Spizzichi di Cultura 2 dicembre 2014

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Spizzichi di Cultura 2 dicembre 2014
CRAL GRUPPO REALE MUTUA
2 DICEMBRE 2014
Spizzichi di Cultura
Aforisma del 2 dicembre 2014
“L'entusiasmo è per
la vita quello che la
fame è per il cibo.„
Bertrand Russell
colmiAmo lo spazio
LICCIA o PALICCIA?
Negli anni sessanta i bambini giocavano in strada. Il pallone era il re nei cortili, mentre sui marciapiedi andava per la maggiore la “liccia” anche detto “paliccia”. Spiego ai coloro che negli anni sessanta non erano presenti. Ci si radunava in tre o quattro ragazzini e con un mattone si tracciava una riga di una cinquantina di centimetri sul marciapiede. Quello era il luogo deputato ad impilare i giornalini, premio ambito per la gara successiva. Erano “Topolini”, “Blek Macigno”, “Capitan Miki”, “Nonna Abelarda” e così via. Ognuno dei giocatori met-­‐
teva la quantità di giornalini pari al prezzo stampato sul retro Iino ad arrivare alla “puglia” stabilita. Poi il più grande effet-­‐
tuava ampi passi, trenta se non ricordo male, nella direzione opposta e lì tracciava un’altra riga con il mattone. Quello era “l’amari”. S’impugnavano i “liccia” (piccole pietre levigate probabilmente provenienti da cantieri in costruzione, pezzi di marmo, avanzi di mattonelle, l’importante che fossero ma-­‐
neggevoli e liscie) e dalla “puglia” si lanciavano con stile e tecnica soprafIina verso “l’amari”. Colui che si avvicinava maggiormente alla seconda riga tirava per primo. Il giocatore che spostava i giornalini oltre la riga precedentemente trac-­‐
ciata si portava a casa i giornalini. All’interno del gioco c’era-­‐
no delle regole ben precise, ad esempio il giocatore che con il primo lancio si avvicinava entro sette piedi dal bottino non poteva tirare la “liccia” normalmente bensì doveva tirarlo “acimbe”, vale a dire afferrare la pietra, portarsela al mento e con un movimento verticale lanciarla verso i giornalini. Molto più complicato tanto da utilizzare delle tecniche di lancio iniziale elaboratissime per rimanere ad una distanza supe-­‐
riore dei famosi sette piedi in modo da avere un notevole van-­‐
taggio sul secondo tiro, ammesso che nessuno degli altri competitori non si portasse via il tutto con il primo….
Pomeriggi interi trascorsi a distruggere giornalini, a litigare sulle regole e silenziosamente ammirare Meo Pautasso che vinceva quasi sempre poiché “aveva il papà che giocava alle bocce”. La sorpresa totale è che con gli anni parlando con amici e colleghi scopri che nei quartieri Francia, MiraIiori, Campido-­‐
glio si giocava allo stesso gioco, con piccole varianti sui ter-­‐
mini. Le regole erano le stesse e l’accanimento identico. Non avevano cellulari, internet, la rete veloce, ma la comunicazio-­‐
ne era capillare ed efIicace. Qualcuno lo dica al mio coetaneo Bill Gates .
a cura di Federico Manassero
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Giulio Libera,
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Collega: Ciao
Io: Ciao
Collega: Ho saputo che avete messo su un coro della Reale
Io: Certo. E’ partito verso la fine di settembre. Ne
vorresti far parte? C’è bisogno di uomini.
Collega: No no grazie. Sai ho molti impegni e poi
a dire il vero non mi piace mettermi in mostra all’interno del posto di lavoro…
Io: Peccato. E’ una piacevole esperienza per chi ha
la passione del canto, inoltre il maestro è molto
bravo e con ottime referenze. Si può imparare molto.
Collega: No ti ringrazio. Io da piccolo cantavo in
una corale in chiesa ma ormai è passato tanto
tempo… Mentre andavo a casa l’altra sera ho sentito nello scalone di Palazzo San Giorgio dei canti…
Collega: Bello… ma potresti farmelo vedere in anteprima?
Io: No. Se vuoi ammirare colleghi e familiari esibirsi puoi venire alla festa di Natale del 16 dicembre al Teatro Valdocco . Lo trasmettiamo in quella
occasione.
Collega: Bene vedrò di venire al Valdocco. Ma….
Potresti farmelo vedere in anteprima?
Io: No. Sarà una sorpresa natalizia.
Collega: Mah…
Io: ho detto di no.
Collega: Va beh.. ma caso mai dopo le feste facessi
un salto a vedere le prove…. Così solo per curiosità.
