riconosciuta come bene primario; contrasta i comportamenti e le relazioni
incompatibili con il bene primario rappresentato dalla salute.
2.6.3 Rapporti con i TSRM e le altre professioni sanitarie e non
Allorquando ravveda che le prestazioni da effettuare siano palesemente dannose per
la salute della persona è tenuto a manifestare il proprio convincimento ai medici
prescrittori; nei casi di palese richiesta incongrua egli ha diritto di astenersi
assumendo la responsabilità della decisione.
Cap. 3 La Responsabilità Civile, Penale e Amministrativa
3.1 responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
In tema di responsabilità civile si è soliti individuare due distinte figure di responsabilità:
-
Quella contrattuale (che consegue all’inadempimento di un’obbligazione
preesistente);
-
Quella extracontrattuale (la quale scaturisce, quando un soggetto cagiona ad
altri un danno ingiusto senza esserne legato da alcun rapporto di tipo
contrattualistico).
La responsabilità contrattuale, può nascere anche in assenza di un “regolare” rapporto
contrattuale; ciò che conta, infatti, è l’esistenza di un rapporto obbligatorio tra
danneggiante e danneggiato, il quale, può nascere, anche dalla presenza di una delle
altre fonti del diritto, indicate dall’articolo 1173 cod. civ.
Nonostante questa suddivisione (contrattuale/extracontrattuale), non mancano casi in
cui sorgono problemi interpretativi.
Basti pensare alla responsabilità precontrattuale, sulla cui collocazione, la dottrina è
divisa in due filoni interpretativi:
-
Alcuni autori la riconducono nell’area della responsabilità extracontrattuale;
-
Altri in quella della responsabilità contrattuale.
36
Tale distinzione, non ha un valore meramente teorico, (per cui, tale disciplina è
assoggettata a forme che presentano esclusivamente semplici connotati differenti),
ma presuppone (benché sussistano norme comuni quali l’articolo 2056 cod. civ.), che,
in ordine alla determinazione del risarcimento, si rinvii ai criteri dettati in tema di
responsabilità contrattuale.
Una fondamentale diversità, fra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, attiene all’ “onere della prova”.
Lo stesso si forma:
-
Nel caso della responsabilità extracontrattuale, per opera del danneggiato (attore), il quale ha l’onere di dimostrare la sussistenza del fatto illecito in tutti i suoi
elementi, incluso l’atteggiamento soggettivo dell’autore (colpa o dolo);
-
Nel caso della responsabilità contrattuale diversamente, l’onere della prova
perviene a carico dell’operatore sanitario/ente (convenuto).
In ogni caso, l’inadempimento contrattuale, viene giudizialmente ritenuto fino a prova
contraria, presumendolo in via generale, esonerando così il paziente/congiunti (attore), dal relativo onere probatorio.
Si tratta certamente di una presunzione “azzardata”, in quanto si presuppone che il
debitore (sanitario) possa liberarsi da ogni responsabilità solo provando l’assenza della propria colpa.
Lo stesso dovrà dimostrare che l’impossibilità di adempiere correttamente è derivata
da causa a lui non imputabile.
Una ulteriore forma di diversità (rispetto ai comuni canoni attuativo giurisprudenziali),
è originata dalla valutazione/quantificazione del danno:
-
Nella responsabilità extracontrattuale, vanno risarciti tutti i danni (siano essi
quelli prevedibili che non prevedibili);
-
Nella responsabilità contrattuale (quando non si ravvisi il dolo), sono da risarcire solo i danni prevedibili al momento in cui è sorta l’obbligazione.
Ulteriore elemento di differenziazione, è poi quello che attiene all’istituto della mora la
quale: Nella responsabilità contrattuale non opera mai automaticamente, potendosi
configurare una tolleranza del creditore nel ritardo, (oltre i comuni 10 anni);
Nella responsabilità extracontrattuale invece essa opera “ex re”, in quanto non è possibile al contrario ammettere alcuna tolleranza (cioè oltre i 5 anni).
37
A completamento di tale distinzione, si evidenzia che, la responsabilità contrattuale
trova la propria “ratio” nell’esistenza di un rapporto qualificato, di natura obbligatoria,
tra debitore e creditore, non sotteso al rapporto di tipo extracontrattualistico.
Vi sono infine conseguenze che ineriscono la disciplina della esclusione di responsabilità.
In passato, al riguardo, la dottrina maggioritaria (indirizzata alla accumulazione degli
elementi nocumentali) ha subito l’influenza della “regle de non-cumul” (di origine dottrinale francese), in considerazione alla netta separazione tra le diverse categorie contrattuali esistenti.
Col tempo, la suddetta separazione dei campi di responsabilità, ha messo in evidenza
un forte ridimensionamento/riavvicinamento dei poli di responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, i quali risultavano astrattamente distanti tra loro.
Quando, nell’agire professionale del sanitario, siano stati omessi i parametri fondamentali del suo “modus operandi”, quali la perizia, la prudenza, la diligenza, in tal caso
è possibile parlare di colpa.
Altra parte della dottrina al contrario, sostiene la non necessaria presenza di responsabilità extracontrattuale in costanza di quella contrattuale, considerando il fatto che
gli interessi delle parti dovrebbero essere soddisfatti dall’art. 1218 cod. civ. e ss.
E’ da notare come sia la responsabilità contrattuale che quella aquiliana (extracontrattuale), permangano differenziabili e differenziate concretamente nella nostra giurisprudenza.
Il “nesso di causalità”, nell’ambito della responsabilità medica, risulta di notevole interesse al fine di delinearne la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale.
“Si va delineando sempre più un sistema sanzionatorio che non mira alla sanzione
penale interdittiva, in senso stretto, ma e maggiormente indirizzato alla quantiqualificazione di un corrispettivo economico-aquiliano rispondente al danno subito”.
La Cassazione, risulta, al riguardo, sempre maggiormente propensa a “contrattualizzare” il danno fra le parti.
L’atteggiamento giurisprudenziale di tipo risarcitorio, ha inevitabilmente influenzato la
categoria sanitaria ad instaurare (nell’agire quotidiano), un atteggiamento professionale di tipo “difensivo”
38
3.2 Rilievo dell’equipe multidisciplinare sotto l’aspetto della responsabilità
La dottrina giurisprudenziale degli ultimi anni, sulla base dell’evoluzione professionale
e multidisciplinare in ambito sanitario, ha posto particolare rilievo (sotto al profilo della
responsabilità) al fenomeno dell’équipe multidisciplinare nello svolgimento delle prestazioni sanitarie.
È infatti possibile ritenere che, la responsabilità “del medico” sia divenuta responsabilità “medica” in senso ampio, identificando con questo termine l’insieme dell’équipe
multidisciplinare e non più il singolo professionista medico.
Le prestazioni sanitarie, sono assoggettate a continui fenomeni evolutivi, sia sotto al
profilo scientifico che sotto al profilo tecnologico, ciò al fine di rendere migliore la performance assistenziale.
Le prestazioni mediche, nella stragrande maggioranza dei casi, non vengono attualizzate da un singolo professionista sanitario, in maniera autonoma, ma bensì da una
pluralità di specialisti, i quali interagiscono fra loro all’interno dell’intera organizzazione
sanitaria.
Alla luce di tali fenomeni è rilevante notare un sostanziale affievolimento della responsabilità del medico.
Spesso, il giudice, fatica nell’attribuzione della responsabilità fra gli operatori sanitari
(sia civili che penali), in quanto gli stessi vengono coinvolti (a seguito di eventi lesivi a
carico del paziente) nel processo assistenziale in maniera “vorticosa”.
Il dato certo, è che risulta essere (nel nostro attuale ordinamento), previsto il principio
della personalità della responsabilità penale.
