Testo integrale - Consiglio Regionale della Lombardia
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Testo integrale - Consiglio Regionale della Lombardia
Acqua in Lombardia: problemi, sfide e opportunità Codice IReR: 2006C008 Project leader: Alessandro Colombo Rapporto finale Milano, giugno 2007 La ricerca è stata commissionata all’IReR nell’ambito del Piano delle ricerche 2006 del Consiglio regionale della Lombardia ed è stata presentata, nel suo stato di avanzamento intermedio, al seminario di lavoro della VI Commissione “Ambiente e Protezione Civile” dal titolo: “L’acqua come risorsa: analisi e prospettive per la gestione di un bene comune”, tenutosi in data 28 febbraio 2007 presso la Sala Auditorium della sede consiliare di via Filzi 29 a Milano. Responsabile di progetto: Alessandro Colombo, IReR Gruppo di lavoro tecnico: Giuseppina Dantino, responsabile regionale di ricerca, Dirigente del Servizio Valutazione Processo Legislativo e Politiche Regionali Gruppo di ricerca: Marina Riva, ricercatrice IReR; per le parti 2 e 3 hanno inoltre rispettivamente collaborato Roberta Cucca e Vania Paccagnan, collaboratrici di ricerca IReR. Indice Introduzione 5 Parte prima Lo stato delle risorse idriche in Lombardia: un sintetico quadro descrittivo 9 Capitolo 1 Disponibilità e qualità della risorsa idrica 1.1. La disponibilità naturale della risorsa idrica e il quadro generale delle utilizzazioni 1.2. Monitoraggio ed evoluzione della qualità delle acque 1.2.1. Acque superficiali 1.2.2. Acque sotterranee 11 15 15 18 Capitolo 2 Il quadro normativo di settore 2.1. Il quadro normativo comunitario 2.2. Il quadro normativo nazionale 2.3. Normativa e pianificazione regionale 21 21 22 27 Parte seconda Crisi idriche e gestione partecipata di un bene comune 33 Capitolo 3 Gestione partecipata della risorsa idrica 3.1. Quadro teorico 3.2. Quadro normativo 35 35 37 Capitolo 4 Lo studio di caso: i recenti eventi di crisi idrica 4.1. Le ipotesi e il metodo di ricerca 4.2. La ricostruzione degli eventi. Giornali e documentazione istituzionale 4.3. I Tavoli istituzionali attivati per la crisi idrica 41 41 42 51 11 4.3.1. La conoscenza condivisa 4.3.2. Soluzioni condivise? 4.3.3. Tavoli Istituzionali e rappresentanza. Il caso del settore agricolo 4.3.4 Il miglioramento delle relazioni fiduciarie 52 53 58 60 Capitolo 5 Considerazioni conclusive 63 Parte terza Il Servizio Idrico Integrato tra stato dell’arte e prospettive future 65 Capitolo 6 Gestione sostenibile dei servizi idrici 6.1. Quadro teorico e ipotesi di ricerca 6.2. Approccio metodologico 67 67 71 Capitolo 7 L’evoluzione della normativa sui servizi idrici 7.1. Il quadro normativo nazionale 7.1.1. Normativa sui servizi idrici 7.1.2. Normativa sui servizi pubblici locali 7.2. Il percorso legislativo regionale di recepimento della legge Galli 73 73 73 77 78 Capitolo 8 La caratterizzazione dei servizi idrici 8.1. Dotazione infrastrutturale 8.1.1. Acquedotti 8.1.2. Reti fognarie 8.1.3. Impianti di depurazione 8.2. Qualità e accessibilità del servizio 8.2.1. La customer satisfaction degli utenti del servizio 8.3. Evoluzione della domanda d’acqua e risparmio idrico 85 85 85 88 90 94 95 99 Capitolo 9 Il percorso lombardo di attuazione della legge Galli: aspetti istituzionali, organizzativi ed economici 9.1. Insediamento e attività delle Autorità d’Ambito 9.2. Evoluzione organizzativa dei servizi idrici 9.3. Priorità di intervento 9.4. Investimenti effettuati e dinamiche tariffarie 9.5. Sperimentazione di nuove modalità di finanziamento degli interventi nei progetti pilota avviati 104 104 108 111 114 118 Capitolo 10 Le prospettive future del servizio idrico lombardo 10.1. Il modello gestionale lombardo nella nuova legge regionale 10.1.1. Descrizione del modello 10.1.2. Effetti su enti locali ed utenti 10.1.3. Motivazioni dell’introduzione del modello 10.1.4. Processo di accompagnamento al nuovo modello gestionale attuato dalla Regione Lombardia 10.2. Considerazioni conclusive 121 121 121 125 126 128 132 Conclusioni 133 Bibliografia 137 Ulteriore sitografia 141 Allegato 1 – Traccia intervista Parte seconda Allegato 2 - Traccia intervista Parte terza 143 145 Introduzione L’acqua è l’elemento che garantisce la vita nella sua complessità a livello planetario; è essenziale per soddisfare le necessità umane fondamentali, come la salute, la produzione alimentare, l’energia ed il mantenimento degli ecosistemi locali e globali. Nonostante il 70% della superficie del pianeta sia coperto d’acqua, solamente il 2,5% è dolce e di questo solo una frazione (circa lo 0,3%) va a costituire quella che, comunemente e tecnicamente, viene considerata risorsa idrica: nei corpi idrici superficiali (laghi e fiumi) e negli acquiferi sotterranei accessibili (Poste et al., 1996). L’aumento demografico, la limitata disponibilità e talvolta insufficienza delle risorse idriche, l’assoluta necessità di un’utilizzabilità certa e duratura dell’acqua per lo sviluppo di ogni paese, i fenomeni estremi sempre più frequenti (siccità, desertificazione, ma anche inondazione) anche alle nostre latitudini, hanno fortemente contribuito a promuovere, negli ultimi anni, una sensibilità e un’accentuata attenzione ad una gestione integrata e partecipata del bacino idrografico e ad un uso sostenibile delle risorse idriche. La conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano (1972) prima, e la conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo (1992), poi, hanno puntato l’attenzione sull’acqua come bene al quale deve essere garantito l’accesso di tutti e che deve essere preservato da un deterioramento irreversibile. Tali contenuti sono stati ribaditi al vertice Mondiale tenutosi a Johannesburg sullo sviluppo sostenibile (2002) e quindi al terzo forum Mondiale dell’Acqua tenutosi a Kyoto in occasione dell’Anno internazionale dell’Acqua (2003) dove si è sancita la necessità di una gestione unitaria delle acque, sia per gli aspetti legati ai servizi (acquedotto e depurazione), sia per gli aspetti relativi alla gestione di bacino (piene, siccità, irrigazione e inquinamento). E’ quindi necessario che ai diversi livelli di governo la politica sull’acqua, proprio perché va ad incidere sull’intero sistema socio-economico e ambientale, garantisca un equilibrio tra salvaguardia delle risorse naturali e ambientali e sviluppo delle attività umane. La comunità scientifica si sta muovendo in tale direzione e a Madrid, all’inizio del 2005, i principali esperti dei paesi dell’Unione Europea hanno sottoscritto la Dichiarazione europea per una nuova cultura dell’acqua, che si apre con questa premessa: “Viviamo un tempo di crisi, in cui la comunità scientifica internazionale deve riflettere sul modello di governabilità da assumere nel XXI secolo se vogliamo affrontare il crescente problema dell’insostenibilità, ambientale e sociale. La sistematica distruzione e lo stato di degrado degli ecosistemi acquatici e delle risorse idriche hanno portato tragiche conseguenze: a oltre un miliardo di persone non è permesso l’accesso garantito all’acqua potabile…La vecchia Europa ha, quindi, il preciso dovere di assumere impegni seri per affrontare questa crisi…” (Agudo, 2005). La complessità del tema di ricerca ne rende qui difficoltosa una trattazione esaustiva, che per alcuni versi potrebbe risultare ridondante. Questo alla luce del fatto che Regione Lombardia, con l’approvazione del Piano di Tutela delle Acque, si è recentemente dotata di un importante strumento per la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi di ciascun bacino idrografico lombardo. Per raggiungere questo risultato la Giunta regionale ha avviato e in parte completato, a partire dal 2000, programmi di ricerca e di studio, tavoli di confronto, Accordi Quadri di Sviluppo Territoriale (i c.d. Contratti di Fiume). In tale ricerca, pertanto, dopo un sintetico quadro, a livello regionale, sullo stato quali-quantitativo della risorsa idrica e sulla normativa e pianificazione di settore adottata (Parte prima), si è ritenuto utile esplorare due filoni tematici su cui di recente si sono imposte significative criticità. La Parte Seconda affronta il tema della disponibilità idrica reale attraverso l’analisi degli eventi estivi di crisi idrica del 2003, 2005 e 2006, con accenni a quanto sta accedendo nella stagione in corso. Si è deciso di analizzare questo studio di caso da una parte perché affronta un nodo rilevante per lo sviluppo locale, ovvero la necessità di trovare un equilibrio nel governo della risorsa idrica che consenta di garantirne l’accesso a tutti gli attori interessati, pur nella tutela del bene e degli ecosistemi ad esso collegati; dall’altra perché risulta un “banco di prova” interessante per analizzare e valutare le potenzialità e i limiti degli approcci partecipativi, con una particolare attenzione alla loro capacità di sviluppare sistemi di regole e di strumenti condivisi per una gestione sostenibile della risorsa idrica. La Parte Terza affronta invece il tema della gestione sostenibile dei servizi idrici (acquedotti, depurazione e rete fognaria) attraverso una caratterizzazione dello stato attuale della gestione e un’analisi del modello lombardo e delle sue prospettive future. In particolare questa sezione si propone di verificare come l’attuale organizzazione e gestione del servizio idrico risponda alle criticità e quindi alla capacità di mantenere un adeguato flusso di investimento per rispondere alla programmazione regionale di tutela della risorsa idrica. In entrambi i casi ci si avvale della metodologia dello studio di caso, in primis andando a ricostruire il quadro di azione e di intervento e quindi realizzando e analizzando interviste semi-strutturate ad alcuni dei principali portatori di interesse nella questione. Nel capitolo finale la ricerca riprenderà le conclusioni emergenti dai filoni tematici esplorati al fine di delineare le questioni rimaste aperte e di fornire preliminari indicazioni di policy sul tema. 6 La prospettiva di analisi della ricerca parte dall’assunto che disponibilità di risorsa idrica di qualità e standard ottimali di qualità del servizio sono considerati da sempre fattori strategici di sviluppo locale. Partecipazione e integrazione, nonché adeguati flussi di investimento, costituiscono pertanto gli assi portanti per la gestione sostenibile di una preziosa e indispensabile risorsa comune. La ricerca si è avvalsa in misura significativa anche di materiali e informazioni raccolti tramite interviste a soggetti politici, istituzionali, tecnici, amministrativi e di portatori di interessi. Desideriamo ringraziare sentitamente ciascuno per la disponibilità offerta: Marco Cipriano, Stefano Maullu (Consiglio regionale della Lombardia), Paolo Alli, Angelo Elefanti, Paolo Lassini, Giovanni Mancini, Raffaele Tiscar (Giunta regionale della Lombardia), Filippo Dadone, Francesco Puma (Autorità di bacino del fiume Po), Gianni Del Pero (Consorzio dell'Adda), Roberto Gianatti (EDIPOWER SpA), Stefano Loffi (Consorzio Irrigazioni Cremonesi), Diego Balduzzi, Mario Lanzi (C.I.A. Lombardia), Paola Brambilla (W.W.F. Lombardia), Mauro Amadasi, Claudio Boldori (A.T.O. Provincia di Cremona), Paola Morlacchi, Franco Taddei (A.T.O. Provincia di Varese), Massimo Gatti, Marco Pelosi, Giancarlo Peterlongo (C.A.P. Gestione SpA), Stefano Bina (A.S.M. Voghera SpA), Oronzo Raho (IDRA Patrimonio SpA). Un ringraziamento anche ad Alessandro Rabiti, che ha collaborato alla revisione dei testi delle interviste. Il lavoro di ricerca è stato coordinato e condotto da Marina Riva, che si è avvalsa della collaborazione di Roberta Cucca (per i paragrafi 3.1.; 4.3.1. e 4.3.4) e Vania Paccagnan (per i capitoli 6,7,9 e 10). 7 Parte prima Lo stato delle risorse idriche in Lombardia: un sintetico quadro descrittivo Capitolo 1 Disponibilità e qualità della risorsa idrica 1.1. La disponibilità naturale della risorsa idrica e il quadro generale delle utilizzazioni La Lombardia è una regione tradizionalmente ricca di acque sia superficiali che sotterranee, è attraversata da molti fiumi, affacciata su grandi laghi, tradizionalmente e storicamente vocata all’utilizzo intenso di questa risorsa anche attraverso una diffusa rete di canali artificiali, che si estende per circa 40.000 km, utilizzati per la navigazione e per l’irrigazione. La regione ha un’area di 23.861 km2 e una struttura morfologica abbastanza semplice, con una parte settentrionale prevalentemente montuosa, che occupa circa metà della sua area complessiva e si sviluppa dalle Alpi fino ad una linea ideale che collega, da ovest ad est, le città di Varese, Como, Bergamo e Brescia, ed una parte pianeggiante che degrada fino al Po e che costituisce una porzione rilevante della Pianura Padana. Graduale è il passaggio dalla fascia collinare all’alta pianura lombarda, costituita da materiali incoerenti e permeabili e incisa profondamente dai solchi vallivi dei fiumi che scendono dalle Prealpi. Ancor più graduale è il passaggio alla bassa pianura impermeabile e ben irrigata, segnato dalla fascia dei fontanili. Le precipitazioni toccano mediamente i 1.000 mm/anno, con punte massime di circa 2.000 mm/anno nella zona prealpina occidentale e minimi di circa 600 mm/anno nella pianura sud-orientale (Regione Lombardia, 2006b). Storicamente la distribuzione temporale delle piogge mostra due massimi, uno principale in autunno (intorno a ottobre-novembre) ed uno secondario in primavera (intorno a maggio). Il regime pluviometrico ha un’enorme influenza nel determinare la consistenza del patrimonio idrico del territorio. Per quanto riguarda l’idrografia, una vasta porzione del territorio lombardo convoglia le sue acque al Po, che segna buona parte del confine amministrativo meridionale. Al Po scendono da sinistra i fiumi: Sesia, Agogna, Ticino, Lambro, Adda, Oglio e Mincio e da destra i torrenti Scrivia e Staffora e il fiume Secchia. A migliorare la disponibilità della risorsa idrica superficiale, nel tempo e nello spazio, rispetto ai diversi usi, contribuiscono in primis i nevai e i ghiacciai e quindi - da questi per buona parte alimentate - le regolazioni artificiali rappresentate dai grandi laghi alpini e dai serbatoi montani ad uso idrolettrico (Fig. 1.1). Complessivamente i grandi laghi alpini (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) costituiscono un volume di regolazione di 1,25 miliardi di m3 (AdbPo, 2003) ai quali aggiungere i volumi invasati nelle dighe lombarde pari a circa 664 milioni di m3, il 95% dei quali nelle aree montane (Regione Lombardia, 2006b). Figura 1.1 – Il territorio lombardo e la sua idrografia Fonte: elaborazione IReR su dati Regione Lombardia Per una stima delle disponibilità reali di risorsa nei corpi idrici superficiali risulta inoltre importante valutare localmente l’azione di drenaggio e/o alimentazione operata dalla falda che contribuisce rispettivamente a diminuire o ad aumentare i volumi defluenti in superficie. L’acquifero della zona di pianura costituisce una delle maggiori riserve idriche europee, con una disponibilità idrica che si attesta sull’ordine delle centinaia di miliardi di m3/anno (Regione Lombardia, 2006a), uno spessore complessivo che può raggiungere - nella media e bassa pianura - anche i 200 metri dal pianocampagna e tuttavia contestualmente anche una grande vulnerabilità per l’elevata permeabilità dei depositi superficiali . Più nel dettaglio l’acquifero è costituito da alcuni sottoinsiemi: 12 ¾ l’acquifero superficiale, che ospita falde libere ed è alimentato direttamente dalle piogge, dai corsi d’acqua e dalle irrigazioni; ¾ l’acquifero tradizionale, che ospita falde libere, semiconfinate e confinate procedendo da nord verso sud. E’ l’acquifero più sfruttato per l’uso potabile, oltre che, data l’ottima produttività, per l’uso industriale; ¾ l’acquifero profondo, confinato tra strati argillosi praticamente impermeabili che lo isolano dalle falde soprastanti. La tradizionale abbondanza di acque ha creato nel tempo in Lombardia un’elevata domanda d’uso della risorsa, che si aggira su valori medi tra i più alti in Italia e in Europa. A tal riguardo risulta interessante il dato di prelievo idrico medio che nel bacino padano corrisponde a 1334 m3/anno pro capite, contro un valore medio in altri paesi europei – dove la domanda appare comunque soddisfatta – che si attesta attorno ai 600 m3/anno per abitante (Regione Lombardia, 2005). Il patrimonio idrico lombardo è utilizzato per vari scopi, da quelli più tradizionali, con un prelievo diretto di acque (civile, irriguo, energetico e industriale), a quelli di carattere ambientale e turistico-ricreativo, come la pesca, la balneazione e la navigazione. Recenti stime dichiarano che i volumi di acqua concessa per gli usi tradizionali ammonterebbero complessivamente a circa 130 miliardi di m3/anno, vale a dire più di 5 volte l’afflusso meteorico annuo sul territorio lombardo pari a quasi 27 Miliardi di m3; ciò si spiega con una netta predominanza, quasi il 72%, dell’uso per produzione energetica (idroelettrica e raffreddamento centrali termoelettriche) che comporta la completa restituzione dei prelievi (vd. Fig 1.2)1. Si noti che la predominanza dell’uso per produzione di energia idroelettrica risulta ben al di sopra della media italiana (Fig. 1.3). Al netto dell’acqua utilizzata per la produzione di energia, l’utilizzo preponderante in regione è quindi quello irriguo (81%) e a seguire gli usi civile (12%) e industriale (5%) (Fig. 1.4) (Regione Lombardia, 2006a). 1 Per semplicità di analisi è stata mantenuta in questa sede la distinzione tra uso consumo e non consumo operata nell’ambito delle attività di PTUA lombardo (cfr. Allegato 5 alla Relazione generale di Piano). E’ utile qui evidenziare che si parla di consumo della risorsa idrica nel caso in cui questa venga restituita al sistema modificata nella qualità (caratteristiche chimico-fisiche) e/o nella quantità (viene tolta una quota parte). Un cenno particolare meritano in tal senso i consumi ad uso irrigui che, pur costituendo la quota preponderante in Lombardia, attraverso l’estesa rete di distribuzione non sempre permeabilizzata, vanno indirettamente e parzialmente a rimpinguare le falde di pianura. 13 Figura 1.2 – Ripartizione % delle portate di concessione per tipologia di uso 0,8% 4,9% 2,4% Civile Potabile 1,4% Civile non Potabile Industriale* 23,0% Irriguo Piscicoltura Produzione energia 0,9% Raffreddam ento centrali 66,7% *Industriale al netto del raffreddamento termoelettrico Fonte:PTUA Regione Lombardia, 2006 Figura 1.3 – Confronto tra macroregioni della ripartizione % per tipologie d’uso Italia Sud-Isole Civile Industriale Centro Irriguo Energia Nord Lombardia 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fonte:PTUA Regione Lombardia, 2006 Figura 1.4 – Ripartizione delle portate di concessione per tipologia di uso (solo uso con consumo) 3% 8% 3% 5% Civ ile Po ta b ile Civ ile n o n Po ta b ile In d u s tr ia le * Ir r ig u o Pis c ic o ltu r a 81 % Fonte:PTUA Regione Lombardia, 2006 Le fonti di approvvigionamento sono costituite per il 93% da acque superficiali e per il restante 7% da acque sotterranee (pozzi e sorgenti). Naturalmente i diversi usi sono ripartiti in proporzioni diverse tra acque superficiali e sotterranee; i settori irriguo e industriale impiegano in prevalenza acque superficiali (per entrambi oltre l’80%), mentre il settore civile è coperto per l’84% da pozzi, il 10% da sorgenti e il 6% da acque superficiali (Regione Lombardia, 2006a). 14 1.2. Monitoraggio ed evoluzione della qualità delle acque Alle nostre latitudini il problema si pone oggi più in termini di scarsità di acqua di qualità che di scarsità di acqua dal punto di vista solo quantitativo. E’ parso pertanto utile dedicare un paragrafo allo stato di qualità delle acque lombarde, sia superficiali che sotterranee, con riferimento ai dati monitorati da ARPA e alle sue classificazioni ufficiali ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs 152/99 e s.m.i.. Gli obiettivi assunti sia a livello strategico regionale, relativamente alla tutela delle acque di falda e dei grandi laghi, quali risorse ad utilizzo potabile attuale e futuro, sia quelli relativi al raggiungimento di una qualità “buona” per i corpi idrici significativi, costituiscono una sfida impegnativa nella realtà lombarda, che presenta una presenza industriale, una densità abitativa ed un’agricoltura intensiva con pochi paragoni in Europa. 1.2.1. Acque superficiali Complessivamente la rete di monitoraggio ARPA è costituita da 260 punti di prelievo e misura, relativi a 175 corpi idrici superficiali, così ripartiti: ¾ 213 punti ubicati su corsi d’acqua, di cui 136 relativi a 63 corsi d’acqua naturali e 77 relativi a 73 corsi d’acqua artificiali; ¾ 47 punti ubicati sui laghi, di cui 37 relativi a 29 laghi naturali o naturali ampliati e 10 relativi a 10 laghi artificiali. La rete di monitoraggio è stata strutturata per tenere conto delle caratteristiche dei corpi idrici significativi, così definiti ai sensi del D.Lgs 152/99, e per offrire un quadro generale delle acque lombarde. Pertanto, all’interno di ogni bacino, oltre alle caratteristiche qualitative del corpo idrico principale, vengono monitorate anche quelle dei maggiori affluenti o di tutti quei corsi d’acqua che possono rappresentare, per carico, rilevanza naturalistica o uso, elementi importanti per le caratteristiche del corpo idrico significativo. Sui laghi sono, di norma, eseguite analisi sulla matrice acquosa (parametri di base e addizionali). I prelievi annui previsti sono due (frequenza semestrale) in periodi caratteristici del ciclo annuale. Su alcuni laghi è stato condotto un programma integrativo di misure mensili. La metodologia per la classificazione dei corsi d’acqua è dettata da quanto previsto nel D.Lgs.152/99, che definisce gli indicatori necessari per la ricostruzione del quadro conoscitivo rappresentativo dello Stato Ecologico e Ambientale delle acque sulla base del quale misurare il raggiungimento degli obbiettivi di qualità prefissati. Alla definizione dello Stato Ecologico contribuiscono sia parametri chimico - fisici di base relativi al bilancio dell’ossigeno ed allo stato trofico (Livello di Inquinamento da Macrodescrittori o L.I.M.), sia la composizione della comunità macrobentonica delle acque correnti (Indice Biotico Esteso o I.B.E.). Lo Stato Ecologico del corso d’acqua è definito dal peggiore dei due indici, intersecati secondo quanto previsto all’Allegato 1 del suddetto decreto (Fig. 1.5). 15 Per i laghi, lo Stato Ecologico è valutato sulla base dello stato trofico, utilizzando i parametri di trasparenza, clorofilla a, ossigeno disciolto e fosforo totale che si incrociano in quattro tabelle. Per l’attribuzione dello Stato Ambientale del corso d’acqua o del lago, i dati relativi allo Stato Ecologico devono essere rapportati con quelli concernenti la presenza degli inquinanti chimici indicati in tabella 1 dell’Allegato 1 al D.Lgs.152/99. Nella Figura 1.5 si riporta lo Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (SECA) e dei Laghi (SEL) – anno di riferimento 2003 - così come emergente dagli studi del Piano di Tutela (Regione Lombardia, 2006b). Figura 1.5 – Stato Ecologico dei corsi d’acqua e laghi lombardi Fonte: PTUA Regione Lombardia, 2006 16 Per indagare l’andamento temporale, nel quinquennio 2001-2005, della qualità dei fiumi lombardi è stata compiuta una preliminare indagine allo scopo di individuare la % di stazioni monitorate da ARPA in cui, nel periodo temporale considerato, si è rilevato un miglioramento o un peggioramento della qualità delle acque. I risultati sono riassunti in Figura 1.6. Figura 1.6 Valori di SECA per numero di stazioni (%) dal 2001 al 2005 SECA=1 (ottimo); 2 (buono); 3 (sufficiente); 4 (scadente); 5 (pessimo) 100% 9% 10% 10% 25% 25% 9% 5% 90% 80% 22% 21% 27% % di stazioni sul totale 70% 60% 50% 41% 45% 39% 42% 44% 40% 30% 20% 28% 26% 2001 2002 10% 24% 22% 0% 23% 1% 1% 1% 2003 2004 2005 Anni SECA 1 SECA 2 SECA 3 SECA 4 SECA 5 Fonte: elaborazioni IReR su dati ARPA Il grafico mostra che, nel quinquennio 2001-2005, una significativa parte delle stazioni ha acque di qualità sufficiente. La situazione peggiore si è registrata nel 2003 quando, a un numero di stazioni di qualità pessima pari al 10%, è corrisposto un numero di stazioni di qualità buona di poco più del 20%. Nel 2004 invece le stazioni con qualità buona e sufficiente sono aumentate e sono diminuite quelle di qualità scadente e pessima. Nel 2005 infine, a un aumento di quasi il 10% delle stazioni di qualità scadente, è corrisposta una diminuzione di circa il 5% delle stazioni di qualità sufficiente e pessima, mentre la percentuale di stazioni con qualità buona si è sostanzialmente mantenuta costante. Questa analisi preliminare fornisce un’idea dell’andamento generale della qualità dei fiumi in tutte le stazioni ARPA e nel corso dei cinque anni di indagine: 17 si può a grandi linee affermare che nel quinquennio di analisi lo stato complessivo di qualità dei fiumi è rimasto pressoché inalterato, con lievi margini di miglioramento. La medesima valutazione, anche se ridotta al triennio 2003-2005 per incompletezza nelle informazioni rilevate, è stata condotta in parallelo sui laghi dove il trend di miglioramento complessivo della qualità appare, almeno preliminarmente, più evidente (Fig. 1.7). Figura 1.7. Valori di SEL per numero di stazioni (%) dal 2003 al 2005 . SEL =1 (ottimo); 2 (buono); 3 (sufficiente); 4 (scadente); 5 (pessimo) 100% 6% 6% 90% % delle stazioni sul totale 80% 70% 44% 41% 47% 60% 50% 40% 30% 47% 44% 34% 20% 10% 0% 6% 2003 13% 13% 2004 2005 Anni SEL 1 SEL 2 SEL 3 SEL 4 SEL 5 Fonte: elaborazioni IReR su dati ARPA 1.2.2. Acque sotterranee Ai sensi del D.Lgs.152/99, la definizione dello Stato Ambientale delle acque sotterranee viene determinata valutando: lo stato quantitativo dell’acquifero e lo stato qualitativo definito sulla base della determinazione di parametri chimici principali e addizionali. Per la definizione dello stato quantitativo sono stati considerati differenti aspetti: il rapporto prelievi/ricarica, il confronto con il livello di riferimento e la definizione di un trend evolutivo. Per attribuire la classe qualitativa si fa riferimento ai valori di concentrazione di 7 parametri chimici di base e di 28 parametri addizionali inquinanti inorganici e organici. Lo Stato Ambientale delle acque sotterranee è definito da 5 classi, determinate dalla sovrapposizione delle classi di tipo qualitativo e di quelle di tipo quantitativo. Nella mappa di Figura 1.8 si riporta lo Stato Ambientale dei principali corpi idrici sotterranei lombardi (dati rilevati nel 2003), così come 18 emergente dagli studi di Piano di Tutela delle Acque (Regione Lombardia, 2006b). Nel 2004 sono stati monitorati 233 punti di cui 66 intercettano solo la falda superficiale, 90 la seconda falda e 54 la falda profonda; i restanti pozzi sono plurifalda. Tale monitoraggio conferma sostanzialmente i risultati rilevati negli anni precedenti e quindi l’ubicazione prevalente dei punti di classe 0 (classe “particolare”, riferita a situazioni di inquinamento naturale non antropico) nella bassa pianura e di quelli di classe 4 (scadente) nella fascia pedemontana. (ARPA Lombardia, 2005)(Cfr. Figg. 1.8 e 1.9) Figura 1.8 - Stato Ambientale dei corpi idrici sotterranei Fonte: PTUA Regione Lombardia, 2006 19 Figura 1.9 – Ripartizione della qualità nei punti di prelievo della rete di monitoraggio ARPA delle acque sotterranee – 2004 Fonte: ARPA Lombardia, 2005 20 Capitolo 2 Il quadro normativo di settore 2.1. Il quadro normativo comunitario L’analisi della normativa sulla tutela delle acque e sulla gestione del servizio idrico deve tenere conto in stretta misura degli orientamenti comunitari in materia in quanto a questi, per la gerarchia delle fonti del diritto, si devono conformare gli orientamenti nazionali. Su tale materia sono numerose le direttive comunitarie recepite o in via di recepimento nell’ordinamento italiano; la successiva Tabella 2.1 ne indica le principali. Tabella 2.1 – Direttive UE in materia di acqua e servizio idrico Direttiva UE Ambiti di applicazione Direttiva 2006/118/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12/12/06 Direttiva 42/2001/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27/06/2001 Protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento La valutazione ambientale come strumento nell'elaborazione e nell'adozione di determinati piani e programmi sull'ambiente Direttiva 2000/60/CE del Consiglio 23/10/2000 Quadro per l’azione comunitaria in materia di modificata da decisione 2445/2001/CE acqua Direttiva 98/83/CE del Consiglio 3/11/98 Dir Nuove Disposizioni 75/440/CEE Direttiva 96/61/CEE del Consiglio del 24/9/96 Prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento Comunicazione della Commissione del 21 Politica Comunitaria di protezione gestione Febbraio 1996 acque Direttiva 91/676 CEE del Consiglio del Nitrati 12/12/91 Direttiva 91/271/CEE del Consiglio del Acque Reflue Urbane 21/5/91 Fonte: elaborazione IReR Fra le direttive comunitarie specifiche per il settore della risorsa idrica assume particolare rilevanza la Direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. Questa Direttiva, nota anche come Water Framework Directive (WFD), ha lo scopo di mantenere e migliorare l’ambiente acquatico del territorio dell’Unione Europea attraverso misure integrate sugli aspetti qualitativi e quantitativi. Sistematizzando una serie di direttive precedenti, essa istituisce un sistema di protezione delle acque a scala di bacino per perseguire “un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili” per contribuire “a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità”. Nell’ottica di sviluppo di una strategia comune per l’attuazione della Direttiva all’interno dell’Unione Europea, nasce la “Common Strategy on the Implementation of the Water Framework Directive”, che illustra le linee di azione per un’attuazione coerente e armoniosa della Direttiva e per affrontare i problemi sollevati dalla sua applicazione. Il bacino idrografico viene riconosciuto come l’unità spaziale di riferimento per una gestione di sistema; infatti la Direttiva si propone di realizzare la protezione degli ecosistemi acquatici attraverso una gestione dell’acqua a scala di bacino e non più per unità amministrative, come nelle legislazioni precedenti: all’art. 13 individua, nel Piano di Gestione dei Bacini Idrografici lo strumento per conseguire e raggiungere gli scopi prefissati, sulla base del principio di sussidiarietà e grazie all’utilizzo di un approccio combinato per il controllo dell’inquinamento, realizzato o per obiettivi di qualità ambientale o per limiti alle emissioni. È proprio la dimensione sovranazionale dei grandi bacini fluviali europei che impone agli Stati membri, non solo una comune strategia di attuazione della Direttiva, ma anche un comune apparato metodologico e tecnico operativo per la formazione dei piani in tema di risorse idriche. La direttiva fissa quindi un contesto generale di obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale per l’utilizzo dell’acqua. 2.2. Il quadro normativo nazionale La normativa italiana vigente in materia di utilizzo e tutela della risorsa idrica è articolata e stratificata in una serie di norme, alcune delle quali risalenti agli inizi del ’900, che governano i diversi aspetti del “sistema acqua”. A partire dal Testo Unico sulle opere idrauliche (r.d. n. 1775 del 1933) la legislazione si è evoluta nel tempo in funzione delle nuove esigenze di tutela della risorsa dall’inquinamento, di razionalizzazione dell’uso e di risparmio. Il legislatore nazionale ha spesso legiferato sotto l’impulso delle norme comunitarie che hanno fissato alcuni principi generali in tema di governo delle acque quali il principio del “Chi inquina paga”, l’obiettivo di recupero dei costi del servizio idrico e una visione integrata del ciclo dell’acqua. Grazie agli impulsi interni ed esterni il contesto normativo italiano si è sempre più allontanato dalla considerazione della risorsa idrica come fattore prevalentemente produttivo per divenire parte integrante della normativa per la tutela dell’ambiente fino ad incorporare i principi di scarsità della risorsa e di uso sostenibile tramite strumenti quali la programmazione, la gestione, il controllo e la partecipazione pubblica (in termini di governance). 22 Nel prosieguo si cercherà di dare conto delle principali norme che attualmente disciplinano la tutela delle acque dall’inquinamento non senza prendere in esame i tentativi di razionalizzazione della materia avviati di recente ai diversi livelli di governo. La legislazione nazionale vigente in materia di risorsa acqua è complessa ed articolata, essendosi formata nel corso del tempo sia in risposta ad esigenze di tipo produttivo (ad es. utilizzi per scopi idroelettrici), sia su impulso della legislazione europea (ad es. tutela e sicurezza dei corpi idrici) sia in risposta a eventi eccezionali o catastrofici sotto forma di legislazione d’urgenza. Nella tabella seguente sono evidenziate le norme che, alla data di oggi, regolano la tutela della risorsa idrica e il Servizio Idrico Integrato (Tab. 2.2). Tabella 2.2 – Normativa in materia di acqua e servizio idrico integrato N° Legge Descrizione della legge Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i Legge 30 Dicembre 2004 n.311 (G.U.n.306;31-12-2004) "Norme in materia ambientale" Legge 15 dicembre 2004, n. 308 (G.U.n.302;27-12-2004) Nuovo testo dell'Art.113 del T.U. 267/00, così come modificato dal d.l. 269/2003, convertito con modificazioni nella Legge 326/2003, dalla Legge 350/2003 e dalla sentenza della Corte Costituzionale del 27 Luglio 2004 Circolare del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 6 Dicembre 2004 (G.U.n.291;13-12-2004) Circolare del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 6 Dicembre 2004 (G.U.n.291;13-12-2004) Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 28 Luglio 2004 (G.U.n.268;15-11-04) Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 30 Giugno 2004 (G.U.n.269;16-11-04) Direttiva del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 27 Maggio 2004 (G.U.n.137;14-6-04) Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 6 Novembre 2003 n.367 (G.U.n.5;8-1-04) Decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 19 Agosto 2003 (G.U.n.218;19-7-2003) Decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 12 Giugno 2003,n.185 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2005) Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione Art. 113. - Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Affidamento del servizio idrico a società a capitale misto pubblico - privato Affidamento in house del servizio idrico integrato Linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino Criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi Disposizioni interpretative delle norme relative agli standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose. Regolamento concernente la fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. Modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque. Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. 