Io: Ma credo non ci siano problemi. Sono prove
molto valide ma anche con un taglio divertente…
Io: Sì stavamo registrando un video per Natale
Collega: … e se mi liberassi dagli impegni potrei
agganciarmi dopo le feste natalizie?
Collega: Davvero? Ma siete partiti a fine settembre
e già fate un video? Ma sono già cantanti esperti…
Io: Ma non avevi detto che non volevi esporti all’interno dell’azienda in questo modo?
Io: Non tutti. Alcuni hanno già esperienze di coro
ma molti sono alla prima esperienza. L’idea del
video è arrivata dall’alto ed è stata accolta con timore ma con entusiasmo. Il Maestro Peiretti era
molto preoccupato proprio per la poca esperienza
di molti coristi, ma l’entusiasmo dimostrato e la
buona volontà hanno permesso la realizzazione del
video. Inoltre Sergio Sapino, regista, ha fatto un
ottimo lavoro ed ha realizzato un bel prodotto finale.
Collega: Sì ma se è divertente….
Collega: Ah ma è già pronto il video?
Io: Ciao
Io: Certo. Qui non scherziamo mica?
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Io: Vediamo. Chiedo al Presidente del Cral e ti faccio sapere. Per vedere il coro ti aspetto al Valdocco.
Collega: Un’anteprima?
Io: Ti ho detto di no….
Collega: Va bene. Ciao
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Visita alla stampa
Esistono delle situazioni che analizzandole hanno dell’incredibile. Una di queste è l’uscita
di Circolare relative a certe visite organizzate principalmente dalla sezione Cultura e Amatoriale. Escono le Circolari e nel giro di nemmeno un’ora si riempiono tutti i posti disponibili. Abbiamo fatto quattro uscite ad ottobre per un totale di 100 posti per la visita alla
redazione della Stampa e subito si sono esaurite. Ne proponiamo altre 50 per la metà di
dicembre e nel giro di poco vanno esaurite pure loro... Da un lato siamo contenti perché le
nostre idee vengono apprezzate da molti di voi, ma in contrapposizione ci sentiamo un po’
in colpa per tutti coloro che cercano di iscriversi ma trovano tutto pieno.... Vedremo di
trovare tecnicamente un metodo per poter accontentare il maggior numero possibile di
Soci e per quanto riguarda la visita alla Stampa mi sono già attivato per organizzare altri
incontri nei primi mesi del 2015.
Van Gogh a Milano
A gennaio del 2015 abbiamo pensato a due visite alla mostra di Van Gogh a Milano.
Una il 10 e l’altra il 31. Entrambe sono state prenotate molto tempo fa visto il grande
successo che ha ottenuto la mostra del pittore olandese. Abbiamo prenotato 100 posti
suddivisi nelle due date. A breve uscirà la Circolare, dobbiamo ancora stabilire alcuni
dettagli per il pullman. Mi auguro che interveniate numerosi e speriamo che tutto coloro che abbiano intenzione riescano ad iscriversi....
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L’Albatro
Spesso, per diver,rsi, uomini d’equipaggio
ca5urano degli albatri, vas, uccelli dei mari,
che seguono, compagni indolen, di viaggio,
il solco della nave sopra gli abissi amari.
Li hanno appena posa, sopra i legni dei pon,,
ed ecco quei sovrani dell’azzurro, impaccia,,
le bianche e grandi ali ora penosamente
come fossero remi strascinare affanna,.
L’alato viaggiatore com’è maldestro e fiacco,
lui prima così bello com’è ridicolo ora!
C’è uno che gli afferra con una pipa il becco,
c’è un altro che mima lo storpio che non vola.
Al principe dei nembi il Poeta somiglia.
Abita la tempesta e dell’arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a os,li grida,
con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia.
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Charles Baudelaire
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CRAL GRUPPO REALE MUTUA
Soluzione del numero precedente
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La Lettrice Rampante
L'AMICA AMERICANA - Margherita Oggero
Per qualche motivo in questo periodo mi ritrovo sempre più spesso coinvolta in discussioni su termini dialettali e regionalismi.
Io sono piemontese e, sebbene non parli in
dialetto e nemmeno lo capisca poi così tanto, quando parlo e quando scrivo mi capita
spesso di utilizzare termini ed espressioni
che in altre parti d’Italia non verrebbero
nemmeno capite. Eppure, per quanto mi
sforzi, non sempre riesco a evitare l’utilizzo
di queste parole.