Inoltre all’interno delle organizzazioni complesse, quali sono gli enti sanitari odierni, la
responsabilità è più che mai distribuita fra operatore sanitario e struttura ospitante
(soprattutto quella contrattuale e quella extracontrattuale).
Varie sentenze hanno suffragato tali concetti, dimostrando come vi sia una forte suddivisione della responsabilità nell’equipe sanitaria e nel coinvolgimento dell’ente nella
fase risarcitoria del danno.
La stessa Cassazione penale, pronunciatasi, con la sentenza del 12 luglio 2006, n.
33619, ha affermato che: <<..ogni sanitario è responsabile non solo del rispetto delle
39
regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma
deve anche conoscere e valutare le attività degli altri componenti dell’equipe..>>
Questa affermazione (delineata dalla Cassazione), mette in evidenza il dovere di “vicendevole” controllo cui sono tenuti i sanitari, che si trovano a svolgere attività sanitaria in equipe.
La responsabilità penale che coinvolge il gruppo professionale sanitario spesso si
converte anche in responsabilità civile.
Al fine, di mettere in evidenza, eventuali responsabilità dello staff professionale, la giurisprudenza ha deciso di ritenere come parametro di riferimento valido, quello del “professionista” medio.
Occorre porre, particolare attenzione, a non confondere la “preparazione media” richiesta ad un “qualsiasi” professionista, rispetto alla “preparazione” media” richiesta al
sanitario.
Per lo stesso infatti (medico), il margine “minimo” ove si delinea una responsabilità, risulta essere anticipato rispetto ai canoni normalmente utilizzati per altri professionisti.
In tema di colpa professionale, nelle “equipes” mediche, ci si trova spesso di fronte a
svariate ipotesi di attribuzione della responsabilità fra i vari professionisti sanitari.
In conclusione, si vuole mettere in evidenza come il rapporto d’equipe sanitaria risulti
espressione, non di una semplice somma di attività professionali, ma un sinergismo
fra le stesse.
Inevitabilmente tale situazione andrà a creare una inevitabile moltitudine di situazioni
di responsabilità fra gli operatori che andranno di volta in volta disciplinate singolarmente.
40
Cap. 4 Il consenso Informato
Il consenso informato è divenuta asserzione ricorrente, fino ad essere accolta dal codice di deontologia medica, sia nella versione del 1995 (art. 31), sia in quella del 1998,
ove è sancito che “il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso informato del paziente (…)” (art. 32) che la legittimità del trattamento medico dipende dal “consenso informato” del paziente.
La genesi dell’espressione è da rinvenire nella cultura americana e, in particolare, in
una sentenza di un tribunale USA, in California, per l’esattezza, che, nel 1957, per la
prima volta coniò detto concetto, segnato a rivoluzionare il rapporto tradizionale della
cultura etica-medica e, quindi, a divenire uno degli aspetti più controversi della cultura
bioetica.
Nell’ultimo secolo il potere di intervento del medico si è assistito al formarsi di un potere incondizionato in favore del medico al quale è fatto obbligo non solo di sconfiggere
la malattia, ma anche quello di assistere la persona malata.
L’evoluzione dell’uomo negli ultimi decenni ha contribuito a ribaltare costumi, concetti,
usanze e comportamenti, e in questo nuovo contesto sociale si incardina il concetto di
consenso informato, concetto che prende piede non in misura univoca in tutte le Popolazioni del globo, ma in misura diversa ottenendo un maggior e più incisivo riconoscimento in quelle Società occidentali che hanno uniformato il patto sociale a criteri di
democrazia e solidarietà.
L’obbligo del consenso informato mira ad accrescere il potere dei pazienti nei confronti dei medici e, quindi, in primis, mira a ridurre considerevolmente quello spazio di potere e conoscenza che, prima, per convenzione, era stato rimesso nelle mani di pochi.
Il consenso informato si presente quindi quale strumento fondamentale del movimento
di autonomia del paziente, tanto che oggi, sulla scorta della conseguita garanzia di tutela legale, si presente quale valido strumento per addirittura rifiutare il trattamento
medico.
Acquisita così la necessità di prestare, in via preventiva, la propria conoscenza ed il
proprio sapere per spiegare al paziente la malattia che lo affligge e, quindi, la portata
ed utilità del trattamento terapeutico ritenuto efficiente, v’è da rilevare che
l’accostamento dell'aggettivo “informato” al concetto di consenso sottende una nuova
concezione del rapporto tra medico e paziente, che ambisce a superare la visione del
41
medico quale soggetto gravato dal dovere di curare, ma fornito, per contro, di un potere incondizionato circa la scelta terapeutica e le sue modalità di attuazione, sindacabili, da tale angolazione, solo sotto il profilo della conformità ai dettami della scienza.
Il “consenso informato” mira cioè a porre al centro dell'attenzione del medico non tanto, o non soltanto, la malattia, ma la persona bisognosa di cure; cosicché, ai doveri di
informazione del medico corrisponde oggi la figura del malato partecipe, che può considerare l'informazione come un suo diritto irriducibile e non più come una gentile concessione.
4.1 Disciplina Legale del Consenso Informato
Da quando si parla di consenso informato, è stato sancito l’obbligo, per il medico, di
ottenere uno specifico assenso all’atto medico in tutti quei casi, in cui, in altre fattispecie diversa da quella del trattamento terapeutico, si sarebbero perfezionati specifici
reati.
Detto obbligo trova riscontro nella stessa Carta Costituzionale, all’art. 32, II capoverso,
dove si afferma: “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e che “la legge non può in nessun caso violare i
limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
L’art. 13 Costituzione sancisce che “la libertà personale è inviolabile” e che “non è
ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione, o di perquisizione personale, né
qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
Un altro chiaro e più espresso riferimento alla necessità di munirsi preventivamente
del consenso dell’ assistito è contenuto nell’art. 50 del codice penale che, in tema di
”consenso dell’avente diritto” così recita: “non è punibile chi lede o pone in pericolo un
diritto, con il consenso della persona che può validamente disporne”.
Pertanto, sulla base di quanto la dottrina medico-legale ha ampiamente discusso sulla
materia, è da ritenere ormai pacifico che per essere giuridicamente valido il consenso
della persona assistita deve qualificarsi come informato, esplicito, libero, autentico e
immune da vizi.
Il paziente, in generale non è un esperto di medicina per cui l’informazione che deve
riceve dal medico, deve essere semplice e comprensibile oltre che personalizzata al
livello di cultura, esauriente nel senso che deve chiarire o rispondere a tutti i dubbi o le
richieste dell’ assistito. L’informazione deve essere veritiera, serena ed emotivamente
42
equilibrata, sorretta da speranza e controllato ottimismo; comunque in rapporto con la
reattività del paziente, potrà essere valutata l’opportunità di non rivelare al malato o di
attenuare una prognosi grave o infausta, nel qual caso questa dovrà essere comunicata ai congiunti. In ogni caso la richiesta dei familiari di fornire al paziente informazioni non veritiere non è vincolante per il medico.
Nella disciplina italiana, compare in talune fonti che pongono l’obbligo del consenso
informato per specifiche attività sanitarie, tra le quali possono qui ricordarsi il D.M.
15.7.1997, recante “Recepimento delle linee guida dell'Unione Europea di buona pratica clinica per la esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali”; il D.M.
6.11.1998, recante “Composizione e determinazione delle funzioni del Comitato Etico
Nazionale per le sperimentazioni cliniche dei medicinali”; il D.P.R. 23.7.1998, recante
“Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000”, ove si afferma
che “la possibilità di una scelta consapevole tra diverse opzioni diagnostiche e terapeutiche da parte dell'utente implica che l'informazione divenga uno degli aspetti decisivi nel rapporto tra Sistema Sanitario Nazionale e cittadini”.
