Testo integrale - Consiglio Regionale della Lombardia

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Testo integrale - Consiglio Regionale della Lombardia
Acqua in Lombardia:
problemi, sfide e opportunità
Codice IReR: 2006C008
Project leader: Alessandro Colombo
Rapporto finale
Milano, giugno 2007
La ricerca è stata commissionata all’IReR nell’ambito del Piano delle ricerche
2006 del Consiglio regionale della Lombardia ed è stata presentata, nel suo stato
di avanzamento intermedio, al seminario di lavoro della VI Commissione
“Ambiente e Protezione Civile” dal titolo: “L’acqua come risorsa: analisi e
prospettive per la gestione di un bene comune”, tenutosi in data 28 febbraio 2007
presso la Sala Auditorium della sede consiliare di via Filzi 29 a Milano.
Responsabile di progetto: Alessandro Colombo, IReR
Gruppo di lavoro tecnico: Giuseppina Dantino, responsabile regionale di ricerca,
Dirigente del Servizio Valutazione Processo Legislativo e Politiche Regionali
Gruppo di ricerca: Marina Riva, ricercatrice IReR; per le parti 2 e 3 hanno inoltre
rispettivamente collaborato Roberta Cucca e Vania Paccagnan, collaboratrici di
ricerca IReR.
Indice
Introduzione
5
Parte prima
Lo stato delle risorse idriche in Lombardia: un sintetico quadro descrittivo
9
Capitolo 1
Disponibilità e qualità della risorsa idrica
1.1. La disponibilità naturale della risorsa idrica e il quadro generale delle
utilizzazioni
1.2. Monitoraggio ed evoluzione della qualità delle acque
1.2.1. Acque superficiali
1.2.2. Acque sotterranee
11
15
15
18
Capitolo 2
Il quadro normativo di settore
2.1. Il quadro normativo comunitario
2.2. Il quadro normativo nazionale
2.3. Normativa e pianificazione regionale
21
21
22
27
Parte seconda
Crisi idriche e gestione partecipata di un bene comune
33
Capitolo 3
Gestione partecipata della risorsa idrica
3.1. Quadro teorico
3.2. Quadro normativo
35
35
37
Capitolo 4
Lo studio di caso: i recenti eventi di crisi idrica
4.1. Le ipotesi e il metodo di ricerca
4.2. La ricostruzione degli eventi. Giornali e documentazione istituzionale
4.3. I Tavoli istituzionali attivati per la crisi idrica
41
41
42
51
11
4.3.1. La conoscenza condivisa
4.3.2. Soluzioni condivise?
4.3.3. Tavoli Istituzionali e rappresentanza. Il caso del settore agricolo
4.3.4 Il miglioramento delle relazioni fiduciarie
52
53
58
60
Capitolo 5
Considerazioni conclusive
63
Parte terza
Il Servizio Idrico Integrato tra stato dell’arte e prospettive future
65
Capitolo 6
Gestione sostenibile dei servizi idrici
6.1. Quadro teorico e ipotesi di ricerca
6.2. Approccio metodologico
67
67
71
Capitolo 7
L’evoluzione della normativa sui servizi idrici
7.1. Il quadro normativo nazionale
7.1.1. Normativa sui servizi idrici
7.1.2. Normativa sui servizi pubblici locali
7.2. Il percorso legislativo regionale di recepimento della legge Galli
73
73
73
77
78
Capitolo 8
La caratterizzazione dei servizi idrici
8.1. Dotazione infrastrutturale
8.1.1. Acquedotti
8.1.2. Reti fognarie
8.1.3. Impianti di depurazione
8.2. Qualità e accessibilità del servizio
8.2.1. La customer satisfaction degli utenti del servizio
8.3. Evoluzione della domanda d’acqua e risparmio idrico
85
85
85
88
90
94
95
99
Capitolo 9
Il percorso lombardo di attuazione della legge Galli: aspetti istituzionali,
organizzativi ed economici
9.1. Insediamento e attività delle Autorità d’Ambito
9.2. Evoluzione organizzativa dei servizi idrici
9.3. Priorità di intervento
9.4. Investimenti effettuati e dinamiche tariffarie
9.5. Sperimentazione di nuove modalità di finanziamento degli interventi nei
progetti pilota avviati
104
104
108
111
114
118
Capitolo 10
Le prospettive future del servizio idrico lombardo
10.1. Il modello gestionale lombardo nella nuova legge regionale
10.1.1. Descrizione del modello
10.1.2. Effetti su enti locali ed utenti
10.1.3. Motivazioni dell’introduzione del modello
10.1.4. Processo di accompagnamento al nuovo modello gestionale
attuato dalla Regione Lombardia
10.2. Considerazioni conclusive
121
121
121
125
126
128
132
Conclusioni
133
Bibliografia
137
Ulteriore sitografia
141
Allegato 1 – Traccia intervista Parte seconda
Allegato 2 - Traccia intervista Parte terza
143
145
Introduzione
L’acqua è l’elemento che garantisce la vita nella sua complessità a livello
planetario; è essenziale per soddisfare le necessità umane fondamentali, come la
salute, la produzione alimentare, l’energia ed il mantenimento degli ecosistemi
locali e globali.
Nonostante il 70% della superficie del pianeta sia coperto d’acqua, solamente
il 2,5% è dolce e di questo solo una frazione (circa lo 0,3%) va a costituire quella
che, comunemente e tecnicamente, viene considerata risorsa idrica: nei corpi idrici
superficiali (laghi e fiumi) e negli acquiferi sotterranei accessibili (Poste et al.,
1996).
L’aumento demografico, la limitata disponibilità e talvolta insufficienza delle
risorse idriche, l’assoluta necessità di un’utilizzabilità certa e duratura dell’acqua
per lo sviluppo di ogni paese, i fenomeni estremi sempre più frequenti (siccità,
desertificazione, ma anche inondazione) anche alle nostre latitudini, hanno
fortemente contribuito a promuovere, negli ultimi anni, una sensibilità e
un’accentuata attenzione ad una gestione integrata e partecipata del bacino
idrografico e ad un uso sostenibile delle risorse idriche.
La conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano (1972) prima, e la
conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo (1992), poi, hanno puntato
l’attenzione sull’acqua come bene al quale deve essere garantito l’accesso di tutti
e che deve essere preservato da un deterioramento irreversibile. Tali contenuti
sono stati ribaditi al vertice Mondiale tenutosi a Johannesburg sullo sviluppo
sostenibile (2002) e quindi al terzo forum Mondiale dell’Acqua tenutosi a Kyoto
in occasione dell’Anno internazionale dell’Acqua (2003) dove si è sancita la
necessità di una gestione unitaria delle acque, sia per gli aspetti legati ai servizi
(acquedotto e depurazione), sia per gli aspetti relativi alla gestione di bacino
(piene, siccità, irrigazione e inquinamento).
E’ quindi necessario che ai diversi livelli di governo la politica sull’acqua,
proprio perché va ad incidere sull’intero sistema socio-economico e ambientale,
garantisca un equilibrio tra salvaguardia delle risorse naturali e ambientali e
sviluppo delle attività umane.
La comunità scientifica si sta muovendo in tale direzione e a Madrid,
all’inizio del 2005, i principali esperti dei paesi dell’Unione Europea hanno
sottoscritto la Dichiarazione europea per una nuova cultura dell’acqua, che si apre
con questa premessa: “Viviamo un tempo di crisi, in cui la comunità scientifica
internazionale deve riflettere sul modello di governabilità da assumere nel XXI
secolo se vogliamo affrontare il crescente problema dell’insostenibilità,
ambientale e sociale. La sistematica distruzione e lo stato di degrado degli
ecosistemi acquatici e delle risorse idriche hanno portato tragiche conseguenze: a
oltre un miliardo di persone non è permesso l’accesso garantito all’acqua
potabile…La vecchia Europa ha, quindi, il preciso dovere di assumere impegni
seri per affrontare questa crisi…” (Agudo, 2005).
La complessità del tema di ricerca ne rende qui difficoltosa una trattazione
esaustiva, che per alcuni versi potrebbe risultare ridondante. Questo alla luce del
fatto che Regione Lombardia, con l’approvazione del Piano di Tutela delle Acque,
si è recentemente dotata di un importante strumento per la tutela integrata degli
aspetti qualitativi e quantitativi di ciascun bacino idrografico lombardo. Per
raggiungere questo risultato la Giunta regionale ha avviato e in parte completato,
a partire dal 2000, programmi di ricerca e di studio, tavoli di confronto, Accordi
Quadri di Sviluppo Territoriale (i c.d. Contratti di Fiume).
In tale ricerca, pertanto, dopo un sintetico quadro, a livello regionale, sullo
stato quali-quantitativo della risorsa idrica e sulla normativa e pianificazione di
settore adottata (Parte prima), si è ritenuto utile esplorare due filoni tematici su cui
di recente si sono imposte significative criticità.
La Parte Seconda affronta il tema della disponibilità idrica reale attraverso
l’analisi degli eventi estivi di crisi idrica del 2003, 2005 e 2006, con accenni a
quanto sta accedendo nella stagione in corso. Si è deciso di analizzare questo
studio di caso da una parte perché affronta un nodo rilevante per lo sviluppo
locale, ovvero la necessità di trovare un equilibrio nel governo della risorsa idrica
che consenta di garantirne l’accesso a tutti gli attori interessati, pur nella tutela del
bene e degli ecosistemi ad esso collegati; dall’altra perché risulta un “banco di
prova” interessante per analizzare e valutare le potenzialità e i limiti degli
approcci partecipativi, con una particolare attenzione alla loro capacità di
sviluppare sistemi di regole e di strumenti condivisi per una gestione sostenibile
della risorsa idrica.
La Parte Terza affronta invece il tema della gestione sostenibile dei servizi
idrici (acquedotti, depurazione e rete fognaria) attraverso una caratterizzazione
dello stato attuale della gestione e un’analisi del modello lombardo e delle sue
prospettive future. In particolare questa sezione si propone di verificare come
l’attuale organizzazione e gestione del servizio idrico risponda alle criticità e
quindi alla capacità di mantenere un adeguato flusso di investimento per
rispondere alla programmazione regionale di tutela della risorsa idrica.
In entrambi i casi ci si avvale della metodologia dello studio di caso, in primis
andando a ricostruire il quadro di azione e di intervento e quindi realizzando e
analizzando interviste semi-strutturate ad alcuni dei principali portatori di
interesse nella questione.
Nel capitolo finale la ricerca riprenderà le conclusioni emergenti dai filoni
tematici esplorati al fine di delineare le questioni rimaste aperte e di fornire
preliminari indicazioni di policy sul tema.
6
La prospettiva di analisi della ricerca parte dall’assunto che disponibilità di
risorsa idrica di qualità e standard ottimali di qualità del servizio sono considerati
da sempre fattori strategici di sviluppo locale.
Partecipazione e integrazione, nonché adeguati flussi di investimento,
costituiscono pertanto gli assi portanti per la gestione sostenibile di una preziosa e
indispensabile risorsa comune.
La ricerca si è avvalsa in misura significativa anche di materiali e informazioni
raccolti tramite interviste a soggetti politici, istituzionali, tecnici, amministrativi e
di portatori di interessi.
Desideriamo ringraziare sentitamente ciascuno per la disponibilità offerta:
Marco Cipriano, Stefano Maullu (Consiglio regionale della Lombardia), Paolo
Alli, Angelo Elefanti, Paolo Lassini, Giovanni Mancini, Raffaele Tiscar (Giunta
regionale della Lombardia), Filippo Dadone, Francesco Puma (Autorità di bacino
del fiume Po), Gianni Del Pero (Consorzio dell'Adda), Roberto Gianatti
(EDIPOWER SpA), Stefano Loffi (Consorzio Irrigazioni Cremonesi), Diego
Balduzzi, Mario Lanzi (C.I.A. Lombardia), Paola Brambilla (W.W.F. Lombardia),
Mauro Amadasi, Claudio Boldori (A.T.O. Provincia di Cremona), Paola
Morlacchi, Franco Taddei (A.T.O. Provincia di Varese), Massimo Gatti, Marco
Pelosi, Giancarlo Peterlongo (C.A.P. Gestione SpA), Stefano Bina (A.S.M.
Voghera SpA), Oronzo Raho (IDRA Patrimonio SpA).
Un ringraziamento anche ad Alessandro Rabiti, che ha collaborato alla
revisione dei testi delle interviste.
Il lavoro di ricerca è stato coordinato e condotto da Marina Riva, che si è avvalsa
della collaborazione di Roberta Cucca (per i paragrafi 3.1.; 4.3.1. e 4.3.4) e Vania
Paccagnan (per i capitoli 6,7,9 e 10).
7
Parte prima
Lo stato delle risorse idriche in Lombardia:
un sintetico quadro descrittivo
Capitolo 1
Disponibilità e qualità della risorsa idrica
1.1. La disponibilità naturale della risorsa idrica e il quadro generale
delle utilizzazioni
La Lombardia è una regione tradizionalmente ricca di acque sia superficiali che
sotterranee, è attraversata da molti fiumi, affacciata su grandi laghi,
tradizionalmente e storicamente vocata all’utilizzo intenso di questa risorsa anche
attraverso una diffusa rete di canali artificiali, che si estende per circa 40.000 km,
utilizzati per la navigazione e per l’irrigazione.
La regione ha un’area di 23.861 km2 e una struttura morfologica abbastanza
semplice, con una parte settentrionale prevalentemente montuosa, che occupa
circa metà della sua area complessiva e si sviluppa dalle Alpi fino ad una linea
ideale che collega, da ovest ad est, le città di Varese, Como, Bergamo e Brescia,
ed una parte pianeggiante che degrada fino al Po e che costituisce una porzione
rilevante della Pianura Padana.
Graduale è il passaggio dalla fascia collinare all’alta pianura lombarda,
costituita da materiali incoerenti e permeabili e incisa profondamente dai solchi
vallivi dei fiumi che scendono dalle Prealpi. Ancor più graduale è il passaggio alla
bassa pianura impermeabile e ben irrigata, segnato dalla fascia dei fontanili.
Le precipitazioni toccano mediamente i 1.000 mm/anno, con punte massime
di circa 2.000 mm/anno nella zona prealpina occidentale e minimi di circa 600
mm/anno nella pianura sud-orientale (Regione Lombardia, 2006b). Storicamente
la distribuzione temporale delle piogge mostra due massimi, uno principale in
autunno (intorno a ottobre-novembre) ed uno secondario in primavera (intorno a
maggio). Il regime pluviometrico ha un’enorme influenza nel determinare la
consistenza del patrimonio idrico del territorio.
Per quanto riguarda l’idrografia, una vasta porzione del territorio lombardo
convoglia le sue acque al Po, che segna buona parte del confine amministrativo
meridionale. Al Po scendono da sinistra i fiumi: Sesia, Agogna, Ticino, Lambro,
Adda, Oglio e Mincio e da destra i torrenti Scrivia e Staffora e il fiume Secchia.
A migliorare la disponibilità della risorsa idrica superficiale, nel tempo e
nello spazio, rispetto ai diversi usi, contribuiscono in primis i nevai e i ghiacciai e
quindi - da questi per buona parte alimentate - le regolazioni artificiali
rappresentate dai grandi laghi alpini e dai serbatoi montani ad uso idrolettrico
(Fig. 1.1). Complessivamente i grandi laghi alpini (Maggiore, Como, Iseo, Idro e
Garda) costituiscono un volume di regolazione di 1,25 miliardi di m3 (AdbPo,
2003) ai quali aggiungere i volumi invasati nelle dighe lombarde pari a circa 664
milioni di m3, il 95% dei quali nelle aree montane (Regione Lombardia, 2006b).
Figura 1.1 – Il territorio lombardo e la sua idrografia
Fonte: elaborazione IReR su dati Regione Lombardia
Per una stima delle disponibilità reali di risorsa nei corpi idrici superficiali risulta
inoltre importante valutare localmente l’azione di drenaggio e/o alimentazione
operata dalla falda che contribuisce rispettivamente a diminuire o ad aumentare i
volumi defluenti in superficie.
L’acquifero della zona di pianura costituisce una delle maggiori riserve idriche
europee, con una disponibilità idrica che si attesta sull’ordine delle centinaia di
miliardi di m3/anno (Regione Lombardia, 2006a), uno spessore complessivo che
può raggiungere - nella media e bassa pianura - anche i 200 metri dal pianocampagna e tuttavia contestualmente anche una grande vulnerabilità per l’elevata
permeabilità dei depositi superficiali .
Più nel dettaglio l’acquifero è costituito da alcuni sottoinsiemi:
12
¾ l’acquifero superficiale, che ospita falde libere ed è alimentato direttamente
dalle piogge, dai corsi d’acqua e dalle irrigazioni;
¾ l’acquifero tradizionale, che ospita falde libere, semiconfinate e confinate
procedendo da nord verso sud. E’ l’acquifero più sfruttato per l’uso potabile,
oltre che, data l’ottima produttività, per l’uso industriale;
¾ l’acquifero profondo, confinato tra strati argillosi praticamente impermeabili
che lo isolano dalle falde soprastanti.
La tradizionale abbondanza di acque ha creato nel tempo in Lombardia un’elevata
domanda d’uso della risorsa, che si aggira su valori medi tra i più alti in Italia e in
Europa. A tal riguardo risulta interessante il dato di prelievo idrico medio che nel
bacino padano corrisponde a 1334 m3/anno pro capite, contro un valore medio in
altri paesi europei – dove la domanda appare comunque soddisfatta – che si attesta
attorno ai 600 m3/anno per abitante (Regione Lombardia, 2005).
Il patrimonio idrico lombardo è utilizzato per vari scopi, da quelli più
tradizionali, con un prelievo diretto di acque (civile, irriguo, energetico e
industriale), a quelli di carattere ambientale e turistico-ricreativo, come la pesca,
la balneazione e la navigazione.
Recenti stime dichiarano che i volumi di acqua concessa per gli usi
tradizionali ammonterebbero complessivamente a circa 130 miliardi di m3/anno,
vale a dire più di 5 volte l’afflusso meteorico annuo sul territorio lombardo pari a
quasi 27 Miliardi di m3; ciò si spiega con una netta predominanza, quasi il 72%,
dell’uso per produzione energetica (idroelettrica e raffreddamento centrali
termoelettriche) che comporta la completa restituzione dei prelievi (vd. Fig 1.2)1.
Si noti che la predominanza dell’uso per produzione di energia idroelettrica
risulta ben al di sopra della media italiana (Fig. 1.3).
Al netto dell’acqua utilizzata per la produzione di energia, l’utilizzo
preponderante in regione è quindi quello irriguo (81%) e a seguire gli usi civile
(12%) e industriale (5%) (Fig. 1.4) (Regione Lombardia, 2006a).
1
Per semplicità di analisi è stata mantenuta in questa sede la distinzione tra uso consumo e non
consumo operata nell’ambito delle attività di PTUA lombardo (cfr. Allegato 5 alla Relazione
generale di Piano). E’ utile qui evidenziare che si parla di consumo della risorsa idrica nel caso in
cui questa venga restituita al sistema modificata nella qualità (caratteristiche chimico-fisiche) e/o
nella quantità (viene tolta una quota parte). Un cenno particolare meritano in tal senso i consumi
ad uso irrigui che, pur costituendo la quota preponderante in Lombardia, attraverso l’estesa rete di
distribuzione non sempre permeabilizzata, vanno indirettamente e parzialmente a rimpinguare le
falde di pianura.
13
Figura 1.2 – Ripartizione % delle portate di concessione per tipologia di uso
0,8%
4,9%
2,4%
Civile Potabile
1,4%
Civile non Potabile
Industriale*
23,0%
Irriguo
Piscicoltura
Produzione energia
0,9%
Raffreddam ento centrali
66,7%
*Industriale al netto del raffreddamento termoelettrico
Fonte:PTUA Regione Lombardia, 2006
Figura 1.3 – Confronto tra macroregioni della ripartizione % per tipologie d’uso
Italia
Sud-Isole
Civile
Industriale
Centro
Irriguo
Energia
Nord
Lombardia
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Fonte:PTUA Regione Lombardia, 2006
Figura 1.4 – Ripartizione delle portate di concessione per tipologia di uso (solo uso con
consumo)
3%
8%
3%
5%
Civ ile Po ta b ile
Civ ile n o n Po ta b ile
In d u s tr ia le *
Ir r ig u o
Pis c ic o ltu r a
81 %
Fonte:PTUA Regione Lombardia, 2006
Le fonti di approvvigionamento sono costituite per il 93% da acque superficiali e
per il restante 7% da acque sotterranee (pozzi e sorgenti). Naturalmente i diversi
usi sono ripartiti in proporzioni diverse tra acque superficiali e sotterranee; i
settori irriguo e industriale impiegano in prevalenza acque superficiali (per
entrambi oltre l’80%), mentre il settore civile è coperto per l’84% da pozzi, il 10%
da sorgenti e il 6% da acque superficiali (Regione Lombardia, 2006a).
14
1.2. Monitoraggio ed evoluzione della qualità delle acque
Alle nostre latitudini il problema si pone oggi più in termini di scarsità di acqua di
qualità che di scarsità di acqua dal punto di vista solo quantitativo. E’ parso
pertanto utile dedicare un paragrafo allo stato di qualità delle acque lombarde, sia
superficiali che sotterranee, con riferimento ai dati monitorati da ARPA e alle sue
classificazioni ufficiali ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs 152/99 e s.m.i..
Gli obiettivi assunti sia a livello strategico regionale, relativamente alla tutela
delle acque di falda e dei grandi laghi, quali risorse ad utilizzo potabile attuale e
futuro, sia quelli relativi al raggiungimento di una qualità “buona” per i corpi
idrici significativi, costituiscono una sfida impegnativa nella realtà lombarda, che
presenta una presenza industriale, una densità abitativa ed un’agricoltura intensiva
con pochi paragoni in Europa.
1.2.1. Acque superficiali
Complessivamente la rete di monitoraggio ARPA è costituita da 260 punti di
prelievo e misura, relativi a 175 corpi idrici superficiali, così ripartiti:
¾ 213 punti ubicati su corsi d’acqua, di cui 136 relativi a 63 corsi d’acqua
naturali e 77 relativi a 73 corsi d’acqua artificiali;
¾ 47 punti ubicati sui laghi, di cui 37 relativi a 29 laghi naturali o naturali
ampliati e 10 relativi a 10 laghi artificiali.
La rete di monitoraggio è stata strutturata per tenere conto delle caratteristiche dei
corpi idrici significativi, così definiti ai sensi del D.Lgs 152/99, e per offrire un
quadro generale delle acque lombarde. Pertanto, all’interno di ogni bacino, oltre
alle caratteristiche qualitative del corpo idrico principale, vengono monitorate
anche quelle dei maggiori affluenti o di tutti quei corsi d’acqua che possono
rappresentare, per carico, rilevanza naturalistica o uso, elementi importanti per le
caratteristiche del corpo idrico significativo. Sui laghi sono, di norma, eseguite
analisi sulla matrice acquosa (parametri di base e addizionali). I prelievi annui
previsti sono due (frequenza semestrale) in periodi caratteristici del ciclo annuale.
Su alcuni laghi è stato condotto un programma integrativo di misure mensili. La
metodologia per la classificazione dei corsi d’acqua è dettata da quanto previsto
nel D.Lgs.152/99, che definisce gli indicatori necessari per la ricostruzione del
quadro conoscitivo rappresentativo dello Stato Ecologico e Ambientale delle
acque sulla base del quale misurare il raggiungimento degli obbiettivi di qualità
prefissati. Alla definizione dello Stato Ecologico contribuiscono sia parametri
chimico - fisici di base relativi al bilancio dell’ossigeno ed allo stato trofico
(Livello di Inquinamento da Macrodescrittori o L.I.M.), sia la composizione della
comunità macrobentonica delle acque correnti (Indice Biotico Esteso o I.B.E.). Lo
Stato Ecologico del corso d’acqua è definito dal peggiore dei due indici,
intersecati secondo quanto previsto all’Allegato 1 del suddetto decreto (Fig. 1.5).
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Per i laghi, lo Stato Ecologico è valutato sulla base dello stato trofico, utilizzando
i parametri di trasparenza, clorofilla a, ossigeno disciolto e fosforo totale che si
incrociano in quattro tabelle. Per l’attribuzione dello Stato Ambientale del corso
d’acqua o del lago, i dati relativi allo Stato Ecologico devono essere rapportati con
quelli concernenti la presenza degli inquinanti chimici indicati in tabella 1
dell’Allegato 1 al D.Lgs.152/99. Nella Figura 1.5 si riporta lo Stato Ecologico dei
Corsi d’Acqua (SECA) e dei Laghi (SEL) – anno di riferimento 2003 - così come
emergente dagli studi del Piano di Tutela (Regione Lombardia, 2006b).
Figura 1.5 – Stato Ecologico dei corsi d’acqua e laghi lombardi
Fonte: PTUA Regione Lombardia, 2006
16
Per indagare l’andamento temporale, nel quinquennio 2001-2005, della qualità dei
fiumi lombardi è stata compiuta una preliminare indagine allo scopo di
individuare la % di stazioni monitorate da ARPA in cui, nel periodo temporale
considerato, si è rilevato un miglioramento o un peggioramento della qualità delle
acque. I risultati sono riassunti in Figura 1.6.
Figura 1.6 Valori di SECA per numero di stazioni (%) dal 2001 al 2005
SECA=1 (ottimo); 2 (buono); 3 (sufficiente); 4 (scadente); 5 (pessimo)
100%
9%
10%
10%
25%
25%
9%
5%
90%
80%
22%
21%
27%
% di stazioni sul totale
70%
60%
50%
41%
45%
39%
42%
44%
40%
30%
20%
28%
26%
2001
2002
10%
24%
22%
0%
23%
1%
1%
1%
2003
2004
2005
Anni
SECA 1
SECA 2
SECA 3
SECA 4
SECA 5
Fonte: elaborazioni IReR su dati ARPA
Il grafico mostra che, nel quinquennio 2001-2005, una significativa parte delle
stazioni ha acque di qualità sufficiente. La situazione peggiore si è registrata nel
2003 quando, a un numero di stazioni di qualità pessima pari al 10%, è corrisposto
un numero di stazioni di qualità buona di poco più del 20%. Nel 2004 invece le
stazioni con qualità buona e sufficiente sono aumentate e sono diminuite quelle di
qualità scadente e pessima. Nel 2005 infine, a un aumento di quasi il 10% delle
stazioni di qualità scadente, è corrisposta una diminuzione di circa il 5% delle
stazioni di qualità sufficiente e pessima, mentre la percentuale di stazioni con
qualità buona si è sostanzialmente mantenuta costante.
Questa analisi preliminare fornisce un’idea dell’andamento generale della
qualità dei fiumi in tutte le stazioni ARPA e nel corso dei cinque anni di indagine:
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si può a grandi linee affermare che nel quinquennio di analisi lo stato complessivo
di qualità dei fiumi è rimasto pressoché inalterato, con lievi margini di
miglioramento.
La medesima valutazione, anche se ridotta al triennio 2003-2005 per
incompletezza nelle informazioni rilevate, è stata condotta in parallelo sui laghi
dove il trend di miglioramento complessivo della qualità appare, almeno
preliminarmente, più evidente (Fig. 1.7).
Figura 1.7. Valori di SEL per numero di stazioni (%) dal 2003 al 2005 .
SEL =1 (ottimo); 2 (buono); 3 (sufficiente); 4 (scadente); 5 (pessimo)
100%
6%
6%
90%
% delle stazioni sul totale
80%
70%
44%
41%
47%
60%
50%
40%
30%
47%
44%
34%
20%
10%
0%
6%
2003
13%
13%
2004
2005
Anni
SEL 1
SEL 2
SEL 3
SEL 4
SEL 5
Fonte: elaborazioni IReR su dati ARPA
1.2.2. Acque sotterranee
Ai sensi del D.Lgs.152/99, la definizione dello Stato Ambientale delle acque
sotterranee viene determinata valutando: lo stato quantitativo dell’acquifero e lo
stato qualitativo definito sulla base della determinazione di parametri chimici
principali e addizionali.
Per la definizione dello stato quantitativo sono stati considerati differenti
aspetti: il rapporto prelievi/ricarica, il confronto con il livello di riferimento e la
definizione di un trend evolutivo.
Per attribuire la classe qualitativa si fa riferimento ai valori di concentrazione
di 7 parametri chimici di base e di 28 parametri addizionali inquinanti inorganici e
organici. Lo Stato Ambientale delle acque sotterranee è definito da 5 classi,
determinate dalla sovrapposizione delle classi di tipo qualitativo e di quelle di
tipo quantitativo. Nella mappa di Figura 1.8 si riporta lo Stato Ambientale dei
principali corpi idrici sotterranei lombardi (dati rilevati nel 2003), così come
18
emergente dagli studi di Piano di Tutela delle Acque (Regione Lombardia,
2006b).
Nel 2004 sono stati monitorati 233 punti di cui 66 intercettano solo la falda
superficiale, 90 la seconda falda e 54 la falda profonda; i restanti pozzi sono
plurifalda. Tale monitoraggio conferma sostanzialmente i risultati rilevati negli
anni precedenti e quindi l’ubicazione prevalente dei punti di classe 0 (classe
“particolare”, riferita a situazioni di inquinamento naturale non antropico) nella
bassa pianura e di quelli di classe 4 (scadente) nella fascia pedemontana. (ARPA
Lombardia, 2005)(Cfr. Figg. 1.8 e 1.9)
Figura 1.8 - Stato Ambientale dei corpi idrici sotterranei
Fonte: PTUA Regione Lombardia, 2006
19
Figura 1.9 – Ripartizione della qualità nei punti di prelievo della rete di monitoraggio ARPA
delle acque sotterranee – 2004
Fonte: ARPA Lombardia, 2005
20
Capitolo 2
Il quadro normativo di settore
2.1. Il quadro normativo comunitario
L’analisi della normativa sulla tutela delle acque e sulla gestione del servizio
idrico deve tenere conto in stretta misura degli orientamenti comunitari in materia
in quanto a questi, per la gerarchia delle fonti del diritto, si devono conformare gli
orientamenti nazionali.
Su tale materia sono numerose le direttive comunitarie recepite o in via di
recepimento nell’ordinamento italiano; la successiva Tabella 2.1 ne indica le
principali.
Tabella 2.1 – Direttive UE in materia di acqua e servizio idrico
Direttiva UE
Ambiti di applicazione
Direttiva 2006/118/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 12/12/06
Direttiva 42/2001/CE del Parlamento Europeo
e del Consiglio del 27/06/2001
Protezione delle acque sotterranee
dall’inquinamento e dal deterioramento
La valutazione ambientale come strumento
nell'elaborazione e nell'adozione di determinati
piani e programmi sull'ambiente
Direttiva 2000/60/CE del Consiglio 23/10/2000 Quadro per l’azione comunitaria in materia di
modificata da decisione 2445/2001/CE
acqua
Direttiva 98/83/CE del Consiglio 3/11/98 Dir
Nuove Disposizioni
75/440/CEE
Direttiva 96/61/CEE del Consiglio del 24/9/96 Prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento
Comunicazione della Commissione del 21
Politica Comunitaria di protezione gestione
Febbraio 1996
acque
Direttiva 91/676 CEE del Consiglio del
Nitrati
12/12/91
Direttiva 91/271/CEE del Consiglio del
Acque Reflue Urbane
21/5/91
Fonte: elaborazione IReR
Fra le direttive comunitarie specifiche per il settore della risorsa idrica assume
particolare rilevanza la Direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 che istituisce un
quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. Questa Direttiva, nota anche
come Water Framework Directive (WFD), ha lo scopo di mantenere e migliorare
l’ambiente acquatico del territorio dell’Unione Europea attraverso misure
integrate sugli aspetti qualitativi e quantitativi. Sistematizzando una serie di
direttive precedenti, essa istituisce un sistema di protezione delle acque a scala di
bacino per perseguire “un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a
lungo termine delle risorse idriche disponibili” per contribuire “a mitigare gli
effetti delle inondazioni e della siccità”.
Nell’ottica di sviluppo di una strategia comune per l’attuazione della Direttiva
all’interno dell’Unione Europea, nasce la “Common Strategy on the
Implementation of the Water Framework Directive”, che illustra le linee di azione
per un’attuazione coerente e armoniosa della Direttiva e per affrontare i problemi
sollevati dalla sua applicazione.
Il bacino idrografico viene riconosciuto come l’unità spaziale di riferimento per
una gestione di sistema; infatti la Direttiva si propone di realizzare la protezione
degli ecosistemi acquatici attraverso una gestione dell’acqua a scala di bacino e
non più per unità amministrative, come nelle legislazioni precedenti: all’art. 13
individua, nel Piano di Gestione dei Bacini Idrografici lo strumento per
conseguire e raggiungere gli scopi prefissati, sulla base del principio di
sussidiarietà e grazie all’utilizzo di un approccio combinato per il controllo
dell’inquinamento, realizzato o per obiettivi di qualità ambientale o per limiti alle
emissioni. È proprio la dimensione sovranazionale dei grandi bacini fluviali
europei che impone agli Stati membri, non solo una comune strategia di
attuazione della Direttiva, ma anche un comune apparato metodologico e tecnico
operativo per la formazione dei piani in tema di risorse idriche.
La direttiva fissa quindi un contesto generale di obiettivi di sostenibilità
ambientale, economica e sociale per l’utilizzo dell’acqua.
2.2. Il quadro normativo nazionale
La normativa italiana vigente in materia di utilizzo e tutela della risorsa idrica è
articolata e stratificata in una serie di norme, alcune delle quali risalenti agli inizi
del ’900, che governano i diversi aspetti del “sistema acqua”.
A partire dal Testo Unico sulle opere idrauliche (r.d. n. 1775 del 1933) la
legislazione si è evoluta nel tempo in funzione delle nuove esigenze di tutela della
risorsa dall’inquinamento, di razionalizzazione dell’uso e di risparmio.
Il legislatore nazionale ha spesso legiferato sotto l’impulso delle norme
comunitarie che hanno fissato alcuni principi generali in tema di governo delle
acque quali il principio del “Chi inquina paga”, l’obiettivo di recupero dei costi
del servizio idrico e una visione integrata del ciclo dell’acqua.
Grazie agli impulsi interni ed esterni il contesto normativo italiano si è
sempre più allontanato dalla considerazione della risorsa idrica come fattore
prevalentemente produttivo per divenire parte integrante della normativa per la
tutela dell’ambiente fino ad incorporare i principi di scarsità della risorsa e di uso
sostenibile tramite strumenti quali la programmazione, la gestione, il controllo e la
partecipazione pubblica (in termini di governance).
22
Nel prosieguo si cercherà di dare conto delle principali norme che
attualmente disciplinano la tutela delle acque dall’inquinamento non senza
prendere in esame i tentativi di razionalizzazione della materia avviati di recente
ai diversi livelli di governo.
La legislazione nazionale vigente in materia di risorsa acqua è complessa ed
articolata, essendosi formata nel corso del tempo sia in risposta ad esigenze di tipo
produttivo (ad es. utilizzi per scopi idroelettrici), sia su impulso della legislazione
europea (ad es. tutela e sicurezza dei corpi idrici) sia in risposta a eventi
eccezionali o catastrofici sotto forma di legislazione d’urgenza.
Nella tabella seguente sono evidenziate le norme che, alla data di oggi,
regolano la tutela della risorsa idrica e il Servizio Idrico Integrato (Tab. 2.2).
Tabella 2.2 – Normativa in materia di acqua e servizio idrico integrato
N° Legge
Descrizione della legge
Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e
s.m.i
Legge 30 Dicembre 2004 n.311
(G.U.n.306;31-12-2004)
"Norme in materia ambientale"
Legge 15 dicembre 2004, n. 308
(G.U.n.302;27-12-2004)
Nuovo testo dell'Art.113 del T.U. 267/00, così
come modificato dal d.l. 269/2003, convertito
con modificazioni nella Legge 326/2003, dalla
Legge 350/2003 e dalla sentenza della Corte
Costituzionale del 27 Luglio 2004
Circolare del Ministro dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio 6 Dicembre 2004
(G.U.n.291;13-12-2004)
Circolare del Ministro dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio 6 Dicembre 2004
(G.U.n.291;13-12-2004)
Decreto del Ministro dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio 28 Luglio 2004
(G.U.n.268;15-11-04)
Decreto del Ministro dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio 30 Giugno 2004
(G.U.n.269;16-11-04)
Direttiva del Ministro dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio 27 Maggio 2004
(G.U.n.137;14-6-04)
Decreto del Ministro dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio 6 Novembre 2003 n.367
(G.U.n.5;8-1-04)
Decreto del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio 19 Agosto 2003
(G.U.n.218;19-7-2003)
Decreto del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio 12 Giugno 2003,n.185
Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (Legge
Finanziaria 2005)
Delega al Governo per il riordino, il
coordinamento e l'integrazione della legislazione
in materia ambientale e misure di diretta
applicazione
Art. 113. - Gestione delle reti ed erogazione dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Affidamento del servizio idrico a società a
capitale misto pubblico - privato
Affidamento in house del servizio idrico integrato
Linee guida per la predisposizione del bilancio
idrico di bacino
Criteri per la redazione del progetto di gestione
degli invasi
Disposizioni interpretative delle norme relative
agli standard di qualità nell'ambiente acquatico
per le sostanze pericolose.
Regolamento concernente la fissazione di
standard di qualità nell'ambiente acquatico per
le sostanze pericolose, ai sensi dell'articolo 3,
comma 4, del decreto legislativo 11 maggio
1999, n. 152.
Modalità di trasmissione delle informazioni sullo
stato di qualità dei corpi idrici e sulla
classificazione delle acque.
Regolamento recante norme tecniche per il
riutilizzo delle acque reflue in attuazione
dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo
11 maggio 1999, n. 152.
23
Decreto del Presidente della Repubblica 24
Marzo 2003,n.136 (G.U.n.137;16-6-2003)
Delibera del Comitato Interministeriale per la
programmazione Economica 19 Dicembre
2002, n.131
Accordo della Conferenza unificata 12
Dicembre 2002
Decreto Legislativo 20 Agosto 2002 n.190
Accordo della Conferenza unificata 18 Aprile
2002
Determinazione dell'Autorità per la vigilanza
sui lavori pubblici 6 marzo 2002, n.4
Decreto del Ministero dell'ambiente e della
Tutela del Territorio 22 novembre 2001
(G.U.n.280;1-12-01)
Decreto Legislativo 2 Febbraio 2001,n.31
Legge 23 Dicembre 2000, n.388
Decreto Legislativo 18 Agosto 2000,n.267
Decreto Legislativo 11 Maggio 1999,n.152
Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 29 Aprile 1999
Decreto del presidente della Repubblica 18
Febbraio 1999, n.238
Legge 23 dicembre 1998, n.448
Decreto Legislativo 31 Marzo 1998, n.112
Regolamento concernente l'organizzazione, i
compiti ed il funzionamento del Registro italiano
dighe - RID, a norma dell'articolo 91 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Direttive per la determinazione, in via transitoria,
delle tariffe dei servizi acquedottistici, di
fognatura e di depurazione per l'anno 2002
Linee guida per la tutela della qualità delle
acque destinate al consumo umano e criteri
generali per l'individuazione delle aree di
salvaguardia delle risorse idriche di cui all'art. 21
del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n.