23 Decreto del Presidente della Repubblica 24 Marzo 2003,n.136 (G.U.n.137;16-6-2003) Delibera del Comitato Interministeriale per la programmazione Economica 19 Dicembre 2002, n.131 Accordo della Conferenza unificata 12 Dicembre 2002 Decreto Legislativo 20 Agosto 2002 n.190 Accordo della Conferenza unificata 18 Aprile 2002 Determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 6 marzo 2002, n.4 Decreto del Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio 22 novembre 2001 (G.U.n.280;1-12-01) Decreto Legislativo 2 Febbraio 2001,n.31 Legge 23 Dicembre 2000, n.388 Decreto Legislativo 18 Agosto 2000,n.267 Decreto Legislativo 11 Maggio 1999,n.152 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 Aprile 1999 Decreto del presidente della Repubblica 18 Febbraio 1999, n.238 Legge 23 dicembre 1998, n.448 Decreto Legislativo 31 Marzo 1998, n.112 Regolamento concernente l'organizzazione, i compiti ed il funzionamento del Registro italiano dighe - RID, a norma dell'articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione per l'anno 2002 Linee guida per la tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano e criteri generali per l'individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche di cui all'art. 21 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale. Accordo Conferenza Stato – Regioni - Province 18 aprile 2002 (Accordo Governo/Regioni/Province Autonome/Comuni/Province/Comunità montane sui punti di prelievo fissati per il controllo e sulle frequenze dei campionamenti dei controlli esterni delle acque destinate al consumo umano) Finanza di progetto: quesiti posti in materia di gara per la scelta dei partecipanti alla procedura negoziata, di variazione della composizione del promotore e di possibilità di impiego della procedura del promotore per il “ciclo integrale delle acque Modalità di affidamento in concessione a terzi della gestione del servizio idrico integrato, a norma dell'articolo 20,comma1 della legge 5 gennaio 1994 n. 36 Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001) Testo unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/Cee concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/Cee relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. (Pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 101/L alla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 1999) Schema generale di riferimento per la predisposizione della carta del servizio idrico integrato Regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di risorse idriche Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo (stralcio:articolo31, commi 28-31) Conferim. di funzioni e compiti amministr. dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59" 24 Decreto del Ministro delle Finanze 25 Febbraio 1997,n.90 Decreto del Ministro dei lavori Pubblici 8 Gennaio 1997, n.99 Decreto del Ministro dei lavori Pubblici 1 Agosto 1996 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 Marzo 1996 (G.U.n.242;15-10-96) Legge 28 Dicembre 1995, n.549 Regolamento recante modalità di applicazione dell'articolo 18,comma 5, della legge 5 Gennaio 1994,n. 36 in materia di risorse idriche Regolamento sui criteri e sul metodo in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato Disposizioni in materia di risorse idriche Decreto Legge 8 Agosto 1994 n, 507 Misure di realizzazione della finanza pubblica (stralcio: articolo 3,commi 42-47) Misure urgenti in materia di dighe". Legge 5 gennaio 1994 n, 36 Disposizioni in materia di risorse idriche Decreto Legislativo 12 Luglio 1993 n, 275 Riordino in materia di concessione di acque pubbliche Legge 19 Febbraio 1992 n, 142 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria per il 1991). Legge 18 Maggio 1989 n, 183 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo Decreto Presidente della Repubblica 8 Attuazione della direttiva (CEE) n. 76/160 Giugno 1982 n.470 relativa alla qualità delle acque di balneazione. Coordinato con l'art. 18 della Legge 29 dicembre 2000, n. 422 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2000. Decreto del Presidente della Repubblica 15 Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario Gennaio 1972, n.8 delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici" Legge 4 Febbraio 1963, n.129 Piano regolatore generale degli acquedotti e delega al governo ad emanare le relative norme di attuazione. Regio Decreto 11 Dicembre 1933 n,1775 Norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni delle acque pubbliche Fonte: elaborazione IReR Appare evidente la complessità e l’articolazione del quadro normativo e regolamentare al quale è soggetto il settore. Tuttavia fra i diversi provvedimenti ne emergono alcuni di natura “sistemica” ovvero intesi a dare ordine al settore nei suoi diversi aspetti di gestione, programmazione e tutela della risorsa. Nello specifico tali norme sistemiche si ritrovano nei seguenti tre provvedimenti: L. 36/94 “Disposizioni in materia di risorse idriche” – la c.d. “Legge Galli”; L. 18/5/1989 n. 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” e D.Lgs. 152/99 “Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole”. Mentre la legge 36/94 fu intesa principalmente a migliorare e 25 razionalizzare il servizio idropotabile offerto agli utenti, la L. 183/89 diede ordine alle competenze dei diversi soggetti istituzionali coinvolti e istituì idonei strumenti di pianificazione e programmazione. Assunse inoltre grande rilevanza il provvedimento d.lgs. 152/99 in tema di salvaguardia della acque dall’inquinamento, anche anticipando molti dei contenuti della Direttiva 2000/60/CE. I predetti provvedimenti risultano tutti in una qualche misura inattuati dal punto di vista amministrativo, basti pensare agli aspetti ancora non recepiti di riorganizzazione del servizio idrico integrato in base alla Legge Galli o alla messa in mora dello Stato italiano per aver mancato di predisporre uno o più programmi d'azione previsti dalla Direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. In materia di pianificazione delle acque va ricordato che la legge 183/1989 individuava come principale strumento dell’azione di pianificazione e programmazione il Piano di bacino, mediante il quale venivano “pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato”. In una realtà complessa come quella del bacino del Po, il processo di formazione del Piano doveva avvenire, ai sensi dell’art. 17, comma 6-ter della stessa legge, per Piani stralcio tematici, in modo da consentire di affrontare prioritariamente i problemi più urgenti. Le criticità e lo stato di rischio che contraddistinguono tale bacino per gli aspetti connessi al dissesto idraulico e idrogeologico hanno portato l’Autorità di Bacino del fiume Po a individuare tale settore come prioritario e a redigere in primis il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico, approvato nel corso del 2001. Il D.Lgs 152/1999 e successive modificazioni ha poi previsto all’art. 44 che la redazione del Piano stralcio per la Tutela delle Acque fosse integralmente attribuita alle Regioni, conservando, per l’Autorità di Bacino, un ruolo di coordinamento e armonizzazione. La Direttiva 2000/60/CE sulle acque ha quindi introdotto ulteriori importanti innovazioni all’apparato normativo esistente in materia di risorse idriche spingendo l’attenzione sull’intero ecosistema acquatico e prevedendo all’art. 13, quale strumento per la pianificazione della tutela e dell’uso delle acque, il Piano di gestione del bacino idrografico. I tre provvedimenti sono stati abrogati e recepiti pressoché integralmente, salvo alcune modifiche, nel recente tentativo di riordino e razionalizzazione della materia, nonché del completo recepimento della Direttiva quadro 2000/60/CE, attuato dal Governo con il Decreto Legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell’Ambiente), che al momento si trova in corso di revisione, in attuazione delle disposizioni della legge delega che consentono l’adozione di disposizioni correttive e integrative dell’originario decreto delegato entro due anni dalla sua emanazione. Il Decreto legislativo 152/06 è stato criticato da alcune Regioni e Associazioni ambientaliste e da alcuni esponenti del mondo accademico ad un decreto introdotto come Testo Unico in materia di Ambiente è richiesto su linee generali un passo ulteriore verso un miglior coordinamento della normativa, che risulta spesso confusa, verso una semplificazione del sistema autorizzativo e dei 26 controlli, e verso responsabilità. un’identificazione chiara delle competenze e delle 2.3. Normativa e pianificazione regionale Recependo quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea di settore, attraverso la predisposizione del documento “Politica delle risorse idriche in Lombardia: linee di indirizzo strategico” (2002) e della successiva pubblicazione a carattere divulgativo “Libro blu” (2003), la Regione Lombardia ha in sintesi illustrato i principi cui ispirarsi, gli strumenti, le attività da mettere in campo e gli obiettivi generali e specifici per l’attuazione della politica di tutela e uso della risorsa idrica in Lombardia. I capisaldi della strategia regionale in materia di risorse idriche venivano così identificati nei seguenti obiettivi: ¾ ¾ ¾ ¾ Riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei e prevenzione di ulteriori fenomeni di degrado della risorsa idrica; Mitigazione del rischio idraulico, recupero e salvaguardia delle caratteristiche ambientali delle fasce di pertinenza fluviale e degli ambienti acquatici; Uso razionale della risorse idriche, con priorità di quelle potabili; Servizio idrico di buona qualità a costi sostenibili in tutto il territorio regionale. A tal fine si dava priorità d’azione a un complessivo riordino normativo, alla definizione di un sistema di governance regionale del settore, alla diffusione della cultura dell’acqua, quale processo per la condivisione e la partecipazione nella definizione di obiettivi di valorizzazione delle acque e nell’attuazione delle misure necessarie. Su questi primi indirizzi è stato incentrato il percorso istituzionale e scientifico che ha portato alla definizione di una serie di strumenti per l’attuazione di una politica regionale di tutela e valorizzazione dell’acqua (vedi Tabella 2.4). Recependo questi nuovi indirizzi la Regione Lombardia, con la L.R. 12 dicembre 2003 n.26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”, si dava un corpus normativo di base per una complessiva riorganizzazione nella gestione dei servizi pubblici e delle relative risorse. In particolare la legge definisce la “disciplina delle risorse idriche” prevedendo un’organica attribuzione di competenza ai diversi livelli di governo, la riforma dell’organizzazione del servizio idrico integrato e gli strumenti fondamentali di pianificazione della tutela e uso delle acque in Lombardia. Si tratta di una normativa che, per la prima volta, ha affrontato la disciplina complessiva dei servizi di interesse economico generale, definendo le regole 27 comuni ai vari servizi per quanto attiene i principi generali di tutela del consumatore, di accesso ai servizi, di qualità degli stessi e di affidamento della gestione. Di recente è stata approvata la Legge regionale 8 agosto 2006 n. 18 che, per alcuni punti trattati in dettaglio nella Parte 3, va a modificare la Legge regionale 26/03. In attuazione della Direttiva 2000/60/CE, all’art. 45 la Legge 26 individua nel “Piano di gestione del bacino idrografico” lo strumento regionale di pianificazione delle risorse idriche, articolato in un “Atto di indirizzi per la politica delle acque”, di competenza consiliare, e in un “Programma di tutela e uso delle acque”, approvato dalla Giunta Regionale, con il quale sono individuate le azioni, i tempi e le norme di attuazione per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’Atto di Indirizzi. Ai sensi dell’art. 55, comma 20, della predetta legge, la prima elaborazione del Piano di gestione è effettuata in conformità alle previsioni di cui all’art. 44 del D.Lgs.152/99, che stabilisce valenza e contenuti dei Piani di Tutela delle Acque. La Regione Lombardia ha di recente concluso l’iter di predisposizione e quindi di approvazione del Piano di Tutela delle Acque costituito: ¾ dall'ATTO DI INDIRIZZO PER LA POLITICA DI USO E TUTELA DELLE ACQUE DELLA REGIONE LOMBARDIA – LINEE STRATEGICHE PER UN UTILIZZO RAZIONALE, CONSAPEVOLE E SOSTENIBILE DELLA RISORSA IDRICA, approvato con Delibera Consigliare n.VII/1048 del 28 luglio 2004; ¾ dal PROGRAMMA DI TUTELA E USO DELLE ACQUE, approvato dalla Giunta con delibera del 29 marzo 2006. A supporto e fondamento del processo di redazione del Piano sono state condotte una serie di elaborazioni inerenti le diverse discipline relative al tema della tutela e uso della risorsa idrica, e dell’ambiente ad essa interconnesso, e orientate a una lettura unitaria delle diverse caratteristiche di ciascun bacino significativo in studio. L’ambito territoriale di riferimento del Piano è costituito dall’intera superficie regionale lombarda, per gran parte ricadente nel bacino nazionale del Po e per le rimanenti porzioni ricadente nel bacino interregionale del Fissero-Tartaro e nel bacino internazionale dello Spol (Danubio). Le attività conoscitive sono state tuttavia riferite e applicate all’unità territoriale di bacino idrografico per le acque superficiali e di bacino idrogeologico per quelle sotterranee. La Tabella 2.3 elenca i principali bacini idrografici presi a riferimento nel Piano, con relativa estensione territoriale totale. 28 Tab. 2.3 Estensione territoriale dei principali bacini idrografici lombardi Denominazione Bacino Idrografico Adda sopralacuale Adda sublacuale Agogna – Terdoppio Grembo Chiese Fissero-Tartaro Lago di Como (Lario) Lago di Garda (Benaco) Lago di Iseo (Sebino) Lago di Lugano (Ceresio) Lago Maggiore (Verbano) Lambro Mella Mera Mincio Oglio sopralacuale Oglio sublacuale Olona meridionale Olona - Lambro Meridionale Oltrepo Po Serio Sesia Severo Spol Staffora Ticino sublacuale 2 Area [Km ] 2.377 1.423 644 935 976 281 1.224 609 355 315 565 1.038 1.038 548 778 1.446 2.037 130 950 618 2.394 957 143 226 242 415 1.364 TOTALE 24.030 Fonte: Elaborazioni IReR Il Programma organizza le conoscenze sulla disponibilità delle risorse, sugli apporti inquinanti ai corpi idrici e indica un insieme organico di misure, per raggiungere gli obbiettivi di qualità definiti dal Consiglio Regionale. Nella sua versione finale esso risulta costituito dai seguenti elaborati tecnici: ¾ Relazione Generale ¾ Relazione di Sintesi ¾ Norme tecniche di Attuazione - Allegati alla Relazione Generale: - Allegato 1 - Costruzione di una base dati per la caratterizzazione dei corpi idrici significativi - Allegato 2 - Stime delle portate e delle precipitazioni e strumenti per la loro regionalizzazione 29 - ¾ ¾ ¾ Allegato 3 - Classificazione dello stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei di pianura - Allegato 4 - Bilanci idrogeologici di dettaglio a scala di bacino: il caso dell’Olona settentrionale - Allegato 5 - Uso, risparmio e riuso della risorsa idrica - Allegato 6 - Infrastrutture idriche e altri interventi di tutela - Allegato 7 - Stima dei carichi effettivi di azoto e fosforo da agricoltura nelle acque di superficie - Allegato 8 - Indagine finalizzata all’individuazione delle sostanze pericolose - Allegato 9 - Definizione delle aree sensibili ai sensi della direttiva 91/271/CEE - Allegato 10 - Definizione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari - Allegato 11 - Definizione delle aree di ricarica e di riserva delle zone di pianura - Allegato 12 - Monitoraggio qualitativo e classificazione delle acque superficiali e sotterranee - Allegato 13 - Caratterizzazione integrata dei corsi d’acqua e riqualificazione fluviale - Allegato 14 - Criteri per la regolazione delle portate in alveo - Allegato 15 - Modellistica di qualità a supporto della pianificazione di acque superficiali - Allegato 16 - Stato di qualità ed evoluzione trofica dei laghi - Allegato 17 - Trattamenti appropriati per scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con meno di 2000 abitanti equivalenti Allegato 18 - Il Contratto di fiume Cartografia di Piano Rapporto ambientale (VAS) Studio di incidenza Dopo l’approvazione del PTUA l’emanazione dei Regolamenti regionali relativi all’uso, risparmio e riuso delle acque, e allo scarico di acque reflue urbane e di acque di prima pioggia costituisce una prima attuazione del Programma. Nella tabella 2.4 seguente sono riportati in generale tutti gli strumenti fondamentali normativi, di pianificazione, regolamentari e le direttive tecniche di attuazione della politica regionale sulle acque elaborati ed approvati negli ultimi anni da Regione Lombardia. Per una trattazione esaustiva degli strumenti adottati dalla Regione per una riorganizzazione del SII si rimanda alla parte terza di questa ricerca (cfr § 7.2). 30 Tabella 2.4 - Strumenti di attuazione della politica delle acque in Lombardia Titolo Riferimento “Politica delle risorse idriche in Lombardia – linee di indirizzo strategico” D.G.R. N. 11790 del 23.12.2002 BURL N. 51 del 16.12.2003 1° SUPPLEMENTO ORDINARIO DEL BURL 11.8.2006, N. 32 Legge Regionale n. 26/2003 - “Disciplina dei Servizi Locali di interesse economico generale Legge regionale n. 18/2006 - Conferimento di funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche” Attuazione del Servizio Idrico Integrato “Definizione della metodologia per l’elaborazione del programma di intervento BURL N. 16 del per la redazione del piano finanziario in materia di Servizio Idrico Integrato” 17.4.2003 “Schemi tipo regionali per l’organizzazione del Servizio Idrico Integrato, ai sensi dell’articolo 48 comma2, lettere b) e c) della l.r. 26/2003” “Ripartizione dei segmenti di attività tra gestore di reti ed impianti ed erogatore del servizio, nonché determinazione dei criteri di riferimento ai fini dell’affidamento , da parte dell’autorità d’ambito, del servizio idrico integrato ad una pluralità di soggetti, in attuazione dell’articolo 49, comma3, della l.r. 26/2003 Piano di gestione del bacino idrografico BURL N. 3 del 18.1.2005 BURL N. 9 del 1.3.2005 Atto di indirizzi per la politica di uso e tutela delle acque della Regione BURL N. 35 del Lombardia 23.8.2004 “Programma di tutela e uso delle acque (ai sensi dell’art. 44 del D.Lgs. 152/99 D.G.R. N. 2244 del e dell’art. 55 comma 19 della L.R. 26/2003)” 29.03.2006 Integrazioni al PTUA in tema di “Nuove aree vulnerabili ai sensi del D.Lgs. D.G.R. N. 3297 del 152/2006: criteri di designazione e individuazione” 11.10.2007 Regolamenti e Direttive attuativi del Piano di gestione del Bacino Idrografico Regolamento Regionale 24.3.2006 – n. 2 “Disciplina dell’uso delle acque superficiali e sotterranee, dell’utilizzo delle acque a uso domestico, del risparmio idrico e del riutilizzo dell’acqua in attuazione dell’art. 52, comma 1, lettera c) della legge regionale n. 26/2003” Regolamento Regionale 24.3.2006 – n. 3 “Disciplina e regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, in attuazione dell’art. 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 26/2003” Regolamento Regionale 24.3.2006 – n. 4 “Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell’art. 52, comma1, lettera a) della legge regionale 26/2003” Direttive procedurali e tecniche per l’esercizio delle funzioni spettanti agli EE.LL. in merito alle modalità per la tenuta e la pubblicità delle banche dati (ai sensi dell’art. 44, comma1, lettera c) della l.r. 26/2003) Direttiva per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane (ai sensi dell’allegato 5 al D.Lgs. 152/99 e s.m.) Fonte: www.ors.regione.lombardia.it 31 BURL N. 13 del 28 marzo 2006 BURL N. 30 del 28.7.2005 BURL N. 34 del 22.8.2005 Parte seconda Crisi idriche e gestione partecipata di un bene comune 22 Capitolo 3 Gestione partecipata della risorsa idrica 3.1. Quadro teorico La promozione dei processi partecipativi nell’elaborazione di politiche per la sostenibilità ambientale è un argomento particolarmente esplorato nell’ambito degli studi che si occupano del miglioramento delle procedure di policy-making. Le motivazioni alla base di questo interesse sono essenzialmente riconducibili ad alcune particolari caratteristiche delle questioni ambientali, che di seguito cerchiamo di sintetizzare. In primo luogo, vi è il livello di incertezza elevato che connota una buona parte delle questioni ambientali. Tale incertezza, definibile anche come “radicale” (Pellizzoni, 2003), è relativa non solo al significato delle problematiche, ma anche agli obiettivi e alla struttura stessa degli interventi, che sempre più spesso richiedono decisioni ad alto rischio o non esenti da implicazioni valoriali. In secondo luogo, quando i processi conoscitivi portano all’individuazione di soluzioni che implicano interventi sul territorio, vi è la necessità di coinvolgere un ampio numero di portatori di interesse nella questione, per individuare le soluzioni non solo più efficaci, ma anche condivise dai soggetti (Bobbio, Zeppetella, 1999). Nel caso specifico della risorsa idrica vengono ad aggiungersi ulteriori criticità. Fra queste, la più rilevante è che l’acqua è una preziosa e indispensabile risorsa comune (Ostrom et al., 1994). Una risorsa comune è un bene che è connotato da alcune caratteristiche particolari: a) in primo luogo si tratta di una risorsa che è sottraibile, poichè il suo consumo da parte di un attore riduce (o meno) le possibilità di consumo degli altri; b) in secondo luogo è una risorsa che è sfruttata in comune da un gruppo di utilizzatori; c) infine si tratta di una risorsa connotata da confini che presentano dei problemi di definizione alla luce degli schemi istituzionali tradizionali. Queste particolari caratteristiche rendono la gestione della risorsa idrica particolarmente complessa, soprattutto nelle situazioni connotate da scarsità. Nel caso dello sfruttamento in comune di una risorsa, Hardin (1968) ha dimostrato che vi può essere un “grado zero” (o “stato di natura”) che indica il contesto in cui essa può essere utilizzata da parte di ogni attore interessato senza limiti, al di fuori delle proprie necessità. È chiaro come, in una situazione connotata da scarsità, il “grado zero” corrisponda a una situazione insostenibile a causa del conflitto tra l’interesse individuale, che porta il singolo a un consumo della risorsa potenzialmente illimitato, e l’interesse collettivo, che impone invece considerazioni comprensive delle esternalità negative prodotte dalla somma delle azioni individuali. Posto in questi termini, si tratterebbe di un conflitto insolubile, che porterebbe in tempi brevi al depauperamento della risorsa. Eppure, nella realtà, la situazione si configura spesso con connotati differenti. Per evitare conflitti improduttivi, le comunità possono raggiungere accordi rispetto a una loro utilizzazione sostenibile, tramite l’elaborazione di particolari istituzioni, denominate “istituzioni endogene di gestione” (Ostrom, 1990). Le istituzioni, in questo contesto, sono definite come «i vincoli che gli uomini hanno definito per disciplinare i loro rapporti» (North, 1994, 23) e hanno come obiettivo fondamentale quello di ridurre l’incertezza del comportamento individuale per migliorare la cooperazione fra i soggetti e il coordinamento delle loro azioni. Le ”istituzioni endogene di gestione” hanno la particolarità di basare il proprio funzionamento sul senso di appartenenza a una comunità e sulla condivisione dei principi diffusi all’interno dei gruppi. La costruzione di tali istituzioni rappresenta quindi un processo di innovazione istituzionale, che si concretizza nell’investimento compiuto da un gruppo di attori, in possesso delle capacità e delle risorse necessarie, nell’aspettativa di trarne un guadagno nei termini di un migliore adattamento all’ambiente naturale e antropico entro cui essi operano (Ostrom, 1990; Bravo, 2002). Recenti ricerche hanno dimostrato che la costruzione di tali istituzioni può essere favorita dalla promozione di processi di partecipazione (Innes, Booher, 2003) e da sistemi di governance. È infatti opinione largamente condivisa che un governo efficace ed equo della risorsa idrica debba basarsi su alcuni criteri quali: la responsabilità di gestione (accountability), la capacità di risposta ai bisogni (responsiveness), l’efficacia ed efficienza del sistema, la trasparenza del processo decisionale, il rispetto delle leggi vigenti e la partecipazione di tutti i portatori di interesse alla definizione dei programmi (Joe et al. 2002). Anche se la partecipazione dei cittadini non è considerata un elemento obbligatorio per un sistema di governance, che potrebbe anche basarsi esclusivamente sulla delega di funzioni ad altri livelli amministrativi o sulla partnership pubblico-privata, la maggior parte della letteratura concorda sull’utilità di prassi di partecipazione aperte alla società civile, secondo differenti scale di coinvolgimento appropriate all’oggetto e al momento del processo decisionale. Nello studio del governo dei bacini idrografici, ad esempio, (Bruns 2003) queste diverse modalità vengono identificate nelle seguenti pratiche: 1. 2. 3. diffusione dell’informazione sui servizi idrici da parte delle istituzioni preposte alla gestione; consultazione dei portatori di interesse per la raccolta delle indicazioni e delle esigenze; coinvolgimento dei portatori di interesse attraverso la promozione di Forum pubblici per discutere delle misure di prevenzione di eventi siccitosi o altro; 36 4. 5. 6. 7. collaborazione con i diversi partner attraverso l’istituzione di task force per sviluppare piani di gestione, in cui la responsabilità rimane però alle istituzioni preposte al governo della risorsa idrica; programmi di partnership, che prevedono la cooperazione fra agenzie pubbliche e organizzazioni degli utenti per la costituzione di organismi di gestione partecipati; delega, da parte delle autorità pubbliche, di specifiche competenze a gruppi di utilizzatori o ad altre organizzazioni di gestione; istituzione dell’autonomia per l’attuazione di specifiche attività, attraverso la costruzione di istituzioni cooperative di portatori di interesse. 3.2. Quadro normativo Il riconoscimento dei benefici che i processi partecipativi possono portare nell’ambito della gestione della risorsa idrica è stato ormai recepito a vari livelli legislativi. In particolare, seguendo orientamenti internazionali volti a promuovere la costruzione condivisa e partecipata di politiche ambientali, l’Unione Europea si è fatta promotrice di una nuova metodologia di pianificazione attraverso la Direttiva 2000/60/CE. Questa normativa, sistematizzando una serie di direttive precedenti, istituisce un sistema di protezione delle acque a scala di bacino per perseguire “un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili” per contribuire “a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità”. Fra gli aspetti di maggior rilievo introdotti da questa normativa, se ne evidenziano in particolare due. Il primo è che la Direttiva 2000/60/CE valorizza le molteplici funzioni del bene acqua nel riconoscimento della coesistenza di diverse esigenze, quali: l’aspetto sociale relativo alla protezione delle persone dai rischi per la sicurezza e la salute; l’aspetto economico nella promozione dell’accesso efficiente della popolazione e delle attività produttive alle risorse; quello ambientale nella conservazione delle risorse e nel mantenimento delle loro funzioni ecologiche (WWF, 2006b). Il secondo è invece relativo all’”Informazione e consultazione pubblica”, attraverso la “partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della presente Direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione”. Quanto alla situazione italiana, ad oggi la Direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento nazionale attraverso il D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152, al momento in corso di revisione e potenzialmente soggetto nel prossimo futuro a una significativa riformulazione in varie parti. 37 È possibile comunque affermare che, riguardo ai temi legati alla partecipazione pubblica ai processi decisionali, essenzialmente si prospetta la promozione di una metodologia di programmazione nuova per il nostro contesto nazionale, che fino ad oggi ha previsto essenzialmente consultazioni a posteriori come ad esempio nel Piano di Tutela delle Acque (D.Lgs. 152/99) o nei Piani di Assetto Idrogeologico (L. 183/89) -, e che, sostanzialmente, non solo non ha favorito un adeguato coinvolgimento di tutti i portatori di interesse, ma ha anche spesso dato adito a conflitti sfociati nell’immobilismo delle istituzioni, incapaci di portare a termine politiche efficaci e condivise (Massarutto, 2005). A livello locale si segnalano però alcune sperimentazioni di pratiche partecipative applicate al governo della risorsa idrica, fra cui quelli previsti all’interno della L.R. 26/2003, come modificata dalla L.R. 18/06. Si tratta di una normativa che, per la prima volta, ha affrontato la disciplina complessiva dei servizi di interesse economico generale, definendo le regole comuni ai vari servizi per quanto attiene i principi generali di tutela del consumatore, di accesso ai servizi, di qualità degli stessi e di affidamento della gestione. In particolare, la Legge ha individuato nel “Piano di gestione del bacino idrografico” lo strumento regionale di pianificazione delle risorse idriche e ha articolato il Piano in un “Atto di indirizzo per la politica delle acque”, di competenza consiliare, e in un “Programma di tutela e uso delle acque” da approvare da parte della Giunta Regionale. Per quanto riguarda gli elementi di gestione partecipativa, la L.R. 26/2003 ha previsto che la Regione promuova la concertazione e l’integrazione delle politiche a livello di bacino e sottobacino idrografico, con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e degli ambienti connessi e la salvaguardia dal rischio idraulico. Gli strumenti di programmazione negoziata che assumono tali finalità sono denominati “Contratto di Fiume” e “Contratto di Lago” e costituiscono anch’essi strumenti di attuazione della pianificazione. La prima applicazione è avvenuta sui bacini di Lambro, Seveso e Olona dove sono presenti gravi problematiche di sicurezza del territorio connesse alle esondazioni e alle pesanti compromissioni della qualità delle acque e dell’ambiente circostante; ciò al fine di perseguire per essi obiettivi che tendano a conciliare le funzioni multiple e gli usi del corso d'acqua, delle sue sponde, delle risorse d’acqua del bacino e, più in generale, a modificare l’assetto insediativo del bacino fluviale verso modelli di sviluppo autosostenibili. Ad oggi è già stato stipulato l’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale “Contratto di fiume Olona – Bozzente – Lura” che impegna i sottoscrittori, che vi aderiscono su base volontaria, a perseguire gli obiettivi già sopra menzionati. I Contratti di Fiume e di Lago, pur rappresentando la sperimentazione più strutturata di gestione partecipata della risorsa idrica in Lombardia, non costituiscono però l’unico episodio di coinvolgimento dei portatori di interesse promosso dall’Amministrazione Regionale. In particolare, alcuni recenti eventi di crisi idrica (estati 2003, 2005 e 2006, nonché la stagione in corso) e la crescente richiesta d’acqua (sempre più concorrenziale o addirittura conflittuale per i crescenti utilizzi non tradizionali legati all’ambiente e al collettivo bisogno di fruizione), oltre che porre in evidenza il tema della disponibilità reale della risorsa 38 idrica, hanno determinato l’esigenza di individuare accordi per una sua gestione sostenibile. Tali accordi sono stati raggiunti attraverso l’istituzione di un Tavolo di Crisi Idrica in Regione Lombardia, a cui hanno aderito i principali portatori di interesse regionali, che ha lavorato in stretto raccordo con la “Cabina di Regia” dell’Autorità di Bacino del fiume Po (Cfr. 4.2.) Si è deciso quindi di analizzare questo studio di caso per due ragioni in particolare. In primo luogo poiché affronta un nodo sempre più rilevante per lo sviluppo locale, ovvero la necessità di trovare un equilibrio nel governo della risorsa idrica che consenta di garantirne l’accesso a tutti gli attori interessati, pur nella tutela del bene e degli ecosistemi ad esso collegati. In secondo luogo, poiché risulta un “banco di prova” interessante per analizzare e valutare le potenzialità e i limiti degli approcci partecipativi, con una particolare attenzione alla loro capacità di sviluppare sistemi di regole e di strumenti condivisi per una gestione sostenibile della risorsa idrica a garanzia di sviluppo locale. 39 Capitolo 4 Lo studio di caso: i recenti eventi di crisi idrica 4.1. Le ipotesi e il metodo di ricerca L’obiettivo della ricerca è stato quello di ricostruire e analizzare il processo che ha portato all’individuazione di accordi per affrontare i recenti eventi di crisi idrica in Lombardia. Come già accennato, l’interesse di ricerca principale è la valutazione della capacità degli approcci partecipativi di sviluppare sistemi di regole e di strumenti condivisi per una gestione sostenibile della risorsa idrica. Per raggiungere quest’obiettivo è stata utilizzata la metodologia dello studio di caso, che, com’è noto, si può avvalere dell’utilizzazione di diversi strumenti di ricerca (Bailey, 1995). In primo luogo, è stata realizzata la ricostruzione degli eventi di crisi idrica determinatisi in Lombardia durante le estati 2003, 2005 e 2006, con accenni a quanto sta avvenendo nella stagione in corso, attraverso la consultazione della stampa locale e nazionale, la documentazione (istituzionale e non istituzionale) prodotta dagli Enti di governo – Dipartimento nazionale di Protezione Civile, Autorità di bacino del fiume Po e Regione Lombardia - e da altri portatori di interesse, quali le associazioni di categoria, le associazioni ambientaliste, ecc., e infine le fonti ufficiali di informazione (TERNA; ARPA; ERSAF) (Cfr. 4.2). In un secondo momento (Cfr. 4.3) sono state realizzate e analizzate 12 interviste semi-strutturate ad alcuni dei principali portatori di interesse nella questione, solo in parte (i primi 7 nel seguito) partecipanti all’attività dei Tavoli istituiti per la gestione della crisi (Cfr. Tabella 4.1). Tabella 4.1 – Elenco delle interviste effettuate Ente Giunta lombarda Giunta lombarda Giunta lombarda Giunta lombarda Regionale Regionale Regionale Regionale Autorità di Bacino del fiume Po (AdbPo) Ente di regolazione dei Laghi Società di Produzione di Energia Elettrica Consiglio Regionale Lombardo Consiglio Regionale Lombardo Consorzio di irrigazione Associazione ambientalista Associazione di categoria del settore agricolo Funzione Dirigente di settore Presidenza Dirigente di settore Agricoltura Dirigente di settore Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile Direttore generale e dirigente di settore Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile Coordinatore e dirigente Segreteria Tecnica Presidente Data intervista 11.07.2006 Riferimento Int. 1 03.08.2006 Int. 2 03.08.2006 Int. 3 01.02.2007 Int. 4 03.08.2006 Int. 5 21.07.2006 Int. 6 Dirigente settore produzione idrolettrica Consigliere di minoranza Consigliere di maggioranza Direttore 05.07.2006 Int. 7 11.07.2006 Int. 8 30.01.07 Int. 9 12.07.2006 Int. 10 Presidente 14.03.2007 Int. 11 Presidente e 21.09.2007 Responsabile ufficio stampa Fonte: elaborazioni IReR Int. 12 In particolare, la griglia dell’intervista è stata articolata sulla base di alcune dimensioni oggetto d’analisi: ¾ ¾ ¾ ¾ le cause della scarsa disponibilità di risorsa idrica in Lombardia; la gestione dell’evento siccitoso (punti di forza/debolezza); altre soluzioni auspicate dagli stakeholders per affrontare la problematica; la capitalizzazione (istituzionale e individuale-organizzativa) dell’esperienza; ¾ il grado di soddisfazione per l’esito raggiunto dal percorso partecipativo. 42 4.2. La ricostruzione degli eventi. Giornali e documentazione istituzionale I climatologi sostengono che dal punto di vista statistico non sia ancora rilevante una diminuzione assoluta dei quantitativi di pioggia. Quello che invece appare evidente è una nuova e più frequente distribuzione per eventi estremi (Maugeri, 2006). Dall’analisi dei dati raccolti su base regionale nell’ultimo trentennio, emerge una diminuzione dei quantitativi di pioggia in corrispondenza dell’inverno, della primavera e dell’estate, e un contestuale aumento in autunno con la conseguente intensificazione in questa stagione delle alluvioni. In particolare gli episodi di siccità si sono fatti più frequenti nel decennio 1996-2006 con ben 7 casi di cui per gran parte concentrati negli ultimi anni (Regione Lombardia, 2007)2. Tre delle ultime quattro stagioni estive hanno infatti assistito a una crisi idrica di dimensione e entità più o meno significativa; e la stagione in corso si annuncia in tal senso difficile. Per ciascuna di tali stagioni si analizzano qui di seguito gli aspetti peculiari e principali, desunti dall’analisi della stampa, dei principali documenti istituzionali prodotti e delle fonti informative disponibili, ufficiali e/o correntemente utilizzate sul tema. 2003 Il 2003 ha rappresentato un anno eccezionale per tutti i parametri climatici con poca pioggia e altissime temperature per periodi prolungati in tutto il bacino padano; è stato forse l’evento più recente in cui la percezione sociale di mancanza di risorsa è stata molto forte. La scarsità di piogge, iniziata sin dai mesi invernali in realtà abbastanza tipica nelle regioni padane – si arresta in aprile con piogge diffuse e una gelata significativa tardiva, e poi riprende nuovamente a partire da maggio e per tutta l’estate. Temperature record sono registrate dal 12 al 15 di giugno, e poi dal 7 al 13 agosto, con valori localmente oscillanti intorno ai 40°C (Craveri, 2006). Le prime avvisaglie sul rischio di crisi idrica per l’intero bacino padano sono annunciate dalla stampa già da aprile quando, in quanto a precipitazioni, l’Agenzia Interregionale per il fiume PO (AIPO) comincia a parlare di “primavera meno normale del solito” (Resto del Carlino, 3 aprile 2003). I mancati apporti idrici sono sempre più significativi fino a che a giugno i dati elaborati dall’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste (ERSAF) registrano nel periodo 1 gennaio - 3 giugno 2003 e su tutta la Lombardia valori di deficit idrico piuttosto consistenti - in termini di divario tra pioggia attesa (la media del periodo) e quella effettivamente caduta - rispetto alle annate precedenti: quello meno importante è nelle province di Sondrio e Brescia con il 37,4%; le più 2 Queste informazioni sono state tratte dalla relazione “Cambiamenti climatici, disponibilità idriche e rischio siccità” del prof. Mario Giugliacci al Convegno Vegetalia tenutosi a Cremona il 9 febbraio 2007 e poi riportata sul Numero Speciale 2007 di Lombardia Verde dal titolo Dossier Acque di Lombardia. Una ricchezza da proteggere. 