La transizione da una concezione paternalistica ad una concezione democratica
dell'assistenza sanitaria incontra ancora molti ostacoli, sia sul versante delle professioni sanitarie sia su quello degli utenti.
Comunque sia di ciò, preme sottolineare che il “consenso informato, correttamente
formatosi ha il fine di legittimare l'intervento clinico, che, altrimenti, sarebbe illecito,
perché lesivo del diritto soggettivo del paziente alla sua integrità psicofisica.
Acquisito dunque che l’attività medica può ritenersi legittimamente esercitata solo in
presenza di un consenso adeguatamente informato del paziente, occorre ora stabilire
quali sono i requisiti di validità del consenso del paziente, aspetto su cui il dibattito,
per la già evidenziata mancanza di una disciplina di riferimento, manifesta valutazioni
divergenti e soluzioni spesso contrastanti.
Volendo elencare dei requisiti su cui vi è maggiore condivisione, può dirsi che un consenso informato legittimamente valido:
A) deve assicurarsi l’istruzione del paziente in ordine ai seguenti aspetti:
- al problema o, ancor meglio, alla diagnosi della malattia;
- all’intervento consigliato, con in evidenza benefici e rischi connessi alla scelta
del trattamento ed al suo rifiuto.
B) deve essere:
43
-
espresso: non può essere desunto per facta concludentia e non è sufficiente
se tacito, pur non occorrendo formule sacramentali; è comunque preferibile che
avvenga per iscritto, non solo perché in tal modo, in caso di contestazione, il
medico è in grado di dimostrare agevolmente la sussistenza del consenso (tanto più che sono stati espressi dei dubbi circa l’ammissibilità della prova testimoniale di colleghi del medico cui venga contestato l’inadempimento
dell’obbligo informativo, specialmente se lavorano nello stesso servizio), ma
anche perché, verosimilmente, risulterà di maggior semplicità l'apprendimento,
da parte del paziente, delle numerose informazioni che il medico è tenuto a fornire; può essere qui segnalato come sia invalsa la regola, anche nella prassi
ospedaliera, di impiegare la modulistica prestampata per acquisire il consenso:
è evidente che il ricorso al modulo o all'atto scritto assolve alla regolare acquisizione del consenso solo quando essi riproducano, sia pure per sintesi, i termini del colloquio informativo che effettivamente il sanitario abbia avuto con il
paziente, non potendo pensarsi di assimilarlo ad una sorta di “lasciapassare” o
di “nulla-osta”, frettolosamente fatto siglare al paziente; è riduttivo identificare il
dovere di informazione con la mera sottoscrizione di un questionario standard
da parte del paziente; è certamente più congruo raffigurare la condotta informativa del medico nei termini di un dialogo cooperativo;
-
personale: essendo espressione di autodeterminazione terapeutica, non appare ammissibile alcuna forma di rappresentanza, cosicché non può che provenire dalla persona che ha la disponibilità giuridica del bene protetto, vale dire il
paziente, nessuna efficacia giuridica potendo essere riconosciuta alla volontà di
terzi o degli stessi familiari (tranne che nell'ipotesi di esercizio della tutela o della potestà dei genitori, rispettivamente per il paziente incapace e per il paziente
minore degli anni diciotto), i quali familiari, tuttavia, con la loro testimonianza,
potrebbero semmai contribuire a chiarire la volontà del paziente; in questa situazione, la dichiarazione dei parenti non assumerebbe un valore vicario del
consenso personale, ma potrebbe acquisire al più una funzione probatoria, se
non puramente confermativa, della volontà del paziente precedentemente
espressa;
-
consapevole nel momento in cui viene espresso, il paziente deve essere capace di intendere e di volere; sul punto rileva ricordare che in dottrina taluno
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esprime forti dubbi sulla validità del consenso anche allorquando lo stesso risulti formatosi in presenza di sofferenza acute;
-
libero: deve essere immune da coartazione, inganno o errore, e non deve essere contrario all'ordine pubblico ed al buon costume; in ogni caso, il consenso
non è insindacabile né è traducibile in arbitraria volontà di fare del proprio corpo
ciò che si desidera; è, invece, un consenso finalizzato alla preservazione od al
recupero della vita, oltre ché del benessere fisico e psichico;
-
preventivo: deve precedere l'avvio del trattamento ed è suscettivo di revoca,
con la precisazione che, se non vi è dubbio che la revoca sia sempre vincolante quando interviene prima che abbia inizio il trattamento, più problematica appare la validità della revoca che sopraggiunge durante lo svolgimento dello
stesso: in quest'ultimo caso, infatti, può accadere che la revoca del consenso,
magari dettata dalle sensazioni di dolore procurate dalla terapia, non corrisponda all'intima volontà del paziente e soprattutto determini una situazione di
rischio per la sua salute, addirittura maggiore di quella in cui questi versava
prima che avesse inizio l'attività medica;
-
specifico: deve riferirsi ad uno specifico scopo, vale a dire unicamente alla
prestazione che viene prospettata al paziente; il che vuol dire, innanzitutto, che
un intervento diverso da quello consentito non è legittimato, salvo che nei limiti
in cui venga a configurarsi una situazione riconducibile allo stato di necessità;
né pare potersi però escludere la validità di una manifestazione di volontà adesiva a più largo raggio, o anche a raggio indeterminato, come può verificarsi allorché, informato dal medico della eventualità della possibile individuazione, nel
corso della operazione, di ulteriori patologie allo stato non diagnosticabili, il paziente acconsenta preventivamente all'intervento anche relativamente ad esse;
ciò che rimane importante, nello spirito della regola del consenso, è che il paziente esprima cognita causa la sua volontà, che potrebbe allora ben essere
anche quella di rimettersi totalmente alle valutazioni ed alle decisioni del medico, attesa la assoluta personalizzazione del rapporto fiduciario; peraltro, nel caso di trattamenti terapeutici ciclici, cioè quelle attività mediche che richiedono la
ripetizione in un dato arco temporale di attività mediche analoghe, aventi i medesimi fattori di rischio, una volta espresso sulla base di un'informazione com45
pleta e relativa allo svolgimento dell'intera terapia, il consenso iniziale non deve
essere di volta in volta rinnovato, anche ove il medico, che esegue una fase
della terapia, sia diverso da quello che all'inizio del trattamento ha ricevuto il
consenso espresso.
C) deve essere esente da vizi e, quindi:
-
deve essere prestato da soggetto maggiore di età, capace di intendere e di volere;
-
deve essere prestato dai genitori (capaci di intendere e di volere) del minore, se
indirizzato a persona minorenne;
-
deve essere prestato dal Giudice tutelare, ovvero dall’amministratore di sostegno, nel disaccordo dei due genitori:
-
il contratto terapeutico deve riguardare un bene disponibile;
-
il rapporto tra i due contraenti (medico e paziente) deve essere improntato alla
buona fede;
-
il consenso si intende revocabile per definizione in qualsiasi momento del rapporto;
-
il consenso deve essere esente da vizi e/o non deve essere avvilito da scorretta informazione;
-
per la corretta formazione del consenso informato occorre il pedissequo rispetto
del protocollo diagnostico e terapeutico concordato (pena, l’impossibilità di valutazione) e, quindi, l’accertamento della assenza di vizi sul modo in cui il consenso è stato prestato e sulla sua interpretazione.
Qualora l'attività sanitaria si articoli in varie fasi, ciascuna delle quali presenti rischi
specifici e distinti (si pensi alla sequela: accertamenti diagnostici, pratica di anestesia,
intervento chirurgico), il consenso dovrà essere acquisito dal sanitario preposto ad
ogni singola fase.