C’è da dire poi che essere piemontese mi
piace un sacco. Mi piace il nostro buffo accento (io non parlo con la e aperta, né?), mi
piacciono espressioni come “facciamo che
andiamo” o “solo più” , mi piace il nostro cibo e la nostra presunta riservatezza. E poi,
mi piacciono molto un paio di scrittori piemontesi, che hanno fatto di questa
“piemontesità” il loro cavallo di battaglia.
Tra questi, c’è sicuramente Margherita Oggero, autrice torinese doc. L’amica
americana è il suo secondo romanzo che leggo (pur essendo il terzo della serie che ha come protagonista la profia Baudino, di cui ho letto La collega tatuata, che è invece il primo. Il secondo, per ora, me lo son persa per strada).
Serie da cui è stata tratta la serie tv “Provaci ancora Prof” con Veronica Pivetti. Serie di cui ho visto qualche puntata, prima di decidere che leggere i libri
sarebbe stato molto meglio
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CRAL GRUPPO REALE MUTUA
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La Lettrice Rampante
Come i romanzi precedenti, anche L’amica americana è ambientato a Torino e ha
come protagonista, appunto, la profia Baudino, che in questa sua nuova avventura
si ritrova suo malgrado coinvolta nell’omicidio di Dora Vernetti. La donna è da poco
rientrata in Italia dagli Stati Uniti, dopo l’improvvisa morte del marito, per mettere in
vendita una bellissima villa nel capoluogo piemontese. Camilla, che ha sempre
amato quella casa, pur sapendo di non potersela permettere, chiede a Dora di poterla vedere. Da quell’incontro, le due donne iniziano a frequentarsi e diventano
amiche, soprattutto per insistenza di Dora, che è terribilmente sola. Peccato che la
don a poi muoia, proprio una mattina in cui è a spasso con Camilla, che diventa, ovviamente, la principale indiziata. Ad aiutare la profia ad uscire dai guai ci sono Gaetano, il bel commissario conosciuto nel primo libro della serie, uno studente brillante
che sta patendo le prime pene d’amore, il matto Indistruttibile, con cui la donna ha
molto legato, oltre ovviamente al marito, alla figlia Livietta e al fantastico bassotto
Poti.
La forza del libro, per quanto mi riguarda, non sta solo nella trama, che comunque è
davvero ben strutturata (con colpi di scena continui e indagini e deduzioni vecchio
stile), ma soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi (Livietta è fenomenale)
e nella “piemontesità” dello stile della Oggero. Non so se questa definizione possa
avere un senso riferita a uno stile narrativo, né se si capisca effettivamente cosa
voglia intendere. Le origini di questa scrittrice sono evidenti a ogni riga e di Torino,
oltre che la geografia, riesce a ricreare perfettamente anche il clima e gli atteggiamenti tipici delle persone, quella serietà mista a ironia, quel prendersi a volte troppo
a volte troppo poco sul serio.
Devo ammettere che non sono poi così sicura che un non piemontese riesca ad apprezzare così tanto questa lettura. A me ha fatto letteralmente impazzire.
Fate che leggerlo e poi mi venite a dire che ne pensate.
Titolo: L'amica americana
Autore: Margherita Oggero
Pagine: 315
Editore: Mondadori
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emozioni in mostra
#Presepio
L’immagine della Natività
dal medioevo all’arte contemporanea
Torino
29 novembre 2014 – 25 gennaio 2015
Pinacoteca Albertina
via Accademia Albertina 8
Palazzo Madama
Piazza Castello
a cura di
Guido Curto, Enrica Pagella
scenografia e allestimento
Ugo Li Puma
Pittura, scultura, oggetti preziosi
Presepi napoletani con laboratorio
Lavori di 50 artisti moderni e contemporanei
In collaborazione con
Città di Torino
Città di Napoli
Fondazione Torino Musei
Partner
Società Reale Mutua di Assicurazioni
Li Puma Design, Torino
Maestri Ferrigno, Napoli
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CRAL GRUPPO REALE MUTUA
ORARI DI APERTURA
2 DICEMBRE 2014
Pinacoteca dell’Accademia Albertina
via Accademia Albertina 8, Torino
Sabato 13 dicembre 2014 ore 15.30
Costo attività a bambino partecipante: biglietto
d’ingresso + euro 4 euro 2 se possessori
dell’Abbonamento Musei Junior
dal 29/11/2014 al 25/01/2014
aperta straordinariamente tutti i giorni
dalle 10.00 alle 18.00 dal lunedì al venerdì.
dalle 10.00 alle 19.00 il sabato, la domenica e nei
giorni festivi.