443, per la realizzazione delle infrastrutture e
degli insediamenti produttivi strategici e di
interesse nazionale.
Accordo Conferenza Stato – Regioni - Province
18 aprile 2002 (Accordo
Governo/Regioni/Province
Autonome/Comuni/Province/Comunità montane
sui punti di prelievo fissati per il controllo e sulle
frequenze dei campionamenti dei controlli
esterni delle acque destinate al consumo
umano)
Finanza di progetto: quesiti posti in materia di
gara per la scelta dei partecipanti alla procedura
negoziata, di variazione della composizione del
promotore e di possibilità di impiego della
procedura del promotore per il “ciclo integrale
delle acque
Modalità di affidamento in concessione a terzi
della gestione del servizio idrico integrato, a
norma dell'articolo 20,comma1 della legge 5
gennaio 1994 n. 36
Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla
qualità delle acque destinate al consumo umano
Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2001)
Testo unico delle Leggi sull'ordinamento degli
Enti Locali
Disposizioni sulla tutela delle acque
dall'inquinamento e recepimento della direttiva
91/271/Cee concernente il trattamento delle
acque reflue urbane e della direttiva 91/676/Cee
relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati
provenienti da fonti agricole. (Pubblicato sul
Supplemento Ordinario n. 101/L alla Gazzetta
Ufficiale n. 124 del 29 maggio 1999)
Schema generale di riferimento per la
predisposizione della carta del servizio idrico
integrato
Regolamento recante norme per l'attuazione di
talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994,
n. 36, in materia di risorse idriche
Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione
e lo sviluppo (stralcio:articolo31, commi 28-31)
Conferim. di funzioni e compiti amministr. dello
Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione
del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59"
24
Decreto del Ministro delle Finanze 25
Febbraio 1997,n.90
Decreto del Ministro dei lavori Pubblici 8
Gennaio 1997, n.99
Decreto del Ministro dei lavori Pubblici 1
Agosto 1996
Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 4 Marzo 1996 (G.U.n.242;15-10-96)
Legge 28 Dicembre 1995, n.549
Regolamento recante modalità di applicazione
dell'articolo 18,comma 5, della legge 5 Gennaio
1994,n. 36 in materia di risorse idriche
Regolamento sui criteri e sul metodo in base ai
quali valutare le perdite degli acquedotti e delle
fognature
Metodo normalizzato per la definizione delle
componenti di costo e la determinazione della
tariffa di riferimento del servizio idrico integrato
Disposizioni in materia di risorse idriche
Decreto Legge 8 Agosto 1994 n, 507
Misure di realizzazione della finanza pubblica
(stralcio: articolo 3,commi 42-47)
Misure urgenti in materia di dighe".
Legge 5 gennaio 1994 n, 36
Disposizioni in materia di risorse idriche
Decreto Legislativo 12 Luglio 1993 n, 275
Riordino in materia di concessione di acque
pubbliche
Legge 19 Febbraio 1992 n, 142
Disposizioni per l'adempimento di obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee (legge comunitaria per il
1991).
Legge 18 Maggio 1989 n, 183
Norme per il riassetto organizzativo e funzionale
della difesa del suolo
Decreto Presidente della Repubblica 8
Attuazione della direttiva (CEE) n. 76/160
Giugno 1982 n.470
relativa alla qualità delle acque di balneazione.
Coordinato con l'art. 18 della Legge 29 dicembre
2000, n. 422 - Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alle Comunità europee - Legge comunitaria
2000.
Decreto del Presidente della Repubblica 15
Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario
Gennaio 1972, n.8
delle funzioni amministrative statali in materia di
urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori
pubblici di interesse regionale e dei relativi
personali ed uffici"
Legge 4 Febbraio 1963, n.129
Piano regolatore generale degli acquedotti e
delega al governo ad emanare le relative norme
di attuazione.
Regio Decreto 11 Dicembre 1933 n,1775
Norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni delle
acque pubbliche
Fonte: elaborazione IReR
Appare evidente la complessità e l’articolazione del quadro normativo e
regolamentare al quale è soggetto il settore. Tuttavia fra i diversi provvedimenti
ne emergono alcuni di natura “sistemica” ovvero intesi a dare ordine al settore nei
suoi diversi aspetti di gestione, programmazione e tutela della risorsa. Nello
specifico tali norme sistemiche si ritrovano nei seguenti tre provvedimenti: L.
36/94 “Disposizioni in materia di risorse idriche” – la c.d. “Legge Galli”; L.
18/5/1989 n. 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa
del suolo” e D.Lgs. 152/99 “Disposizioni sulla tutela delle acque
dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il
trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla
protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da
fonti agricole”. Mentre la legge 36/94 fu intesa principalmente a migliorare e
25
razionalizzare il servizio idropotabile offerto agli utenti, la L. 183/89 diede ordine
alle competenze dei diversi soggetti istituzionali coinvolti e istituì idonei
strumenti di pianificazione e programmazione. Assunse inoltre grande rilevanza il
provvedimento d.lgs. 152/99 in tema di salvaguardia della acque
dall’inquinamento, anche anticipando molti dei contenuti della Direttiva
2000/60/CE. I predetti provvedimenti risultano tutti in una qualche misura
inattuati dal punto di vista amministrativo, basti pensare agli aspetti ancora non
recepiti di riorganizzazione del servizio idrico integrato in base alla Legge Galli o
alla messa in mora dello Stato italiano per aver mancato di predisporre uno o più
programmi d'azione previsti dalla Direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione
delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
In materia di pianificazione delle acque va ricordato che la legge 183/1989
individuava come principale strumento dell’azione di pianificazione e
programmazione il Piano di bacino, mediante il quale venivano “pianificate e
programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa
e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base
delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato”. In una realtà
complessa come quella del bacino del Po, il processo di formazione del Piano
doveva avvenire, ai sensi dell’art. 17, comma 6-ter della stessa legge, per Piani
stralcio tematici, in modo da consentire di affrontare prioritariamente i problemi
più urgenti. Le criticità e lo stato di rischio che contraddistinguono tale bacino per
gli aspetti connessi al dissesto idraulico e idrogeologico hanno portato l’Autorità
di Bacino del fiume Po a individuare tale settore come prioritario e a redigere in
primis il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico, approvato nel corso del 2001.
Il D.Lgs 152/1999 e successive modificazioni ha poi previsto all’art. 44 che
la redazione del Piano stralcio per la Tutela delle Acque fosse integralmente
attribuita alle Regioni, conservando, per l’Autorità di Bacino, un ruolo di
coordinamento e armonizzazione. La Direttiva 2000/60/CE sulle acque ha quindi
introdotto ulteriori importanti innovazioni all’apparato normativo esistente in
materia di risorse idriche spingendo l’attenzione sull’intero ecosistema acquatico
e prevedendo all’art. 13, quale strumento per la pianificazione della tutela e
dell’uso delle acque, il Piano di gestione del bacino idrografico.
I tre provvedimenti sono stati abrogati e recepiti pressoché integralmente,
salvo alcune modifiche, nel recente tentativo di riordino e razionalizzazione della
materia, nonché del completo recepimento della Direttiva quadro 2000/60/CE,
attuato dal Governo con il Decreto Legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 recante
norme in materia ambientale (c.d. Codice dell’Ambiente), che al momento si trova
in corso di revisione, in attuazione delle disposizioni della legge delega che
consentono l’adozione di disposizioni correttive e integrative dell’originario
decreto delegato entro due anni dalla sua emanazione.
Il Decreto legislativo 152/06 è stato criticato da alcune Regioni e
Associazioni ambientaliste e da alcuni esponenti del mondo accademico ad un
decreto introdotto come Testo Unico in materia di Ambiente è richiesto su linee
generali un passo ulteriore verso un miglior coordinamento della normativa, che
risulta spesso confusa, verso una semplificazione del sistema autorizzativo e dei
26
controlli, e verso
responsabilità.
un’identificazione
chiara
delle
competenze e
delle
2.3. Normativa e pianificazione regionale
Recependo quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea di settore,
attraverso la predisposizione del documento “Politica delle risorse idriche in
Lombardia: linee di indirizzo strategico” (2002) e della successiva pubblicazione
a carattere divulgativo “Libro blu” (2003), la Regione Lombardia ha in sintesi
illustrato i principi cui ispirarsi, gli strumenti, le attività da mettere in campo e gli
obiettivi generali e specifici per l’attuazione della politica di tutela e uso della
risorsa idrica in Lombardia.
I capisaldi della strategia regionale in materia di risorse idriche venivano così
identificati nei seguenti obiettivi:
¾
¾
¾
¾
Riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei e
prevenzione di ulteriori fenomeni di degrado della risorsa idrica;
Mitigazione del rischio idraulico, recupero e salvaguardia delle
caratteristiche ambientali delle fasce di pertinenza fluviale e degli ambienti
acquatici;
Uso razionale della risorse idriche, con priorità di quelle potabili;
Servizio idrico di buona qualità a costi sostenibili in tutto il territorio
regionale.
A tal fine si dava priorità d’azione a un complessivo riordino normativo, alla
definizione di un sistema di governance regionale del settore, alla diffusione della
cultura dell’acqua, quale processo per la condivisione e la partecipazione nella
definizione di obiettivi di valorizzazione delle acque e nell’attuazione delle misure
necessarie.
Su questi primi indirizzi è stato incentrato il percorso istituzionale e
scientifico che ha portato alla definizione di una serie di strumenti per l’attuazione
di una politica regionale di tutela e valorizzazione dell’acqua (vedi Tabella 2.4).
Recependo questi nuovi indirizzi la Regione Lombardia, con la L.R. 12 dicembre
2003 n.26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme
in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche”, si dava un corpus normativo di base per una complessiva
riorganizzazione nella gestione dei servizi pubblici e delle relative risorse.
In particolare la legge definisce la “disciplina delle risorse idriche”
prevedendo un’organica attribuzione di competenza ai diversi livelli di governo,
la riforma dell’organizzazione del servizio idrico integrato e gli strumenti
fondamentali di pianificazione della tutela e uso delle acque in Lombardia.
Si tratta di una normativa che, per la prima volta, ha affrontato la disciplina
complessiva dei servizi di interesse economico generale, definendo le regole
27
comuni ai vari servizi per quanto attiene i principi generali di tutela del
consumatore, di accesso ai servizi, di qualità degli stessi e di affidamento della
gestione.
Di recente è stata approvata la Legge regionale 8 agosto 2006 n. 18 che, per
alcuni punti trattati in dettaglio nella Parte 3, va a modificare la Legge regionale
26/03.
In attuazione della Direttiva 2000/60/CE, all’art. 45 la Legge 26 individua
nel “Piano di gestione del bacino idrografico” lo strumento regionale di
pianificazione delle risorse idriche, articolato in un “Atto di indirizzi per la
politica delle acque”, di competenza consiliare, e in un “Programma di tutela e
uso delle acque”, approvato dalla Giunta Regionale, con il quale sono individuate
le azioni, i tempi e le norme di attuazione per il raggiungimento degli obiettivi
contenuti nell’Atto di Indirizzi. Ai sensi dell’art. 55, comma 20, della predetta
legge, la prima elaborazione del Piano di gestione è effettuata in conformità alle
previsioni di cui all’art. 44 del D.Lgs.152/99, che stabilisce valenza e contenuti
dei Piani di Tutela delle Acque.
La Regione Lombardia ha di recente concluso l’iter di predisposizione e
quindi di approvazione del Piano di Tutela delle Acque costituito:
¾ dall'ATTO DI INDIRIZZO PER LA POLITICA DI USO E TUTELA
DELLE ACQUE DELLA REGIONE LOMBARDIA – LINEE
STRATEGICHE PER UN UTILIZZO RAZIONALE, CONSAPEVOLE
E SOSTENIBILE DELLA RISORSA IDRICA, approvato con Delibera
Consigliare n.VII/1048 del 28 luglio 2004;
¾ dal PROGRAMMA DI TUTELA E USO DELLE ACQUE, approvato
dalla Giunta con delibera del 29 marzo 2006.
A supporto e fondamento del processo di redazione del Piano sono state condotte
una serie di elaborazioni inerenti le diverse discipline relative al tema della tutela
e uso della risorsa idrica, e dell’ambiente ad essa interconnesso, e orientate a una
lettura unitaria delle diverse caratteristiche di ciascun bacino significativo in
studio.
L’ambito territoriale di riferimento del Piano è costituito dall’intera superficie
regionale lombarda, per gran parte ricadente nel bacino nazionale del Po e per le
rimanenti porzioni ricadente nel bacino interregionale del Fissero-Tartaro e nel
bacino internazionale dello Spol (Danubio).
Le attività conoscitive sono state tuttavia riferite e applicate all’unità
territoriale di bacino idrografico per le acque superficiali e di bacino
idrogeologico per quelle sotterranee. La Tabella 2.3 elenca i principali bacini
idrografici presi a riferimento nel Piano, con relativa estensione territoriale totale.
28
Tab. 2.3 Estensione territoriale dei principali bacini idrografici lombardi
Denominazione
Bacino Idrografico
Adda sopralacuale
Adda sublacuale
Agogna – Terdoppio
Grembo
Chiese
Fissero-Tartaro
Lago di Como (Lario)
Lago di Garda (Benaco)
Lago di Iseo (Sebino)
Lago di Lugano (Ceresio)
Lago Maggiore (Verbano)
Lambro
Mella
Mera
Mincio
Oglio sopralacuale
Oglio sublacuale
Olona meridionale
Olona - Lambro Meridionale
Oltrepo
Po
Serio
Sesia
Severo
Spol
Staffora
Ticino sublacuale
2
Area [Km ]
2.377
1.423
644
935
976
281
1.224
609
355
315
565
1.038
1.038
548
778
1.446
2.037
130
950
618
2.394
957
143
226
242
415
1.364
TOTALE
24.030
Fonte: Elaborazioni IReR
Il Programma organizza le conoscenze sulla disponibilità delle risorse, sugli
apporti inquinanti ai corpi idrici e indica un insieme organico di misure, per
raggiungere gli obbiettivi di qualità definiti dal Consiglio Regionale. Nella sua
versione finale esso risulta costituito dai seguenti elaborati tecnici:
¾ Relazione Generale
¾ Relazione di Sintesi
¾ Norme tecniche di Attuazione
- Allegati alla Relazione Generale:
- Allegato 1 - Costruzione di una base dati per la caratterizzazione dei
corpi idrici significativi
- Allegato 2 - Stime delle portate e delle precipitazioni e strumenti per la
loro regionalizzazione
29
-
¾
¾
¾
Allegato 3 - Classificazione dello stato quantitativo dei corpi idrici
sotterranei di pianura
- Allegato 4 - Bilanci idrogeologici di dettaglio a scala di bacino: il caso
dell’Olona settentrionale
- Allegato 5 - Uso, risparmio e riuso della risorsa idrica
- Allegato 6 - Infrastrutture idriche e altri interventi di tutela
- Allegato 7 - Stima dei carichi effettivi di azoto e fosforo da agricoltura
nelle acque di superficie
- Allegato 8 - Indagine finalizzata all’individuazione delle sostanze
pericolose
- Allegato 9 - Definizione delle aree sensibili ai sensi della direttiva
91/271/CEE
- Allegato 10 - Definizione delle zone vulnerabili da nitrati di origine
agricola e da prodotti fitosanitari
- Allegato 11 - Definizione delle aree di ricarica e di riserva delle zone di
pianura
- Allegato 12 - Monitoraggio qualitativo e classificazione delle acque
superficiali e sotterranee
- Allegato 13 - Caratterizzazione integrata dei corsi d’acqua e
riqualificazione fluviale
- Allegato 14 - Criteri per la regolazione delle portate in alveo
- Allegato 15 - Modellistica di qualità a supporto della pianificazione di
acque superficiali
- Allegato 16 - Stato di qualità ed evoluzione trofica dei laghi
- Allegato 17 - Trattamenti appropriati per scarichi di acque reflue urbane
provenienti da agglomerati con meno di 2000 abitanti equivalenti
Allegato 18 - Il Contratto di fiume
Cartografia di Piano
Rapporto ambientale (VAS)
Studio di incidenza
Dopo l’approvazione del PTUA l’emanazione dei Regolamenti regionali relativi
all’uso, risparmio e riuso delle acque, e allo scarico di acque reflue urbane e di
acque di prima pioggia costituisce una prima attuazione del Programma. Nella
tabella 2.4 seguente sono riportati in generale tutti gli strumenti fondamentali
normativi, di pianificazione, regolamentari e le direttive tecniche di attuazione
della politica regionale sulle acque elaborati ed approvati negli ultimi anni da
Regione Lombardia.
Per una trattazione esaustiva degli strumenti adottati dalla Regione per una
riorganizzazione del SII si rimanda alla parte terza di questa ricerca (cfr § 7.2).
30
Tabella 2.4 - Strumenti di attuazione della politica delle acque in Lombardia
Titolo
Riferimento
“Politica delle risorse idriche in Lombardia – linee di indirizzo strategico”
D.G.R. N. 11790
del 23.12.2002
BURL N. 51 del
16.12.2003
1°
SUPPLEMENTO
ORDINARIO DEL
BURL 11.8.2006,
N. 32
Legge Regionale n. 26/2003 - “Disciplina dei Servizi Locali di interesse
economico generale
Legge regionale n. 18/2006 - Conferimento di funzioni agli enti locali in
materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge
regionale 12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse
economico generale. Norme in materia di gestione rifiuti, di energia, di utilizzo
del sottosuolo e di risorse idriche”
Attuazione del Servizio Idrico Integrato
“Definizione della metodologia per l’elaborazione del programma di intervento BURL N. 16 del
per la redazione del piano finanziario in materia di Servizio Idrico Integrato”
17.4.2003
“Schemi tipo regionali per l’organizzazione del Servizio Idrico Integrato, ai
sensi dell’articolo 48 comma2, lettere b) e c) della l.r. 26/2003”
“Ripartizione dei segmenti di attività tra gestore di reti ed impianti ed erogatore
del servizio, nonché determinazione dei criteri di riferimento ai fini
dell’affidamento , da parte dell’autorità d’ambito, del servizio idrico integrato
ad una pluralità di soggetti, in attuazione dell’articolo 49, comma3, della l.r.
26/2003
Piano di gestione del bacino idrografico
BURL N. 3 del
18.1.2005
BURL N. 9 del
1.3.2005
Atto di indirizzi per la politica di uso e tutela delle acque della Regione
BURL N. 35 del
Lombardia
23.8.2004
“Programma di tutela e uso delle acque (ai sensi dell’art. 44 del D.Lgs. 152/99 D.G.R. N. 2244 del
e dell’art. 55 comma 19 della L.R. 26/2003)”
29.03.2006
Integrazioni al PTUA in tema di “Nuove aree vulnerabili ai sensi del D.Lgs.
D.G.R. N. 3297 del
152/2006: criteri di designazione e individuazione”
11.10.2007
Regolamenti e Direttive attuativi del Piano di gestione del Bacino Idrografico
Regolamento Regionale 24.3.2006 – n. 2 “Disciplina dell’uso delle acque
superficiali e sotterranee, dell’utilizzo delle acque a uso domestico, del
risparmio idrico e del riutilizzo dell’acqua in attuazione dell’art. 52, comma 1,
lettera c) della legge regionale n. 26/2003”
Regolamento Regionale 24.3.2006 – n. 3 “Disciplina e regime autorizzatorio
degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, in attuazione
dell’art. 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 26/2003”
Regolamento Regionale 24.3.2006 – n. 4 “Disciplina dello smaltimento delle
acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell’art.
52, comma1, lettera a) della legge regionale 26/2003”
Direttive procedurali e tecniche per l’esercizio delle funzioni spettanti agli
EE.LL. in merito alle modalità per la tenuta e la pubblicità delle banche dati (ai
sensi dell’art. 44, comma1, lettera c) della l.r. 26/2003)
Direttiva per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque
reflue urbane (ai sensi dell’allegato 5 al D.Lgs. 152/99 e s.m.)
Fonte: www.ors.regione.lombardia.it
31
BURL N. 13 del 28
marzo 2006
BURL N. 30 del
28.7.2005
BURL N. 34 del
22.8.2005
Parte seconda
Crisi idriche e gestione partecipata di un bene
comune
22
Capitolo 3
Gestione partecipata della risorsa idrica
3.1. Quadro teorico
La promozione dei processi partecipativi nell’elaborazione di politiche per la
sostenibilità ambientale è un argomento particolarmente esplorato nell’ambito
degli studi che si occupano del miglioramento delle procedure di policy-making.
Le motivazioni alla base di questo interesse sono essenzialmente riconducibili ad
alcune particolari caratteristiche delle questioni ambientali, che di seguito
cerchiamo di sintetizzare.
In primo luogo, vi è il livello di incertezza elevato che connota una buona
parte delle questioni ambientali. Tale incertezza, definibile anche come “radicale”
(Pellizzoni, 2003), è relativa non solo al significato delle problematiche, ma anche
agli obiettivi e alla struttura stessa degli interventi, che sempre più spesso
richiedono decisioni ad alto rischio o non esenti da implicazioni valoriali.
In secondo luogo, quando i processi conoscitivi portano all’individuazione
di soluzioni che implicano interventi sul territorio, vi è la necessità di coinvolgere
un ampio numero di portatori di interesse nella questione, per individuare le
soluzioni non solo più efficaci, ma anche condivise dai soggetti (Bobbio,
Zeppetella, 1999).
Nel caso specifico della risorsa idrica vengono ad aggiungersi ulteriori
criticità. Fra queste, la più rilevante è che l’acqua è una preziosa e indispensabile
risorsa comune (Ostrom et al., 1994). Una risorsa comune è un bene che è
connotato da alcune caratteristiche particolari: a) in primo luogo si tratta di una
risorsa che è sottraibile, poichè il suo consumo da parte di un attore riduce (o
meno) le possibilità di consumo degli altri; b) in secondo luogo è una risorsa che è
sfruttata in comune da un gruppo di utilizzatori; c) infine si tratta di una risorsa
connotata da confini che presentano dei problemi di definizione alla luce degli
schemi istituzionali tradizionali.
Queste particolari caratteristiche rendono la gestione della risorsa idrica
particolarmente complessa, soprattutto nelle situazioni connotate da scarsità. Nel
caso dello sfruttamento in comune di una risorsa, Hardin (1968) ha dimostrato che
vi può essere un “grado zero” (o “stato di natura”) che indica il contesto in cui
essa può essere utilizzata da parte di ogni attore interessato senza limiti, al di fuori
delle proprie necessità. È chiaro come, in una situazione connotata da scarsità, il
“grado zero” corrisponda a una situazione insostenibile a causa del conflitto tra
l’interesse individuale, che porta il singolo a un consumo della risorsa
potenzialmente illimitato, e l’interesse collettivo, che impone invece
considerazioni comprensive delle esternalità negative prodotte dalla somma delle
azioni individuali. Posto in questi termini, si tratterebbe di un conflitto insolubile,
che porterebbe in tempi brevi al depauperamento della risorsa. Eppure, nella
realtà, la situazione si configura spesso con connotati differenti. Per evitare
conflitti improduttivi, le comunità possono raggiungere accordi rispetto a una loro
utilizzazione sostenibile, tramite l’elaborazione di particolari istituzioni,
denominate “istituzioni endogene di gestione” (Ostrom, 1990). Le istituzioni, in
questo contesto, sono definite come «i vincoli che gli uomini hanno definito per
disciplinare i loro rapporti» (North, 1994, 23) e hanno come obiettivo
fondamentale quello di ridurre l’incertezza del comportamento individuale per
migliorare la cooperazione fra i soggetti e il coordinamento delle loro azioni. Le
”istituzioni endogene di gestione” hanno la particolarità di basare il proprio
funzionamento sul senso di appartenenza a una comunità e sulla condivisione dei
principi diffusi all’interno dei gruppi. La costruzione di tali istituzioni rappresenta
quindi un processo di innovazione istituzionale, che si concretizza
nell’investimento compiuto da un gruppo di attori, in possesso delle capacità e
delle risorse necessarie, nell’aspettativa di trarne un guadagno nei termini di un
migliore adattamento all’ambiente naturale e antropico entro cui essi operano
(Ostrom, 1990; Bravo, 2002).
Recenti ricerche hanno dimostrato che la costruzione di tali istituzioni può
essere favorita dalla promozione di processi di partecipazione (Innes, Booher,
2003) e da sistemi di governance. È infatti opinione largamente condivisa che un
governo efficace ed equo della risorsa idrica debba basarsi su alcuni criteri quali:
la responsabilità di gestione (accountability), la capacità di risposta ai bisogni
(responsiveness), l’efficacia ed efficienza del sistema, la trasparenza del processo
decisionale, il rispetto delle leggi vigenti e la partecipazione di tutti i portatori di
interesse alla definizione dei programmi (Joe et al. 2002). Anche se la
partecipazione dei cittadini non è considerata un elemento obbligatorio per un
sistema di governance, che potrebbe anche basarsi esclusivamente sulla delega di
funzioni ad altri livelli amministrativi o sulla partnership pubblico-privata, la
maggior parte della letteratura concorda sull’utilità di prassi di partecipazione
aperte alla società civile, secondo differenti scale di coinvolgimento appropriate
all’oggetto e al momento del processo decisionale. Nello studio del governo dei
bacini idrografici, ad esempio, (Bruns 2003) queste diverse modalità vengono
identificate nelle seguenti pratiche:
1.
2.
3.
diffusione dell’informazione sui servizi idrici da parte delle
istituzioni preposte alla gestione;
consultazione dei portatori di interesse per la raccolta delle
indicazioni e delle esigenze;
coinvolgimento dei portatori di interesse attraverso la
promozione di Forum pubblici per discutere delle misure di
prevenzione di eventi siccitosi o altro;
36
4.
5.
6.
7.
collaborazione con i diversi partner attraverso l’istituzione di
task force per sviluppare piani di gestione, in cui la
responsabilità rimane però alle istituzioni preposte al governo
della risorsa idrica;
programmi di partnership, che prevedono la cooperazione fra
agenzie pubbliche e organizzazioni degli utenti per la
costituzione di organismi di gestione partecipati;
delega, da parte delle autorità pubbliche, di specifiche
competenze a gruppi di utilizzatori o ad altre organizzazioni di
gestione;
istituzione dell’autonomia per l’attuazione di specifiche attività,
attraverso la costruzione di istituzioni cooperative di portatori di
interesse.
3.2. Quadro normativo
Il riconoscimento dei benefici che i processi partecipativi possono portare
nell’ambito della gestione della risorsa idrica è stato ormai recepito a vari livelli
legislativi.
In particolare, seguendo orientamenti internazionali volti a promuovere la
costruzione condivisa e partecipata di politiche ambientali, l’Unione Europea si è
fatta promotrice di una nuova metodologia di pianificazione attraverso la Direttiva
2000/60/CE. Questa normativa, sistematizzando una serie di direttive precedenti,
istituisce un sistema di protezione delle acque a scala di bacino per perseguire “un
utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse
idriche disponibili” per contribuire “a mitigare gli effetti delle inondazioni e della
siccità”.
Fra gli aspetti di maggior rilievo introdotti da questa normativa, se ne
evidenziano in particolare due.
Il primo è che la Direttiva 2000/60/CE valorizza le molteplici funzioni del bene
acqua nel riconoscimento della coesistenza di diverse esigenze, quali: l’aspetto
sociale relativo alla protezione delle persone dai rischi per la sicurezza e la salute;
l’aspetto economico nella promozione dell’accesso efficiente della popolazione e
delle attività produttive alle risorse; quello ambientale nella conservazione delle
risorse e nel mantenimento delle loro funzioni ecologiche (WWF, 2006b).
Il secondo è invece relativo all’”Informazione e consultazione pubblica”,
attraverso la “partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della
presente Direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento
dei piani di gestione”.
Quanto alla situazione italiana, ad oggi la Direttiva è stata recepita nel
nostro ordinamento nazionale attraverso il D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152, al
momento in corso di revisione e potenzialmente soggetto nel prossimo futuro a
una significativa riformulazione in varie parti.
37
È possibile comunque affermare che, riguardo ai temi legati alla
partecipazione pubblica ai processi decisionali, essenzialmente si prospetta la
promozione di una metodologia di programmazione nuova per il nostro contesto
nazionale, che fino ad oggi ha previsto essenzialmente consultazioni a posteriori come ad esempio nel Piano di Tutela delle Acque (D.Lgs. 152/99) o nei Piani di
Assetto Idrogeologico (L. 183/89) -, e che, sostanzialmente, non solo non ha
favorito un adeguato coinvolgimento di tutti i portatori di interesse, ma ha anche
spesso dato adito a conflitti sfociati nell’immobilismo delle istituzioni, incapaci di
portare a termine politiche efficaci e condivise (Massarutto, 2005).
A livello locale si segnalano però alcune sperimentazioni di pratiche
partecipative applicate al governo della risorsa idrica, fra cui quelli previsti
all’interno della L.R. 26/2003, come modificata dalla L.R. 18/06.
Si tratta di una normativa che, per la prima volta, ha affrontato la
disciplina complessiva dei servizi di interesse economico generale, definendo le
regole comuni ai vari servizi per quanto attiene i principi generali di tutela del
consumatore, di accesso ai servizi, di qualità degli stessi e di affidamento della
gestione. In particolare, la Legge ha individuato nel “Piano di gestione del bacino
idrografico” lo strumento regionale di pianificazione delle risorse idriche e ha
articolato il Piano in un “Atto di indirizzo per la politica delle acque”, di
competenza consiliare, e in un “Programma di tutela e uso delle acque” da
approvare da parte della Giunta Regionale.
Per quanto riguarda gli elementi di gestione partecipativa, la L.R. 26/2003
ha previsto che la Regione promuova la concertazione e l’integrazione delle
politiche a livello di bacino e sottobacino idrografico, con la partecipazione di
soggetti pubblici e privati, per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e
degli ambienti connessi e la salvaguardia dal rischio idraulico. Gli strumenti di
programmazione negoziata che assumono tali finalità sono denominati “Contratto
di Fiume” e “Contratto di Lago” e costituiscono anch’essi strumenti di attuazione
della pianificazione. La prima applicazione è avvenuta sui bacini di Lambro,
Seveso e Olona dove sono presenti gravi problematiche di sicurezza del territorio
connesse alle esondazioni e alle pesanti compromissioni della qualità delle acque
e dell’ambiente circostante; ciò al fine di perseguire per essi obiettivi che tendano
a conciliare le funzioni multiple e gli usi del corso d'acqua, delle sue sponde, delle
risorse d’acqua del bacino e, più in generale, a modificare l’assetto insediativo del
bacino fluviale verso modelli di sviluppo autosostenibili. Ad oggi è già stato
stipulato l’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale “Contratto di fiume Olona –
Bozzente – Lura” che impegna i sottoscrittori, che vi aderiscono su base
volontaria, a perseguire gli obiettivi già sopra menzionati.
I Contratti di Fiume e di Lago, pur rappresentando la sperimentazione più
strutturata di gestione partecipata della risorsa idrica in Lombardia, non
costituiscono però l’unico episodio di coinvolgimento dei portatori di interesse
promosso dall’Amministrazione Regionale. In particolare, alcuni recenti eventi di
crisi idrica (estati 2003, 2005 e 2006, nonché la stagione in corso) e la crescente
richiesta d’acqua (sempre più concorrenziale o addirittura conflittuale per i
crescenti utilizzi non tradizionali legati all’ambiente e al collettivo bisogno di
fruizione), oltre che porre in evidenza il tema della disponibilità reale della risorsa
38
idrica, hanno determinato l’esigenza di individuare accordi per una sua gestione
sostenibile. Tali accordi sono stati raggiunti attraverso l’istituzione di un Tavolo
di Crisi Idrica in Regione Lombardia, a cui hanno aderito i principali portatori di
interesse regionali, che ha lavorato in stretto raccordo con la “Cabina di Regia”
dell’Autorità di Bacino del fiume Po (Cfr. 4.2.)
Si è deciso quindi di analizzare questo studio di caso per due ragioni in
particolare.
In primo luogo poiché affronta un nodo sempre più rilevante per lo
sviluppo locale, ovvero la necessità di trovare un equilibrio nel governo della
risorsa idrica che consenta di garantirne l’accesso a tutti gli attori interessati, pur
nella tutela del bene e degli ecosistemi ad esso collegati.
In secondo luogo, poiché risulta un “banco di prova” interessante per
analizzare e valutare le potenzialità e i limiti degli approcci partecipativi, con una
particolare attenzione alla loro capacità di sviluppare sistemi di regole e di
strumenti condivisi per una gestione sostenibile della risorsa idrica a garanzia di
sviluppo locale.
39
Capitolo 4
Lo studio di caso: i recenti eventi di crisi idrica
4.1. Le ipotesi e il metodo di ricerca
L’obiettivo della ricerca è stato quello di ricostruire e analizzare il processo che ha
portato all’individuazione di accordi per affrontare i recenti eventi di crisi idrica in
Lombardia. Come già accennato, l’interesse di ricerca principale è la valutazione
della capacità degli approcci partecipativi di sviluppare sistemi di regole e di
strumenti condivisi per una gestione sostenibile della risorsa idrica.
Per raggiungere quest’obiettivo è stata utilizzata la metodologia dello studio di
caso, che, com’è noto, si può avvalere dell’utilizzazione di diversi strumenti di
ricerca (Bailey, 1995).
In primo luogo, è stata realizzata la ricostruzione degli eventi di crisi idrica
determinatisi in Lombardia durante le estati 2003, 2005 e 2006, con accenni a
quanto sta avvenendo nella stagione in corso, attraverso la consultazione della
stampa locale e nazionale, la documentazione (istituzionale e non istituzionale) prodotta dagli Enti di governo – Dipartimento nazionale di Protezione Civile,
Autorità di bacino del fiume Po e Regione Lombardia - e da altri portatori di
interesse, quali le associazioni di categoria, le associazioni ambientaliste, ecc., e
infine le fonti ufficiali di informazione (TERNA; ARPA; ERSAF) (Cfr. 4.2).
In un secondo momento (Cfr. 4.3) sono state realizzate e analizzate 12
interviste semi-strutturate ad alcuni dei principali portatori di interesse nella
questione, solo in parte (i primi 7 nel seguito) partecipanti all’attività dei Tavoli
istituiti per la gestione della crisi (Cfr. Tabella 4.1).
Tabella 4.1 – Elenco delle interviste effettuate
Ente
Giunta
lombarda
Giunta
lombarda
Giunta
lombarda
Giunta
lombarda
Regionale
Regionale
Regionale
Regionale
Autorità di Bacino del
fiume Po (AdbPo)
Ente di regolazione
dei Laghi
Società di Produzione
di Energia Elettrica
Consiglio Regionale
Lombardo
Consiglio Regionale
Lombardo
Consorzio
di
irrigazione
Associazione
ambientalista
Associazione
di
categoria del settore
agricolo
Funzione
Dirigente di settore
Presidenza
Dirigente di settore
Agricoltura
Dirigente di settore
Reti,
Servizi
di
Pubblica
Utilità
e
Sviluppo Sostenibile
Direttore generale e
dirigente di settore
Reti,
Servizi
di
Pubblica
Utilità
e
Sviluppo Sostenibile
Coordinatore
e
dirigente
Segreteria
Tecnica
Presidente
Data intervista
11.07.2006
Riferimento
Int. 1
03.08.2006
Int. 2
03.08.2006
Int. 3
01.02.2007
Int. 4
03.08.2006
Int. 5
21.07.2006
Int. 6
Dirigente
settore
produzione idrolettrica
Consigliere
di
minoranza
Consigliere
di
maggioranza
Direttore
05.07.2006
Int. 7
11.07.2006
Int. 8
30.01.07
Int. 9
12.07.2006
Int. 10
Presidente
14.03.2007
Int. 11
Presidente
e 21.09.2007
Responsabile ufficio
stampa
Fonte: elaborazioni IReR
Int. 12
In particolare, la griglia dell’intervista è stata articolata sulla base di alcune
dimensioni oggetto d’analisi:
¾
¾
¾
¾
le cause della scarsa disponibilità di risorsa idrica in Lombardia;
la gestione dell’evento siccitoso (punti di forza/debolezza);
altre soluzioni auspicate dagli stakeholders per affrontare la problematica;
la
capitalizzazione
(istituzionale
e
individuale-organizzativa)
dell’esperienza;
¾ il grado di soddisfazione per l’esito raggiunto dal percorso partecipativo.
42
4.2. La ricostruzione degli eventi. Giornali e documentazione
istituzionale
I climatologi sostengono che dal punto di vista statistico non sia ancora rilevante
una diminuzione assoluta dei quantitativi di pioggia. Quello che invece appare
evidente è una nuova e più frequente distribuzione per eventi estremi (Maugeri,
2006).
Dall’analisi dei dati raccolti su base regionale nell’ultimo trentennio,
emerge una diminuzione dei quantitativi di pioggia in corrispondenza
dell’inverno, della primavera e dell’estate, e un contestuale aumento in autunno
con la conseguente intensificazione in questa stagione delle alluvioni. In
particolare gli episodi di siccità si sono fatti più frequenti nel decennio 1996-2006
con ben 7 casi di cui per gran parte concentrati negli ultimi anni (Regione
Lombardia, 2007)2.
Tre delle ultime quattro stagioni estive hanno infatti assistito a una crisi
idrica di dimensione e entità più o meno significativa; e la stagione in corso si
annuncia in tal senso difficile. Per ciascuna di tali stagioni si analizzano qui di
seguito gli aspetti peculiari e principali, desunti dall’analisi della stampa, dei
principali documenti istituzionali prodotti e delle fonti informative disponibili,
ufficiali e/o correntemente utilizzate sul tema.
2003
Il 2003 ha rappresentato un anno eccezionale per tutti i parametri climatici con
poca pioggia e altissime temperature per periodi prolungati in tutto il bacino
padano; è stato forse l’evento più recente in cui la percezione sociale di mancanza
di risorsa è stata molto forte. La scarsità di piogge, iniziata sin dai mesi invernali in realtà abbastanza tipica nelle regioni padane – si arresta in aprile con piogge
diffuse e una gelata significativa tardiva, e poi riprende nuovamente a partire da
maggio e per tutta l’estate. Temperature record sono registrate dal 12 al 15 di
giugno, e poi dal 7 al 13 agosto, con valori localmente oscillanti intorno ai 40°C
(Craveri, 2006).