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4.2 Eccezioni
Il medico può legittimamente rifiutarsi di ottenere un valido consenso informato in presenza di alcune scriminanti, ovvero in presenza di taluni comportamenti che, in se e
per sé, conferiscono alla pratica medica il requisito della legittimità anche in assenza
di consenso informato.
I comportamenti e lo stato di cose possono essere raggruppati in tre grandi eccezioni:
L’eccezione emergenza legittima il medico alla valida pratica medica nel caso in cui il
sanitario non abbia rivenuto un consenso informato per le condizioni di salute del paziente che, per esempio, potrebbe mostrare uno stato di shock incompatibile ad uno
stato di salute che possa rendere il paziente astrattamente idoneo a riversi quelle informazioni volte al formarsi del consenso informato.
L’eccezione rinuncia legittima il medico alla valida pratica medica nel caso in cui il
sanitario abbia ricevuto da parte del paziente competente specifiche istruzioni in tale
senso.
L’eccezione privilegio terapeutico legittima il medico alla valida pratica medica nel
caso in cui il sanitario ritenga che la comunicazione potrebbe portare grave nocumento al paziente. Trattasi di una eccezione puramente dottrinale che, dal punto di vista
pratico, non ha trovato applicazione atteso che, detta eccezione ben può essere ricompresa nella prima, eccezione emergenza, limitandosi l’applicazione di detta ultima
eccezione, sempre allo stato teorico, al caso del paziente, malato di psicosi instabile
che, sebbene al momento possa apparire vigile ed orientato, potrebbe ricevere grave
nocumento e danno per le informazioni ricevute dal sanitario.
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cap. 5 Dottrina, articoli apparsi su Quotidiano Sanità , Sentenze
5.1 Dottrina
RESPONSABILITÀ CIVILE - Professionisti - medici e paramedici
Autore: Landuzzi Fabrizio, Taroni Francesco, Cicognani Alberto, Cimino Luca
Gli Autori analizzano, alla luce della normativa vigente, gli ambiti di competenza propri
del medico specialista dell'area radiologica e del tecnico sanitario di radiologia medica
(TSRM) in relazione ai vari processi costitutivi l'atto radiologico. In particolare viene
sottolineata la necessità di porre la massima attenzione affinché quest'ultima figura
sanitaria non tenga condotte operative non conformi alle norme vigenti, soprattutto attuando valutazioni individuali o circostanziali proprie di una attività diagnostica che, in
quanto tale, rimane di esclusiva competenza medica.
Una rivisitazione delle aree di competenza si impone in conseguenza della non ulteriormente procrastinabile piena applicazione delle vigenti normative in materia di radioprotezione (d.lgs. 187/2000) che di fatto precludono al Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM) la possibilità di "effettuare direttamente, su prescrizione medica anche in assenza del medico radiologo i radiogrammi relativi agli esami radiologici dell'apparato scheletrico, del torace e dell'addome, senza mezzi di contrasto, secondo le indicazioni di carattere generale preventivamente definite dal medico radiologo, sia nel servizio radiologico centralizzato che nelle strutture decentrate", attività
queste considerate invece proprie di tale figura secondo i disposti del 1968, riconfermati nel 1983 e indirettamente richiamati nel 1994, pur se tramite un riferimento mansionariale poi abrogato nel 1999.
Riv. it. medicina legale (dal 2012 Riv. it. medicina legale e dir. sanitario) 2008,
pag. 1301, fasc. 6 Data: 01 dicembre 2008
Questo articolo riferisce a sostegno della tesi, anche la traduzione (secondo molti
capziosa) della direttiva europea 97/43/Euratom, inserita all’interno della Legge
187/2000.
48
5.2 Il caso Marlia-Barga
IL GIURISTA PROF. LUCA BENCI DEL 6 OTTOBRE 2014, APPENA USCITA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE LA COMMENTAVA COSÌ:
Caso Marlia: la giusta assoluzione di tecnici e medici
A Marlia, dunque, è finita come doveva finire.
Ricordiamo la vicenda. In una “casa della salute” dell’azienda sanitaria di Lucca
l’organizzazione prevedeva la sola presenza dei tecnici sanitari di radiologia medica
per l’effettuazione di esami radiologici “di base”. Il medico refertava a distanza: nel caso di specie con la teleradiologia attraverso il sistema Ris-Pacs.
I campi di imputazione erano per i medici “Rifiuto di atti d’ufficio, ex art. 328 cp, perché
nella loro qualità di direttore sanitario e di direttore della radiologia “indebitamente rifiutavano di garantire la presenza stabile del medico radiologo per lo svolgimento di
esami radiologici che imponevano la presenza del medico specialista”.
Per medici e tecnici “esercizio abusivo della professione di medico specialista ex art.
348 cp perché in concorso consentivano l’esercizio della professione di medico specialista effettuando abitualmente esami radiologici in assenza del medico specialista e
svolgendo compiti esclusivi dello specialista quale l’inquadramento clinico anamnestico, la giustificazione dell’esame proposto e l’informativa per il consenso”.
Inoltre “violazione degli artt. 3, 10 e 14 perché tramite le condotte riportate violavano
gli obblighi di cui all’art. 3 in tema di giustificazione delle esposizione alle radiazioni” e
omettevano di effettuare una accurata anamnesi allo scopo di accertare se le donne
fossero in stato di gravidanza.
Mi rendo conto dell’ineleganza dell’autocitazione operazione che trovo generalmente
insopportabile e autoreferenziale. Questa volta è dovuta. Ero già intervenuto, proprio
in queste pagine, sull’argomento specificando nel dettaglio i concetti di abusivismo,
esclusività delle prestazioni, liceità dell’esercizio professionale. La mia conclusione
era stata: “non si può parlare di esercizio abusivo di professione medica per un
tecnico sanitario di radiologia medica che in ossequio alla normativa di esercizio professionale utilizzi apparecchiature dietro prescrizione e in assenza del
medico specialista”. Non posso non notare che è del tutto in linea con quanto poi
hanno correttamente deciso i giudici lucchesi: “non vi è stato alcun esercizio dei compiti propri del medico specialista in radiologia, alcuna indebita invasione di campo,
men che meno sotto il profilo del dolo, bensì il corretto e ordinario svolgimento dei
compiti loro propri”.
Il fatto sembrava del tutto pacifico. Non era così: all’epoca ho dovuto rispondere
a difese aprioristiche di interpretazioni regressive delle normative di esercizio professionale che prendevano spunto da documenti di un associazionismo sindacale che
non si rende conto del cambiamento dei tempi e delle normative di esercizio professionale.
L’abilitazione professionale del tecnico di radiologia a svolgere esami radiologici dietro
prescrizione medica – senza mezzo di contrasto – è chiarissima da sempre.
49
Brandire strumentalmente la normativa sulla radioprotezione è atteggiamento
non corretto, giuridicamente infondato come le motivazioni del tribunale di Lucca hanno, del tutto prevedibilmente, correttamente dimostrato.
Caduto questo assunto si sono sciolti come neve al sole gli altri – gravi nel caso del
rifiuto di atti d’ufficio per i medici – atti di imputazione conseguenti.
La vicenda giudiziaria quindi si chiude. Rimane la ferita aperta e alimentata da una
parte del mondo professionale – specificamente una parte dei medici radiologi – che
hanno cercato di strumentalizzare un’assurda controversia giudiziaria al fine di trovare
una soluzione ai problemi di rapporti interprofessionali che dovrebbero, in un sistema
a soggetti maturi, trovare soluzione proprio nel confronto tra le professioni.
14 ottobre 2014
Caso Marlia. Lucà: "Creazione di nuovi modelli non è garanzia di sicurezza"
Secondo il segretario del Sindacato nazionale radiologi la vicenda della
provincia di Lucca rischia di diventare " un pretesto per demolire le competenze
di ruolo, delegittimando compiti e specificità dei medici radiologi". Così replica
alle recenti posizioni espresse da Beux e dai sindacati.