Sabato 20 dicembre 2014 ore 15.30
Costo attività a bambino partecipante: biglietto
d’ingresso + euro 4 euro 2 se possessori
dell’Abbonamento Musei Junior.
25/12/2014 dalle 14.00 alle 19.00
01/01/2015 dalle 14.00 alle 19.00
ultimo ingresso trenta minuti prima della chiusura
web: accademialbertina.torino.it / tel: 011 0897370
Sabato 17 gennaio 2015 ore 15.30
Costo attività a bambino partecipante: biglietto
d’ingresso + euro 4 euro 2 se possessori
dell’Abbonamento Musei Junior.
Palazzo Madama – Museo Civico di Arte Antica
aperto tutti i giorni, ad eccezione del lunedì,
dalle 10.00 alle 18.00 dal martedì al sabato.
dalle 10.00 alle 19.00 la domenica
24/12/2014 dalle 10.00 alle 14.00
25/12/2014 chiuso
31/12/2014 dalle 10.00 alle 14.00
01/01/2015 dalle 14.00 alle 18.00
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
web: palazzomadamatorino.it / tel: 011 4433501
piazza Castello, Torino
In occasione della mostra #Presepio la Pinacoteca
dell'Accademia Albertina di Belle Arti (via
Accademia Albertina 8) propone un ricco calendario
di VISITE GUIDATE.
Info e prenotazioni: 011 0897370 [email protected]
PROPOSTE PER FAMIGLIE CON BAMBINI
In occasione della mostra #Presepio la Pinacoteca
dell'Accademia Albertina di Belle Arti invita tutti i
bambini dai 5 ai 10 anni a partecipare con le proprie
famiglie alle attività didattiche a loro dedicate per
festeggiare il Natale con disegni, colori e fantasia.
Info e prenotazioni: 011 0897370 [email protected];
[email protected]
Piccoli artisti a Natale: presenti!
I bambini saranno accompagnati da coinvolgenti
racconti natalizi lungo il percorso della mostra e le
opere contemporanee daranno lo spunto per
costruire fantastici personaggi snodabili. Chiamando
all’appello carte tinte, forbici, colla, fermacampioni e
tanto altro, le sale della Pinacoteca saranno aperte a
divertenti e divertiti piccoli artisti.
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Linee e segni del Natale
Un viag gio dalle opere antiche ai disegni
contemporanei sul tema della Natività. Attraverso
l’attenta osservazione dei volti, e i modi di
rappresentarli nei secoli, al termine della visita ogni
bambino potrà creare nuove forme con le tecniche
della bottega d’artista: carte, sanguigne e carboncini.
Martedì 6 gennaio 2015 ore 15.30
Costo attività a bambino partecipante: biglietto
d’ingresso + euro 4 euro 2 se possessori
dell’Abbonamento Musei Junior.
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CRAL GRUPPO REALE MUTUA
Il nostro collega Claudio
Macchia ci segnala un’interessante iniziativa culturale.
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Un grazie... infinito!
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27 NOVEMBRE 2014
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Professore Emerito, Politecnico di Torino
Socio Fondatore Associazione CentroScienza Onlus
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PROGRAMMA
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LA RICERCA DELL’INFINITO
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L’INCANTESIMO DEL TEOREMA VIVENTE
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Per maggiori informazioni eccovi il link
http://www.centroscienza.it/uploads/5d38720d-48ee-5e8c.pdf
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CRAL GRUPPO REALE MUTUA
2 DICEMBRE 2014
Chi è di scena ?
TORINO - SALA GRANDE - TEATRO ASTRA
11 DICEMBRE 2014 H 21:00 / 12 DICEMBRE 2014 H 21:00 / 13
DICEMBRE 2014 H 21:00
14 DICEMBRE 2014 H 18:00
BAHAMUTH
FLAVIA MASTRELLA / ANTONIO REZZA
TEMPI MODERNI
Secondo capitolo della retrospettiva dedicata a Flavia Mastrella e Antonio Rezza. In Bahamuth (2006) “un uomo steso fa le veci del
tiranno. E cede il passo all’atleta di Dio che
volteggia sulle sbarre con le braccia della disperazione. E poi un nano, più basso delle sue
ambizioni, che usa lo scuro per fare e la luce
per dire. Frattanto qualcuno cade dall’alto e
si infila i piedi nella gola. E quindi la realtà figurata delle vittime del povero consumo,
connotate da assenza di astrazione, con il
padrone unto dall’autorità del denaro. Ma si
affaccia Bahamuth, l’essere supremo, che
dopo breve apparizione si sottrae al tempo e
al giudizio. E un amico che parla senza voce
e sente senza orecchie. Ma il senso della vita
si incontra solo all’infinito dove l’uomo fa la
fine del capretto da sgozzare. Ma come Bahamuth sostiene il mondo, così le immagini si
sovrappongono. E il gran finale, con i personaggi a fare la figura degli sguatteri mentre
l’autore che li muove è il gerarca dalla lingua
biforcuta. L’autore è il male dell’opera.”