Le prime avvisaglie sul rischio di crisi idrica per l’intero bacino padano
sono annunciate dalla stampa già da aprile quando, in quanto a precipitazioni,
l’Agenzia Interregionale per il fiume PO (AIPO) comincia a parlare di “primavera
meno normale del solito” (Resto del Carlino, 3 aprile 2003).
I mancati apporti idrici sono sempre più significativi fino a che a giugno i dati
elaborati dall’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste (ERSAF)
registrano nel periodo 1 gennaio - 3 giugno 2003 e su tutta la Lombardia valori di
deficit idrico piuttosto consistenti - in termini di divario tra pioggia attesa (la
media del periodo) e quella effettivamente caduta - rispetto alle annate precedenti:
quello meno importante è nelle province di Sondrio e Brescia con il 37,4%; le più
2
Queste informazioni sono state tratte dalla relazione “Cambiamenti climatici, disponibilità
idriche e rischio siccità” del prof. Mario Giugliacci al Convegno Vegetalia tenutosi a Cremona il
9 febbraio 2007 e poi riportata sul Numero Speciale 2007 di Lombardia Verde dal titolo Dossier
Acque di Lombardia. Una ricchezza da proteggere.
43
assetate sono le province di Pavia, Varese e Como, dove manca rispettivamente il
70,2%, il 66,6 e il 62,8 delle piogge attese (Corriere della Sera, 5 giugno 2003). A
luglio il calo medio registrato da ERSAF si attesta su valori di poco inferiori
(Corriere della Sera, 11 luglio 2003).
Le quantità d’acqua misurate in tutti i fiumi padani (Po e suoi principali
affluenti) sono sempre più esigue con livelli idrometrici che, per il Po,
raggiungono i minimi storici nella seconda metà di luglio: il 23 luglio a Cremona
il livello si trova a -7.72 metri (La Provincia di CR, 25 luglio) (Tab. 3.1). In
sofferenza tuttavia sono anche i principali fiumi (Ticino, Adda, Oglio, Chiese e
Mincio) e laghi lombardi. A livelli minimi storici non corrispondono tuttavia
portate altrettanto drasticamente basse, portate che per il Po a Cremona si
aggirano sui 260 m3/sec contro i 200 di minimo storico registrato nel 1965
(Corriere della Sera, 13 luglio 2003). I livelli risultano infatti condizionati
soprattutto dall’eccezionale abbassamento del letto del Po e di alcuni dei suoi
principali affluenti, che ha toccato, nella parte medio-bassa del bacino, punte di
oltre cinque metri (ad esempio nelle sezioni Po di Cremona e Boretto, registrato
nel periodo 1951-1999) (WWF, 2003). Ciò ha indotto conseguenti difficoltà di
pescaggio, e a volte vere e proprie riduzioni o blocchi di funzionalità, delle pompe
idrovore dei Consorzi di Bonifica e Irrigazione e delle bocche di presa per il
raffreddamento delle centrali termoelettriche, opere realizzate decine di anni
prima quando non si prevedeva un tale approfondimento del letto. A tal proposito
di rilievo in Lombardia è il blocco della centrale termoelettrica di Ostiglia (MN),
avvenuto l’ 11 luglio, per l’impossibilità ad aspirare acqua; si profila così la
necessità di chiedere agli invasi idroelettrici alpini - gli stessi in grado di sopperire
ai picchi di consumo energetico - di rilasciare acqua agli utenti irrigui di valle
(Corriere della Sera, 12 luglio). La situazione è piuttosto complessa perché i
consumi da record dovuti al gran caldo hanno già messo in crisi il sistema
elettrico nazionale con rischi ed episodi di black-out imprevisti (Corriere della
Sera, 26 giugno), soprattutto per le acciaierie del bresciano. Nel 2003 sono messe
a dura prova e in modo generalizzato non solo le coltivazioni, ma anche il settore
zootecnico con la produzione di latte. Ad una crisi idrica legata alle esigenze
agricole si affianca anche una crisi energetica seguita da problemi di
inquinamento - lo scarso battente compromette infatti la capacità autodepurativa
dei fiumi - e di mancata navigabilità (Corriere della Sera, 13 giugno). I casi di
criticità alla fornitura idropotabile risultano limitati, sebbene presenti, ad alcuni
specifici ambiti montano-collinari in provincia di Bergamo, Brescia, Como,
Lecco, Pavia, Sondrio e, non ultimo, Varese.
Per tutto il bacino padano, dove la situazione climatica desta sempre
maggiori preoccupazioni, relativamente alla possibilità di coprire il fabbisogno sia
irriguo sia energetico, a fine giugno il Dipartimento della Protezione Civile
Nazionale (DPCN) in collaborazione con l’AdBPo, avvia una serie di attività
volte a costruire un primo quadro conoscitivo della situazione e a coinvolgere tutti
i soggetti a diverso livello implicati (3 Ministeri – Agricoltura, Ambiente e
Attività produttive – 5 Regioni del bacino Padano senza Liguria e Provincia
autonoma di Trento, AIPO, Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale o
GRTN, Enti di regolazione dei grandi laghi, Associazione Nazionale Bonifiche e
44
Irrigazioni o ANBI, Società di produzione di energia elettrica) in un primo vertice
a Parma di carattere tecnico-politico datato 16 luglio, che viene subito succeduto
il giorno seguente dalla convocazione per la prima volta, in sede regionale
lombarda, di un Tavolo di Crisi Idrica alla presenza dei soggetti già parte del
tavolo tecnico dell’AdBPo, ma con capacità gestionali e di governo al solo livello
regionale. Il tavolo di Parma si propone il coordinamento e lo scambio di dati in
presenza di crisi che interessano l’intero bacino padano lasciando alle singole
Regioni attività gestionali e di coordinamento per situazioni più locali. Per la
composizione di questi Tavoli si rimanda a Tabella 4.3.
Nella seduta tecnica di Parma del 18 luglio viene quindi sottoscritto un
Protocollo di intesa3 che, sulla base dei dati tecnici forniti dai soggetti coinvolti,
definisce per il periodo 19 luglio - 3 agosto, ruoli e compiti di ciascun soggetto al
fine di perseguire obiettivi di mantenimento dei livelli minimi di prelievo ad uso
irriguo e di deflusso in alveo tali da garantire la funzionalità degli impianti
termoelettrici. Al fine di sostenere la portata del Po in assenza di precipitazioni
risulta così necessario intervenire su quegli affluenti alpini che nel proprio bacino
presentano dei volumi idrici attivabili (invasi montani e/o laghi regolati): tra
questi naturalmente i grandi fiumi lombardi (Ticino, Adda, Oglio, Mincio…).
L’accordo in particolare sancisce la necessità di un aumento dei quantitativi di
rilascio da parte degli idroelettrici di monte, il conseguente trasferimento diretto a
valle dei laghi delle portate aggiuntive rilasciate dagli invasi montani e una
diminuzione dei prelievi irrigui del 10%. L’attuazione del Protocollo nel
complesso influisce positivamente sulle portate defluenti negli affluenti principali
e nel Po, anche se il suo effetto viene amplificato dalle precipitazioni del 24 luglio
e va poi diminuendo a partire dal 2 agosto in seguito alle sospensioni delle
erogazioni. Ciò per l’impossibilità di attivare ulteriori risorse, in virtù del
progressivo esaurimento delle riserve idriche nei laghi e dei volumi di invaso
montani, parzialmente preservati a garanzia di coperture dei picchi di richiesta
elettrica autunnale. I livelli critici raggiunti con la persistente siccità di agosto,
seppure significativi, non arrivano tuttavia a toccare quelli di luglio.
In relazione ai tavoli di confronto organizzati vanno evidenziati i seguenti
aspetti:
¾ la totale volontarietà della partecipazione dei soggetti invitati;
¾ il coinvolgimento diretto dei soggetti titolari delle principali concessioni in
quanto chiamati ad offrire un contributo in termini di autolimitazione dei
propri diritti di concessione (AdBPo, 2003).
2005
Come per il 2003 il periodo dal mese di gennaio a quello di giugno è
caratterizzato da una diminuzione della piovosità, accompagnata da apporti nevosi
modesti, che determina un’ulteriore riduzione delle disponibilità idriche. Il deficit
idrico registrato investe un’area meno estesa del 2003 e riferibile, non all’intero
3
“Protocollo di Intesa finalizzato alla gestione unitaria del bilancio idrico del bacino
idrografico del fiume Po ai sensi della Legge 5 gennaio 1994 n. 36”
45
bacino del Po, ma ai sottobacini degli emissari dei laghi sub-alpini regolati
lombardi (in particolare Como, Iseo, Idro e Garda), e dei fiumi Brembo e Serio.
Per quanto riguarda i laghi, da un confronto tra il periodo aprile – agosto
del 2005 e quello del 2003 gli afflussi medi giornalieri a lago, e nel caso del
Garda i livelli idrometrici, risultano nel 2005 sempre inferiori (AdBpo, 2006). A
partire da giugno gli andamenti delle portate e dei livelli del Po sono prossime a
quelle del 2003 anche se non risulta compromesso il sollevamento di acqua (Tab.
1). A fine giugno la riduzione della disponibilità di acqua irrigua si attesta
mediamente su valori del 50% con conseguenti rischi di danni alle coltivazioni
delle aree interessate.
La stampa sin da marzo denuncia il rischio incipiente di crisi idrica
(Corriere della Sera, 19 marzo) anche se appare del tutto rientrato l’allarme
energetico. L’esperienza maturata con l’evento del 2003 sembra aver prodotto i
primi risultati:
¾ a partire dal 2003, a seguito della realizzazione o dell’upgrade tecnologico
di alcuni impianti termoelettrici, i dati TERNA registrano una consistente
riduzione del deficit regionale di produzione elettrica, rispetto alla
richiesta, passato dal 47,9 al 28,6% nel 2004 e quindi al 22,4% nel 2005
(http://www.terna.it);
¾ per far fronte a situazioni di ridotta disponibilità idrica e alle conseguenti
magre che si possono verificare nel reticolo idrografico afferente al Po
emerge come necessaria un’attività “unitaria” – cioè condivisa tra tutti i
principali soggetti competenti o interessati all’uso dell’acqua nel bacino
padano – finalizzata alla definizione degli elementi e degli strumenti
conoscitivi, di monitoraggio e di controllo del bilancio idrico e alla
previsione di eventi di crisi idrica nel bacino idrografico del fiume Po. A
tal fine viene siglato in data 8 giugno 2005 uno specifico Protocollo di
Intesa4 che istituisce un Comitato Tecnico, a cui partecipano tutti i soggetti
firmatari, e un metodo di condivisione dei dati per i fini di cui sopra;
¾ si consolida anche il Tavolo regionale di Crisi Idrica, presso la DG Reti,
Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile (RSPUSS), affiancato e
preceduto da un Tavolo di confronto presso la DG Agricoltura per
garantire ai tavoli una rappresentanza più ampia del mondo agricolo
(Consorzi di Bonifica e organizzazioni professionali). Le riunioni dei
tavoli suddetti nel corso dei mesi di giugno e luglio, dato il perdurare della
crisi e in relazione ai potenziali danni all’agricoltura lombarda, portano
alla formulazione di una richiesta5 prima e di due decreti6 poi per il
4
Protocollo di Intesa “Attività unitaria conoscitiva e di controllo del bilancio idrico volta alla
prevenzione degli eventi di magra eccezionale nel bacino idrografico del fiume Po”
5
Il tavolo di crisi del 22 giugno 2005 si conclude con la formulazione di una richiesta ai
concessionari idroelettrici di rilasciare acqua per garantire adeguati afflussi ai principali fiumi
lombardi.
6
d.d.g. DG Reti e Servizi di pubblica utilità n. 11321 del 19 luglio 2005 “Disposizioni urgenti
concernenti la regolazione delle portate nel bacino del fiume Adda, limitazioni temporanee all’uso
dei serbatoi idroelettrici in concessione alle Società Edipower s.p.a., Enel produzione s.p.a.,
Edison s.p.a., AEM s.p.a., nonché deroga temporanea al limite minimo di regolazione del ago di
46
rilascio di quantitativi d’acqua aggiuntivi rispetto al deflusso naturale da
parte dei gestori idroelettrici e con deroga al livello minimo di regolazione
di alcuni laghi (Como e Iseo). Il decreto del 19 luglio in particolare giunge
per fronteggiare la situazione che a quella data nel bacino dell’Adda e del
lago di Como appare ancora non risolta.
Con agosto, e in particolare con la seconda metà del mese, quantitativi
significativi di pioggia fanno registrare aumenti dei livelli nei fiumi e nei laghi
lombardi: l’allarme sembra così rientrare e, contrariamente a quanto si pensava
all’inizio della crisi, la stagione irrigua si chiude in modo soddisfacente.
2006
Anche nel 2006 l’intero bacino del Po vede ripresentarsi una situazione di crisi
idrica con un nuovo minimo storico dei livelli del Po (Cfr. Tab. 4.2). Questa volta
il profilarsi di una nuova crisi non risulta però subito evidente. A partire dai primi
mesi del 2006 si assiste a una significativa ricarica degli invasi che, dopo la siccità
del 2005, registravano livelli idrometrici molto bassi. Tuttavia, a partire dalla
tarda primavera, le precipitazioni, risultate inferiori alla media (il bollettino di
ARPA Lombardia emesso in data 21 giugno evidenzia per il semestre un deficit di
precipitazioni stimato oltre il 30% in meno rispetto alle medie storiche del
periodo), il blocco nello scioglimento nivale a causa di temperature sotto la norma
registrate tra fine maggio e inizio giugno, e il concomitante inizio della stagione
irrigua inducono presto e, quasi di sorpresa, un’acuta sofferenza in tutti i bacini
lombardi (con l’eccezione del bacino sotteso al lago di Garda - fiume Mincio). La
flessibilità del sistema, data dalla capacità di invaso e da quella gestionale, risulta
scarsa e non sembra far fronte a questa improvvisa situazione.
In Lombardia particolarmente bassi risultano i livelli dei laghi di Como e
Maggiore (http://www.urbimlombardia.it; http://www.laghi.net) e lo stato di secca
in cui versa il Ticino, oltre che del Po, “soffocato com’è da piante acquatiche”
riempie più volte durante l’estate le pagine del Corriere della Sera (14, 22 giugno
e 19, 21, 23 luglio). Contesti emergenziali per l’uso idropotabile sono invece
limitati solo ad alcune aree in provincia di Varese (Corriere, 14 e 18 giugno).
I problemi più gravi a livello di bacino padano si registrano prima della
fine di luglio in corrispondenza del delta padano, quando la portata in alveo su
minimi storici del fiume Po non riesce più a contrastare la risalita del cuneo salino
e risulta evidente la difficoltà dell’acquedotto Ferrarese ad approvvigionare i circa
400.000 abitanti che sottende (AdbPo, 2006).
La maturata esperienza nei due eventi precedenti rende minori, nel corso
del 2006, i tempi di reazione a livello istituzionale cosicchè il 21 giugno viene
Como ai sensi e per gli effetti dell’art. 43 del regio decreto 1775/1933 e dell’art. 28 della legge
36/1994, come rettificato dal d.d.g Reti e Servizi di pubblica utilità n. 11386 del 20 luglio 2005” e
d.d.g. DG Reti e Servizi di pubblica utilità n. 12264 del 4 agosto 2005 “Deroga temporanea al
limite minimo di regolazione del lago d’Iseo ai sensi e per gli effetti dell’art. 50 del regio decreto
1775/1933.
47
siglato un accordo tra Regione Lombardia e società idroelettriche7 per definire i
rilasci dagli invasi montani della Valtellina da programmare a scaglioni fino al 31
luglio sulla base dei diversi diritti di prelievo acquisiti storicamente e a garanzia
del soddisfacimento delle utenze consorziate a valle del lago di Como.
In parallelo il 22 e il 23 giugno, presso la sede dell’AdbPo a Parma, si
tengono le prime riunioni del Comitato tecnico durante le quali, verificata una
grave crisi idrica diffusa nell’intero bacino padano, viene ribadita ai concessionari
la necessità di rilasciare.
Il decreto della DG Reti e SPU del 6 luglio8 arriva con anticipo rispetto al
2005 per imporre un rilascio che a quella data risulta ancora disatteso. A fine
luglio l’impegno risulta assolto da parte di tutti i gestori idroelettrici (con una
eccezione) e le portate erogate dal lago di Como consentono al bacino sublacuale
di contenere al minimo i livelli di crisi.
Arriva in anticipo rispetto al 2005 anche la “Dichiarazione dello stato di
emergenza” avvenuta con DPCM del 28 luglio.
Dalla seconda metà di agosto in poi le piogge fanno risalire i livelli dei
laghi, soprattutto nel lago Maggiore, ristabilendo condizioni di parziale equilibrio
(http://www.laghi.net).
Tabella 4.2 – Livello minimo raggiunto in alcune sezioni del Po rispetto
allo zero idrometrico (m)
Anni siccitosi/
Sezioni fiume PO
2003
2005
2006
Ponte della Becca (PV)
-3.32 (20 luglio)
-3.25 (1 agosto)
-3.46 (21 luglio)
Cremona
-7.71 (23 luglio)
-7.80 (27 luglio)
-7.86 (22 luglio)
-7.12 (19 luglio)
-7.23 (31 luglio)
Fonte: http://www.magispo.it
-7.40 (22 luglio)
Pontelagoscuro
7
“Programma concordato di scarichi dagli impianti idroelettrici della regione Lombardia in
favore dei fiumi Adda, Brembo, Serio, Oglio e Chiese” sottoscritto da Regione Lombardia, AEM,
Edison, Edipower e ENEL SpA in data 21 giugno 2006.
8
d.d.g. Reti e SPU n. 7815 del 06.07.2006 Disposizioni urgenti concernenti la regolazione
delle portate nel bacino del fiume Adda, limitazioni temporanee all’uso dei serbatoi idroelettrici in
concessione alle società Edipower SpA, Enel produzione SpA, Edison SpA, AEM SpA
48
Tabella 4.3 – Composizione dei Tavoli di confronto istituiti per la gestione delle emergenze
idriche presso l’Autorità di bacino del fiume Po e Regione Lombardia (anni 2003-2006)
Tipo Tavolo
Tavolo Tecnico AdBPo, c.d.
Cabina di Regia
Soggetti partecipanti
AdBPO
Dipartimento Protezione Civile
Regione Emilia Romagna
Regione Liguria
Regione Lombardia
Regione Piemonte
Regione Valle d’Aosta
Regione Veneto
Provincia Autonoma di Trento
Enti Regolazione dei Laghi:
Consorzi (Ticino, Adda e Oglio, Chiese di Bonifica di 2° grado) e
Agenzia Interregionale per il Po (AIPO)
Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni (ANBI)
Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN)
Società di Produzione di energia elettrica
(ENEL S.p.A., Edison S.p.A., AEM Milano S.p.A., AEM Torino S.p.A.,
EDIPOWER S.p.A., ENDESA Italia, CVA S.p.A)
Tavolo di Crisi Idrica
di Regione Lombardia
Assessorato alle Reti e Servizi Pubblica Utilità
Assessorato all’Agricoltura
Assessorato alla Protezione Civile
Assessorato al Territorio
ARPA Lombardia
Enti Regolazione dei Laghi
Unione Regionale Bonifiche Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari (URBIM)
Società di Produzione di energia elettrica
(ENEL S.p.A., Edison S.p.A., AEM Milano S.p.A., EDIPOWER S.p.A.)
Fonte: Elaborazione IReR
La stagione in corso…
Fin da gennaio 2007 nella Lombardia, e in generale in tutto il Nord Italia, sono
risultate evidenti e significative anomalie di precipitazioni e temperature
stagionali, in confronto alle medie normali del periodo.
Dopo un marzo relativamente nella norma, il mese di aprile 2007, per
quanto concerne le precipitazioni, ha visto il riaccentuarsi delle condizioni di
deficit idrologico stagionale che, a partire da settembre 2006 fino a metà aprile
2007, si è attestato su valori intorno al 30% rispetto alla media del periodo. Anche
i modesti nevai dell’arco alpino, creatisi principalmente a seguito delle
precipitazioni nevose del mese di marzo, sono andati incontro a una rapida e
progressiva fusione per effetto delle alte temperature del mese di aprile (nota della
Protezione Civile Nazionale, 7 maggio 2007).
49
Per quanto riguarda il fiume Po, le portate registrate alle cinque stazioni
idrometriche di riferimento sono ovunque inferiori alle corrispondenti portate del
2003 e del 2006, anni caratterizzati da notevoli situazioni di crisi idrica. Con
particolare riferimento alla disponibilità d’acqua per il raffreddamento delle
centrali termoelettriche site lungo l’asta principale ed i relativi affluenti, le analisi
condotte con cadenza mensile a partire dal febbraio scorso, dalla società TERNA,
evidenziano la “necessità di misure di contrasto al fine di ridurre la vulnerabilità
del sistema elettrico” (Corriere della Sera, 27 aprile 2007).
I livelli idrometrici dei grandi laghi prealpini regolati (laghi Maggiore,
Iseo, Como e Garda) evidenziano - al momento della redazione di questa ricerca situazioni differenziate di criticità: ben al di sotto dei valori medi stagionali e
anche di quelli registrati nel 2003 e 2006 si presentano i livelli dei laghi di Garda
e Maggiore, mentre i laghi di Iseo e Como sono ancora pari o di poco superiori
alla media storica e analoghi a quelli registrati negli anni 2003 e 2006
(www.laghi.net).
Non sono state ancora segnalate situazioni di particolare criticità per
quanto riguarda l’approvvigionamento idropotabile, mentre per il comparto
irriguo, in sede di Tavolo Tecnico dell’AdbPo, è stato messo a punto un
programma di utilizzo delle risorse coordinato tra produttori idroelettrici,
Consorzi gestori dei grandi laghi e Consorzi di bonifica ed irrigazione, al fine di
invasare la gran parte delle risorse disponibili fino al 1 giugno 2007 e renderle poi
disponibili nei due mesi successivi nel pieno della stagione irrigua caratterizzata
anche dal picco della domanda di energia elettrica.
In coordinamento coi lavori della Cabina di Regia AdbPo si sta muovendo
il Tavolo Tecnico per il rischio elettrico per l’estate 2007, insediatosi presso il
Ministero dello Sviluppo Economico con i rappresentanti della Protezione Civile,
del Ministero dell’Ambiente, dell’Autorità di Bacino del Po, dell’Autorità per
l’energia elettrica e il gas, di Terna e delle Regioni interessate. Una volta
raggiunto il target di massimo invaso nei laghi e nei serbatoi elettrici l’attenzione
si sposta infatti inevitabilmente sulla valutazione delle più idonee modalità di
utilizzo delle risorse idriche accumulate e sul loro apporto al Po, necessario per i
processi di raffreddamento delle centrali termoelettriche.
Con ulteriore anticipo rispetto al 2006, ai primi di maggio e "in via
precauzionale" il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto che
riconosce lo stato di emergenza per l'allarme-siccità nel Centro-Nord.
Anche la Regione Lombardia si è mossa per prepararsi sin da febbraio9 a
contrastare nel breve/medio/lungo termine la crisi idrica ormai evidente. In primo
luogo è stata modificata l’organizzazione del Tavolo regionale di crisi idrica (di
cui alla Tab. 4.2) con la costituzione di un Gruppo di emergenza ristretto (c.d.
“Cabina di Regia”10) – insediatosi in data 13 marzo – incaricato di valutare nel
9
Cfr. DGR n. 4161 del 14 febbraio 2007 (Presa d’atto della comunicazione del Presidente di
concerto con l’Assessore Buscemi avente ad oggetto “Emergenza idrica 2007”)
10
La Cabina di Regia risulta composta da Regione Lombardia (Assessorati RSPUSS,
Agricoltura, Ambiente, Protezione Civile e Presidenza), AdbPo, RID, ARPA, TERNA, Consorzi
di Bonifica (attraverso URBIM), Associazioni agricole (CIA, FLA, Coldiretti) e del turismo,
50
dettaglio la disponibilità idrica nelle cinque principali aste fluviali (Adda, Chiese,
Mincio, Oglio e Ticino), e quindi di individuare, grazie alla collaborazione degli
enti gestori e dei rappresentanti degli interessi coinvolti, le soluzioni tecniche da
adottare nel breve periodo per evitare l’emergenza. Il Gruppo di emergenza
ristretto rientra poi in un Piano d’azione regionale più ampio, sfociato nel “Patto
per l’acqua in Lombardia” tra la DG Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo
Sostenibile e la DG Agricoltura, con la costituzione di tavoli tecnici allargati al
fine di individuare programmi di intervento con un orizzonte temporale al
2020/2025 in tema di regole gestionali, sistemi irrigui, ordinamenti colturali,
interventi infrastrutturali e campagne informative.
4.3. I Tavoli istituzionali attivati per la crisi idrica
Il principale scopo delle interviste realizzate con i testimoni privilegiati è stato
quello di raccogliere informazioni utili a ricostruire un quadro articolato dei più
recenti eventi di crisi idrica in Lombardia e nell’intero bacino padano. In
particolare, l’analisi proposta in questo contributo si focalizza sulla gestione
dell’emergenza realizzata nel periodo 2003-2006, con accenni anche a quanto sta
accadendo nella stagione in corso, attraverso l’istituzione dei tavoli di confronto
attivati per fronteggiare la crisi (Tavolo di Crisi Idrica di Regione Lombardia11 e
“Cabina di Regia” dell’AdBPo), che ha permesso di individuare alcune questioni
rilevanti.
In primo luogo l’analisi ha fatto emergere la “complessità tecnica” delle
questioni legate alla risorsa idrica: le problematiche connesse alla sua disponibilità
non si limitano soltanto a cause naturali legate a minori precipitazioni e/o a minori
riserve (nevai e ghiacciai), ma investono anche questioni legate alle modalità per
assicurare una sua equa ripartizione fra gli utilizzatori, nonché per garantire un
sistema di gestione che sappia rispondere ad eventuali criticità in modo elastico ed
efficiente.
In secondo luogo, la questione della disponibilità idrica ha notevoli
ripercussioni su alcuni interessi economici importanti (agricoli, industriali,
energetici, turistico-ricreativi) che rendono la sua gestione particolarmente
delicata e conflittuale.
Infine, la gestione della risorsa idrica ha confini istituzionali incerti, che
rendono necessario il coordinamento degli interventi a livelli territoriali e di
governo diversi.
Per queste ragioni, la promozione di tavoli istituzionali per individuare
soluzioni efficaci e, almeno il più possibile condivise, è strategica e difficile. In
Consorzi di regolazione dei laghi (Ticino, Adda, Oglio, Regolatori Laghi Idro e Garda), Grandi
utilizzatori idroelettrici e termoelettrici.
11
A questo proposito è importante specificare che, nel corso dei primi mesi del 2007,
l’organizzazione del Tavolo di Crisi Idrica di Regione Lombardia è mutata.
51
particolare, per realizzare questo studio sono state “testate” alcune particolari
“virtù” prospettate dalla letteratura sviluppata sugli approcci partecipativi per i
loro effetti su alcuni fattori di sviluppo locale. Fra questi la capacità di:
1. produrre decisioni basate sulla condivisione di un quadro conoscitivo
comune e complesso. (Pellizzoni, 2003);
2. aumentare la legittimità delle decisioni, attraverso il coinvolgimento
trasparente di tutti i principali portatori di interesse sulla questione nella
definizione di soluzioni condivise. (Fung, 2004)
3. accrescere la cultura civica degli attori e migliorare le relazioni fiduciarie fra
i partecipanti. (Neblo, 2005).
In sintesi vengono di seguito riportate alcune prime riflessioni su questi elementi
d’analisi.
4.3.1. La conoscenza condivisa
Nonostante alcune criticità, l’istituzionalizzazione dei Tavoli per l’emergenza
idrica (a livello regionale e di bacino del Po) sembra aver portato a un processo di
progressiva costruzione di conoscenza condivisa rispetto alle problematiche legate
alla minor disponibilità idrica nel territorio.
Si tratta di un aspetto rilevante, in quanto la letteratura sulle risorse
comuni dimostra come a un aumento delle informazioni disponibili corrisponda
un incremento delle possibilità di gestione sostenibile delle stesse (Bravo 2005).
Una conoscenza sistematica permette, infatti, di avere un quadro più preciso dello
stato della risorsa e dei vantaggi ottenibili attraverso la trasformazione delle
modalità di gestione, agevolando le condizioni per il successo di una gestione
endogena (Ostrom 1990).
L’incertezza rispetto alle condizioni ambientali, viceversa, incrementa
comportamenti egoistici giustificati sulla base della negoziazione dei limiti della
risorsa (Pellizzoni 2003).
Rispetto al caso lombardo, se, nell’emergenza del 2003, i Tavoli erano
stati riuniti per informare i soggetti interessati degli impegni poi previsti con il
Protocollo d’Intesa (Cfr. par. 4.2), negli anni successivi si è potuto assistere alla
definizione di pratiche orientate alla conoscenza dei fenomeni per la prevenzione
degli eventi, confluite in primis nel Protocollo d’Intesa siglato nel giugno 2005
dai partecipanti al Tavolo tecnico dell’Autorità di Bacino del Fiume Po (cfr. par.
4.2) e poi nell’implementazione di modelli e di strumenti tecnico-previsionali.
I risultati di questi processi sono stati definiti dai soggetti intervistati in
termini positivi, anche se non del tutto esenti da problematiche organizzative e
istituzionali. Ne sono esempio alcune difficoltà riscontrate nel pervenire a un
quadro completo e condiviso delle informazioni, quale ad esempio la non
completa sottoscrizione da parte di tutti i portatori di interessi coinvolti al
Protocollo di Intesa del 2005.
Come ha affermato un rappresentante delle istituzioni
52
«…utilizzare al meglio le disponibilità dei due (regolatori e utilizzatori) in modo
congiunto e in accordo con le richieste irrigue di valle, credo che sia un’attività
fondamentale. Devo dire che per fare questo bisogna avere una conoscenza
condivisa dell’informazione, e su questo si è lavorato tanto e credo che adesso
siamo arrivati ad un buon risultato, perché fino a che si parla di numeri, che poi
non si condividono tra gli utilizzatori di monte e quelli di valle, c’è sempre
qualcuno che ruba l’acqua... oggi almeno si parla di problemi e non di dati, i dati
sono condivisi, quindi da dati trasparenti si arriva a soluzioni che, chiaramente,
non sono mai pienamente condivise, però si arriva a soluzioni dialettiche.... » (Int.
3)
Si tratta di dinamiche che introducono il punto d’analisi seguente, relativo alla
definizione degli interessi che legano gli attori alla gestione della risorsa idrica.
4.3.2. Soluzioni condivise?
Nonostante la progressiva promozione del sistema di condivisione dei dati e delle
informazioni descritto precedentemente, le interviste realizzate con i testimoni
privilegiati hanno evidenziato la persistenza di tensioni riguardo alle soluzioni
adottate per affrontare la crisi idrica.
Queste contrapposizioni sono riscontrabili a partire dalla definizione della
problematica, e delle sue cause, proposta dai diversi attori.
A fronte di un sostanziale accordo rispetto all’incidenza dei fenomeni
naturali sulla disponibilità di risorsa idrica in Lombardia (Cfr. par. 1.1), è
possibile individuare l’esistenza di alcune argomentazioni che, rispettivamente,
contraddistinguono le posizioni espresse dai rappresentanti degli utilizzatori
(settore agricolo e idroelettrico), dei regolatori e delle istituzioni.
Secondo alcuni attori del settore agricolo, fatta salva la scarsità della
risorsa, non sempre avverrebbe una sua ridistribuzione equa in funzione dei diritti
di concessione acquisiti e in una logica di bacino. In particolare, i quantitativi di
acque necessari a garantire le utenze di valle dei Consorzi di regolazione dei laghi,
che secondo le titolarità dei diritti di concessione acquisiti spettano, in caso di
crisi, con priorità alla parte agricola, sarebbero stati invece trattenuti dalle aziende
idroelettriche presso le dighe alpine, in un periodo “non di loro competenza” (Int.
6). Da qui la richiesta fatta ai derivatori idroelettrici di rilasciare acqua a lago.
A questo fenomeno si sarebbe inoltre sommato il fatto che, con il processo
di liberalizzazione nella produzione dell’energia elettrica, sarebbe subentrata una
logica diversa della gestione della risorsa idrica, legata non solo ad “eventi
idrologicamente interpretabili”, ma anche ad un valore economico dell’acqua che
risulta differente in diversi momenti della giornata. Come afferma un
rappresentante del settore agricolo
« Dal 2002 il panorama idrologico è cambiato perché si è inserita una nuova
variabile che idrologica non è, o lo è in misura minima: adesso i volumi trattenuti
53
in montagna seguono una logica esclusivamente dettata dal Mercato Elettrico…
Oggi l’energia elettrica è diventata una merce da porre sul mercato; il produttore
idroelettrico che può accumulare l’acqua, come chi gestisce un bacino alpino,
deve tendere a vendere la propria produzione quando il prezzo è più
remunerativo…Questa nuova logica rende maggiori difficoltà a chi, in pianura,
attende l’acqua ‘dai monti’; figuriamoci quando l’acqua, come nel 2005 e nel
2006, è veramente poca!» (Int. 10).
Una diversa impostazione del problema è invece offerta da chi ritiene che la causa
principale della crisi sia da rintracciare nell’uso non ottimizzato della risorsa che
viene fatto a livello agricolo e nelle differenti modalità di richiesta introdotte
recentemente per soddisfare le necessità dettate da colture sempre più
idroesigenti. Per questi attori, il sistema di irrigazione “a scorrimento” ancora oggi
prevalente in Lombardia, sarebbe una causa rilevante di dispersione della risorsa.
Come afferma un testimone,
«L’agricoltura nella Pianura Padana è un’agricoltura intensiva e bene abituata
dalla grossa disponibilità di risorsa che il Padre Eterno ci ha donato... e
abbondante che sia, l’abbondanza non giustifica una mala gestione e il non
risparmio. Io vedo ancora un sacco di terre irrigate a scorrimento che è la forma
peggiore, quella che presuppone un largo consumo di acqua, non dico di farla a
goccia come la fanno gli israeliani, ma almeno a pioggia insomma… che ci sia la
razionalizzazione degli usi e quant’altro» (Int. 7).
Un’opinione diversa è invece espressa dalla maggioranza degli attori istituzionali
che ritengono che le cause del problema siano complesse e concorrenti. Come
affermato da un rappresentante istituzionale:
«Ognuno di questi soggetti – il clima intanto fa un po’ quello che vuole - cerca di
individuare le cause nell’altro…per cui gli agricoltori dicono: c’è il mercato della
borsa elettrica, e gli altri dicono: ma siete voi che sprecate l’acqua; probabilmente
se andiamo a vedere sono tutti fattori concorrenti» (Int. 5).
Vi sono inoltre alcune problematiche sollevate durante le interviste che, a
differenza delle precedenti, non contraddistinguono immediatamente le riflessioni
di una certa categoria di attori e che sono ritenute, di volta in volta, di rilevanza
elevata o scarsa sulla fragilità complessiva del sistema.
La prima è relativa alla “scarsa capacità di immagazzinamento, limitata
verso l’alto” (Int. 4) di due laghi lombardi. Si evidenzia qui in primis la questione
di piazza Cavour a Como la quale, a causa di una subsidenza del terreno, si trova
in una posizione tale per cui si allaga in corrispondenza dei livelli massimi di
invaso del lago. Ciò ha imposto un vincolo e il lago non può essere sfruttato alla
massima potenzialità. Gran parte degli intervistati, appartenenti sia alla categoria
degli utilizzatori che delle istituzioni, ritiene che il progetto di arginature mobili,
«finanziato dagli anni novanta…, già appaltato e che è adesso in Consiglio di
Stato per dei ricorsi» (Int. 3), potrebbe essere risolutivo aumentando in modo
54
consistente le disponibilità idriche per gli utenti di valle. Altri attori invece
ritengono che a monte mancherebbe la risorsa idrica da invasare, come dimostrato
nei tre recenti eventi di poca pioggia, e che inoltre «il beneficio che verrebbe
prodotto sarebbe irrilevante rispetto alle problematiche paesistico-ambientali
indotte» (Int. 6).
Da un attore istituzionale vengono poi ricordati “i problemi relativi alla tenuta
delle sponde a valle della traversa del lago d’Idro”, dove è presente una
paleofrana:
«Siccome la paleofrana è una vecchia frana, ma ancora in movimento, si rischia
che con l’agire dell’acqua essa possa venire giù producendo l’effetto di un tappo.
Questo è un problema perché, a causa dell’insufficiente garanzia prestata dalle
opere già realizzate, il livello del lago è tenuto basso, ma ciò mal coincide con le
aspettative della popolazione che vorrebbero un lago alto…» (Int. 4)
Un’altra questione, evidenziata dai rappresentanti dei regolatori e degli utilizzatori
agricoli, riguarda l’aumento degli utenti e degli attingimenti. In particolare, a una
serie di attività di prelievo prima in equilibrio o quasi, che erano quelle in regime
di concessione ordinaria dallo Stato e dalle Regioni, si sarebbero sommati
attingimenti o prelievi occasionali, in regime di concessione temporanea o anche
privi di concessione, che, uscendo da un bilancio storico, metterebbero in
sofferenza un governo di risorsa condiviso tra tutti gli utenti storici (idroelettrici,
agricoli, acquedotti e altri). Per la parte istituzionale la questione del “proliferare
di pozzi di soccorso per l’irrigazione”, pur ammettendo che vi siano ancora ampi
“margini di miglioramento per la loro gestione”, non è un fattore particolarmente
rilevante per l’innescarsi della crisi idrica (Int. 3).
È chiaro come il solo parziale accordo rispetto alle cause scatenanti la
crisi, porti anche a valutazioni differenti delle soluzioni finora adottate e di quelle
prospettabili.
Su questo aspetto è possibile affermare che gran parte dei soggetti
intervistati ha approvato le linee di intervento proposte dai due decreti regionali
del 2005 e del 2006 che, come già detto, ha previsto dei quantitativi di rilascio da
parte degli idroelettrici di monte verso le utenze di valle.
Le opinioni positive si basano generalmente sull’argomentazione che ciò
avrebbe reso finalmente attuative le priorità nell’uso della risorsa idrica, previste
dal quadro degli antichi diritti di prelievo consolidati in sede concessoria.