43 assetate sono le province di Pavia, Varese e Como, dove manca rispettivamente il 70,2%, il 66,6 e il 62,8 delle piogge attese (Corriere della Sera, 5 giugno 2003). A luglio il calo medio registrato da ERSAF si attesta su valori di poco inferiori (Corriere della Sera, 11 luglio 2003). Le quantità d’acqua misurate in tutti i fiumi padani (Po e suoi principali affluenti) sono sempre più esigue con livelli idrometrici che, per il Po, raggiungono i minimi storici nella seconda metà di luglio: il 23 luglio a Cremona il livello si trova a -7.72 metri (La Provincia di CR, 25 luglio) (Tab. 3.1). In sofferenza tuttavia sono anche i principali fiumi (Ticino, Adda, Oglio, Chiese e Mincio) e laghi lombardi. A livelli minimi storici non corrispondono tuttavia portate altrettanto drasticamente basse, portate che per il Po a Cremona si aggirano sui 260 m3/sec contro i 200 di minimo storico registrato nel 1965 (Corriere della Sera, 13 luglio 2003). I livelli risultano infatti condizionati soprattutto dall’eccezionale abbassamento del letto del Po e di alcuni dei suoi principali affluenti, che ha toccato, nella parte medio-bassa del bacino, punte di oltre cinque metri (ad esempio nelle sezioni Po di Cremona e Boretto, registrato nel periodo 1951-1999) (WWF, 2003). Ciò ha indotto conseguenti difficoltà di pescaggio, e a volte vere e proprie riduzioni o blocchi di funzionalità, delle pompe idrovore dei Consorzi di Bonifica e Irrigazione e delle bocche di presa per il raffreddamento delle centrali termoelettriche, opere realizzate decine di anni prima quando non si prevedeva un tale approfondimento del letto. A tal proposito di rilievo in Lombardia è il blocco della centrale termoelettrica di Ostiglia (MN), avvenuto l’ 11 luglio, per l’impossibilità ad aspirare acqua; si profila così la necessità di chiedere agli invasi idroelettrici alpini - gli stessi in grado di sopperire ai picchi di consumo energetico - di rilasciare acqua agli utenti irrigui di valle (Corriere della Sera, 12 luglio). La situazione è piuttosto complessa perché i consumi da record dovuti al gran caldo hanno già messo in crisi il sistema elettrico nazionale con rischi ed episodi di black-out imprevisti (Corriere della Sera, 26 giugno), soprattutto per le acciaierie del bresciano. Nel 2003 sono messe a dura prova e in modo generalizzato non solo le coltivazioni, ma anche il settore zootecnico con la produzione di latte. Ad una crisi idrica legata alle esigenze agricole si affianca anche una crisi energetica seguita da problemi di inquinamento - lo scarso battente compromette infatti la capacità autodepurativa dei fiumi - e di mancata navigabilità (Corriere della Sera, 13 giugno). I casi di criticità alla fornitura idropotabile risultano limitati, sebbene presenti, ad alcuni specifici ambiti montano-collinari in provincia di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Pavia, Sondrio e, non ultimo, Varese. Per tutto il bacino padano, dove la situazione climatica desta sempre maggiori preoccupazioni, relativamente alla possibilità di coprire il fabbisogno sia irriguo sia energetico, a fine giugno il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale (DPCN) in collaborazione con l’AdBPo, avvia una serie di attività volte a costruire un primo quadro conoscitivo della situazione e a coinvolgere tutti i soggetti a diverso livello implicati (3 Ministeri – Agricoltura, Ambiente e Attività produttive – 5 Regioni del bacino Padano senza Liguria e Provincia autonoma di Trento, AIPO, Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale o GRTN, Enti di regolazione dei grandi laghi, Associazione Nazionale Bonifiche e 44 Irrigazioni o ANBI, Società di produzione di energia elettrica) in un primo vertice a Parma di carattere tecnico-politico datato 16 luglio, che viene subito succeduto il giorno seguente dalla convocazione per la prima volta, in sede regionale lombarda, di un Tavolo di Crisi Idrica alla presenza dei soggetti già parte del tavolo tecnico dell’AdBPo, ma con capacità gestionali e di governo al solo livello regionale. Il tavolo di Parma si propone il coordinamento e lo scambio di dati in presenza di crisi che interessano l’intero bacino padano lasciando alle singole Regioni attività gestionali e di coordinamento per situazioni più locali. Per la composizione di questi Tavoli si rimanda a Tabella 4.3. Nella seduta tecnica di Parma del 18 luglio viene quindi sottoscritto un Protocollo di intesa3 che, sulla base dei dati tecnici forniti dai soggetti coinvolti, definisce per il periodo 19 luglio - 3 agosto, ruoli e compiti di ciascun soggetto al fine di perseguire obiettivi di mantenimento dei livelli minimi di prelievo ad uso irriguo e di deflusso in alveo tali da garantire la funzionalità degli impianti termoelettrici. Al fine di sostenere la portata del Po in assenza di precipitazioni risulta così necessario intervenire su quegli affluenti alpini che nel proprio bacino presentano dei volumi idrici attivabili (invasi montani e/o laghi regolati): tra questi naturalmente i grandi fiumi lombardi (Ticino, Adda, Oglio, Mincio…). L’accordo in particolare sancisce la necessità di un aumento dei quantitativi di rilascio da parte degli idroelettrici di monte, il conseguente trasferimento diretto a valle dei laghi delle portate aggiuntive rilasciate dagli invasi montani e una diminuzione dei prelievi irrigui del 10%. L’attuazione del Protocollo nel complesso influisce positivamente sulle portate defluenti negli affluenti principali e nel Po, anche se il suo effetto viene amplificato dalle precipitazioni del 24 luglio e va poi diminuendo a partire dal 2 agosto in seguito alle sospensioni delle erogazioni. Ciò per l’impossibilità di attivare ulteriori risorse, in virtù del progressivo esaurimento delle riserve idriche nei laghi e dei volumi di invaso montani, parzialmente preservati a garanzia di coperture dei picchi di richiesta elettrica autunnale. I livelli critici raggiunti con la persistente siccità di agosto, seppure significativi, non arrivano tuttavia a toccare quelli di luglio. In relazione ai tavoli di confronto organizzati vanno evidenziati i seguenti aspetti: ¾ la totale volontarietà della partecipazione dei soggetti invitati; ¾ il coinvolgimento diretto dei soggetti titolari delle principali concessioni in quanto chiamati ad offrire un contributo in termini di autolimitazione dei propri diritti di concessione (AdBPo, 2003). 2005 Come per il 2003 il periodo dal mese di gennaio a quello di giugno è caratterizzato da una diminuzione della piovosità, accompagnata da apporti nevosi modesti, che determina un’ulteriore riduzione delle disponibilità idriche. Il deficit idrico registrato investe un’area meno estesa del 2003 e riferibile, non all’intero 3 “Protocollo di Intesa finalizzato alla gestione unitaria del bilancio idrico del bacino idrografico del fiume Po ai sensi della Legge 5 gennaio 1994 n. 36” 45 bacino del Po, ma ai sottobacini degli emissari dei laghi sub-alpini regolati lombardi (in particolare Como, Iseo, Idro e Garda), e dei fiumi Brembo e Serio. Per quanto riguarda i laghi, da un confronto tra il periodo aprile – agosto del 2005 e quello del 2003 gli afflussi medi giornalieri a lago, e nel caso del Garda i livelli idrometrici, risultano nel 2005 sempre inferiori (AdBpo, 2006). A partire da giugno gli andamenti delle portate e dei livelli del Po sono prossime a quelle del 2003 anche se non risulta compromesso il sollevamento di acqua (Tab. 1). A fine giugno la riduzione della disponibilità di acqua irrigua si attesta mediamente su valori del 50% con conseguenti rischi di danni alle coltivazioni delle aree interessate. La stampa sin da marzo denuncia il rischio incipiente di crisi idrica (Corriere della Sera, 19 marzo) anche se appare del tutto rientrato l’allarme energetico. L’esperienza maturata con l’evento del 2003 sembra aver prodotto i primi risultati: ¾ a partire dal 2003, a seguito della realizzazione o dell’upgrade tecnologico di alcuni impianti termoelettrici, i dati TERNA registrano una consistente riduzione del deficit regionale di produzione elettrica, rispetto alla richiesta, passato dal 47,9 al 28,6% nel 2004 e quindi al 22,4% nel 2005 (http://www.terna.it); ¾ per far fronte a situazioni di ridotta disponibilità idrica e alle conseguenti magre che si possono verificare nel reticolo idrografico afferente al Po emerge come necessaria un’attività “unitaria” – cioè condivisa tra tutti i principali soggetti competenti o interessati all’uso dell’acqua nel bacino padano – finalizzata alla definizione degli elementi e degli strumenti conoscitivi, di monitoraggio e di controllo del bilancio idrico e alla previsione di eventi di crisi idrica nel bacino idrografico del fiume Po. A tal fine viene siglato in data 8 giugno 2005 uno specifico Protocollo di Intesa4 che istituisce un Comitato Tecnico, a cui partecipano tutti i soggetti firmatari, e un metodo di condivisione dei dati per i fini di cui sopra; ¾ si consolida anche il Tavolo regionale di Crisi Idrica, presso la DG Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile (RSPUSS), affiancato e preceduto da un Tavolo di confronto presso la DG Agricoltura per garantire ai tavoli una rappresentanza più ampia del mondo agricolo (Consorzi di Bonifica e organizzazioni professionali). Le riunioni dei tavoli suddetti nel corso dei mesi di giugno e luglio, dato il perdurare della crisi e in relazione ai potenziali danni all’agricoltura lombarda, portano alla formulazione di una richiesta5 prima e di due decreti6 poi per il 4 Protocollo di Intesa “Attività unitaria conoscitiva e di controllo del bilancio idrico volta alla prevenzione degli eventi di magra eccezionale nel bacino idrografico del fiume Po” 5 Il tavolo di crisi del 22 giugno 2005 si conclude con la formulazione di una richiesta ai concessionari idroelettrici di rilasciare acqua per garantire adeguati afflussi ai principali fiumi lombardi. 6 d.d.g. DG Reti e Servizi di pubblica utilità n. 11321 del 19 luglio 2005 “Disposizioni urgenti concernenti la regolazione delle portate nel bacino del fiume Adda, limitazioni temporanee all’uso dei serbatoi idroelettrici in concessione alle Società Edipower s.p.a., Enel produzione s.p.a., Edison s.p.a., AEM s.p.a., nonché deroga temporanea al limite minimo di regolazione del ago di 46 rilascio di quantitativi d’acqua aggiuntivi rispetto al deflusso naturale da parte dei gestori idroelettrici e con deroga al livello minimo di regolazione di alcuni laghi (Como e Iseo). Il decreto del 19 luglio in particolare giunge per fronteggiare la situazione che a quella data nel bacino dell’Adda e del lago di Como appare ancora non risolta. Con agosto, e in particolare con la seconda metà del mese, quantitativi significativi di pioggia fanno registrare aumenti dei livelli nei fiumi e nei laghi lombardi: l’allarme sembra così rientrare e, contrariamente a quanto si pensava all’inizio della crisi, la stagione irrigua si chiude in modo soddisfacente. 2006 Anche nel 2006 l’intero bacino del Po vede ripresentarsi una situazione di crisi idrica con un nuovo minimo storico dei livelli del Po (Cfr. Tab. 4.2). Questa volta il profilarsi di una nuova crisi non risulta però subito evidente. A partire dai primi mesi del 2006 si assiste a una significativa ricarica degli invasi che, dopo la siccità del 2005, registravano livelli idrometrici molto bassi. Tuttavia, a partire dalla tarda primavera, le precipitazioni, risultate inferiori alla media (il bollettino di ARPA Lombardia emesso in data 21 giugno evidenzia per il semestre un deficit di precipitazioni stimato oltre il 30% in meno rispetto alle medie storiche del periodo), il blocco nello scioglimento nivale a causa di temperature sotto la norma registrate tra fine maggio e inizio giugno, e il concomitante inizio della stagione irrigua inducono presto e, quasi di sorpresa, un’acuta sofferenza in tutti i bacini lombardi (con l’eccezione del bacino sotteso al lago di Garda - fiume Mincio). La flessibilità del sistema, data dalla capacità di invaso e da quella gestionale, risulta scarsa e non sembra far fronte a questa improvvisa situazione. In Lombardia particolarmente bassi risultano i livelli dei laghi di Como e Maggiore (http://www.urbimlombardia.it; http://www.laghi.net) e lo stato di secca in cui versa il Ticino, oltre che del Po, “soffocato com’è da piante acquatiche” riempie più volte durante l’estate le pagine del Corriere della Sera (14, 22 giugno e 19, 21, 23 luglio). Contesti emergenziali per l’uso idropotabile sono invece limitati solo ad alcune aree in provincia di Varese (Corriere, 14 e 18 giugno). I problemi più gravi a livello di bacino padano si registrano prima della fine di luglio in corrispondenza del delta padano, quando la portata in alveo su minimi storici del fiume Po non riesce più a contrastare la risalita del cuneo salino e risulta evidente la difficoltà dell’acquedotto Ferrarese ad approvvigionare i circa 400.000 abitanti che sottende (AdbPo, 2006). La maturata esperienza nei due eventi precedenti rende minori, nel corso del 2006, i tempi di reazione a livello istituzionale cosicchè il 21 giugno viene Como ai sensi e per gli effetti dell’art. 43 del regio decreto 1775/1933 e dell’art. 28 della legge 36/1994, come rettificato dal d.d.g Reti e Servizi di pubblica utilità n. 11386 del 20 luglio 2005” e d.d.g. DG Reti e Servizi di pubblica utilità n. 12264 del 4 agosto 2005 “Deroga temporanea al limite minimo di regolazione del lago d’Iseo ai sensi e per gli effetti dell’art. 50 del regio decreto 1775/1933. 47 siglato un accordo tra Regione Lombardia e società idroelettriche7 per definire i rilasci dagli invasi montani della Valtellina da programmare a scaglioni fino al 31 luglio sulla base dei diversi diritti di prelievo acquisiti storicamente e a garanzia del soddisfacimento delle utenze consorziate a valle del lago di Como. In parallelo il 22 e il 23 giugno, presso la sede dell’AdbPo a Parma, si tengono le prime riunioni del Comitato tecnico durante le quali, verificata una grave crisi idrica diffusa nell’intero bacino padano, viene ribadita ai concessionari la necessità di rilasciare. Il decreto della DG Reti e SPU del 6 luglio8 arriva con anticipo rispetto al 2005 per imporre un rilascio che a quella data risulta ancora disatteso. A fine luglio l’impegno risulta assolto da parte di tutti i gestori idroelettrici (con una eccezione) e le portate erogate dal lago di Como consentono al bacino sublacuale di contenere al minimo i livelli di crisi. Arriva in anticipo rispetto al 2005 anche la “Dichiarazione dello stato di emergenza” avvenuta con DPCM del 28 luglio. Dalla seconda metà di agosto in poi le piogge fanno risalire i livelli dei laghi, soprattutto nel lago Maggiore, ristabilendo condizioni di parziale equilibrio (http://www.laghi.net). Tabella 4.2 – Livello minimo raggiunto in alcune sezioni del Po rispetto allo zero idrometrico (m) Anni siccitosi/ Sezioni fiume PO 2003 2005 2006 Ponte della Becca (PV) -3.32 (20 luglio) -3.25 (1 agosto) -3.46 (21 luglio) Cremona -7.71 (23 luglio) -7.80 (27 luglio) -7.86 (22 luglio) -7.12 (19 luglio) -7.23 (31 luglio) Fonte: http://www.magispo.it -7.40 (22 luglio) Pontelagoscuro 7 “Programma concordato di scarichi dagli impianti idroelettrici della regione Lombardia in favore dei fiumi Adda, Brembo, Serio, Oglio e Chiese” sottoscritto da Regione Lombardia, AEM, Edison, Edipower e ENEL SpA in data 21 giugno 2006. 8 d.d.g. Reti e SPU n. 7815 del 06.07.2006 Disposizioni urgenti concernenti la regolazione delle portate nel bacino del fiume Adda, limitazioni temporanee all’uso dei serbatoi idroelettrici in concessione alle società Edipower SpA, Enel produzione SpA, Edison SpA, AEM SpA 48 Tabella 4.3 – Composizione dei Tavoli di confronto istituiti per la gestione delle emergenze idriche presso l’Autorità di bacino del fiume Po e Regione Lombardia (anni 2003-2006) Tipo Tavolo Tavolo Tecnico AdBPo, c.d. Cabina di Regia Soggetti partecipanti AdBPO Dipartimento Protezione Civile Regione Emilia Romagna Regione Liguria Regione Lombardia Regione Piemonte Regione Valle d’Aosta Regione Veneto Provincia Autonoma di Trento Enti Regolazione dei Laghi: Consorzi (Ticino, Adda e Oglio, Chiese di Bonifica di 2° grado) e Agenzia Interregionale per il Po (AIPO) Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni (ANBI) Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN) Società di Produzione di energia elettrica (ENEL S.p.A., Edison S.p.A., AEM Milano S.p.A., AEM Torino S.p.A., EDIPOWER S.p.A., ENDESA Italia, CVA S.p.A) Tavolo di Crisi Idrica di Regione Lombardia Assessorato alle Reti e Servizi Pubblica Utilità Assessorato all’Agricoltura Assessorato alla Protezione Civile Assessorato al Territorio ARPA Lombardia Enti Regolazione dei Laghi Unione Regionale Bonifiche Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari (URBIM) Società di Produzione di energia elettrica (ENEL S.p.A., Edison S.p.A., AEM Milano S.p.A., EDIPOWER S.p.A.) Fonte: Elaborazione IReR La stagione in corso… Fin da gennaio 2007 nella Lombardia, e in generale in tutto il Nord Italia, sono risultate evidenti e significative anomalie di precipitazioni e temperature stagionali, in confronto alle medie normali del periodo. Dopo un marzo relativamente nella norma, il mese di aprile 2007, per quanto concerne le precipitazioni, ha visto il riaccentuarsi delle condizioni di deficit idrologico stagionale che, a partire da settembre 2006 fino a metà aprile 2007, si è attestato su valori intorno al 30% rispetto alla media del periodo. Anche i modesti nevai dell’arco alpino, creatisi principalmente a seguito delle precipitazioni nevose del mese di marzo, sono andati incontro a una rapida e progressiva fusione per effetto delle alte temperature del mese di aprile (nota della Protezione Civile Nazionale, 7 maggio 2007). 49 Per quanto riguarda il fiume Po, le portate registrate alle cinque stazioni idrometriche di riferimento sono ovunque inferiori alle corrispondenti portate del 2003 e del 2006, anni caratterizzati da notevoli situazioni di crisi idrica. Con particolare riferimento alla disponibilità d’acqua per il raffreddamento delle centrali termoelettriche site lungo l’asta principale ed i relativi affluenti, le analisi condotte con cadenza mensile a partire dal febbraio scorso, dalla società TERNA, evidenziano la “necessità di misure di contrasto al fine di ridurre la vulnerabilità del sistema elettrico” (Corriere della Sera, 27 aprile 2007). I livelli idrometrici dei grandi laghi prealpini regolati (laghi Maggiore, Iseo, Como e Garda) evidenziano - al momento della redazione di questa ricerca situazioni differenziate di criticità: ben al di sotto dei valori medi stagionali e anche di quelli registrati nel 2003 e 2006 si presentano i livelli dei laghi di Garda e Maggiore, mentre i laghi di Iseo e Como sono ancora pari o di poco superiori alla media storica e analoghi a quelli registrati negli anni 2003 e 2006 (www.laghi.net). Non sono state ancora segnalate situazioni di particolare criticità per quanto riguarda l’approvvigionamento idropotabile, mentre per il comparto irriguo, in sede di Tavolo Tecnico dell’AdbPo, è stato messo a punto un programma di utilizzo delle risorse coordinato tra produttori idroelettrici, Consorzi gestori dei grandi laghi e Consorzi di bonifica ed irrigazione, al fine di invasare la gran parte delle risorse disponibili fino al 1 giugno 2007 e renderle poi disponibili nei due mesi successivi nel pieno della stagione irrigua caratterizzata anche dal picco della domanda di energia elettrica. In coordinamento coi lavori della Cabina di Regia AdbPo si sta muovendo il Tavolo Tecnico per il rischio elettrico per l’estate 2007, insediatosi presso il Ministero dello Sviluppo Economico con i rappresentanti della Protezione Civile, del Ministero dell’Ambiente, dell’Autorità di Bacino del Po, dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, di Terna e delle Regioni interessate. Una volta raggiunto il target di massimo invaso nei laghi e nei serbatoi elettrici l’attenzione si sposta infatti inevitabilmente sulla valutazione delle più idonee modalità di utilizzo delle risorse idriche accumulate e sul loro apporto al Po, necessario per i processi di raffreddamento delle centrali termoelettriche. Con ulteriore anticipo rispetto al 2006, ai primi di maggio e "in via precauzionale" il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto che riconosce lo stato di emergenza per l'allarme-siccità nel Centro-Nord. Anche la Regione Lombardia si è mossa per prepararsi sin da febbraio9 a contrastare nel breve/medio/lungo termine la crisi idrica ormai evidente. In primo luogo è stata modificata l’organizzazione del Tavolo regionale di crisi idrica (di cui alla Tab. 4.2) con la costituzione di un Gruppo di emergenza ristretto (c.d. “Cabina di Regia”10) – insediatosi in data 13 marzo – incaricato di valutare nel 9 Cfr. DGR n. 4161 del 14 febbraio 2007 (Presa d’atto della comunicazione del Presidente di concerto con l’Assessore Buscemi avente ad oggetto “Emergenza idrica 2007”) 10 La Cabina di Regia risulta composta da Regione Lombardia (Assessorati RSPUSS, Agricoltura, Ambiente, Protezione Civile e Presidenza), AdbPo, RID, ARPA, TERNA, Consorzi di Bonifica (attraverso URBIM), Associazioni agricole (CIA, FLA, Coldiretti) e del turismo, 50 dettaglio la disponibilità idrica nelle cinque principali aste fluviali (Adda, Chiese, Mincio, Oglio e Ticino), e quindi di individuare, grazie alla collaborazione degli enti gestori e dei rappresentanti degli interessi coinvolti, le soluzioni tecniche da adottare nel breve periodo per evitare l’emergenza. Il Gruppo di emergenza ristretto rientra poi in un Piano d’azione regionale più ampio, sfociato nel “Patto per l’acqua in Lombardia” tra la DG Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile e la DG Agricoltura, con la costituzione di tavoli tecnici allargati al fine di individuare programmi di intervento con un orizzonte temporale al 2020/2025 in tema di regole gestionali, sistemi irrigui, ordinamenti colturali, interventi infrastrutturali e campagne informative. 4.3. I Tavoli istituzionali attivati per la crisi idrica Il principale scopo delle interviste realizzate con i testimoni privilegiati è stato quello di raccogliere informazioni utili a ricostruire un quadro articolato dei più recenti eventi di crisi idrica in Lombardia e nell’intero bacino padano. In particolare, l’analisi proposta in questo contributo si focalizza sulla gestione dell’emergenza realizzata nel periodo 2003-2006, con accenni anche a quanto sta accadendo nella stagione in corso, attraverso l’istituzione dei tavoli di confronto attivati per fronteggiare la crisi (Tavolo di Crisi Idrica di Regione Lombardia11 e “Cabina di Regia” dell’AdBPo), che ha permesso di individuare alcune questioni rilevanti. In primo luogo l’analisi ha fatto emergere la “complessità tecnica” delle questioni legate alla risorsa idrica: le problematiche connesse alla sua disponibilità non si limitano soltanto a cause naturali legate a minori precipitazioni e/o a minori riserve (nevai e ghiacciai), ma investono anche questioni legate alle modalità per assicurare una sua equa ripartizione fra gli utilizzatori, nonché per garantire un sistema di gestione che sappia rispondere ad eventuali criticità in modo elastico ed efficiente. In secondo luogo, la questione della disponibilità idrica ha notevoli ripercussioni su alcuni interessi economici importanti (agricoli, industriali, energetici, turistico-ricreativi) che rendono la sua gestione particolarmente delicata e conflittuale. Infine, la gestione della risorsa idrica ha confini istituzionali incerti, che rendono necessario il coordinamento degli interventi a livelli territoriali e di governo diversi. Per queste ragioni, la promozione di tavoli istituzionali per individuare soluzioni efficaci e, almeno il più possibile condivise, è strategica e difficile. In Consorzi di regolazione dei laghi (Ticino, Adda, Oglio, Regolatori Laghi Idro e Garda), Grandi utilizzatori idroelettrici e termoelettrici. 11 A questo proposito è importante specificare che, nel corso dei primi mesi del 2007, l’organizzazione del Tavolo di Crisi Idrica di Regione Lombardia è mutata. 51 particolare, per realizzare questo studio sono state “testate” alcune particolari “virtù” prospettate dalla letteratura sviluppata sugli approcci partecipativi per i loro effetti su alcuni fattori di sviluppo locale. Fra questi la capacità di: 1. produrre decisioni basate sulla condivisione di un quadro conoscitivo comune e complesso. (Pellizzoni, 2003); 2. aumentare la legittimità delle decisioni, attraverso il coinvolgimento trasparente di tutti i principali portatori di interesse sulla questione nella definizione di soluzioni condivise. (Fung, 2004) 3. accrescere la cultura civica degli attori e migliorare le relazioni fiduciarie fra i partecipanti. (Neblo, 2005). In sintesi vengono di seguito riportate alcune prime riflessioni su questi elementi d’analisi. 4.3.1. La conoscenza condivisa Nonostante alcune criticità, l’istituzionalizzazione dei Tavoli per l’emergenza idrica (a livello regionale e di bacino del Po) sembra aver portato a un processo di progressiva costruzione di conoscenza condivisa rispetto alle problematiche legate alla minor disponibilità idrica nel territorio. Si tratta di un aspetto rilevante, in quanto la letteratura sulle risorse comuni dimostra come a un aumento delle informazioni disponibili corrisponda un incremento delle possibilità di gestione sostenibile delle stesse (Bravo 2005). Una conoscenza sistematica permette, infatti, di avere un quadro più preciso dello stato della risorsa e dei vantaggi ottenibili attraverso la trasformazione delle modalità di gestione, agevolando le condizioni per il successo di una gestione endogena (Ostrom 1990). L’incertezza rispetto alle condizioni ambientali, viceversa, incrementa comportamenti egoistici giustificati sulla base della negoziazione dei limiti della risorsa (Pellizzoni 2003). Rispetto al caso lombardo, se, nell’emergenza del 2003, i Tavoli erano stati riuniti per informare i soggetti interessati degli impegni poi previsti con il Protocollo d’Intesa (Cfr. par. 4.2), negli anni successivi si è potuto assistere alla definizione di pratiche orientate alla conoscenza dei fenomeni per la prevenzione degli eventi, confluite in primis nel Protocollo d’Intesa siglato nel giugno 2005 dai partecipanti al Tavolo tecnico dell’Autorità di Bacino del Fiume Po (cfr. par. 4.2) e poi nell’implementazione di modelli e di strumenti tecnico-previsionali. I risultati di questi processi sono stati definiti dai soggetti intervistati in termini positivi, anche se non del tutto esenti da problematiche organizzative e istituzionali. Ne sono esempio alcune difficoltà riscontrate nel pervenire a un quadro completo e condiviso delle informazioni, quale ad esempio la non completa sottoscrizione da parte di tutti i portatori di interessi coinvolti al Protocollo di Intesa del 2005. Come ha affermato un rappresentante delle istituzioni 52 «…utilizzare al meglio le disponibilità dei due (regolatori e utilizzatori) in modo congiunto e in accordo con le richieste irrigue di valle, credo che sia un’attività fondamentale. Devo dire che per fare questo bisogna avere una conoscenza condivisa dell’informazione, e su questo si è lavorato tanto e credo che adesso siamo arrivati ad un buon risultato, perché fino a che si parla di numeri, che poi non si condividono tra gli utilizzatori di monte e quelli di valle, c’è sempre qualcuno che ruba l’acqua... oggi almeno si parla di problemi e non di dati, i dati sono condivisi, quindi da dati trasparenti si arriva a soluzioni che, chiaramente, non sono mai pienamente condivise, però si arriva a soluzioni dialettiche.... » (Int. 3) Si tratta di dinamiche che introducono il punto d’analisi seguente, relativo alla definizione degli interessi che legano gli attori alla gestione della risorsa idrica. 4.3.2. Soluzioni condivise? Nonostante la progressiva promozione del sistema di condivisione dei dati e delle informazioni descritto precedentemente, le interviste realizzate con i testimoni privilegiati hanno evidenziato la persistenza di tensioni riguardo alle soluzioni adottate per affrontare la crisi idrica. Queste contrapposizioni sono riscontrabili a partire dalla definizione della problematica, e delle sue cause, proposta dai diversi attori. A fronte di un sostanziale accordo rispetto all’incidenza dei fenomeni naturali sulla disponibilità di risorsa idrica in Lombardia (Cfr. par. 1.1), è possibile individuare l’esistenza di alcune argomentazioni che, rispettivamente, contraddistinguono le posizioni espresse dai rappresentanti degli utilizzatori (settore agricolo e idroelettrico), dei regolatori e delle istituzioni. Secondo alcuni attori del settore agricolo, fatta salva la scarsità della risorsa, non sempre avverrebbe una sua ridistribuzione equa in funzione dei diritti di concessione acquisiti e in una logica di bacino. In particolare, i quantitativi di acque necessari a garantire le utenze di valle dei Consorzi di regolazione dei laghi, che secondo le titolarità dei diritti di concessione acquisiti spettano, in caso di crisi, con priorità alla parte agricola, sarebbero stati invece trattenuti dalle aziende idroelettriche presso le dighe alpine, in un periodo “non di loro competenza” (Int. 6). Da qui la richiesta fatta ai derivatori idroelettrici di rilasciare acqua a lago. A questo fenomeno si sarebbe inoltre sommato il fatto che, con il processo di liberalizzazione nella produzione dell’energia elettrica, sarebbe subentrata una logica diversa della gestione della risorsa idrica, legata non solo ad “eventi idrologicamente interpretabili”, ma anche ad un valore economico dell’acqua che risulta differente in diversi momenti della giornata. Come afferma un rappresentante del settore agricolo « Dal 2002 il panorama idrologico è cambiato perché si è inserita una nuova variabile che idrologica non è, o lo è in misura minima: adesso i volumi trattenuti 53 in montagna seguono una logica esclusivamente dettata dal Mercato Elettrico… Oggi l’energia elettrica è diventata una merce da porre sul mercato; il produttore idroelettrico che può accumulare l’acqua, come chi gestisce un bacino alpino, deve tendere a vendere la propria produzione quando il prezzo è più remunerativo…Questa nuova logica rende maggiori difficoltà a chi, in pianura, attende l’acqua ‘dai monti’; figuriamoci quando l’acqua, come nel 2005 e nel 2006, è veramente poca!» (Int. 10). Una diversa impostazione del problema è invece offerta da chi ritiene che la causa principale della crisi sia da rintracciare nell’uso non ottimizzato della risorsa che viene fatto a livello agricolo e nelle differenti modalità di richiesta introdotte recentemente per soddisfare le necessità dettate da colture sempre più idroesigenti. Per questi attori, il sistema di irrigazione “a scorrimento” ancora oggi prevalente in Lombardia, sarebbe una causa rilevante di dispersione della risorsa. Come afferma un testimone, «L’agricoltura nella Pianura Padana è un’agricoltura intensiva e bene abituata dalla grossa disponibilità di risorsa che il Padre Eterno ci ha donato... e abbondante che sia, l’abbondanza non giustifica una mala gestione e il non risparmio. Io vedo ancora un sacco di terre irrigate a scorrimento che è la forma peggiore, quella che presuppone un largo consumo di acqua, non dico di farla a goccia come la fanno gli israeliani, ma almeno a pioggia insomma… che ci sia la razionalizzazione degli usi e quant’altro» (Int. 7). Un’opinione diversa è invece espressa dalla maggioranza degli attori istituzionali che ritengono che le cause del problema siano complesse e concorrenti. Come affermato da un rappresentante istituzionale: «Ognuno di questi soggetti – il clima intanto fa un po’ quello che vuole - cerca di individuare le cause nell’altro…per cui gli agricoltori dicono: c’è il mercato della borsa elettrica, e gli altri dicono: ma siete voi che sprecate l’acqua; probabilmente se andiamo a vedere sono tutti fattori concorrenti» (Int. 5). Vi sono inoltre alcune problematiche sollevate durante le interviste che, a differenza delle precedenti, non contraddistinguono immediatamente le riflessioni di una certa categoria di attori e che sono ritenute, di volta in volta, di rilevanza elevata o scarsa sulla fragilità complessiva del sistema. La prima è relativa alla “scarsa capacità di immagazzinamento, limitata verso l’alto” (Int. 4) di due laghi lombardi. Si evidenzia qui in primis la questione di piazza Cavour a Como la quale, a causa di una subsidenza del terreno, si trova in una posizione tale per cui si allaga in corrispondenza dei livelli massimi di invaso del lago. Ciò ha imposto un vincolo e il lago non può essere sfruttato alla massima potenzialità. Gran parte degli intervistati, appartenenti sia alla categoria degli utilizzatori che delle istituzioni, ritiene che il progetto di arginature mobili, «finanziato dagli anni novanta…, già appaltato e che è adesso in Consiglio di Stato per dei ricorsi» (Int. 3), potrebbe essere risolutivo aumentando in modo 54 consistente le disponibilità idriche per gli utenti di valle. Altri attori invece ritengono che a monte mancherebbe la risorsa idrica da invasare, come dimostrato nei tre recenti eventi di poca pioggia, e che inoltre «il beneficio che verrebbe prodotto sarebbe irrilevante rispetto alle problematiche paesistico-ambientali indotte» (Int. 6). Da un attore istituzionale vengono poi ricordati “i problemi relativi alla tenuta delle sponde a valle della traversa del lago d’Idro”, dove è presente una paleofrana: «Siccome la paleofrana è una vecchia frana, ma ancora in movimento, si rischia che con l’agire dell’acqua essa possa venire giù producendo l’effetto di un tappo. Questo è un problema perché, a causa dell’insufficiente garanzia prestata dalle opere già realizzate, il livello del lago è tenuto basso, ma ciò mal coincide con le aspettative della popolazione che vorrebbero un lago alto…» (Int. 4) Un’altra questione, evidenziata dai rappresentanti dei regolatori e degli utilizzatori agricoli, riguarda l’aumento degli utenti e degli attingimenti. In particolare, a una serie di attività di prelievo prima in equilibrio o quasi, che erano quelle in regime di concessione ordinaria dallo Stato e dalle Regioni, si sarebbero sommati attingimenti o prelievi occasionali, in regime di concessione temporanea o anche privi di concessione, che, uscendo da un bilancio storico, metterebbero in sofferenza un governo di risorsa condiviso tra tutti gli utenti storici (idroelettrici, agricoli, acquedotti e altri). Per la parte istituzionale la questione del “proliferare di pozzi di soccorso per l’irrigazione”, pur ammettendo che vi siano ancora ampi “margini di miglioramento per la loro gestione”, non è un fattore particolarmente rilevante per l’innescarsi della crisi idrica (Int. 3). È chiaro come il solo parziale accordo rispetto alle cause scatenanti la crisi, porti anche a valutazioni differenti delle soluzioni finora adottate e di quelle prospettabili. Su questo aspetto è possibile affermare che gran parte dei soggetti intervistati ha approvato le linee di intervento proposte dai due decreti regionali del 2005 e del 2006 che, come già detto, ha previsto dei quantitativi di rilascio da parte degli idroelettrici di monte verso le utenze di valle. Le opinioni positive si basano generalmente sull’argomentazione che ciò avrebbe reso finalmente attuative le priorità nell’uso della risorsa idrica, previste dal quadro degli antichi diritti di prelievo consolidati in sede concessoria. I pareri contrari all’intervento, invece, sono generalmente motivati da questioni legate ai criteri dell’efficacia e dell’equità. Rispetto all’efficacia, da alcuni attori il provvedimento viene giudicato come un “intervento tampone” o comunque non inserito in una logica di sistema più ampia. Riguardo alla questione dell’equità, invece, le prescrizioni del Decreto vengono definite “ingiuste” dagli attori più severamente colpiti dagli obblighi imposti, ovvero i derivatori idroelettrici, per: 55 ¾ ¾ le perdite economiche subite dal settore; «ripeto per noi è un grossissimo danno..però la Regione ci ha chiamato a valutare questi enormi sacrifici e noi con tanto spirito civico e con buona volontà ci siamo seduti attorno a un tavolo. però non è che siamo contenti, no, no, perché siamo convinti che queste misure sono sbagliate, soprattutto si poteva fare molto di più e molto prima, in una maniera migliore senza andare a pregiudicare quelli che sono gli interessi degli operatori importanti del ciclo delle acque, tutto qua.. » (Int. 7) una questione di responsabilità più ampia, che riguarda i vincoli posti a soggetti che producono energia, un bene di utilità pubblica per di più prodotta da fonti rinnovabili. «Il nostro è anche un Paese che l’inverno scorso ha sopportato l’emergenza gas, cioè si rischiava di tagliare le forniture di energia elettrica, quindi il riscaldamento delle case ecc.., perché mancava il gas; se noi avessimo avuto un po’ d’acqua anche per questo inverno una grossa mano si poteva dare, noi non ce l’avremo più quell’acqua questo inverno, allora cosa ci diranno, ci diranno che siamo degli sciagurati perché l’abbiamo consumata…» (Int. 7). In sostanza si tratta di posizioni spesso contrastanti che, oltre a essere l’espressione della complessità che connota il governo della risorsa idrica, sembrano in buona parte determinate dagli interessi che legano i testimoni intervistati alle loro categorie di appartenenza. Quest’evidenza sembrerebbe quindi confermare le tesi di chi sostiene che, nei processi partecipativi in cui sono coinvolti rappresentanti di interessi, sia di fatto complicato giungere a decisioni non solo negoziali, ma anche consensuali e orientate al bene pubblico. Questi attori, infatti, dovendo rispondere del loro operato a entità esterne, non sarebbero del tutto liberi di modificare le loro posizioni iniziali (Bobbio, 2006). Una più attenta analisi delle opinioni espresse dagli attori può, però, portare ad analizzare altre questioni. La prima è la funzione che il processo partecipativo ha rivestito per il soggetto istituzionale, che ha beneficiato della ricostruzione condivisa del quadro conoscitivo attuata attraverso il coinvolgimento degli attori. Questo ha permesso, ad esempio, di agire con sempre maggiore anticipo alle crisi idriche avvenute negli ultimi anni. Come ha affermato un testimone istituzionale intervistato: «Nel 2005 il tavolo si è riunito una volta sola, però in effetti c’era ancora risorsa idrica disponibile. Il 2006 invece costituisce un anno significativo perché ci si è mossi sin da febbraio, cioè all’interno di un percorso di studio volevamo verificare la disponibilità della risorsa. Gli idroelettrici avevano detto che erano in crisi (30% di risorsa disponibile a febbraio). Bisognava quindi anticipare la lettura del modello progettuale fatto dal Politecnico il prima possibile. Il tavolo si è dato appuntamento a maggio per vedere cosa sarebbe successo modificando in parte le gestioni: quel giorno ha nevicato e la nevicata ha fatto slittare un po’ la questione, fino al 2 di giugno quando la temperatura è calata clamorosamente in quota bloccando completamente il deflusso per scioglimento» (Int. 6). 