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18 DICEMBRE ore 21
Stagione teatrale Teatro Gobe< di San Mauro (via MarAri della Libertà 17)
È SEMPRE IN RITARDO i peccaA capitali in scena in un noir alla TaranAno Dopo il debu5o nella scorsa stagione del Teatro Araldo di Torino, ritorna in scena E' SEMPRE IN RITARDO, tra5o dall'omonimo testo di Walter Revello e produzione della compagnia THEALTRO. Ad accoglierlo giovedì 18 DICEMBRE, il palcoscenico del Teatro GobeB di San Mauro, sede della stagione di Anna Cuculo Group.
Cosa succede se sei feroci serial killer si trovano improvvisamente senza lavoro? E sopra5u5o se si incontrano, per caso, in un bar e si riconoscono a vicenda? Non resta che unirsi: missione, rapire e uccidere il capo. Sarà poi così faObile? E cosa succede se un piano ben archite5ato è rovinato da “qualcuno” che è sempre in ritardo? “L'impianto dello spe/acolo riprende i canoni di una commedia noir” spiega il regista Massimo ChioneB“ e ripercorre l'ironia surreale del cinema pulp, con uno sguardo a Taran6no e alla commedia dei cara/eri”.
In scena Alessandro Morro, Massimiliano More5a, Stefano Bonmassari, Angela Gianturco, Monica Carelli, Marina di Paola, Massimo ChioneO, Enrico Cravero; la regia è di Massimo ChioneO.
Lo spe5acolo sarà presentato anche nel 2015: il 31 gennaio nella pres,giosa cornice del Teatro Concordia di Venaria e il 29-­‐30 maggio al Teatro Giulia di Barolo di Torino.
Di Walter Revello| con Alessandro Morro, Massimiliano MoreOa, Stefano Bonmassari, Angela Gianturco, Monica Carelli, Marina di Paola, Massimo Chione<, Enrico Cravero | regia Massimo Chione< | luci e audio Alessandro Lucco | produzione THEALTRO
INFO
QUANDO 18 DICEMBRE 2014 – ore 21 DOVE TEATRO GOBETTI DI SAN MAURO – via Mar,ri della Libertà 17
BIGLIETTI E PRENOTAZIONI intero € 10 – rido5o € 8 [email protected][email protected] – tel. 0115619129 -­‐ 3472547687
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2 DICEMBRE 2014
Hanno tutti ragione
Gobetti 2 – 7/12/14
di Paolo Sorrentino
con Iaia Forte
canzoni di Pasquale Catalano e
Peppino Di Capri
eseguite da Fabrizio Romano
scene Katia Titolo e Marina
Schindler
luci Paolo Meglio
Iaia Forte incarna l’ironia irriverente e il linguaggio ricco e colorato di Paolo Sorrentino in
un’interpretazione che trabocca di umanità.
«Se a Sinatra la voce lʼha mandata il Signore, allora a me, più modestamente, lʼha mandata San Gennaro»: Tony Pagoda è un cantante napoletano da night club, con tanto passato alle spalle. Ha avuto il talento, il successo, i soldi, le donne. E ora, allʼapice della carriera, nella New York degli anni Cinquanta, sta per esibirsi al Radio City Music Hall, davanti al leggendario Frank Sinatra. Sarà il trasporto sentimentale delle sue canzoni melodiche, o più probabilmente lo stato allucinatorio indotto da alcol e cocaina, ma, mentre
canta, Pagoda è attraversato da scariche di memoria, improvvise “struggenze” dʼamore,
illuminazioni sul significato della vita o, più prosaicamente, sul tirare a campare, che elargisce a piene mani ad amici e sconosciuti, in un vulcanico e straripante flusso di coscienza. Nato dalla penna del regista Paolo Sorrentino, già base del personaggio di Toni Servillo nel film Lʼuomo in più, Pagoda conquista ora la sua terza vita approdando al teatro. Ne
veste panni, lustrini e capelli impomatati, in quella che il critico Rodolfo Di Giammarco ha
definito «unʼadorabile trasformazione cialtrona», la straordinaria Iaia Forte. «Mi piace –
dichiara lʼattrice – immaginare che il ghigno gradasso di Pagoda nasconda unʼanima
femminile, un anelito a unʼarmonia perduta. E poi il teatro è, per fortuna, un luogo dove il
naturalismo può essere bandito, e i limiti della realtà espandersi».