15 ottobre
Caso Marlia. Anche i medici radiologi hanno le loro responsabilità
Gentile Direttore, il 14 ottobre è iniziato il dibattimento per il caso Marlia, contestualmente si è svolto l’incontro tra i rappresentanti della Federazione Nazionale i Collegi
regionali e rappresentanti politici toscani e nazionali, con la presenza di un foltissimo
gruppo di colleghi da varie regioni. Tutti si auspicano la migliore soluzione di questo
caso, dando alla magistratura il massimo della fiducia, ma nel caso che i colleghi vengano
Di
condannati
conseguenza
è
chiaro
potrebbe
che
tutti
esserci
quanti
la
noi
paralisi
siamo
colpevoli.
del
sistema.
Rispetto l’ennesima puntualizzazione del sindacato dei medici radiologi penso che
occorre essere un pochino più onesti. Solo pochi giorni fa si leggeva dell’ennesimo
grido d’allarme della Sirm che denunciava, se non sbaglio, che un esame su tre fosse
da ritenersi inutile. Quindi chi meglio del medico radiologo può migliorare questo rapporto? Ogni richiesta, anche interna non solo ambulatoriale, dovrebbe essere giustificata e quindi il medico radiologo potrebbe negarne anche l’esecuzione. Quante volte
accade?
50
17 ottobre
Tsrm/1. Guardiamo oltre i casi “Marlia e Barga”
Gentile Direttore, l’articolo del dottor Lucà recentemente pubblicato su QS richiede
degli approfondimenti che ci permettiamo di sottoporre all’attenzione dei lettori premettendo che non desideriamo entrare nel merito specifico dei casi Marlia e Barga dei
quali conosciamo il quadro generale, ma non i dettagli. Citiamo il virgolettato del dottor
Lucà: “Non vorremmo che il caso della provincia di Lucca dove si faceva un uso improprio della teleradiologia, lasciando ai tecnici il compito di svolgere da soli esami
diagnostici che venivano poi inviati telematicamente a un radiologo, diventasse un
pretesto per demolire le competenze di ruolo, delegittimando compiti e specificità dei
medici radiologi”. Sul rapporto ISTISAN 10/44 “Linee guida per l’assicurazione di qualità in teleradiologia” si legge che “Per telegestione si intende la gestione di un esame
radiologico da parte di un medico radiologo, distante dal luogo di esecuzione
dell’esame, che si avvale della collaborazione del medico richiedente (rapporto formale tra due medici) e del TSRM, presenti sul luogo dell’esecuzione dell’esame con i
quali comunica, in tempo reale, per via telefonica e/o telematica. La telegestione si
completa con la telediagnosi formalizzata dal referto con firma digitale validata dal radiologo responsabile della telegestione. La telediagnosi rappresenta la fase ultima
dell’atto clinico radiologico e della diagnosi radiologica effettuata su immagini provenienti da sedi remote intra od extra-ospedaliere.”
Il capitolo successivo “Ambiti e criteri di applicabilità della telegestione” definisce
quanto
segue.
“La
telegestione
può
essere
applicata
a
livello:
- Intraospedaliero
- Intra-aziendale
…Per chiarire meglio i contesti organizzativi si precisa che la telegestione può trovare
giustificazione:
a)
In
procedure
intra-presidio
ospedaliero.
Quando una UO di radiologia opera in più sedi è possibile che l’organizzazione preveda che parte dell’attività sia svolta in parte della giornata in una di tali sedi da uno o
più TSRM. Il TSRM riceve formale delega (no, comment! Scusate lo sfogo!) dallo specialista ad operare per alcune tipologie di esame e ricorre al parere dello specialista
stesso per le procedure previste dalla telegestione (o tele management) al fine della
51
informativa e della giustificazione. Ai fini della refertazione a distanza è assolutamente
auspicabile che l’organizzazione disponga di un sistema RIS-PACS, in modo che il
medico che deve redigere i referti possa disporre liberamente anche di tutta la documentazione
iconografica,
recente
o
pregressa,
dei
vari
pazienti.”
Chi è interessato può tranquillamente leggere la restante parte del documento redatto,
tra l’altro, da esimi cattedratici di area radiologica. Ci sembra di capire, però, che le linee guida prevedano già oggi una possibilità organizzativa in merito alla radiologia
ove non vi sia la presenza contestuale di medico radiologo e tecnico radiologo specificando anche il campo di applicabilità che non si evince essere legato unicamente
all’emergenza
(stato
di
necessità).
A questo punto ci si domanda quali fondamenti abbia l’affermazione del dottor Lucà
quando attribuisce al Presidente Beux e ai sindacati “attacchi contro le regole e il sistema vigente”. Non siamo, infatti, a conoscenza di normativa (sottolineiamo normativa professionale o sanitaria e non documenti di categoria spesso autoreferenziali) dove si sancisca l’obbligatorietà della contestuale presenza di radiologo e tecnico di radiologia
nello
svolgimento
di
qualsiasi
esame
radiologico.
Ci si domanda, poi, a quale linea guida dell’ISS si riferisca il dottor Lucà perché quella
che citata (del 2010) non dice assolutamente che la teleradiologia debba essere utilizzata unicamente per le “urgenze indifferibili”. Non è che il dottore faccia confusione
con qualche precedente documento SIRM? Ad esempio il documento SIRM 2009 “La
radiologia
e
l’urgenza/emergenza”
(19
giugno
2009,
pagina
21)?
Su una cosa il dottor Lucà ha, però, ragione. La nuova direttiva europea sulla radio
protezionistica conferma nella sostanza quella precedente. Peccato che tra lo spirito
della direttiva europea vecchia (e nuova) ed il recepimento italiano (D.Lgs. 187) ci siano delle piccolissime incongruenze (piccole, eh! Ma il diavolo si sa si nasconde proprio lì!).
Tutto ruota attorno ad una definizione contenuta nell’articolo 2 (quella di “practitioner”)
e
agli
articoli
3
(giustificazione)
e
5
(responsabilità).
Non resta, quindi, che andare a leggere cosa dice la direttiva europea nella sua versione originale (scritta in inglese) alla voce “practitioner”: a medical doctor, dentist or
other healt professional, who is entitled to take clinical responsibility for an individual
medical
exposure
in
accordance
with
national
requirements.
52
Traduzione: medico, dentista o altro professionista sanitario che è titolato a prendere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali in conformità con i
requisiti
nazionali.
Ovviamente gli anglosassoni non hanno avuto problemi circa la traduzione della definizione (e della direttiva in generale) tant’è che nella linea guida sulla giustificazione
dell’esame il “The Royal College of Radiologist” (quello al quale dobbiamo le linee
guida sull’appropriatezza delle prestazioni) non si fa problemi a scrivere:
A practitioner is defined as a registered medical or dental practitioner or other health
professional who is entitled to take responsibility for an individual medical exposure.
Practitioners might include radiologist,radiographers, cardiologists, surgeons or
other.
http://www.rcr.ac.uk/publications.aspx?PageID=310&PublicationID=2#anchor143398
Per gli anglosassoni , quindi, il practitioner può essere anche il tecnico radiologo
(formato ovviamente, ma per gli inglesi tutti i “giustificatori” devono essere formati).
Colpisce come nell’elencazione il radiographers venga dopo il radiologo, ma prima dei
cardiologi,
chirurghi
e
altri.
In Italia la definizione sopra citata è stata recepita nel modo seguente:
Specialista: il medico chirurgo o l’odontoiatra che ha titolo per assumere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali ai sensi dell’articolo 7, commi 3 e 4.
“Practitioner” è diventato specialista e gli “altri professionisti sanitari” sono scomparsi.