I pareri contrari all’intervento, invece, sono generalmente motivati da
questioni legate ai criteri dell’efficacia e dell’equità. Rispetto all’efficacia, da
alcuni attori il provvedimento viene giudicato come un “intervento tampone” o
comunque non inserito in una logica di sistema più ampia. Riguardo alla
questione dell’equità, invece, le prescrizioni del Decreto vengono definite
“ingiuste” dagli attori più severamente colpiti dagli obblighi imposti, ovvero i
derivatori idroelettrici, per:
55
¾
¾
le perdite economiche subite dal settore;
«ripeto per noi è un grossissimo danno..però la Regione ci ha chiamato a
valutare questi enormi sacrifici e noi con tanto spirito civico e con buona
volontà ci siamo seduti attorno a un tavolo. però non è che siamo contenti,
no, no, perché siamo convinti che queste misure sono sbagliate, soprattutto
si poteva fare molto di più e molto prima, in una maniera migliore senza
andare a pregiudicare quelli che sono gli interessi degli operatori
importanti del ciclo delle acque, tutto qua.. » (Int. 7)
una questione di responsabilità più ampia, che riguarda i vincoli posti a
soggetti che producono energia, un bene di utilità pubblica per di più
prodotta da fonti rinnovabili.
«Il nostro è anche un Paese che l’inverno scorso ha sopportato l’emergenza gas,
cioè si rischiava di tagliare le forniture di energia elettrica, quindi il riscaldamento
delle case ecc.., perché mancava il gas; se noi avessimo avuto un po’ d’acqua
anche per questo inverno una grossa mano si poteva dare, noi non ce l’avremo più
quell’acqua questo inverno, allora cosa ci diranno, ci diranno che siamo degli
sciagurati perché l’abbiamo consumata…» (Int. 7).
In sostanza si tratta di posizioni spesso contrastanti che, oltre a essere
l’espressione della complessità che connota il governo della risorsa idrica,
sembrano in buona parte determinate dagli interessi che legano i testimoni
intervistati alle loro categorie di appartenenza. Quest’evidenza sembrerebbe
quindi confermare le tesi di chi sostiene che, nei processi partecipativi in cui sono
coinvolti rappresentanti di interessi, sia di fatto complicato giungere a decisioni
non solo negoziali, ma anche consensuali e orientate al bene pubblico. Questi
attori, infatti, dovendo rispondere del loro operato a entità esterne, non sarebbero
del tutto liberi di modificare le loro posizioni iniziali (Bobbio, 2006).
Una più attenta analisi delle opinioni espresse dagli attori può, però,
portare ad analizzare altre questioni.
La prima è la funzione che il processo partecipativo ha rivestito per il
soggetto istituzionale, che ha beneficiato della ricostruzione condivisa del quadro
conoscitivo attuata attraverso il coinvolgimento degli attori. Questo ha permesso,
ad esempio, di agire con sempre maggiore anticipo alle crisi idriche avvenute
negli ultimi anni. Come ha affermato un testimone istituzionale intervistato:
«Nel 2005 il tavolo si è riunito una volta sola, però in effetti c’era ancora risorsa
idrica disponibile. Il 2006 invece costituisce un anno significativo perché ci si è
mossi sin da febbraio, cioè all’interno di un percorso di studio volevamo
verificare la disponibilità della risorsa. Gli idroelettrici avevano detto che erano in
crisi (30% di risorsa disponibile a febbraio). Bisognava quindi anticipare la lettura
del modello progettuale fatto dal Politecnico il prima possibile. Il tavolo si è dato
appuntamento a maggio per vedere cosa sarebbe successo modificando in parte le
gestioni: quel giorno ha nevicato e la nevicata ha fatto slittare un po’ la questione,
fino al 2 di giugno quando la temperatura è calata clamorosamente in quota
bloccando completamente il deflusso per scioglimento» (Int. 6).
56
La seconda questione è relativa all’accordo unanime dichiarato riguardo alla
necessità di investire in interventi strutturali per ottimizzare la gestione della
risorsa idrica in Lombardia. In particolare viene evidenziata la necessità di passare
da una gestione dell’emergenza alla prevenzione della crisi.
«In primis è necessario agire in ottica di prevenzione e non di gestione
dell’emergenza. Dal 2003 è stato fatto qualche passo in avanti come il tentativo di
portare a un tavolo di concertazione tutti i soggetti e le attività in corso, da parte
dell’Autorità di Bacino, per la definizione di un quadro conoscitivo unitario del
bilancio idrico del bacino del Po con tutte le sue componenti» (Int. 6).
Inoltre, dalla maggior parte degli attori viene anche evidenziata la necessità di
adottare procedure consolidate, anche se non per tutti formalizzabili su basi
normative, in casi di crisi idrica incipiente. Come affermato da un rappresentante
delle istituzioni
«La criticità maggiore, prima si pensava fosse quella di avere i dati, invece tutto
sommato i dati sono venuti fuori, vedi questi grafici, e anche se si dice “i dati sono
questi, questo bacino è meglio di quell’altro, negli invasi montani c’è di più
rispetto al 2005, ci sono dei margini di manovra per la riduzione dei fabbisogni
irrigui…”, ma, anche se metti sul tavolo tutto questo, poi non c’è uno strumento
decisionale forte …» (Int. 5).
«…Nel 2003 si è andati in crisi per l’anticipazione della stagione, ha fatto molto
caldo e ha anticipato le esigenze delle colture…dopodiché si è chiesto agli invasi
idroelettrici di erogare, ai laghi di continuare a erogare, agli agricoltori però di
cominciare a fare un risparmio e comunque a programmare prelievi minori in
relazione alle colture, in generale a migliorare l’uso delle risorse mediante un
confronto sui fabbisogni di priorità e su una procedura che venga approvata a
monte che stabilisca che nel momento in cui i valori di disponibilità sono “x” si
faccia un’operazione di riduzione dei prelievi senza dover fare ordinanze, ma
seguendo indicazioni predefinite e verificandone il loro rispetto. Questa è la
Direttiva di magra che dovremmo affrontare…» (Int. 5).
Il punto di vista delle istituzioni, tuttavia, varia – in relazione alle tipologie di
procedure da adottare - a seconda del livello di governo. Come affermato da un
esponente della Regione:
“Gli ambiti di intervento sono molteplici. Il primo è quello che noi abbiamo
chiamato “Risottoscrivere un Patto per l’Acqua”…si tratta poi di innescare, a
partire dalla riscrittura di nuove regole di gestione che partano dalla condivisione
di una situazione di maggiore scarsità di risorsa, un processo virtuoso che metta a
sistema tutti i fattori convergenti (razionalizzazione e contenimento degli usi
irrigui e delle acque di falda, costituzione di una Cabina di regia…)…un’altra
questione è invece che ci stiamo preparando per chiedere al Governo il
57
Commissariamento sulla risorsa idrica, perché senza questi poteri più ampi si
rischia di degenerare. La legge regionale ahimè non serve. Il Commissariamento,
che può essere dato solo dal Governo una volta accertato lo stato di crisi, consente
di sostituirci a tutte le funzioni e ad intervenire su tutti gli organi…” (Int. 4)
In tale punto di vista emerge anche l’attualissima questione della ripartizione delle
competenze Stato-Regioni in materia di risorse idriche, e più in generale
ambientale, laddove alcune regioni – compresa la Lombardia - stanno chiedendo
sempre più delega e poteri speciali.
4.3.3. Tavoli Istituzionali e rappresentanza. Il caso del settore agricolo.
La realizzazione delle interviste ai testimoni privilegiati non direttamente
coinvolti nei Tavoli istituzionali sulla crisi idrica, ha permesso di individuare una
criticità relativa al grado di rappresentatività dei soggetti presenti ai Tavoli
rispetto ai loro settori di appartenenza.
Come è noto, l’inclusione di tutti i soggetti interessati dagli esiti del
processo di elaborazione delle politiche è uno dei principali requisiti della
gestione partecipata delle risorse comuni, ma è anche una delle criticità più
frequentemente riscontrata nella promozione di tali processi (Ostrom 1990).
Nel nostro caso di studio, in particolare, si sarebbe verificato un deficit di
rappresentanza degli operatori del mondo agricolo a causa di alcune
problematiche di seguito esposte.
Riguardo alla questione della rappresentatività dell’Assessorato
all’Agricoltura rispetto agli interessi del suo settore produttivo viene sottolineata
una dimensione del problema relativa al fatto che
«la DG Agricoltura è un’istituzione, mentre io sono un’organizzazione
professionale. Non si può pensare che un’istituzione tuteli i miei interessi in un
rapporto con un’altra istituzione.. » (Int. 12).
Anche il ruolo dell’Unione Regionale delle Bonifiche, dell’Irrigazione e del
Miglioramento Fondiario (URBIM) è in generale considerato poco
rappresentativo degli interessi di categoria in quanto,
«…Sono tutte mediazioni di posizione perché anche l’URBIM, con la riforma,
rappresenta gli interessi anche degli utenti, dei cittadini, degli abitanti, delle
città…» (Int. 12).
Alcuni attori del mondo agricolo chiederebbero, in sostanza, di essere più
direttamente rappresentati nelle sedi di discussione sull’emergenza idrica
attraverso il coinvolgimento di altri enti espressioni degli interessi del settore ai
Tavoli per l’emergenza (e non solo al Tavolo Agricoltura), poiché:
58
«Sono ruoli…un conto è il Consorzio di Bonifica, un conto è il Consorzio di
Miglioramento Fondiario, un conto è il Consorzio di Irrigazione, tant’è vero che
nella crisi del 2003 il Presidente Formigoni ha convocato attorno ad un tavolo tutti
i rappresentanti degli interessi chiamando sia i gestori degli impianti e anche le
organizzazioni professionali. Abbiamo fatto un paio di incontri, allora in via Pola,
nella sala ovale, dove si chiedeva ai gestori di rilasciare: c’era il mondo agricolo,
l’autorità dei laghi…c’era il sistema, ognuno rappresentato dai propri
componenti» (Int. 12).
Rispetto a quanto detto sopra è tuttavia necessario rilevare che da
quest’anno anche le organizzazioni agricole professionali sono state chiamate a
partecipare alla nuova “Cabina di Regia” regionale (Cfr. par. 4.2).
Una questione specifica che emerge è relativa al ruolo dei Consorzi di Bonifica
come soggetti rappresentativi del settore agricolo, non solo in stretta correlazione
con la gestione dell’emergenza idrica. Innanzitutto, secondo l’opinione di un
testimone intervistato,
“L’acqua per l’Agricoltura trova nei Consorzi di Bonifica enti di gestione ai quali
è affidata anche la pianificazione, in un miscuglio di controllore/controllato che si
commenta da solo …Il Consorzio di bonifica non dovrebbe difendere soltanto gli
interessi propri, svolgendo anche attività di irrigazione in competizione con i
soggetti privati, ma deve trovare il modo di essere il regista di tutti quelli che
gestiscono quelle che io chiamo ‘acque territoriali’; ‘regista’ vuol dire
coordinatore, pianificatore, controllore, riferimento, difensore, interlocutore
credibile ed autorevole. E’ questo il nodo che deve essere sciolto e che se fosse
sciolto, come prevede la legge 7/2003, potrebbe dare il via ad un meccanismo che
la legge prevede, che non c’è e del quale si sente estremo bisogno…gli strumenti
di legge oggi ci sono, è necessario darne applicazione”.
“Come già ho detto, in aprile la Regione dovrebbe chiamare tutti i Consorzi di
bonifica e i concessionari non irrigui (significativamente gli idroelettrici alpini) e
dire: “Signori, quest’anno le previsioni sono queste . . . cosa facciamo?”. A loro
volta i Consorzi di bonifica dovrebbero chiamare tutti quelli che gestiscono
l’acqua per l’agricoltura e dire “Che problemi avete? Quali sono le vostre
previsioni? Quali sono le vostre intenzioni sulla regolazione? Perché io devo
andare in Regione a riferire per tutto il mio comprensorio”. Ecco cosa dovrebbe
avvenire in un mondo non ideale ma semplicemente previsto dalla legge; già
avremmo un’arma in più contro l’emergenza” (Int. 10).
Inoltre, secondo l’opinione dello stesso testimone, questi enti, che dovrebbero
assicurare un’ampia partecipazione “degli enti locali, dei soggetti irrigui e degli
altri enti operanti nel comprensorio”, come previsto dall’ Articolo 13 comma 1
“Piano comprensionale di Bonifica e di Irrigazione” della L.R. 7/2003
dimostrerebbero invece alcune inefficienze nel loro operato:
59
“ Il problema è che non ho mai visto un Consorzio di bonifica che abbia riunito,
dal 2003 ad oggi, tutti i gestori per dire, “Signori, io sono il Consorzio di
Bonifica, io sono il regista, io mi occupo di pianificazione, voi avete soltanto il
diritto/dovere, nel vostro stesso interesse, di farmi presente i vostri problemi, sia
dal punto di vista strategico, sia dal punto di vista emergenziale-tattico…” (Int.
10).
In relazione alla gestione dell’emergenza lo stesso testimone sottolinea:
“Guardiamo all’emergenza di quest’anno 2006. La Regione, che vuole fare il
punto della situazione idrica, coerentemente si appella all’Unione Regionale delle
Bonifiche, Irrigazione e Miglioramenti Fondiari (questo è il nome completo
dell’URBIM), la quale fornisce i dati con un documento del 21 giugno riferendo
dei problemi dei Consorzi di bonifica, non del territorio tutto, perché, a loro volta,
i Consorzi di bonifica si preoccupano soltanto della propria situazione, non hanno
alcuna attenzione agli altri che operano nel medesimo settore…” (Int. 10).
4.3.4. Il miglioramento delle relazioni fiduciarie
Il miglioramento delle relazioni fiduciarie è un risultato particolarmente rilevante
per valutare l’esito di un processo partecipativo: la “fiducia” è, infatti, una
dimensione importante del capitale sociale a disposizione di un contesto
territoriale (Putnam 2004).
Quanto al nostro caso di studio, è possibile affermare che tale
miglioramento sia stato uno dei risultati del processo maggiormente apprezzati dai
testimoni intervistati, soprattutto per quanto riguarda i rapporti fra soggetti
rappresentanti interessi di utilizzatori diversi. Il miglioramento delle reti di fiducia
interpersonale (Mutti 2003) rappresenta un elemento significativo, soprattutto a
fronte degli interessi spesso contrapposti che caratterizzano le diverse posizioni.
Questo miglioramento sarebbe stato determinato dalla “conoscenza diretta”.
Come ha efficacemente affermato un testimone intervistato,
«di fatto da tre anni ci stiamo ritrovando le stesse persone sullo stesso argomento,
per cui è molto più facile capirsi e non bluffare, il primo anno si bluffa tutti, ma il
terzo anno…» (Int. 2).
Nonostante questo riconosciuto miglioramento, tutti i soggetti hanno anche
manifestato la persistenza di alcune resistenze nel difendere posizioni di parte,
spesso sfociate nella mancata adesione a iniziative collettive (Cfr. 4.3.1.) o, nei
casi più gravi, alla richiesta di indagini supplementari, fino al ricorso per le vie
legali, sulle soluzioni adottate per fronteggiare la crisi (Corriere della Sera, 22
luglio 2006).
Un aspetto che però è interessante evidenziare è la reciproca “tolleranza”
manifestata dai soggetti nei confronti di queste manifestazioni, probabilmente
imputabile:
60
¾ al riconoscimento reciproco del ruolo di rappresentanti di interessi
ricoperto dagli attori, che, come è già stato anticipato, devono
rispondere del loro operato a entità esterne e non sono del tutto liberi di
modificare le loro posizioni iniziali (Bobbio 2006).
¾ alla maggiore consapevolezza della complessità della questione e delle
responsabilità di ogni settore (e attore) nella determinazione del
problema.
E’ certo quindi che questo processo ha agito significativamente come soggetto di
diffusione della fiducia (Mutti 2003) fra attori economici e sociali.
A questo riguardo è inoltre interessante notare come, all’interno di molte
realtà, si sia aperta una riflessione sui possibili interventi per una gestione unitaria
e ottimale della risorsa idrica. Si tratterebbe di una capitalizzazione importante
dell’esperienza, non solo a livello dei singoli utilizzatori e delle singole
associazioni di categoria, ma anche a livello istituzionale: il tavolo, infatti,
sembrerebbe aver agevolato le relazioni e il coordinamento fra i diversi settori
della pubblica amministrazione, che rappresenta uno degli obiettivi dei processi di
partecipazione, come auspicato in sede europea in campo di integrazione delle
politiche ambientali (EEA, 2005).
Quanto invece a un'altra dimensione rilevante della fiducia, ovvero quella
dei rapporti fra attori economici-sociali e istituzioni pubbliche, è ancora da
indagare quanto il tavolo abbia contribuito a migliorare le relazioni fra utilizzatori
e istituzioni
.
61
Capitolo 5
Considerazioni conclusive
Il caso presentato permette di avanzare alcune riflessioni utili, sia per gli studi che
analizzano gli approcci partecipativi all’elaborazione di politiche pubbliche, sia
per le discipline che studiano nuovi strumenti per migliorare la gestione della
risorsa idrica, da sempre strategico fattore di sviluppo locale.
Riguardo ai risultati ottenuti dai Tavoli, vi è stato un progressivo
miglioramento nel coordinamento degli interventi, non solo per fronteggiare
l’emergenza ma, a partire dal 2003, anche in un’ottica di prevenzione dell’evento
siccitoso. Il primo passo è stato la ricostruzione di un quadro conoscitivo
condiviso, che ha consentito l’attivazione di alcune misure preventive in tempi più
idonei.
La ricostruzione di questo quadro ha inoltre stimolato una serie di
riflessioni sulla necessità di promuovere innovazioni “interne” ai settori e alle
organizzazioni partecipanti ai Tavoli, che in alcuni casi sono già state
concretizzate (es. coordinamento fra settori della pubblica amministrazione) e in
altri contesti sembrano almeno essere in via di definizione (adeguamento e
razionalizzazione del sistema di irrigazione, ottimizzazione delle capacità di
invaso…).
Si tratta però di un processo ancora contraddistinto da criticità, sia
istituzionali che tecniche, che richiede interventi importanti.
In primo luogo, viene da più parti sottolineata la necessità di individuare
regole più precise per passare dalla gestione dell’emergenza al governo
dell’ordinarietà e per consentire ai Tavoli di lavorare su nuovi elementi di
miglioramento del sistema.
In secondo luogo, sono emerse criticità relative al coordinamento tra i
diversi livelli territoriali e di governo, che evidenziano la necessità di un maggiore
confronto fra le regioni del bacino padano e anche a livello nazionale.
Inoltre, permangono le tensioni legate ai notevoli interessi economici che
legano tutti gli attori alla gestione della risorsa idrica. Ne sono testimonianza: i
recenti ricorsi giudiziali promossi da alcune società del settore idroelettrico; la
richiesta di un maggiore coinvolgimento del settore agricolo nei processi
decisionali, attraverso la partecipazione diretta delle organizzazioni professionali
ai Tavoli attivati per l’emergenza idrica.
Nonostante queste problematiche, il processo sembra però aver alimentato
una discussione sulla necessità di rivedere le regole di gestione e di governo di
una risorsa comune che, come tale, prevede necessariamente una disponibilità
massima di utilizzo superata la quale il sistema evidenzia tutta la sua fragilità. Il
sistema efficiente di utilizzo intensivo delle acque - che sino ad oggi ha governato
la regolazione dei grandi laghi lombardi subalpini, in virtù di diritti di prelievo
riconosciuti primariamente in capo all’uso irriguo – rischia oggi di essere messo
in crisi di fronte a una sempre minore disponibilità della risorsa.
A tal proposito l’iniziativa di Regione Lombardia denominata “Risottoscrivere un
nuovo Patto per l’Acqua”, costituisce un passo importante orientato a coinvolgere
i soggetti interessati nella ridefinizione di nuove regole di gestione dei laghi
subalpini, e, in generale, dell’intero sistema idrico lombardo.
L’utilizzo della risorsa idrica, anche in una regione tradizionalmente ricca
di acqua come la Lombardia, non è illimitato, non può partire solo dal quadro dei
diritti di prelievo acquisiti storicamente e quindi non può prescindere da una
valutazione preventiva e accurata della disponibilità complessiva.
L’esperienza di questi eventi ha inoltre maturato in Lombardia una
generale consapevolezza sulla preziosità della risorsa, non solo per la produzione
di indispensabili beni materiali, ma anche per la tutela dell’equilibrio ecosistemico
e la fruizione sociale dell’ambiente naturale.
64
Parte terza
Il Servizio Idrico Integrato tra
stato dell’arte e prospettive future
Capitolo 6
Gestione sostenibile dei servizi idrici
6.1 . Quadro teorico e ipotesi di ricerca
La gestione sostenibile dell’acqua è strettamente legata alla gestione dei servizi
idrici. Questi sono definiti come (Arnaudo, 2003): “tutti i servizi che forniscono
alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica: (a) estrazione,
arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali e
sotterranee; (b) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che
successivamente scaricano nelle acque superficiali” (art. 2 Dir. 2000/60/CE).
Questa definizione è coerente con quella introdotta precedentemente dalla legge
Galli (l. 36/94, art. 4), la quale fa riferimento all’“insieme dei servizi idrici
pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di
fognatura e depurazione delle acque reflue”. In questo lavoro l’attenzione sarà
posta alle attività descritte sopra, con particolare riferimento agli usi civili.
Il legame tra risorsa e servizi risulta lampante qualora si pensi al ruolo
fondamentale svolto dalle infrastrutture idriche: da un lato, queste fanno sì che la
risorsa sia disponibile nel luogo e nel momento desiderati, rispettando i requisiti
qualitativi richiesti dai diversi usi. Dall’altro, i servizi di collettamento e
depurazione dovrebbero garantire che gli scarichi siano restituiti all’ambiente in
condizioni da non compromettere l’equilibrio degli ecosistemi (de Carli et al.,
2003).
Da un punto di vista ambientale, i servizi idrici permettono di mantenere o
migliorare lo stato della risorsa in due modi:
ƒ
ƒ
da un lato il buon mantenimento delle condotte idriche garantisce che la
risorsa non sia sprecata, attraverso ad esempio perdite di rete;
dall’altro il collettamento e la depurazione degli scarichi diminuisce l’impatto
delle attività umane sugli ambienti acquatici.
Il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale dipende quindi dalla
capacità degli attori istituzionali ed economici di garantire la funzionalità del
sistema nel tempo, e di adeguarne le capacità all’evolversi della domande sociali,
in relazione sia ai consumi idrici (quindi alla maggiore richiesta di risorsa grezza)
che all’aumentare delle aspettative di qualità della vita (elemento strettamente
dipendente dal mantenimento della qualità degli ambienti acquatici, attraverso un
potenziamento delle capacità depurative).
Operativamente, si possono individuare una serie di obiettivi da perseguire
nella gestione dei servizi idrici, di carattere ambientale, economico e sociale.
In primo luogo, il servizio idrico integrato deve essere in grado di
garantire, in quanto servizio di
interesse generale, la sicurezza degli
approvvigionamenti, la conservazione nonché il miglioramento dello stato della
risorsa (nei casi in cui questa risulti non idonea agli usi che è chiamata a
soddisfare) e il mantenimento delle reti e delle dotazioni idriche nel tempo, per
permettere anche alle generazioni future di fruire dei servizi forniti dalla risorsa
stessa. In questo senso, è necessario che le infrastrutture idriche siano mantenute
funzionali attraverso adeguati investimenti. È quindi fondamentale che i gestori
dei servizi idrici siano capaci di fronteggiare eventi estremi, quali le crisi idriche o
le alluvioni, garantendo performance ottimali del servizio.
In secondo luogo, considerando gli obiettivi di carattere economico, la
stessa Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) riconosce il ruolo che i servizi idrici
rivestono nel raggiungimento del buono stato ecologico, attraverso una serie di
misure (infrastrutturali e non) che devono essere attuate dagli Stati Membri (per il
tramite delle Autorità competenti) e che devono essere inserite nei Piani di
Bacino.
Il problema del mantenimento delle infrastrutture idriche si intreccia con il
problema del finanziamento dei servizi. La stessa direttiva sancisce, a questo
proposito, il principio dell’autosufficienza finanziaria, secondo cui le entrate
tariffarie dovrebbero generare un cash flow sufficiente a finanziare i nuovi
investimenti e la manutenzione delle reti e degli impianti esistenti. Questa
previsione ha importanti impatti distributivi: dire che il settore dei servizi idrici
deve sempre più reggersi “sulle proprie gambe”, senza poter contare, come in
passato, su trasferimenti di risorse finanziarie raccolte dalla fiscalità generale,
implica che il costo del servizio debba ricadere sugli utenti finali. Di conseguenza,
la dimensione economica di gestione del servizio viene ad essere strettamente
legata alla dimensione sociale: la considerazione della valenza dell’acqua come
bene essenziale alla vita, richiede che il servizio sia accessibile alla totalità della
popolazione e non risulti eccessivamente costoso in relazione agli usi essenziali.
Questo fa sì che non sia sufficiente determinare il livello tariffario, ossia gli
introiti necessari a garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione, ma
debba essere definita anche la struttura tariffaria, ossia l’articolazione della tariffa
lungo fasce di consumo, in modo tale che i consumi essenziali siano garantiti
attraverso una tariffa accessibile a tutti, indipendentemente dalla capacità
contributiva.
Il riconoscimento della valenza sociale dell’acqua non dovrebbe, tuttavia,
giustificare comportamenti dissipativi. In questo senso, la tariffa nelle intenzioni
68
del legislatore comunitario, riveste un fondamentale ruolo incentivante, quale
strumento in grado di influenzare la domanda d’acqua dei diversi utilizzatori12.
Infine, considerata la sempre più scarsa disponibilità di risorse finanziarie
pubbliche, esiste il problema di coinvolgere soggetti privati nel finanziamento e
fornitura dei servizi. Va premesso che esistono diverse possibilità di
coinvolgimento del settore privato e la questione rilevante, ai fini dell’analisi, non
è se e come coinvolgere soggetti terzi, ma come garantire l’interesse generale. Di
conseguenza, va posto in essere un sistema di regolazione che garantisca che la
fornitura dei servizi idrici sia efficiente, in modo tale che il servizio sia fornito al
minimo costo.
Delineato il problema in linea teorica, possiamo rivolgere la nostra
attenzione alla situazione contingente italiana e, nello specifico, lombarda. La
riforma delineata dalla legge Galli, introducendo l’obbligo di riorganizzare il
servizio a livello di ambito territoriale ottimale (ATO) in un’ottica di gestione
industriale del servizio, aggiunge un altro tassello alle dimensioni delineate sopra
(ambientale, economica e sociale), ossia quello istituzionale. La protezione della
risorsa (dimensione ambientale) attraverso adeguati investimenti (dimensione
economica), senza che gli impatti sulle tariffe risultino troppo marcati
(dimensione sociale) dipende fortemente dalla capacità degli attori istituzionali,
economici e sociali di riorganizzare ruoli e funzioni in merito alla gestione della
risorsa e dei servizi, come delineato dalla normative comunitarie e nazionali. La
legge Galli, infatti, delinea una separazione tra soggetti deputati alla regolazione
economica dei servizi (Comitato di Vigilanza) e i gestori del servizio stesso (unici
a livello di ambito). Questa divisione, in alcuni casi, risulta piuttosto vaga, visto
che coloro i quali sono deputati alla regolazione del servizio, ossia i Comuni, per
il tramite delle Autorità d’Ambito (AATO) partecipano, in quanto azionisti, alla
gestione del servizio. Di fatto, quindi, i Comuni vengono ad avere un duplice
ruolo, di controllori (in quanto membri delle AATO) e di regolati (in quanto
azionisti dei soggetti gestori) Questa confusione di ruoli rischia di non garantire la
fornitura efficiente del servizio idrico.
La recente proposta di riforma dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il
Gas, allo scopo di allargarne le competenze ai servizi idrici, permetterebbe di
mantenere in capo alle AATO solamente i compiti di concedente il servizio idrico,
concentrandosi, per quanto concerne la regolazione ex ante, sulla definizione del
piano degli investimenti, sull’affidamento del servizio e sul monitoraggio del
raggiungimento degli obiettivi di qualità e, per quanto riguarda la regolazione ex
post, sul monitoraggio degli obblighi del concessionario in termini della qualità
della risorsa e degli standard del servizio13.
Diventa quindi fondamentale, affinché gli obiettivi di sostenibilità
delineati sopra siano raggiunti, che ogni soggetto (sia questo regolatore o gestore)
svolga il proprio ruolo in maniera efficace, e che sia garantito il coordinamento tra
i diversi attori in campo. Alcuni autori (Anwandter e Rubino, 2006) rilevano che a
12
Comunicazione del 26 luglio 2000, COM(2000) 477, p. 10.
Si veda a tale proposito il DDL “Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza
sui mercati e di funzionamento delle autorità indipendenti preposte ai medesimi”
13
69
un avanzamento istituzionale (in termini di progressi nello stato di attuazione
della riforma), non è corrisposta una modernizzazione del settore, vista la
tendenza a mantenere lo status quo attraverso la salvaguardia delle gestioni
esistenti.
A questo si aggiunge il forte fabbisogno di interventi nel settore,
considerato il fatto che durante gli anni ’90 gli investimenti nel settore idrico sono
diminuiti del 70%, passando da 2 a 0,6 miliardi di euro annui (Anwandter e
Rubino, 2006). Solo in Lombardia si stima attualmente un fabbisogno di
investimenti per interventi infrastrutturali pari a circa 6 Miliardi di euro.
Il settore si trova quindi nella situazione di dover incrementare
sensibilmente gli investimenti, senza poter contare, come in passato, su contributi
pubblici. Come evidenziato sopra, infatti, alla fiscalità generale si devono
sostituire gli introiti tariffari.
Il problema, in questo caso, riguarda le rigidità circa le possibilità di
incrementare le risorse finanziarie endogene al sistema. Negli ultimi anni le tariffe
idriche in Italia sono cresciute molto lentamente. Considerati i livelli di partenza
piuttosto bassi, gli aumenti finora concessi risultano insufficienti a garantire il
ciclo di investimenti necessari a colmare il ritardo descritto sopra14, essendo gli
attuali livelli tariffari in molti casi appena sufficienti a coprire i costi operativi. Al
di là della copertura finanziaria degli interventi necessari, il ricorso alla finanza
privata presuppone che il richiedente il prestito abbia una solida struttura
patrimoniale, a garanzia dei finanziamenti concessi (Anwandter e Rubino, 2006).
La terza parte della ricerca nasce con l’intento di comprendere se, e in che
misura, il servizio idrico in Lombardia è in grado di raccogliere tutte queste sfide,
considerato lo stato quali-quantitativo della risorsa disponibile (vedi Parte 1), le
criticità emergenti in termini di disponibilità effettiva (vedi Parte 2), lo stato delle
infrastrutture e le modalità gestionali esistenti (con particolare riguardo alla
capacità di garantire gli investimenti necessari tramite tariffe).
Mentre i capitoli precedenti si sono concentrati sull’analisi della
disponibilità della risorsa, sia in condizioni normali che in condizioni di scarsità, i
prossimi capitoli si focalizzano sull’analisi del sistema gestionale, considerando
aspetti istituzionali, organizzativi, economici e finanziari. L’analisi, visti i recenti
sviluppi legislativi (capitolo 7), considera anche i modelli gestionali possibili,
ponendo particolare attenzione ai temi della formazione di patrimoniali,
all’affidamento della gestione tramite gara e alla regolazione dei servizi, ai sensi
dei recenti sviluppi normativi (l.r. 26/03 come modificata dalla l.r. 18/06).
Il punto di partenza della ricerca è una fotografia dell’attuale sistema
gestionale, allo scopo di fornire uno stato dell’arte dei servizi idrici lombardi. In
particolare, oltre a fornire delle informazioni circa la consistenza delle reti e il
grado di fornitura del servizio (capitolo 8), viene descritto lo stato di attuazione
della legge Galli in Lombardia e l’evoluzione delle realtà gestionali prevista nei
Piani d’Ambito finora approvati (capitolo 9). Nello stesso capitolo viene messo in
evidenza come gli investimenti previsti dalla pianificazione regionale (attraverso i
Piani di Tutela) e provinciale (Piani d’Ambito) garantiscano il raggiungimento del
14
Le tariffe medie in Italia si attestano intorno al 0,90-0,95 €/mc.
70
buono stato ambientale nei corpi idrici (ex D.Lgs 152/99 e s.m.i.) e la soluzione
delle criticità che potrebbero emergere nei prossimi anni, con l’obiettivo di dare
delle indicazioni di policy.
L’evoluzione nella gestione della risorsa è naturalmente da mettere in
relazione ai cambiamenti a livello gestionale, introdotti dalle recenti modifiche
alla normativa regionale. Viene quindi analizzato il modello gestionale delineato
dalla l.r. 26/03, come in seguito modificata dalla l.r. 18/06 (capitolo 10).
6.2. Approccio metodologico
L’analisi è stata condotta facendo riferimento a diversi studi e ricerche sul settore
idrico e a fonti documentarie quali:
•
•
documenti legislativi e regolamenti di attuazione;
Piano di Tutela delle Acque e Piani d’Ambito, laddove disponibili.
Allo scopo di evidenziare le dinamiche evolutive del settore (in termini di
disponibilità della risorsa, investimenti necessari, priorità di intervento ed
evoluzione dei modelli organizzativi) ci si è avvalsi delle esperienze di testimoni
privilegiati, interpellati attraverso interviste semi-strutturate (cfr. Tab. 6.1)
condotte seguendo la traccia generale riportata in Allegato 2. In particolare, le
interviste sono state impostate allo scopo di aggiornare e completare le
informazioni raccolte attraverso la rassegna della normativa e di documenti
istituzionali (principalmente di Piano) e verificare le attività e le attese dei
principali portatori di interesse di fronte alle criticità e alle sfide evidenziate sopra.
Per portatori di interesse si intendono qui sia gli attori istituzionali (Consiglio e
Giunta di Regione Lombardia, ATO) che i gestori.
Naturalmente l’elenco delle interviste non vuole e non può essere esaustivo di
una realtà istituzionale e gestionale estremamente complessa e diversificata. A tal
proposito non si è ritenuto opportuno, analogamente a quanto fatto nella Parte 2,
estrarre parti integrali di intervista in rappresentanza di una specifica categoria di
attori.
Tabella 6.1 – Elenco e tipologie interviste effettuate
Ente
Funzione
Giunta Regione Lombardia
Direttore generale e dirigente di settore Reti,
Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile
Consigliere di minoranza
Consigliere di maggioranza
Dirigente e funzionario della Segreteria tecnica
Dirigente e funzionari della Segreteria tecnica
Direttore Generale
Consiglio Regione Lombardia
Consiglio Regione Lombardia
ATO Cremona
ATO Varese
Gestore in provincia di Milano,
tipo “patrimoniale pesante”
Gestore su più ambiti, tipo
“patrimoniale leggera”
Gestore in provincia di Pavia,
tipo multi-utility
Presidente, Direttore Esercizio Acquedotti e
Direttore Esercizio Depuratori
Amministratore delegato
Fonte: elaborazione IReR
71
Data
intervista
01.02.07
Riferimento
Int. 4
15.02.07
30.01.07
06.02.07
22.02.07
19.02.07
Int. 8
Int. 9
Int. 13
Int. 14
Int. 15
02.04.07
Int. 16
21.02.07
Int. 17
Nello specifico, le interviste sono state articolate in tre parti (vedi Allegato 2)
e riferite, di volta in volta, all’ambito territoriale di competenza dell’interlocutore.
La prima parte è andata ad indagare:
•
•
la disponibilità della risorsa, in termini qualitativi (con riguardo
all’adeguatezza degli investimenti previsti nei Piani d’Ambito e priorità di
intervento per i prossimi anni) e quantitativi (in riferimento alle
problematiche di disponibilità insufficiente della risorsa ad uso
idropotabile, individuazione di misure volte al risparmio idrico o alla
sicurezza negli approvvigionamenti della risorsa ad uso idropotabile e
campagne di sensibilizzazione).
l’adeguatezza delle infrastrutture idriche, in riferimento alla copertura del
servizio e alla capacità delle infrastrutture rispetto alla domanda attuale e
alla sua evoluzione. È stato indagato anche il grado di soddisfazione degli
utenti.
Lo scopo era individuare gli interventi ritenuti prioritari, anche considerando le
criticità che dovranno essere affrontate nei prossimi anni e comprendere la
finanziabilità degli stessi solamente attraverso la tariffa o anche altri interventi
pubblici di supporto.
La seconda parte dell’intervista ha toccato gli aspetti istituzionali,
ripercorrendo il percorso lombardo di attuazione della Legge Galli allo scopo di
delineare il processo di attuazione della normativa nazionale nelle diverse realtà
locali. Sono stati indagati in particolar modo i rapporti tra diversi livelli
istituzionali (Regione, ATO, Comuni) e tra questi e gli erogatori del servizio.
La terza e ultima parte ha riguardato gli aspetti gestionali, ripercorrendo
l’evoluzione degli assetti gestionali, con particolare riguardo al superamento della
frammentazione delle gestioni esistenti, allo scopo di comprendere gli
orientamenti degli operatori circa il modello gestionale da adottare. Per quanto
possibile, si è cercato di mettere in relazione queste dinamiche evolutive con
quelle delle multi-utilities. L’ultima parte dell’intervista si è proposta anche di
indagare gli impatti dell’attuale riorganizzazione sul cittadino, enfatizzando gli
effetti perequativi e distributivi delle politiche tariffarie adottate.
72
Capitolo 7
L’evoluzione della normativa sui servizi idrici
7.1. Il quadro normativo nazionale
7.1.1. Normativa sui servizi idrici
La legge Galli (36/94) ha segnato l’avvio di una riorganizzazione dell’intero
settore dei servizi idrici, avendo come obiettivo quello di colmare i deficit che
caratterizzavano il settore idrico italiano, quali (Comitato per la vigilanza sull’uso
delle risorse idriche, 2001):
•
la proliferazione e la sovrapposizione di compiti e competenze tra vari
organi dello Stato, fonte di incertezza e mancanza di efficacia nel governo
della risorsa;
•
la frammentazione delle gestioni, fonte di inefficienze e di uno sviluppo
tecnologico insufficiente;
•
l’esigenza di introdurre un sistema tariffario ispirato alla copertura
integrale dei costi (di gestione e di investimento). Si vogliono, in altri
termini, svincolare i piani di investimento dalla capacità delle casse dello
Stato di coprire gli esborsi necessari.
La legge ridefinisce le competenze in materia di risorse idriche e introduce il
principio dello sviluppo sostenibile nel corpus legislativo nazionale. Esso riguarda
sia il governo della risorsa che la gestione economica del servizio.
Con riferimento al primo aspetto, il principio di pubblicità (art.1) si estende a
tutte le acque, superficiali e sotterranee. Le regioni sono responsabili della
pianificazione degli usi e della qualità dell’acqua, nonché della difesa del suolo.