56 La seconda questione è relativa all’accordo unanime dichiarato riguardo alla necessità di investire in interventi strutturali per ottimizzare la gestione della risorsa idrica in Lombardia. In particolare viene evidenziata la necessità di passare da una gestione dell’emergenza alla prevenzione della crisi. «In primis è necessario agire in ottica di prevenzione e non di gestione dell’emergenza. Dal 2003 è stato fatto qualche passo in avanti come il tentativo di portare a un tavolo di concertazione tutti i soggetti e le attività in corso, da parte dell’Autorità di Bacino, per la definizione di un quadro conoscitivo unitario del bilancio idrico del bacino del Po con tutte le sue componenti» (Int. 6). Inoltre, dalla maggior parte degli attori viene anche evidenziata la necessità di adottare procedure consolidate, anche se non per tutti formalizzabili su basi normative, in casi di crisi idrica incipiente. Come affermato da un rappresentante delle istituzioni «La criticità maggiore, prima si pensava fosse quella di avere i dati, invece tutto sommato i dati sono venuti fuori, vedi questi grafici, e anche se si dice “i dati sono questi, questo bacino è meglio di quell’altro, negli invasi montani c’è di più rispetto al 2005, ci sono dei margini di manovra per la riduzione dei fabbisogni irrigui…”, ma, anche se metti sul tavolo tutto questo, poi non c’è uno strumento decisionale forte …» (Int. 5). «…Nel 2003 si è andati in crisi per l’anticipazione della stagione, ha fatto molto caldo e ha anticipato le esigenze delle colture…dopodiché si è chiesto agli invasi idroelettrici di erogare, ai laghi di continuare a erogare, agli agricoltori però di cominciare a fare un risparmio e comunque a programmare prelievi minori in relazione alle colture, in generale a migliorare l’uso delle risorse mediante un confronto sui fabbisogni di priorità e su una procedura che venga approvata a monte che stabilisca che nel momento in cui i valori di disponibilità sono “x” si faccia un’operazione di riduzione dei prelievi senza dover fare ordinanze, ma seguendo indicazioni predefinite e verificandone il loro rispetto. Questa è la Direttiva di magra che dovremmo affrontare…» (Int. 5). Il punto di vista delle istituzioni, tuttavia, varia – in relazione alle tipologie di procedure da adottare - a seconda del livello di governo. Come affermato da un esponente della Regione: “Gli ambiti di intervento sono molteplici. Il primo è quello che noi abbiamo chiamato “Risottoscrivere un Patto per l’Acqua”…si tratta poi di innescare, a partire dalla riscrittura di nuove regole di gestione che partano dalla condivisione di una situazione di maggiore scarsità di risorsa, un processo virtuoso che metta a sistema tutti i fattori convergenti (razionalizzazione e contenimento degli usi irrigui e delle acque di falda, costituzione di una Cabina di regia…)…un’altra questione è invece che ci stiamo preparando per chiedere al Governo il 57 Commissariamento sulla risorsa idrica, perché senza questi poteri più ampi si rischia di degenerare. La legge regionale ahimè non serve. Il Commissariamento, che può essere dato solo dal Governo una volta accertato lo stato di crisi, consente di sostituirci a tutte le funzioni e ad intervenire su tutti gli organi…” (Int. 4) In tale punto di vista emerge anche l’attualissima questione della ripartizione delle competenze Stato-Regioni in materia di risorse idriche, e più in generale ambientale, laddove alcune regioni – compresa la Lombardia - stanno chiedendo sempre più delega e poteri speciali. 4.3.3. Tavoli Istituzionali e rappresentanza. Il caso del settore agricolo. La realizzazione delle interviste ai testimoni privilegiati non direttamente coinvolti nei Tavoli istituzionali sulla crisi idrica, ha permesso di individuare una criticità relativa al grado di rappresentatività dei soggetti presenti ai Tavoli rispetto ai loro settori di appartenenza. Come è noto, l’inclusione di tutti i soggetti interessati dagli esiti del processo di elaborazione delle politiche è uno dei principali requisiti della gestione partecipata delle risorse comuni, ma è anche una delle criticità più frequentemente riscontrata nella promozione di tali processi (Ostrom 1990). Nel nostro caso di studio, in particolare, si sarebbe verificato un deficit di rappresentanza degli operatori del mondo agricolo a causa di alcune problematiche di seguito esposte. Riguardo alla questione della rappresentatività dell’Assessorato all’Agricoltura rispetto agli interessi del suo settore produttivo viene sottolineata una dimensione del problema relativa al fatto che «la DG Agricoltura è un’istituzione, mentre io sono un’organizzazione professionale. Non si può pensare che un’istituzione tuteli i miei interessi in un rapporto con un’altra istituzione.. » (Int. 12). Anche il ruolo dell’Unione Regionale delle Bonifiche, dell’Irrigazione e del Miglioramento Fondiario (URBIM) è in generale considerato poco rappresentativo degli interessi di categoria in quanto, «…Sono tutte mediazioni di posizione perché anche l’URBIM, con la riforma, rappresenta gli interessi anche degli utenti, dei cittadini, degli abitanti, delle città…» (Int. 12). Alcuni attori del mondo agricolo chiederebbero, in sostanza, di essere più direttamente rappresentati nelle sedi di discussione sull’emergenza idrica attraverso il coinvolgimento di altri enti espressioni degli interessi del settore ai Tavoli per l’emergenza (e non solo al Tavolo Agricoltura), poiché: 58 «Sono ruoli…un conto è il Consorzio di Bonifica, un conto è il Consorzio di Miglioramento Fondiario, un conto è il Consorzio di Irrigazione, tant’è vero che nella crisi del 2003 il Presidente Formigoni ha convocato attorno ad un tavolo tutti i rappresentanti degli interessi chiamando sia i gestori degli impianti e anche le organizzazioni professionali. Abbiamo fatto un paio di incontri, allora in via Pola, nella sala ovale, dove si chiedeva ai gestori di rilasciare: c’era il mondo agricolo, l’autorità dei laghi…c’era il sistema, ognuno rappresentato dai propri componenti» (Int. 12). Rispetto a quanto detto sopra è tuttavia necessario rilevare che da quest’anno anche le organizzazioni agricole professionali sono state chiamate a partecipare alla nuova “Cabina di Regia” regionale (Cfr. par. 4.2). Una questione specifica che emerge è relativa al ruolo dei Consorzi di Bonifica come soggetti rappresentativi del settore agricolo, non solo in stretta correlazione con la gestione dell’emergenza idrica. Innanzitutto, secondo l’opinione di un testimone intervistato, “L’acqua per l’Agricoltura trova nei Consorzi di Bonifica enti di gestione ai quali è affidata anche la pianificazione, in un miscuglio di controllore/controllato che si commenta da solo …Il Consorzio di bonifica non dovrebbe difendere soltanto gli interessi propri, svolgendo anche attività di irrigazione in competizione con i soggetti privati, ma deve trovare il modo di essere il regista di tutti quelli che gestiscono quelle che io chiamo ‘acque territoriali’; ‘regista’ vuol dire coordinatore, pianificatore, controllore, riferimento, difensore, interlocutore credibile ed autorevole. E’ questo il nodo che deve essere sciolto e che se fosse sciolto, come prevede la legge 7/2003, potrebbe dare il via ad un meccanismo che la legge prevede, che non c’è e del quale si sente estremo bisogno…gli strumenti di legge oggi ci sono, è necessario darne applicazione”. “Come già ho detto, in aprile la Regione dovrebbe chiamare tutti i Consorzi di bonifica e i concessionari non irrigui (significativamente gli idroelettrici alpini) e dire: “Signori, quest’anno le previsioni sono queste . . . cosa facciamo?”. A loro volta i Consorzi di bonifica dovrebbero chiamare tutti quelli che gestiscono l’acqua per l’agricoltura e dire “Che problemi avete? Quali sono le vostre previsioni? Quali sono le vostre intenzioni sulla regolazione? Perché io devo andare in Regione a riferire per tutto il mio comprensorio”. Ecco cosa dovrebbe avvenire in un mondo non ideale ma semplicemente previsto dalla legge; già avremmo un’arma in più contro l’emergenza” (Int. 10). Inoltre, secondo l’opinione dello stesso testimone, questi enti, che dovrebbero assicurare un’ampia partecipazione “degli enti locali, dei soggetti irrigui e degli altri enti operanti nel comprensorio”, come previsto dall’ Articolo 13 comma 1 “Piano comprensionale di Bonifica e di Irrigazione” della L.R. 7/2003 dimostrerebbero invece alcune inefficienze nel loro operato: 59 “ Il problema è che non ho mai visto un Consorzio di bonifica che abbia riunito, dal 2003 ad oggi, tutti i gestori per dire, “Signori, io sono il Consorzio di Bonifica, io sono il regista, io mi occupo di pianificazione, voi avete soltanto il diritto/dovere, nel vostro stesso interesse, di farmi presente i vostri problemi, sia dal punto di vista strategico, sia dal punto di vista emergenziale-tattico…” (Int. 10). In relazione alla gestione dell’emergenza lo stesso testimone sottolinea: “Guardiamo all’emergenza di quest’anno 2006. La Regione, che vuole fare il punto della situazione idrica, coerentemente si appella all’Unione Regionale delle Bonifiche, Irrigazione e Miglioramenti Fondiari (questo è il nome completo dell’URBIM), la quale fornisce i dati con un documento del 21 giugno riferendo dei problemi dei Consorzi di bonifica, non del territorio tutto, perché, a loro volta, i Consorzi di bonifica si preoccupano soltanto della propria situazione, non hanno alcuna attenzione agli altri che operano nel medesimo settore…” (Int. 10). 4.3.4. Il miglioramento delle relazioni fiduciarie Il miglioramento delle relazioni fiduciarie è un risultato particolarmente rilevante per valutare l’esito di un processo partecipativo: la “fiducia” è, infatti, una dimensione importante del capitale sociale a disposizione di un contesto territoriale (Putnam 2004). Quanto al nostro caso di studio, è possibile affermare che tale miglioramento sia stato uno dei risultati del processo maggiormente apprezzati dai testimoni intervistati, soprattutto per quanto riguarda i rapporti fra soggetti rappresentanti interessi di utilizzatori diversi. Il miglioramento delle reti di fiducia interpersonale (Mutti 2003) rappresenta un elemento significativo, soprattutto a fronte degli interessi spesso contrapposti che caratterizzano le diverse posizioni. Questo miglioramento sarebbe stato determinato dalla “conoscenza diretta”. Come ha efficacemente affermato un testimone intervistato, «di fatto da tre anni ci stiamo ritrovando le stesse persone sullo stesso argomento, per cui è molto più facile capirsi e non bluffare, il primo anno si bluffa tutti, ma il terzo anno…» (Int. 2). Nonostante questo riconosciuto miglioramento, tutti i soggetti hanno anche manifestato la persistenza di alcune resistenze nel difendere posizioni di parte, spesso sfociate nella mancata adesione a iniziative collettive (Cfr. 4.3.1.) o, nei casi più gravi, alla richiesta di indagini supplementari, fino al ricorso per le vie legali, sulle soluzioni adottate per fronteggiare la crisi (Corriere della Sera, 22 luglio 2006). Un aspetto che però è interessante evidenziare è la reciproca “tolleranza” manifestata dai soggetti nei confronti di queste manifestazioni, probabilmente imputabile: 60 ¾ al riconoscimento reciproco del ruolo di rappresentanti di interessi ricoperto dagli attori, che, come è già stato anticipato, devono rispondere del loro operato a entità esterne e non sono del tutto liberi di modificare le loro posizioni iniziali (Bobbio 2006). ¾ alla maggiore consapevolezza della complessità della questione e delle responsabilità di ogni settore (e attore) nella determinazione del problema. E’ certo quindi che questo processo ha agito significativamente come soggetto di diffusione della fiducia (Mutti 2003) fra attori economici e sociali. A questo riguardo è inoltre interessante notare come, all’interno di molte realtà, si sia aperta una riflessione sui possibili interventi per una gestione unitaria e ottimale della risorsa idrica. Si tratterebbe di una capitalizzazione importante dell’esperienza, non solo a livello dei singoli utilizzatori e delle singole associazioni di categoria, ma anche a livello istituzionale: il tavolo, infatti, sembrerebbe aver agevolato le relazioni e il coordinamento fra i diversi settori della pubblica amministrazione, che rappresenta uno degli obiettivi dei processi di partecipazione, come auspicato in sede europea in campo di integrazione delle politiche ambientali (EEA, 2005). Quanto invece a un'altra dimensione rilevante della fiducia, ovvero quella dei rapporti fra attori economici-sociali e istituzioni pubbliche, è ancora da indagare quanto il tavolo abbia contribuito a migliorare le relazioni fra utilizzatori e istituzioni . 61 Capitolo 5 Considerazioni conclusive Il caso presentato permette di avanzare alcune riflessioni utili, sia per gli studi che analizzano gli approcci partecipativi all’elaborazione di politiche pubbliche, sia per le discipline che studiano nuovi strumenti per migliorare la gestione della risorsa idrica, da sempre strategico fattore di sviluppo locale. Riguardo ai risultati ottenuti dai Tavoli, vi è stato un progressivo miglioramento nel coordinamento degli interventi, non solo per fronteggiare l’emergenza ma, a partire dal 2003, anche in un’ottica di prevenzione dell’evento siccitoso. Il primo passo è stato la ricostruzione di un quadro conoscitivo condiviso, che ha consentito l’attivazione di alcune misure preventive in tempi più idonei. La ricostruzione di questo quadro ha inoltre stimolato una serie di riflessioni sulla necessità di promuovere innovazioni “interne” ai settori e alle organizzazioni partecipanti ai Tavoli, che in alcuni casi sono già state concretizzate (es. coordinamento fra settori della pubblica amministrazione) e in altri contesti sembrano almeno essere in via di definizione (adeguamento e razionalizzazione del sistema di irrigazione, ottimizzazione delle capacità di invaso…). Si tratta però di un processo ancora contraddistinto da criticità, sia istituzionali che tecniche, che richiede interventi importanti. In primo luogo, viene da più parti sottolineata la necessità di individuare regole più precise per passare dalla gestione dell’emergenza al governo dell’ordinarietà e per consentire ai Tavoli di lavorare su nuovi elementi di miglioramento del sistema. In secondo luogo, sono emerse criticità relative al coordinamento tra i diversi livelli territoriali e di governo, che evidenziano la necessità di un maggiore confronto fra le regioni del bacino padano e anche a livello nazionale. Inoltre, permangono le tensioni legate ai notevoli interessi economici che legano tutti gli attori alla gestione della risorsa idrica. Ne sono testimonianza: i recenti ricorsi giudiziali promossi da alcune società del settore idroelettrico; la richiesta di un maggiore coinvolgimento del settore agricolo nei processi decisionali, attraverso la partecipazione diretta delle organizzazioni professionali ai Tavoli attivati per l’emergenza idrica. Nonostante queste problematiche, il processo sembra però aver alimentato una discussione sulla necessità di rivedere le regole di gestione e di governo di una risorsa comune che, come tale, prevede necessariamente una disponibilità massima di utilizzo superata la quale il sistema evidenzia tutta la sua fragilità. Il sistema efficiente di utilizzo intensivo delle acque - che sino ad oggi ha governato la regolazione dei grandi laghi lombardi subalpini, in virtù di diritti di prelievo riconosciuti primariamente in capo all’uso irriguo – rischia oggi di essere messo in crisi di fronte a una sempre minore disponibilità della risorsa. A tal proposito l’iniziativa di Regione Lombardia denominata “Risottoscrivere un nuovo Patto per l’Acqua”, costituisce un passo importante orientato a coinvolgere i soggetti interessati nella ridefinizione di nuove regole di gestione dei laghi subalpini, e, in generale, dell’intero sistema idrico lombardo. L’utilizzo della risorsa idrica, anche in una regione tradizionalmente ricca di acqua come la Lombardia, non è illimitato, non può partire solo dal quadro dei diritti di prelievo acquisiti storicamente e quindi non può prescindere da una valutazione preventiva e accurata della disponibilità complessiva. L’esperienza di questi eventi ha inoltre maturato in Lombardia una generale consapevolezza sulla preziosità della risorsa, non solo per la produzione di indispensabili beni materiali, ma anche per la tutela dell’equilibrio ecosistemico e la fruizione sociale dell’ambiente naturale. 64 Parte terza Il Servizio Idrico Integrato tra stato dell’arte e prospettive future Capitolo 6 Gestione sostenibile dei servizi idrici 6.1 . Quadro teorico e ipotesi di ricerca La gestione sostenibile dell’acqua è strettamente legata alla gestione dei servizi idrici. Questi sono definiti come (Arnaudo, 2003): “tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica: (a) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali e sotterranee; (b) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali” (art. 2 Dir. 2000/60/CE). Questa definizione è coerente con quella introdotta precedentemente dalla legge Galli (l. 36/94, art. 4), la quale fa riferimento all’“insieme dei servizi idrici pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue”. In questo lavoro l’attenzione sarà posta alle attività descritte sopra, con particolare riferimento agli usi civili. Il legame tra risorsa e servizi risulta lampante qualora si pensi al ruolo fondamentale svolto dalle infrastrutture idriche: da un lato, queste fanno sì che la risorsa sia disponibile nel luogo e nel momento desiderati, rispettando i requisiti qualitativi richiesti dai diversi usi. Dall’altro, i servizi di collettamento e depurazione dovrebbero garantire che gli scarichi siano restituiti all’ambiente in condizioni da non compromettere l’equilibrio degli ecosistemi (de Carli et al., 2003). Da un punto di vista ambientale, i servizi idrici permettono di mantenere o migliorare lo stato della risorsa in due modi: da un lato il buon mantenimento delle condotte idriche garantisce che la risorsa non sia sprecata, attraverso ad esempio perdite di rete; dall’altro il collettamento e la depurazione degli scarichi diminuisce l’impatto delle attività umane sugli ambienti acquatici. Il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale dipende quindi dalla capacità degli attori istituzionali ed economici di garantire la funzionalità del sistema nel tempo, e di adeguarne le capacità all’evolversi della domande sociali, in relazione sia ai consumi idrici (quindi alla maggiore richiesta di risorsa grezza) che all’aumentare delle aspettative di qualità della vita (elemento strettamente dipendente dal mantenimento della qualità degli ambienti acquatici, attraverso un potenziamento delle capacità depurative). Operativamente, si possono individuare una serie di obiettivi da perseguire nella gestione dei servizi idrici, di carattere ambientale, economico e sociale. In primo luogo, il servizio idrico integrato deve essere in grado di garantire, in quanto servizio di interesse generale, la sicurezza degli approvvigionamenti, la conservazione nonché il miglioramento dello stato della risorsa (nei casi in cui questa risulti non idonea agli usi che è chiamata a soddisfare) e il mantenimento delle reti e delle dotazioni idriche nel tempo, per permettere anche alle generazioni future di fruire dei servizi forniti dalla risorsa stessa. In questo senso, è necessario che le infrastrutture idriche siano mantenute funzionali attraverso adeguati investimenti. È quindi fondamentale che i gestori dei servizi idrici siano capaci di fronteggiare eventi estremi, quali le crisi idriche o le alluvioni, garantendo performance ottimali del servizio. In secondo luogo, considerando gli obiettivi di carattere economico, la stessa Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) riconosce il ruolo che i servizi idrici rivestono nel raggiungimento del buono stato ecologico, attraverso una serie di misure (infrastrutturali e non) che devono essere attuate dagli Stati Membri (per il tramite delle Autorità competenti) e che devono essere inserite nei Piani di Bacino. Il problema del mantenimento delle infrastrutture idriche si intreccia con il problema del finanziamento dei servizi. La stessa direttiva sancisce, a questo proposito, il principio dell’autosufficienza finanziaria, secondo cui le entrate tariffarie dovrebbero generare un cash flow sufficiente a finanziare i nuovi investimenti e la manutenzione delle reti e degli impianti esistenti. Questa previsione ha importanti impatti distributivi: dire che il settore dei servizi idrici deve sempre più reggersi “sulle proprie gambe”, senza poter contare, come in passato, su trasferimenti di risorse finanziarie raccolte dalla fiscalità generale, implica che il costo del servizio debba ricadere sugli utenti finali. Di conseguenza, la dimensione economica di gestione del servizio viene ad essere strettamente legata alla dimensione sociale: la considerazione della valenza dell’acqua come bene essenziale alla vita, richiede che il servizio sia accessibile alla totalità della popolazione e non risulti eccessivamente costoso in relazione agli usi essenziali. Questo fa sì che non sia sufficiente determinare il livello tariffario, ossia gli introiti necessari a garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione, ma debba essere definita anche la struttura tariffaria, ossia l’articolazione della tariffa lungo fasce di consumo, in modo tale che i consumi essenziali siano garantiti attraverso una tariffa accessibile a tutti, indipendentemente dalla capacità contributiva. Il riconoscimento della valenza sociale dell’acqua non dovrebbe, tuttavia, giustificare comportamenti dissipativi. In questo senso, la tariffa nelle intenzioni 68 del legislatore comunitario, riveste un fondamentale ruolo incentivante, quale strumento in grado di influenzare la domanda d’acqua dei diversi utilizzatori12. Infine, considerata la sempre più scarsa disponibilità di risorse finanziarie pubbliche, esiste il problema di coinvolgere soggetti privati nel finanziamento e fornitura dei servizi. Va premesso che esistono diverse possibilità di coinvolgimento del settore privato e la questione rilevante, ai fini dell’analisi, non è se e come coinvolgere soggetti terzi, ma come garantire l’interesse generale. Di conseguenza, va posto in essere un sistema di regolazione che garantisca che la fornitura dei servizi idrici sia efficiente, in modo tale che il servizio sia fornito al minimo costo. Delineato il problema in linea teorica, possiamo rivolgere la nostra attenzione alla situazione contingente italiana e, nello specifico, lombarda. La riforma delineata dalla legge Galli, introducendo l’obbligo di riorganizzare il servizio a livello di ambito territoriale ottimale (ATO) in un’ottica di gestione industriale del servizio, aggiunge un altro tassello alle dimensioni delineate sopra (ambientale, economica e sociale), ossia quello istituzionale. La protezione della risorsa (dimensione ambientale) attraverso adeguati investimenti (dimensione economica), senza che gli impatti sulle tariffe risultino troppo marcati (dimensione sociale) dipende fortemente dalla capacità degli attori istituzionali, economici e sociali di riorganizzare ruoli e funzioni in merito alla gestione della risorsa e dei servizi, come delineato dalla normative comunitarie e nazionali. La legge Galli, infatti, delinea una separazione tra soggetti deputati alla regolazione economica dei servizi (Comitato di Vigilanza) e i gestori del servizio stesso (unici a livello di ambito). Questa divisione, in alcuni casi, risulta piuttosto vaga, visto che coloro i quali sono deputati alla regolazione del servizio, ossia i Comuni, per il tramite delle Autorità d’Ambito (AATO) partecipano, in quanto azionisti, alla gestione del servizio. Di fatto, quindi, i Comuni vengono ad avere un duplice ruolo, di controllori (in quanto membri delle AATO) e di regolati (in quanto azionisti dei soggetti gestori) Questa confusione di ruoli rischia di non garantire la fornitura efficiente del servizio idrico. La recente proposta di riforma dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, allo scopo di allargarne le competenze ai servizi idrici, permetterebbe di mantenere in capo alle AATO solamente i compiti di concedente il servizio idrico, concentrandosi, per quanto concerne la regolazione ex ante, sulla definizione del piano degli investimenti, sull’affidamento del servizio e sul monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi di qualità e, per quanto riguarda la regolazione ex post, sul monitoraggio degli obblighi del concessionario in termini della qualità della risorsa e degli standard del servizio13. Diventa quindi fondamentale, affinché gli obiettivi di sostenibilità delineati sopra siano raggiunti, che ogni soggetto (sia questo regolatore o gestore) svolga il proprio ruolo in maniera efficace, e che sia garantito il coordinamento tra i diversi attori in campo. Alcuni autori (Anwandter e Rubino, 2006) rilevano che a 12 Comunicazione del 26 luglio 2000, COM(2000) 477, p. 10. Si veda a tale proposito il DDL “Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle autorità indipendenti preposte ai medesimi” 13 69 un avanzamento istituzionale (in termini di progressi nello stato di attuazione della riforma), non è corrisposta una modernizzazione del settore, vista la tendenza a mantenere lo status quo attraverso la salvaguardia delle gestioni esistenti. A questo si aggiunge il forte fabbisogno di interventi nel settore, considerato il fatto che durante gli anni ’90 gli investimenti nel settore idrico sono diminuiti del 70%, passando da 2 a 0,6 miliardi di euro annui (Anwandter e Rubino, 2006). Solo in Lombardia si stima attualmente un fabbisogno di investimenti per interventi infrastrutturali pari a circa 6 Miliardi di euro. Il settore si trova quindi nella situazione di dover incrementare sensibilmente gli investimenti, senza poter contare, come in passato, su contributi pubblici. Come evidenziato sopra, infatti, alla fiscalità generale si devono sostituire gli introiti tariffari. Il problema, in questo caso, riguarda le rigidità circa le possibilità di incrementare le risorse finanziarie endogene al sistema. Negli ultimi anni le tariffe idriche in Italia sono cresciute molto lentamente. Considerati i livelli di partenza piuttosto bassi, gli aumenti finora concessi risultano insufficienti a garantire il ciclo di investimenti necessari a colmare il ritardo descritto sopra14, essendo gli attuali livelli tariffari in molti casi appena sufficienti a coprire i costi operativi. Al di là della copertura finanziaria degli interventi necessari, il ricorso alla finanza privata presuppone che il richiedente il prestito abbia una solida struttura patrimoniale, a garanzia dei finanziamenti concessi (Anwandter e Rubino, 2006). La terza parte della ricerca nasce con l’intento di comprendere se, e in che misura, il servizio idrico in Lombardia è in grado di raccogliere tutte queste sfide, considerato lo stato quali-quantitativo della risorsa disponibile (vedi Parte 1), le criticità emergenti in termini di disponibilità effettiva (vedi Parte 2), lo stato delle infrastrutture e le modalità gestionali esistenti (con particolare riguardo alla capacità di garantire gli investimenti necessari tramite tariffe). Mentre i capitoli precedenti si sono concentrati sull’analisi della disponibilità della risorsa, sia in condizioni normali che in condizioni di scarsità, i prossimi capitoli si focalizzano sull’analisi del sistema gestionale, considerando aspetti istituzionali, organizzativi, economici e finanziari. L’analisi, visti i recenti sviluppi legislativi (capitolo 7), considera anche i modelli gestionali possibili, ponendo particolare attenzione ai temi della formazione di patrimoniali, all’affidamento della gestione tramite gara e alla regolazione dei servizi, ai sensi dei recenti sviluppi normativi (l.r. 26/03 come modificata dalla l.r. 18/06). Il punto di partenza della ricerca è una fotografia dell’attuale sistema gestionale, allo scopo di fornire uno stato dell’arte dei servizi idrici lombardi. In particolare, oltre a fornire delle informazioni circa la consistenza delle reti e il grado di fornitura del servizio (capitolo 8), viene descritto lo stato di attuazione della legge Galli in Lombardia e l’evoluzione delle realtà gestionali prevista nei Piani d’Ambito finora approvati (capitolo 9). Nello stesso capitolo viene messo in evidenza come gli investimenti previsti dalla pianificazione regionale (attraverso i Piani di Tutela) e provinciale (Piani d’Ambito) garantiscano il raggiungimento del 14 Le tariffe medie in Italia si attestano intorno al 0,90-0,95 €/mc. 70 buono stato ambientale nei corpi idrici (ex D.Lgs 152/99 e s.m.i.) e la soluzione delle criticità che potrebbero emergere nei prossimi anni, con l’obiettivo di dare delle indicazioni di policy. L’evoluzione nella gestione della risorsa è naturalmente da mettere in relazione ai cambiamenti a livello gestionale, introdotti dalle recenti modifiche alla normativa regionale. Viene quindi analizzato il modello gestionale delineato dalla l.r. 26/03, come in seguito modificata dalla l.r. 18/06 (capitolo 10). 6.2. Approccio metodologico L’analisi è stata condotta facendo riferimento a diversi studi e ricerche sul settore idrico e a fonti documentarie quali: • • documenti legislativi e regolamenti di attuazione; Piano di Tutela delle Acque e Piani d’Ambito, laddove disponibili. Allo scopo di evidenziare le dinamiche evolutive del settore (in termini di disponibilità della risorsa, investimenti necessari, priorità di intervento ed evoluzione dei modelli organizzativi) ci si è avvalsi delle esperienze di testimoni privilegiati, interpellati attraverso interviste semi-strutturate (cfr. Tab. 6.1) condotte seguendo la traccia generale riportata in Allegato 2. In particolare, le interviste sono state impostate allo scopo di aggiornare e completare le informazioni raccolte attraverso la rassegna della normativa e di documenti istituzionali (principalmente di Piano) e verificare le attività e le attese dei principali portatori di interesse di fronte alle criticità e alle sfide evidenziate sopra. Per portatori di interesse si intendono qui sia gli attori istituzionali (Consiglio e Giunta di Regione Lombardia, ATO) che i gestori. Naturalmente l’elenco delle interviste non vuole e non può essere esaustivo di una realtà istituzionale e gestionale estremamente complessa e diversificata. A tal proposito non si è ritenuto opportuno, analogamente a quanto fatto nella Parte 2, estrarre parti integrali di intervista in rappresentanza di una specifica categoria di attori. Tabella 6.1 – Elenco e tipologie interviste effettuate Ente Funzione Giunta Regione Lombardia Direttore generale e dirigente di settore Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile Consigliere di minoranza Consigliere di maggioranza Dirigente e funzionario della Segreteria tecnica Dirigente e funzionari della Segreteria tecnica Direttore Generale Consiglio Regione Lombardia Consiglio Regione Lombardia ATO Cremona ATO Varese Gestore in provincia di Milano, tipo “patrimoniale pesante” Gestore su più ambiti, tipo “patrimoniale leggera” Gestore in provincia di Pavia, tipo multi-utility Presidente, Direttore Esercizio Acquedotti e Direttore Esercizio Depuratori Amministratore delegato Fonte: elaborazione IReR 71 Data intervista 01.02.07 Riferimento Int. 4 15.02.07 30.01.07 06.02.07 22.02.07 19.02.07 Int. 8 Int. 9 Int. 13 Int. 14 Int. 15 02.04.07 Int. 16 21.02.07 Int. 17 Nello specifico, le interviste sono state articolate in tre parti (vedi Allegato 2) e riferite, di volta in volta, all’ambito territoriale di competenza dell’interlocutore. La prima parte è andata ad indagare: • • la disponibilità della risorsa, in termini qualitativi (con riguardo all’adeguatezza degli investimenti previsti nei Piani d’Ambito e priorità di intervento per i prossimi anni) e quantitativi (in riferimento alle problematiche di disponibilità insufficiente della risorsa ad uso idropotabile, individuazione di misure volte al risparmio idrico o alla sicurezza negli approvvigionamenti della risorsa ad uso idropotabile e campagne di sensibilizzazione). l’adeguatezza delle infrastrutture idriche, in riferimento alla copertura del servizio e alla capacità delle infrastrutture rispetto alla domanda attuale e alla sua evoluzione. È stato indagato anche il grado di soddisfazione degli utenti. Lo scopo era individuare gli interventi ritenuti prioritari, anche considerando le criticità che dovranno essere affrontate nei prossimi anni e comprendere la finanziabilità degli stessi solamente attraverso la tariffa o anche altri interventi pubblici di supporto. La seconda parte dell’intervista ha toccato gli aspetti istituzionali, ripercorrendo il percorso lombardo di attuazione della Legge Galli allo scopo di delineare il processo di attuazione della normativa nazionale nelle diverse realtà locali. Sono stati indagati in particolar modo i rapporti tra diversi livelli istituzionali (Regione, ATO, Comuni) e tra questi e gli erogatori del servizio. La terza e ultima parte ha riguardato gli aspetti gestionali, ripercorrendo l’evoluzione degli assetti gestionali, con particolare riguardo al superamento della frammentazione delle gestioni esistenti, allo scopo di comprendere gli orientamenti degli operatori circa il modello gestionale da adottare. Per quanto possibile, si è cercato di mettere in relazione queste dinamiche evolutive con quelle delle multi-utilities. L’ultima parte dell’intervista si è proposta anche di indagare gli impatti dell’attuale riorganizzazione sul cittadino, enfatizzando gli effetti perequativi e distributivi delle politiche tariffarie adottate. 