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L’importanza di chiarmarsi Ernesto
Carignano 16 - 21/12/2014
di Oscar Wilde traduzione Masolino D'Amico con Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Lucia
Poli e con (in ordine di apparizione) Orazio Stracuzzi, Valeria
Contadino, Renata Zamengo,
Giordana Morandini, Luciano
DʼAmico regia Geppy Gleijeses
16 dicembre - ore 19.30
17 dicembre - ore 20.45
18 dicembre - ore 19.30
19 dicembre - ore 20.45
20 dicembre - ore 20.45
21 dicembre - ore 15.30
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Lʼimportanza di chiamarsi Ernesto debutta a Londra nel
1895, ultimo testo che Oscar Wilde scrive prima della sua
discesa sociale e personale agli inferi. Commedia da salotto,
vive di un mirabile intreccio, di battute sferzanti e situazioni
beffarde: filo conduttore della vicenda un ingegnoso imbroglio amoroso basato su scambi di identità, promesse matrimoniali e il celebre gioco di parole nella traduzione italiana
tra il nome Ernesto e lʼaggettivo “earnest” (onesto). Come
nelle migliori commedie tutto si conclude al meglio, sciogliendo ogni equivoco e svelando come sotto la patina di
probità della società vittoriana si agitino spiriti tuttʼaltro che
limpidi. Diretta da Geppy Gleijeses, affiancato in scena da
Marianella Bargilli e Lucia Poli, la commedia è tradotta da
Masolino dʼAmico, che scrive: «The importance of Being
Earnest debuttò al St. Jamesʼs Theatre di Londra. Malgrado
lo strepitoso successo riportato alla prima fu smontata dopo
appena 6 repliche, come conseguenza dello scandalo in cui
Wilde si era andato a cacciare querelando per diffamazione
Lord Queensberry che lo aveva pubblicamente tacciato di
sodomia. Ultimo lavoro teatrale di Wilde e diversissimo dai
precedenti, The importance ha provocato molte congetture
sul corso che lʼevoluzione del drammaturgo e di conseguenza forse, di tutto il teatro inglese avrebbe potuto prendere
senza lʼintervento della magistratura… Lʼeterea verbalità di
The importance, dove tutti si esprimono mediante paradossi
squisiti, si accompagna, non dimentichiamolo, a un senso
visivo di teatralissima efficacia.». Lʼimportanza di chiamarsi
Ernesto vive ormai indipendentemente dal contesto storico
che lʼha prodotta, meritando di essere definita “la più bella
commedia di tutti i tempi”.
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LE PAROLE CHE CONTANO
Girando su Facebook ho trovato queste righe scritte da un nostro ex collega, Davide Garrone. Mi ha
colpito particolarmente poiché riprende il raccontino che ho inserito nella prima pagina. Un ritorno
al passato con un po’ di ironia e un po’ di nostalgia. Davide è più giovane di me di qualche anno
(quando lui giocava a Subbuteo io ero un po’ troppo grande anche se mi cimentavo con Mauro Mitola, fratello minore del mio compagno di classe Dario in partite pomeridiane interminabili). Bravo
Davide.
Già, gli anni passano, lʼanagrafe è impietosa e tu vivi uno stato di malessere...
difuso. Ed è così che i ricordi contribuiscono a questo stato di malessere psicologico.
Provate anche voi. Chiudetevi, in una stanza buia, a ripercorrere con la memoria la vostra giovinezza. Maremma quanti ricordi.
E allora ditemi……
Chi non ha giocato a Subbuteo? Chi non ha organizzato con i propri amici tornei di Subbuteo. E si cercava di rendere ancora più entusiasmante il torneo…
gessetti sbriciolati per fare i fumogeni, si bagnava il campo perché si doveva
giocare anche con il terreno pesante. Si schieravano le squadre a centrocampo
e si suonavano gli inni ufficiali. E a chi non è capitato di rompere il lampadario
della cameretta perché si segnava allʼultimo minuto, battendo così incredibilmente il Brasile, favorito di sempre? Pensate cosa si perdono i ragazzi di oggi.
La Subbuteo Inc. Corporation ha chiuso i battenti… e chi ha ancora qualcosa
del Subbuteo, beh, ha per le mani dei pezzi di valore.