Gli usi idropotabili sono considerati prioritari rispetto agli altri e l’uso delle acque
non può prescindere dalla salvaguardia degli interessi delle generazioni future. A
tale scopo, sono previsti interventi volti a garantire il risparmio idrico15. Le
15
In particolare cfr. art. 5
regioni sono responsabili della predisposizione di programmi volti a favorire
l’introduzione di tali interventi, con l’intento primario di minimizzare l’impatto
ambientale negativo conseguente alla produzione dei servizi idrici.
Per quanto concerne la gestione dei servizi idrici, le regioni sono anche
responsabili della riorganizzazione del servizio idrico integrato, attraverso la
definizione di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), delimitati in base alle
caratteristiche del bacino idrografico, al superamento della frammentazione delle
gestioni e/o al conseguimento di adeguate dimensioni gestionali (art. 8). Per ogni
ambito è prevista l’istituzione di un’Autorità d’Ambito (AATO), formata dai
comuni e dalle province, responsabile della ricognizione delle opere e degli
impianti, della realizzazione del piano di interventi, dell’affidamento della
gestione e della determinazione della tariffa d’ambito. Il Piano d’Ambito si
configura come documento di programmazione relativo all’adeguamento delle
infrastrutture esistenti allo scopo di raggiungere gli obiettivi statuiti nella
normativa nazionale ed europea. Oltre al programma degli interventi, questo
include il piano finanziario e la scelta del modello gestionale ed organizzativo.
Le Regioni sono infine deputate (art. 11) all’adozione di apposite
convenzioni-tipo, modelli di riferimento per ciascun ATO nello stipulare un
contratto tra ATO ed ente gestore (in questo senso la convenzione si configura
come vero e proprio contratto di servizio).
La gestione del servizio idrico integrato è affidato a un unico soggetto
16
gestore all’interno di ogni ATO, secondo principi di efficienza ed economicità.
Le dimensioni del gestore non sono però definite a priori, ma sono funzione di
variabili geo-morfologiche, demografiche, ambientali e politico-amministrative.
Per questo la normativa nazionale consente, all’interno di ogni ATO, la
concessione a una pluralità di soggetti gestori, individuando, nel caso, le forme di
coordinamento17. Le modalità di gestione non sono disciplinate direttamente dalla
legge Galli, che rimanda alle forme originariamente previste dall’art. 22 della l.
142/9018. La riforma dell’art. 22, con le conseguenze in termini di riforma dei
servizi pubblici locali, verrà esaminata nel prossimo paragrafo.
a) risanamento e graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano rilevanti perdite;
b) installazione di reti duali nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti
dimensioni;
c) installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché di contatori differenziati per le
attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
d) diffusione dei metodi e delle apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori
industriale, terziario ed agricolo.
16
Il regime giuridico è scelto da province e comuni.
17
Le regioni che si sono avvalse di tale facoltà sono Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto e
Umbria. La regione Lombardia, ha recentemente escluso la possibilità di salvaguardare le gestioni
esistenti, salvo alcune eccezioni disciplinate dalla legge regionale (v. sotto).
18
La norma escludeva il ricorso alle gestioni in economia e la forma dell’istituzione,
prevedendo la possibilità di scegliere tra affidamento diretto ad azienda speciale; affidamento
diretto a società di capitali o concessione a terzi. Con riferimento a quest’ultima modalità, l’art. 20
della legge Galli prevedeva il ricorso alla gara, rinviando ad un regolamento ministeriale la
definizione dei criteri di assegnazione del servizio (Arnaudo, 2003). Tale regolamento è stato
emanato il 22 novembre 2001 dal Ministero dell’Ambiente (“Modalità di affidamento a terzi del
servizio idrico integrato”): vi si ribadisce l’obbligatorietà della gara per la scelta del gestore.
74
Viene fatto salvo, in ogni caso, l’obbligo di raggiungere l’equilibrio
economico-finanziario della gestione. Lo strumento per il raggiungimento di tale
obiettivo diventa la tariffa, definita come il corrispettivo del servizio idrico
integrato, atto a garantire la copertura integrale dei costi di funzionamento ed
esercizio. Nel nostro ordinamento giuridico viene, quindi, introdotto il principio
del full cost recovery e l’acqua viene considerata un bene economico, pur
riconoscendone le valenze sociali.
La determinazione della tariffa di riferimento è stabilita, su proposta del
Comitato di vigilanza, dai Ministri dei Lavori pubblici e dell’Ambiente, in base al
c.d Metodo Normalizzato di definizione delle componenti di costo (D.M.
01.08.1996). È articolata per fasce di utenza e territoriali. Sono previste
agevolazioni per i consumi essenziali e delle famiglie disagiate, attraverso
strutture tariffarie progressive. La fissazione della tariffa spetta agli enti locali,
attraverso l’Autorità d’Ambito, considerati i piani di investimento e le
caratteristiche locali della risorsa; la sua riscossione compete al gestore.
Il controllo sulla risorsa e sul rispetto dei principi di economicità viene
garantito, a livello nazionale, dal Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse
Idriche (COVIRI)19, affiancato da un Osservatorio dei servizi idrici20, deputato
alla raccolta, all’elaborazione di dati statistici e conoscitivi relativi alla qualità
delle tariffe e dei servizi erogati, sui piani di investimento e ammodernamento,
nonché alla valutazione della produttività delle gestioni. Il comitato promuove
forme di controllo e analisi comparata delle performance delle gestioni.
L’evoluzione del sistema giuridico italiano, negli ultimi anni, è stata
segnata dal recepimento delle direttive comunitarie: le risorse idriche ricalcano
questa tendenza, in materia di qualità della risorsa e degli interventi infrastrutturali
conseguenti.
Il D.Lgs. 152/99 e s.m.i. conforma l’ordinamento italiano alle direttive
europee 91/271/CEE e 91/676/CEE, introducendo norme cogenti in merito alla
protezione delle acque dall’inquinamento, di natura civile o agricola. In linea
teorica si ribadiscono i principi di sviluppo sostenibile nell’utilizzo delle risorse
idriche, già introdotti dalla legge Galli. Sul piano pratico, lo strumento di
pianificazione individuato nel Piano di Tutela mira a salvaguardare la risorsa dal
punto di vista quantitativo e qualitativo.
Per il sistema idrico italiano, il recepimento della direttiva comunitaria
rappresenta un notevole passo in avanti verso la protezione dell’ambiente idrico,
introducendo standard ambientali minimi, a cui le regioni si devono adeguare,
potendo introdurre requisiti anche più stringenti. Sono contestualmente stabiliti
L’obbligo di gara è stato anche ribadito dalla circolare ministeriale del 17 ottobre 2001 per la
scelta del socio privato nelle società miste.
19
Il Comitato è composto da sette membri, nominati con decreto del Ministro dei lavori
pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente. Di tali componenti, tre sono designati dalla
Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e quattro sono scelti tra persone
particolarmente esperte in materia di tutela ed uso delle acque, sulla base di specifiche esperienze e
conoscenze del settore. I membri del Comitato durano in carica cinque anni e non possono essere
confermati.
20
L’Osservatorio è stato istituito solo nel 2004.
75
standard puntuali per gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane21. Gli
obiettivi di qualità sono perseguiti anche attraverso la pianificazione degli utilizzi
delle acque, allo scopo di evitare delle ripercussioni sulla risorsa. La gestione
quantitativa della risorsa si serve anche di tutte le misure necessarie a
razionalizzarne l’uso, attraverso l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili.
Questi obiettivi devono essere conseguiti senza aggravi a carico dello
Stato, fatte salve specifiche disposizioni di finanziamento nazionali o comunitarie.
Dal punto di vista economico, l’inasprimento dei parametri ha forti ripercussioni
sugli investimenti, principalmente per fognatura e depurazione, necessari al
soddisfacimento di questi requisiti; e gli interventi si sono concentrati in un
periodo relativamente breve (dal 1998 al 2005), comportando un notevole sforzo
finanziario.
Allo scopo di garantire la copertura finanziaria degli investimenti attuati
prima dell’entrata a regime del sistema previsto dalla legge Galli, il CIPE ha
emanato delle delibere atte a definire gli incrementi tariffari ammissibili, allo
scopo di finanziare gli interventi nei settori della fognatura e della depurazione.
La Delibera CIPE n.23/2001 richiede agli ATO il completamento della
ricognizione delle opere e la definizione del programma di interventi necessari
all’adeguamento alle normative di settore, nonché la definizione di tutte le risorse
disponibili, con l’eventuale reperimento di ulteriori risorse, evidenziando le
possibili fonti di copertura pubbliche o private.
Con la nuova Delibera CIPE n. 52 del 4 aprile 2001 si introducono gli
incrementi tariffari del settore idrico a valere dal 1 luglio 2001 e fino al 30 giugno
del 2002. La programmazione, in questo caso, ha durata pluriennale ed è
focalizzata all’attuazione del programma stralcio relativo ai servizi di depurazione
e fognatura, di cui all’art. 141 della L. 388/200022. Per il parziale finanziamento di
tali programmi è previsto, infatti, un incremento cumulato delle tariffe di
depurazione e fognatura nella misura massima del 20% nell’arco del quinquennio
2001-2005, (è tuttavia previsto che l’aumento annuale non superi il 5%). Per lo
sviluppo dei programmi stralcio viene comunque ribadito che occorre favorire al
massimo, accanto agli incrementi tariffari previsti, il ricorso al metodo del project
financing.
Questi sono più restrittivi di quelli previsti dalla legge Merli, con riferimento in particolare ai
parametri BOD e COD.
22
Così cita l’art. 141, comma 4, della legge 388/2000 (Finanziaria 2001): “Per l’adempimento
degli obblighi comunitari in materia di fognatura, collettamento e depurazione di cui agli articoli
27,31 e 32 del D. Lgs 152/99 e successive modificazioni, le autorità costituite per gli ATO di cui
all’art. 8 della L. 36/94, ovvero, nel caso in cui queste non siano ancora operative, le province,
predispongono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (entro cioè
il 22 marzo), e attuano un programma di interventi urgenti, a stralcio e con gli stessi effetti di
quello previsto dall’art. 11, comma 3, della L. 36/94. Ove le predette autorità e province risultino
inadempienti, sono sostituite dai presidenti delle giunte regionali, su delega del presidente del
Consiglio dei Ministri”.
21
76
7.1.2. Normativa sui servizi pubblici locali
I modelli gestionali del servizio idrico sono definiti dalla disciplina sui servizi
pubblici locali, in particolare dal Titolo V del “Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali” (di seguito: TUEL). Negli ultimi anni, il
decreto ha subito numerose revisioni, non sempre tra loro coerenti.
Una prima riforma del modello gestionale dei servizi pubblici locali è stata
introdotta dall’art. 35 della Legge Finanziaria 2002 (L. 448/2001), il quale
sancisce il principio della gara come unico strumento di affidamento della
gestione, ad eccezione dei servizi idrici. Al comma 5, infatti, prevede che le
Autorità d’Ambito possano affidare direttamente il Servizio Idrico Integrato entro
il 30 giugno 2006 a società unicamente partecipate dagli enti locali, a condizione
che la durata massima dell’affidamento non ecceda i cinque anni e che il 40% del
capitale sia privatizzato tramite gara (entro due anni dall’affidamento), pena la
perdita dell’affidamento.
Il successivo D.L. 269/03 (convertito con la Legge 326/03) attenua
fortemente il principio della gara nell’affidamento dei servizi, prevedendo tre
modalità di affidamento:
1. società di capitali individuate con gara;
2. società miste dove il partner privato è individuato con procedure ad
evidenza pubblica;
3. società in house23.
L’ultimo atto legislativo risulta essere il D.Lgs. 152/06, recante norme in materia
ambientale. Tale decreto ribadisce che l’aggiudicazione della gestione del SII da
parte dell’Autorità d’Ambito avviene mediante gare disciplinate dai principi e
dalle disposizioni comunitarie. In particolare l’art. 150 del citato decreto statuisce
che: (c. 2) “l’Autorità d’Ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato
mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in
conformità ai criteri di cui all’art. 113, comma 7, del Decreto legislativo del 18
agosto 2000 n. 267 e con modalità e termini stabiliti con decreto dal Ministro
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio”. (c. 3) “La gestione può essere altresì
affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti
locali compresi nell’ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive
ragioni tecniche ed economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c),
dell’art. 113 del decreto legislativo 267/2000 o a società solo parzialmente
partecipate da tali enti, secondo le previsioni del comma 5, lettera b), dell’art. 113
23
Per società in house si intendono le società a capitale interamente pubblico dove l’ente
pubblico esercita sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui servizi e tale che la
società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla. Il controllo
analogo è tuttavia un concetto non ancora oggettivamente descritto e quindi materia
giurisprudenziale in evoluzione.
77
del decreto legislativo 267/2000, purché il socio privato sia stato scelto, prima
dell’affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2”24.
7.2. Il percorso legislativo regionale di recepimento della legge Galli25
La Regione Lombardia, negli ultimi anni, ha emanato numerosi atti normativi
destinati ad indirizzare e organizzare le modalità gestionali dei servizi idrici nel
proprio territorio regionale: viene qui rivolta particolare attenzione al primo
provvedimento di recepimento della l. Galli (la l.r. 21/98, ora abrogata), e alla l.r.
26/03, come modificata dalla l.r. 18/06 (“Disciplina dei servizi locali di interesse
economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di
utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”).
Come evidenziato sopra, alla Regione spetta un ruolo fondamentale di
indirizzo tramite la produzione legislativa e l’attività di programmazione.
La prima legge regionale in materia è la 21/9826, di recepimento della
legge Galli, dove venivano sanciti gli obiettivi fondamentali della politica
regionale in materia di risorse idriche, ossia la conservazione delle risorse naturali
e la riorganizzazione del Servizio Idrico Integrato. Con riferimento a questo
secondo aspetto, in particolare, venivano individuati i 12 ATO lombardi,
seguendo i confini amministrativi delle province lombarde (ad eccezione
dell’ATO Città di Milano che segue il confine comunale) (vedi Fig. 9.1).
La legge prevedeva inoltre la possibilità di organizzare il servizio idrico
integrato in sub-ambiti, allo scopo di garantire il coordinamento degli enti gestori
esistenti, a condizione che tali sub-ambiti non avessero dimensioni inferiori ai
100.000 abitanti.
Considerando gli aspetti organizzativi, la normativa regionale ricalca
quella nazionale. L’Ambito definisce il Piano di investimenti necessari al
raggiungimento degli obiettivi di miglioramento del servizio (Piano d’Ambito),
affida il servizio idrico integrato al gestore sulla base di una convenzione, e
controlla la corretta e puntuale realizzazione del piano da parte del gestore. Allo
scopo di definire gli interventi necessari, ogni ATO deve effettuare una
ricognizione delle infrastrutture esistenti allo scopo di comprendere la consistenza
delle reti e degli impianti, nonché la loro vetustà. La mancanza di dati affidabili
24
Per un trattazione aggiornata dell’argomento va ricordato anche il Disegno di Legge 772
recante “Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali” che all’art. 2 evidenzia le
modalità di affidamento del servizio, ribadendo che la gara è la procedura di affidamento da
scegliere per i nuovi affidamenti o per il rinnovo di quelli in corso. Le altre due modalità previste
dalla l. 326/03 (ossia in house e affidamento a società a partecipazione mista) sarebbero da
ritenersi eccezionali, tanto che l’ente locale dovrebbe giustificarne il ricorso sulla base di una
”inadeguatezza dell’offerta privata”.
25
Per una trattazione più estesa dell’argomento si rimanda alla Ricerca IRER (cod. 2006C013)
“Analisi comparativa della normativa regionale in materia di produzione e distribuzione di servizi
di pubblica utilità”, Rapporto Finale dicembre 2006.
26
La l.r. 21/98 è stata abrogata dall’art. 57 della l.r. 26/03.
78
circa queste grandezze è stato uno degli elementi che ha rallentato l’attuazione
della legge Galli in Lombardia. Per colmare questo gap, nel 2001 è stato avviato il
progetto SIRIO, con l’obiettivo di costituire una banca dati regionale per censire
tutte le infrastrutture idriche sul territorio regionale: l’acquedotto (dal prelievo alla
distribuzione), la rete fognaria, gli impianti di depurazione. Allo scopo di rendere
disponibili le informazioni agli enti interessati e al pubblico, è stato poi istituito un
Osservatorio Risorse e Servizi (ORS) che si configura come un portale di accesso
alle informazioni sulla gestione delle acque in Lombardia27.
Come evidenziato sopra, l’attuazione della l.r. 21/98 e degli atti normativi
successivi era subordinata all’emanazione, in seguito attuata, da parte della
Regione Lombardia di una serie di atti di indirizzo, quali:
•
•
i regolamenti attuativi della legge regionale;
la Convenzione Tipo per la costituzione del consorzio tra gli Enti locali
compresi nell'ATO e lo Statuto consortile;
i contratti di servizio per regolare i rapporti tra l'Autorità d'ambito e
l'affidatario della gestione delle reti e dell'erogazione del SII.
•
La Regione Lombardia ha redatto gli atti necessari alla costituzione degli ATO. In
particolare, nel maggio 2001 è stato emanato il Regolamento per il funzionamento
della Conferenza d’Ambito28, ai sensi dell’art. 6 della l.r. 21/98. Tale regolamento
definisce i rapporti tra gli enti locali, stabilisce le modalità di coordinamento
regolando la composizione e l’organizzazione della Conferenza d’Ambito e
fissandone i compiti e le funzioni. La Conferenza riunisce rappresentanti degli
enti locali e della Provincia. Tale regolamento è stato successivamente modificato
nel 2004.
Il principale provvedimento regionale di regolazione delle risorse idriche e
di riorganizzazione del settore dei servizi idrici, dopo la l.r. 21/98, è la l.r. 26/03,
che disciplina i servizi locali di interesse economico generale e, al Titolo V, le
risorse idriche, considerando la pianificazione degli usi e la protezione della
risorsa (capo II e IV), nonché le norme che regolano il servizio idrico integrato
(capo III). In particolare, la norma regionale stabilisce, all’art. 41 (c.2) obiettivi di
sostenibilità ambientale, economica e sociale e individua (art. 45) nel Piano di
Gestione del Bacino Idrografico lo strumento regionale di pianificazione in
materia di risorse idriche.
Con riferimento alla delimitazione degli ambiti, conferma gli ambiti
definiti dalla l.r. 21/98, prevedendo la possibilità, per le Autorità d’Ambito, di
modificarne i confini, dandone comunicazione alla Regione. La stessa chiarisce i
compiti dell’Autorità d’Ambito (art. 48) e prevede la possibilità di procedere
all’affidamento del servizio a più enti gestori ricadenti nello stesso ambito, nel
momento in cui tale scelta risponda a una serie precisa di criteri di efficacia,
efficienza ed economicità. Tali disposizioni sono state modificate dalla l.r. 18/06
che dà la possibilità al comune e alla provincia di Milano di ridefinire
27
28
http://www.ors.regione.lombardia.it/
Allegato alla DGR n. 4669 del 18 maggio 2001.
79
l’organizzazione degli ATO Provincia di Milano e Città di Milano. Tale proposta
deve essere approvata dalla Giunta Regionale. Per il comune di Milano è
consentita la facoltà di costituire l’Autorità come ente unico. La stessa legge
ridefinisce anche i compiti delle Autorità d’Ambito, che rimangono responsabili
dell’organizzazione del servizio attraverso l’indicazione di linee strategiche, la
definizione della convenzione tra enti locali dello stesso ATO e del contratto di
servizio (entrambi sulla base dello schema tipo regionale). Sono confermati i
compiti indicati dalla normativa nazionale, ossia la ricognizione delle opere, la
determinazione della tariffa e l’affidamento del servizio.
Per completare il quadro dei soggetti istituzionali e degli strumenti
coinvolti nell’attuazione della legge Galli in Lombardia, va segnalato che la
normativa regionale ha introdotto:
-
la figura del Garante dei servizi locali di interesse economico generale,
avente funzioni di controllo, regolazione e tutela nella fornitura dei servizi;
l’Osservatorio regionale risorse e servizi avente essenzialmente finalità di
raccolta, elaborazione e gestione dei dati relativi alla qualità dei servizi
erogati;
Gli elementi più innovativi introdotti dalla riforma del 2003 consistono nella
definizione di un modello gestionale più articolato rispetto a quello definito dal
legislatore nazionale. In termini generali, la l.r. 26/03 regolamenta la disciplina
riguardante i servizi di interesse economico generale in cui rientrano, secondo il
legislatore regionale, anche i servizi idrici.
La versione del 2003 prevedeva la possibilità, per gli enti locali, di
separare l’attività di gestione delle reti e degli impianti dall’attività di erogazione
del servizio e di conferire le reti e gli impianti a società di capitali a
partecipazione totalmente o parzialmente pubblica. Nel caso di partecipazione non
totalitaria pubblica la versione originaria della l.r. 26/03 prevedeva che la scelta
del socio privato avvenisse tramite procedure ad evidenza pubblica. Nella
versione del 2003, era prevista la possibilità, per gli enti locali, di affidare
l’attività di erogazione congiuntamente all’attività di gestione delle reti, a
condizione che ciò non fosse vietato da normative di settore e che ne venisse
dimostrata la convenienza economica. La stessa introduceva l’obbligo della gara
per la scelta dell’operatore responsabile dell’erogazione del servizio (art. 2 co. 6).
Nell’ultima modifica (l.r. 18/06) è ribadito l’obbligo di separazione tra le
attività di gestione delle reti ed erogazione del servizio, ad esclusione dell’Ambito
Città di Milano. La gestione delle reti è affidata alle società patrimoniali costituite
come descritto sopra, “a condizione che ciascuna di esse sia unica a livello di
ambito e vi partecipino, direttamente o indirettamente, mediante conferimento
della proprietà delle [reti e degli impianti o] del relativo ramo d’azienda, enti
locali rappresentativi di almeno due terzi del numero dei comuni dell’ambito”. La
Regione (art. 9) sostiene l’affidamento in forma associata dei servizi o
l’affidamento congiunto di più servizi di interesse economico generale. Infine,
80
l’art. 12, stabilisce che le erogazioni affidate con procedure diverse dall’evidenza
pubblica cessino alla scadenza stabilita, ma non oltre il 31 dicembre 200729.
La l.r. 18/2006 definisce puntualmente le attività attinenti alla gestione
delle reti da quelle riguardanti l’erogazione del servizio (art. 2 cc. 4 e 5),
intendendo con le prime le attività di “realizzazione degli investimenti
infrastrutturali destinati all’ampliamento e potenziamento di reti ed impianti,
nonché gli interventi di ristrutturazione e valorizzazione necessari per adeguarne
nel tempo le caratteristiche funzionali”; con le seconde “le attività legate alla
fornitura agli utenti del servizio stesso, ivi incluse le attività di manutenzione di
reti ed impianti”. La caratterizzazione delle attività di gestione ed erogazione del
servizio era già stata specificata dal Regolamento Regionale n. 4 del 28 febbraio
2005 (vedi Tab. 7.1).
Con riguardo alla gestione del servizio, si ribadisce che alla scadenza
dell’affidamento le reti devono ritornare agli enti locali, a titolo gratuito. Si
introduce, pertanto, l’obbligo di ammortizzare i beni durante il periodo di
affidamento. La durata degli affidamenti è determinata dagli enti locali.
La legge è stata impugnata lo scorso 6 ottobre 2006 dal Consiglio dei
Ministri, adducendo diverse motivazioni:
•
La scelta di un’unica modalità di affidamento del servizio, effettuata dalla
regione, eccederebbe dalle competenze regionali;
•
La modalità gestionale indicata (la gara) violerebbe la possibilità sancita
dalla legislazione nazionale di ricorrere a tre diverse opzioni per
l’affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica;
•
La separazione tra attività di gestione del servizio da quelle di erogazione
delle reti per i servizi idrici sarebbe in contrasto con il d. lgs. 152/06,
quando stabilisce che il servizio idrico integrato deve essere gestito nel
rispetto delle norme nazionali e comunitarie sulla base del principio
dell’unicità della gestione.
Il problema qui, evidentemente, consiste nel riconoscere la legittimità di
normative regionali in contrasto con la normativa nazionale.
La politica di gestione dei servizi idrici diventa quindi il risultato
dell’azione di diversi soggetti, dove la Regione Lombardia viene ad avere poteri
sostitutivi (in caso di inazione degli enti locali) o di vigilanza. La Regione riveste
sempre più un ruolo fondamentale nello strutturare il modello organizzativo dei
servizi idrici (IReR, 2006) in quanto, oltre all’approvazione di atti legislativi, sta
supportando l’attuazione della legge regionale su temi riguardanti le risorse
idriche e l'organizzazione del servizio idrico integrato, attraverso un’azione di
accompagnamento (cfr. cap. 10).
29
In realtà è l’art. 15 del DL 223/2006 (il c.d. Decreto Bersani) ad aver accordato la proroga
di un anno (e quindi al 31/12/2007) la scadenza del periodo transitorio, limitatamente al Servizio
Idrico Integrato, rispetto al termine previsto dall’art. 113, comma 15-bis, del TUEL e quindi dalla
LR 18/2006
81
La Regione ha fissato lo schema di Convenzione, ossia del rapporto di
cooperazione tra gli enti locali. Inoltre, sono stati stabiliti i contenuti dello schema
di convenzione tipo (contratto di servizio) tra l’ATO e l’affidatario del SII. Tale
convenzione deve essere modificata per considerare le modifiche introdotte dal
d.lgs. 152/06, che prevede che le AATO diventino delle strutture dotate di
personalità giuridica.
La Tabella 7.1 riassume i documenti legislativi e di indirizzo emanati dalla
Regione Lombardia in seguito all’emanazione della legge Galli.
Tabella 7.1 – Riepilogo leggi, atti di indirizzo e normative di Regione Lombardia in seguito
all’emanazione della legge Galli
Provvedimento
Titolo
L. R. 20 ottobre 1998, n.
21
Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ambiti territoriali
ottimali in attuazione della Legge 5/01/1994 n. 36 “Disposizioni in materia di
risorse idriche”
R.R. 16 luglio 2001, n. 5
per il funzionamento della
conferenza
dell'ambito
territoriale ottimale
Schema di Regolamento come previsto dall'Art. 6 della L.R. 20 ottobre 1998 n. 21
D.C.R. 15 gennaio 2002,
n. VII/402
Piano regionale di risanamento delle acque (PRRA) settori funzionali pubblici
servizi di acquedotto, fognatura, collettamento e depurazione (l.r. 32/80 e l.r.
58/84).
DGR
n.
20.12.2002
11687
del
Approvazione Schema di Accordo di Programma Quadro “Tutela delle acque e
gestione integrata delle risorse idriche”
DGR
n.
14.03.2003
12417
del
Approvazione 1° e 2° fase dell’Accordo di Programma Quadro
DGR
n.
14.11.2003
15059
del
Protocolli d'intesa tra la Regione Lombardia e le Autorità d'Ambito delle Province
di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia,
Sondrio, Varese e della Città di Milano, per : Attuazione dell'Accordo di
Programma Quadro - Tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche
sottoscritto in data 21 dicembre 2002 - Disciplina dello svolgimento delle attività
connesse alla redazione dei Piani d'Ambito
del
Approvazione 3° fase dell’Accordo di Programma Quadro
Approvazione della proposta di piano
DGR n. VII/15501
5.12.2003
L.R. 12 dicembre 2003, n.
26
Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di
gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche
R.R. per il funzionamento
della
conferenza
dell'ambito
territoriale
ottimale
Modifiche apportate a seguito delle delibere della Conferenza d'Ambito n. 8/04
del 27/10/2004 e n. 2/05 del 27/04/2005
DGR n. VII/19039
15.10.2004
Approvazione 4° fase dell’Accordo di Programma Quadro
del
D.G.R. n. 20121 del 23
dicembre 2004
Schemi tipo per l'organizzazione del Servizio Idrico Integrato
R.R. 28 febbraio 2005, n.
4
Ripartizione dei segmenti di attività tra gestore di reti ed impianti ed erogatore del
servizio, nonché determinazione dei criteri di riferimento ai fini dell'affidamento,
da parte dell'autorità d'ambito, del servizio idrico integrato ad una pluralità di
soggetti, in attuazione dell'articolo 49, comma 3, della legge regionale 12
dicembre 2003, n. 26
DGR 4 agosto 2005 - n°
8/528
"Approvazione dello schema di protocollo d'intesa per il controllo degli scarichi
degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane"
82
R.R. 24 marzo 2006, n. 2
Disciplina dell'uso delle acque superficiali e sotterranee, dell'utilizzo delle acque a
uso domestico, del risparmio idrico e del riutilizzo dell'acqua in attuazione dell'Art.
52, comma 1, lettera c) della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26
R.R. 24 marzo 2006, n. 3
Disciplina e regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di
reti fognarie, in attuazione dell'Art. 52, comma 1, lettera a) della L.R. 12 dicembre
2003, n. 26.
R.R. 24 marzo 2006, n. 4
Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree
esterne, in attuazione dell'articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale
12 dicembre 2003, n. 26
D.G.R. 5 aprile 2006, n.
8/2318
Norme tecniche regionali in materia di trattamento degli scarichi di acque reflue in
attuazione dell'Art. 3, comma 1 del Regolamento Reg. 2006, n.3
DGR 17 maggio 2006 - n°
8/2557
"Direttiva per l'individuazione degli agglomerati, ai sensi dell'articolo 44, comma 1,
lettera c) l.r. n. 26/2003, - Disciplina dei servizi di interesse economico generale
Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di
risorse idriche"
DGR n. 8/2772
"Direttiva per l'accertamento dell'inquinamento delle acque di seconda pioggia in
attuazione dell'art. 14, comma 2, del Regolamento Regionale n° 4/2006"
DGR 5 aprile 2006, n°
8/2318
"Norme tecniche regionali in materia di trattamento degli scarichi di acque reflue
in attuazione dell'articolo 3, comma 1 del Regolamento reg. 2006, n.3"
L.R. 8 agosto 2006, n. 18
Conferimento di funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse
economico generale. Modifiche alla L.R. 26/2003 “Disciplina dei servizi locali di
interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia,
di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”
DGR 13 dicembre 2006,
n. VIII/3789
Programma di Tutela e Uso delle Acque. Indicazioni alle Autorità d’Ambito per la
definizione degli interventi prioritari del ciclo dell’acqua (l.r. 26/03)
R.R. 3 aprile 2007, n. 3
Incentivi e contributi per il servizio idrico integrato, in attuazione dell'art. 50,
comma 2, della l.r. 26/2003
R.R. 3 aprile 2007, n. 4
Standard qualitativi e modalità di gestione per l'erogazione dei servizi locali di
interesse economico generale e criteri di ammissibilità e aggiudicazione delle
gare. Standard relativi al servizio idrico integrato, in attuazione dell'art. 2, comma
10, della l.r. 26/2003
Fonte: elaborazioni IRER
83
Capitolo 8
La caratterizzazione dei servizi idrici
8.1. Dotazione infrastrutturale
Ai sensi della normativa di settore vigente, i Comuni e le Province operano la
ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di
depurazione esistenti e definiscono procedure e modalità, anche su base
pluriennale, per assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti dalla legge
stessa. La ricognizione, come già accennato, è l’indispensabile attività preordinata
alla redazione dei Piani d’ambito, consentendo di precisare il quadro delle
conoscenze relative ai livelli attuali del servizio, le carenze e le criticità esistenti,
la qualità delle strutture e la loro affidabilità nel tempo.
L’attività di rilevamento è stata condotta sin dal 2001 secondo le modalità
previste in appositi Protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le Province e le
Autorità d’ambito allora costituite, acquisendo i dati tecnici, economici e
gestionali concernenti le infrastrutture di acquedotto, fognatura e depurazione
presenti sul territorio. I dati rilevati, previa verifica di congruità, sono stati inseriti
su supporto informatico, al fine di restituirli in forma alfanumerica e cartografica,
avviando il sistema del catasto infrastrutture, denominato S.I.R.I.O.
Con riferimento alle diverse parti costituenti il servizio idrico, sono di
seguito riportati gli elementi più significativi derivanti dalla predetta ricognizione
con specifiche analisi di aggiornamento condotte sulla parte relativa alla
depurazione (database regionale di aggiornamento, gennaio 2007). Per quanto
riguarda gli aspetti gestionali, occorre precisare che i processi in corso legati
all’attuazione della riforma dei servizi idrici hanno modificato, in qualche caso
anche notevolmente, il quadro – ormai datato - delineato dalla ricognizione, su cui
in questa sede si è pertanto ritenuto opportuno sorvolare.
8.1.1. Acquedotti
La Lombardia è caratterizzata da una favorevole situazione sotto il profilo
dell’accesso alle risorse idriche, circostanza che ha condotto le diverse comunità a
ritenere praticamente illimitate le possibilità di approvvigionamento. Di
conseguenza gli impianti di acquedotto si configurano in genere in strutture
frazionate sotto l’aspetto fisico, al punto che la dimensione più frequente è quella
che interessa il territorio comunale o parte dello stesso. A fronte di tale realtà, è da
rilevare comunque anche la presenza di impianti la cui estensione territoriale
assume una dimensione significativa, in particolare nell’area di pianura.
Il grado di copertura del servizio è elevato, interessando il 97,2% della
popolazione residente lombarda (COVIRI, 2004). In Tabella 8.1 sono riportate,
suddivise per ATO, le informazioni sul numero delle gestioni di acquedotto,
(1226), degli impianti di acquedotto (2585), e sull’estensione delle reti di
distribuzione (37.436 km)30.
Tabella 8.1 - Acquedotti con suddivisione in Impianti di acquedotto e Reti di distribuzione e
relative estensioni divise per ATO
ATO
Acquedotti
N.
Estensione
Impianti di acquedotto
Tipologia di gestione
[km]
Comun.
Intercomun.
6.754
154
16
N.
Estensione
Reti di distribuzione
N.
Estensione
452
5.573
[km]
425
1.181
[km]
BG
170
BS
206
6.370
192
14
447
1.015
402
5.354
CO
171
4.520
142
29
348
1.222
206
3.298
CR
8
2.109
7
1
133
501
130
1.609
LC
89
2.299
44
45
153
830
139
1.469
LO
5
1.215
4
1
37
7
61
1.207
MN
55
1.852
30
25
60
65
74
1.787
MI
143
7.370
41
102
313
193
177
7.176
MI Città
1
2.226
1
0
31
9
1
2.217
PV
176
2.956
141
35
288
281
346
2.675
SO
78
1.926
78
0
78
668
78
1.258
VA
124
4.189
118
6
272
376
197
3.813
TOT
1.226
43.785
952
274
2.585
6.349
2.263
37.436
Fonte: database regionale SIRIO
Come desumibile dalla Figura 8.1, le acque sotterranee hanno un ruolo
preminente nel quadro dell’utilizzo della risorsa a fini potabili, mentre alle acque
superficiali è attribuita la funzione di integrazione, anche se in talune province
percentualmente rilevante. In Tabella 8.2 sono riportate, suddivise per ATO, il
numero e la tipologia delle captazioni, ed i volumi captati. Notevole, in relazione
alla conformazione territoriale, è l’apporto da sorgenti negli ambiti di Bergamo,
Lecco e Sondrio. In Figura 8.2 è indicata la percentuale sul volume totale captato
da parte degli acquedotti presenti nei diversi ATO. I dati sono coerenti con la
30
Secondo la terminologia utilizzata in SIRIO:
Acquedotto: censito in relazione al soggetto gestore, con il proprio bacino d’utenza, il conto
economico e la tariffa applicata;
Impianto di acquedotto: rilevazione dei dati tecnici inerenti le condotte di trasporto, le opere
puntuali e il volume di acqua erogato;
Rete di distribuzione: descrizione dei dati tecnici delle condotte e indicazione della popolazione
servita).
86
struttura socio–economica presente nelle varie realtà territoriali, con l’attribuzione
di più del 45% di tale volume agli ATO Milano Provincia e Milano Città.
Figura 8.1 - Percentuale del Volume captato per tipologia di captazione
Sorgenti
13%
Pozzi
84%
Acque
Superficiali
3%
Fonte: PTUA Lombardia, 2006
Tabella 8.2 - Captazioni per ATO con volumi captati
CAPTAZIONI
ATO
Sorgenti
Acque
Pozzi
Sup.
N. captazioni
VOLUMI CAPTATI
TOT
Sorgenti
Acque Sup.
Pozzi
TOT
[mc/anno]
BG
674
3
226
903
117.586.965
107.900
63.318.066
181.012.931
BS
523
17
354
894
13.763.563
4.974.943
113.682.852
132.421.358
CO
397
13
275
685
4.990.506
18.215.418
46.999.681
70.205.605
CR
-
-
216
216
-
-
42.326.285
42.326.285
43.209.147
LC
202
2
101
305
14.209.483
17.278.846
11.720.818
LO
-
-
102
102
-
-
29.398.260
29.398.260
MN
-
-
104
104
-
-
32.394.245
32.394.245
MI
-
-
903
903
-
-
334.663.011
334.663.011
MI Città
-
-
576
576
-
-
421.186.705
421.186.705
PV
164
-
329
493
14.072.480
-
46.572.847
60.645.327
SO
858
-
17
875
39.801.317
-
788.604
40.589.921
VA
272
10
376
658
1.660.426
500.000
243.451.209
245.611.635
TOT
3.090
45
3.545
6.680
206.084.740
41.077.107 1.386.502.583 1.633.664.430
Fonte: database regionale SIRIO
87
Figura 8.2 - Percentuale del Volume captato per ATO
VA
SO
PV
MI Città
MI Prov
MN
LO
LC
CR
CO
BS
BG
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
Fonte: PTUA Lombardia, 2006
Gli impianti di trattamento delle acque potabili sono oltre 1.000, con il 75% delle
acque trattate soggette a disinfezione e il restante 25% a processi più complessi,
mirati alla rimozione di microinquinanti organici, ferro, manganese, arsenico,
ammoniaca, nitrati, fitofarmaci …
A tal proposito è importante rilevare che la presenza di tali inquinanti, e
quindi la crescente necessità di adeguati trattamenti di potabilizzazione, sta di
recente mettendo in discussione il tradizionale emungimento da falda, facendo
quindi propendere per l’uso, ai fini idropotabli, delle acque superficiali.
8.1.2. Reti fognarie
Il servizio di fognatura copre gran parte delle aree urbanizzate, assommando al
99% il numero dei comuni serviti totalmente o parzialmente, con una popolazione
residente servita pari al 93,6% (COVIRI, 2004). A fronte di tale situazione,
occorre osservare che un numero considerevole di reti fognarie è caratterizzato da
scarsa organicità, dovuta principalmente all’innesto non programmato di ulteriori
reti al nucleo originario a seguito dei successivi sviluppi del tessuto urbanistico.
Riguardo alla tipologia delle reti, quella nettamente prevalente è la mista.