72 Capitolo 7 L’evoluzione della normativa sui servizi idrici 7.1. Il quadro normativo nazionale 7.1.1. Normativa sui servizi idrici La legge Galli (36/94) ha segnato l’avvio di una riorganizzazione dell’intero settore dei servizi idrici, avendo come obiettivo quello di colmare i deficit che caratterizzavano il settore idrico italiano, quali (Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, 2001): • la proliferazione e la sovrapposizione di compiti e competenze tra vari organi dello Stato, fonte di incertezza e mancanza di efficacia nel governo della risorsa; • la frammentazione delle gestioni, fonte di inefficienze e di uno sviluppo tecnologico insufficiente; • l’esigenza di introdurre un sistema tariffario ispirato alla copertura integrale dei costi (di gestione e di investimento). Si vogliono, in altri termini, svincolare i piani di investimento dalla capacità delle casse dello Stato di coprire gli esborsi necessari. La legge ridefinisce le competenze in materia di risorse idriche e introduce il principio dello sviluppo sostenibile nel corpus legislativo nazionale. Esso riguarda sia il governo della risorsa che la gestione economica del servizio. Con riferimento al primo aspetto, il principio di pubblicità (art.1) si estende a tutte le acque, superficiali e sotterranee. Le regioni sono responsabili della pianificazione degli usi e della qualità dell’acqua, nonché della difesa del suolo. Gli usi idropotabili sono considerati prioritari rispetto agli altri e l’uso delle acque non può prescindere dalla salvaguardia degli interessi delle generazioni future. A tale scopo, sono previsti interventi volti a garantire il risparmio idrico15. Le 15 In particolare cfr. art. 5 regioni sono responsabili della predisposizione di programmi volti a favorire l’introduzione di tali interventi, con l’intento primario di minimizzare l’impatto ambientale negativo conseguente alla produzione dei servizi idrici. Per quanto concerne la gestione dei servizi idrici, le regioni sono anche responsabili della riorganizzazione del servizio idrico integrato, attraverso la definizione di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), delimitati in base alle caratteristiche del bacino idrografico, al superamento della frammentazione delle gestioni e/o al conseguimento di adeguate dimensioni gestionali (art. 8). Per ogni ambito è prevista l’istituzione di un’Autorità d’Ambito (AATO), formata dai comuni e dalle province, responsabile della ricognizione delle opere e degli impianti, della realizzazione del piano di interventi, dell’affidamento della gestione e della determinazione della tariffa d’ambito. Il Piano d’Ambito si configura come documento di programmazione relativo all’adeguamento delle infrastrutture esistenti allo scopo di raggiungere gli obiettivi statuiti nella normativa nazionale ed europea. Oltre al programma degli interventi, questo include il piano finanziario e la scelta del modello gestionale ed organizzativo. Le Regioni sono infine deputate (art. 11) all’adozione di apposite convenzioni-tipo, modelli di riferimento per ciascun ATO nello stipulare un contratto tra ATO ed ente gestore (in questo senso la convenzione si configura come vero e proprio contratto di servizio). La gestione del servizio idrico integrato è affidato a un unico soggetto 16 gestore all’interno di ogni ATO, secondo principi di efficienza ed economicità. Le dimensioni del gestore non sono però definite a priori, ma sono funzione di variabili geo-morfologiche, demografiche, ambientali e politico-amministrative. Per questo la normativa nazionale consente, all’interno di ogni ATO, la concessione a una pluralità di soggetti gestori, individuando, nel caso, le forme di coordinamento17. Le modalità di gestione non sono disciplinate direttamente dalla legge Galli, che rimanda alle forme originariamente previste dall’art. 22 della l. 142/9018. La riforma dell’art. 22, con le conseguenze in termini di riforma dei servizi pubblici locali, verrà esaminata nel prossimo paragrafo. a) risanamento e graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano rilevanti perdite; b) installazione di reti duali nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni; c) installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano; d) diffusione dei metodi e delle apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo. 16 Il regime giuridico è scelto da province e comuni. 17 Le regioni che si sono avvalse di tale facoltà sono Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto e Umbria. La regione Lombardia, ha recentemente escluso la possibilità di salvaguardare le gestioni esistenti, salvo alcune eccezioni disciplinate dalla legge regionale (v. sotto). 18 La norma escludeva il ricorso alle gestioni in economia e la forma dell’istituzione, prevedendo la possibilità di scegliere tra affidamento diretto ad azienda speciale; affidamento diretto a società di capitali o concessione a terzi. Con riferimento a quest’ultima modalità, l’art. 20 della legge Galli prevedeva il ricorso alla gara, rinviando ad un regolamento ministeriale la definizione dei criteri di assegnazione del servizio (Arnaudo, 2003). Tale regolamento è stato emanato il 22 novembre 2001 dal Ministero dell’Ambiente (“Modalità di affidamento a terzi del servizio idrico integrato”): vi si ribadisce l’obbligatorietà della gara per la scelta del gestore. 74 Viene fatto salvo, in ogni caso, l’obbligo di raggiungere l’equilibrio economico-finanziario della gestione. Lo strumento per il raggiungimento di tale obiettivo diventa la tariffa, definita come il corrispettivo del servizio idrico integrato, atto a garantire la copertura integrale dei costi di funzionamento ed esercizio. Nel nostro ordinamento giuridico viene, quindi, introdotto il principio del full cost recovery e l’acqua viene considerata un bene economico, pur riconoscendone le valenze sociali. La determinazione della tariffa di riferimento è stabilita, su proposta del Comitato di vigilanza, dai Ministri dei Lavori pubblici e dell’Ambiente, in base al c.d Metodo Normalizzato di definizione delle componenti di costo (D.M. 01.08.1996). È articolata per fasce di utenza e territoriali. Sono previste agevolazioni per i consumi essenziali e delle famiglie disagiate, attraverso strutture tariffarie progressive. La fissazione della tariffa spetta agli enti locali, attraverso l’Autorità d’Ambito, considerati i piani di investimento e le caratteristiche locali della risorsa; la sua riscossione compete al gestore. Il controllo sulla risorsa e sul rispetto dei principi di economicità viene garantito, a livello nazionale, dal Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche (COVIRI)19, affiancato da un Osservatorio dei servizi idrici20, deputato alla raccolta, all’elaborazione di dati statistici e conoscitivi relativi alla qualità delle tariffe e dei servizi erogati, sui piani di investimento e ammodernamento, nonché alla valutazione della produttività delle gestioni. Il comitato promuove forme di controllo e analisi comparata delle performance delle gestioni. L’evoluzione del sistema giuridico italiano, negli ultimi anni, è stata segnata dal recepimento delle direttive comunitarie: le risorse idriche ricalcano questa tendenza, in materia di qualità della risorsa e degli interventi infrastrutturali conseguenti. Il D.Lgs. 152/99 e s.m.i. conforma l’ordinamento italiano alle direttive europee 91/271/CEE e 91/676/CEE, introducendo norme cogenti in merito alla protezione delle acque dall’inquinamento, di natura civile o agricola. In linea teorica si ribadiscono i principi di sviluppo sostenibile nell’utilizzo delle risorse idriche, già introdotti dalla legge Galli. Sul piano pratico, lo strumento di pianificazione individuato nel Piano di Tutela mira a salvaguardare la risorsa dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Per il sistema idrico italiano, il recepimento della direttiva comunitaria rappresenta un notevole passo in avanti verso la protezione dell’ambiente idrico, introducendo standard ambientali minimi, a cui le regioni si devono adeguare, potendo introdurre requisiti anche più stringenti. Sono contestualmente stabiliti L’obbligo di gara è stato anche ribadito dalla circolare ministeriale del 17 ottobre 2001 per la scelta del socio privato nelle società miste. 19 Il Comitato è composto da sette membri, nominati con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente. Di tali componenti, tre sono designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e quattro sono scelti tra persone particolarmente esperte in materia di tutela ed uso delle acque, sulla base di specifiche esperienze e conoscenze del settore. I membri del Comitato durano in carica cinque anni e non possono essere confermati. 20 L’Osservatorio è stato istituito solo nel 2004. 75 standard puntuali per gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane21. Gli obiettivi di qualità sono perseguiti anche attraverso la pianificazione degli utilizzi delle acque, allo scopo di evitare delle ripercussioni sulla risorsa. La gestione quantitativa della risorsa si serve anche di tutte le misure necessarie a razionalizzarne l’uso, attraverso l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili. Questi obiettivi devono essere conseguiti senza aggravi a carico dello Stato, fatte salve specifiche disposizioni di finanziamento nazionali o comunitarie. Dal punto di vista economico, l’inasprimento dei parametri ha forti ripercussioni sugli investimenti, principalmente per fognatura e depurazione, necessari al soddisfacimento di questi requisiti; e gli interventi si sono concentrati in un periodo relativamente breve (dal 1998 al 2005), comportando un notevole sforzo finanziario. Allo scopo di garantire la copertura finanziaria degli investimenti attuati prima dell’entrata a regime del sistema previsto dalla legge Galli, il CIPE ha emanato delle delibere atte a definire gli incrementi tariffari ammissibili, allo scopo di finanziare gli interventi nei settori della fognatura e della depurazione. La Delibera CIPE n.23/2001 richiede agli ATO il completamento della ricognizione delle opere e la definizione del programma di interventi necessari all’adeguamento alle normative di settore, nonché la definizione di tutte le risorse disponibili, con l’eventuale reperimento di ulteriori risorse, evidenziando le possibili fonti di copertura pubbliche o private. Con la nuova Delibera CIPE n. 52 del 4 aprile 2001 si introducono gli incrementi tariffari del settore idrico a valere dal 1 luglio 2001 e fino al 30 giugno del 2002. La programmazione, in questo caso, ha durata pluriennale ed è focalizzata all’attuazione del programma stralcio relativo ai servizi di depurazione e fognatura, di cui all’art. 141 della L. 388/200022. Per il parziale finanziamento di tali programmi è previsto, infatti, un incremento cumulato delle tariffe di depurazione e fognatura nella misura massima del 20% nell’arco del quinquennio 2001-2005, (è tuttavia previsto che l’aumento annuale non superi il 5%). Per lo sviluppo dei programmi stralcio viene comunque ribadito che occorre favorire al massimo, accanto agli incrementi tariffari previsti, il ricorso al metodo del project financing. Questi sono più restrittivi di quelli previsti dalla legge Merli, con riferimento in particolare ai parametri BOD e COD. 22 Così cita l’art. 141, comma 4, della legge 388/2000 (Finanziaria 2001): “Per l’adempimento degli obblighi comunitari in materia di fognatura, collettamento e depurazione di cui agli articoli 27,31 e 32 del D. Lgs 152/99 e successive modificazioni, le autorità costituite per gli ATO di cui all’art. 8 della L. 36/94, ovvero, nel caso in cui queste non siano ancora operative, le province, predispongono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (entro cioè il 22 marzo), e attuano un programma di interventi urgenti, a stralcio e con gli stessi effetti di quello previsto dall’art. 11, comma 3, della L. 36/94. Ove le predette autorità e province risultino inadempienti, sono sostituite dai presidenti delle giunte regionali, su delega del presidente del Consiglio dei Ministri”. 21 76 7.1.2. Normativa sui servizi pubblici locali I modelli gestionali del servizio idrico sono definiti dalla disciplina sui servizi pubblici locali, in particolare dal Titolo V del “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (di seguito: TUEL). Negli ultimi anni, il decreto ha subito numerose revisioni, non sempre tra loro coerenti. Una prima riforma del modello gestionale dei servizi pubblici locali è stata introdotta dall’art. 35 della Legge Finanziaria 2002 (L. 448/2001), il quale sancisce il principio della gara come unico strumento di affidamento della gestione, ad eccezione dei servizi idrici. Al comma 5, infatti, prevede che le Autorità d’Ambito possano affidare direttamente il Servizio Idrico Integrato entro il 30 giugno 2006 a società unicamente partecipate dagli enti locali, a condizione che la durata massima dell’affidamento non ecceda i cinque anni e che il 40% del capitale sia privatizzato tramite gara (entro due anni dall’affidamento), pena la perdita dell’affidamento. Il successivo D.L. 269/03 (convertito con la Legge 326/03) attenua fortemente il principio della gara nell’affidamento dei servizi, prevedendo tre modalità di affidamento: 1. società di capitali individuate con gara; 2. società miste dove il partner privato è individuato con procedure ad evidenza pubblica; 3. società in house23. L’ultimo atto legislativo risulta essere il D.Lgs. 152/06, recante norme in materia ambientale. Tale decreto ribadisce che l’aggiudicazione della gestione del SII da parte dell’Autorità d’Ambito avviene mediante gare disciplinate dai principi e dalle disposizioni comunitarie. In particolare l’art. 150 del citato decreto statuisce che: (c. 2) “l’Autorità d’Ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all’art. 113, comma 7, del Decreto legislativo del 18 agosto 2000 n. 267 e con modalità e termini stabiliti con decreto dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio”. (c. 3) “La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell’ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche ed economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell’art. 113 del decreto legislativo 267/2000 o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo le previsioni del comma 5, lettera b), dell’art. 113 23 Per società in house si intendono le società a capitale interamente pubblico dove l’ente pubblico esercita sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui servizi e tale che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla. Il controllo analogo è tuttavia un concetto non ancora oggettivamente descritto e quindi materia giurisprudenziale in evoluzione. 77 del decreto legislativo 267/2000, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell’affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2”24. 7.2. Il percorso legislativo regionale di recepimento della legge Galli25 La Regione Lombardia, negli ultimi anni, ha emanato numerosi atti normativi destinati ad indirizzare e organizzare le modalità gestionali dei servizi idrici nel proprio territorio regionale: viene qui rivolta particolare attenzione al primo provvedimento di recepimento della l. Galli (la l.r. 21/98, ora abrogata), e alla l.r. 26/03, come modificata dalla l.r. 18/06 (“Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”). Come evidenziato sopra, alla Regione spetta un ruolo fondamentale di indirizzo tramite la produzione legislativa e l’attività di programmazione. La prima legge regionale in materia è la 21/9826, di recepimento della legge Galli, dove venivano sanciti gli obiettivi fondamentali della politica regionale in materia di risorse idriche, ossia la conservazione delle risorse naturali e la riorganizzazione del Servizio Idrico Integrato. Con riferimento a questo secondo aspetto, in particolare, venivano individuati i 12 ATO lombardi, seguendo i confini amministrativi delle province lombarde (ad eccezione dell’ATO Città di Milano che segue il confine comunale) (vedi Fig. 9.1). La legge prevedeva inoltre la possibilità di organizzare il servizio idrico integrato in sub-ambiti, allo scopo di garantire il coordinamento degli enti gestori esistenti, a condizione che tali sub-ambiti non avessero dimensioni inferiori ai 100.000 abitanti. Considerando gli aspetti organizzativi, la normativa regionale ricalca quella nazionale. L’Ambito definisce il Piano di investimenti necessari al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento del servizio (Piano d’Ambito), affida il servizio idrico integrato al gestore sulla base di una convenzione, e controlla la corretta e puntuale realizzazione del piano da parte del gestore. Allo scopo di definire gli interventi necessari, ogni ATO deve effettuare una ricognizione delle infrastrutture esistenti allo scopo di comprendere la consistenza delle reti e degli impianti, nonché la loro vetustà. La mancanza di dati affidabili 24 Per un trattazione aggiornata dell’argomento va ricordato anche il Disegno di Legge 772 recante “Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali” che all’art. 2 evidenzia le modalità di affidamento del servizio, ribadendo che la gara è la procedura di affidamento da scegliere per i nuovi affidamenti o per il rinnovo di quelli in corso. Le altre due modalità previste dalla l. 326/03 (ossia in house e affidamento a società a partecipazione mista) sarebbero da ritenersi eccezionali, tanto che l’ente locale dovrebbe giustificarne il ricorso sulla base di una ”inadeguatezza dell’offerta privata”. 25 Per una trattazione più estesa dell’argomento si rimanda alla Ricerca IRER (cod. 2006C013) “Analisi comparativa della normativa regionale in materia di produzione e distribuzione di servizi di pubblica utilità”, Rapporto Finale dicembre 2006. 26 La l.r. 21/98 è stata abrogata dall’art. 57 della l.r. 26/03. 78 circa queste grandezze è stato uno degli elementi che ha rallentato l’attuazione della legge Galli in Lombardia. Per colmare questo gap, nel 2001 è stato avviato il progetto SIRIO, con l’obiettivo di costituire una banca dati regionale per censire tutte le infrastrutture idriche sul territorio regionale: l’acquedotto (dal prelievo alla distribuzione), la rete fognaria, gli impianti di depurazione. Allo scopo di rendere disponibili le informazioni agli enti interessati e al pubblico, è stato poi istituito un Osservatorio Risorse e Servizi (ORS) che si configura come un portale di accesso alle informazioni sulla gestione delle acque in Lombardia27. Come evidenziato sopra, l’attuazione della l.r. 21/98 e degli atti normativi successivi era subordinata all’emanazione, in seguito attuata, da parte della Regione Lombardia di una serie di atti di indirizzo, quali: • • i regolamenti attuativi della legge regionale; la Convenzione Tipo per la costituzione del consorzio tra gli Enti locali compresi nell'ATO e lo Statuto consortile; i contratti di servizio per regolare i rapporti tra l'Autorità d'ambito e l'affidatario della gestione delle reti e dell'erogazione del SII. • La Regione Lombardia ha redatto gli atti necessari alla costituzione degli ATO. In particolare, nel maggio 2001 è stato emanato il Regolamento per il funzionamento della Conferenza d’Ambito28, ai sensi dell’art. 6 della l.r. 21/98. Tale regolamento definisce i rapporti tra gli enti locali, stabilisce le modalità di coordinamento regolando la composizione e l’organizzazione della Conferenza d’Ambito e fissandone i compiti e le funzioni. La Conferenza riunisce rappresentanti degli enti locali e della Provincia. Tale regolamento è stato successivamente modificato nel 2004. Il principale provvedimento regionale di regolazione delle risorse idriche e di riorganizzazione del settore dei servizi idrici, dopo la l.r. 21/98, è la l.r. 26/03, che disciplina i servizi locali di interesse economico generale e, al Titolo V, le risorse idriche, considerando la pianificazione degli usi e la protezione della risorsa (capo II e IV), nonché le norme che regolano il servizio idrico integrato (capo III). In particolare, la norma regionale stabilisce, all’art. 41 (c.2) obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale e individua (art. 45) nel Piano di Gestione del Bacino Idrografico lo strumento regionale di pianificazione in materia di risorse idriche. Con riferimento alla delimitazione degli ambiti, conferma gli ambiti definiti dalla l.r. 21/98, prevedendo la possibilità, per le Autorità d’Ambito, di modificarne i confini, dandone comunicazione alla Regione. La stessa chiarisce i compiti dell’Autorità d’Ambito (art. 48) e prevede la possibilità di procedere all’affidamento del servizio a più enti gestori ricadenti nello stesso ambito, nel momento in cui tale scelta risponda a una serie precisa di criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Tali disposizioni sono state modificate dalla l.r. 18/06 che dà la possibilità al comune e alla provincia di Milano di ridefinire 27 28 http://www.ors.regione.lombardia.it/ Allegato alla DGR n. 4669 del 18 maggio 2001. 79 l’organizzazione degli ATO Provincia di Milano e Città di Milano. Tale proposta deve essere approvata dalla Giunta Regionale. Per il comune di Milano è consentita la facoltà di costituire l’Autorità come ente unico. La stessa legge ridefinisce anche i compiti delle Autorità d’Ambito, che rimangono responsabili dell’organizzazione del servizio attraverso l’indicazione di linee strategiche, la definizione della convenzione tra enti locali dello stesso ATO e del contratto di servizio (entrambi sulla base dello schema tipo regionale). Sono confermati i compiti indicati dalla normativa nazionale, ossia la ricognizione delle opere, la determinazione della tariffa e l’affidamento del servizio. Per completare il quadro dei soggetti istituzionali e degli strumenti coinvolti nell’attuazione della legge Galli in Lombardia, va segnalato che la normativa regionale ha introdotto: - la figura del Garante dei servizi locali di interesse economico generale, avente funzioni di controllo, regolazione e tutela nella fornitura dei servizi; l’Osservatorio regionale risorse e servizi avente essenzialmente finalità di raccolta, elaborazione e gestione dei dati relativi alla qualità dei servizi erogati; Gli elementi più innovativi introdotti dalla riforma del 2003 consistono nella definizione di un modello gestionale più articolato rispetto a quello definito dal legislatore nazionale. In termini generali, la l.r. 26/03 regolamenta la disciplina riguardante i servizi di interesse economico generale in cui rientrano, secondo il legislatore regionale, anche i servizi idrici. La versione del 2003 prevedeva la possibilità, per gli enti locali, di separare l’attività di gestione delle reti e degli impianti dall’attività di erogazione del servizio e di conferire le reti e gli impianti a società di capitali a partecipazione totalmente o parzialmente pubblica. Nel caso di partecipazione non totalitaria pubblica la versione originaria della l.r. 26/03 prevedeva che la scelta del socio privato avvenisse tramite procedure ad evidenza pubblica. Nella versione del 2003, era prevista la possibilità, per gli enti locali, di affidare l’attività di erogazione congiuntamente all’attività di gestione delle reti, a condizione che ciò non fosse vietato da normative di settore e che ne venisse dimostrata la convenienza economica. La stessa introduceva l’obbligo della gara per la scelta dell’operatore responsabile dell’erogazione del servizio (art. 2 co. 6). Nell’ultima modifica (l.r. 18/06) è ribadito l’obbligo di separazione tra le attività di gestione delle reti ed erogazione del servizio, ad esclusione dell’Ambito Città di Milano. La gestione delle reti è affidata alle società patrimoniali costituite come descritto sopra, “a condizione che ciascuna di esse sia unica a livello di ambito e vi partecipino, direttamente o indirettamente, mediante conferimento della proprietà delle [reti e degli impianti o] del relativo ramo d’azienda, enti locali rappresentativi di almeno due terzi del numero dei comuni dell’ambito”. La Regione (art. 9) sostiene l’affidamento in forma associata dei servizi o l’affidamento congiunto di più servizi di interesse economico generale. Infine, 80 l’art. 12, stabilisce che le erogazioni affidate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessino alla scadenza stabilita, ma non oltre il 31 dicembre 200729. La l.r. 18/2006 definisce puntualmente le attività attinenti alla gestione delle reti da quelle riguardanti l’erogazione del servizio (art. 2 cc. 4 e 5), intendendo con le prime le attività di “realizzazione degli investimenti infrastrutturali destinati all’ampliamento e potenziamento di reti ed impianti, nonché gli interventi di ristrutturazione e valorizzazione necessari per adeguarne nel tempo le caratteristiche funzionali”; con le seconde “le attività legate alla fornitura agli utenti del servizio stesso, ivi incluse le attività di manutenzione di reti ed impianti”. La caratterizzazione delle attività di gestione ed erogazione del servizio era già stata specificata dal Regolamento Regionale n. 4 del 28 febbraio 2005 (vedi Tab. 7.1). Con riguardo alla gestione del servizio, si ribadisce che alla scadenza dell’affidamento le reti devono ritornare agli enti locali, a titolo gratuito. Si introduce, pertanto, l’obbligo di ammortizzare i beni durante il periodo di affidamento. La durata degli affidamenti è determinata dagli enti locali. La legge è stata impugnata lo scorso 6 ottobre 2006 dal Consiglio dei Ministri, adducendo diverse motivazioni: • La scelta di un’unica modalità di affidamento del servizio, effettuata dalla regione, eccederebbe dalle competenze regionali; • La modalità gestionale indicata (la gara) violerebbe la possibilità sancita dalla legislazione nazionale di ricorrere a tre diverse opzioni per l’affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica; • La separazione tra attività di gestione del servizio da quelle di erogazione delle reti per i servizi idrici sarebbe in contrasto con il d. lgs. 152/06, quando stabilisce che il servizio idrico integrato deve essere gestito nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie sulla base del principio dell’unicità della gestione. Il problema qui, evidentemente, consiste nel riconoscere la legittimità di normative regionali in contrasto con la normativa nazionale. La politica di gestione dei servizi idrici diventa quindi il risultato dell’azione di diversi soggetti, dove la Regione Lombardia viene ad avere poteri sostitutivi (in caso di inazione degli enti locali) o di vigilanza. La Regione riveste sempre più un ruolo fondamentale nello strutturare il modello organizzativo dei servizi idrici (IReR, 2006) in quanto, oltre all’approvazione di atti legislativi, sta supportando l’attuazione della legge regionale su temi riguardanti le risorse idriche e l'organizzazione del servizio idrico integrato, attraverso un’azione di accompagnamento (cfr. cap. 10). 29 In realtà è l’art. 15 del DL 223/2006 (il c.d. Decreto Bersani) ad aver accordato la proroga di un anno (e quindi al 31/12/2007) la scadenza del periodo transitorio, limitatamente al Servizio Idrico Integrato, rispetto al termine previsto dall’art. 113, comma 15-bis, del TUEL e quindi dalla LR 18/2006 81 La Regione ha fissato lo schema di Convenzione, ossia del rapporto di cooperazione tra gli enti locali. Inoltre, sono stati stabiliti i contenuti dello schema di convenzione tipo (contratto di servizio) tra l’ATO e l’affidatario del SII. Tale convenzione deve essere modificata per considerare le modifiche introdotte dal d.lgs. 152/06, che prevede che le AATO diventino delle strutture dotate di personalità giuridica. La Tabella 7.1 riassume i documenti legislativi e di indirizzo emanati dalla Regione Lombardia in seguito all’emanazione della legge Galli. Tabella 7.1 – Riepilogo leggi, atti di indirizzo e normative di Regione Lombardia in seguito all’emanazione della legge Galli Provvedimento Titolo L. R. 20 ottobre 1998, n. 21 Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della Legge 5/01/1994 n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche” R.R. 16 luglio 2001, n. 5 per il funzionamento della conferenza dell'ambito territoriale ottimale Schema di Regolamento come previsto dall'Art. 6 della L.R. 20 ottobre 1998 n. 21 D.C.R. 15 gennaio 2002, n. VII/402 Piano regionale di risanamento delle acque (PRRA) settori funzionali pubblici servizi di acquedotto, fognatura, collettamento e depurazione (l.r. 32/80 e l.r. 58/84). DGR n. 20.12.2002 11687 del Approvazione Schema di Accordo di Programma Quadro “Tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche” DGR n. 14.03.2003 12417 del Approvazione 1° e 2° fase dell’Accordo di Programma Quadro DGR n. 14.11.2003 15059 del Protocolli d'intesa tra la Regione Lombardia e le Autorità d'Ambito delle Province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese e della Città di Milano, per : Attuazione dell'Accordo di Programma Quadro - Tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche sottoscritto in data 21 dicembre 2002 - Disciplina dello svolgimento delle attività connesse alla redazione dei Piani d'Ambito del Approvazione 3° fase dell’Accordo di Programma Quadro Approvazione della proposta di piano DGR n. VII/15501 5.12.2003 L.R. 12 dicembre 2003, n. 26 Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche R.R. per il funzionamento della conferenza dell'ambito territoriale ottimale Modifiche apportate a seguito delle delibere della Conferenza d'Ambito n. 8/04 del 27/10/2004 e n. 2/05 del 27/04/2005 DGR n. VII/19039 15.10.2004 Approvazione 4° fase dell’Accordo di Programma Quadro del D.G.R. n. 20121 del 23 dicembre 2004 Schemi tipo per l'organizzazione del Servizio Idrico Integrato R.R. 28 febbraio 2005, n. 4 Ripartizione dei segmenti di attività tra gestore di reti ed impianti ed erogatore del servizio, nonché determinazione dei criteri di riferimento ai fini dell'affidamento, da parte dell'autorità d'ambito, del servizio idrico integrato ad una pluralità di soggetti, in attuazione dell'articolo 49, comma 3, della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 DGR 4 agosto 2005 - n° 8/528 "Approvazione dello schema di protocollo d'intesa per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane" 82 R.R. 24 marzo 2006, n. 2 Disciplina dell'uso delle acque superficiali e sotterranee, dell'utilizzo delle acque a uso domestico, del risparmio idrico e del riutilizzo dell'acqua in attuazione dell'Art. 52, comma 1, lettera c) della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26 R.R. 24 marzo 2006, n. 3 Disciplina e regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, in attuazione dell'Art. 52, comma 1, lettera a) della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26. R.R. 24 marzo 2006, n. 4 Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell'articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 D.G.R. 5 aprile 2006, n. 8/2318 Norme tecniche regionali in materia di trattamento degli scarichi di acque reflue in attuazione dell'Art. 3, comma 1 del Regolamento Reg. 2006, n.3 DGR 17 maggio 2006 - n° 8/2557 "Direttiva per l'individuazione degli agglomerati, ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera c) l.r. n. 26/2003, - Disciplina dei servizi di interesse economico generale Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche" DGR n. 8/2772 "Direttiva per l'accertamento dell'inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell'art. 14, comma 2, del Regolamento Regionale n° 4/2006" DGR 5 aprile 2006, n° 8/2318 "Norme tecniche regionali in materia di trattamento degli scarichi di acque reflue in attuazione dell'articolo 3, comma 1 del Regolamento reg. 2006, n.3" L.R. 8 agosto 2006, n. 18 Conferimento di funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla L.R. 26/2003 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche” DGR 13 dicembre 2006, n. VIII/3789 Programma di Tutela e Uso delle Acque. Indicazioni alle Autorità d’Ambito per la definizione degli interventi prioritari del ciclo dell’acqua (l.r. 26/03) R.R. 3 aprile 2007, n. 3 Incentivi e contributi per il servizio idrico integrato, in attuazione dell'art. 50, comma 2, della l.r. 26/2003 R.R. 3 aprile 2007, n. 4 Standard qualitativi e modalità di gestione per l'erogazione dei servizi locali di interesse economico generale e criteri di ammissibilità e aggiudicazione delle gare. Standard relativi al servizio idrico integrato, in attuazione dell'art. 2, comma 10, della l.r. 26/2003 Fonte: elaborazioni IRER 83 Capitolo 8 La caratterizzazione dei servizi idrici 8.1. Dotazione infrastrutturale Ai sensi della normativa di settore vigente, i Comuni e le Province operano la ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti e definiscono procedure e modalità, anche su base pluriennale, per assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti dalla legge stessa. La ricognizione, come già accennato, è l’indispensabile attività preordinata alla redazione dei Piani d’ambito, consentendo di precisare il quadro delle conoscenze relative ai livelli attuali del servizio, le carenze e le criticità esistenti, la qualità delle strutture e la loro affidabilità nel tempo. L’attività di rilevamento è stata condotta sin dal 2001 secondo le modalità previste in appositi Protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le Province e le Autorità d’ambito allora costituite, acquisendo i dati tecnici, economici e gestionali concernenti le infrastrutture di acquedotto, fognatura e depurazione presenti sul territorio. I dati rilevati, previa verifica di congruità, sono stati inseriti su supporto informatico, al fine di restituirli in forma alfanumerica e cartografica, avviando il sistema del catasto infrastrutture, denominato S.I.R.I.O. Con riferimento alle diverse parti costituenti il servizio idrico, sono di seguito riportati gli elementi più significativi derivanti dalla predetta ricognizione con specifiche analisi di aggiornamento condotte sulla parte relativa alla depurazione (database regionale di aggiornamento, gennaio 2007). Per quanto riguarda gli aspetti gestionali, occorre precisare che i processi in corso legati all’attuazione della riforma dei servizi idrici hanno modificato, in qualche caso anche notevolmente, il quadro – ormai datato - delineato dalla ricognizione, su cui in questa sede si è pertanto ritenuto opportuno sorvolare. 8.1.1. Acquedotti La Lombardia è caratterizzata da una favorevole situazione sotto il profilo dell’accesso alle risorse idriche, circostanza che ha condotto le diverse comunità a ritenere praticamente illimitate le possibilità di approvvigionamento. Di conseguenza gli impianti di acquedotto si configurano in genere in strutture frazionate sotto l’aspetto fisico, al punto che la dimensione più frequente è quella che interessa il territorio comunale o parte dello stesso. A fronte di tale realtà, è da rilevare comunque anche la presenza di impianti la cui estensione territoriale assume una dimensione significativa, in particolare nell’area di pianura. Il grado di copertura del servizio è elevato, interessando il 97,2% della popolazione residente lombarda (COVIRI, 2004). In Tabella 8.1 sono riportate, suddivise per ATO, le informazioni sul numero delle gestioni di acquedotto, (1226), degli impianti di acquedotto (2585), e sull’estensione delle reti di distribuzione (37.436 km)30. Tabella 8.1 - Acquedotti con suddivisione in Impianti di acquedotto e Reti di distribuzione e relative estensioni divise per ATO ATO Acquedotti N. Estensione Impianti di acquedotto Tipologia di gestione [km] Comun. Intercomun. 6.754 154 16 N. Estensione Reti di distribuzione N. Estensione 452 5.573 [km] 425 1.181 [km] BG 170 BS 206 6.370 192 14 447 1.015 402 5.354 CO 171 4.520 142 29 348 1.222 206 3.298 CR 8 2.109 7 1 133 501 130 1.609 LC 89 2.299 44 45 153 830 139 1.469 LO 5 1.215 4 1 37 7 61 1.207 MN 55 1.852 30 25 60 65 74 1.787 MI 143 7.370 41 102 313 193 177 7.176 MI Città 1 2.226 1 0 31 9 1 2.217 PV 176 2.956 141 35 288 281 346 2.675 SO 78 1.926 78 0 78 668 78 1.258 VA 124 4.189 118 6 272 376 197 3.813 TOT 1.226 43.785 952 274 2.585 6.349 2.263 37.436 Fonte: database regionale SIRIO Come desumibile dalla Figura 8.1, le acque sotterranee hanno un ruolo preminente nel quadro dell’utilizzo della risorsa a fini potabili, mentre alle acque superficiali è attribuita la funzione di integrazione, anche se in talune province percentualmente rilevante. In Tabella 8.2 sono riportate, suddivise per ATO, il numero e la tipologia delle captazioni, ed i volumi captati. Notevole, in relazione alla conformazione territoriale, è l’apporto da sorgenti negli ambiti di Bergamo, Lecco e Sondrio. In Figura 8.2 è indicata la percentuale sul volume totale captato da parte degli acquedotti presenti nei diversi ATO. I dati sono coerenti con la 30 Secondo la terminologia utilizzata in SIRIO: Acquedotto: censito in relazione al soggetto gestore, con il proprio bacino d’utenza, il conto economico e la tariffa applicata; Impianto di acquedotto: rilevazione dei dati tecnici inerenti le condotte di trasporto, le opere puntuali e il volume di acqua erogato; Rete di distribuzione: descrizione dei dati tecnici delle condotte e indicazione della popolazione servita). 86 struttura socio–economica presente nelle varie realtà territoriali, con l’attribuzione di più del 45% di tale volume agli ATO Milano Provincia e Milano Città. Figura 8.1 - Percentuale del Volume captato per tipologia di captazione Sorgenti 13% Pozzi 84% Acque Superficiali 3% Fonte: PTUA Lombardia, 2006 Tabella 8.2 - Captazioni per ATO con volumi captati CAPTAZIONI ATO Sorgenti Acque Pozzi Sup. N. captazioni VOLUMI CAPTATI TOT Sorgenti Acque Sup. Pozzi TOT [mc/anno] BG 674 3 226 903 117.586.965 107.900 63.318.066 181.012.931 BS 523 17 354 894 13.763.563 4.974.943 113.682.852 132.421.358 CO 397 13 275 685 4.990.506 18.215.418 46.999.681 70.205.605 CR - - 216 216 - - 42.326.285 42.326.285 43.209.147 LC 202 2 101 305 14.209.483 17.278.846 11.720.818 LO - - 102 102 - - 29.398.260 29.398.260 MN - - 104 104 - - 32.394.245 32.394.245 MI - - 903 903 - - 334.663.011 334.663.011 MI Città - - 576 576 - - 421.186.705 421.186.705 PV 164 - 329 493 14.072.480 - 46.572.847 60.645.327 SO 858 - 17 875 39.801.317 - 788.604 40.589.921 VA 272 10 376 658 1.660.426 500.000 243.451.209 245.611.635 TOT 3.090 45 3.545 6.680 206.084.740 41.077.107 1.386.502.583 1.633.664.430 Fonte: database regionale SIRIO 87 Figura 8.2 - Percentuale del Volume captato per ATO VA SO PV MI Città MI Prov MN LO LC CR CO BS BG 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% Fonte: PTUA Lombardia, 2006 Gli impianti di trattamento delle acque potabili sono oltre 1.000, con il 75% delle acque trattate soggette a disinfezione e il restante 25% a processi più complessi, mirati alla rimozione di microinquinanti organici, ferro, manganese, arsenico, ammoniaca, nitrati, fitofarmaci … A tal proposito è importante rilevare che la presenza di tali inquinanti, e quindi la crescente necessità di adeguati trattamenti di potabilizzazione, sta di recente mettendo in discussione il tradizionale emungimento da falda, facendo quindi propendere per l’uso, ai fini idropotabli, delle acque superficiali. 