E chi non si è trovato con gli amici a lanciare gavettoni dai balconi? Imprudenza giovanile ma desiderio irrefrenabile di divertirsi… anche con poco. Queste
righe certamente non sono educative ma testimonianza di un periodo felice e
spensierato. E allora mi ricordo che i gavettoni non si limitavano a dei semplici
sacchettini dʼacqua lanciati dai balconi. Si riempivano borse della spesa che
venivano sollevate in due, si lanciavano uova (quando non si spiaccicavano direttamente nel tuo balcone) e il tutto veniva lanciato non nel periodo più caldo
dellʼanno… ma al contrario…. Così era più divertente sentire le imprecazioni
dei malcapitati, salvo quando salivano a casa tua richiamati dalle risate fanciullesche. E allora erano dolori. Volavano le punizioni dei nostri genitori mortificati
da quelle inaspettate sorprese.
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LE PAROLE CHE CONTANO
E chi non si è trovato con gli amici a lanciare palle di neve alle macchine in transito?
Facile, certo… trentʼanni fa nevicava così tanto che riuscivi anche a fare le palle di
neve. Però… minc… quanto si incazzavano gli automobilisti. E allora si scappava
nei sotterranei dei garages, gli unici rifugi in cui potevamo muoverci con assoluta sicurezza e spavalderia.
E le cerbottane? I ragazzi di oggi questa parola la scambierebbero per “le bottane di
Cernobil scampate a unʼimmane catastrofe”. No, erano semplicemente armi-giocattolo non convenzionali ma micidiali. Tubi da elettricisti della lunghezza di circa 50-70
cm utilizzate per lanciare “cartocci” fatti con le riviste rubate ai nonni: Sorrisi e Canzoni TV, Famiglia Cristiana fornivano la carta migliore… non si sfilacciavano e non ti
inchiostravano la lingua. E i più agguerriti si creavano le cerbottane a quattro o addirittura a sei tubi. Erano micidiali e non permettevano al “nemico” la possibilità di replica. I cortili delle case però diventavano delle distese di proiettili sparati anche da
un balcone allʼaltro. Ce nʼerano ovunque! Però pensarci adesso… Nessuno si è mai
accecato, dei miei amici!
E il periodo degli Skate-Board? I più fortunati se lo compravano nuovo di pacca nei
negozi di giocattoli e i più sfortunati (e volete che non ci fossero i Garrone?) ma i più
ingegnosi, se li costruivano. Molto semplice! Tavoletta di legno resistente sotto la
quale venivano applicate le ruote dei pattini. Oggi sarebbe impensabile per due motivi: con i pattini in linea è impossibile e poi… non cʼè più fantasia costruttiva.
E chi, ditemi chi non ha mai applicato la famosissima cartolina, pizzicata con la molletta in mezzo ai raggi della bicicletta? Sembrava di guidare una Ducati 350 cc. Tutti
ti guardavano infastiditi e tu, orgoglioso, pedalavi a più non posso e lʼaria ti infastidiva gli occhi, proprio come un vero motociclista.
E le partite di pallone ai giardini? Mitiche! Appuntamento alle ore 14 ai giardinetti di
Italia 61 ancora con la cotoletta che ti girava nello stomaco. Il pallone, il pallone era
di quelli che oggi potete ammirare solo più nel museo del calcio di chissà quale paese: cuoio rigorosamente cucito a mano. Lʼabbigliamento il più svariegato: alcuni con
la maglietta della Juve a cui era impossibile non contrapporre quella del Toro, alcuni
con i jeans con le toppe (oggi le toppe non esistono più… i pantaloni si buttano) e la
camicia ancora sporca dellʼunto della cotoletta, altri con la tuta – tipica di quegli anni,
uguale per tutti – blu, a tubo con la riga bianca sui lati, i più fighi avevano anche i
guanti da portiere.
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LE PAROLE CHE CONTANO
Ma tutti avevano le scarpe da pallone. Le vecchie scarpe da pallone di vero cuoio,
dure, alte fino alle caviglie con 6 tacchetti di metallo. E le partite duravano mica 90
minuti…!!! Dalle due alle… finché cʼera luce. Si faceva la sosta a metà pomeriggio
quando appariva il signore dai grandi baffi che, alla guida del suo mitico Apecar, vendeva ghiaccioli e gelati alla crema, pistacchio e fragola.
A volte succedeva addirittura che i Garrone (eravamo quattro temibili grandi campioni, che con orgoglio rappresentavamo la IMGAR – Industria Meccanica Garrone) sfidassero chiunque fosse così temerario da provarci. Lʼunico problema a cui non si è
mai riusciti trovare un rimedio è che io, spesso, mi distraevo dalle azioni di gioco e mi
sedevo a giocare con la terra mista a polvere. Altri tempi. Oggi la IMGAR non cʼè più.