L’articolo 7 comma 3 definisce, poi, che lo specialista a cui si fa riferimento è il radiologo e il 4, riferendosi alla radiologia complementare, l’odontoiatra e il medico chirurgo.
Si domanda, quindi: quando il dottor Lucà parla di direttiva europea intende effettivamente lo spirito, la formulazione e il contenuto di quella europea o il recepimento italiano?
Si sottolinea, comunque, il fatto che, nonostante il recepimento italiano, la citata direttiva ISTISAN trova nella attuale normativa le possibilità di attuare la teleradiologia,
seppur ancora con qualche paletto di troppo, con uno spirito un po’ più europeo.
TSRM Massimiliano Paganini TSRM Roberto Di Bella
53
5.3 Somministrazione di mezzi di contrasto
Come è noto, nell’ambiente sanitario, i cd mezzi di contrasto (mdc) o agenti di contrasto sono sostanze capaci di migliorare il modo in cui una parte anatomica sottoposta
ad osservazione (analisi) appare o risulta evidenziata all’occhio del sanitario. Le predette sostanze aumentano il contrasto di un organo, di una lesione o di qualsiasi struttura rispetto a ciò che la circonda, tanto da rendere visibili o migliorare l’individuazione
di dettagli che diversamente non potrebbero essere osservati. I mdc sono utilizzati
nell’ambito di diverse tecniche; nel campo della radiologia tradizionale e della tomografia computerizzata la formazione dell’immagine radiografica è ottenuta con l’utilizzo
di mdc a base di iodio e bario; sfruttando la diversa attenuazione che il fascio di raggi
x presenta nell’attraversare i distretti anatomici; diversamente, nell’imaging a risonanza magnetica i parametri che influenzano il segnale sono legati non solo alla densità
protonica, ma soprattutto al rilassamento protonico, tanto che i prodotti utilizzati (gadolinio, ossido di ferro) sono in grado di incrementare sensibilmente il contrasto fra tessuto normale e tessuto patologico.
In radiologia i mdc sono sostanze (rientrando nella definizione di medicinale secondo
il contenuto del D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219), utilizzate non solo ai fini delle peculiari
proprietà farmacologiche, ma soprattutto in funzione delle loro caratteristiche radiodiagnostiche, in quanto sostanze che consentono di studiare meglio tessuti, organi,
distretti e patologie, in relazione alla loro radiopacità allorquando scorrono all’interno
di vasi o in funzione dell’impregnazione delle strutture poco sopra citate; come è noto,
ferma restando la variazione del dosaggio del mdc in funzione delle condizioni cliniche
del paziente, i volumi, ovvero i flussi, ovvero le fasi di impiego dei mdc, dipendono dal
distretto, dall’organo e dalla patologia oggetto di studio.
In modo più circostanziato possiamo indicare come i mdc sono utilizzati in diverse metodologie di studio e secondo differenti tecniche:
in radiologia tradizionale si usano sostanzialmente mdc baritati dei quali si sfruttano le
capacità di attenuazione del fascio radiante e mdc iodati, che all’assorbimento delle
radiazioni x, associano informazioni legate all’impregnazione e al wash-out di organi e
tessuti (esempio nell’esame urografico);
La competenza sulla somministrazione dei farmaci con finalità diagnostiche in ambito
radiologico viene distinta a seconda della sostanza da somministrare.
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Concentreremo la nostra attenzione sui radiofarmaci.
Partiamo dalla definizione di medicinale data dalla normativa vigente. L’articolo 1,
comma 1, lettera a) del D.Lgs 24 aprile 2009, n. 219 “Attuazione della direttiva
2001//83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario
concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE) definisce
come “medicinale”: ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica.
Sempre lo stesso articolo definisce i radiofarmaci e i radionuclidi e, non anche, i mezzi
di contrasto in generale.
Radiofarmaco: qualsiasi medicinale che, quando è pronto per l’uso, include uno o più
radionuclidi (isotopi radioattivi) incorporati a scopo sanitario;
Generatore di radionuclidi: qualsiasi sistema che include un radionuclide progenitore determinato da cui viene prodotto un radionuclide discendente che viene quindi rimosso per diluizione o con qualsiasi altro metodo ed usato in un radiofarmaco;
kit: qualsiasi preparazione da ricostituire o combinare con radionuclidi nel radiofarmaco finale, di solito prima della somministrazione;
Precursore di radionuclidi: qualsiasi altro radionuclide prodotto per essere utilizzato
quale tracciante di un’altra sostanza prima della somministrazione.
Ricordiamo che l’ambito radiologico è uno dei pochissimi campi che possiamo definire
“medico-specialistici” e che trovano, nel campo dell’esercizio professionale, limitazioni
all’interno dello stesso campo medico (non specialista).
Oltre alle norme sull’esercizio professionale, troviamo la normativa sulla radioprotezione che attribuisce la responsabilità clinica complessiva allo specialista in radiologia
(da non confondersi con il medico prescrivente che può essere qualunque medicochirurgo o odontoiatra).
L’articolo 2 del D.Lgs 26 maggio 2000, n. 187 “Attuazione della direttiva
97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericolo delle
radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche” definisce il concetto di “responsabilità clinica” che riportiamo testualmente:
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responsabilità clinica: la responsabilità riguardo a esposizioni mediche individuali attribuita ad uno specialista. In particolare: giustificazione; ottimizzazione; valutazione clinica del risultato; cooperazione con altri specialisti e con il personale eventualmente
delegato per aspetti pratici; reperimento di informazioni, se del caso, su esami precedenti; trasmissione, su richiesta, di informazioni radiologiche esistenti o di documenti ad altri medici specialisti o prescriventi; informazione dei pazienti e delle altre persone interessate, se del caso, circa i rischi delle radiazioni ionizzanti.
Per “personale eventualmente delegato per aspetti pratici” si intendono le figure professionali del tecnico sanitario di radiologia medica, dell’infermiere e dell’infermiere
pediatrico a norma dell’articolo 5 dello stesso decreto legislativo.
Vi è inoltre da tracciare il concetto e la definizione di “aspetti pratici” che sono da intendersi come: “le azioni connesse ad una qualsiasi delle esposizioni di cui all’articolo
1, comma 2, quale la manovra e l’impiego di attrezzature radiologiche, e la valutazione di parametri tecnici e fisici, comprese le dosi di radiazione, la calibrazione e la manutenzione dell’attrezzatura, la preparazione e la somministrazione di radiofarmaci e lo sviluppo di pellicole”.
Per quanto attiene, rispetto agli aspetti pratici, alla responsabilità leggiamo al comma
3 dell’articolo 5 decreto radioprotezione che:
Gli aspetti pratici per l’esecuzione della procedura o di parte di essa possono essere
delegati dallo specialista al tecnico sanitario di radiologia medica o all’infermiere o
all’infermiere pediatrico, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze professionali.
A titolo esemplificativo e non esaustivo la suddivisione delle competenze tra le varie
figure possono essere ricondotte, nell’ambito delle competenze professionali riconosciute dall’ordinamento, ai tecnici sanitari di radiologia medica le azioni connesse alle
manovre e all’impiego di attrezzature radiologiche, la valutazione di parametri tecnici e
fisici, calibrazione mentre possono essere ricondotte all’infermiere e all’infermiere pediatrico, il primo per tutte le età il secondo limitatamente all’ambito pediatrico, la somministrazione di radiofarmaci.
Quest’ultima quindi come attività medico-specialistica da attribuirsi agli infermieri come attività delegata. Non tutte le somministrazioni di mezzi di contrasto, dunque, ma
solo per i radiofarmaci. Per gli usuali mezzi di contrasto l’attività dell’infermiere è legittimata direttamente dalle norme di esercizio professionale.