Solo negli ultimi anni si è infatti accentuata la tendenza a realizzare reti separate,
in particolare nelle aree di espansione urbana.
88
Le perdite delle reti, responsabili di situazioni di degrado in alcune aree
del territorio per la presenza di nitrati nelle acque sotterranee, non sono facilmente
stimabili. Tale problema è comunque da mettere in relazione all’età delle
infrastrutture e allo stato di manutenzione, nonché all’adeguatezza delle stesse a
sopportare i carichi crescenti di acque reflue urbane.
In Tabella 8.3 sono indicati i recapiti e la lunghezza delle sottoreti
fognarie, suddivisi per ATO31. I dati evidenziano situazioni di scarichi non
depurati, ascrivibili prevalentemente ad agglomerati di piccole dimensioni, con
qualche peraltro notevole eccezione, oltre ad una mancanza di informazioni per le
reti fognarie di limitata estensione.
Tabella 8.3 - Sottoreti fognarie per tipologia di recapito e per ATO
SOTTORETI FOGNARIE
ATO
RETI
FOGNARIE
TOT
N
In corpo idrico
[km]
N
[km]
In impianto di
depurazione
N
[km]
Spandimento
su suolo
N
[km]
nd
N
[km]
BG
257
1.199
4.202
636
757
493
3.356
44
18
26
71
BS
208
1.004
2.854
618
652
290
1.892
27
18
69
292
CO
176
1.205
2.654
405
480
661
1.751
43
66
96
358
CR
116
295
1.292
136
293
128
976
30
18
1
4
LC
101
510
1.566
137
187
285
1.257
18
15
70
107
LO
65
151
744
31
54
117
686
2
0
1
3
MN
72
198
1.672
48
99
142
1.539
3
0
5
33
MI
206
1.749
4.731
549
1.452
961
2.417
61
275
178
587
MI CITTA’
1
3
1.402
2
855
1
547
0
0
0
0
PV
190
1.030
2.255
301
351
708
1.873
16
10
5
21
SO
96
126
1.257
5
52
3
103
0
0
118
1.102
502
663
1.921
76
50
26
66
5.735 4.452
18.320
320
469
595
2.645
VA
TOTALE
151
1.291
2.539
526
1.639
8.761
27.169
3.394
Fonte: database regionale SIRIO
31
Secondo la terminologia utilizzata nel catasto SIRIO: rete fognaria: censita in relazione al
soggetto gestore, con il conto economico e la tariffa applicata; sottorete fognaria: rilevazione dei
dati tecnici inerenti le canalizzazioni, della popolazione servita, della tipologia di recapito finale,
dei dati relativi alle opere puntuali e dello stato di funzionalità
89
Figura 8.3 - Percentuale della lunghezza di sottorete fognaria per tipi di recapito
Spandimento
non disponibile
su suolo
2%
1%
In corpo idrico
21 %
In impianto di
depurazione
67 %
Fonte: PTUA Lombardia, 2006
Il 67% degli scarichi derivanti da fognature è collegato a un impianto di
trattamento delle acque reflue urbane, mentre la restante parte recapita in corpo
idrico o sul suolo, senza trattamenti preliminari (vedi Fig. 8.3).
Poco diffusi inoltre sono i dispositivi atti a ridurre l’impatto quali–
quantitativo delle acque provenienti dagli sfioratori di piena sui corpi idrici
ricettori, in particolare da evidenziare l’esiguo numero di vasche di laminazione
presenti sulle reti fognarie.
8.1.3. Impianti di depurazione
La situazione relativa alla depurazione delle acque reflue urbane si presenta
differenziata, con impianti di depurazione di dimensioni notevoli, muniti spesso di
estesi sistemi di collettamento, nelle zone ad elevata urbanizzazione o in alcuni
bacini lacustri, mentre nelle aree meno abitate sono preponderanti i piccoli
impianti.
Il numero complessivo di impianti, la cui distribuzione territoriale è
indicata in Figura 8.4, è pari a 1.097, con una potenzialità pari a 12.045.707
abitanti equivalenti32 (AE). Gli impianti con potenzialità superiore a 100.000 AE
(2% del numero complessivo) rappresentano il 57% della potenzialità
complessiva di trattamento. Quelli con potenzialità inferiore a 2.000 AE (32% del
numero totale) trattano circa il 3% del carico totale. L’evidente generale
diffusione di impianti di depurazione di taglia medio-piccola, legata alla storica
gestione in economia del settore, induce in questi impianti forti difficoltà, per gli
alti costi di gestione, a dotarsi di stadi di affinamento terziario.
Tali dati sono indicativi di situazioni territoriali e socio-economiche
differenziate (vedi par. 9.1), ma anche, in alcuni casi, di insufficienza di risorse e
32
Gli Abitanti Equivalenti rappresentano l'unità di misura con cui viene convenzionalmente
espresso il carico inquinante organico biodegradabile in arrivo all'impianto di depurazione,
secondo l'equivalenza: 1 abitante equivalente = 60 grammi/giorno di BOD5.
90
di programmazione a livello locale, che non hanno consentito di ottimizzare la
complessa problematica legata allo smaltimento delle acque reflue urbane.
Figura 8.4 – Distribuzione territoriale dei depuratori esistenti suddivisi per categoria
dimensionale rispetto agli AE trattati
Fonte: Elaborazione IReR su dati Regione Lombardia (agg. Gennaio 2007)
91
A livello di ATO, lo scenario relativo agli impianti presenta notevolissime
differenze, con un maggiore accentramento del sistema depurativo negli ATO di
Milano Provincia e Milano Città e situazioni di forte decentramento negli ATO di
Pavia e di Mantova (Tab. 8.4). Il numero di AE attualmente trattato negli impianti
localizzati nei diversi ATO e la percentuale rispetto al totale regionale è
sintetizzato nelle Figure 8.5 e 8.6. Gli impianti intercomunali rappresentano il
70% della potenzialità complessiva di trattamento.
Gli impianti con trattamenti semplificati costituiscono il 35% del totale,
quelli dotati di fasi di processo più affinate del secondario il 40%. Problematico si
presenta per molti impianti ottenere una resa elevata nell’abbattimento del carico,
stante la frequente diluizione dei reflui in ingresso.
Tabella 8.4 - Scenario attuale depuratori per ATO con suddivisione in classi AE
ATO
n.
AE Att.
Suddivisione per classi
1
AE
2
AE
3
AE
4
AE
Intercomunali
5
AE
6
AE
n.
AE
BG
84 1.300.139 4
561.207 5
343.816 9
200.510 14 104.380 15 60.900 37 29.943 231.088.613
BS
194 1.188.617 2
660.000 0
12
230.679 19 143.772 41 134.679 120 79.412 14 820.432
CO
39
672.556 2
333.812 3
196.300 4
102.300 5 40.050
CR
92
456.331 2
276.500 1
99.000 5
99.100 3 22.700
197.715 3 21.374
LC
54
285.211 0
2
138.257 9
LO
67
189.111 0
0
5
MN
112
337.824 0
MI
MI Città
1
83.316 4
50 2.899.651 10 2.354.011 6
408.616 10
2 2.300.000 2 1.800.000 0
0
PV
120
536.743 1
143.869 4
288.038 6
SO
39
291.594 0
0
11
70 1.166.644 3
700.000 3
238.270 9
VA
TOT
122.820 0
5 13.700 20
2.015 17 673.962
8 25.375 73 43.478
6 17.471 34 21.972
10 34.827 52 48.234
8 447.024
9 222.871
3
38.320
75.519 6 42.521 21 69.982 80 68.222 16 132.015
320.361 5 42.362
0
8 28.254 11 13.879 232.768.728
0
0
1 570.000
158.000 7 55.400 11 40.902 91 65.792 21 314.513
302.066 1
7.000
6 18.527 21 14.460 14 238.292
167.867 9 60.832 10 32.870 36 20.473 251.133.045
923 12.045.707 26 6.829.39925 1.795.613 84 1.976.937 72 540.391 141 477.487 575 425.880 1748.447.815
Fonte: Elaborazione IReR su dati Regione Lombardia (agg. Gennaio 2007)
Classi AE
300 - 2.000
2.001 - 5.000
5.001 - 10.000
10.001 - 50.000
50.001 - 100.000
> 100.000
92
6
5
4
3
2
1
Figura 8.5 - AE trattati da impianto di depurazione distinti per ATO
194
120
112
92
84
70
67
54
50
39
39
2
BG
BS
CO
CR
LC
LO
MN
MI
PV
SO
VA
MI Città
Figura 8.6 - Percentuale di depurazione rispetto al totale della Lombardia
BG
11%
MI Città
15%
BS
10%
VA
10%
CO
6%
SO
3%
CR
5%
LC
3%
PV
6%
MN
3%
MI
26%
LO
2%
Fonte: Elaborazione IReR su dati Regione Lombardia (agg. Gennaio 2007)
93
8.2. Qualità e accessibilità del servizio
Il tema della qualità e accessibilità del servizio è inscindibilmente legato a quello
della dotazione infrastrutturale e dell’efficienza gestionale: la realizzazione di
infrastrutture e di interventi di manutenzione straordinaria sono infatti
imprescindibili per garantire significativi miglioramenti nel servizio.
Nel caso lombardo, come visto nei paragrafi precedenti, si può su linee
generali asserire che il grado di copertura del servizio è soddisfacente per tutti i
segmenti del servizio idrico integrato.
La fornitura di acqua a scopi idropotabili risulta adeguata su tutto il
territorio regionale. In particolare la dotazione media giornaliera ammonta a 358,3
l/ab/giorno, superiore alla media nazionale pari a 286 l/ab/giorno (COVIRI, 2004)
anche se poi vi sono punte di approvvigionamento che toccano i 1.000 litri (vd.
Fig. 8.7), attribuibili soprattutto alle grandi città dove le significative disponibilità
idriche inducono comportamenti di spreco della risorsa (vedi il caso di Milano).
Figura 8.7 – Dotazione media giornaliera procapite di acqua potabile (l/ab/giorno) nelle
regioni italiane
358
<200
200 - 300
300 - 400
>400
N.A
Fonte: COVIRI, 2004
94
Anche la stima di perdita dalle reti di acquedotto sono contenute in comparazione
alla media nazionale (40,1%). A scala regionale sono state calcolate essere in
media al 21,3%, con valori che possono raggiungere localmente il 30 – 40% (vd.
Fig 8.8).
Figura 8.8 – Stima percentuale di perdita dalle reti di acquedotto nelle regioni italiane
21,3
<35
35%45%>50
N.A
Fonte: COVIRI, 2004
8.2.1. La customer satisfaction degli utenti del servizio
L’indagine multiscopo dell’ISTAT (Bancaintesa, 2006) consente di tracciare un
quadro su scala nazionale del livello di soddisfazione degli utenti del servizio
idrico raccogliendo le risposte di un campione di cittadini a una pluralità di
domande sulla qualità della vita. Da tale indagine dal 2000 viene registrata su
scala nazionale una lieve flessione nel numero di denunce per irregolarità
95
nell’erogazione dell’acqua e una più significativa diminuzione della percentuale
di famiglie che non si fidano a bere acqua dal rubinetto.
Per una valutazione analoga su scala regionale, interessanti sono gli esiti di
una recente ricerca condotta in IReR33 volta a realizzare un’analisi della Customer
Satisfaction dei Servizi di Pubblica Utilità, tra cui anche il servizio idrico
lombardo.
In tale analisi la somministrazione di un questionario ad un campione - di
numerosità pari ad 800 - ha consentito di effettuare stime ed inferenze del
fenomeno indagato a livello di settore per tutta la regione nel suo complesso con
un livello di confidenza pari al 95%.
Le figure 8.11 e 8.12 rappresentano i risultati della sezione del
questionario relativa alla qualità percepita dagli intervistati relativamente al
servizio fornito dalla propria azienda idrica; in particolare è stato loro richiesto di
esprimere con un punteggio da 1 a 10 il livello di qualità percepita per quanto
riguarda gli aspetti relativi al Customer care (Fig, 8.11) e agli aspetti relativi al
prodotto e processo di erogazione del servizio (Fig. 8.12).
Figura 8.11 - La qualità percepita dagli intervistati sul servizio di Customer care
Qualità complessiva
customer care
45,4
36,1
10,8
64,0
Preavviso per interruzioni
23,4
58,7
Cortesia personale
7,7
7,9 4,7
33,4
4,1 3,8
Professionalità personale
54,8
31,8
8,3 5,1
Accessibilità uffici
53,3
33,7
7,5 5,5
51,1
Tempi di attesa
41,8
Servizi web
Disponibilità informazioni
0%
33,5
22,8
27,6
20,8
20%
17,2
40%
7,7
16,3
Molto soddisfatti
Soddisfatti
Insoddisfatti
Molto insoddisfatti
7,7
14,3
39,2
60%
80%
100%
Fonte: IReR, 2005
33
IReR, “Analisi della Customer Satisfaction dei Servizi di Pubblica Utilità” (cod. 2004A049), Rapporto
finale novembre 2005
96
Figura 8.12 - La qualità percepita dagli intervistati sul servizio idrico
56,2
Qualità complessiva del servizio
71,8
Continuità servizio
Adeguatezza fogne
57,2
Limpidezza acqua
56,1
Risposta richieste cliente
52,3
Odore, sapore acqua
50,6
0%
30,5
58,7
Chiarezza bollette e contatore
24,6
6,0 2,5
23,3
62,0
Tempestività per guasti
Durezza acqua
35,3
31,6
28,5
32,9
34,6
34,4
32,6
27,5
4,3 0,6
4,8 2,7
6,2 3,5
10,1 4,2
7,1 3,9
Molto soddisfatti
Soddisfatti
Insoddisfatti
Molto insoddisfatti
9,7 3,4
10,2 4,8
15,3
10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Fonte: IReR, 2005
Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’attenzione al cliente occorre sottolineare
che diversi intervistati non hanno saputo esprimere un giudizio o per scarsa
conoscenza del servizio dovuto a poca informazione da parte dell’azienda idrica o
per mancato utilizzo o contatto con l’azienda.
Per tutti gli aspetti relativi al prodotto acqua e al processo di erogazione
del servizio si riscontrano indici di qualità percepita molto elevata generalmente
superiore all’85%, fatta eccezione per la durezza dell’acqua che presenta un indice
pari al 57,2%; aspetti che presentano margini di miglioramento risultano essere il
sapore dell’acqua e l’adeguatezza del sistema fognario. Molto elevato l’indice
complessivo di qualità percepita che raggiunge il 91,5%.
La Figura 8.13 rappresenta i risultati della sezione del questionario relativa
al valore percepito del servizio fornito dalla propria azienda idrica; in particolare è
stato richiesto agli intervistati di esprimere, con un punteggio da 1 a 10, il grado di
accordo con due affermazioni, la prima relativa al rapporto qualità/prezzo del
servizio fornito e la seconda relativa al rapporto qualità/prezzo comparato con
quello fornito da altre aziende idriche. Per entrambe le affermazioni proposte si
registra un indice di valore percepito abbastanza elevato (la somma delle
percentuali degli intervistati che sono molto d’accordo e abbastanza d’accordo
con le affermazioni proposte) sebbene migliorabile, che raggiunge il 75,5% per il
valore percepito dei servizi forniti e quasi il 70% per il valore percepito
comparato ad altre aziende idriche.
Il rapporto qualità/prezzo rispetto ad altri comuni ha tuttavia registrato un
elevato tasso di mancate risposte, probabilmente legato alla non semplice
comparabilità complessiva del servizio idrico. E’ preferibile pertanto evitare
ulteriori sotto- analisi delle risposte al quesito in questione.
97
Figura 8.13 - Il valore percepito del servizio idrico secondo gli intervistati
Buon rapporto
qualità/prezzo del
servizio
31,7
43,8
15,9
8,6
molto d'accordo
abbastanza d'accordo
poco d'accordo
per nulla d'accordo
Buon rapporto
qualità/prezzo
comparato ad altri
comuni
33,7
0%
20%
36,0
40%
19,4
60%
10,9
80%
100%
Fonte: IReR, 2005
La Figura 8.14 rappresenta i risultati della sezione del questionario relativa al
livello di soddisfazione degli intervistati sul servizio fornito dalla propria azienda
idrica; in particolare è stato loro richiesto di esprimere con un punteggio da 1 a 10
il proprio livello di soddisfazione globale, rispetto alle attese e al servizio ideale.
In tutti i casi l’indice di soddisfazione (somma delle percentuali degli intervistati
che hanno dichiarato di essere molto soddisfatti e soddisfatti) si presenta elevato e
va dall’85%, per quanto riguarda la soddisfazione rispetto all’ideale, a quasi il
91%, per quanto riguarda la soddisfazione complessiva. Sono comunque possibili
ulteriori margini di miglioramento visto che vi è un’ampia fascia di intervistati
che si dichiarano soddisfatti che vanno monitorati.
La soddisfazione complessiva, infine, raggiunge i suoi picchi più elevati a
Sondrio e Pavia (il minimo a Mantova e Lecco).
Figura 8.14 - Il livello di soddisfazione degli intervistati
Soddisfazione rispetto
all'ideale
Soddisfazione rispetto alle
attese
38,0
43,9
20%
11,2 3,9
45,1
48,0
Soddisfazione
complessiva
0%
46,9
8,2 2,8
42,6
40%
60%
Fonte: IReR 2005
98
7,4 2,0
80%
100%
Molto soddisfatti
Soddisfatti
Insoddisfatti
Molto insoddisfatti
8.3.
Evoluzione della domanda d’acqua e risparmio idrico
La ricostruzione del quadro attuale di fornitura e gestione del servizio non è
sicuramente sufficiente a comprendere le criticità a cui il settore dovrà far fronte
nei prossimi anni.
A tale scopo è necessario considerare l’evoluzione della domanda
d’acqua a fini idropotabili, allo scopo di comprendere se l’attuale copertura del
servizio sarà sufficiente a soddisfare tale fabbisogno.
La tabella 8.5 evidenzia l’evoluzione della domanda, espressa come mc
erogati, prevista dai Piani d’Ambito approvati finora. Tutti i Piani disponibili,
stimano un incremento percentuale dei volumi erogati (anche fino al 48%).
Queste variazioni sono state calcolate considerando i trend demografici
degli ATO, ipotizzando quindi che il consumo di acqua pro-capite rimanga
invariato. Se queste stime fossero confermate dalle reali dinamiche della
domanda, in alcuni casi emergerebbero dubbi circa la capacità del sistema
infrastrutturale di far fronte alla domanda.
Nonostante alcuni Piani indichino tra le opzioni di policy l’introduzione di
campagne di sensibilizzazione volte a incentivare una diminuzione dei prelievi
nonché pratiche quotidiane di risparmio e riuso, di fatto i Piani non considerano gli
effetti di tali campagne sui consumi d’acqua in Lombardia, visto che le previsioni dei
volumi erogati non sembrano diminuire nel tempo (v. Tabella 8.5). Inoltre, va
enfatizzato come a diminuzioni dei volumi erogati corrisponderebbe un aumento
della tariffa media, dovendo infatti spalmare i costi su volumi d’acqua erogati minori.
Tabella 8.5 – Volumi erogati (milioni di mc)
ATO
Anno 1
Anno 10
Anno 20
Anno 30
BG
BS
LC
LO
MN
MI
PV
n.d.
121,03
29,4
n.d.
22,2
n.d.
51,3
n.d.
125,39
n.d.
134,61
n.d.
22,2
n.d.
59
n.d.
26,4
n.d.
67,6
n.d.
134,61
28,93
n.d.
n.d.
76,2
Variazione % tra 1°
e ultimo anno di
affidamento
n.d.
11.22%
-2%
n.d.
18,92%
n.d.
48,54%
Fonte: Piani d’Ambito (dove disponibili)
Dalle interviste con le AATO e gli enti gestori emerge che la fornitura del servizio
di acquedotto è soddisfacente, anche se si segnala la necessità di estendere il
servizio a percentuali minime (sotto il 3%) della popolazione ancora non servita e
di porre in essere gli interventi allo scopo di adeguare gli impianti di
potabilizzazione per far fronte agli obblighi derivanti dalla normativa e per la
presenza di sostanze indesiderate (quali arsenico, ferro, manganese e ammoniaca
ad esempio in provincia di Cremona34).
34
Informazioni fornite dall’ATO Cremona, comunicazione personale (Int. 13).
99
Si sono inoltre segnalate insufficienze nella fornitura della risorsa,
soprattutto in corrispondenza dell’evento di crisi idrica estiva del 2003 e con
particolare riferimento a 103 comuni, in zona montana o collinare, delle province
di Brescia, Como, Sondrio, Varese, Bergamo, Lecco e Pavia35. In quest’ultimo
caso le situazioni di maggior stress idrico si riscontrano nei mesi estivi, a più forte
domanda, e nelle zone a vocazione turistica. Non è stato necessario tuttavia
razionare i consumi, ma solamente vietare gli usi dissipativi (quali l’innaffiamento
di giardini o il riempimento di invasi o giochi d’acqua)36.
Nel caso di Varese il problema di insufficiente fornitura ha riguardato i
comuni della fascia centrale della provincia, anche nelle estati del 2005 e 2006.
Uno studio idrogeologico su tutto il territorio ha permesso di individuare le cause
dell’emergenza idrica, identificabili nella presenza di acquiferi superficiali che, in
caso di siccità, subiscono delle diminuzioni notevoli. Si pensa di risolvere il
problema attraverso degli interventi volti a captare l’acqua da acquiferi più
profondi o aumentando l’interconnessione dei sistemi idrici37.
Per quanto concerne il risparmio idrico, Regione Lombardia ha recentemente
approvato una serie di Regolamenti, attuativi della l.r. 26/2003, tra cui il regolamento
n. 2 del 24 marzo 2006, che disciplina l’uso delle acque sotterranee, a uso domestico,
nonché il risparmio idrico ed il riutilizzo dell’acqua.
Le azioni regionali poste in campo per favorire un razionale utilizzo (nonché
il risparmio ed il riutilizzo della risorsa) coinvolgono il settore agricolo (regolazione
delle portate irrigue e piani di irrigazione consortili), quello civile (differenziazione
delle fonti di approvvigionamento e contenimento dei consumi) e quello industriale
(separazione delle acque di raffreddamento da quelle di processo e incentivazioni per
le aziende che abbiano ottenuto la certificazione ambientale)38.
Le azioni volte al risparmio idrico non si esauriscono a livello regionale,
essendo fondamentale il ruolo delle Autorità d’Ambito in particolare:
-
nel prevedere, all’interno dei propri Piani d’ambito, degli interventi puntuali
volti a ridurre le perdite di rete;
nel richiamare questo elemento anche all’interno dei contratti di servizio;
nella possibilità di articolare la struttura tariffaria in forma incentivante,
differenziandola lungo fasce di consumo di acqua potabile;
-
35
Informazioni fornite da un funzionario di Regione Lombardia, DG RSPUSS, comunicazione
personale (Int. 4)
36
Informazioni fornite da gestore in provincia di Pavia, comunicaz. personale (Int. 17).
37
Informazioni fornite dall’ATO Varese, comunicazione personale (Int. 14).
38
Informazioni fornite da un membro del Consiglio Regionale, comunicazione personale (Int. 9).
100
-
nell’incentivare un efficiente utilizzo della risorsa attraverso l’uso di
apparecchiature domestiche a risparmio idrico (cfr. iniziative ATO VA39).
Si segnalano infine alcune iniziative di sensibilizzazione promosse dagli enti
gestori, in stretta collaborazione con le scuole40.
39
40
www.acquapreziosa.va.it
Informazioni fornite da gestori in provincia di Milano, comunicazioni personali (Int. 15 e 16).
101
Capitolo 9
Il percorso lombardo di attuazione della legge Galli:
aspetti istituzionali, organizzativi ed economici
L’analisi dell’evoluzione nella gestione dei servizi idrici in Lombardia è qui
organizzata come segue. Nel primo paragrafo viene ripercorso l’iter di attuazione
della legge Galli in Lombardia, soprattutto in relazione alle attività svolte sin qui
dalle AATO. Il paragrafo successivo analizza l’evoluzione organizzativa dei
servizi idrici allo scopo di comprendere se e in che misura gli attuali assetti sono
in grado non tanto di gestire in maniera efficiente il servizio quanto di garantire
adeguati flussi finanziari. Il terzo paragrafo, attraverso un’analisi degli
investimenti previsti nei Piani d’Ambito e delle azioni di intervento contenute nel
Piano di Tutela evidenzia le priorità di intervento emergenti e necessarie.
Vengono quindi forniti alcuni cenni in merito ai finanziamenti pubblici effettuati,
con particolare riferimento all’Accordo di Programma “Tutela delle Acque e
Gestione Integrata delle Risorse Idriche” siglato alla fine del 2002, che ha
permesso di finanziare gli interventi nella fase transitoria. Il capitolo si conclude
con un’analisi delle nuove modalità di finanziamento degli interventi, in
attuazione del principio del FCR, e in particolare dell’esperienza lombarda di
avvio di progetti pilota in due ATO.
9.1. Insediamento e attività delle Autorità d’Ambito
La normativa regionale41 ha individuato 12 ATO, definiti seguendo i confini
amministrativi delle province lombarde, invece dei bacini idrografici di
riferimento (vd. Fig. 9.1). Questa scelta, a tutt’oggi confermata, aggiunge un
elemento di complessità nell’intento di coordinare la gestione dei servizi idrici
con le politiche di tutela delle acque.
41
I confini degli ATO erano stati fissati dalla l.r. 21/98, ora abrogata dalla l.r. 26/03, la quale
tuttavia conferma la delimitazione introdotta dalla norma regionale precedente.
Figura 9.1 – Delimitazione dei 12 ATO lombardi
Fonte: elaborazione IReR
Gli ATO individuati risultano eterogenei dal punto di vista della superficie, degli
abitanti serviti e della densità abitativa, come evidenziato in Tabella 9.1.
104
Tabella 9.1 – Caratterizzazione degli ATO lombardi
ATO
Bergamo
Brescia
Como
Cremona
Lecco
Lodi
Mantova
Provincia di
Milano
Città di Milano
Pavia
Sondrio
Varese
Forma
Associativa
Comuni (n.)
Superficie
(km2)
Popolazione
(ISTAT 2001)
Densità
abitativa
(ab/km2)
Convenzione
Convenzione
Convenzione
Convenzione
Convenzione
Convenzione
Convenzione
Convenzione
244
206
164
115
90
61
70
187
2.723
4.784
1.288
1.771
816
782
2.339
1.800
974.270
1.108.776
540.015
335.939
311.452
197.672
493.753
2.450.999
358
232
419
190
382
253
162
1.362
Convenzione
Convenzione
Convenzione
Convenzione
1
190
78
141
182
2.965
3.212
1.199
1.256.211
493.753
176.856
812.477
6.886
167
55
678
Fonte: Chieffo e Vendali (2004)
L’analisi a livello di ATO mette in evidenza come le Province con densità
insediative residenziali superiori alla media regionale (379 ab/ km2) siano in
ordine decrescente, quelle di Milano (senza il comune di Milano, che ha una
densità insediativa di 6.886 ab/km2), Varese, Como e Lecco, a cui seguono con
densità inferiori alla media regionale Bergamo, Lodi e Brescia. Si conferma la
particolare condizione del territorio dell’area nord-ovest della Regione che
presenta una densità insediativa media di 1.016 ab/km2 e vi è insediato circa il 60
% della popolazione lombarda. A livello regionale la minor densità insediativa
(date anche le caratteristiche geografiche della stessa) si rileva per la Provincia di
Sondrio che presenta anche la minore percentuale di popolazione insediata. La
Provincia di Brescia presenta una densità insediativa inferiore alla media
regionale pur con una percentuale di popolazione insediata superiore a quelle
delle Province di Varese, Como e Lecco. Ciò è dovuto al fatto che il suo territorio
ha un’estensione di 2,5 volte quella di Milano e più di tre volte quella di Varese e
Como e quasi 6 volte quella di Lecco.
L’attuazione della legge Galli a tutt’oggi non è ancora completata. Alla
fine del 2006 hanno completato la fase di costituzione e insediamento tutte le
AATO ad eccezione di Sondrio. La Tabella 9.2 descrive l’accelerazione degli
ultimi anni nell’attuazione della norma.
Tabella 9.2 – Stato di attuazione della legge Galli in Lombardia: confronto tra 2003 e 2006
Stato di attuazione
2003*
ATO insediati
11
ATO con ricognizione
Non avviata
1
In corso
1
Terminata
10
ATO con Piani d’Ambito
Redatti
4
Approvati
2
ATO con affidamenti effettuati
3
Fonte: * COVIRI (2004) e ** ISTAT (2005) e indagine IRER.
105
2006**
11
12
1
6
4
L’Autorità d’Ambito (AATO) ha due finalità. Nel periodo transitorio (fino
all’affidamento della gestione del servizio idrico integrato) ha il compito di porre
in essere le procedure necessarie all’affidamento del servizio, preparando la
documentazione necessaria e stipulando gli accordi tra enti locali. In riferimento a
quest’ultimo aspetto, gli enti d’ambito interpellati hanno enfatizzato l’importanza
di far crescere la consapevolezza nei comuni del processo in atto:
o coinvolgendoli nella presa delle decisioni, allo scopo di definire le
priorità di finanziamento e le scelte tecniche;
o supportandoli nella rilevazione delle fognature;
o sostenendo finanziariamente gli interventi (tramite 137 Accordi di
Programma, APQ, di attuazione dei Piani Stralcio).
Dopo l’affidamento l’AATO deve controllare l’operato dell’ente gestore.
L'ATO è costituito dai seguenti organi:
•
•
•
La Conferenza d’Ambito (di cui fanno parte la Provincia e i comuni
ricadenti nell’ATO). I compiti della Conferenza consistono nel fissare le
linee strategiche di sviluppo del servizio idrico integrato; nel fissare le
tariffe per il SII e nell’affidare il servizio stesso.
Il Comitato ristretto, composto dal Presidente della Provincia e da altri
rappresentanti (scelti per garantire la rappresentatività del territorio
dell’ATO) allo scopo di garantire lo svolgimento dei compiti di ordinaria
amministrazione o gli atti urgenti e improrogabili;
La Segreteria Tecnica è costituita presso la sede dell’ente responsabile del
coordinamento per garantire il controllo e la vigilanza sulla gestione del
servizio idrico integrato. In particolare (ai sensi del regolamento regionale
n. 5/2001) provvede alla ricognizione delle opere; svolge funzione di
supporto tecnico alla Conferenza d’Ambito; aggiorna i programmi
d’intervento in base alla programmazione regionale; effettua controlli
economici e gestionali sull’attività del soggetto gestore; organizza banche
dati.
Riassumiamo di seguito le esperienze degli ATO lombardi, evidenziando le fasi
che hanno portato all’approvazione dei primi piani d’ambito e ai primi
affidamenti. Va premesso che i percorsi di seguito delineati sono molto
differenziati, essendo le scelte gestionali frutto dell’evoluzione (non sempre
coerente) della normativa. La situazione istituzionale è destinata a consolidarsi
entro il 2007, visto che entro aprile 2007 dovevano essere redatti i Piani d’Ambito
e entro ottobre 2007 deve essere definito il modello gestionale.
La Tabella 9.3 riassume le attività delle Autorità d’Ambito degli ATO
lombardi.
106
Tabella 9.3 – Descrizione delle attività delle AATO in Lombardia
ATO
ATO
Provincia
Bergamo
di
ATO
Provincia
Brescia
di
ATO
Provincia
Como
di
ATO
Provincia
Cremona
di
ATO
Provincia
Lecco
di
ATO Provincia di Lodi
ATO
Provincia
Mantova
ATO Città di Milano
di
Descrizione attività
L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 11 dicembre 2001. La Conferenza d’Ambito è
formata dalla Provincia di Bergamo e dai 244 comuni ricadenti nell’ATO. La segreteria
tecnica si è insediata nel luglio 2002. Il Piano d’Ambito è stato approvato in data 28
ottobre 2004.
La conferenza del novembre 2002 ha deliberato il trasferimento della titolarità
della gestione del servizio idrico dai comuni ad un’unica società affidataria (AKUA) per
3 anni. Successivamente, nel marzo 2006 è stato deliberato l’affidamento in house al
gestore unico Uniacque Spa.
L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 18 giugno 2002, individuando nella Provincia
l’ente responsabile per il coordinamento (il Presidente della Provincia è anche
Presidente dell’AATO). La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di Brescia e
dai 206 comuni ricadenti nell’ATO. Il Piano d’ambito è stato redatto nel maggio 2006
ed approvato il 14 giugno 2006.
Considerata l’elevata frammentazione del SII si è scelto di suddividere l'ATO in
tre aree omogenee, sostanzialmente coincidenti con i principali bacini idrografici
bresciani (ovest, centrale e Garda).
L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 23 novembre 2001. La Conferenza d’Ambito
è formata dalla Provincia di Como e dai 162 comuni ricadenti nell’ATO. La segreteria
tecnica si è insediata l’anno successivo. Non è ancora stato approvato il piano
d’ambito (nel febbraio 2006 è stato però approvato lo studio preliminare. Insieme
all’ATO Pavia, Como ha di recente assunto il ruolo di ATO pilota di regione Lombardia
per la predisposizione di un Piano d’Ambito tipo con i requisiti di sostenibilità e
bancabilità.
L’Autorità d’Ambito si è insediata nel novembre 2001 ed è costituita dai 115 comuni e
dalla Provincia. L’Amministrazione Provinciale ha il compito di Ente responsabile del
coordinamento dell’ATO. La segreteria tecnica si è insediata nell’aprile 2003.
Nonostante l’ATO fosse stato inizialmente designato come ATO pilota per la
predisposizione del Piano d’Ambito con requisiti di sostenibilità e bancabilità (con
relativa approvazione in Conferenza d’Ambito), il progetto è stato poi abbandonato. Il
piano d’ambito è in coso di redazione.
La Conferenza d’Ambito comprende tutti i 90 Comuni della Provincia di Lecco e la
Provincia stessa. Si è insediata il 12 novembre 2001. La segreteria tecnica è stata
designata nel gennaio successivo. Questa si avvale della collaborazione di un
consulente e di un gruppo di lavoro al quale partecipano i rappresentanti delle società
di gestione operanti sul territorio. È stato approvato un documento di indirizzo
strategico per la redazione del Piano d’Ambito.
L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 25 ottobre 2001 e contestualmente è stata
designata la Segreteria Tecnica. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di
Lodi e dai 61 comuni ricadenti nell’ATO. Il Piano d’Ambito è stato approvato nel
gennaio 2006.
L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 15 novembre 2001. La procedura di
formazione della segreteria si è conclusa dopo due anni. L’ente responsabile del
coordinamento è la provincia di Mantova. La Conferenza d’Ambito è formata dalla
Provincia di Mantova e i 70 comuni ricadenti nell’ATO. Nel novembre del 2005 è stato
approvato il Piano d’Ambito. Il comprensorio è stato diviso in tre aree omogenee.
L’Autorità d’Ambito della Città di Milano era originariamente costituita dal Comune
(95% dei voti) e dalla Provincia di Milano (che ne era anche Presidente con il 5% dei
voti), secondo lo schema della Conferenza di Servizi permanente. La rappresentanza
dell’ambito spettava al Presidente della Provincia e al sindaco di Milano, che avevano
delegato i rispettivi assessori all’Ambiente. L’uscita della Provincia dalla Conferenza
ha di fatto bloccato l’attività dell’ATO, in quanto veniva a mancare la collegialità
necessaria (pena nullità) all’approvazione di atti di amministrazione (tra cui
l’approvazione del Piano d’Ambito). Lo stallo è stato superato con la recente
approvazione della l.r. 18/06 che prevede per la Città di Milano la facoltà di costituire
l’Autorità come ente unico. Il 3 aprile 2006 è stata costituita l’azienda speciale quale
Autorità dell’ATO Città di Milano.
Nella fase transitoria, il Servizio Acque del Comune di Milano ha curato i rapporti
con Metropolitana Milanese S.p.A., conseguenti all'affidamento del servizio idrico
42
integrato, che non rientrano nelle competenze dell'ATO (ambito territoriale ottimale) .
Nel corso del 2005 è stata redatta una prima versione del Piano d’Ambito.
42
Ad es. gestione amministrativa degli appalti finanziati dal Comune di Milano prima
del 30 giugno 2003, liquidazione e monitoraggio dei consumi di acqua potabile di stabili
comunali.
107
ATO
Provincia
Milano
di
ATO
Pavia
Provincia
di
ATO
Provincia
Sondrio
di
ATO Provincia di
Varese
L’Autorità d’Ambito si è insediata in data 19 novembre 2001 e contestualmente è stata
designata la Segreteria Tecnica. La Conferenza d’Ambito è formata dalla Provincia di
Milano e dai 188 comuni ricadenti nell’ATO. La Conferenza d’Ambito del 18/03/2003
ha deliberato la suddivisione del territorio in tre Aree Omogenee i cui limiti sono stati
tracciati nel rispetto degli attuali Schemi Depurativi. Il Piano d’Ambito è stato
approvato il 6 luglio 2005.
La Conferenza dell’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Pavia si è insediata il
23 novembre 2001. L’anno successivo è stata nominata la Segreteria Tecnica. La
prima stesura del piano d’ambito è stata approvata nel 2004, ma è stata rivista nel
2006, a seguito della proposta della Regione Lombardia di assegnare all’ATO di Pavia
il ruolo di ATO pilota per la predisposizione di un Piano d’Ambito tipo con i requisiti di
sostenibilità e bancabilità.
L’ATO di Sondrio è quello in cui, l’attuazione della legge Galli risulta più indietro. In
particolare, tutti i compiti dell’ATO sono svolti dalla provincia, considerato che non si è
ancora raggiunto un accordo sulla bozza di regolamento. Nel corso del 2005 questa è
stata sottoposta all’esame preliminare dei sindaci.
L’ATO di Varese si è insediato il 27 giugno 2005. La Segreteria Tecnica si è insediata
il 1 marzo 2006 ed è stato nominato il responsabile. Il Piano d’Ambito è in corso di
redazione. Anche Varese è stato scelto come ATO pilota per la predisposizione di un
Piano d’Ambito tipo con i requisiti di sostenibilità e bancabilità.
Fonte: elaborazioni IReR su informazioni Piani d’Ambito, sito ORS e comunicazioni personali
9.2.
Evoluzione organizzativa dei servizi idrici
Come evidenziato nel paragrafo precedente (vd. Tabella 9.2) solo in 4 ATO sono
individuati i gestori e tuttavia in un solo caso (Bergamo) l’affidamento è stato
effettuato in via definitiva ai sensi di quanto indicato nella nuova legge regionale
lombarda. Di conseguenza, il quadro qui delineato non può considerarsi definitivo
e sarà con probabilità soggetto a modifiche nei prossimi mesi.