E a raccontarlo oggi non sembra neanche vero, e NESSUNO SI senta offeso… (F.
De Gregori). Già, non sembra neanche vero !
Vi ricordate la televisione dei nostri tempi? Rigorosamente in bianco e nero – pochissimi erano i fortunati che possedevano già lo schermo a colori. Rigorosamente senza
telecomando, con il manopolone per cambiare i canali, e il canale si sceglieva alle
ore 20 – RAI1, RAI2, Svizzera e Telemontecarlo – e non si cambiava più per tutta la
serata. Quasi tutta la famiglia sul divano (papi, mami e Giampa… io su una sedia
perché Birke, il famigerato pastore tedesco che viveva con noi, non mi concedeva
questo lusso) a guardare lo sceneggiato del sabato sera con il mitico Alberto Lupo,
oppure in alternativa la Raffaella Carrà con Canzonissima. Durante la settimana ci
era concesso solo il Carosello (i giovani di oggi neanche sʼimmaginano la meraviglia
di quello spazio pubblicitario) e poi di corsa a letto – non ho detto a dormire, perché
riuscivamo ancora a fare quattro salti sui letti, finché ci veniva a fare visita la mami
con il battipanni oppure il papi senza battipanni (ma era peggio).
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LE PAROLE CHE CONTANO
E chi ha iniziato a sciare 30 – 35 anni fa? Incredibile!
Sci di legno con attacchi a leva e laccio avvolgente agli scarponi, scarponi di
cuoio, passamontagna di pura lana che ti veniva voglia di strappartelo di dosso.
Le piste? Beh, rigorosamente dietro casa, in montagna. Certo le nevicate erano
quelle di altri tempi, appunto. Magari una mattinata intera passata con il fratellino
(….) a batterle, a scaletta, la neve a livello delle ginocchia, si sudavano le sette
camicie ma alla fine la soddisfazione era immensa. E così abbiamo imparato a
schivare alberi, arbusti e rovi, finchè abbiamo deciso di iniziare a prendere lo skilift – tessera di cartoncino a punti. Non ci sembrava vero, la tecnologia (di allora)
che faticava al posto tuo e ti trascinava – nel vero senso della parola – fino su in
cima alla pista. E la discesa era una lotta per la sopravvivenza. Stile inguardabile, da fare invidia alla Komaneci in spaccata, ma orgogliosi di riuscire ad arrivare
in fondo.
E le vacanze al mare? Si partiva con auto di lusso con aria condizionata? Ma
non fateci ridere. Questo lusso neanche lo conoscevano gli astronauti della
NASA. E allora si caricava con assoluta lucidità scientifica la mitica FIAT 850 L
(blu cobalto con gli interni in pelle rosso fuoco) e via per quattro ore consecutive
verso la Liguria. Io mi ricordo che partivo con la maglietta di Zorro con la Z stampata sulla schiena ma quando arrivavamo a destinazione, la Z era inesorabilmente rimasta marchiata a fuoco sui sedili. E non si riusciva a rinunciare alla
musica: utilizzavano un radio-registratore Grundig che occupava quasi un posto
intero. Quindi in macchina eravamo: papi il guidatore, mami con Birke (non poteva mancare il pastore tedesco) e il radio-registratore Grundig e noi due dietro
con parte dei bagagli
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LE PAROLE CHE CONTANO
Poi è arrivata lʼauto nuova (già, noi figli di industriali…), una Ford Escort, dai colori
più tenui. Ma a me sembrava unʼauto di lusso perché aveva un optional di cui poche
macchine erano dotate: sopra il posacenere – dotato di accendisigari – cʼera un pulsante che sʼilluminava quando si accendeva… il lunotto termico. Ma vi immaginate
che figata! E cʼera pure il posto per lʼautoradio.
Ricordo tutte queste cose con un sorriso malinconico, segno del fatto che tutto questo non è successo ieri, ma lʼaltro ieri. E allora capisco quanto sia importante il ricordo di quei fantastici momenti. E allora capisco quanto abbia ragione mio papà
quando mi dice che la memoria è lʼunico legame che abbiamo con il passato. Perché in fin dei conti le pagine epiche della nostra storia – quella che studiamo sui libri
di scuola – le conosciamo perché qualcuno si è degnato e si è sbattuto a tramandarcele con la scrittura. Senza la memoria non ci porteremmo niente dietro e niente
potremmo tramandare ai nostri figli.
Grazie papà.
(Davide Garrone)
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