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Per i radiofarmaci, invece, attività medico-specialistica che può essere delegata. Siamo in una sorta di un unicuum normativo: la delega di funzioni in genere non accettata
nel nostro ordinamento di esercizio professionale trova qui la sua eccezione.
Un’ultima precisazione: la somministrazione di mezzi di contrasto, siano essi o meno
radiofarmaci, non rientra, neanche come attività delegata, nelle competenze della figura del tecnico sanitario di radiologia medica, stante il diverso ambito di attività e responsabilità.
I RADIOFARMACI IN MEDICINA NUCLEARE: VALUTAZIONE DEL RISCHIO RADIOBIOLOGICO DA STRAVASO SOTTOCUTANEO IN CORSO DI SOMMINISTRAZIONE ENDOVENOSA
Preso lo spunto dalla prima causa civile promossa recentemente in Italia, per valutare
un
presunto
danno
radiobiologico
loco-regionale
(a
seguito
di stravaso sottocutaneo di una frazione di dose di un radiofarmaco iniettato endovena per una scintigrafia scheletrica), gli AA hanno redatto un'ampia rassegna
critica atta ad inquadrare i presupposti dottrinari di un'eventuale valutazione medico-legale del rischio radiobiologico da deposizione accidentale intradermica di piccole quantità di un radiofarmaco.
Sono stati trattati i paragrafi più pertinenti all'argomento generale: dall'illustrazione
dei settori d'applicazione dei radionuclidi e radiofarmaci in Medicina Nucleare, all'esposizione generale delle reazioni avverse derivate dall'introduzione nell'organismo
di sostanze radioattive a scopo diagnostico o terapeutico.
Particolare attenzione è stata dedicata agli effetti radiobiologici da radiofarmaci depositati accidentalmente nel tessuto sottocutaneo.
Sono stati considerati i due aspetti principali del problema: la radiotossicità del radionuclide e la biocinetica del radiofarmaco; questi due fattori infatti (oltre all'entità
dello stravaso accidentale) configurano la possibilità del danno radiobiologico in
funzione rispettivamente dell'energia radiante rilasciata al tessuto e del tempo di
permanenza del radionuclide nel volume di tessuto considerato.
I dati epidemiologici e sperimentali da un lato e le conoscenze di radiobiologia
dall'altro consentono generalmente di ritenere irrilevante il rischio di danno radiobiologico loco-regionale per stravaso accidentale di frazioni di radiofarmaci marcati
con99mTc, che sono quelli più comunemente utilizzati nella pratica medico nucleare. Alcuni radionuclidi ad elevata radiotossicità (131I, 67Ga, 201Tl), specialmente
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se usati a scopo terapeutico (131I), meritano invece una maggiore attenzione in fase di introduzione in vena per evitare ogni stravaso, dato il possibile rischio radiobiologico dovuto al loro spettro energetico.
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Cap. 6 Casi di mancata applicazione delle norme e responsabilità professionale:
6.1 Caso Marsala:
Da “Marsala.it” 28 luglio 2009 “La Guardia di Finanza di Marsala ha sequestrato
due sale del reparto di Radiologia dell'ospedale San Biagio di Marsala. Una dove è
presente un mammografo, e l'altra un ortoclinoscopio. A seguito di una perizia disposta dalla magistratura, infatti, si è scoperto che le apparecchiature non solo non sarebbero in grado di accertare la presenza di eventuali patologie, ma l'esposizione alle
radiazioni avrebbero anche procurato danni ai pazienti. Il sequestro preventivo è stato
disposto dal gip presso il Tribunale di Marsala, che ha accolto la richiesta della Procura. L'indagine era stata avviata nell'estate dello scorso anno a seguito di una denuncia
presentata da alcuni operatori sanitari dello stesso reparto di Radiologia. Già allora,
dopo un primo controllo da parte della Guardia di Finanza, erano emerse alcune irregolarità, tra cui l'omesso giudizio di idoneità all'uso clinico delle apparecchiature e la
mancata esibizione della documentazione relativa a pratiche speciali quali l'esposizione riguardante bambini e la Tac.
E' stato anche accertato che il professionista esterno nominato dall'Asl 9 di Trapani
quale fisico addetto ai controlli delle apparecchiature radiologiche non possedeva i requisiti necessari. Tra le inadempienze rilevate, alcune risultarono gravi, e addebitabili
al responsabile degli impianti radiologici. Tra cui l’omesso giudizio di idoneità all’
uso clinico delle apparecchiature e la mancata esibizione della documentazione afferente le cosiddette pratiche speciali. La Procura della Repubblica di Marsal è emerso
che un ortoclinoscopio non funzionava secondo i requisiti di legge e l’apparecchio
mammografico non era idoneo a fornire diagnosi esatte. Infatti, gli esami radiografici
delle due apparecchiature non garantivano né un ottimale risoluzione ai fini diagnostici
(falsi positivi e/o falsi negativi) né un’erogazione ottimale di dosi, rendendo gli esami
non solo inutili ma anche dannosi, incidendo concretamente sull’accertamento di patologie nonché sulla salute dei pazienti sottoposti ad esami diagnostici.
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6.2 Caso Los Angeles
Dal Los Angeles Times 14 ottobre 2009 Dosaggio TC otto volte la quantità programmata. In un periodo di 18 mesi, 206 pazienti hanno ricevuto 3-4 Gray (Gy) alla testa
invece della dose prevista di 0,5 Gy durante l’imaging di perfusione TC.
La sovraesposizione è stata imputata a un malfunzionamento del dispositivo atto al
controllo automatico della dose, procurando perdita di capelli ed aumentato rischio di
sviluppare tumori nei prossimi anni da parte dei pazienti a cui è stata effettuata
l’indagine diagnostica.
Fig.18 paziente con danno da radioesposizione
“Il dosaggio, otto volte la quantità programmata, è apparso sugli schermi dei tecnici
durante le scansioni CT. Gli esperti sostengono che la fiducia cieca di macchinari medici è una preoccupazione crescente”.
A seguito della prima denuncia, vengono svolti dei controlli in altre strutture e alla data
dell’8 dicembre 2009, risulta che altri 34 pazienti hanno ricevuto dosi di radiazione al
cervello di gran lunga superiori ai valori di riferimento in seguito all’esecuzione di uno
studio di perfusione TC.
Al fatto sono seguite le relative azioni legali, che hanno portato a legittime e richieste
di risarcimento.
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6.6 Criticità presenti e future
Esiste all’oggi un vuoto legislativo in merito alla definizione delle figure professionali
adibite ai siti di Risonanza Nucleare Magnetica (RMN), metodica che non impiega radiazioni ionizzanti ma campi magnetici statici e dinamici di media-alta intensità. Il consenso informato compilato dai pazienti è volto a escludere la presenza di dispositivi
metallici all’interno del corpo del paziente, mediante una valutazione degli interventi
pregressi tenuto conto della data dell’intervento stesso.
Le leggi in vigore tuttora penalizzano i siti di RMN con campi magnetici statici (CMS)
uguali o superiori a 3 Tesla, vincolando il sito ad attività di ricerca. Questi macchinari
permettono una risoluzione spaziale molto superiore, a fronte di una gestione del paziente pressoché simile.
Questa situazione limita molto l’attività lavorativa quotidiana, non permettendo il giusto
ammortamento delle tecnologie messe in campo.
Le tecniche di analisi del rischio e di prevenzione degli eventi avversi, e un efficace sistema di gestione della qualità devono essere implementate e applicate correttamente
per ottenere dei risultati conformi a standard nazionali e internazionali, garantendo al
contempo la sicurezza per il paziente e per gli operatori che a vario titolo sono coinvolti, nel processo di diagnosi e cura.