Nell’ATO Provincia di Bergamo il gestore unico è stato individuato nella
società UNIACQUE S.p.A. Tale società si configura come Società per Azioni a
capitale interamente pubblico (riservato agli enti locali o altri enti pubblici). Il
contratto di servizio per regolare i rapporti tra ATO e società è stato sottoscritto in
data 1/08/06. L’affidamento della gestione dei servizi a un unico soggetto
permetterà di superare l’attuale frammentazione: in provincia di Bergamo nel
2003 erano infatti presenti 232 soggetti diversi. Inoltre, su 242 comuni 202
gestivano parte del servizio in economia. A queste gestioni in economia, si
affiancavano 19 SpA interamente pubbliche e 3 SpA a maggioranza pubblica.
L’ATO Provincia di Brescia ha deciso di superare l’attuale
frammentazione gestionale attraverso la suddivisione del proprio comprensorio in
aree omogenee. Per quanto concerne il modello gestionale, si è optato per la
società mista a maggioranza pubblica nell’area centrale (Brescia) e nell’area
ovest, ad eccezione dell’area omogenea del Garda dove, in analogia alle scelte
attuate nel veronese, si è privilegiata l’opzione in house. Si ricorda che l’ATO ha
deciso di salvaguardare i seguenti gestori: la società ASM Brescia, quotata in
borsa, (le sue partecipate ASVT spa e VALGAS S.p.a. operanti rispettivamente in
Valle Trompia e in Valle Sabbia), nonché ACQUE POTABILI S.p.a. che gestisce
il servizio acquedotto in quattro Comuni dell'ATO e la società EROGASMET
S.p.a. La frammentazione gestionale nell’ambito di riferimento riguarda
principalmente i servizi di fognatura. Nel 2005, su 206 comuni, le gestioni in
108
economia riguardavano il territorio di 65, 87 e 61 comuni con riferimento,
rispettivamente, al servizio di acquedotto, fognatura e depurazione.
Il gestore unico dell’ATO Provincia di Como non è ancora stato
individuato. I maggiori gestori attuali sono ACSM (Como), Cantù Canturina
servizi (Cantù), ASME ed ASIL (Erba). L’AATO ha sottoscritto con Regione
Lombardia in data 26/02/2007 un Protocollo d’Intesa dove la Regione si impegna
a supportare l’AATO nella stesura del PdA. L’AATO si è impegnato ad
organizzare il SII separando l’attività di gestione delle reti dall’erogazione del
servizio.
Al 2006 l’ATO Provincia di Cremona è caratterizzato da numerosi enti
gestori: SCS S.p.a., Padania Acque S.p.a., AEM gestioni S.r.l., APES Servizi
S.r.l., A.S.M. Castelleone Servizi S.p.a., A.S.P.M. - Soresina Servizi S.p.a.,
G.I.S.I. S.p.a.
Il 23 aprile 2007 l’ATO Provincia di Lecco ha approvato una delibera in
cui viene divisa gestione da erogazione, avviando il processo di aggregazione di
alcune delle società pubbliche esistenti (CIAB, ECOSYSTEM, RIO TORTO E
ACEL SpA) che gestiscono attualmente il servizio idrico.
Nell’ATO Provincia di Lodi alla fine del 2006, il maggiore gestore del
servizio di acquedotto risulta essere il CAP, con il 70% della popolazione servita,
seguito dall’ASTEM (23% della popolazione, 3 comuni fra cui Lodi) e l’ASM
(Codogno, pari al 7% della popolazione). Il servizio di fognatura è fornito dal
CAP al 63% della popolazione, dall’ASTEM al 29%, dall’ASM per il 7% ed in
economia al 26%. Per quanto riguarda il servizio di depurazione, il CAP serve il
28% della popolazione, l’ASTEM il 29% e l’ASM il 29%. Il servizio è fornito in
economia in 9 comuni, mentre il Basso Lambro Impianti serve il rimanente 17%
della popolazione. Nessuno degli attuali gestori vanta i requisiti per diventare un
gestore unico d’ambito. Si prevede che gli attuali gestori siano incorporati nella
costituenda società (SIL, Servizi Idrici Lodigiani) tramite conferimento di ramo
d’azienda da parte degli enti locali.
Nel caso dell’ATO Provincia di Milano, il processo di riorganizzazione
industriale si inseriva in un contesto che vedeva la presenza di 30 aziende e 122
gestioni dirette comunali (Drusiani et al., 2004). Come ricordato sopra, il
territorio dell’ATO è stato suddiviso in Aree Omogenee: per ognuna di queste la
Conferenza d’Ambito del 16/06/2003 ha approvato, con delibera n.7/2003, di
affidare a tre distinte Società (AEMME ACQUA S.p.A., BRIANZACQUE
S.p.A., MIACQUA S.p.A.) il Servizio Idrico Integrato in base all’ex co. 5 dell’art.
35 della L. 448/01. Successivamente, con delibera n. 4 del febbraio 2004, la
Conferenza ha approvato la separazione dell’attività di erogazione del servizio da
quella di gestione delle reti. Considerate le modifiche intervenute nel quadro
normativo di riferimento (in particolare la nuova versione dell’art. 113 introdotta
dalla l. 326/03) e la neo-costituenda provincia di Monza, con delibera n. 8 del 6
luglio 2005, si è proceduto a ridefinire i confini delle aree omogenee. In
particolare, si è stabilito di far coincidere il comprensorio di Brianza Acque S.p.A.
con quello della provincia di Monza43. Le altre due società (AEMME Acque
43
I Soci pubblici che rientrano in Brianzacque S.p.A.sono: ALSI S.p.A., CAP Gestione
S.p.A., AGAM S.p.A., AEB S.p.A., ASML S.p.A., Gestione Servizi Desio S.p.A., SIB S.p.A.
109
S.p.A. e Miacqua S.p.A.) hanno deciso di procedere alla fusione, perfezionata nel
maggio 200644, dando vita a una nuova realtà industriale, Amiacque Srl.
L’ATO Città di Milano presenta una situazione sui generis, considerato
che l’affidamento a una società a totale capitale pubblico (Metropolitana Milanese
Spa) è avvenuto prima della redazione del Piano d’Ambito. In pratica, l’ente
locale è proprietario di reti, impianti e altre dotazioni (ad esclusione dei
depuratori) e sia la gestione delle infrastrutture che l’erogazione del servizio sono
stati affidati, nella fase transitoria, direttamente ad una società di capitali a
proprietà interamente pubblica (IEFE, 2006).
L’ATO Provincia di Mantova ha scelto di utilizzare il periodo transitorio
per salvaguardare le gestioni esistenti, favorendo al contempo un processo di
aggregazione allo scopo di semplificare il raggiungimento dell’unitarietà della
gestione. L’attuale situazione gestionale è così sintetizzabile: i servizi sono gestiti
in economia in 25 comuni; le cinque S.p.A. interamente pubbliche (AGAC Spa,
AIMAG Spa, GISI Spa, SISAM Spa e TEA Spa) servono 45 comuni; le Spa a
maggioranza pubblica (ASEP Spa e INT.DEP.CAST Spa) servono 3 comuni e le
Spa private (ARCALGAS Spa, COGAS Spa, SAGIDEP Spa,
EURODEPURATORI Spa, ACQUE POTABILI Spa) sono presenti soprattutto
nel settore dell’acquedotto e della depurazione, servendo 7 comuni.
Allo scopo di superare la frammentazione esistente, si è scelto inizialmente
di suddividere l’ATO in tre aree omogenee (in base a fattori naturali, economici
ed insediativi), anche se non si escludeva, successivamente, di aggregare le tre
aree in capo ad un unico soggetto gestore. In realtà, secondo i dettami della l.r.
18/06, le tre aree omogenee non soddisfano il requisito dei 240.000 abitanti
servizi, per cui a regime dovrà essere individuato un unico gestore d’ambito45.
L’ATO Provincia di Pavia aveva inizialmente optato per la salvaguardia
delle gestioni esistenti46. Nel 2003 le società pubbliche coprivano l’86,9% delle
gestioni del servizio di acquedotto, il 67,3% del servizio di fognatura ed il 75,9%
del servizio di fognatura. Oltre alle gestioni in economia (25 comuni), il servizio
di acquedotto era fornito da associazioni di utenti e consorzi rurali.
Con la sottoscrizione nel marzo 2006 del Protocollo d’Intesa tra la
Regione Lombardia e l’AATO di Pavia per la redazione di un Piano d’Ambito
44
Soci pubblici che rientrano in Amiacque S.r.l. sono: AMAGA S.p.A., AMGA S.p.A. di
Legnano, ASM S.r.l. di Magenta, ASP S.p.A. di Canegrate, CEA S.r.l. di Cerro Maggiore, TAM
S.p.A., AMA S.p.A: di Rozzano, CAP Gestione S.p.A. di Milano, GENIA S.p.A. di San Giuliano
Milanese, IANOMI S.p.A., TASM S.p.A., IDRA S.p.A.
45
Il Piano d’Ambito della Provincia di Mantova (cfr. pag. 285) stabilisce che la “gestione
unica potrà avvenire anche per accorpamento, aggregazione e fusione dei tre gestori di zona
inizialmente individuati mediante una delle procedure di affidamento previste dalla normativa
vigente”. Lo stesso documento riconosce tuttavia un limite all’accorpamento delle gestioni
esistenti, consistenti nella non economicità di grossi investimenti in sistemi di adduzione o
collettori.
46
A.S.M. Pavia S.p.A.; A.S.M. Voghera S.p.A.; A.S.M. Vigevano E Lomellina S.p.A.;
A.S.M. Mortara S.p.A.; Consorzio Bassa Lomellina S.p.A.; Broni-Stradella S.p.A.; ACAOP
S.p.A.; CAP Gestione S.p.A.; Basso Lambro Impianti S.p.A.; Walde Ambiente S.p.A; Est Sesia
Irrigazione; ATI Siba Aquagest; Impiantistica Lombarda Viletti S.r.l.; Arcalgas S.p.A.; Acque
Potabili S.p.A. e Co.Gas S.p.A.
110
avente requisiti di bancabilità, l’ATO adotterà il modello gestionale introdotto
dalla l.r. 26/03 come modificata dalla l. 18/06.
9.3.
Priorità d’intervento
Le criticità riguardanti la fornitura dei servizi idrici sul territorio lombardo
possono essere desunte dalla lettura dei Piani d’Ambito finora redatti, che a loro
volta si rifanno alle analisi contenute nel PRRA e quindi nel PTUA. Il
coordinamento tra gli strumenti di piano è garantito dalla Direttiva allegata alla
DGR 3789 del 13 dicembre 2006, che impone ai Piani d’Ambito di conformarsi
alle prescrizioni normative e regolamentari vigenti e alle previsioni del PTUA.
Le criticità possono essere raggruppate in sei grandi macro-categorie:
a. la qualità della risorsa ad uso idropotabile;
b. la disponibilità della risorsa;
c. il grado di copertura del servizio idrico integrato;
d. il livello di interconnessione degli acquedotti;
e. la vetustà delle reti e degli impianti;
f. la dimensione degli impianti di depurazione.
All’individuazione delle criticità corrisponde la definizione di azioni di policy:
ovviamente è possibile che un’azione risponda a più criticità. Lo scopo è di
migliorare la qualità e l’affidabilità del servizio offerto e di rispettare le normative
comunitarie al minor costo.
Il problema della qualità della risorsa utilizzata a fini idro-potabili si
registra prevalentemente nelle aree di pianura. In particolare, in provincia di
Milano si riscontra una bassa qualità delle falde, caratteristica che costringe a
trattare i ¾ del volume erogato. Nella zona pavese in alcuni comuni sono presenti
tracce di ferro, manganese e magnesio oltre i limiti di legge. I parametri relativi
all’arsenico sono fuori norma47 anche in 14 comuni della provincia di Lodi e in
alcune aree della Provincia di Brescia. La presenza dell’arsenico negli acquedotti
ha tuttavia origini naturali, non dipendendo da fattori antropici. Altre situazioni
problematiche riguardano l’inquinamento derivante da sostanze di origine
industriale ed agricola. Le misure volte a superare questa situazione riguardano la
realizzazione di impianti di trattamento delle acque, l’approfondimento dei pozzi,
47
I valori limite dell’arsenico sono fissati dal D.Lgs. 31/2001: tale decreto ha ridotto il
valore limite per l’arsenico da 50 µ/litro a 10 µ/litro. La Regione Lombardia ha concesso
una deroga (con decreto della Direzione Generale sanità n. 2100/2003), consentendo di
distribuire acqua con valori non superiori a 50 µ/litro, ad esclusione delle acque destinate
all’industria alimentare.
111
l’utilizzo alternativo di acque superficiali e l’interconnessione degli acquedotti.
In particolare nel PTUA è prevista l’aggregazione di 45 comuni di piccole
dimensioni della provincia di Lodi in sei schemi idrici intercomunali di nuova
realizzazione. Anche in provincia di Milano si registra un’insufficiente
integrazione tra sistemi acquedottistici. L’interconnessione degli acquedotti è
cruciale anche per garantire un monitoraggio efficace della qualità della risorsa
fornita. Risulta infatti più problematico il controllo di molte fonti piccole spesso
situate in aree collinari in cui risultano più frequenti gli episodi di
malfunzionamento della rete dovuti all’irregolarità del terreno.
Per quanto concerne la disponibilità della risorsa ad uso idropotabile,
complessivamente questa può ritenersi soddisfacente, salvo alcuni periodi di forte
domanda o scarsa disponibilità (tipicamente estivi) non soddisfatta dalle riserve
idriche e in corrispondenza di alcune limitate aree territoriali (cfr. par 8.3). A tal
proposito nei Piani d’Ambito si enfatizza la necessità di porre in essere delle
misure volte al risparmio idrico e al riutilizzo della risorsa.
Il grado di copertura del servizio idrico integrato risulta sufficiente per
i servizi di acquedotto, con percentuali di copertura prossime al 100%48, mentre
risulta essere non soddisfacente per i servizi di fognatura e depurazione, in
considerazione dei parametri relativi alle percentuali di abbattimento degli
scarichi ai sensi della dir. 271/91 recepita dal D.Lgs. 152/99.
Il dettaglio delle scadenze di legge è riassunto nella Tabella 9.4.
Tabella 9.4 - Obblighi per gli Stati Membri sanciti dalla Dir. 271/91/CEE
SCADENZA
31 dicembre 1993
30 giugno 1993
30 giugno 1994
31 dicembre 1994
31 dicembre 1998
31 dicembre 2000
31 dicembre 2005
OBBLIGHI DA OTTEMPERARE
Individuazione delle aree sensibili.
Definizione dei requisisti per lo scarico delle acque reflue
industriali in funzione della tipologia industriale.
Definizione dei piani nazionali di attuazione della direttiva.
Termine massimo di recepimento della direttiva.
Comunicazione alla Commissione dei programmi nazionali.
Controllo dei requisiti definiti dagli Stati membri da parte della
Commissione.
Individuazione di norme generali per lo smaltimento dei fanghi
provenienti da impianti di trattamento di acque reflue.
Adeguamento della rete fognaria nelle aree sensibili per gli
agglomerati con oltre 10.000 a.e.
Adeguamento della rete fognaria e trattamento dei reflui
(secondario o equivalente) per gli agglomerati aventi un numero di
a.e. superiore ai 15.000 a.e.
Adeguamento della rete fognaria per gli agglomerati aventi un
numero di a.e. compreso tra i 2.000 e i 15.000 e trattamento dei
reflui per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un
numero di a.e. compreso tra i 10.000 e i 15.000 e per gli scarichi in
acque dolci e estuari provenienti da agglomerati con un numero di
a.e. compreso tra i 2.000 e i 10.000
Fonte: D. lgs. 152/99 e s.m.i.
48
Nei casi in cui gli utenti non sono allacciati all’acquedotto comunale la fornitura dell’acqua è
garantita da pozzi privati o acquedotti rurali.
112
Per quanto concerne la fognatura, il servizio non copre la totalità della
popolazione lombarda. La Dir. 271/91/CEE prevede entro il 31 dicembre 2005
l’allacciamento alle fognature per gli abitanti degli agglomerati superiori ai 2.000
a.e.
Per quanto concerne gli impianti di depurazione, tale norma stabilisce che
al 31 dicembre 2005 debbano essere depurati mediante trattamento secondario
tutti gli scarichi provenienti da agglomerati superiori ai 2000 a.e.. Inoltre, la
norma prevede che tutti le acque reflue provenienti da agglomerati superiori a
10.000 a.e. e collocate in aree sensibili debbano ricevere un trattamento
appropriato con rimozione del fosforo e dell’azoto. La quasi totalità del territorio
della Lombardia è stata designata come area sensibile, costituendo parte del
bacino drenante dell’area costiera dell’Adriatico49.
Gli interventi di recepimento della normativa riguardano la costruzione di
nuovi impianti, l’ampliamento degli impianti esistenti e la realizzazione di sezioni
di disinfezione negli impianti esistenti. Inoltre, da un punto di vista gestionale,
notevoli economie di scala possono essere ottenute aumentando la dimensione
media degli impianti (cfr. par 8.1.3). L’importanza di tali economie dipende
tuttavia dalle caratteristiche insediative, in quanto i minori costi di gestione per
a.e. potrebbero essere “compensati” dai maggiori costi di collettamento di case
situate in zone a bassa densità abitativa.
L’assenza di un adeguato sistema di depurazione per i reflui prodotti dalla
città di Milano ha rappresentato una significativa inadempienza che è stata di
recente sanata con l’entrata in funzione dei depuratori di Nosedo e San Rocco e il
potenziamento del depuratore di Peschiera Borromeo. Lo stato ambientale del
bacino del Lambro Seveso Olona non risulta tuttavia soddisfacente, essendo tali
corpi idrici fortemente inquinati già all’ingresso della città di Milano.
Oltre alla costruzione di nuovi impianti, una criticità importante riguarda
la vetustà delle reti e degli impianti e il conseguente fabbisogno di investimenti.
In particolare, si segnala un’elevata età media delle reti di adduzione (in alcuni
casi oltre i 60 anni) e dei serbatoi (oltre 40 anni). Critica risulta essere anche l’età
media di alcuni impianti di telecontrollo (aventi una vita utile media di 8-10 anni),
i quali risultano cruciali allo scopo di garantire la qualità della risorsa in
condizioni di interconnessione delle reti. In riferimento al rifacimento delle reti
fognarie esistenti, alcuni Piani d’Ambito prevedono che le condotte unitarie siano
sostituite da reti duali, allo scopo di diminuire i volumi d’acqua inviati ai
49
Ai sensi dell’Allegato 6 del D.Lgs. 152/99 si considera “area sensibile un sistema idrico
classificabile in uno dei seguenti gruppi:
a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente
esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici
b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in
assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita conformemente
alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali
destinate alla produzione d’acqua potabile;)
c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento
secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma.
Ai sensi del comma 2 punto a) dell’articolo 18, sono da considerare in prima istanza come
sensibili i laghi posti ad un’altitudine sotto i 1.000 sul livello del mare.
113
depuratori in coincidenza con le piogge, aumentando di conseguenza l’efficacia
dei processi di depurazione.
Le direttive regionali (allegato alla DGR 3789 del 13.12.2006) stabiliscono
come prioritari, nel settore acquedottistico, gli interventi atti a superare o
prevenire l’insorgere di episodi di crisi idrica. Per quanto concerne il comparto
della fognatura e depurazione, oltre all’estensione della copertura del servizio, si
prevede l’adeguamento ai valori limite di emissione degli impianti di trattamento.
9.4.
Investimenti effettuati e dinamiche tariffarie
A fronte di queste criticità la pianificazione regionale50 prevede diverse tipologie
di intervento.
I programmi finanziari nazionali e regionali hanno impedito un’impasse degli
investimenti nel settore idrico, causata dalla mancata attuazione della legge Galli
in Lombardia. Fino all’affidamento del servizio, infatti, i gestori si sarebbero
trovati nell’impossibilità di applicare la tariffa unica d’ambito (calcolata sulla base
degli investimenti previsti nei Piani d’ambito) e, conseguentemente, di investire
nel settore. I Piani Stralcio sono quindi stati introdotti allo scopo di sbloccare gli
investimenti nel settore idrico (in particolare nei segmenti della fognatura e
depurazione) senza dover aspettare l’entrata a regime dell’organizzazione
industriale prevista dalla legge Galli. Allo scopo di colmare i ritardi negli
adempimenti previsti dalle direttive europee e per far fronte a situazioni di
emergenza idrica che avevano interessato il territorio nazionale negli anni
precedenti, la Finanziaria 2001 (l. 388/2000) introdusse l’obbligo per le Autorità
d’Ambito (o in mancanza per le Province) di adottare un programma di interventi
nei servizi di fognatura e depurazione, a stralcio dei futuri Piani d’Ambito. In
particolare, qualora i Piani fossero stati finanziati con risorse pubbliche, questi
dovevano essere oggetto di Accordi di Programma Quadro (APQ). Per il parziale
finanziamento di tali programmi è stato previsto un incremento cumulato delle
tariffe di depurazione e fognatura nella misura massima del 20% nell’arco del
quinquennio 2001-2005, anche se l’aumento annuale non potrà superare il 5%. La
Tabella 9.5 evidenzia gli incrementi tariffari accordati agli ATO lombardi, in virtù
degli interventi nei segmenti di fognatura e depurazione e che costituiscono una
quota di finanziamento agli interventi inseriti negli APQ (cfr. Tab. 9.6).
50
I Piani d’ambito dovrebbero essere redatti tenendo sempre presente le scelte strategiche del
PRRA e del PTUA50, laddove approvati in concomitanza o successivamente.Il PRRA e il PTUA
sono stati approvati rispettivamente con d.g.r. n. 402/2002 e con d.g.r. n. 2244/2006
114
Tabella 9.5 – Incrementi tariffari ex Delibera CIPE 52/2001 (2002/2005)
ATO
Bergamo
Brescia
Como
Cremona
Lecco
Lodi
Mantova
Provincia di Milano
Città di Milano
Pavia
Sondrio
Varese
2002
5%
5%
5%
5%
5%
5%
5%
5%
2003
2004
5%
5%
5%
5%
Soggetto a ricorsi
5%
5%
5%
5%
5%
5%
5%
5%
20% per il quinquennio 2001-05
20% per il quinquennio 2001-05
20% per il quinquennio 2001-05
4,761%
4,565%
5%
5%
2005
5%
5%
5%
5%
5%
3,7%
4.347%
-
Fonte: sito web ORS
Nel caso della Regione Lombardia, il Ministero dell’Ambiente ha stanziato oltre
40 milioni di euro per il finanziamento dei Piani stralcio. Per poter accedere a tali
finanziamenti nel dicembre 2002 era stato stipulato un Accordo di Programma
Quadro (“Tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche”) tra il
Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente e del
territorio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero delle
Politiche Agricole e Forestali e la Regione Lombardia51. In particolare tale
accordo individuava gli interventi urgenti in materia di approvvigionamento
idropotabile (prevenzione di eventi critici), la tutela dei corpi idrici (attuazione
degli interventi di fognatura e depurazione previsti dai Piani stralcio ex art. 141 l.
388/00), il ripristino dei corpi idrici pregiati52, la riduzione dell’inquinamento per
i corpi compromessi (Lambro, Olona e Seveso), la prevenzione di fenomeni
eutrofici e di inquinamento causato da nitrati, gli interventi di monitoraggio. I
settori di intervento e i relativi fabbisogni finanziari sono evidenziati in Tabella
9.6. L’accordo prevedeva che i fondi statali fossero erogati alla Regione
Lombardia, che poteva poi gestirli direttamente (per i settori di particolare
rilevanza) o trasferirli alle Autorità d’Ambito. Era prevista una partecipazione al
finanziamento attraverso le maggiorazioni tariffarie previste dalla delibera CIPE
52/2001 e l’eventuale “fondo vincolato” costituito per la realizzazione degli
interventi previsti dai Piani Stralcio.
51
D.G.R. 20 dicembre 2002 n. 11687.
Sono considerato “corpi idrici pregiati”: Lago di Garda, lago Maggiore, lago di Como, lago
d’Iseo, laghi di Mantova e i seguenti fiumi: Ticino, Adda, Oglio, Mincio e Serio.
52
115
Tabella 9.6 – Riepilogo fabbisogno finanziario per settore d’intervento
Settore
Approvvigionamento idropotabile
Importo (€)
Maggiorazione tariffaria del servizio di fognatura
e depurazione ex delibera CIPE 52/2001 (e
fondi gestori)
67.840.846,84
27.420.423,42
Tutela dei corpi idrici superficiali e
sotterranei
2.692.857.314,02
625.200.000,00
Ripristino e tutela dei corpi idrici
pregiati
58.201.977,26
45.276468,91
Riduzione dell’inquinamento dei corpi
idrici particolarmente compromessi
31.623.210,9
26.433.632,00
Prevenzione inquinamento causato da
nitrati e fenomeni eutrofici
26.153.960,68
-
2.618.987,37
-
2.879.296.297,08
724.330.524,33
Interventi di monitoraggio
TOTALE
Fonte: D.G.R. 11687/2002
In particolare, l’APQ prevedeva che nelle prime tre fasi fossero attuati i
programmi relativi ad interventi in materia di fognatura e depurazione.
L’esigenza di investire prioritariamente nei due settori che presentavano,
alla fine degli anni ’90, i maggiori ritardi in termini di copertura del servizio ha
costretto a sacrificare gli investimenti nel segmento dell’acquedotto, per cui erano
disponibili solamente gli incrementi tariffari riconosciuti come adeguamenti
all’inflazione e in cui, come riconosciuto da diversi attori istituzionali ed
economici, si è investito o bisognerà investire nei prossimi anni. Per questo
motivo, nel 2004, è stata avviata la quarta fase concernente invece gli interventi di
prima necessità nel comparto acquedottistico.
Allo scopo di garantire il coordinamento nella realizzazione delle opere
previste dagli APQ esistenti, nel 2003 è stato definito il “Programma nazionale
degli interventi nel settore idrico” (vedi Finanziaria 2004, L. 350/03), formulato
dal Ministero dell’Ambiente sulla base di segnalazioni pervenute dalle istituzioni
del settore. Gli interventi inseriti nel programma avevano carattere di urgenza.
Come evidenziato sopra, gli interventi programmati dai Piani Stralcio
costituiscono delle risposte di breve periodo alle criticità evidenziate al paragrafo
9.3. Allo scopo di comprendere le azioni di lungo periodo un primo passo
necessario è l’analisi dei Piani d’Ambito, in particolare degli interventi in essi
previsti.
Si riportano di seguito le informazioni desunte dai Piani d’Ambito di
alcuni ATO lombardi e relative agli investimenti previsti nei tre comparti Dalla
lettura della Tabella 9.7 si evince la consistenza degli interventi, che riguardano
sia la manutenzione straordinaria e il rinnovo delle infrastrutture esistenti, che gli
investimenti in nuove opere. In particolare, si nota che la maggior parte degli
interventi riguarda i settori considerati più in ritardo rispetto alla normativa
comunitaria, ossia la fognatura e la depurazione.
116
Tabella 9.7 – Investimenti totali del servizio idrico integrato
ATO
Acquedotto
(mgl €)
188.296
214.198
124.700
89.934
107.836
Bergamo
Brescia
Lodi
Mantova
Provincia di
Milano
Pavia
252.275
Fognatura
(mgl €)
Depurazione
(mgl €)
203.796
500.846
132.000
81.000
123.336
264.822
166.516
1.089.293
Altri
investimenti
65.242
134.141
Tot.
391.692
780.286
337.700
213.270
539.174
1.499.956
Fonte: Piani d’Ambito, laddove disponibili.
Tabella 9.8 - Indicatori sintetici relativi a investimenti nel SII
ATO
Totale investimenti SII
(mgl €)
391.692
780.286
337.700
213.270
539.174
1.499.956
Bergamo
Brescia
Lodi
Mantova
Provincia di Milano
Pavia
Investimenti pro capite
annui (€)
13,40
23,46
20,85
31,74
173,12
252,94
Invest medi annui
(mgl €)
13.056
26.010
11.257
10.664
53.917
49.999
Fonte: Elaborazioni IReR su dati Piani d’Ambito.
La copertura finanziaria degli investimenti totali previsti nei Piani d’Ambito deve
essere garantita dalla tariffa del SII. La Tabella 9.9 evidenzia le previsioni di
sviluppo della tariffa reale media. A fronte di incrementi percentuali in termini
nominali anche significativi, notiamo che la tariffa reale media non supera i 2
€/mc.
Tabella 9.9 – Sviluppo della tariffa reale media (€/mc)
ATO
Anno 1
Anno 10
BG
0,82
1,05
BS
0,9
1,17
LO
0,76
1,17
MN
0,92
1,31
MI
0,72
0,99
PV
0,75
1,75
Anno 20
Anno 30
Variazione % tra 1° e ultimo anno di affidamento
1,09
1,10
34%
1,14
0,94
4%
1,46
1,46
70%
1,59
-
72,83%
27%
1,82
1,9
153,33%
Fonte: Piani d’Ambito ed elaborazioni IReR
Allo scopo di comprendere la sostenibilità sociale (valutata qui in termini di
affordability, ossia di sopportabilità delle bollette idriche nei bilanci familiari),
bisognerà considerare l’impatto della spesa per la fornitura del servizio idrico
integrato sul totale del reddito familiare. Non esiste una soglia universalmente
accettata come indicatore di affordability, anche se si fa generalmente riferimento
al 2-3% (Fonte: Miniaci et al., 2005).
117
9.5.
Sperimentazione di nuove modalità di finanziamento degli
interventi nei progetti pilota avviati
L’introduzione del principio del Full Cost Recovery (FCR), secondo cui le entrate
tariffarie devono garantire la copertura dei costi, è solo un elemento necessario
per assicurare la sostenibilità finanziaria del sistema. La generazione di un cashflow adeguato è certamente il presupposto necessario per valutare la capacità del
soggetto indebitato di far fronte agli impegni presi con i creditori. D’altra parte in
un settore, quale quello idrico, in cui gli orizzonti temporali di riferimento sono di
lungo e lunghissimo termine, assumono particolare rilevanza nella valutazione
finanziaria tutti gli elementi di rischio che nel tempo possono concorrere a
deteriorare il merito di credito del soggetto debitore.
Il venir meno dei finanziamenti pubblici a fondo perduto costringe gli
operatori del settore (sia pubblici sia privati) ad attivare la leva finanziaria
dell’indebitamento per affrontare gli investimenti. Tale dinamica ha finora
incontrato numerosi ostacoli, sia per i sempre più stringenti vincoli
all’indebitamento degli EE.LL. sia per la generale difficoltà di accesso al credito
delle iniziative poste in essere nel settore. A contribuire a questo stato di cose i
Piani d’Ambito, ovvero i documenti programmatici che dovrebbero costituire la
base tecnica ed economica della pianificazione degli investimenti, mostrano
spesso lacune e carenze e non contengono dei piani economico-finanziari a un
livello di dettaglio sufficiente secondo gli standard richiesti dagli istituti di credito
(Andwandter e Rubino, 2006).
Per superare le numerose difficoltà del settore ed in particolare avviare una
dinamica virtuosa che, sotto il profilo gestionale, migliori al contempo la
possibilità e la capacità di accesso al credito, la Regione Lombardia ha introdotto
una profonda riforma del settore, basata su un modello gestionale che prevede la
separazione dell’attività di gestione da quella di erogazione. Oltre al modello
gestionale, la Regione Lombardia ha previsto un supporto di tipo finanziario,
come sancito all’art. 11 della l.r. 26/0353. Il succitato articolo chiarisce che la
Regione può intervenire tramite Finlombarda S.p.A. attraverso operazioni di
finanza di progetto, prestazioni di garanzie e assunzione di partecipazioni (non di
maggioranza).
Il regolamento regionale 3 aprile 2007 n. 3 definisce puntualmente i ruoli
dei soggetti pubblici nei confronti delle Autorità d’Ambito, in particolare (art. 3):
- Finlombarda S.p.A. concede finanziamenti, presta garanzie e assume
partecipazioni per attività di progettazione e realizzazione di opere
infrastrutturali. Diventa quindi interlocutore dei soggetti gestori. A tale
53
. “la Regione favorisce la realizzazione, da parte di enti locali, preferibilmente associati, di
opere, impianti produttivi e infrastrutture interessanti il settore dei servizi, nel rispetto delle regole
della concorrenza, dell’ambiente e nell’interesse dei consumatori. A tal fine la Regione può
intervenire mediante la finanziaria regionale Finlombarda SpA…con operazioni di finanziamento
di progetto, prestazioni di garanzie, assunzioni di nuove partecipazioni che non dovranno essere di
maggioranza né di controllo ai sensi…”
118
proposito, Finlombarda SpA conduce una valutazione di fattibilità economicofinanziaria di ciascuna iniziativa.
- Regione Lombardia concede contributi e incentivi per ricerche e studi attinenti
il SII, interfacciandosi con le AATO.
I finanziamenti sono concessi a condizione che gli interventi relativi siano
corrispondenti a quelli programmati nel Piano d’Ambito e secondo delle priorità
fissate dalla stessa proposta di regolamento, nella fattispecie (art. 5) che i
programmi di intervento: (i) siano realizzati da gestori rappresentativi dell’intero
ambito; (ii) siano realizzati in seguito all’aggregazione di soggetti proprietari; (iii)
siano rispondenti alla programmazione a livello di bacino idrografico; (iv) siano
eseguiti in attuazione di affidamento inter-ambito; (v) implichino l’impiego di
strumenti e tecniche che comportino minori costi per la pubblica amministrazione;
(vi) si sostanziano nell’impiego di tecnologie ad alto contenuto innovativo.
Regione Lombardia, con DGR n. VIII/1392 del 13 dicembre 2005 ha
inoltre formalizzato il proprio impegno a supportare gli ATO lombardi nella
predisposizione dei Piani d’Ambito, sia da un punto di vista economicofinanziario (allo scopo di riformulare dei Piani d’Ambito dettagliati, tecnicamente
affidabili e bancabili) che tecnico-legale, “per evitare che, dopo il lungo e
complesso lavoro di elaborazione del Piano d’Ambito, esso incontri difficoltà
nella attuazione dei rilevanti investimenti in esso previsti” (DGR no. VIII/1392 p.
2).
Sono stati individuati due ATO pilota54, Como e Pavia. La collaborazione
tra ATO e Regione Lombardia è riassunta in Figura 9.2. Da un lato, l’ATO si
impegna ad adottare un modello gestionale conforme alla l.r. 26/03 (con
separazione dell’attività di gestione da quella di erogazione, la prima in capo ad
una società patrimoniale unica d’Ambito, la seconda affidata mediante gara) e di
mettere a disposizione della Regione Lombardia i dati rilevanti. Dall’altro la
Regione Lombardia (DG Reti e Servizi di Pubblica Utilità insieme a Finlombarda
SpA, IReR e Cestec) si impegna a fornire assistenza ingegneristica, giuridicolegale ed economico-finanziaria.
54
Inizialmente erano stati individuati gli ATO di Pavia e Cremona.
119
Figura 9.2 – Schema di ATO pilota
Fonte: ORS Regione Lombardia
120
Capitolo 10
Le prospettive future del servizio idrico lombardo
10.1. Il modello gestionale lombardo nella nuova legge regionale
Come accennato in precedenza, la l.r. 26/03 (come modificata dalla l.r. 18/06)
disciplina, tra altri aspetti, l’erogazione dei servizi idrici, non solo specificando le
competenze in materia a diversi livelli istituzionali, ma introducendo quello che si
configura come un vero e proprio “modello lombardo”, in virtù dell’innovatività
delle soluzioni proposte, non solo a livello regionale, ma anche a livello
nazionale.
Lo scopo di questo capitolo è quello di descrivere tale modello,
evidenziando i motivi che hanno indotto il legislatore a optare per questa
soluzione. Particolare enfasi verrà posta sui vantaggi di tale modello ma anche
sulle specificità dell’attuale realtà gestionale lombarda, elementi che potrebbero
incidere sull’implementazione del nuovo assetto organizzativo introdotto dal
legislatore.
10.1.1. Descrizione del modello
Il modello gestionale lombardo si caratterizza per tre principi, sanciti all’art. 2
della l.r. 26/03:
1.
la separazione (o unbundling) tra attività di gestione della rete e di
erogazione del servizio55;
55
Sono individuabili due modalità di separazione tra gestione delle reti ed erogazione del
servizio (Capra e Andreoni, 2006):
2.
3.
l’incedibilità della proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali e il conferimento di questa a società a totale capitale pubblico;
l’affidamento dell’attività di erogazione a società di capitali avviene tramite
procedure ad evidenza pubblica: gara per la scelta del socio privato in spa
miste o gara tout court.
Tali principi costituiscono un elemento di discontinuità con la normativa
nazionale, che ha di fatto escluso i servizi idrici dai processi di unbundling
previsti per altri servizi di pubblica utilità ed ha previsto più modalità di gestione
dei servizi oltre al ricorso a procedure ad evidenza pubblica (quali l’in house e le
società miste).
Analizziamo per ordine ognuno di questi principi. In primo luogo,
l’obbligo di separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio (da parte
delle AATO) è sancito dall’art. 49. In pratica, nella prima categoria rientrano le
attività di mantenimento e miglioramento delle dotazioni infrastrutturali (ossia, tra
le altre, la manutenzione straordinaria), mentre nella seconda sono annoverate le
attività che attengono direttamente alla fornitura del servizio agli utenti finali
(ossia l’esercizio delle reti e l’effettuazione di interventi di manutenzione
ordinaria). Allo scopo di arginare problemi di attribuzioni di competenze, la
Regione Lombardia, tramite un proprio regolamento, ha caratterizzato le attività
di gestione della rete da quelle di erogazione del servizio (la Tabella 10.1 fornisce
un elenco puntuale delle attività gestionali che ricadono nell’una piuttosto che
nell’altra categoria).
Si segnala inoltre una best practice raccolta in una delle interviste
effettuate nell’ambito della presente ricerca (Int. 15) e consistente nella
sperimentazione di un sistema informatico (ormai su base triennale) in grado di
“assegnare ad ogni apparecchiatura esistente la propria vita tecnica finanziaria”:
ogni progetto esecutivo dev’essere accompagnato da un piano di manutenzione
per cui, da un lato sono chiariti, su base contrattuale, gli obblighi dell’erogatore
limitatamente alla gestione ordinaria e, dall’altro, è stabilito contrattualmente chi,
tra erogatore e gestore, debba intervenire nel caso in cui si renda necessario una
manutenzione imprevista.
Tale distinzione, unitamente al principio dell’incedibilità delle reti,
chiarisce il ruolo e i compiti che gli enti locali (in quanto proprietari) e gli
erogatori sono chiamati a ricoprire nel mantenimento di un bene strumentale a un
servizio pubblico.