8.1.2. Reti fognarie Il servizio di fognatura copre gran parte delle aree urbanizzate, assommando al 99% il numero dei comuni serviti totalmente o parzialmente, con una popolazione residente servita pari al 93,6% (COVIRI, 2004). A fronte di tale situazione, occorre osservare che un numero considerevole di reti fognarie è caratterizzato da scarsa organicità, dovuta principalmente all’innesto non programmato di ulteriori reti al nucleo originario a seguito dei successivi sviluppi del tessuto urbanistico. Riguardo alla tipologia delle reti, quella nettamente prevalente è la mista. Solo negli ultimi anni si è infatti accentuata la tendenza a realizzare reti separate, in particolare nelle aree di espansione urbana. 88 Le perdite delle reti, responsabili di situazioni di degrado in alcune aree del territorio per la presenza di nitrati nelle acque sotterranee, non sono facilmente stimabili. Tale problema è comunque da mettere in relazione all’età delle infrastrutture e allo stato di manutenzione, nonché all’adeguatezza delle stesse a sopportare i carichi crescenti di acque reflue urbane. In Tabella 8.3 sono indicati i recapiti e la lunghezza delle sottoreti fognarie, suddivisi per ATO31. I dati evidenziano situazioni di scarichi non depurati, ascrivibili prevalentemente ad agglomerati di piccole dimensioni, con qualche peraltro notevole eccezione, oltre ad una mancanza di informazioni per le reti fognarie di limitata estensione. Tabella 8.3 - Sottoreti fognarie per tipologia di recapito e per ATO SOTTORETI FOGNARIE ATO RETI FOGNARIE TOT N In corpo idrico [km] N [km] In impianto di depurazione N [km] Spandimento su suolo N [km] nd N [km] BG 257 1.199 4.202 636 757 493 3.356 44 18 26 71 BS 208 1.004 2.854 618 652 290 1.892 27 18 69 292 CO 176 1.205 2.654 405 480 661 1.751 43 66 96 358 CR 116 295 1.292 136 293 128 976 30 18 1 4 LC 101 510 1.566 137 187 285 1.257 18 15 70 107 LO 65 151 744 31 54 117 686 2 0 1 3 MN 72 198 1.672 48 99 142 1.539 3 0 5 33 MI 206 1.749 4.731 549 1.452 961 2.417 61 275 178 587 MI CITTA’ 1 3 1.402 2 855 1 547 0 0 0 0 PV 190 1.030 2.255 301 351 708 1.873 16 10 5 21 SO 96 126 1.257 5 52 3 103 0 0 118 1.102 502 663 1.921 76 50 26 66 5.735 4.452 18.320 320 469 595 2.645 VA TOTALE 151 1.291 2.539 526 1.639 8.761 27.169 3.394 Fonte: database regionale SIRIO 31 Secondo la terminologia utilizzata nel catasto SIRIO: rete fognaria: censita in relazione al soggetto gestore, con il conto economico e la tariffa applicata; sottorete fognaria: rilevazione dei dati tecnici inerenti le canalizzazioni, della popolazione servita, della tipologia di recapito finale, dei dati relativi alle opere puntuali e dello stato di funzionalità 89 Figura 8.3 - Percentuale della lunghezza di sottorete fognaria per tipi di recapito Spandimento non disponibile su suolo 2% 1% In corpo idrico 21 % In impianto di depurazione 67 % Fonte: PTUA Lombardia, 2006 Il 67% degli scarichi derivanti da fognature è collegato a un impianto di trattamento delle acque reflue urbane, mentre la restante parte recapita in corpo idrico o sul suolo, senza trattamenti preliminari (vedi Fig. 8.3). Poco diffusi inoltre sono i dispositivi atti a ridurre l’impatto quali– quantitativo delle acque provenienti dagli sfioratori di piena sui corpi idrici ricettori, in particolare da evidenziare l’esiguo numero di vasche di laminazione presenti sulle reti fognarie. 8.1.3. Impianti di depurazione La situazione relativa alla depurazione delle acque reflue urbane si presenta differenziata, con impianti di depurazione di dimensioni notevoli, muniti spesso di estesi sistemi di collettamento, nelle zone ad elevata urbanizzazione o in alcuni bacini lacustri, mentre nelle aree meno abitate sono preponderanti i piccoli impianti. Il numero complessivo di impianti, la cui distribuzione territoriale è indicata in Figura 8.4, è pari a 1.097, con una potenzialità pari a 12.045.707 abitanti equivalenti32 (AE). Gli impianti con potenzialità superiore a 100.000 AE (2% del numero complessivo) rappresentano il 57% della potenzialità complessiva di trattamento. Quelli con potenzialità inferiore a 2.000 AE (32% del numero totale) trattano circa il 3% del carico totale. L’evidente generale diffusione di impianti di depurazione di taglia medio-piccola, legata alla storica gestione in economia del settore, induce in questi impianti forti difficoltà, per gli alti costi di gestione, a dotarsi di stadi di affinamento terziario. Tali dati sono indicativi di situazioni territoriali e socio-economiche differenziate (vedi par. 9.1), ma anche, in alcuni casi, di insufficienza di risorse e 32 Gli Abitanti Equivalenti rappresentano l'unità di misura con cui viene convenzionalmente espresso il carico inquinante organico biodegradabile in arrivo all'impianto di depurazione, secondo l'equivalenza: 1 abitante equivalente = 60 grammi/giorno di BOD5. 90 di programmazione a livello locale, che non hanno consentito di ottimizzare la complessa problematica legata allo smaltimento delle acque reflue urbane. Figura 8.4 – Distribuzione territoriale dei depuratori esistenti suddivisi per categoria dimensionale rispetto agli AE trattati Fonte: Elaborazione IReR su dati Regione Lombardia (agg. Gennaio 2007) 91 A livello di ATO, lo scenario relativo agli impianti presenta notevolissime differenze, con un maggiore accentramento del sistema depurativo negli ATO di Milano Provincia e Milano Città e situazioni di forte decentramento negli ATO di Pavia e di Mantova (Tab. 8.4). Il numero di AE attualmente trattato negli impianti localizzati nei diversi ATO e la percentuale rispetto al totale regionale è sintetizzato nelle Figure 8.5 e 8.6. Gli impianti intercomunali rappresentano il 70% della potenzialità complessiva di trattamento. Gli impianti con trattamenti semplificati costituiscono il 35% del totale, quelli dotati di fasi di processo più affinate del secondario il 40%. Problematico si presenta per molti impianti ottenere una resa elevata nell’abbattimento del carico, stante la frequente diluizione dei reflui in ingresso. Tabella 8.4 - Scenario attuale depuratori per ATO con suddivisione in classi AE ATO n. AE Att. Suddivisione per classi 1 AE 2 AE 3 AE 4 AE Intercomunali 5 AE 6 AE n. AE BG 84 1.300.139 4 561.207 5 343.816 9 200.510 14 104.380 15 60.900 37 29.943 231.088.613 BS 194 1.188.617 2 660.000 0 12 230.679 19 143.772 41 134.679 120 79.412 14 820.432 CO 39 672.556 2 333.812 3 196.300 4 102.300 5 40.050 CR 92 456.331 2 276.500 1 99.000 5 99.100 3 22.700 197.715 3 21.374 LC 54 285.211 0 2 138.257 9 LO 67 189.111 0 0 5 MN 112 337.824 0 MI MI Città 1 83.316 4 50 2.899.651 10 2.354.011 6 408.616 10 2 2.300.000 2 1.800.000 0 0 PV 120 536.743 1 143.869 4 288.038 6 SO 39 291.594 0 0 11 70 1.166.644 3 700.000 3 238.270 9 VA TOT 122.820 0 5 13.700 20 2.015 17 673.962 8 25.375 73 43.478 6 17.471 34 21.972 10 34.827 52 48.234 8 447.024 9 222.871 3 38.320 75.519 6 42.521 21 69.982 80 68.222 16 132.015 320.361 5 42.362 0 8 28.254 11 13.879 232.768.728 0 0 1 570.000 158.000 7 55.400 11 40.902 91 65.792 21 314.513 302.066 1 7.000 6 18.527 21 14.460 14 238.292 167.867 9 60.832 10 32.870 36 20.473 251.133.045 923 12.045.707 26 6.829.39925 1.795.613 84 1.976.937 72 540.391 141 477.487 575 425.880 1748.447.815 Fonte: Elaborazione IReR su dati Regione Lombardia (agg. Gennaio 2007) Classi AE 300 - 2.000 2.001 - 5.000 5.001 - 10.000 10.001 - 50.000 50.001 - 100.000 > 100.000 92 6 5 4 3 2 1 Figura 8.5 - AE trattati da impianto di depurazione distinti per ATO 194 120 112 92 84 70 67 54 50 39 39 2 BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VA MI Città Figura 8.6 - Percentuale di depurazione rispetto al totale della Lombardia BG 11% MI Città 15% BS 10% VA 10% CO 6% SO 3% CR 5% LC 3% PV 6% MN 3% MI 26% LO 2% Fonte: Elaborazione IReR su dati Regione Lombardia (agg. Gennaio 2007) 93 8.2. Qualità e accessibilità del servizio Il tema della qualità e accessibilità del servizio è inscindibilmente legato a quello della dotazione infrastrutturale e dell’efficienza gestionale: la realizzazione di infrastrutture e di interventi di manutenzione straordinaria sono infatti imprescindibili per garantire significativi miglioramenti nel servizio. Nel caso lombardo, come visto nei paragrafi precedenti, si può su linee generali asserire che il grado di copertura del servizio è soddisfacente per tutti i segmenti del servizio idrico integrato. La fornitura di acqua a scopi idropotabili risulta adeguata su tutto il territorio regionale. In particolare la dotazione media giornaliera ammonta a 358,3 l/ab/giorno, superiore alla media nazionale pari a 286 l/ab/giorno (COVIRI, 2004) anche se poi vi sono punte di approvvigionamento che toccano i 1.000 litri (vd. Fig. 8.7), attribuibili soprattutto alle grandi città dove le significative disponibilità idriche inducono comportamenti di spreco della risorsa (vedi il caso di Milano). Figura 8.7 – Dotazione media giornaliera procapite di acqua potabile (l/ab/giorno) nelle regioni italiane 358 <200 200 - 300 300 - 400 >400 N.A Fonte: COVIRI, 2004 94 Anche la stima di perdita dalle reti di acquedotto sono contenute in comparazione alla media nazionale (40,1%). A scala regionale sono state calcolate essere in media al 21,3%, con valori che possono raggiungere localmente il 30 – 40% (vd. Fig 8.8). Figura 8.8 – Stima percentuale di perdita dalle reti di acquedotto nelle regioni italiane 21,3 <35 35%45%>50 N.A Fonte: COVIRI, 2004 8.2.1. La customer satisfaction degli utenti del servizio L’indagine multiscopo dell’ISTAT (Bancaintesa, 2006) consente di tracciare un quadro su scala nazionale del livello di soddisfazione degli utenti del servizio idrico raccogliendo le risposte di un campione di cittadini a una pluralità di domande sulla qualità della vita. Da tale indagine dal 2000 viene registrata su scala nazionale una lieve flessione nel numero di denunce per irregolarità 95 nell’erogazione dell’acqua e una più significativa diminuzione della percentuale di famiglie che non si fidano a bere acqua dal rubinetto. Per una valutazione analoga su scala regionale, interessanti sono gli esiti di una recente ricerca condotta in IReR33 volta a realizzare un’analisi della Customer Satisfaction dei Servizi di Pubblica Utilità, tra cui anche il servizio idrico lombardo. In tale analisi la somministrazione di un questionario ad un campione - di numerosità pari ad 800 - ha consentito di effettuare stime ed inferenze del fenomeno indagato a livello di settore per tutta la regione nel suo complesso con un livello di confidenza pari al 95%. Le figure 8.11 e 8.12 rappresentano i risultati della sezione del questionario relativa alla qualità percepita dagli intervistati relativamente al servizio fornito dalla propria azienda idrica; in particolare è stato loro richiesto di esprimere con un punteggio da 1 a 10 il livello di qualità percepita per quanto riguarda gli aspetti relativi al Customer care (Fig, 8.11) e agli aspetti relativi al prodotto e processo di erogazione del servizio (Fig. 8.12). Figura 8.11 - La qualità percepita dagli intervistati sul servizio di Customer care Qualità complessiva customer care 45,4 36,1 10,8 64,0 Preavviso per interruzioni 23,4 58,7 Cortesia personale 7,7 7,9 4,7 33,4 4,1 3,8 Professionalità personale 54,8 31,8 8,3 5,1 Accessibilità uffici 53,3 33,7 7,5 5,5 51,1 Tempi di attesa 41,8 Servizi web Disponibilità informazioni 0% 33,5 22,8 27,6 20,8 20% 17,2 40% 7,7 16,3 Molto soddisfatti Soddisfatti Insoddisfatti Molto insoddisfatti 7,7 14,3 39,2 60% 80% 100% Fonte: IReR, 2005 33 IReR, “Analisi della Customer Satisfaction dei Servizi di Pubblica Utilità” (cod. 2004A049), Rapporto finale novembre 2005 96 Figura 8.12 - La qualità percepita dagli intervistati sul servizio idrico 56,2 Qualità complessiva del servizio 71,8 Continuità servizio Adeguatezza fogne 57,2 Limpidezza acqua 56,1 Risposta richieste cliente 52,3 Odore, sapore acqua 50,6 0% 30,5 58,7 Chiarezza bollette e contatore 24,6 6,0 2,5 23,3 62,0 Tempestività per guasti Durezza acqua 35,3 31,6 28,5 32,9 34,6 34,4 32,6 27,5 4,3 0,6 4,8 2,7 6,2 3,5 10,1 4,2 7,1 3,9 Molto soddisfatti Soddisfatti Insoddisfatti Molto insoddisfatti 9,7 3,4 10,2 4,8 15,3 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Fonte: IReR, 2005 Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’attenzione al cliente occorre sottolineare che diversi intervistati non hanno saputo esprimere un giudizio o per scarsa conoscenza del servizio dovuto a poca informazione da parte dell’azienda idrica o per mancato utilizzo o contatto con l’azienda. Per tutti gli aspetti relativi al prodotto acqua e al processo di erogazione del servizio si riscontrano indici di qualità percepita molto elevata generalmente superiore all’85%, fatta eccezione per la durezza dell’acqua che presenta un indice pari al 57,2%; aspetti che presentano margini di miglioramento risultano essere il sapore dell’acqua e l’adeguatezza del sistema fognario. Molto elevato l’indice complessivo di qualità percepita che raggiunge il 91,5%. La Figura 8.13 rappresenta i risultati della sezione del questionario relativa al valore percepito del servizio fornito dalla propria azienda idrica; in particolare è stato richiesto agli intervistati di esprimere, con un punteggio da 1 a 10, il grado di accordo con due affermazioni, la prima relativa al rapporto qualità/prezzo del servizio fornito e la seconda relativa al rapporto qualità/prezzo comparato con quello fornito da altre aziende idriche. Per entrambe le affermazioni proposte si registra un indice di valore percepito abbastanza elevato (la somma delle percentuali degli intervistati che sono molto d’accordo e abbastanza d’accordo con le affermazioni proposte) sebbene migliorabile, che raggiunge il 75,5% per il valore percepito dei servizi forniti e quasi il 70% per il valore percepito comparato ad altre aziende idriche. Il rapporto qualità/prezzo rispetto ad altri comuni ha tuttavia registrato un elevato tasso di mancate risposte, probabilmente legato alla non semplice comparabilità complessiva del servizio idrico. E’ preferibile pertanto evitare ulteriori sotto- analisi delle risposte al quesito in questione. 97 Figura 8.13 - Il valore percepito del servizio idrico secondo gli intervistati Buon rapporto qualità/prezzo del servizio 31,7 43,8 15,9 8,6 molto d'accordo abbastanza d'accordo poco d'accordo per nulla d'accordo Buon rapporto qualità/prezzo comparato ad altri comuni 33,7 0% 20% 36,0 40% 19,4 60% 10,9 80% 100% Fonte: IReR, 2005 La Figura 8.14 rappresenta i risultati della sezione del questionario relativa al livello di soddisfazione degli intervistati sul servizio fornito dalla propria azienda idrica; in particolare è stato loro richiesto di esprimere con un punteggio da 1 a 10 il proprio livello di soddisfazione globale, rispetto alle attese e al servizio ideale. In tutti i casi l’indice di soddisfazione (somma delle percentuali degli intervistati che hanno dichiarato di essere molto soddisfatti e soddisfatti) si presenta elevato e va dall’85%, per quanto riguarda la soddisfazione rispetto all’ideale, a quasi il 91%, per quanto riguarda la soddisfazione complessiva. Sono comunque possibili ulteriori margini di miglioramento visto che vi è un’ampia fascia di intervistati che si dichiarano soddisfatti che vanno monitorati. La soddisfazione complessiva, infine, raggiunge i suoi picchi più elevati a Sondrio e Pavia (il minimo a Mantova e Lecco). Figura 8.14 - Il livello di soddisfazione degli intervistati Soddisfazione rispetto all'ideale Soddisfazione rispetto alle attese 38,0 43,9 20% 11,2 3,9 45,1 48,0 Soddisfazione complessiva 0% 46,9 8,2 2,8 42,6 40% 60% Fonte: IReR 2005 98 7,4 2,0 80% 100% Molto soddisfatti Soddisfatti Insoddisfatti Molto insoddisfatti 8.3. Evoluzione della domanda d’acqua e risparmio idrico La ricostruzione del quadro attuale di fornitura e gestione del servizio non è sicuramente sufficiente a comprendere le criticità a cui il settore dovrà far fronte nei prossimi anni. A tale scopo è necessario considerare l’evoluzione della domanda d’acqua a fini idropotabili, allo scopo di comprendere se l’attuale copertura del servizio sarà sufficiente a soddisfare tale fabbisogno. La tabella 8.5 evidenzia l’evoluzione della domanda, espressa come mc erogati, prevista dai Piani d’Ambito approvati finora. Tutti i Piani disponibili, stimano un incremento percentuale dei volumi erogati (anche fino al 48%). Queste variazioni sono state calcolate considerando i trend demografici degli ATO, ipotizzando quindi che il consumo di acqua pro-capite rimanga invariato. Se queste stime fossero confermate dalle reali dinamiche della domanda, in alcuni casi emergerebbero dubbi circa la capacità del sistema infrastrutturale di far fronte alla domanda. Nonostante alcuni Piani indichino tra le opzioni di policy l’introduzione di campagne di sensibilizzazione volte a incentivare una diminuzione dei prelievi nonché pratiche quotidiane di risparmio e riuso, di fatto i Piani non considerano gli effetti di tali campagne sui consumi d’acqua in Lombardia, visto che le previsioni dei volumi erogati non sembrano diminuire nel tempo (v. Tabella 8.5). Inoltre, va enfatizzato come a diminuzioni dei volumi erogati corrisponderebbe un aumento della tariffa media, dovendo infatti spalmare i costi su volumi d’acqua erogati minori. Tabella 8.5 – Volumi erogati (milioni di mc) ATO Anno 1 Anno 10 Anno 20 Anno 30 BG BS LC LO MN MI PV n.d. 121,03 29,4 n.d. 22,2 n.d. 51,3 n.d. 125,39 n.d. 134,61 n.d. 22,2 n.d. 59 n.d. 26,4 n.d. 67,6 n.d. 134,61 28,93 n.d. n.d. 76,2 Variazione % tra 1° e ultimo anno di affidamento n.d. 11.22% -2% n.d. 18,92% n.d. 48,54% Fonte: Piani d’Ambito (dove disponibili) Dalle interviste con le AATO e gli enti gestori emerge che la fornitura del servizio di acquedotto è soddisfacente, anche se si segnala la necessità di estendere il servizio a percentuali minime (sotto il 3%) della popolazione ancora non servita e di porre in essere gli interventi allo scopo di adeguare gli impianti di potabilizzazione per far fronte agli obblighi derivanti dalla normativa e per la presenza di sostanze indesiderate (quali arsenico, ferro, manganese e ammoniaca ad esempio in provincia di Cremona34). 34 Informazioni fornite dall’ATO Cremona, comunicazione personale (Int. 13). 99 Si sono inoltre segnalate insufficienze nella fornitura della risorsa, soprattutto in corrispondenza dell’evento di crisi idrica estiva del 2003 e con particolare riferimento a 103 comuni, in zona montana o collinare, delle province di Brescia, Como, Sondrio, Varese, Bergamo, Lecco e Pavia35. In quest’ultimo caso le situazioni di maggior stress idrico si riscontrano nei mesi estivi, a più forte domanda, e nelle zone a vocazione turistica. Non è stato necessario tuttavia razionare i consumi, ma solamente vietare gli usi dissipativi (quali l’innaffiamento di giardini o il riempimento di invasi o giochi d’acqua)36. Nel caso di Varese il problema di insufficiente fornitura ha riguardato i comuni della fascia centrale della provincia, anche nelle estati del 2005 e 2006. Uno studio idrogeologico su tutto il territorio ha permesso di individuare le cause dell’emergenza idrica, identificabili nella presenza di acquiferi superficiali che, in caso di siccità, subiscono delle diminuzioni notevoli. Si pensa di risolvere il problema attraverso degli interventi volti a captare l’acqua da acquiferi più profondi o aumentando l’interconnessione dei sistemi idrici37. Per quanto concerne il risparmio idrico, Regione Lombardia ha recentemente approvato una serie di Regolamenti, attuativi della l.r. 26/2003, tra cui il regolamento n. 2 del 24 marzo 2006, che disciplina l’uso delle acque sotterranee, a uso domestico, nonché il risparmio idrico ed il riutilizzo dell’acqua. Le azioni regionali poste in campo per favorire un razionale utilizzo (nonché il risparmio ed il riutilizzo della risorsa) coinvolgono il settore agricolo (regolazione delle portate irrigue e piani di irrigazione consortili), quello civile (differenziazione delle fonti di approvvigionamento e contenimento dei consumi) e quello industriale (separazione delle acque di raffreddamento da quelle di processo e incentivazioni per le aziende che abbiano ottenuto la certificazione ambientale)38. Le azioni volte al risparmio idrico non si esauriscono a livello regionale, essendo fondamentale il ruolo delle Autorità d’Ambito in particolare: - nel prevedere, all’interno dei propri Piani d’ambito, degli interventi puntuali volti a ridurre le perdite di rete; nel richiamare questo elemento anche all’interno dei contratti di servizio; nella possibilità di articolare la struttura tariffaria in forma incentivante, differenziandola lungo fasce di consumo di acqua potabile; - 35 Informazioni fornite da un funzionario di Regione Lombardia, DG RSPUSS, comunicazione personale (Int. 4) 36 Informazioni fornite da gestore in provincia di Pavia, comunicaz. personale (Int. 17). 37 Informazioni fornite dall’ATO Varese, comunicazione personale (Int. 14). 38 Informazioni fornite da un membro del Consiglio Regionale, comunicazione personale (Int. 9). 100 - nell’incentivare un efficiente utilizzo della risorsa attraverso l’uso di apparecchiature domestiche a risparmio idrico (cfr. iniziative ATO VA39). Si segnalano infine alcune iniziative di sensibilizzazione promosse dagli enti gestori, in stretta collaborazione con le scuole40. 39 40 www.acquapreziosa.va.it Informazioni fornite da gestori in provincia di Milano, comunicazioni personali (Int. 15 e 16). 101 Capitolo 9 Il percorso lombardo di attuazione della legge Galli: aspetti istituzionali, organizzativi ed economici L’analisi dell’evoluzione nella gestione dei servizi idrici in Lombardia è qui organizzata come segue. Nel primo paragrafo viene ripercorso l’iter di attuazione della legge Galli in Lombardia, soprattutto in relazione alle attività svolte sin qui dalle AATO. Il paragrafo successivo analizza l’evoluzione organizzativa dei servizi idrici allo scopo di comprendere se e in che misura gli attuali assetti sono in grado non tanto di gestire in maniera efficiente il servizio quanto di garantire adeguati flussi finanziari. Il terzo paragrafo, attraverso un’analisi degli investimenti previsti nei Piani d’Ambito e delle azioni di intervento contenute nel Piano di Tutela evidenzia le priorità di intervento emergenti e necessarie. Vengono quindi forniti alcuni cenni in merito ai finanziamenti pubblici effettuati, con particolare riferimento all’Accordo di Programma “Tutela delle Acque e Gestione Integrata delle Risorse Idriche” siglato alla fine del 2002, che ha permesso di finanziare gli interventi nella fase transitoria. Il capitolo si conclude con un’analisi delle nuove modalità di finanziamento degli interventi, in attuazione del principio del FCR, e in particolare dell’esperienza lombarda di avvio di progetti pilota in due ATO. 9.1. Insediamento e attività delle Autorità d’Ambito La normativa regionale41 ha individuato 12 ATO, definiti seguendo i confini amministrativi delle province lombarde, invece dei bacini idrografici di riferimento (vd. Fig. 9.1). Questa scelta, a tutt’oggi confermata, aggiunge un elemento di complessità nell’intento di coordinare la gestione dei servizi idrici con le politiche di tutela delle acque. 41 I confini degli ATO erano stati fissati dalla l.r. 21/98, ora abrogata dalla l.r. 26/03, la quale tuttavia conferma la delimitazione introdotta dalla norma regionale precedente. Figura 9.1 – Delimitazione dei 12 ATO lombardi Fonte: elaborazione IReR Gli ATO individuati risultano eterogenei dal punto di vista della superficie, degli abitanti serviti e della densità abitativa, come evidenziato in Tabella 9.1. 104 Tabella 9.1 – Caratterizzazione degli ATO lombardi ATO Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Provincia di Milano Città di Milano Pavia Sondrio Varese Forma Associativa Comuni (n.) Superficie (km2) Popolazione (ISTAT 2001) Densità abitativa (ab/km2) Convenzione Convenzione Convenzione Convenzione Convenzione Convenzione Convenzione Convenzione 244 206 164 115 90 61 70 187 2.723 4.784 1.288 1.771 816 782 2.339 1.800 974.270 1.108.776 540.015 335.939 311.452 197.672 493.753 2.450.999 358 232 419 190 382 253 162 1.362 Convenzione Convenzione Convenzione Convenzione 1 190 78 141 182 2.965 3.212 1.199 1.256.211 493.753 176.856 812.477 6.886 167 55 678 Fonte: Chieffo e Vendali (2004) L’analisi a livello di ATO mette in evidenza come le Province con densità insediative residenziali superiori alla media regionale (379 ab/ km2) siano in ordine decrescente, quelle di Milano (senza il comune di Milano, che ha una densità insediativa di 6.886 ab/km2), Varese, Como e Lecco, a cui seguono con densità inferiori alla media regionale Bergamo, Lodi e Brescia. Si conferma la particolare condizione del territorio dell’area nord-ovest della Regione che presenta una densità insediativa media di 1.016 ab/km2 e vi è insediato circa il 60 % della popolazione lombarda. A livello regionale la minor densità insediativa (date anche le caratteristiche geografiche della stessa) si rileva per la Provincia di Sondrio che presenta anche la minore percentuale di popolazione insediata. La Provincia di Brescia presenta una densità insediativa inferiore alla media regionale pur con una percentuale di popolazione insediata superiore a quelle delle Province di Varese, Como e Lecco. Ciò è dovuto al fatto che il suo territorio ha un’estensione di 2,5 volte quella di Milano e più di tre volte quella di Varese e Como e quasi 6 volte quella di Lecco. L’attuazione della legge Galli a tutt’oggi non è ancora completata. Alla fine del 2006 hanno completato la fase di costituzione e insediamento tutte le AATO ad eccezione di Sondrio. La Tabella 9.2 descrive l’accelerazione degli ultimi anni nell’attuazione della norma. Tabella 9.2 – Stato di attuazione della legge Galli in Lombardia: confronto tra 2003 e 2006 Stato di attuazione 2003* ATO insediati 11 ATO con ricognizione Non avviata 1 In corso 1 Terminata 10 ATO con Piani d’Ambito Redatti 4 Approvati 2 ATO con affidamenti effettuati 3 Fonte: * COVIRI (2004) e ** ISTAT (2005) e indagine IRER. 105 2006** 11 12 1 6 4 L’Autorità d’Ambito (AATO) ha due finalità. Nel periodo transitorio (fino all’affidamento della gestione del servizio idrico integrato) ha il compito di porre in essere le procedure necessarie all’affidamento del servizio, preparando la documentazione necessaria e stipulando gli accordi tra enti locali. In riferimento a quest’ultimo aspetto, gli enti d’ambito interpellati hanno enfatizzato l’importanza di far crescere la consapevolezza nei comuni del processo in atto: o coinvolgendoli nella presa delle decisioni, allo scopo di definire le priorità di finanziamento e le scelte tecniche; o supportandoli nella rilevazione delle fognature; o sostenendo finanziariamente gli interventi (tramite 137 Accordi di Programma, APQ, di attuazione dei Piani Stralcio). Dopo l’affidamento l’AATO deve controllare l’operato dell’ente gestore. L'ATO è costituito dai seguenti organi: • • • La Conferenza d’Ambito (di cui fanno parte la Provincia e i comuni ricadenti nell’ATO). I compiti della Conferenza consistono nel fissare le linee strategiche di sviluppo del servizio idrico integrato; nel fissare le tariffe per il SII e nell’affidare il servizio stesso. Il Comitato ristretto, composto dal Presidente della Provincia e da altri rappresentanti (scelti per garantire la rappresentatività del territorio dell’ATO) allo scopo di garantire lo svolgimento dei compiti di ordinaria amministrazione o gli atti urgenti e improrogabili; La Segreteria Tecnica è costituita presso la sede dell’ente responsabile del coordinamento per garantire il controllo e la vigilanza sulla gestione del servizio idrico integrato. In particolare (ai sensi del regolamento regionale n. 5/2001) provvede alla ricognizione delle opere; svolge funzione di supporto tecnico alla Conferenza d’Ambito; aggiorna i programmi d’intervento in base alla programmazione regionale; effettua controlli economici e gestionali sull’attività del soggetto gestore; organizza banche dati. Riassumiamo di seguito le esperienze degli ATO lombardi, evidenziando le fasi che hanno portato all’approvazione dei primi piani d’ambito e ai primi affidamenti. Va premesso che i percorsi di seguito delineati sono molto differenziati, essendo le scelte gestionali frutto dell’evoluzione (non sempre coerente) della normativa. La situazione istituzionale è destinata a consolidarsi entro il 2007, visto che entro aprile 2007 dovevano essere redatti i Piani d’Ambito e entro ottobre 2007 deve essere definito il modello gestionale. La Tabella 9.3 riassume le attività delle Autorità d’Ambito degli ATO lombardi. 106 Tabella 9.3 – Descrizione delle attività delle AATO in Lombardia ATO ATO Provincia Bergamo di ATO Provincia Brescia di ATO Provincia Como di ATO Provincia Cremona di ATO Provincia Lecco di ATO Provincia di Lodi ATO Provincia Mantova ATO Città di Milano di Descrizione attività L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 11 dicembre 2001. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Bergamo e dai 244 comuni ricadenti nell’ATO. La segreteria tecnica si è insediata nel luglio 2002. Il Piano d’Ambito è stato approvato in data 28 ottobre 2004. La conferenza del novembre 2002 ha deliberato il trasferimento della titolarità della gestione del servizio idrico dai comuni ad un’unica società affidataria (AKUA) per 3 anni. Successivamente, nel marzo 2006 è stato deliberato l’affidamento in house al gestore unico Uniacque Spa. L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 18 giugno 2002, individuando nella Provincia l’ente responsabile per il coordinamento (il Presidente della Provincia è anche Presidente dell’AATO). La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Brescia e dai 206 comuni ricadenti nell’ATO. Il Piano d’ambito è stato redatto nel maggio 2006 ed approvato il 14 giugno 2006. Considerata l’elevata frammentazione del SII si è scelto di suddividere l'ATO in tre aree omogenee, sostanzialmente coincidenti con i principali bacini idrografici bresciani (ovest, centrale e Garda). L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 23 novembre 2001. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Como e dai 162 comuni ricadenti nell’ATO. La segreteria tecnica si è insediata l’anno successivo. Non è ancora stato approvato il piano d’ambito (nel febbraio 2006 è stato però approvato lo studio preliminare. Insieme all’ATO Pavia, Como ha di recente assunto il ruolo di ATO pilota di regione Lombardia per la predisposizione di un Piano d’Ambito tipo con i requisiti di sostenibilità e bancabilità. L’Autorità d’Ambito si è insediata nel novembre 2001 ed è costituita dai 115 comuni e dalla Provincia. L’Amministrazione Provinciale ha il compito di Ente responsabile del coordinamento dell’ATO. La segreteria tecnica si è insediata nell’aprile 2003. Nonostante l’ATO fosse stato inizialmente designato come ATO pilota per la predisposizione del Piano d’Ambito con requisiti di sostenibilità e bancabilità (con relativa approvazione in Conferenza d’Ambito), il progetto è stato poi abbandonato. Il piano d’ambito è in coso di redazione. La Conferenza d’Ambito comprende tutti i 90 Comuni della Provincia di Lecco e la Provincia stessa. Si è insediata il 12 novembre 2001. La segreteria tecnica è stata designata nel gennaio successivo. Questa si avvale della collaborazione di un consulente e di un gruppo di lavoro al quale partecipano i rappresentanti delle società di gestione operanti sul territorio. È stato approvato un documento di indirizzo strategico per la redazione del Piano d’Ambito. L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 25 ottobre 2001 e contestualmente è stata designata la Segreteria Tecnica. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Lodi e dai 61 comuni ricadenti nell’ATO. Il Piano d’Ambito è stato approvato nel gennaio 2006. L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 15 novembre 2001. La procedura di formazione della segreteria si è conclusa dopo due anni. L’ente responsabile del coordinamento è la provincia di Mantova. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Mantova e i 70 comuni ricadenti nell’ATO. Nel novembre del 2005 è stato approvato il Piano d’Ambito. Il comprensorio è stato diviso in tre aree omogenee. L’Autorità d’Ambito della Città di Milano era originariamente costituita dal Comune (95% dei voti) e dalla Provincia di Milano (che ne era anche Presidente con il 5% dei voti), secondo lo schema della Conferenza di Servizi permanente. La rappresentanza dell’ambito spettava al Presidente della Provincia e al sindaco di Milano, che avevano delegato i rispettivi assessori all’Ambiente. L’uscita della Provincia dalla Conferenza ha di fatto bloccato l’attività dell’ATO, in quanto veniva a mancare la collegialità necessaria (pena nullità) all’approvazione di atti di amministrazione (tra cui l’approvazione del Piano d’Ambito). Lo stallo è stato superato con la recente approvazione della l.r. 18/06 che prevede per la Città di Milano la facoltà di costituire l’Autorità come ente unico. Il 3 aprile 2006 è stata costituita l’azienda speciale quale Autorità dell’ATO Città di Milano. Nella fase transitoria, il Servizio Acque del Comune di Milano ha curato i rapporti con Metropolitana Milanese S.p.A., conseguenti all'affidamento del servizio idrico 42 integrato, che non rientrano nelle competenze dell'ATO (ambito territoriale ottimale) . Nel corso del 2005 è stata redatta una prima versione del Piano d’Ambito. 42 Ad es. gestione amministrativa degli appalti finanziati dal Comune di Milano prima del 30 giugno 2003, liquidazione e monitoraggio dei consumi di acqua potabile di stabili comunali. 107 ATO Provincia Milano di ATO Pavia Provincia di ATO Provincia Sondrio di ATO Provincia di Varese L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 19 novembre 2001 e contestualmente è stata designata la Segreteria Tecnica. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Milano e dai 188 comuni ricadenti nell’ATO. La Conferenza d’Ambito del 18/03/2003 ha deliberato la suddivisione del territorio in tre Aree Omogenee i cui limiti sono stati tracciati nel rispetto degli attuali Schemi Depurativi. Il Piano d’Ambito è stato approvato il 6 luglio 2005. La Conferenza dell’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Pavia si è insediata il 23 novembre 2001. L’anno successivo è stata nominata la Segreteria Tecnica. La prima stesura del piano d’ambito è stata approvata nel 2004, ma è stata rivista nel 2006, a seguito della proposta della Regione Lombardia di assegnare all’ATO di Pavia il ruolo di ATO pilota per la predisposizione di un Piano d’Ambito tipo con i requisiti di sostenibilità e bancabilità. L’ATO di Sondrio è quello in cui, l’attuazione della legge Galli risulta più indietro. In particolare, tutti i compiti dell’ATO sono svolti dalla provincia, considerato che non si è ancora raggiunto un accordo sulla bozza di regolamento. Nel corso del 2005 questa è stata sottoposta all’esame preliminare dei sindaci. L’ATO di Varese si è insediato il 27 giugno 2005. La Segreteria Tecnica si è insediata il 1 marzo 2006 ed è stato nominato il responsabile. Il Piano d’Ambito è in corso di redazione. Anche Varese è stato scelto come ATO pilota per la predisposizione di un Piano d’Ambito tipo con i requisiti di sostenibilità e bancabilità. Fonte: elaborazioni IReR su informazioni Piani d’Ambito, sito ORS e comunicazioni personali 9.2. Evoluzione organizzativa dei servizi idrici Come evidenziato nel paragrafo precedente (vd. Tabella 9.2) solo in 4 ATO sono individuati i gestori e tuttavia in un solo caso (Bergamo) l’affidamento è stato effettuato in via definitiva ai sensi di quanto indicato nella nuova legge regionale lombarda. Di conseguenza, il quadro qui delineato non può considerarsi definitivo e sarà con probabilità soggetto a modifiche nei prossimi mesi. Nell’ATO Provincia di Bergamo il gestore unico è stato individuato nella società UNIACQUE S.p.A. Tale società si configura come Società per Azioni a capitale interamente pubblico (riservato agli enti locali o altri enti pubblici). Il contratto di servizio per regolare i rapporti tra ATO e società è stato sottoscritto in data 1/08/06. L’affidamento della gestione dei servizi a un unico soggetto permetterà di superare l’attuale frammentazione: in provincia di Bergamo nel 2003 erano infatti presenti 232 soggetti diversi. Inoltre, su 242 comuni 202 gestivano parte del servizio in economia. A queste gestioni in economia, si affiancavano 19 SpA interamente pubbliche e 3 SpA a maggioranza pubblica. L’ATO Provincia di Brescia ha deciso di superare l’attuale frammentazione gestionale attraverso la suddivisione del proprio comprensorio in aree omogenee. Per quanto concerne il modello gestionale, si è optato per la società mista a maggioranza pubblica nell’area centrale (Brescia) e nell’area ovest, ad eccezione dell’area omogenea del Garda dove, in analogia alle scelte attuate nel veronese, si è privilegiata l’opzione in house. Si ricorda che l’ATO ha deciso di salvaguardare i seguenti gestori: la società ASM Brescia, quotata in borsa, (le sue partecipate ASVT spa e VALGAS S.p.a. operanti rispettivamente in Valle Trompia e in Valle Sabbia), nonché ACQUE POTABILI S.p.a. che gestisce il servizio acquedotto in quattro Comuni dell'ATO e la società EROGASMET S.p.a. La frammentazione gestionale nell’ambito di riferimento riguarda principalmente i servizi di fognatura. Nel 2005, su 206 comuni, le gestioni in 108 economia riguardavano il territorio di 65, 87 e 61 comuni con riferimento, rispettivamente, al servizio di acquedotto, fognatura e depurazione. Il gestore unico dell’ATO Provincia di Como non è ancora stato individuato. I maggiori gestori attuali sono ACSM (Como), Cantù Canturina servizi (Cantù), ASME ed ASIL (Erba). L’AATO ha sottoscritto con Regione Lombardia in data 26/02/2007 un Protocollo d’Intesa dove la Regione si impegna a supportare l’AATO nella stesura del PdA. L’AATO si è impegnato ad organizzare il SII separando l’attività di gestione delle reti dall’erogazione del servizio. Al 2006 l’ATO Provincia di Cremona è caratterizzato da numerosi enti gestori: SCS S.p.a., Padania Acque S.p.a., AEM gestioni S.r.l., APES Servizi S.r.l., A.S.M. Castelleone Servizi S.p.a., A.S.P.M. - Soresina Servizi S.p.a., G.I.S.I. S.p.a. Il 23 aprile 2007 l’ATO Provincia di Lecco ha approvato una delibera in cui viene divisa gestione da erogazione, avviando il processo di aggregazione di alcune delle società pubbliche esistenti (CIAB, ECOSYSTEM, RIO TORTO E ACEL SpA) che gestiscono attualmente il servizio idrico. Nell’ATO Provincia di Lodi alla fine del 2006, il maggiore gestore del servizio di acquedotto risulta essere il CAP, con il 70% della popolazione servita, seguito dall’ASTEM (23% della popolazione, 3 comuni fra cui Lodi) e l’ASM (Codogno, pari al 7% della popolazione). Il servizio di fognatura è fornito dal CAP al 63% della popolazione, dall’ASTEM al 29%, dall’ASM per il 7% ed in economia al 26%. Per quanto riguarda il servizio di depurazione, il CAP serve il 28% della popolazione, l’ASTEM il 29% e l’ASM il 29%. Il servizio è fornito in economia in 9 comuni, mentre il Basso Lambro Impianti serve il rimanente 17% della popolazione. Nessuno degli attuali gestori vanta i requisiti per diventare un gestore unico d’ambito. Si prevede che gli attuali gestori siano incorporati nella costituenda società (SIL, Servizi Idrici Lodigiani) tramite conferimento di ramo d’azienda da parte degli enti locali. Nel caso dell’ATO Provincia di Milano, il processo di riorganizzazione industriale si inseriva in un contesto che vedeva la presenza di 30 aziende e 122 gestioni dirette comunali (Drusiani et al., 2004). Come ricordato sopra, il territorio dell’ATO è stato suddiviso in Aree Omogenee: per ognuna di queste la Conferenza d’Ambito del 16/06/2003 ha approvato, con delibera n.7/2003, di affidare a tre distinte Società (AEMME ACQUA S.p.A., BRIANZACQUE S.p.A., MIACQUA S.p.A.) il Servizio Idrico Integrato in base all’ex co. 5 dell’art. 35 della L. 448/01. Successivamente, con delibera n. 4 del febbraio 2004, la Conferenza ha approvato la separazione dell’attività di erogazione del servizio da quella di gestione delle reti. Considerate le modifiche intervenute nel quadro normativo di riferimento (in particolare la nuova versione dell’art. 113 introdotta dalla l. 326/03) e la neo-costituenda provincia di Monza, con delibera n. 8 del 6 luglio 2005, si è proceduto a ridefinire i confini delle aree omogenee. In particolare, si è stabilito di far coincidere il comprensorio di Brianza Acque S.p.A. con quello della provincia di Monza43. Le altre due società (AEMME Acque 43 I Soci pubblici che rientrano in Brianzacque S.p.A.sono: ALSI S.p.A., CAP Gestione S.p.A., AGAM S.p.A., AEB S.p.A., ASML S.p.A., Gestione Servizi Desio S.p.A., SIB S.p.A. 109 S.p.A. e Miacqua S.p.A.) hanno deciso di procedere alla fusione, perfezionata nel maggio 200644, dando vita a una nuova realtà industriale, Amiacque Srl. L’ATO Città di Milano presenta una situazione sui generis, considerato che l’affidamento a una società a totale capitale pubblico (Metropolitana Milanese Spa) è avvenuto prima della redazione del Piano d’Ambito. In pratica, l’ente locale è proprietario di reti, impianti e altre dotazioni (ad esclusione dei depuratori) e sia la gestione delle infrastrutture che l’erogazione del servizio sono stati affidati, nella fase transitoria, direttamente ad una società di capitali a proprietà interamente pubblica (IEFE, 2006). L’ATO Provincia di Mantova ha scelto di utilizzare il periodo transitorio per salvaguardare le gestioni esistenti, favorendo al contempo un processo di aggregazione allo scopo di semplificare il raggiungimento dell’unitarietà della gestione. L’attuale situazione gestionale è così sintetizzabile: i servizi sono gestiti in economia in 25 comuni; le cinque S.p.A. interamente pubbliche (AGAC Spa, AIMAG Spa, GISI Spa, SISAM Spa e TEA Spa) servono 45 comuni; le Spa a maggioranza pubblica (ASEP Spa e INT.DEP.CAST Spa) servono 3 comuni e le Spa private (ARCALGAS Spa, COGAS Spa, SAGIDEP Spa, EURODEPURATORI Spa, ACQUE POTABILI Spa) sono presenti soprattutto nel settore dell’acquedotto e della depurazione, servendo 7 comuni. Allo scopo di superare la frammentazione esistente, si è scelto inizialmente di suddividere l’ATO in tre aree omogenee (in base a fattori naturali, economici ed insediativi), anche se non si escludeva, successivamente, di aggregare le tre aree in capo ad un unico soggetto gestore. In realtà, secondo i dettami della l.r. 18/06, le tre aree omogenee non soddisfano il requisito dei 240.000 abitanti servizi, per cui a regime dovrà essere individuato un unico gestore d’ambito45. L’ATO Provincia di Pavia aveva inizialmente optato per la salvaguardia delle gestioni esistenti46. Nel 2003 le società pubbliche coprivano l’86,9% delle gestioni del servizio di acquedotto, il 67,3% del servizio di fognatura ed il 75,9% del servizio di fognatura. Oltre alle gestioni in economia (25 comuni), il servizio di acquedotto era fornito da associazioni di utenti e consorzi rurali. Con la sottoscrizione nel marzo 2006 del Protocollo d’Intesa tra la Regione Lombardia e l’AATO di Pavia per la redazione di un Piano d’Ambito 44 Soci pubblici che rientrano in Amiacque S.r.l. sono: AMAGA S.p.A., AMGA S.p.A. di Legnano, ASM S.r.l. di Magenta, ASP S.p.A. di Canegrate, CEA S.r.l. di Cerro Maggiore, TAM S.p.A., AMA S.p.A: di Rozzano, CAP Gestione S.p.A. di Milano, GENIA S.p.A. di San Giuliano Milanese, IANOMI S.p.A., TASM S.p.A., IDRA S.p.A. 45 Il Piano d’Ambito della Provincia di Mantova (cfr. pag. 285) stabilisce che la “gestione unica potrà avvenire anche per accorpamento, aggregazione e fusione dei tre gestori di zona inizialmente individuati mediante una delle procedure di affidamento previste dalla normativa vigente”. Lo stesso documento riconosce tuttavia un limite all’accorpamento delle gestioni esistenti, consistenti nella non economicità di grossi investimenti in sistemi di adduzione o collettori. 46 A.S.M. Pavia S.p.A.; A.S.M. Voghera S.p.A.; A.S.M. Vigevano E Lomellina S.p.A.; A.S.M. Mortara S.p.A.; Consorzio Bassa Lomellina S.p.A.; Broni-Stradella S.p.A.; ACAOP S.p.A.; CAP Gestione S.p.A.; Basso Lambro Impianti S.p.A.; Walde Ambiente S.p.A; Est Sesia Irrigazione; ATI Siba Aquagest; Impiantistica Lombarda Viletti S.r.l.; Arcalgas S.p.A.; Acque Potabili S.p.A. e Co.Gas S.p.A. 110 avente requisiti di bancabilità, l’ATO adotterà il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03 come modificata dalla l. 18/06. 9.3. Priorità d’intervento Le criticità riguardanti la fornitura dei servizi idrici sul territorio lombardo possono essere desunte dalla lettura dei Piani d’Ambito finora redatti, che a loro volta si rifanno alle analisi contenute nel PRRA e quindi nel PTUA. Il coordinamento tra gli strumenti di piano è garantito dalla Direttiva allegata alla DGR 3789 del 13 dicembre 2006, che impone ai Piani d’Ambito di conformarsi alle prescrizioni normative e regolamentari vigenti e alle previsioni del PTUA. Le criticità possono essere raggruppate in sei grandi macro-categorie: a. la qualità della risorsa ad uso idropotabile; b. la disponibilità della risorsa; c. il grado di copertura del servizio idrico integrato; d. il livello di interconnessione degli acquedotti; e. la vetustà delle reti e degli impianti; f. la dimensione degli impianti di depurazione. All’individuazione delle criticità corrisponde la definizione di azioni di policy: ovviamente è possibile che un’azione risponda a più criticità. Lo scopo è di migliorare la qualità e l’affidabilità del servizio offerto e di rispettare le normative comunitarie al minor costo. Il problema della qualità della risorsa utilizzata a fini idro-potabili si registra prevalentemente nelle aree di pianura. In particolare, in provincia di Milano si riscontra una bassa qualità delle falde, caratteristica che costringe a trattare i ¾ del volume erogato. Nella zona pavese in alcuni comuni sono presenti tracce di ferro, manganese e magnesio oltre i limiti di legge. I parametri relativi all’arsenico sono fuori norma47 anche in 14 comuni della provincia di Lodi e in alcune aree della Provincia di Brescia. La presenza dell’arsenico negli acquedotti ha tuttavia origini naturali, non dipendendo da fattori antropici. Altre situazioni problematiche riguardano l’inquinamento derivante da sostanze di origine industriale ed agricola. Le misure volte a superare questa situazione riguardano la realizzazione di impianti di trattamento delle acque, l’approfondimento dei pozzi, 47 I valori limite dell’arsenico sono fissati dal D.Lgs. 31/2001: tale decreto ha ridotto il valore limite per l’arsenico da 50 µ/litro a 10 µ/litro. La Regione Lombardia ha concesso una deroga (con decreto della Direzione Generale sanità n. 2100/2003), consentendo di distribuire acqua con valori non superiori a 50 µ/litro, ad esclusione delle acque destinate all’industria alimentare. 111 l’utilizzo alternativo di acque superficiali e l’interconnessione degli acquedotti. In particolare nel PTUA è prevista l’aggregazione di 45 comuni di piccole dimensioni della provincia di Lodi in sei schemi idrici intercomunali di nuova realizzazione. Anche in provincia di Milano si registra un’insufficiente integrazione tra sistemi acquedottistici. L’interconnessione degli acquedotti è cruciale anche per garantire un monitoraggio efficace della qualità della risorsa fornita. Risulta infatti più problematico il controllo di molte fonti piccole spesso situate in aree collinari in cui risultano più frequenti gli episodi di malfunzionamento della rete dovuti all’irregolarità del terreno. Per quanto concerne la disponibilità della risorsa ad uso idropotabile, complessivamente questa può ritenersi soddisfacente, salvo alcuni periodi di forte domanda o scarsa disponibilità (tipicamente estivi) non soddisfatta dalle riserve idriche e in corrispondenza di alcune limitate aree territoriali (cfr. par 8.3). A tal proposito nei Piani d’Ambito si enfatizza la necessità di porre in essere delle misure volte al risparmio idrico e al riutilizzo della risorsa. Il grado di copertura del servizio idrico integrato risulta sufficiente per i servizi di acquedotto, con percentuali di copertura prossime al 100%48, mentre risulta essere non soddisfacente per i servizi di fognatura e depurazione, in considerazione dei parametri relativi alle percentuali di abbattimento degli scarichi ai sensi della dir. 271/91 recepita dal D.Lgs. 152/99. Il dettaglio delle scadenze di legge è riassunto nella Tabella 9.4. Tabella 9.4 - Obblighi per gli Stati Membri sanciti dalla Dir. 271/91/CEE SCADENZA 31 dicembre 1993 30 giugno 1993 30 giugno 1994 31 dicembre 1994 31 dicembre 1998 31 dicembre 2000 31 dicembre 2005 OBBLIGHI DA OTTEMPERARE Individuazione delle aree sensibili. Definizione dei requisisti per lo scarico delle acque reflue industriali in funzione della tipologia industriale. Definizione dei piani nazionali di attuazione della direttiva. Termine massimo di recepimento della direttiva. Comunicazione alla Commissione dei programmi nazionali. Controllo dei requisiti definiti dagli Stati membri da parte della Commissione. Individuazione di norme generali per lo smaltimento dei fanghi provenienti da impianti di trattamento di acque reflue. Adeguamento della rete fognaria nelle aree sensibili per gli agglomerati con oltre 10.000 a.e. Adeguamento della rete fognaria e trattamento dei reflui (secondario o equivalente) per gli agglomerati aventi un numero di a.e. superiore ai 15.000 a.e. Adeguamento della rete fognaria per gli agglomerati aventi un numero di a.e. compreso tra i 2.000 e i 15.000 e trattamento dei reflui per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra i 10.000 e i 15.000 e per gli scarichi in acque dolci e estuari provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra i 2.000 e i 10.000 Fonte: D. lgs. 152/99 e s.m.i. 48 Nei casi in cui gli utenti non sono allacciati all’acquedotto comunale la fornitura dell’acqua è garantita da pozzi privati o acquedotti rurali. 112 Per quanto concerne la fognatura, il servizio non copre la totalità della popolazione lombarda. La Dir. 271/91/CEE prevede entro il 31 dicembre 2005 l’allacciamento alle fognature per gli abitanti degli agglomerati superiori ai 2.000 a.e. Per quanto concerne gli impianti di depurazione, tale norma stabilisce che al 31 dicembre 2005 debbano essere depurati mediante trattamento secondario tutti gli scarichi provenienti da agglomerati superiori ai 2000 a.e.. Inoltre, la norma prevede che tutti le acque reflue provenienti da agglomerati superiori a 10.000 a.e. e collocate in aree sensibili debbano ricevere un trattamento appropriato con rimozione del fosforo e dell’azoto. La quasi totalità del territorio della Lombardia è stata designata come area sensibile, costituendo parte del bacino drenante dell’area costiera dell’Adriatico49. Gli interventi di recepimento della normativa riguardano la costruzione di nuovi impianti, l’ampliamento degli impianti esistenti e la realizzazione di sezioni di disinfezione negli impianti esistenti. Inoltre, da un punto di vista gestionale, notevoli economie di scala possono essere ottenute aumentando la dimensione media degli impianti (cfr. par 8.1.3). L’importanza di tali economie dipende tuttavia dalle caratteristiche insediative, in quanto i minori costi di gestione per a.e. potrebbero essere “compensati” dai maggiori costi di collettamento di case situate in zone a bassa densità abitativa. L’assenza di un adeguato sistema di depurazione per i reflui prodotti dalla città di Milano ha rappresentato una significativa inadempienza che è stata di recente sanata con l’entrata in funzione dei depuratori di Nosedo e San Rocco e il potenziamento del depuratore di Peschiera Borromeo. Lo stato ambientale del bacino del Lambro Seveso Olona non risulta tuttavia soddisfacente, essendo tali corpi idrici fortemente inquinati già all’ingresso della città di Milano. Oltre alla costruzione di nuovi impianti, una criticità importante riguarda la vetustà delle reti e degli impianti e il conseguente fabbisogno di investimenti. In particolare, si segnala un’elevata età media delle reti di adduzione (in alcuni casi oltre i 60 anni) e dei serbatoi (oltre 40 anni). Critica risulta essere anche l’età media di alcuni impianti di telecontrollo (aventi una vita utile media di 8-10 anni), i quali risultano cruciali allo scopo di garantire la qualità della risorsa in condizioni di interconnessione delle reti. In riferimento al rifacimento delle reti fognarie esistenti, alcuni Piani d’Ambito prevedono che le condotte unitarie siano sostituite da reti duali, allo scopo di diminuire i volumi d’acqua inviati ai 49 Ai sensi dell’Allegato 6 del D.Lgs. 152/99 si considera “area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi: a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione d’acqua potabile;) c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma. Ai sensi del comma 2 punto a) dell’articolo 18, sono da considerare in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un’altitudine sotto i 1.000 sul livello del mare. 113 depuratori in coincidenza con le piogge, aumentando di conseguenza l’efficacia dei processi di depurazione. Le direttive regionali (allegato alla DGR 3789 del 13.12.2006) stabiliscono come prioritari, nel settore acquedottistico, gli interventi atti a superare o prevenire l’insorgere di episodi di crisi idrica. Per quanto concerne il comparto della fognatura e depurazione, oltre all’estensione della copertura del servizio, si prevede l’adeguamento ai valori limite di emissione degli impianti di trattamento. 9.4. Investimenti effettuati e dinamiche tariffarie A fronte di queste criticità la pianificazione regionale50 prevede diverse tipologie di intervento. I programmi finanziari nazionali e regionali hanno impedito un’impasse degli investimenti nel settore idrico, causata dalla mancata attuazione della legge Galli in Lombardia. Fino all’affidamento del servizio, infatti, i gestori si sarebbero trovati nell’impossibilità di applicare la tariffa unica d’ambito (calcolata sulla base degli investimenti previsti nei Piani d’ambito) e, conseguentemente, di investire nel settore. I Piani Stralcio sono quindi stati introdotti allo scopo di sbloccare gli investimenti nel settore idrico (in particolare nei segmenti della fognatura e depurazione) senza dover aspettare l’entrata a regime dell’organizzazione industriale prevista dalla legge Galli. Allo scopo di colmare i ritardi negli adempimenti previsti dalle direttive europee e per far fronte a situazioni di emergenza idrica che avevano interessato il territorio nazionale negli anni precedenti, la Finanziaria 2001 (l. 388/2000) introdusse l’obbligo per le Autorità d’Ambito (o in mancanza per le Province) di adottare un programma di interventi nei servizi di fognatura e depurazione, a stralcio dei futuri Piani d’Ambito. In particolare, qualora i Piani fossero stati finanziati con risorse pubbliche, questi dovevano essere oggetto di Accordi di Programma Quadro (APQ). Per il parziale finanziamento di tali programmi è stato previsto un incremento cumulato delle tariffe di depurazione e fognatura nella misura massima del 20% nell’arco del quinquennio 2001-2005, anche se l’aumento annuale non potrà superare il 5%. La Tabella 9.5 evidenzia gli incrementi tariffari accordati agli ATO lombardi, in virtù degli interventi nei segmenti di fognatura e depurazione e che costituiscono una quota di finanziamento agli interventi inseriti negli APQ (cfr. Tab. 9.6). 50 I Piani d’ambito dovrebbero essere redatti tenendo sempre presente le scelte strategiche del PRRA e del PTUA50, laddove approvati in concomitanza o successivamente.Il PRRA e il PTUA sono stati approvati rispettivamente con d.g.r. n. 402/2002 e con d.g.r. n. 2244/2006 114 Tabella 9.5 – Incrementi tariffari ex Delibera CIPE 52/2001 (2002/2005) ATO Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Provincia di Milano Città di Milano Pavia Sondrio Varese 2002 5% 5% 5% 5% 5% 5% 5% 5% 2003 2004 5% 5% 5% 5% Soggetto a ricorsi 5% 5% 5% 5% 5% 5% 5% 5% 20% per il quinquennio 2001-05 20% per il quinquennio 2001-05 20% per il quinquennio 2001-05 4,761% 4,565% 5% 5% 2005 5% 5% 5% 5% 5% 3,7% 4.347% - Fonte: sito web ORS Nel caso della Regione Lombardia, il Ministero dell’Ambiente ha stanziato oltre 40 milioni di euro per il finanziamento dei Piani stralcio. Per poter accedere a tali finanziamenti nel dicembre 2002 era stato stipulato un Accordo di Programma Quadro (“Tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche”) tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente e del territorio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e la Regione Lombardia51. In particolare tale accordo individuava gli interventi urgenti in materia di approvvigionamento idropotabile (prevenzione di eventi critici), la tutela dei corpi idrici (attuazione degli interventi di fognatura e depurazione previsti dai Piani stralcio ex art. 141 l. 388/00), il ripristino dei corpi idrici pregiati52, la riduzione dell’inquinamento per i corpi compromessi (Lambro, Olona e Seveso), la prevenzione di fenomeni eutrofici e di inquinamento causato da nitrati, gli interventi di monitoraggio. I settori di intervento e i relativi fabbisogni finanziari sono evidenziati in Tabella 9.6. L’accordo prevedeva che i fondi statali fossero erogati alla Regione Lombardia, che poteva poi gestirli direttamente (per i settori di particolare rilevanza) o trasferirli alle Autorità d’Ambito. Era prevista una partecipazione al finanziamento attraverso le maggiorazioni tariffarie previste dalla delibera CIPE 52/2001 e l’eventuale “fondo vincolato” costituito per la realizzazione degli interventi previsti dai Piani Stralcio. 51 D.G.R. 20 dicembre 2002 n. 11687. Sono considerato “corpi idrici pregiati”: Lago di Garda, lago Maggiore, lago di Como, lago d’Iseo, laghi di Mantova e i seguenti fiumi: Ticino, Adda, Oglio, Mincio e Serio. 52 115 Tabella 9.6 – Riepilogo fabbisogno finanziario per settore d’intervento Settore Approvvigionamento idropotabile Importo (€) Maggiorazione tariffaria del servizio di fognatura e depurazione ex delibera CIPE 52/2001 (e fondi gestori) 67.840.846,84 27.420.423,42 Tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei 2.692.857.314,02 625.200.000,00 Ripristino e tutela dei corpi idrici pregiati 58.201.977,26 45.276468,91 Riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici particolarmente compromessi 31.623.210,9 26.433.632,00 Prevenzione inquinamento causato da nitrati e fenomeni eutrofici 26.153.960,68 - 2.618.987,37 - 2.879.296.297,08 724.330.524,33 Interventi di monitoraggio TOTALE Fonte: D.G.R. 11687/2002 In particolare, l’APQ prevedeva che nelle prime tre fasi fossero attuati i programmi relativi ad interventi in materia di fognatura e depurazione. L’esigenza di investire prioritariamente nei due settori che presentavano, alla fine degli anni ’90, i maggiori ritardi in termini di copertura del servizio ha costretto a sacrificare gli investimenti nel segmento dell’acquedotto, per cui erano disponibili solamente gli incrementi tariffari riconosciuti come adeguamenti all’inflazione e in cui, come riconosciuto da diversi attori istituzionali ed economici, si è investito o bisognerà investire nei prossimi anni. Per questo motivo, nel 2004, è stata avviata la quarta fase concernente invece gli interventi di prima necessità nel comparto acquedottistico. Allo scopo di garantire il coordinamento nella realizzazione delle opere previste dagli APQ esistenti, nel 2003 è stato definito il “Programma nazionale degli interventi nel settore idrico” (vedi Finanziaria 2004, L. 350/03), formulato dal Ministero dell’Ambiente sulla base di segnalazioni pervenute dalle istituzioni del settore. Gli interventi inseriti nel programma avevano carattere di urgenza. Come evidenziato sopra, gli interventi programmati dai Piani Stralcio costituiscono delle risposte di breve periodo alle criticità evidenziate al paragrafo 9.3. Allo scopo di comprendere le azioni di lungo periodo un primo passo necessario è l’analisi dei Piani d’Ambito, in particolare degli interventi in essi previsti. Si riportano di seguito le informazioni desunte dai Piani d’Ambito di alcuni ATO lombardi e relative agli investimenti previsti nei tre comparti Dalla lettura della Tabella 9.7 si evince la consistenza degli interventi, che riguardano sia la manutenzione straordinaria e il rinnovo delle infrastrutture esistenti, che gli investimenti in nuove opere. In particolare, si nota che la maggior parte degli interventi riguarda i settori considerati più in ritardo rispetto alla normativa comunitaria, ossia la fognatura e la depurazione. 116 Tabella 9.7 – Investimenti totali del servizio idrico integrato ATO Acquedotto (mgl €) 188.296 214.198 124.700 89.934 107.836 Bergamo Brescia Lodi Mantova Provincia di Milano Pavia 252.275 Fognatura (mgl €) Depurazione (mgl €) 203.796 500.846 132.000 81.000 123.336 264.822 166.516 1.089.293 Altri investimenti 65.242 134.141 Tot. 391.692 780.286 337.700 213.270 539.174 1.499.956 Fonte: Piani d’Ambito, laddove disponibili. Tabella 9.8 - Indicatori sintetici relativi a investimenti nel SII ATO Totale investimenti SII (mgl €) 391.692 780.286 337.700 213.270 539.174 1.499.956 Bergamo Brescia Lodi Mantova Provincia di Milano Pavia Investimenti pro capite annui (€) 13,40 23,46 20,85 31,74 173,12 252,94 Invest medi annui (mgl €) 13.056 26.010 11.257 10.664 53.917 49.999 Fonte: Elaborazioni IReR su dati Piani d’Ambito. La copertura finanziaria degli investimenti totali previsti nei Piani d’Ambito deve essere garantita dalla tariffa del SII. La Tabella 9.9 evidenzia le previsioni di sviluppo della tariffa reale media. A fronte di incrementi percentuali in termini nominali anche significativi, notiamo che la tariffa reale media non supera i 2 €/mc. Tabella 9.9 – Sviluppo della tariffa reale media (€/mc) ATO Anno 1 Anno 10 BG 0,82 1,05 BS 0,9 1,17 LO 0,76 1,17 MN 0,92 1,31 MI 0,72 0,99 PV 0,75 1,75 Anno 20 Anno 30 Variazione % tra 1° e ultimo anno di affidamento 1,09 1,10 34% 1,14 0,94 4% 1,46 1,46 70% 1,59 - 72,83% 27% 1,82 1,9 153,33% Fonte: Piani d’Ambito ed elaborazioni IReR Allo scopo di comprendere la sostenibilità sociale (valutata qui in termini di affordability, ossia di sopportabilità delle bollette idriche nei bilanci familiari), bisognerà considerare l’impatto della spesa per la fornitura del servizio idrico integrato sul totale del reddito familiare. Non esiste una soglia universalmente accettata come indicatore di affordability, anche se si fa generalmente riferimento al 2-3% (Fonte: Miniaci et al., 2005). 117 9.5. Sperimentazione di nuove modalità di finanziamento degli interventi nei progetti pilota avviati L’introduzione del principio del Full Cost Recovery (FCR), secondo cui le entrate tariffarie devono garantire la copertura dei costi, è solo un elemento necessario per assicurare la sostenibilità finanziaria del sistema. La generazione di un cashflow adeguato è certamente il presupposto necessario per valutare la capacità del soggetto indebitato di far fronte agli impegni presi con i creditori. D’altra parte in un settore, quale quello idrico, in cui gli orizzonti temporali di riferimento sono di lungo e lunghissimo termine, assumono particolare rilevanza nella valutazione finanziaria tutti gli elementi di rischio che nel tempo possono concorrere a deteriorare il merito di credito del soggetto debitore. Il venir meno dei finanziamenti pubblici a fondo perduto costringe gli operatori del settore (sia pubblici sia privati) ad attivare la leva finanziaria dell’indebitamento per affrontare gli investimenti. Tale dinamica ha finora incontrato numerosi ostacoli, sia per i sempre più stringenti vincoli all’indebitamento degli EE.LL. sia per la generale difficoltà di accesso al credito delle iniziative poste in essere nel settore. A contribuire a questo stato di cose i Piani d’Ambito, ovvero i documenti programmatici che dovrebbero costituire la base tecnica ed economica della pianificazione degli investimenti, mostrano spesso lacune e carenze e non contengono dei piani economico-finanziari a un livello di dettaglio sufficiente secondo gli standard richiesti dagli istituti di credito (Andwandter e Rubino, 2006). Per superare le numerose difficoltà del settore ed in particolare avviare una dinamica virtuosa che, sotto il profilo gestionale, migliori al contempo la possibilità e la capacità di accesso al credito, la Regione Lombardia ha introdotto una profonda riforma del settore, basata su un modello gestionale che prevede la separazione dell’attività di gestione da quella di erogazione. Oltre al modello gestionale, la Regione Lombardia ha previsto un supporto di tipo finanziario, come sancito all’art. 11 della l.r. 26/0353. Il succitato articolo chiarisce che la Regione può intervenire tramite Finlombarda S.p.A. attraverso operazioni di finanza di progetto, prestazioni di garanzie e assunzione di partecipazioni (non di maggioranza). Il regolamento regionale 3 aprile 2007 n. 3 definisce puntualmente i ruoli dei soggetti pubblici nei confronti delle Autorità d’Ambito, in particolare (art. 3): - Finlombarda S.p.A. concede finanziamenti, presta garanzie e assume partecipazioni per attività di progettazione e realizzazione di opere infrastrutturali. Diventa quindi interlocutore dei soggetti gestori. A tale 53 . “la Regione favorisce la realizzazione, da parte di enti locali, preferibilmente associati, di opere, impianti produttivi e infrastrutture interessanti il settore dei servizi, nel rispetto delle regole della concorrenza, dell’ambiente e nell’interesse dei consumatori. A tal fine la Regione può intervenire mediante la finanziaria regionale Finlombarda SpA…con operazioni di finanziamento di progetto, prestazioni di garanzie, assunzioni di nuove partecipazioni che non dovranno essere di maggioranza né di controllo ai sensi…” 118 proposito, Finlombarda SpA conduce una valutazione di fattibilità economicofinanziaria di ciascuna iniziativa. - Regione Lombardia concede contributi e incentivi per ricerche e studi attinenti il SII, interfacciandosi con le AATO. I finanziamenti sono concessi a condizione che gli interventi relativi siano corrispondenti a quelli programmati nel Piano d’Ambito e secondo delle priorità fissate dalla stessa proposta di regolamento, nella fattispecie (art. 5) che i programmi di intervento: (i) siano realizzati da gestori rappresentativi dell’intero ambito; (ii) siano realizzati in seguito all’aggregazione di soggetti proprietari; (iii) siano rispondenti alla programmazione a livello di bacino idrografico; (iv) siano eseguiti in attuazione di affidamento inter-ambito; (v) implichino l’impiego di strumenti e tecniche che comportino minori costi per la pubblica amministrazione; (vi) si sostanziano nell’impiego di tecnologie ad alto contenuto innovativo. Regione Lombardia, con DGR n. VIII/1392 del 13 dicembre 2005 ha inoltre formalizzato il proprio impegno a supportare gli ATO lombardi nella predisposizione dei Piani d’Ambito, sia da un punto di vista economicofinanziario (allo scopo di riformulare dei Piani d’Ambito dettagliati, tecnicamente affidabili e bancabili) che tecnico-legale, “per evitare che, dopo il lungo e complesso lavoro di elaborazione del Piano d’Ambito, esso incontri difficoltà nella attuazione dei rilevanti investimenti in esso previsti” (DGR no. VIII/1392 p. 2). Sono stati individuati due ATO pilota54, Como e Pavia. La collaborazione tra ATO e Regione Lombardia è riassunta in Figura 9.2. Da un lato, l’ATO si impegna ad adottare un modello gestionale conforme alla l.r. 26/03 (con separazione dell’attività di gestione da quella di erogazione, la prima in capo ad una società patrimoniale unica d’Ambito, la seconda affidata mediante gara) e di mettere a disposizione della Regione Lombardia i dati rilevanti. Dall’altro la Regione Lombardia (DG Reti e Servizi di Pubblica Utilità insieme a Finlombarda SpA, IReR e Cestec) si impegna a fornire assistenza ingegneristica, giuridicolegale ed economico-finanziaria. 54 Inizialmente erano stati individuati gli ATO di Pavia e Cremona. 119 Figura 9.2 – Schema di ATO pilota Fonte: ORS Regione Lombardia 120 Capitolo 10 Le prospettive future del servizio idrico lombardo 10.1. Il modello gestionale lombardo nella nuova legge regionale Come accennato in precedenza, la l.r. 26/03 (come modificata dalla l.r. 18/06) disciplina, tra altri aspetti, l’erogazione dei servizi idrici, non solo specificando le competenze in materia a diversi livelli istituzionali, ma introducendo quello che si configura come un vero e proprio “modello lombardo”, in virtù dell’innovatività delle soluzioni proposte, non solo a livello regionale, ma anche a livello nazionale. Lo scopo di questo capitolo è quello di descrivere tale modello, evidenziando i motivi che hanno indotto il legislatore a optare per questa soluzione. Particolare enfasi verrà posta sui vantaggi di tale modello ma anche sulle specificità dell’attuale realtà gestionale lombarda, elementi che potrebbero incidere sull’implementazione del nuovo assetto organizzativo introdotto dal legislatore. 10.1.1. Descrizione del modello Il modello gestionale lombardo si caratterizza per tre principi, sanciti all’art. 2 della l.r. 26/03: 1. la separazione (o unbundling) tra attività di gestione della rete e di erogazione del servizio55; 55 Sono individuabili due modalità di separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio (Capra e Andreoni, 2006): 2. 3. l’incedibilità della proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali e il conferimento di questa a società a totale capitale pubblico; l’affidamento dell’attività di erogazione a società di capitali avviene tramite procedure ad evidenza pubblica: gara per la scelta del socio privato in spa miste o gara tout court. Tali principi costituiscono un elemento di discontinuità con la normativa nazionale, che ha di fatto escluso i servizi idrici dai processi di unbundling previsti per altri servizi di pubblica utilità ed ha previsto più modalità di gestione dei servizi oltre al ricorso a procedure ad evidenza pubblica (quali l’in house e le società miste). Analizziamo per ordine ognuno di questi principi. In primo luogo, l’obbligo di separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio (da parte delle AATO) è sancito dall’art. 49. In pratica, nella prima categoria rientrano le attività di mantenimento e miglioramento delle dotazioni infrastrutturali (ossia, tra le altre, la manutenzione straordinaria), mentre nella seconda sono annoverate le attività che attengono direttamente alla fornitura del servizio agli utenti finali (ossia l’esercizio delle reti e l’effettuazione di interventi di manutenzione ordinaria). Allo scopo di arginare problemi di attribuzioni di competenze, la Regione Lombardia, tramite un proprio regolamento, ha caratterizzato le attività di gestione della rete da quelle di erogazione del servizio (la Tabella 10.1 fornisce un elenco puntuale delle attività gestionali che ricadono nell’una piuttosto che nell’altra categoria). Si segnala inoltre una best practice raccolta in una delle interviste effettuate nell’ambito della presente ricerca (Int. 15) e consistente nella sperimentazione di un sistema informatico (ormai su base triennale) in grado di “assegnare ad ogni apparecchiatura esistente la propria vita tecnica finanziaria”: ogni progetto esecutivo dev’essere accompagnato da un piano di manutenzione per cui, da un lato sono chiariti, su base contrattuale, gli obblighi dell’erogatore limitatamente alla gestione ordinaria e, dall’altro, è stabilito contrattualmente chi, tra erogatore e gestore, debba intervenire nel caso in cui si renda necessario una manutenzione imprevista. Tale distinzione, unitamente al principio dell’incedibilità delle reti, chiarisce il ruolo e i compiti che gli enti locali (in quanto proprietari) e gli erogatori sono chiamati a ricoprire nel mantenimento di un bene strumentale a un servizio pubblico. • La separazione della sola proprietà delle reti, mantenendo unite le attività di gestione della rete dall’erogazione del servizio; • La separazione della sola erogazione del servizio, mantenendo in capo ad unico soggetto proprietà e gestione delle reti. Nel caso della Lombardia si è scelta la seconda possibilità. 