Le attività radiologiche complementari (scopia in sala operatoria, radiologia in ambito
veterinario, artistico, forense) vanno tenute anch’esse in seria considerazione, analizzando l’ambiente operativo, i gruppi di lavoro, i fattori organizzativi e gestionali, i fattori
individuali dell’operatore e le caratteristiche del paziente, seguendo la tassonomia di
Vincent (1995). L’analisi dei fattori riguarda il tipo di evento, la gravità (esito effettivo o
potenziale per il paziente) e la numerosità delle segnalazioni.
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Conclusioni
La nuova direttiva Euratom del 17.1.2014 inserisce criteri di giustificazione e
ottimizzazione all’esposizione a radiazioni ionizzanti mediante l’analisi dell’efficacia,
dei vantaggi e dei rischi di tecniche alternative.
Sarebbe opportuno, in fase di recepimento della normativa, apportare miglioramenti al
nostro ordinamento legislativo, considerando la possibilità di protocolli operativi (da cui
ricavare linee guida per i Medici prescrittori) redatti da associazioni scientifiche di
rilievo nazionale/internazionale.
Il principio di giustificazione e ottimizzazione della procedura diagnostica in ambito di
radiologia tradizionale non contrastografica trova nelle linee guida condivise e nei
protocolli operativi codificati la sua attuale collocazione, con riferimento allo specifico
utilizzo delle differenti figure professionali che compongono il team radiologico.
Facendo riferimento all’articolo 5.3 del codice deontologico del TSRM, in base alla
normativa vigente, si sottolinea come la responsabilità della prestazione radiologica è
del Medico Specialista in Radiologia, che nella sua posizione di Dirigente Medico
risponde direttamente all’esercente (Direttore Generale e/o Direttore Sanitario). Si
ribadisce che il controllo del quesito clinico e gli adempimenti legislativi in tema di
consenso informato sono di pertinenza dello Specialista.
La venipuntura e la somministrazione di mezzi di contrasto su indicazione e
supervisione (anche in telegestione) del medico specialista da parte del Tecnico
Sanitario di Radiologia Medica, deve essere preceduta da un’evoluzione normativa
che risolva le problematiche relative alle sovrapposizione di competenze dei profili
professionali, definendo chiaramente percorsi formativi e autorizzativi, così da non
intralciare inutilmente l’attività quotidiana, in un ottica di risparmio complessivo delle
risorse, pur garantendo al paziente le migliori condizioni di sicurezza.
L’attività di Telegestione nel suo complesso deve non solo essere condivisa e
organizzata, ma deve sottostare a precisi canoni di attuazione che rispondano in
modo corretto, sia clinicamente che legalmente, a quanto prescritto.
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La possibilità di refertazione a distanza mediante Telegestione è ipotizzabile con
precise e condivise motivazioni di tipo organizzativo, da identificare nell’ambito della
propria struttura operativa, specie se composta da sedi disagiate o da attività di primo
livello, a condizione che la presenza medica, ancorché non fisica ma gestionale, sia
organizzata e ribadita in protocolli condivisi dalla Direzione Sanitaria e Aziendale.
La decisione di organizzare un servizio diagnostico in Teleradiologia è quindi
ipotizzabile solo a condizione che venga preservata la centralità del responsabile del
procedimento nel suo complesso e cioè del Medico Radiologo.
Numerosi documenti redatti sia in ambito societario che in sede ISTISAN e confermati
da quello che ad oggi può essere definito il documento più attuale in tema di
“gestione” delle immagini in ambito informatico, cioè quello sancito dall’Intesa della
Conferenza Stato-Regioni sulle “linee guida per la dematerializzazione della
documentazione clinica in diagnostica per immagini” del 4 Aprile 2012 ribadiscono i
termini di una corretta gestione della produzione diagnostica in Radiologia e
soprattutto della inscindibilità fra immagini e referto a ribadire ancora una volta la
centralità dell’atto radiologico nel percorso diagnostico.
L’attività di Telegestione nel suo complesso deve non solo essere condivisa e
organizzata, ma sicuramente deve sottostare, a precisi canoni di attuazione che
rispondano in modo corretto sia clinicamente che legalmente a quanto prescritto.
Per un Professionista Sanitario è importante approfondire gli aspetti giuridici della
propria professione, per non incorrere in errori interpretativi della normativa vigente. E’
aperta la discussione su quali potranno essere in futuro nuovi ambiti di impiego e di
sviluppo professionale per le nuove lauree quinquennali, sia in ambito operativo che
nella ricerca applicata.
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Glossario
TSRM: Tecnico Sanitario di Radiologia Medica
SPET: Single Photon Emission Tomography
PET: Positron Emission Tomography.
TAC: Tomografia assiale computerizzata
KeV: Kiloelettronvolt
TRM: Tecnico di Radiologia Medica
CCNL: Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
SPTA: area Sanitaria Professionale Tecnica e Amministrativa
PACS: Picture Archiving and Communication System
CMS: Campo Magnetico Statico
RNM: Risonanza Nucleare Magnetica
Bibliografia e Sitografia
CONFRONTO
NORMATIVO
E
DEONTOLOGICO
TRA
LE
FIGURE
PROFESSIONALI
DELL'AREA RADIOLOGICA: MEDICO RADIOLOGO E TECNICO SANITARIO DI
RADIOLOGIA MEDICA, Elaborato di Tirocinio di Ursula Matta e Riccardo Biffi
pubblicato
sul
sito:
http://www.mastermars.it/elaboratiTirocini.php,
consultato
il
22/09/2014
Dal core competence al Core Curriculum, Società Editrice Universo
ITISAN 10/44 2010 Linee guida per l’assicurazione di qualità in teleradiologia, a cura
del Gruppo di Studio per l’Assicurazione di Qualità in Radiologia Diagnostica ed
Interventistica
linee guida per la dematerializzazione della documentazione clinica in diagnostica per
immagini del 4 Aprile 2012
Management in radiologia, autori di A. Carriero, M. Centonze, T. Scarabino
64
“Responsabilità medica e danno risarcibile” Tesi di laurea in Diritto Civile Relatore Prof.
Carlo Berti presentata dal Dott. Maurizio Ferrari, anno accademico 2008-2009
Aspetti Medico - Legali sul consenso Informato, Merano, 23 marzo 2007 Avv. Paolo
Vinci
“Risarcimento del danno Guida al diritto”, il Sole 24ore, Dicembre 2013
Riv. it. medicina legale (dal 2012 Riv. it. medicina legale e dir. sanitario), fasc.3,
1997, pag. 588
http://www.sirm.org/documenti/doc_view/41-teleradiologia, consultato il 11/9/2014
http://www.amber-ambre-inclusions.info/nuova%20raggi_x__radon.htm, consultato il
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http://www.mohma.org/instruments/category/radiology/
consultato
il
10/9/2014,
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tgen, consultato il 08/8/2014
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del Regio Esercito, 44, 385-394, 1896)., consultato il 11/8/2014
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Truppe
someggiate
(archivio
SME).
Immagine tratta dal volume “Soldati del Regno”, di E. Cernigoi, consultato il 11/8/2014
http://www.treccani.it/enciclopedia/medicina-nucleare_res-cd81e001-87ea-11dc-8e9d0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/, consultato il 10/9/2014
http://www.treccani.it/enciclopedia/radioterapia/, consultato il 10/9/2014
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11/9/2014
http://www.lucabenci.it/wp-content/uploads/2014/10/Sentenza-Marlia.pdf, consultata il
29/10/2014 Sentenza Marlia
http://www.lucabenci.it/2014/08/la-questione-delle-competenze-sullasomministrazione-di-mezzi-di-contrasto-in-radiologia/ , consultata il 2/11/2014
frasi
e
aforismi:
http://www.miglioriaforismi.com/2012/08/frasi-aforismi-
motivazionali.html
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