•
La separazione della sola proprietà delle reti, mantenendo unite le attività di gestione
della rete dall’erogazione del servizio;
• La separazione della sola erogazione del servizio, mantenendo in capo ad unico soggetto
proprietà e gestione delle reti.
Nel caso della Lombardia si è scelta la seconda possibilità.
122
Tabella 10.1 – Le attività di gestione del servizio idrico integrato
-
-
123
-
-
Gestione della rete e degli impianti
Pianificazione operativa interventi previsti da Piano d’Ambito (ossia la
programmazione concreta del piano di interventi, unitamente alla
programmazione finanziaria)
Progettazione e realizzazione nuove reti ed impianti previsti da PdA e
successivi aggiornamenti (comprende tutte le attività tecniche – studi
preliminari, rilievi, progetti, direzione lavori, … - necessarie alla
realizzazione degli interventi previsti dal PdA)
Progettazione e realizzazione degli interventi di ristrutturazione di reti ed
impianti esistenti e manutenzione straordinaria programmata previsti da
PdA e successivi aggiornamenti (comprende tutte le attività tecniche
necessarie agli interventi di ristrutturazione, valorizzazione e rinnovo di reti
ed impianti esistenti)
Area appalti, contratti ed espropri (ossia tutte le attività tecniche necessario
all’affidamento dei lavori)
Altre attività tecniche, quali studi e ricerche, cartografia (GIS) e servizio
geologico
Altre attività di supporto (attività amministrative, economico-finanziarie,
controllo di gestione, approvvigionamenti, magazzino, e tutte le attività
collaterali alla progettazione, quali gli studi di impatto ambientale e la
localizzazione di nuovi impianti)
Rapporti istituzionali (contratti di servizio, ecc)
-
Erogazione del servizio
Gestione e vigilanza di impianti di captazione
Gestione della rete di adduzione (ricerca perdite)
Gestione di impianti di potabilizzazione (esercizio e smaltimento fanghi)
Gestione rete di distribuzione acqua (ricerca perdite di rete ed
allacciamenti)
Gestione rete fognaria (collettamento, ricerca perdite di rete ed
allacciamenti)
Gestione impianti di depurazione (esercizio e smaltimento fanghi)
Manutenzione (ordinaria e straordinaria non programmata, protezione
catodica, manutenzione elettromeccanica e civile, automezzi e immobili)
Laboratorio analisi e controllo ambientale (controllo qualità acqua di
approvvigionamento e scarico e controllo pressioni; telecontrollo impianti)
Interfaccia utenza (gestione contatori, rapporti utenze produttive, nuovi
impianti, fatturazione, call center, pronto intervento e marketing)
Altre attività di supporto (gestione servizi energetici, approvvigionamento e
magazzino, rapporti istituzionali, attività amministrative, economicofinanziarie e controllo di gestione, acquisto e gestione automezzi)
Fonte: Allegato A Regolamento Regionale n. 4 del 28 febbraio 200
In particolare, la proprietà delle reti e degli impianti deve essere conferita
“esclusivamente a società di capitali con la partecipazione di capitale pubblico
incedibile”, le c.d. società patrimoniali (SP). Tali società si configurano pertanto
come delle società di asset management. Mentre il testo del 2003 prevedeva la
possibilità che alle SP partecipassero anche partner privati (in qualità di soci di
minoranza della società di capitali), l’ultima versione ribadisce che la SP
dev’essere di proprietà interamente pubblica e stabilisce che (comma 1 bis
dell’art. 2) la partecipazione alla SP di “soggetti diversi dagli enti locali” è
ammessa a condizione che al 31 dicembre 2005 questi risultassero proprietari di
reti ed impianti. In altri termini, la partecipazione di tali soggetti è concessa
“esclusivamente tramite conferimento in natura di reti, impianti e dei relativi rami
d’azienda”.
Un’altra caratteristica delle SP è data dall’unicità delle stesse a livello di
ATO, previsione mirante a incentivare il superamento dell’attuale
frammentazione dei soggetti proprietari di reti ed impianti attraverso la
partecipazione alla SP, che altrimenti, al di fuori di un contesto competitivo, non
avrebbero nessun interesse ad unirsi (Corali, 2006). Tale esito è concepito come
risultato di un processo graduale, considerata la durata del periodo transitorio
statuito al co. 8 dell’art. 49 (più di cinque anni, fino al 31 dicembre 2011).
Durante tale periodo è consentita la gestione di reti ed impianti a una pluralità di
SP, purché al 31 dicembre 2005 ciascuna delle SP sia proprietaria di impianti
aventi una dimensione minima di 240 mila abitanti residenti per le attività di
acquedotto e fognatura, ovvero 240 mila abitanti equivalenti per le attività di
depurazione.
Allo scopo di costituire una società patrimoniale, proprietaria di reti ed
impianti, devono essere definiti l’oggetto del conferimento (le immobilizzazioni e
il debito conferiti alle SP), il modello di business (definendo le attività da
attribuire alla SP) e l’assetto societario (Ghislieri Marazzi, 2006).
L’oggetto sociale delle SP può oscillare tra due estremi (Ghislieri Marazzi,
2006):
-
da un lato queste possono essere formate solamente per occuparsi delle
attività di amministrazione dei beni, senza gestirli direttamente (la c.d.
società patrimoniale “leggera”);
dall’altro, le SP sono intese come veri e propri gestori degli immobili
dell’ente locale, svolgendo attività di pianificazione, programmazione e
realizzazione degli investimenti (la c.d. società patrimoniale “pesante”)
Le tipologie intermedie sono individuabili in soluzioni organizzative che fanno un
ricorso variabile a contratti di outsourcing (Bratta, 2006).
Considerando l’erogazione del servizio, la normativa regionale stabilisce che le
attività connesse sono affidate a società di capitali tramite procedure ad evidenza
pubblica. L’art. 55 prevede che per le gare bandite entro il 31 dicembre 2006 i
bandi possano prevedere l’impegno per l’aggiudicatario di proporre l’associazione
con il gestore uscente, il quale tuttavia può anche rigettare tale proposta. Tale
124
proposta ha l’obiettivo di favorire l’uscita progressiva dei gestori uscenti,
consentendone l’affiancamento ai nuovi soggetti affidatari.
È previsto che i beni realizzati durante il periodo di affidamento siano
ammortizzati durante tale periodo, in modo tale da trasferirli all’ente locale a
titolo gratuito. Tutti gli impianti, alla scadenza dell’affidamento, rientrano nella
disponibilità degli enti locali.
Con riferimento ai rapporti tra soggetto gestore ed erogatore, sono
delineabili diverse tipologie organizzative (vedi Fig. 10.1): (a) la SP detiene
partecipazioni nell’erogatore; (b) una holding controlla la SP e l’erogatore; (c)
l’ente locale partecipa direttamente nella SP e nell’erogatore. La terza tipologia
risulta pertanto essere quella di riferimento.
Figura 10.1 – Strutture societarie e separazione tra gestore ed erogatore
Fonte: Bratta (2006)
10.1.2. Effetti su enti locali ed utenti
I principali vantaggi per gli enti locali derivanti dalla costituzione delle SP sono
così riassumibili (Antonioli e Fazioli, 2003):
-
trasferimento alla SP dei debiti di finanziamento (mutui) e dei relativi
oneri, migliorando la gestione finanziaria dell’ente locale e una
diminuzione dell’esposizione verso gli enti finanziatori;
sfruttamento di economie di scala, derivanti dalla possibilità di distribuire i
costi di investimento su tutto l’ambito.
Affinché la separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio sia
vantaggiosa per l’utente finale è necessario che si producano dei guadagni di
efficienza, i quali si traducono in miglioramenti del servizio offerto o vantaggi
economici per gli utenti. A tale riguardo, due sono gli aspetti da considerare.
In primo luogo, un requisito fondamentale affinché la gara per
l’erogazione del servizio porti a un’erogazione efficiente del servizio stesso, è che
125
questa sia veramente competitiva e che gli impegni statuiti nelle offerte per la
gestione del servizio siano rispettati. In riferimento a quest’ultimo punto, le
attività di erogazione del servizio (cfr. sopra, Tab. 10.1) sono immediatamente
individuabili e facilmente misurabili attraverso degli indicatori di performance (su
questo punto si veda oltre, § 10.1.4).
Una volta definiti questi aspetti, i contratti di erogazione del servizio
risultano puntualmente definiti, e in quanto tali completi, garantendo quindi uno
degli elementi cruciali per il buon esito della gara. Alla regolazione ex ante, si
deve affiancare una regolazione ex post, attraverso dei meccanismi sanzionatori
per gli operatori che non rispettano gli impegni presi in sede di gara.
Secondariamente, la gara per la selezione dell’operatore dev’essere
competitiva. Il breve orizzonte temporale dei contratti di erogazione e i limitati
volumi di investimenti necessari fanno cadere una delle più importanti barriere
all’entrata nella partecipazione delle gare, ossia la solidità patrimoniale per poter
avere accesso al credito.
10.1.3. Motivazioni dell’ introduzione del modello
Come evidenziato in precedenza (§ 6.1) la sostenibilità del sistema idrico è
garantita dalla salvaguardia delle infrastrutture nel tempo. In questo senso, diventa
fondamentale garantire che le manutenzioni straordinarie, funzionali al
mantenimento degli asset, siano individuate (attraverso un’adeguata
programmazione) ed eseguite puntualmente.
In questo senso, il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03 mira a
migliorare la qualità del servizio fornito attraverso lo sviluppo di un mercato
competitivo (al momento dell’affidamento dell’erogazione del servizio) e il
raggiungimento di economie di scala (prevedendo tale affidamento per un’unica
società a livello di ambito). La separazione della gestione delle reti, con l’obbligo
di costituire un’unica società a livello di ATO, garantirebbe inoltre la formazione
di una massa critica gestionale, necessaria a reperire i mezzi finanziari per
effettuare gli investimenti. Il gestore unico a livello di ambito, infatti, vanterebbe
una consistenza patrimoniale coerente con quella richiesta per avere accesso al
credito di cui necessita (Capra e Andreoni, 2006).
Infine, la separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio
viene giustificata dal principio di specializzazione, secondo cui gli operatori,
occupandosi di un solo aspetto della filiera, migliorerebbero, proprio in virtù di
questa specializzazione, l’efficienza delle attività gestite.
Il modello sarebbe stato inoltre introdotto per rispondere alle criticità
nell’attuazione della normativa nazionale, con riferimento ai modelli gestionali
delineati nelle ultime normative di settore (v. sopra). Considerando il modello
della gara per l’affidamento del servizio integrato (c.d. concessione), sono note le
difficoltà nel delegare in toto il servizio idrico integrato, trasferendo su base
pluriennale la responsabilità degli investimenti nel rinnovo e ampliamento delle
reti e per l’erogazione del servizio (Massarutto, 2005). In primo luogo, si tratta di
far fronte all’incertezza riguardante la programmazione degli investimenti nel
126
lungo periodo, e la conseguente impossibilità di scrivere dei contratti di
affidamento completi attraverso la previsione di meccanismi di ricontrattazione
degli affidamenti in itinere (previsioni che potrebbero aumentare notevolmente i
costi di transazione, vanificando i guadagni di efficienza). La seconda criticità
riguarda le difficoltà di far coincidere la vita utile delle opere necessarie con la
durata delle concessioni. Come rilevato da uno degli interlocutori sentiti
nell’ambito della ricerca (Int. 4): “il gestore […] non ce la farebbe all’interno dei
15 anni ad ammortizzare [la] […] mole di investimenti […] inserita nel Piano”. Il
problema riguarda la restituzione della quota di investimenti non completamente
ammortizzati, aspetto critico considerata la scarsa capacità di indebitamento dei
comuni e dell’ATO. L’impossibilità poi di conoscere puntualmente la consistenza
della rete crea incertezza circa il livello di investimenti necessari. La soluzione
della SP permetterebbe di rendere il proprietario responsabile degli investimenti
sulla rete, limitando i problemi di informazione asimmetrica tra regolatore ed
operatore del SII. Infine, riunire in capo a un unico soggetto gestore la
responsabilità degli investimenti permetterebbe di ottimizzare le scelte gestionali:
da questo la scelta dell’unicità della patrimoniale a livello di ATO. In terzo luogo,
gli investimenti necessari ad attuare i PdA richiedono una solidità patrimoniale
che solo pochi soggetti gestori possono vantare, requisito necessario ad accedere
al mercato del credito.
La società mista non rappresenterebbe una soluzione a questi problemi,
visto che il socio privato ha l’esigenza di avere dei ritorni sugli investimenti in
tempi brevi, caratteristica non riscontrabile nel caso dei servizi idrici. Inoltre, se la
scelta del socio privato dovesse rivelarsi errata (perché questi non si dimostra
capace di gestire efficacemente il servizio), si potrebbe aprire un contenzioso
molto lungo con i soci di maggioranza della spa mista, ossia i comuni.
Infine, considerando la soluzione in house, diventa molto difficile
dimostrare che i comuni, collegialmente, effettuano un controllo analogo. Manca
infatti l’unitarietà dell’ente concessionario.
Per ovviare a tutti i problemi descritti sopra, si è deciso che il “soggetto
responsabile della realizzazione degli investimenti è un soggetto esclusivamente
pubblico, una società di capitale interamente partecipata dagli enti locali, non
privatizzabile, proprietaria delle reti e degli impianti”. Il principio ispiratore della
norma generale, in altri termini, è quello secondo cui il proprietario di un bene è
legittimato a gestirlo (Corali, 2006).
Di fatto si introduce un rapporto contrattuale tra ATO ed ente gestore,
destinato a regolare i diversi ruoli e responsabilità soprattutto con riferimento alla
pianificazione e realizzazione degli investimenti. Tale contratto non deve essere
confuso con l’affidamento della gestione, reso inutile dal principio che il
proprietario è già di per se legittimato alla gestione dei beni posseduti..
Gli altri vantaggi sono riassunti di seguito. In primo luogo, la società
pubblica è partecipata totalmente degli enti locali e, come tale, può godere di un
vantaggio di costo nell’accesso al credito, essendo generalmente valutato elevato
il merito di credito dei soggetti pubblici ed, in parte, di un soggetto da essi
direttamente controllato come nel caso della SP. Inoltre il fatto che gli
investimenti vengano realizzati dal gestore, non soggetto ad alcun termine
127
temporale, consente di calcolare l’ammortamento dei cespiti, anziché sulla durata
della concessione, sulla vita naturale dei beni medesimi con un benefico effetto in
termini di minore impatto sulla tariffa.
10.1.4. Processo di accompagnamento al nuovo modello gestionale attuato dalla
Regione Lombardia
L’analisi descritta nei paragrafi precedenti ci consente di delineare i passaggi
fondamentali del processo di accompagnamento che la Regione Lombardia sta
attuando allo scopo di fare in modo che l’introduzione del modello gestionale
descritto sopra si traduca in guadagni di efficienze e, in ultima analisi, in un
miglior servizio per l’utenza finale.
Abbiamo argomentato sopra che la separazione tra attività di erogazione
del servizio e gestione delle reti permette di superare le difficoltà nell’affidare la
gestione del servizio idrico integrato tramite gara (secondo il modello della
concessione). Il legislatore regionale auspica infatti che la gara per l’erogazione
del servizio consenta di ottenere guadagni di efficienza per effetto
dell’introduzione di forme di concorrenza ex ante.
Gli esiti del processo sono tuttavia non scontati: affinché la gara dia i
risultati attesi è necessario coniugare gli obiettivi di lungo periodo del proprietario
delle reti, con i compiti demandati all’erogatore nel più breve periodo. Nella
fattispecie, si tratterà di scrivere correttamente i bandi di gara, di garantire il
rispetto degli impegni presi e di gestire il passaggio di consegne tra un erogatore e
il successivo (nel caso in cui alla gara successiva risultasse vincente un soggetto
diverso dall’incumbent). In questo senso, la Regione Lombardia ha approvato un
Regolamento56 che definisce i requisiti per la partecipazione alla gara per
l’erogazione del servizio secondo criteri di ammissibilità e di aggiudicazione, in
particolare suddividendo i primi vengono in tre aree (tecnico-professionale, delle
garanzie e procedurale) e i secondi in area tecnica ed area economica. Essendo
infatti il corretto svolgimento della gara uno degli elementi fondamentali per
l’ottenimento di guadagni di efficienza nell’erogazione del servizio, la previsione
di uno schema di bando tipo di gara, da parte del regolatore regionale, potrebbe
essere di significativo supporto per l’attività degli enti locali.
Tali criteri sono riassunti in Tabella10.2.
56
Si veda il R.R. n. 4 del 3 aprile 2007 “Standard qualitativi e modalità di gestione per
l’erogazione dei servizi locali di interesse economico generale e criteri di ammissibilità e
aggiudicazione delle gare. Standard relativi al servizio idrico integrato” in attuazione dell’art. 2,
co. 10 della l.r. 26/2003.
128
Tabella 10.2 – Criteri di ammissibilità ed aggiudicazione alla gara per il SII
Categoria
criteri
Ammissibilità
Area
Area tecnica
professionale
Criteri
-
Area
delle
garanzie
-
Area
Procedurale
-
Legittimazione, in termini di sussistenza dei requisiti di
conformità alla legge e insussistenza delle cause di
impedimento di partecipazione alla gara
Capacità tecnica e professionale, attestata tramite il
possesso di requisiti di natura tecnica, economica,
finanziaria e professionale
Criteri generali di garanzia del mantenimento degli
impegni presi
Garanzia finanziaria, in termini di costituzione delle
cauzioni
Rispetto degli oneri informativi, quali l’accettazione di
tutte le condizioni e il formale impegno alla riservatezza
dei dati
Rispetto degli oneri procedurali, in termini di
presentazione delle offerte e il rispetto di divieti e oneri
previsti per la partecipazione alla gara
Aggiudicazione
Area tecnica
Area
economica
Compatibilità ambientale quali:
rispetto e la salvaguardia dell’ambiente;
registrazione marchio EMAS
possesso certificazione ISO 14001 redazione del
bilancio ambientale
Soddisfazione dei clienti misurata in base a:
raggiungimento degli standard di erogazione
miglioramento della sicurezza degli impianti
redazione di un bilancio
possesso dell’attestazione annuale di eccellenza
ambientale
Valutazione tecnico-organizzativa, in termini di:
previsione di innovazioni tecnologiche
qualifica e competenze pregresse riferibili al personale
possesso della certificazione ISO 9001 (come fattore
premiante)
sanzioni ricevute in precedenti gare (come fattore sanzionante)
Valutazione economica, misurata in termini di:
miglioramento dei profili economico-finanziari
bancabilità e redditività dell’investimento (convenienza
del tasso di remunerazione del capitale proposto)
certificazione contabile del bilancio (come fattore premiante)
Fonte: R.R. 3 aprile 2007, n. 4
Oltre all’introduzione di meccanismi competitivi, occorre introdurre una
regolamentazione per comparazione, sul modello della yardstick competition
introdotta in Inghilterra e Galles, in cui le performance dei diversi gestori vengono
messe a confronto per individuare dei margini di miglioramento. Questa funzione
potrà essere svolta dal Garante previsto dalla legge regionale, possibilità
espressamente prevista nel Regolamento Regionale n. 4 del 3 aprile 2007.
Consapevole di questo suo ruolo, la Regione ha definito il regolamento
suddetto, in cui vengono definiti gli standard di riferimento nella valutazione della
qualità del servizio offerto agli utenti. In particolare, sono definiti dei criteri
qualitativi per le diverse dimensioni identificabili nella fornitura del SII: tecnico
129
ingegneristica, economico-finanziaria-tariffaria, soddisfazione dell’utenza,
gestionale interna e ambientale. E’ importante evidenziare il fatto che, essendo il
settore idrico a forte intensità di capitale, i maggiori guadagni di efficienza sono
ottenibili nel segmento di gestione delle reti. In altre parole, è agendo sulla
pianificazione e progettazione degli interventi, sulla gestione finanziaria e
sull’approvvigionamento di alcuni beni che si possono ottenere maggiori risparmi
di costo. La Tabella 10.3 riassume i criteri individuati per ciascuna di queste aree.
Questi standard definiscono gli standard minimi di prestazione garantiti
dagli operatori che, come tali, possono essere inseriti nella Carta dei Servizi
(diventando pertanto parte integrante del Contratto di Servizio) e definire un
obbligo di servizio. Il mancato rispetto degli standard, costituendo inadempimento
contrattuale, può portare alla risoluzione del contratto e al rimborso per mancato
rispetto degli obblighi assunti.
Va infine segnalato un pericolo derivante dalla separazione tra erogazione
del servizio e gestione delle reti, ossia il fatto che contro i futuri miglioramenti di
efficienza ci si debba scontrare nell’immediato con un aumento dei costi di
struttura (derivanti ad esempio dalla duplicazione degli enti, gestori ed erogatori).
Affinché la separazione tra attività di erogazione del servizio ed attività di
gestione delle infrastrutture risulti vantaggiosa per l’utenza, i guadagni di
efficienza derivanti dalla separazione stessa devono compensare i costi di
transazione derivanti dal processo di separazione stesso. In questo senso, è
fondamentale che il periodo transitorio non produca contenziosi e duplicazioni di
costi. In tal senso, i regolamenti di attuazione della l. 26/03 possono contribuire a
diminuire tali costi di transazione.
130
Tabella 10.3 – Standard qualitativi per il servizio idrico integrato
Area
Area tecnicoingegneristica
Area economicofinanziariatariffaria
-
Area
soddisfazione
dell’utenza
Criteri individuati
realizzazione e rispetto del programma degli interventi in termini di tempi e di
costi;
misure volte a favorire il risparmio idrico;
controlli delle reti e della qualità dell’acqua;
dotazione di contatori a norma e modalità di verifica periodica;
alimentazione idrica;
smaltimento fanghi;
copertura del servizio;
perdite complessive;
continuità del servizio.
rapporto fra i costi sostenuti e le entrate ottenute;
scostamento fra costi e ricavi preventivi e consuntivi per servizio;
individuazione del valore dei singoli elementi dell’attivo e del passivo
patrimoniale;
composizione del patrimonio aziendale;
correlazione tra elementi del passivo e dell’attivo patrimoniale;
redditività della gestione;
incidenza delle singole voci di costo;
durata dei finanziamenti;
ciclo lettura;
ciclo fatturazione dei conguagli;
corretta applicazione dell’articolazione tariffaria.
-
accesso agli sportelli;
organizzazione della struttura di relazione con il pubblico, ivi compresi gli
strumenti per l’accesso degli utenti e l’ampiezza dei relativi orari;
continuità del servizio;
efficacia delle informazioni e delle comunicazioni effettuate;
comunicazione delle interruzioni;
preavviso per le interruzioni programmate;
funzionalità ed efficacia del servizio informazioni telefonico (call center);
efficacia ripristini fornitura in caso di morosità;
rispetto di modalità e termini predeterminati nelle relazioni con gli utenti;
adeguatezza facilitazioni utenze particolari;
rispetto appuntamenti;
sospensioni di servizio;
tipologia di pagamento garantita.
Area gestionale
-
organizzazione del servizio di analisi;
organizzazione del telecontrollo;
piano interruzioni del servizio;
tenuta registri per dati quali-quantitativi;
sistema di qualità;
distribuzione sportelli;
contabilità analitica per centri di costo;
procedura gestione reclami;
servizio ricerca perdite;
registri inventari;
verifica perdite;
pronto interveto;
produttività del personale;
outsourcing;
controllo di gestione;
valutazione dell’efficacia della spesa.
Area ambientale
-
qualità dell’acqua erogata;
laboratorio di analisi certificato;
servizio analisi: realizzazione e risultati;
quantità di fanghi riutilizzati rispetto alla quantità smaltita;
interruzioni degli impianti di depurazione;
scostamento degli scarichi rispetto alle concentrazioni di legge.
-
Fonte: R.R. 3 aprile 2007, n. 4
131
10.2. Considerazioni conclusive
Le considerazioni dei paragrafi precedenti si propongono di evidenziare i nodi
cruciali per la corretta gestione dei servizi idrici, su cui il legislatore regionale è
intervenuto.
In primis la necessità di rendere il settore idrico integrato autosufficiente
da un punto di vista finanziario. Il ritardo infrastrutturale in cui questo versava alla
fine degli anni ’90 ha impedito l’applicazione immediata del principio del FCR.
Nel capitolo 9 è stata evidenziata l’importanza degli interventi finanziari previsti
all’interno dell’APQ. Nei prossimi anni, come auspicato dalla direttiva quadro
acque 2000/60/CE, gli interventi infrastrutturali dovranno essere finanziati tramite
tariffa, limitando pertanto il ricorso a programmi di finanziamento tramite risorse
finanziarie pubbliche.
Diventa pertanto fondamentale perseguire la sostenibilità finanziaria del
sistema attraverso:
-
la garanzia che le tariffe idriche siano sufficienti a coprire i costi
d’investimento in nuove opere e di mantenimento di quelle esistenti;
un aumento dell’efficienza nella gestione dei servizi stessi.
La sostenibilità finanziaria, come argomentato nel capitolo 6, è solo uno dei
requisiti necessari per una gestione sostenibile dei servizi idrici.
L’efficace e puntuale attuazione degli interventi previsti nei documenti di
Piano dipende dalle capacità gestionali e finanziarie degli operatori e dalla qualità
del sistema di regolazione.
In questo senso, il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03 come
modificato dalla l.r. 18/06 punta a modernizzare il settore garantendo, per questa
via, il completamento degli interventi necessari al recepimento delle direttive
comunitarie e al mantenimento degli attuali livelli di fornitura del servizio
idropotabile per le generazioni future.
Se una valutazione del modello “alla prova dei fatti” non è ancora
possibile, l’analisi effettuata nella terza parte del lavoro mostra come il modello
lombardo potrebbe rappresentare un’interessante evoluzione del modello
introdotto a scala nazionale, una volta che sia garantita un’efficace
regolamentazione e una volta che la transizione sia gestita in maniera da
minimizzare i costi di transazione.
132
Conclusioni
La recente elaborazione del Piano di Tutela delle Acque ha posto in evidenza la
questione acqua in Lombardia evidenziandone preliminarmente i problemi di
disponibilità reale, in termini sia quantitativi che qualitativi, le sfide e le
opportunità da accogliere per la tutela, valorizzazione e riqualificazione di questo
bene primario.
Tra le misure da mettere in campo trovano attualmente rilievo e urgenza
quelle legate alla disponibilità reale della risorsa idrica a volte critica per eventi di
“siccità” (vedi estati 2003, 2005, 2006, nonché la stagione in corso) e/o di
domanda di utilizzo della risorsa concorrenziale o addirittura conflittuale. Tali
eventi hanno infatti posto all’attenzione il fatto che anche una regione come la
Lombardia, tradizionalmente caratterizzata da una generale disponibilità della
risorsa, può scontrarsi con un’effettiva indisponibilità della stessa ovvero con una
difficoltà, di fronte a richieste di uso concorrente, di governare il processo
indicando priorità e garantendo valori minimi di soddisfacimento delle necessità
di ciascun utilizzo.
La disponibilità di risorsa idrica rappresenta infatti da sempre fattore di
sviluppo locale di importanza strategica: diviene rilevante, quindi, individuare e/o
consolidare sistemi di regole e di strumenti condivisi per una gestione sostenibile
di questa risorsa. Ciò induce ad agire su più fronti:
•
•
•
puntare su politiche di razionalizzazione della domanda di risorsa e di
monitoraggio degli ecosistemi per definirne il reale fabbisogno idrico;
promuovere modalità di gestione concertata e integrata di bacino tra i
soggetti competenti per assicurare una sua equa distribuzione fra i sempre
più numerosi utilizzatori, nella salvaguardia dell’ambiente naturale;
aumentare l’efficienza nell’uso della risorsa, soprattutto in campo agricolo.
Lo studio dei recenti eventi estivi di crisi idrica, da una parte, e dell’evoluzione
nella gestione dei servizi idrici dall’altra, è stata occasione, una volta descritto il
framework di analisi su tali questioni, per dar voce a gran parte delle categorie di
attori coinvolti - per la verità numerosi - e alle diverse ragioni in gioco; per
evidenziare i passi compiuti negli ultimi anni e orientati a un utilizzo sostenibile
della risorsa, per raccogliere le criticità e le sfide da affrontare nel prossimo futuro
I casi presentati in questa ricerca permettono di avanzare alcune riflessioni utili,
sia per gli studi che analizzano gli approcci partecipativi all’elaborazione di
politiche pubbliche, sia per le discipline che studiano nuovi strumenti per
migliorare la gestione e il governo di una risorsa comune che, come tale, prevede
necessariamente una disponibilità massima di utilizzo superata la quale il sistema
evidenzia tutta la sua fragilità.
Riguardo ai risultati ottenuti dai Tavoli di crisi, si è rilevato un progressivo
miglioramento nel coordinamento degli interventi, non solo per fronteggiare
l’emergenza, ma anche in un’ottica di prevenzione dell’evento siccitoso. Come
emerso nella parte 2 si tratta però di un processo ancora contraddistinto da
criticità, sia istituzionali che tecniche, che richiede interventi importanti.
Nonostante queste problematiche, il processo sembra però anche aver
alimentato una discussione sulla necessità di promuovere innovazioni “interne” ai
settori e alle organizzazioni partecipanti ai Tavoli, che in alcuni casi sono già state
concretizzate (ad es. il coordinamento fra settori della pubblica amministrazione)
e in altri contesti sembrano almeno essere in via di definizione (ad es.
l’adeguamento e ottimizzazione del sistema di irrigazione). Il sistema efficiente di
utilizzo intensivo delle acque - che sino ad oggi ha governato la regolazione dei
grandi laghi lombardi subalpini, in virtù di diritti di prelievo riconosciuti
primariamente in capo all’uso irriguo – rischia oggi di essere messo in crisi di
fronte a una sempre minore disponibilità della risorsa. A tal proposito l’iniziativa
di Regione Lombardia denominata “Risottoscrivere un nuovo Patto per l’Acqua”,
costituisce un passo importante orientato a coinvolgere i soggetti interessati nella
ridefinizione di nuove regole di gestione dei laghi subalpini, e, in generale,
dell’intero sistema idrico lombardo.
Il conseguimento degli obiettivi di tutela della risorsa idrica dipende
strettamente anche dalla capacità degli attori istituzionali ed economici di
garantire la funzionalità nel tempo del sistema di gestione dei servizi idrici, e di
adeguarne le capacità all’evolversi della domanda sociale (quindi alla richiesta di
risorsa grezza) e all’aumentare delle aspettative di qualità della vita (elemento
strettamente dipendente dal mantenimento della qualità degli ambienti acquatici,
attraverso un potenziamento delle capacità depurative). Si sono quindi evidenziati
quelli che sono i nodi cruciali per la corretta gestione dei servizi idrici, in primis la
necessità di rendere il settore idrico integrato autosufficiente da un punto di vista
finanziario. Ciò diventa perseguibile attraverso:
-
la garanzia che le tariffe idriche siano sufficienti a coprire i costi
d’investimento in nuove opere e di mantenimento di quelle esistenti;
un aumento dell’efficienza nella gestione dei servizi stessi.
In questo senso, il modello gestionale introdotto dalla l.r. 26/03,come modificato
dalla l.r. 18/06,punta a modernizzare il settore garantendo, per questa via, il
completamento degli interventi necessari al recepimento delle direttive
134
comunitarie e al mantenimento degli attuali livelli di fornitura del servizio
idropotabile per le generazioni future.
Se una valutazione del modello “alla prova dei fatti” non è ancora
possibile, l’analisi effettuata nella terza parte del lavoro mostra come il modello
lombardo si dimostri un’interessante evoluzione del modello introdotto a scala
nazionale, una volta che sia garantita un’efficace regolamentazione e una volta
che la transizione sia gestita in maniera da minimizzare i costi di transazione e da
tesaurizzare l’esperienza delle realtà gestionali esistenti.
135
136
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Ulteriore sitografia
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http://www.ors.regione.lombardia.it
http://www.urbimlombardia.it
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http://www.laghi.net
http://www.arpalombardia.it
www.ermesambiente.it/ermesambiente/acque/index.htm
Parte 3
Regione Lombardia
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ntenuto_informativo_Acqua.shtml?962
Autorità d’Ambito
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http://www.atocremona.it/cms/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1
http://www.provincia.mantova.it/ato/index.html
http://www.atoprovinciadimilano.it/index.htm
http://www.provincia.pv.it/ambiente/aato/main.htm
Enti Gestori
www.capgestione.it
http://www.idra-spa.it/
http://www.asmvoghera.it/
http://www.agammonza.it/cms/agam/
Altro
www.acquapreziosa.va.it
Allegato 1
Traccia intervista Parte seconda
1. A partire dal 2003, quali sono state, secondo il Suo parere, le principali
problematiche che hanno determinato l’emergenza siccità in Lombardia?
2. Quali interventi sono stati più efficaci per fronteggiare l’emergenza?
3. Quali sono state, invece, le maggiori criticità nella gestione dell’evento?
4. Ritiene che vi sia stata una capitalizzazione dell’esperienza? Ovvero, la
gestione dell’emergenza 2003 ha favorito, negli eventi successivi,
l’istituzionalizzazione di pratiche positive?
5. Quali interventi suggerirebbe per affrontare con efficacia le problematiche
legate alla siccità e, più in generale, per migliorare la gestione della risorsa
idrica nella regione?
Allegato 2
Traccia intervista Parte terza
Disponibilità e qualità della risorsa
1. Politiche di gestione della risorsa
o Sperimentate o avete sperimentato in passato una disponibilità
insufficiente della risorsa ad uso idropotabile?
o Negli anni scorsi sono state poste in essere delle misure volte al
risparmio idrico o alla sicurezza negli approvvigionamenti della
risorsa ad uso idropotabile? Se sì, quali? Con quali effetti? In caso
di risposta negativa, pensate di porre in esserle nei prossimi anni?
o Vi siete fatti promotori di campagne di sensibilizzazione?
2. Qualità della risorsa e investimenti
o Secondo lei, gli investimenti previsti nei Piani d’Ambito sono
sufficienti a garantire il mantenimento (se non il miglioramento)
dello stato della risorsa?
o Come giudica, in termini di impatti sulla risorsa, gli interventi
previsti dai Piani Stralcio?
o Quali interventi ritiene prioritari per i prossimi anni? Crede che si
potranno finanziare attraverso la tariffa o saranno necessari altri
interventi pubblici di supporto?
o Quali sono, a suo avviso, i principali ostacoli all’utilizzo del
project financing nei servizi idrici?
Qualità del servizio
3. Adeguatezza delle infrastrutture idriche
o Reputa soddisfacente la fornitura del servizio idrico integrato (per i
3 settori acquedotti, depuratori e fognatura) in termini di:
ƒ Copertura del servizio
ƒ Sufficiente capacità delle infrastrutture rispetto alla
domanda attuale e alla sua evoluzione
o Ritiene esistano delle criticità che dovranno essere affrontate negli
ultimi anni?
4. Il grado di soddisfazione degli utenti
o Qual è a Suo parere la percezione dei cittadini lombardi circa la
qualità del servizio offerto?
o Quali sono, secondo Lei, le situazioni – se esistenti - in cui si
potrebbero ottenere dei miglioramenti nel servizio offerto?
o Ritiene che le Carte dei Servizi siano uno strumento sufficiente per
garantire il cittadino utente? Cosa succede se gli obblighi di
servizio previsti vengono disattesi?
Aspetti gestionali
5. Il percorso lombardo di attuazione della Legge Galli.
o Quali sono state le maggiori difficoltà nell’attuazione della legge
Galli in Lombardia e come sono stati risolte?
o Delimitazione degli ATO: da cosa deriva la scelta di dividere il
territorio regionale in ATO che ricalcano i confini amministrativoprovinciali anziché quelli di bacino? Secondo Lei tale scelta si è
rivelata corretta nel tempo, considerata la vostra situazione di
gestore che opera in più ambiti?
o Può descrivere le attività del gruppo? Avete già provveduto ad
effettuare lo scorporo delle reti per conferirle alla Società
patrimoniale d’Ambito?
o Alla luce della vostra esperienza, come giudicate il modello
gestionale introdotto in Lombardia dalla l.r. 26/03 (come
modificata dalla l.r. 18/06)?
o Quali sono, a vostro avviso, gli elementi positivi e le criticità del
modello proposto?
6. Gli enti locali di fronte alla sfida della trasformazione dei servizi
o Avete riscontrato difficoltà di coordinamento tra gli enti locali
nella formazione dell’Autorità d’Ambito? Come gestite i rapporti
con le diverse Autorità d’Ambito di riferimento?
o Come giudica l’operato degli ATO nell’attuare la legge Galli?
Quali sono state le fasi più critiche nell’iter di implementazione?
o Come crede si possano conciliare i recenti orientamenti della
Regione Lombardia (preferenza per la gara nell’erogazione del
servizio) con le scelte effettuate finora dalle Autorità d’Ambito
(affidamenti in house o a società a maggioranza pubblica)?
7. Aggregazione delle gestioni e modelli di organizzazione industriale
o Quali sono stati, a suo avviso, i principali ostacoli all’aggregazione
delle gestioni esistenti?
o Molte Autorità d’Ambito hanno deciso di gestire la fase di
transizione attraverso la suddivisione in sub-ambiti. A suo avviso,
prevarrà nel lungo periodo una gestione unitaria d’ambito? Quale
sarà a suo avviso il modello gestionale prevalente?
ƒ Gestore unico tout court
146
ƒ
ƒ
Gestore unico, ma con divisioni in unità territoriali con
funzioni operative (modello Hera)
Pluralità di Enti gestori
8. Le multiutilities
o A suo avviso, i processi di liberalizzazione in altri servizi a rete
hanno influito sulle scelte effettuate dal legislatore regionale in
merito all’organizzazione industriale dei servizi idrici?
o Da un punto di vista organizzativo, come la scelta del gestore
d’ambito (o sub-ambito) si concilierà con la presenza nel territorio
di importanti operatori multiutility?
9. Risvolti delle diverse politiche di gestione sul cittadino-utente
o Crede che la suddivisione del territorio regionale in ambiti (e in
sub-ambiti) garantisca la perequazione tariffaria tra gli utenti (infra
e inter-ambito)?
o Ritiene che la scelta del modello gestionale possa incidere sulla
qualità del servizio e sul costo del servizio per l’utente finale?
10. Prospettive per il futuro
o Al 31 dicembre 2007 finirà il periodo transitorio oltre il quale
cessano le concessioni rilasciate con procedure diverse
dall’evidenza pubblica. Come crede evolverà verosimilmente
l’organizzazione dei servizi idrici nel periodo immediatamente
successivo?
o Come affrontate l’incertezza normativa derivante dalle proposte sul
tavolo del Governo (DDL Lanzillotta) e dal contenzioso GovernoRegione Lombardia (riguardante la l.r. 18/06)?
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