122 Tabella 10.1 – Le attività di gestione del servizio idrico integrato - - 123 - - Gestione della rete e degli impianti Pianificazione operativa interventi previsti da Piano d’Ambito (ossia la programmazione concreta del piano di interventi, unitamente alla programmazione finanziaria) Progettazione e realizzazione nuove reti ed impianti previsti da PdA e successivi aggiornamenti (comprende tutte le attività tecniche – studi preliminari, rilievi, progetti, direzione lavori, … - necessarie alla realizzazione degli interventi previsti dal PdA) Progettazione e realizzazione degli interventi di ristrutturazione di reti ed impianti esistenti e manutenzione straordinaria programmata previsti da PdA e successivi aggiornamenti (comprende tutte le attività tecniche necessarie agli interventi di ristrutturazione, valorizzazione e rinnovo di reti ed impianti esistenti) Area appalti, contratti ed espropri (ossia tutte le attività tecniche necessario all’affidamento dei lavori) Altre attività tecniche, quali studi e ricerche, cartografia (GIS) e servizio geologico Altre attività di supporto (attività amministrative, economico-finanziarie, controllo di gestione, approvvigionamenti, magazzino, e tutte le attività collaterali alla progettazione, quali gli studi di impatto ambientale e la localizzazione di nuovi impianti) Rapporti istituzionali (contratti di servizio, ecc) - Erogazione del servizio Gestione e vigilanza di impianti di captazione Gestione della rete di adduzione (ricerca perdite) Gestione di impianti di potabilizzazione (esercizio e smaltimento fanghi) Gestione rete di distribuzione acqua (ricerca perdite di rete ed allacciamenti) Gestione rete fognaria (collettamento, ricerca perdite di rete ed allacciamenti) Gestione impianti di depurazione (esercizio e smaltimento fanghi) Manutenzione (ordinaria e straordinaria non programmata, protezione catodica, manutenzione elettromeccanica e civile, automezzi e immobili) Laboratorio analisi e controllo ambientale (controllo qualità acqua di approvvigionamento e scarico e controllo pressioni; telecontrollo impianti) Interfaccia utenza (gestione contatori, rapporti utenze produttive, nuovi impianti, fatturazione, call center, pronto intervento e marketing) Altre attività di supporto (gestione servizi energetici, approvvigionamento e magazzino, rapporti istituzionali, attività amministrative, economicofinanziarie e controllo di gestione, acquisto e gestione automezzi) Fonte: Allegato A Regolamento Regionale n. 4 del 28 febbraio 200 In particolare, la proprietà delle reti e degli impianti deve essere conferita “esclusivamente a società di capitali con la partecipazione di capitale pubblico incedibile”, le c.d. società patrimoniali (SP). Tali società si configurano pertanto come delle società di asset management. Mentre il testo del 2003 prevedeva la possibilità che alle SP partecipassero anche partner privati (in qualità di soci di minoranza della società di capitali), l’ultima versione ribadisce che la SP dev’essere di proprietà interamente pubblica e stabilisce che (comma 1 bis dell’art. 2) la partecipazione alla SP di “soggetti diversi dagli enti locali” è ammessa a condizione che al 31 dicembre 2005 questi risultassero proprietari di reti ed impianti. In altri termini, la partecipazione di tali soggetti è concessa “esclusivamente tramite conferimento in natura di reti, impianti e dei relativi rami d’azienda”. Un’altra caratteristica delle SP è data dall’unicità delle stesse a livello di ATO, previsione mirante a incentivare il superamento dell’attuale frammentazione dei soggetti proprietari di reti ed impianti attraverso la partecipazione alla SP, che altrimenti, al di fuori di un contesto competitivo, non avrebbero nessun interesse ad unirsi (Corali, 2006). Tale esito è concepito come risultato di un processo graduale, considerata la durata del periodo transitorio statuito al co. 8 dell’art. 49 (più di cinque anni, fino al 31 dicembre 2011). Durante tale periodo è consentita la gestione di reti ed impianti a una pluralità di SP, purché al 31 dicembre 2005 ciascuna delle SP sia proprietaria di impianti aventi una dimensione minima di 240 mila abitanti residenti per le attività di acquedotto e fognatura, ovvero 240 mila abitanti equivalenti per le attività di depurazione. Allo scopo di costituire una società patrimoniale, proprietaria di reti ed impianti, devono essere definiti l’oggetto del conferimento (le immobilizzazioni e il debito conferiti alle SP), il modello di business (definendo le attività da attribuire alla SP) e l’assetto societario (Ghislieri Marazzi, 2006). L’oggetto sociale delle SP può oscillare tra due estremi (Ghislieri Marazzi, 2006): - da un lato queste possono essere formate solamente per occuparsi delle attività di amministrazione dei beni, senza gestirli direttamente (la c.d. società patrimoniale “leggera”); dall’altro, le SP sono intese come veri e propri gestori degli immobili dell’ente locale, svolgendo attività di pianificazione, programmazione e realizzazione degli investimenti (la c.d. società patrimoniale “pesante”) Le tipologie intermedie sono individuabili in soluzioni organizzative che fanno un ricorso variabile a contratti di outsourcing (Bratta, 2006). Considerando l’erogazione del servizio, la normativa regionale stabilisce che le attività connesse sono affidate a società di capitali tramite procedure ad evidenza pubblica. L’art. 55 prevede che per le gare bandite entro il 31 dicembre 2006 i bandi possano prevedere l’impegno per l’aggiudicatario di proporre l’associazione con il gestore uscente, il quale tuttavia può anche rigettare tale proposta. Tale 124 proposta ha l’obiettivo di favorire l’uscita progressiva dei gestori uscenti, consentendone l’affiancamento ai nuovi soggetti affidatari. È previsto che i beni realizzati durante il periodo di affidamento siano ammortizzati durante tale periodo, in modo tale da trasferirli all’ente locale a titolo gratuito. Tutti gli impianti, alla scadenza dell’affidamento, rientrano nella disponibilità degli enti locali. Con riferimento ai rapporti tra soggetto gestore ed erogatore, sono delineabili diverse tipologie organizzative (vedi Fig. 10.1): (a) la SP detiene partecipazioni nell’erogatore; (b) una holding controlla la SP e l’erogatore; (c) l’ente locale partecipa direttamente nella SP e nell’erogatore. La terza tipologia risulta pertanto essere quella di riferimento. Figura 10.1 – Strutture societarie e separazione tra gestore ed erogatore Fonte: Bratta (2006) 10.1.2. Effetti su enti locali ed utenti I principali vantaggi per gli enti locali derivanti dalla costituzione delle SP sono così riassumibili (Antonioli e Fazioli, 2003): - trasferimento alla SP dei debiti di finanziamento (mutui) e dei relativi oneri, migliorando la gestione finanziaria dell’ente locale e una diminuzione dell’esposizione verso gli enti finanziatori; sfruttamento di economie di scala, derivanti dalla possibilità di distribuire i costi di investimento su tutto l’ambito. Affinché la separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio sia vantaggiosa per l’utente finale è necessario che si producano dei guadagni di efficienza, i quali si traducono in miglioramenti del servizio offerto o vantaggi economici per gli utenti. A tale riguardo, due sono gli aspetti da considerare. In primo luogo, un requisito fondamentale affinché la gara per l’erogazione del servizio porti a un’erogazione efficiente del servizio stesso, è che 125 questa sia veramente competitiva e che gli impegni statuiti nelle offerte per la gestione del servizio siano rispettati. In riferimento a quest’ultimo punto, le attività di erogazione del servizio (cfr. sopra, Tab. 10.1) sono immediatamente individuabili e facilmente misurabili attraverso degli indicatori di performance (su questo punto si veda oltre, § 10.1.4). Una volta definiti questi aspetti, i contratti di erogazione del servizio risultano puntualmente definiti, e in quanto tali completi, garantendo quindi uno degli elementi cruciali per il buon esito della gara. Alla regolazione ex ante, si deve affiancare una regolazione ex post, attraverso dei meccanismi sanzionatori per gli operatori che non rispettano gli impegni presi in sede di gara. Secondariamente, la gara per la selezione dell’operatore dev’essere competitiva. Il breve orizzonte temporale dei contratti di erogazione e i limitati volumi di investimenti necessari fanno cadere una delle più importanti barriere all’entrata nella partecipazione delle gare, ossia la solidità patrimoniale per poter avere accesso al credito. 10.1.3. Motivazioni dell’ introduzione del modello Come evidenziato in precedenza (§ 6.1) la sostenibilità del sistema idrico è garantita dalla salvaguardia delle infrastrutture nel tempo. In questo senso, diventa fondamentale garantire che le manutenzioni straordinarie, funzionali al mantenimento degli asset, siano individuate (attraverso un’adeguata programmazione) ed eseguite puntualmente. In questo senso, il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03 mira a migliorare la qualità del servizio fornito attraverso lo sviluppo di un mercato competitivo (al momento dell’affidamento dell’erogazione del servizio) e il raggiungimento di economie di scala (prevedendo tale affidamento per un’unica società a livello di ambito). La separazione della gestione delle reti, con l’obbligo di costituire un’unica società a livello di ATO, garantirebbe inoltre la formazione di una massa critica gestionale, necessaria a reperire i mezzi finanziari per effettuare gli investimenti. Il gestore unico a livello di ambito, infatti, vanterebbe una consistenza patrimoniale coerente con quella richiesta per avere accesso al credito di cui necessita (Capra e Andreoni, 2006). Infine, la separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio viene giustificata dal principio di specializzazione, secondo cui gli operatori, occupandosi di un solo aspetto della filiera, migliorerebbero, proprio in virtù di questa specializzazione, l’efficienza delle attività gestite. Il modello sarebbe stato inoltre introdotto per rispondere alle criticità nell’attuazione della normativa nazionale, con riferimento ai modelli gestionali delineati nelle ultime normative di settore (v. sopra). Considerando il modello della gara per l’affidamento del servizio integrato (c.d. concessione), sono note le difficoltà nel delegare in toto il servizio idrico integrato, trasferendo su base pluriennale la responsabilità degli investimenti nel rinnovo e ampliamento delle reti e per l’erogazione del servizio (Massarutto, 2005). In primo luogo, si tratta di far fronte all’incertezza riguardante la programmazione degli investimenti nel 126 lungo periodo, e la conseguente impossibilità di scrivere dei contratti di affidamento completi attraverso la previsione di meccanismi di ricontrattazione degli affidamenti in itinere (previsioni che potrebbero aumentare notevolmente i costi di transazione, vanificando i guadagni di efficienza). La seconda criticità riguarda le difficoltà di far coincidere la vita utile delle opere necessarie con la durata delle concessioni. Come rilevato da uno degli interlocutori sentiti nell’ambito della ricerca (Int. 4): “il gestore […] non ce la farebbe all’interno dei 15 anni ad ammortizzare [la] […] mole di investimenti […] inserita nel Piano”. Il problema riguarda la restituzione della quota di investimenti non completamente ammortizzati, aspetto critico considerata la scarsa capacità di indebitamento dei comuni e dell’ATO. L’impossibilità poi di conoscere puntualmente la consistenza della rete crea incertezza circa il livello di investimenti necessari. La soluzione della SP permetterebbe di rendere il proprietario responsabile degli investimenti sulla rete, limitando i problemi di informazione asimmetrica tra regolatore ed operatore del SII. Infine, riunire in capo a un unico soggetto gestore la responsabilità degli investimenti permetterebbe di ottimizzare le scelte gestionali: da questo la scelta dell’unicità della patrimoniale a livello di ATO. In terzo luogo, gli investimenti necessari ad attuare i PdA richiedono una solidità patrimoniale che solo pochi soggetti gestori possono vantare, requisito necessario ad accedere al mercato del credito. La società mista non rappresenterebbe una soluzione a questi problemi, visto che il socio privato ha l’esigenza di avere dei ritorni sugli investimenti in tempi brevi, caratteristica non riscontrabile nel caso dei servizi idrici. Inoltre, se la scelta del socio privato dovesse rivelarsi errata (perché questi non si dimostra capace di gestire efficacemente il servizio), si potrebbe aprire un contenzioso molto lungo con i soci di maggioranza della spa mista, ossia i comuni. Infine, considerando la soluzione in house, diventa molto difficile dimostrare che i comuni, collegialmente, effettuano un controllo analogo. Manca infatti l’unitarietà dell’ente concessionario. Per ovviare a tutti i problemi descritti sopra, si è deciso che il “soggetto responsabile della realizzazione degli investimenti è un soggetto esclusivamente pubblico, una società di capitale interamente partecipata dagli enti locali, non privatizzabile, proprietaria delle reti e degli impianti”. Il principio ispiratore della norma generale, in altri termini, è quello secondo cui il proprietario di un bene è legittimato a gestirlo (Corali, 2006). Di fatto si introduce un rapporto contrattuale tra ATO ed ente gestore, destinato a regolare i diversi ruoli e responsabilità soprattutto con riferimento alla pianificazione e realizzazione degli investimenti. Tale contratto non deve essere confuso con l’affidamento della gestione, reso inutile dal principio che il proprietario è già di per se legittimato alla gestione dei beni posseduti.. Gli altri vantaggi sono riassunti di seguito. In primo luogo, la società pubblica è partecipata totalmente degli enti locali e, come tale, può godere di un vantaggio di costo nell’accesso al credito, essendo generalmente valutato elevato il merito di credito dei soggetti pubblici ed, in parte, di un soggetto da essi direttamente controllato come nel caso della SP. Inoltre il fatto che gli investimenti vengano realizzati dal gestore, non soggetto ad alcun termine 127 temporale, consente di calcolare l’ammortamento dei cespiti, anziché sulla durata della concessione, sulla vita naturale dei beni medesimi con un benefico effetto in termini di minore impatto sulla tariffa. 10.1.4. Processo di accompagnamento al nuovo modello gestionale attuato dalla Regione Lombardia L’analisi descritta nei paragrafi precedenti ci consente di delineare i passaggi fondamentali del processo di accompagnamento che la Regione Lombardia sta attuando allo scopo di fare in modo che l’introduzione del modello gestionale descritto sopra si traduca in guadagni di efficienze e, in ultima analisi, in un miglior servizio per l’utenza finale. Abbiamo argomentato sopra che la separazione tra attività di erogazione del servizio e gestione delle reti permette di superare le difficoltà nell’affidare la gestione del servizio idrico integrato tramite gara (secondo il modello della concessione). Il legislatore regionale auspica infatti che la gara per l’erogazione del servizio consenta di ottenere guadagni di efficienza per effetto dell’introduzione di forme di concorrenza ex ante. Gli esiti del processo sono tuttavia non scontati: affinché la gara dia i risultati attesi è necessario coniugare gli obiettivi di lungo periodo del proprietario delle reti, con i compiti demandati all’erogatore nel più breve periodo. Nella fattispecie, si tratterà di scrivere correttamente i bandi di gara, di garantire il rispetto degli impegni presi e di gestire il passaggio di consegne tra un erogatore e il successivo (nel caso in cui alla gara successiva risultasse vincente un soggetto diverso dall’incumbent). In questo senso, la Regione Lombardia ha approvato un Regolamento56 che definisce i requisiti per la partecipazione alla gara per l’erogazione del servizio secondo criteri di ammissibilità e di aggiudicazione, in particolare suddividendo i primi vengono in tre aree (tecnico-professionale, delle garanzie e procedurale) e i secondi in area tecnica ed area economica. Essendo infatti il corretto svolgimento della gara uno degli elementi fondamentali per l’ottenimento di guadagni di efficienza nell’erogazione del servizio, la previsione di uno schema di bando tipo di gara, da parte del regolatore regionale, potrebbe essere di significativo supporto per l’attività degli enti locali. Tali criteri sono riassunti in Tabella10.2. 56 Si veda il R.R. n. 4 del 3 aprile 2007 “Standard qualitativi e modalità di gestione per l’erogazione dei servizi locali di interesse economico generale e criteri di ammissibilità e aggiudicazione delle gare. Standard relativi al servizio idrico integrato” in attuazione dell’art. 2, co. 10 della l.r. 26/2003. 128 Tabella 10.2 – Criteri di ammissibilità ed aggiudicazione alla gara per il SII Categoria criteri Ammissibilità Area Area tecnica professionale Criteri - Area delle garanzie - Area Procedurale - Legittimazione, in termini di sussistenza dei requisiti di conformità alla legge e insussistenza delle cause di impedimento di partecipazione alla gara Capacità tecnica e professionale, attestata tramite il possesso di requisiti di natura tecnica, economica, finanziaria e professionale Criteri generali di garanzia del mantenimento degli impegni presi Garanzia finanziaria, in termini di costituzione delle cauzioni Rispetto degli oneri informativi, quali l’accettazione di tutte le condizioni e il formale impegno alla riservatezza dei dati Rispetto degli oneri procedurali, in termini di presentazione delle offerte e il rispetto di divieti e oneri previsti per la partecipazione alla gara Aggiudicazione Area tecnica Area economica Compatibilità ambientale quali: rispetto e la salvaguardia dell’ambiente; registrazione marchio EMAS possesso certificazione ISO 14001 redazione del bilancio ambientale Soddisfazione dei clienti misurata in base a: raggiungimento degli standard di erogazione miglioramento della sicurezza degli impianti redazione di un bilancio possesso dell’attestazione annuale di eccellenza ambientale Valutazione tecnico-organizzativa, in termini di: previsione di innovazioni tecnologiche qualifica e competenze pregresse riferibili al personale possesso della certificazione ISO 9001 (come fattore premiante) sanzioni ricevute in precedenti gare (come fattore sanzionante) Valutazione economica, misurata in termini di: miglioramento dei profili economico-finanziari bancabilità e redditività dell’investimento (convenienza del tasso di remunerazione del capitale proposto) certificazione contabile del bilancio (come fattore premiante) Fonte: R.R. 3 aprile 2007, n. 4 Oltre all’introduzione di meccanismi competitivi, occorre introdurre una regolamentazione per comparazione, sul modello della yardstick competition introdotta in Inghilterra e Galles, in cui le performance dei diversi gestori vengono messe a confronto per individuare dei margini di miglioramento. Questa funzione potrà essere svolta dal Garante previsto dalla legge regionale, possibilità espressamente prevista nel Regolamento Regionale n. 4 del 3 aprile 2007. Consapevole di questo suo ruolo, la Regione ha definito il regolamento suddetto, in cui vengono definiti gli standard di riferimento nella valutazione della qualità del servizio offerto agli utenti. In particolare, sono definiti dei criteri qualitativi per le diverse dimensioni identificabili nella fornitura del SII: tecnico 129 ingegneristica, economico-finanziaria-tariffaria, soddisfazione dell’utenza, gestionale interna e ambientale. E’ importante evidenziare il fatto che, essendo il settore idrico a forte intensità di capitale, i maggiori guadagni di efficienza sono ottenibili nel segmento di gestione delle reti. In altre parole, è agendo sulla pianificazione e progettazione degli interventi, sulla gestione finanziaria e sull’approvvigionamento di alcuni beni che si possono ottenere maggiori risparmi di costo. La Tabella 10.3 riassume i criteri individuati per ciascuna di queste aree. Questi standard definiscono gli standard minimi di prestazione garantiti dagli operatori che, come tali, possono essere inseriti nella Carta dei Servizi (diventando pertanto parte integrante del Contratto di Servizio) e definire un obbligo di servizio. Il mancato rispetto degli standard, costituendo inadempimento contrattuale, può portare alla risoluzione del contratto e al rimborso per mancato rispetto degli obblighi assunti. Va infine segnalato un pericolo derivante dalla separazione tra erogazione del servizio e gestione delle reti, ossia il fatto che contro i futuri miglioramenti di efficienza ci si debba scontrare nell’immediato con un aumento dei costi di struttura (derivanti ad esempio dalla duplicazione degli enti, gestori ed erogatori). Affinché la separazione tra attività di erogazione del servizio ed attività di gestione delle infrastrutture risulti vantaggiosa per l’utenza, i guadagni di efficienza derivanti dalla separazione stessa devono compensare i costi di transazione derivanti dal processo di separazione stesso. In questo senso, è fondamentale che il periodo transitorio non produca contenziosi e duplicazioni di costi. In tal senso, i regolamenti di attuazione della l. 26/03 possono contribuire a diminuire tali costi di transazione. 130 Tabella 10.3 – Standard qualitativi per il servizio idrico integrato Area Area tecnicoingegneristica Area economicofinanziariatariffaria - Area soddisfazione dell’utenza Criteri individuati realizzazione e rispetto del programma degli interventi in termini di tempi e di costi; misure volte a favorire il risparmio idrico; controlli delle reti e della qualità dell’acqua; dotazione di contatori a norma e modalità di verifica periodica; alimentazione idrica; smaltimento fanghi; copertura del servizio; perdite complessive; continuità del servizio. rapporto fra i costi sostenuti e le entrate ottenute; scostamento fra costi e ricavi preventivi e consuntivi per servizio; individuazione del valore dei singoli elementi dell’attivo e del passivo patrimoniale; composizione del patrimonio aziendale; correlazione tra elementi del passivo e dell’attivo patrimoniale; redditività della gestione; incidenza delle singole voci di costo; durata dei finanziamenti; ciclo lettura; ciclo fatturazione dei conguagli; corretta applicazione dell’articolazione tariffaria. - accesso agli sportelli; organizzazione della struttura di relazione con il pubblico, ivi compresi gli strumenti per l’accesso degli utenti e l’ampiezza dei relativi orari; continuità del servizio; efficacia delle informazioni e delle comunicazioni effettuate; comunicazione delle interruzioni; preavviso per le interruzioni programmate; funzionalità ed efficacia del servizio informazioni telefonico (call center); efficacia ripristini fornitura in caso di morosità; rispetto di modalità e termini predeterminati nelle relazioni con gli utenti; adeguatezza facilitazioni utenze particolari; rispetto appuntamenti; sospensioni di servizio; tipologia di pagamento garantita. Area gestionale - organizzazione del servizio di analisi; organizzazione del telecontrollo; piano interruzioni del servizio; tenuta registri per dati quali-quantitativi; sistema di qualità; distribuzione sportelli; contabilità analitica per centri di costo; procedura gestione reclami; servizio ricerca perdite; registri inventari; verifica perdite; pronto interveto; produttività del personale; outsourcing; controllo di gestione; valutazione dell’efficacia della spesa. Area ambientale - qualità dell’acqua erogata; laboratorio di analisi certificato; servizio analisi: realizzazione e risultati; quantità di fanghi riutilizzati rispetto alla quantità smaltita; interruzioni degli impianti di depurazione; scostamento degli scarichi rispetto alle concentrazioni di legge. - Fonte: R.R. 3 aprile 2007, n. 4 131 10.2. Considerazioni conclusive Le considerazioni dei paragrafi precedenti si propongono di evidenziare i nodi cruciali per la corretta gestione dei servizi idrici, su cui il legislatore regionale è intervenuto. In primis la necessità di rendere il settore idrico integrato autosufficiente da un punto di vista finanziario. Il ritardo infrastrutturale in cui questo versava alla fine degli anni ’90 ha impedito l’applicazione immediata del principio del FCR. Nel capitolo 9 è stata evidenziata l’importanza degli interventi finanziari previsti all’interno dell’APQ. Nei prossimi anni, come auspicato dalla direttiva quadro acque 2000/60/CE, gli interventi infrastrutturali dovranno essere finanziati tramite tariffa, limitando pertanto il ricorso a programmi di finanziamento tramite risorse finanziarie pubbliche. Diventa pertanto fondamentale perseguire la sostenibilità finanziaria del sistema attraverso: - la garanzia che le tariffe idriche siano sufficienti a coprire i costi d’investimento in nuove opere e di mantenimento di quelle esistenti; un aumento dell’efficienza nella gestione dei servizi stessi. La sostenibilità finanziaria, come argomentato nel capitolo 6, è solo uno dei requisiti necessari per una gestione sostenibile dei servizi idrici. L’efficace e puntuale attuazione degli interventi previsti nei documenti di Piano dipende dalle capacità gestionali e finanziarie degli operatori e dalla qualità del sistema di regolazione. In questo senso, il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03 come modificato dalla l.r. 18/06 punta a modernizzare il settore garantendo, per questa via, il completamento degli interventi necessari al recepimento delle direttive comunitarie e al mantenimento degli attuali livelli di fornitura del servizio idropotabile per le generazioni future. Se una valutazione del modello “alla prova dei fatti” non è ancora possibile, l’analisi effettuata nella terza parte del lavoro mostra come il modello lombardo potrebbe rappresentare un’interessante evoluzione del modello introdotto a scala nazionale, una volta che sia garantita un’efficace regolamentazione e una volta che la transizione sia gestita in maniera da minimizzare i costi di transazione. 132 Conclusioni La recente elaborazione del Piano di Tutela delle Acque ha posto in evidenza la questione acqua in Lombardia evidenziandone preliminarmente i problemi di disponibilità reale, in termini sia quantitativi che qualitativi, le sfide e le opportunità da accogliere per la tutela, valorizzazione e riqualificazione di questo bene primario. Tra le misure da mettere in campo trovano attualmente rilievo e urgenza quelle legate alla disponibilità reale della risorsa idrica a volte critica per eventi di “siccità” (vedi estati 2003, 2005, 2006, nonché la stagione in corso) e/o di domanda di utilizzo della risorsa concorrenziale o addirittura conflittuale. Tali eventi hanno infatti posto all’attenzione il fatto che anche una regione come la Lombardia, tradizionalmente caratterizzata da una generale disponibilità della risorsa, può scontrarsi con un’effettiva indisponibilità della stessa ovvero con una difficoltà, di fronte a richieste di uso concorrente, di governare il processo indicando priorità e garantendo valori minimi di soddisfacimento delle necessità di ciascun utilizzo. La disponibilità di risorsa idrica rappresenta infatti da sempre fattore di sviluppo locale di importanza strategica: diviene rilevante, quindi, individuare e/o consolidare sistemi di regole e di strumenti condivisi per una gestione sostenibile di questa risorsa. Ciò induce ad agire su più fronti: • • • puntare su politiche di razionalizzazione della domanda di risorsa e di monitoraggio degli ecosistemi per definirne il reale fabbisogno idrico; promuovere modalità di gestione concertata e integrata di bacino tra i soggetti competenti per assicurare una sua equa distribuzione fra i sempre più numerosi utilizzatori, nella salvaguardia dell’ambiente naturale; aumentare l’efficienza nell’uso della risorsa, soprattutto in campo agricolo. Lo studio dei recenti eventi estivi di crisi idrica, da una parte, e dell’evoluzione nella gestione dei servizi idrici dall’altra, è stata occasione, una volta descritto il framework di analisi su tali questioni, per dar voce a gran parte delle categorie di attori coinvolti - per la verità numerosi - e alle diverse ragioni in gioco; per evidenziare i passi compiuti negli ultimi anni e orientati a un utilizzo sostenibile della risorsa, per raccogliere le criticità e le sfide da affrontare nel prossimo futuro I casi presentati in questa ricerca permettono di avanzare alcune riflessioni utili, sia per gli studi che analizzano gli approcci partecipativi all’elaborazione di politiche pubbliche, sia per le discipline che studiano nuovi strumenti per migliorare la gestione e il governo di una risorsa comune che, come tale, prevede necessariamente una disponibilità massima di utilizzo superata la quale il sistema evidenzia tutta la sua fragilità. Riguardo ai risultati ottenuti dai Tavoli di crisi, si è rilevato un progressivo miglioramento nel coordinamento degli interventi, non solo per fronteggiare l’emergenza, ma anche in un’ottica di prevenzione dell’evento siccitoso. Come emerso nella parte 2 si tratta però di un processo ancora contraddistinto da criticità, sia istituzionali che tecniche, che richiede interventi importanti. Nonostante queste problematiche, il processo sembra però anche aver alimentato una discussione sulla necessità di promuovere innovazioni “interne” ai settori e alle organizzazioni partecipanti ai Tavoli, che in alcuni casi sono già state concretizzate (ad es. il coordinamento fra settori della pubblica amministrazione) e in altri contesti sembrano almeno essere in via di definizione (ad es. l’adeguamento e ottimizzazione del sistema di irrigazione). Il sistema efficiente di utilizzo intensivo delle acque - che sino ad oggi ha governato la regolazione dei grandi laghi lombardi subalpini, in virtù di diritti di prelievo riconosciuti primariamente in capo all’uso irriguo – rischia oggi di essere messo in crisi di fronte a una sempre minore disponibilità della risorsa. A tal proposito l’iniziativa di Regione Lombardia denominata “Risottoscrivere un nuovo Patto per l’Acqua”, costituisce un passo importante orientato a coinvolgere i soggetti interessati nella ridefinizione di nuove regole di gestione dei laghi subalpini, e, in generale, dell’intero sistema idrico lombardo. Il conseguimento degli obiettivi di tutela della risorsa idrica dipende strettamente anche dalla capacità degli attori istituzionali ed economici di garantire la funzionalità nel tempo del sistema di gestione dei servizi idrici, e di adeguarne le capacità all’evolversi della domanda sociale (quindi alla richiesta di risorsa grezza) e all’aumentare delle aspettative di qualità della vita (elemento strettamente dipendente dal mantenimento della qualità degli ambienti acquatici, attraverso un potenziamento delle capacità depurative). Si sono quindi evidenziati quelli che sono i nodi cruciali per la corretta gestione dei servizi idrici, in primis la necessità di rendere il settore idrico integrato autosufficiente da un punto di vista finanziario. Ciò diventa perseguibile attraverso: - la garanzia che le tariffe idriche siano sufficienti a coprire i costi d’investimento in nuove opere e di mantenimento di quelle esistenti; un aumento dell’efficienza nella gestione dei servizi stessi. In questo senso, il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03,come modificato dalla l.r. 18/06,punta a modernizzare il settore garantendo, per questa via, il completamento degli interventi necessari al recepimento delle direttive 134 comunitarie e al mantenimento degli attuali livelli di fornitura del servizio idropotabile per le generazioni future. Se una valutazione del modello “alla prova dei fatti” non è ancora possibile, l’analisi effettuata nella terza parte del lavoro mostra come il modello lombardo si dimostri un’interessante evoluzione del modello introdotto a scala nazionale, una volta che sia garantita un’efficace regolamentazione e una volta che la transizione sia gestita in maniera da minimizzare i costi di transazione e da tesaurizzare l’esperienza delle realtà gestionali esistenti. 135 136 Bibliografia Antonioli B. e Fazioli R., (2003), “Strumenti innovativi per lo sviluppo e la gestione delle infrastrutture comunali”, in Grandinetti e Massarutto (2003), Servizi pubblici e politiche territoriali. FrancoAngeli, Milano. Anwandter L., Rubino P., (2006), “Perché la finanza privata asseta il settore idrico? Sette proposte per sette ragioni”, in Mercato Concorrenza Regole, 1: 197-228. Arnaudo L., (2003), “Gestione giuridica delle acque e concorrenza nei servizi idrici”, in Mercato Concorrenza Regole, 3: 579-606. 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A partire dal 2003, quali sono state, secondo il Suo parere, le principali problematiche che hanno determinato l’emergenza siccità in Lombardia? 2. Quali interventi sono stati più efficaci per fronteggiare l’emergenza? 3. Quali sono state, invece, le maggiori criticità nella gestione dell’evento? 4. Ritiene che vi sia stata una capitalizzazione dell’esperienza? Ovvero, la gestione dell’emergenza 2003 ha favorito, negli eventi successivi, l’istituzionalizzazione di pratiche positive? 5. Quali interventi suggerirebbe per affrontare con efficacia le problematiche legate alla siccità e, più in generale, per migliorare la gestione della risorsa idrica nella regione? Allegato 2 Traccia intervista Parte terza Disponibilità e qualità della risorsa 1. Politiche di gestione della risorsa o Sperimentate o avete sperimentato in passato una disponibilità insufficiente della risorsa ad uso idropotabile? o Negli anni scorsi sono state poste in essere delle misure volte al risparmio idrico o alla sicurezza negli approvvigionamenti della risorsa ad uso idropotabile? Se sì, quali? Con quali effetti? In caso di risposta negativa, pensate di porre in esserle nei prossimi anni? o Vi siete fatti promotori di campagne di sensibilizzazione? 2. Qualità della risorsa e investimenti o Secondo lei, gli investimenti previsti nei Piani d’Ambito sono sufficienti a garantire il mantenimento (se non il miglioramento) dello stato della risorsa? o Come giudica, in termini di impatti sulla risorsa, gli interventi previsti dai Piani Stralcio? o Quali interventi ritiene prioritari per i prossimi anni? Crede che si potranno finanziare attraverso la tariffa o saranno necessari altri interventi pubblici di supporto? o Quali sono, a suo avviso, i principali ostacoli all’utilizzo del project financing nei servizi idrici? Qualità del servizio 3. Adeguatezza delle infrastrutture idriche o Reputa soddisfacente la fornitura del servizio idrico integrato (per i 3 settori acquedotti, depuratori e fognatura) in termini di: Copertura del servizio Sufficiente capacità delle infrastrutture rispetto alla domanda attuale e alla sua evoluzione o Ritiene esistano delle criticità che dovranno essere affrontate negli ultimi anni? 4. Il grado di soddisfazione degli utenti o Qual è a Suo parere la percezione dei cittadini lombardi circa la qualità del servizio offerto? o Quali sono, secondo Lei, le situazioni – se esistenti - in cui si potrebbero ottenere dei miglioramenti nel servizio offerto? o Ritiene che le Carte dei Servizi siano uno strumento sufficiente per garantire il cittadino utente? Cosa succede se gli obblighi di servizio previsti vengono disattesi? Aspetti gestionali 5. Il percorso lombardo di attuazione della Legge Galli. o Quali sono state le maggiori difficoltà nell’attuazione della legge Galli in Lombardia e come sono stati risolte? o Delimitazione degli ATO: da cosa deriva la scelta di dividere il territorio regionale in ATO che ricalcano i confini amministrativoprovinciali anziché quelli di bacino? Secondo Lei tale scelta si è rivelata corretta nel tempo, considerata la vostra situazione di gestore che opera in più ambiti? o Può descrivere le attività del gruppo? Avete già provveduto ad effettuare lo scorporo delle reti per conferirle alla Società patrimoniale d’Ambito? o Alla luce della vostra esperienza, come giudicate il modello gestionale introdotto in Lombardia dalla l.r. 26/03 (come modificata dalla l.r. 18/06)? o Quali sono, a vostro avviso, gli elementi positivi e le criticità del modello proposto? 6. Gli enti locali di fronte alla sfida della trasformazione dei servizi o Avete riscontrato difficoltà di coordinamento tra gli enti locali nella formazione dell’Autorità d’Ambito? Come gestite i rapporti con le diverse Autorità d’Ambito di riferimento? o Come giudica l’operato degli ATO nell’attuare la legge Galli? Quali sono state le fasi più critiche nell’iter di implementazione? o Come crede si possano conciliare i recenti orientamenti della Regione Lombardia (preferenza per la gara nell’erogazione del servizio) con le scelte effettuate finora dalle Autorità d’Ambito (affidamenti in house o a società a maggioranza pubblica)? 7. Aggregazione delle gestioni e modelli di organizzazione industriale o Quali sono stati, a suo avviso, i principali ostacoli all’aggregazione delle gestioni esistenti? o Molte Autorità d’Ambito hanno deciso di gestire la fase di transizione attraverso la suddivisione in sub-ambiti. A suo avviso, prevarrà nel lungo periodo una gestione unitaria d’ambito? Quale sarà a suo avviso il modello gestionale prevalente? Gestore unico tout court 146 Gestore unico, ma con divisioni in unità territoriali con funzioni operative (modello Hera) Pluralità di Enti gestori 8. Le multiutilities o A suo avviso, i processi di liberalizzazione in altri servizi a rete hanno influito sulle scelte effettuate dal legislatore regionale in merito all’organizzazione industriale dei servizi idrici? o Da un punto di vista organizzativo, come la scelta del gestore d’ambito (o sub-ambito) si concilierà con la presenza nel territorio di importanti operatori multiutility? 9. Risvolti delle diverse politiche di gestione sul cittadino-utente o Crede che la suddivisione del territorio regionale in ambiti (e in sub-ambiti) garantisca la perequazione tariffaria tra gli utenti (infra e inter-ambito)? o Ritiene che la scelta del modello gestionale possa incidere sulla qualità del servizio e sul costo del servizio per l’utente finale? 10. Prospettive per il futuro o Al 31 dicembre 2007 finirà il periodo transitorio oltre il quale cessano le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica. Come crede evolverà verosimilmente l’organizzazione dei servizi idrici nel periodo immediatamente successivo? o Come affrontate l’incertezza normativa derivante dalle proposte sul tavolo del Governo (DDL Lanzillotta) e dal contenzioso GovernoRegione Lombardia (riguardante la l.r. 18/06)? 147